RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 125 - Testo della Trasmissione di lunedì 5 maggio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Concluso il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Spagna. I giovani, i nuovi santi, le radici cristiane d’Europa, momenti forti di questi due giorni del Papa a Madrid, contrassegnati da un’ondata di affetto e di gratitudine della popolazione e delle autorità. Intervista con padre Federico Lombardi

 

Sulle notizie riguardanti la gestione del Santuario di San Giovanni Rotondo, le dichiarazioni del portavoce vaticano, Joaquín Navarro Valls

 

Le direttive della Santa Sede per l’ammissione all’Eucaristia tra la Chiesa  caldea cattolica e la Chiesa assira d’Oriente. Ce ne parla il reverendo Johan Bonny.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Denuncia di Medici Senza Frontiere sulle gravi insufficienze dell’assistenza sanitaria alla popolazione irachena. Ai nostri microfoni, Nicoletta Dentico.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Vescovi europei riuniti da oggi a Roma sulle nuove sfide della catechesi

 

Riprende in Sri Lanka il processo di pace, con la mediazione di Giappone e Norvegia

 

Appello comune dei rappresentanti delle Chiese ortodossa, cattolica e anglicana questa sera da Atene per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nella nuova Costituzione

 

Numerosi casi di colera nella zona al confine tra Uganda e la Repubblica democratica del Congo

 

Aperto oggi a Bogotà il Congresso nazionale colombiano di riconciliazione.

 

24 ORE NEL MONDO:

A Mossul prime votazioni del dopo Saddam: si elegge la nuova amministrazione locale

 

La polmonite atipica non si placa in Cina: ancora nuovi decessi

 

Oggi all’esame del  parlamento israeliano la road-map: il piano di pace in Medio Oriente di Onu, Usa, Ue e Russia

 

Filippine sotto shock dopo l’attentato di ieri  nel villaggio di Siocon.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 maggio 2003

 

SI E’ CONCLUSO IERI SERA, IL 99.MO VIAGGIO APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO II.

IL SUO RIENTRO DALLA SPAGNA, CONTRASSEGNATO DA UNA NUOVA ONDATA

DI AFFETTO E DI GRATITUDINE DA PARTE DELLE AUTORITA’

E DELLA POPOLAZIONE DELLO STATO IBERICO

- Servizi di Alessandro De Carolis e Giancarlo La Vella -

 

 

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Dovere della testimonianza, amore per la propria identità che nasce dal Vangelo, impegno per un’Europa unita sui valori cristiani, scelta della tolleranza senza estremismi verso il proprio Paese, scelta della pace verso l’esterno. Giovanni Paolo II ha lasciato per la quinta volta la Spagna consegnando ad una nazione, che l’ha accolto festosamente, parole e appelli che suonano come altrettanti pilastri sui quali poggiare la storia del Paese ancora non scritta. Tanto gli eventi pubblici e oceanici - l’incontro con i giovani, sabato sera, e la Messa di canonizzazione di ieri mattina - quanto i contatti in privato con le autorità spagnole, con i membri della Casa reale soprattutto, hanno avuto il segno della cordialità e dell’affetto.

 

Lo stesso affetto che Giovanni Paolo II ha manifestato a re Juan Carlos e alla regina Sofia pochi istanti prima che l’aereo papale decollasse, verso le 19.15 di ieri, dall’aeroporto internazionale di Madrid-Barajas, presidiato ancora una volta da una foltissima presenza di persone e di autorità. Il volo si è concluso esattamente due ore dopo all’aeroporto romano di Ciampino, da dove il Pontefice, in auto, ha fatto ritorno in Vaticano. Per rivivere il momento del congedo dalla Spagna - termine del 99.mo viaggio apostolico del Papa - ascoltiamo il servizio del nostro inviato a Madrid, Giancarlo La Vella:

 

Alla conclusione dell’ultimo atto ufficiale di questo viaggio, il Pontefice ha salutato al momento del pranzo una folta rappresentanza della Conferenza episcopale spagnola, guidata dal suo presidente e arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Rouco Varela. Verso le 17, nella nunziatura apostolica della capitale, Giovanni Paolo II ha ricevuto per un incontro privato i Reali di Spagna: il re Juan Carlos e la regina Sofia e i loro familiari. Infine, la preparazione alla partenza, con il lento incedere del corteo papale tra due ali di folla entusiasta lungo il tragitto verso l’aeroporto di Barajas. Scena simile a quella del giorno dell’arrivo, ma con un pizzico di malinconia in più nei saluti rivolti al Papa, giovane di 83 anni che ancora oggi va nel mondo per confermare il suo gregge di fedeli nella fede. Dopo la cerimonia di congedo in aeroporto, gli attimi della partenza e ancora un saluto e il sorriso del Papa alle moltissime persone radunatesi presso lo scalo aereo per dedicargli un ultimo abbraccio di ringraziamento.

 

Grande rilievo alla visita del Papa viene dato da tutti i mezzi di comunicazione spagnoli, che oggi dedicano ampi spazi di approfondimento ai temi sociali e a quelli più strettamente religiosi del viaggio del Santo Padre. Spazio anche al successo di questa visita, che dimostra la vicinanza alla Chiesa e al Papa della società spagnola, che ha così risposto alle paure di laicizzazione eccessiva, di allontanamento dalla pratica religiosa, che i vescovi locali avevano messo in evidenza alla vigilia del viaggio papale. “La Spagna non abbandoni le proprie radici cristiane - riportano tutte le testate - e proietti sull’Europa le sue tradizioni”. “Spagna, Paese di pace e di convivenza nell’unità: che questa terra continui ad essere un Paese dove nascono nuovi Santi”. “Le idee non si impongono ma si propongono”. “Vincere la violenza, l’odio e il nazionalismo esasperati, il razzismo e l’intolleranza, con la forza dell’amore e del perdono”: sono alcuni dei titoli che campeggiano sulle pagine dei quotidiani e che prendono spunto dalle parole del Papa pronunciate durante questo viaggio. Costituiranno da oggi in poi la base per proseguire sulla strada della fede e per meditare sul futuro della Spagna, Stato emergente nella nuova Europa.

 

Da Madrid, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.

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Pur condensati in due giorni, gli avvenimenti di questo viaggio apostolico sembrano essere stati dilatati dall’intensità della partecipazione collettiva. Testimone privilegiato della visita appena conclusa è stato il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi, che l’ha vissuta al seguito di Giovanni Paolo II. Alessandro De Carolis gli ha chiesto alcune impressioni “a caldo”, a partire dal Papa stesso, protagonista di un viaggio che alcuni avevano ritenuto poco utile ai fini della sua salute. Ma le fatiche hanno avuto il temuto sopravvento?

 

R. – No affatto. Mi pare un viaggio che si è svolto perfettamente, così come era stato previsto, e anche se attualmente il Papa è in effetti alquanto limitato nei suoi movimenti, possiamo dire però che, come presenza spirituale e come voce, ha tenuto perfettamente il campo. Anzi, ha dominato, come possiamo notare per esempio nei dialoghi con i giovani, nelle sue improvvisazioni, nella forza delle sue espressioni. Dunque, siamo arrivati al 99.mo viaggio e certamente arriveremo anche al 100.mo e andremo oltre.

 

D. – A proposito di giovani, dieci anni dopo l’ultima visita in Spagna sono stati proprio loro ad offrire per primi il loro abbraccio di massa al Papa. Quali immagini si è portato via dal loro incontro con lui?

 

R. – Dell’incontro con i giovani, direi che ciò che mi ha colpito molto sono state le testimonianze. Erano estremamente efficaci e hanno strappato gli applausi dei giovani stessi. Il tema del viaggio era “Sarete miei testimoni” ed effettivamente abbiamo visto questi testimoni non solo nelle figure dei Santi canonizzati domenica mattina, ma anche nelle forme in cui i giovani hanno saputo testimoniare il loro impegno per Cristo. Erano persone con varie vocazioni ecclesiali - una giovane suora, un seminarista - ma anche un laico e si erano anche preparati una coppia di sposi e una portatrice di handicap. Hanno davvero saputo dimostrare che lo Spirito del Signore soffia molto forte e che la testimonianza è viva.

 

D. – Sempre sul rapporto tra il Papa e i giovani, una delle note di colore più caratteristiche di questo viaggio sono stati certamente i cori, trascinanti e ripetuti, dedicati al Pontefice. In fondo, un modo tutto latino di manifestare l’affetto per Giovanni Paolo II...

 

R. – Certamente. Quando ci sono giovani di lingua spagnola in Piazza San Pietro o in giro altrove, si nota questa caratteristica nel modo in cui si sviluppa l’entusiasmo, si lanciano degli slogan. Io sono sempre molto interessato alla creatività degli slogan e questa volta ne ho colti due nuovi, che non avevo ancora sentito. Uno è “Juan Pablo, torero, te quiere el mundo entiero”, cioè: Giovanni Paolo II, torero, tutto il mondo ti ama. Bisogna tener conto che a Madrid questo è il periodo della festa patronale e per un mese ci sono corride tutti i giorni. Rivolgere ad una persona l’appellativo di “torero” è il più grande complimento che si possa fare. L’altro slogan è “Juan Pablo segundo nos ha cambiado el mundo”, ovvero: Giovanni Paolo II ci hai cambiato il mondo. Anche quest’ultimo slogan è molto bello e pieno di speranza. Mi sembra che i giovani continuino a sentire la novità che il Papa porta.

 

D. – Un milione di persone per la Messa di ieri. I fedeli spagnoli non hanno voluto mancare a questo appuntamento. Da ciò che lei, padre, ha potuto vedere e sentire, quali impressioni hanno ricavato i vescovi spagnoli da questa massiccia partecipazione e, più in generale, da questa presenza del Papa nella loro comunità nazionale?

 

R. – I vescovi mi sono sembrati molto soddisfatti. Sabato sera, ho partecipato anch’io alla cena offerta dalla Conferenza episcopale, dove c’era un clima molto gioioso, molto sereno. Davvero, la popolazione spagnola ha risposto a questa presenza del Papa con moltissimo affetto. Erano rappresentate le diverse parti del Paese e si è sentito un momento di grande comunità e di grande serenità. Direi, quindi, che la Conferenza episcopale è stata veramente incoraggiata ed aiutata dalla presenza del Papa a portare avanti i suoi progetti pastorali. A portare avanti anche il clima di conciliazione, di serenità all’interno di un Paese in cui non mancano ancora oggi momenti di tensione, in particolare connessi, come sappiamo, alle vicende del terrorismo.

 

D. – A proposito di clima, padre, che atmosfera si è respirata nei colloqui del Papa con le autorità madrilene, e con i Reali di Spagna in particolare?

 

R. – I Reali sono stati molto presenti. Erano presenti all’arrivo, alla Messa, sono stati presenti nel pomeriggio in un incontro privato col Papa, sono stati presenti alla sua partenza. Sono stati dunque largamente vicini a questa festa di popolo. Ed è un particolare bello constatare come anche i responsabili massimi della nazione abbiano partecipato con il popolo a questo momento di gioia. Si notava una grande sintonia tra i Reali ed il popolo. L’incontro privato, poi,  è stato un incontro molto familiare: c’erano non solo i figli, ma anche i nipotini della Casa reale e sappiamo come il Papa sa manifestare con grande spontaneità il suo affetto, soprattutto quando sono presenti dei bambini. E’ stato un momento di grande gioia e quando poi, alla partenza, il Papa ha voluto abbracciare e baciare il re e la regina, direi che quello è stato un tocco eloquente dell’intimità e la familiarità che si era creata tra di loro.

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LA CURA DEI FRATI E LA VIGILANZA DEL VESCOVO:

DICHIARAZIONE DEL PORTAVOCE VATICANO NAVARRO VALLS

SULLA GESTIONE DEL SANTUARIO DI SAN GIOVANNI ROTONDO

 

 

I Padri Cappuccini curano il Santuario di San Giovanni Rotondo e il vescovo vigila secondo le norme canoniche. E’ quanto, in estrema sintesi, ha precisato stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro Valls, in merito alle notizie diffuse oggi dai mezzi di comunicazione sociale circa la gestione del Santuario di Padre Pio, con la nomina di mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, l’8 marzo scorso, ad arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e a delegato della Santa Sede per le Opere di San Pio da Pietrelcina. Ecco i chiarimenti offerti dal portavoce vaticano, al microfono di Stefano Leszczynski.

 

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R. – Bisogna chiarire alcuni punti, perché alcune delle notizie che leggevo questa mattina erano un po’ fuori della realtà. Il primo punto è che i padri cappuccini naturalmente continuano ad avere la cura del santuario, non è che viene sottratta loro la cura di quest’ultimo. Ma allo stesso tempo l’arcivescovo del luogo ha il diritto e il dovere di vigilanza sull’attività pastorale che lì si svolge, così come compete ad ogni vescovo nella sua diocesi, in qualsiasi diocesi, secondo le norme generali di indirizzo canonico.

 

D. – Su diversi quotidiani si sono lette definizioni strane di questa delega. Si tratta realmente di un commissariamento?

 

R. – Assolutamente no. Io penso che questa parola abbia un significato completamente diverso. Qui il titolo è di delegato della Santa Sede per le opere di Padre Pio. E questo titolo è in tutto simile a quello concesso dai Sommi Pontefici in diverse epoche ai delegati di altri santuari. In Italia esistono infatti altri delegati pontifici che tra loro hanno gli stessi ordinari del luogo, come a Loreto e a Pompei, e in altri luoghi ci sono altri ecclesiastici, ad esempio il cardinale Antonetti per la Basilica di Assisi e l’arcivescovo Gioia per la Basilica di Sant’Antonio da Padova. Quindi, il concetto, l’idea di un commissariamento, mi pare sia fuori completamente della realtà.

 

D. – Direttore, quindi un chiarimento questo che riporterà anche la serenità nella comunità di questi frati?

 

R. – Lo spero. Io capisco il senso di allarme, il senso di curiosità del primo momento, ma si deve conoscere bene i particolari per non lasciarsi portare da espressioni che non hanno niente a che vedere con la realtà dei fatti.

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PROVVISTA DI CHIESA IN FRANCIA

 

 

Il Papa ha nominato vescovo di Pontoise, in Francia, il sacerdote 47enne Jean Yves Riocreux, del clero dell’arcidiocesi di Parigi, finora parroco della cattedrale di Notre Dame.

 

 

 

LE DIRETTIVE DELLA SANTA SEDE PER L’AMMISSIONE ALL’EUCARISTIA

TRA LA CHIESA CALDEA E LA CHIESA ASSIRA DELL’ORIENTE

IN SITUAZIONE DI NECESSITA’ PASTORALI.

CON NOI IL REVERENDO JOHAN BONNY

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani ha recentemente emanato un documento dal titolo: “Orientamenti per l’ammissione all’Eucaristia fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell’Oriente”, documento elaborato in accordo con la Congregazione per la dottrina per la fede e la Congregazione per le Chiese orientali. Il reverendo Johan Bonny, officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ci ha spiegato il contenuto e le motivazioni di questo documento ...

 

Diciamo prima di tutto che parliamo di due Chiese e di una Anafora o Preghiera eucaristica. Le due Chiese sono la Chiesa caldea, che è cattolica, e la Chiesa assira dell’Oriente, che è ortodossa e, quindi, non è in comunione con il Vescovo di Roma. Queste due Chiese sono i due rami dell’antica Chiesa dell’Oriente o dell’antica Chiesa della Mesopotamia che adesso vive in maggioranza in diaspora: Europa, Stati Uniti, Australia e Medio Oriente. Spesso mancano sacerdoti a sufficienza per dare a tutti i fedeli accesso all’Eucaristia, una Eucaristia celebrata da un sacerdote della propria Chiesa. Dunque un problema pastorale: dare accesso all’Eucaristia ai fedeli di queste due Chiese nel loro proprio rito orientale. D’altra parte si poneva un problema teologico rispetto alla Preghiera eucaristica o Anafora, come si dice in Oriente, di Addai e Mari. Questa Anafora è una delle più antiche della Chiesa, forse redatta in Oriente tra l’anno 200 e l’anno 300, usata in tutto l’Oriente ma anche e soprattutto dalla Chiesa di Mesopotamia.

 

Questa Anafora ha una particolarità, cioè non contiene le parole dell’istituzione dell’Eucaristia in un modo narrativo o coerente; le parole di Gesù sono presenti, però in un modo frammentato o disseminato attraverso tutta l’Anafora. Ora, qual era il problema? Che la Chiesa cattolica ha creduto e detto che per la validità dell’Eucaristia e della Preghiera eucaristica serve la narrazione delle parole del Signore, dunque tutte parole che Gesù ha detto quando ha istituito l’Eucaristia, la sera del Giovedì Santo. La questione era dunque di sapere se l’Anafora di Addai e Mari è valida o no con le parole dell’istituzione in un modo frammentato e non coerente o narrativo. Cosa si è fatto, allora? Ce lo dice il reverendo Johan Bonny:

 

“Su questo abbiamo dovuto studiare, preparare tutto un dossier che è stato studiato dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, dalla Congregazione per le Chiese Orientali e anche dalla Congregazione per la dottrina della fede, e tutti insieme siamo arrivati alla conclusione che questa Anafora può essere considerata valida, e per vari motivi. Prima di tutto, non si tratta di un’invenzione recente, ma di una delle più antiche Anafore della Chiesa, più antica delle codificazioni ulteriori; poi è stata sempre celebrata nella piena obbedienza alle parole di Gesù: ‘Fate questo in memoria di me’; inoltre la Chiesa assira – come tutte le Chiese in Oriente – crede pienamente alla presenza di Gesù nel pane e nel vino e anche nel carattere sacrificale dell’Eucaristia. E per il problema più preciso delle parole di Gesù, quando istituì l’Eucaristia, va detto che queste parole non mancano ma che sono presenti in un’altra forma, in una forma più frammentata, in una forma non coerente o narrativa, ma in forma eucologica, integrata con preghiere di lode e di ringraziamento”.

 

Per la validità dell’Anafora, sono necessari due elementi principali: l’epiclesi e le parole del Salvatore. E dunque la conclusione è stata che i due elementi sono presenti: l’epiclesi, che chiede la presenza dello Spirito sui doni del pane e del vino, e poi anche le parole del Salvatore quando istituì l’Eucaristia. Quindi, in concreto, la Chiesa assira dell’Oriente, che non è in comunione con Roma, celebra validamente la sua Eucaristia con questa Anafora, e pertanto i fedeli cattolici della Chiesa caldea possono accedere, quando necessario, all’Eucaristia celebrata – appunto – nella Chiesa assira dell’Oriente. Il che non vuol dire che la Chiesa assira e la Chiesa caldea sono in piena comunione eucaristica, ma che i membri di queste Chiese possono andare da un sacerdote dell’altra Chiesa quando manca il sacerdote della propria Chiesa per ricevere l’Eucaristia.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Testimoni della Risurrezione di Cristo” è il titolo che, a tutta pagina, apre il giornale: a Madrid, dopo l’entusiasmante Veglia con i giovani, il Papa ha proclamato cinque Santi, modelli di eroismo cristiano e di audacia apostolica per la nuova evangelizzazione dell'Europa.

Sempre in prima, in rilievo il seguente titolo: “Un’esplosione di cuori”: l’attaccamento della Spagna a Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, nel discorso alle centinaia di migliaia di giovani spagnoli, Giovanni Paolo II ha detto: Siete la speranza viva della Chiesa e del Papa.

Gli articoli dell’inviato Giampaolo Mattei. La rassegna della stampa internazionale dedicata all’evento.

Una pagina fotografica con i momenti salienti della visita del Papa.

Il Messaggio del cardinale Angelo Sodano per la 79 Giornata dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

Nelle pagine estere, Iraq: Washington sollecita l’invio di una forza multinazionale di stabilizzazione. Intanto a Bassora sono riprese le lezioni nelle scuole.

Medio Oriente: missione dell’inviato Usa, Burns; palestinese ucciso presso Nablus.

Egitto: otto morti nel crollo di un palazzo al Cairo; una bambina estratta viva dalle macerie.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Marchi su una mostra, nella Biblioteca del Burcardo, a Roma, che ricorda il genio teatrale di Ettore Petrolini.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con particolare riferimento al tema della giustizia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 maggio 2003

 

LA GRAVE SITUAZIONE SANITARIA IN IRAQ,

SECONDO LA DENUNCIA DI “MEDICI SENZA FRONTIERE”

- Intervista con Nicoletta Dentico -

 

 

Gli Stati Uniti hanno fallito nell’adempiere alle proprie responsabilità nel supportare il sistema sanitario in Iraq. Un’accusa ma anche una richiesta quella lanciata tre giorni fa dal presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, Morten Rostrup, che da Washington ha chiesto che le forze della coalizione provvedano ai bisogni medici della popolazione irachena. Attualmente l’Organizzazione  è presente in Iraq e nei Paesi  confinanti con 30 volontari che stanno effettuando azioni di monitoraggio nelle principali città, tra cui Baghdad, Bassora, Karbala, Tikrit, Mosul. Le forze americane hanno dato la priorità alla riorganizzazione dell’amministrazione politica del Paese - dice Nicoletta Dentico, direttore di Medici senza frontiere Italia - e hanno dimenticato i pazienti. Ascoltiamola al microfono di Francesca Sabatinelli.

 

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R. – Le forze della coalizione, nonostante siano passate tre settimane dall’inizio dell’occupazione vera e propria dell’Iraq, non hanno minimamente considerata prioritaria fino ad oggi la questione sanitaria. Niente fanno per cercare di sostenere l’amministrazione che esisteva precedentemente – e noi ci riferiamo evidentemente al settore sanitario – che durante la guerra funzionava, di fatto.

 

D. – E quindi nel concreto le conseguenze visibili che sono state accertate dai membri delle vostre missioni di monitoraggio …

 

R. – La disorganizzazione impedisce un’assistenza sanitaria adeguata. Non c’è nessuna sicurezza all’interno degli ospedali e non c’è nessuna sicurezza per il personale medico. I medici e gli infermieri iracheni non hanno più visto una briciola di stipendio. I pazienti vengono dimessi prima del previsto. E di fatto ci sono tutta una serie di patologie, quali il diabete, l’insufficienza renale e l’epilessia, che sono abbastanza diffuse nel Paese e ad oggi non ricevono nessun tipo di assistenza. Non abbiamo invece visto tutta una serie di segnali che erano stati annunciati, quali la malnutrizione o le epidemie. Fortunatamente non abbiamo constatato questo. Vediamo però che ci sono malattie come la tubercolosi o il kalazar, che sono diffuse soprattutto nel sud del Paese, che se non vengono gestite con tempestività rischiano di trasformarsi in vere e proprie epidemie.

 

D. – E Medici senza Frontiere come sta cercando di inserirsi in questo vuoto?

 

R. – Nessuna organizzazione può sopperire ad un sistema sanitario. E’ una responsabilità precisa, secondo il diritto umanitario internazionale, che il Paese occupante, l’Esercito quindi che ha deciso di occupare l’Iraq, si assuma anche la responsabilità della gestione di questo Paese dal punto di vista sanitario. E’ responsabilità propria degli americani. Il personale medico iracheno, che è altamente specializzato e ha studiato nelle migliori università occidentali, per lo più erano tutti membri del partito Baaht, sono tutti fuggiti ovviamente. Oggi c’è una situazione di grave instabilità da questo punto di vista, e quindi si è proprio disintegrata la struttura che permetteva all’assistenza sanitaria di essere condotta in maniera estremamente efficace ed estremamente efficiente durante la guerra. Non riteniamo che alcuna organizzazione umanitaria possa in questa momento sopperire ad una deficienza che è di carattere nazionale.

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CHIESA E SOCIETA’

5 maggio 2003

 

 

NEL QUADRO DELLA PROFONDA TRASFORMAZIONE DELLA PASTORALE CATECHISTICA

IN ATTO NELLA CHIESA, VESCOVI E RESPONSABILI EUROPEI DELLA CATECHESI 

DA OGGI POMERIGGIO A ROMA PER UN INCONTRO SU

“SACERDOTI E CATECHESI IN EUROPA”.

L’INIZIATIVA E’ DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA (CCEE) 

IN COLLABORAZIONE CON LA CEI

- A cura di Carla Cotignoli -

 

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ROMA. = “E’ in atto una profonda trasformazione dell’azione catechistica della Chiesa  e cresce il bisogno di cambiare il servizio della catechesi collocandolo nel più ampio quadro di una nuova evangelizzazione”. E’ quanto afferma don Walter Ruspi, direttore dell’Ufficio Catechistico della Cei in un comunicato dei vescovi europei.  In questo quadro si svolgerà l’incontro di circa 80 vescovi e  responsabili nazionali per la catechesi europei che avrà inizio oggi pomeriggio a Roma, presso Villa Aurelia, promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE), in collaborazione con l’Ufficio catechistico nazionale della Cei. Questo incontro  sarà un importante momento di dialogo tra le Conferenze episcopali, oltre che di condivisione nello studio dei problemi. Nel corso dell’incontro verrà presentata un’indagine svolta dai direttori nazionali sulla presenza del presbitero nella catechesi nei diversi Paesi europei con approfondimenti di Spagna, Ungheria, Paesi Bassi e Italia. “Il numero dei sacerdoti diminuisce e l’età media si alza. Si può pensare – afferma ancora  don Ruspi – che il ruolo dei sacerdoti nella catechesi debba essere ripensato con realismo e fiducia, in una riflessione più ampia sulla Chiesa e, in particolare, sul ruolo dei laici”. Sarà mons. Cesare Nosiglia, vicegerente di Roma e delegato CCEE per la catechesi, ad aprire i lavori oggi pomeriggio. Tra gli altri interverranno il cardinale Castrillon Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero, e l’arcivescovo di Zagabria, mons. Josip Bozanic. Saranno presenti all’incontro il Presidente del CCEE, il vescovo Amédée Grab e mons. Aldo Giordano, segretario generale.

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RIPRENDONO IN SRI LANKA I COLLOQUI DI PACE TRA GOVERNO E GUERRIGLIA

CON LA MEDIAZIONE DEGLI INVIATI DI NORVEGIA E GIAPPONE

 

COLOMBO. = Un inviato del governo giapponese, Yasushi Akashi, si incontra da oggi, nel Nord dello Sri Lanka, con alcuni rappresentanti dei ribelli delle “Tigri per la liberazione della patria tamil”. L’iniziativa vuole essere un ulteriore tentativo per riavviare il dialogo tra l’esecutivo dello Stato asiatico e i ribelli. L’inviato speciale del Giappone  è arrivato ieri nella capitale Colombo, insieme al viceministro degli esteri norvegese, Vidar Helgessen, per incontrare alcuni leader del governo dello Sri Lanka ed esponenti dei guerriglieri. Gli incontri serviranno a preparare il terreno per l’importante summit, previsto per il mese prossimo a Tokyo, tra i Paesi donatori dello Sri Lanka. L’obiettivo  del meeting sarà quello di raccogliere fondi da destinare alla ricostruzione del Paese dove la guerra civile, iniziata dai ribelli nel 1983, ha causato la morte di almeno sessantacinque mila persone. Da gennaio 2002 è in corso, nello Sri Lanka, un processo di pace che ha recentemente fatto registrare una grave battuta d’arresto. Il settimo round di colloqui tra le due parti, programmato dal 29 aprile al 2 maggio, è stato infatti annullato dalle “Tigri tamil”. Le speranze di raggiungere una pace duratura sono ora affidate agli sforzi diplomatici degli inviati di Giappone e Norvegia che cercheranno di svolgere, a partire dagli incontri di questa settimana, un delicato ruolo di mediazione tra il governo di Colombo e i ribelli.  (A.L.)

 

 

ALTI RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE ORTODOSSA, CATTOLICA E ANGLICANA

QUESTA SERA DA ATENE LANCERANNO UN APPELLO COMUNE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLE RADICI CRISTIANE  DELL’EUROPA NELLA NUOVA COSTITUZIONE.

L’INIZIATIVA E’  DELLA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA. IL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI E’ RAPPRESENTAT0 DAL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY

 

ATENE.= “I principi morali e i valori su cui strutturare l’Europa”. Questo il tema al centro della Conferenza internazionale promossa dalla Chiesa ortodossa di Grecia, iniziata ieri ad Atene, a cui sono stati invitati anche rappresentanti delle Chiese cattolica ed anglicana.  A guidare la delegazione del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani vi è il cardinale Roger Etchegaray, mentre la Chiesa anglicana è rappresentata dal vescovo di Londra, Richard Chartres. Da parte ortodossa sono presenti il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e rappresentanti delle Chiese ortodosse di Russia, Albania e Romania. I lavori della riunione sono stati aperti ieri, alla presenza del Commissario europeo greco per gli affari sociali, Anna Diamantopoulou. Atteso per questa sera un appello congiunto delle tre Chiese che rinnoverà la richiesta di inserire “un chiaro riferimento alle radici cristiane dell’Europa” nella nuova Costituzione Europea. Questa richiesta era già stata fatta nel febbraio scorso dall’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Christodoulos, al presidente della Convenzione sul futuro d’Europa, Valéry Giscard d’Estaing. L’annuncio di questa conferenza internazionale era già stato dato nel febbraio scorso, durante la visita ad Atene del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. L’impegno delle Chiese ortodossa di Grecia e cattolica nel processo di integrazione europea, era stato affermato in una dichiarazione comune, nel maggio del 2001 in occasione della visita del Papa ad Atene che ha segnato una svolta storica nei rapporti tra le due Chiese. (C.C.)

 

 

IN UGANDA SI STANNO VERIFICANDO NUMEROSI CASI DI COLERA

 NELLA ZONA DI CONFINE CON LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.

DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO MORTE A CAUSA DI QUESTA MALATTIA 44 PERSONE

SU UN TOTALE DI OLTRE 600 CASI SEGNALATI

 

 

KAMPALA. = In Uganda si sta diffondendo il colera nel distretto di Bundibugyo, al confine con la Repubblica Democratica del Congo, ai piedi del massiccio del Ruwenzori. Le autorità locali hanno ufficialmente comunicato che dall’inizio dell’anno a causa della malattia sono morte almeno 44 persone su un totale di oltre 600 casi segnalati. Le condizioni sanitarie della zona, difficilmente raggiungibile da Kampala anche a causa delle recenti piogge, erano state già definite critiche in un rapporto di “Medici senza frontiere”. Nel luglio scorso secondo il vice direttore dei servizi sanitari locali, James Ndyeziika, metà della popolazione era affetta dal virus dell’Hiv. La situazione è resa ancora più complessa dal continuo afflusso di profughi dalla regione congolese dell’Ituri tormentata da continui scontri. Sembra che a fuggire verso Bundibugyo siano soprattutto famiglie di etnia Hema. (A.L.)

 

 

“LA RICONCILIAZIONE, ORIZZONTE DI PACE”.

QUESTO IL TEMA DEL CONGRESSO NAZIONALE COLOMBIANO DI RICONCILIAZIONE

IN CORSO DA OGGI A BOGOTÀ E PROMOSSO DAL SEGRETARIATO DI PASTORALE SOCIALE DELL’EPISCOPATO E DALLA CARITAS LOCALE

 

 

BOGOTA’. = Sul tema “La riconciliazione, orizzonte di pace” si svolge da oggi a Bogotà, in Colombia, il Congresso nazionale colombiano di riconciliazione. L’incontro, organizzato dal Segretariato nazionale di Pastorale sociale e dalla Caritas locale, si concluderà mercoledì prossimo nella sede della Conferenza episcopale colombiana. Nel 40º anniversario della Pacem in terris, il Congresso intende approfondire la rilevanza del documento giovanneo per la Chiesa e per il mondo. L’appuntamento vuole anche essere un’occasione per riflettere sul significato che può assumere la  riconciliazione in un contesto duramente colpito dal  perdurare delle tensioni sociali. Al Congresso partecipa il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, l'arcivescovo Renato Raffaele Martino, che al termine dei lavori si recherà a Medellín per incontrare docenti e alunni dell'Università Pontificia Bolivariana. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 maggio 2003

- A cura di Paolo Ondarza -

 

Prime votazioni in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Sono oltre 200 i delegati di diversi gruppi etnici e religiosi riunitisi stamani nella sala comunale di Mosul per eleggere l’amministrazione locale della città. Ma comincia a prendere forma anche il nuovo governo di Baghdad, che dovrà guidare il Paese nei prossimi mesi: l’ex generale americano Garner, capo dell’amministra-zione provvisoria, ha annunciato che si tratterà di un esecutivo composto da 7, 8 o 9 dirigenti. In tutto l’Iraq, intanto, la situazione è sempre molto confusa, come ci riferisce dalla capitale irachena il nunzio apostolico, mons. Fernando Filoni:

 

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La situazione in questo momento, in Iraq, è ancora molto incerta. Mancando una autorità centrale, e mancando anche le autorità locali, viene meno anche la chiarezza sul futuro e sulla ripresa della vita in questo Paese. Al momento l’elettricità è stata discretamente ristabilita, ma ci sono ancora momenti in cui viene interrotta. L’acqua normalmente viene erogata. Il problema maggiore è in questo momento l’organizzazione del lavoro. La gente è stata invitata a recarsi ai propri posti di lavoro, ma la maggior parte degli edifici che li ospitavano sono stati distrutti, saccheggiati e soprattutto manca l’organizzazione interna.

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In continuo aggiornamento il numero delle vittime a causa della polmonite atipica in Cina. Proprio quando l‘epidemia sembrava rallentare il governo ha dato notizia oggi di 160 nuovi casi e 9 morti nelle ultime 24 ore, tre dei quali nella sola Pechino. Notizie preoccupanti anche da Hong Kong: ancora 3 morti e 8 nuovi casi. Le ripercussioni si riversano anche sul fronte sociale e politico. Sentiamo da Pechino Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano “La Stampa”, intervistato da Andrea Sarubbi.

 

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R. – Secondo la tradizione ieri era l’arrivo dell’estate, e a questo evento dell’anno è legata la fine delle epidemie. Ma purtroppo, naturalmente, questo non è confortato dai fatti reali. C’è il pericolo grandissimo che la malattia si estenda nelle campagne, dove è più difficile controllarla.

 

D. – Per la Cina i costi sono altissimi anche a livello politico …

 

R. – Ci sono queste due destituzioni importanti, quella del ministro della sanità e quella del sindaco di Pechino, più una folla di altre destituzioni minori di direttori di ospedali, medici e così via. A livello sociale ugualmente ci sono da affrontare costi molto alti. Le scuole sono chiuse da 15 giorni e resteranno chiuse ancora per un po’ di tempo forse 15 giorni, o forse un mese o anche due… Non si sa se si terranno gli esami per l’ammissione all’Università, che è il più grande appuntamento annuale per milioni di famiglie. Parliamo di costi sociali enormi e non è possibile dire ancora se siamo all’inizio o alla fine di questa epidemia.

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Medio Oriente. Quattordici ergastoli e 50 anni di reclusione sono stati comminati oggi dal tribunale  distrettuale di Tel Aviv nei confronti di Nasser Aweis, dirigente di Tanzim e delle Brigate dei martiri di al-Aqsa. L’uomo è ritenuto il 'braccio destro di Marwan Barghuti, il segretario  generale di al-Fatah in Cisgiordania. Oggi intanto sono partiti i preliminari per la ripresa del dialogo israelo-palestinese. In giornata la road-map, il piano di pace di Onu, Stati Uniti, Unione europea e Russia, sarà all’esame del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e del Parlamento israeliano. Molto attiva la diplomazia americana, come ci riferisce Graziano Motta:

 

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Il sottosegretario americano, Burns, che ieri ha incontrato il primo ministro Sharon e i ministri degli Esteri, Shalom, e della Difesa, Mofas, oggi vede il nuovo premier palestinese Mahmud Abbas. Le prime pre-occupazioni sono per l’alleviamento delle condizioni di vita della popola-zione palestinese e per la fine delle operazioni terroristiche in Israele, che il segretario di Stato Powell ha indicato condizione essenziale per la messa in applicazione del piano di pace, la cosiddetta “road-map”. Così si spiega-no l’iniziativa di far incontrare nelle prossime ore il ministro israeliano della Difesa e quello palestinese per la Sicurezza, e l’invito del governo egiziano ai capi di tutte le fazioni palestinesi, attivamente impegnate nella rivolta, di riprendere al Cairo dei colloqui per la cessazione della loro attività. In un contesto più vasto la diplomazia americana opera anche per un assetto globale di pace nella regione. Powell ha chiesto alla Siria di cessare di sostenere i guerriglieri fondamentalista islamici dell’Hezbollah libanese, che operano alla frontiera con Israele. La replica è stata l’insistenza per il disarmo nucleare di Israele. Intanto, colpo di scena nella politica interna israeliana: il leader laburista, Amran Mitzna, si è dimesso, in polemica con i maggiori esponenti del partito. In attesa di un suo successore alcuni osservatori non escludono il ritorno dei laburisti al governo.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sembra gradualmente assestarsi su un terreno di pace il rapporto tra India e Pakistan. Islamabad si è detta disponibile ad una ripresa del dialogo. A questo scopo oggi i partiti del governo e dell’opposizione sono stati convocati dal premier Jamali. Una volta risolta la questione del Kashmir, ha detto il capo di Stato Mu-sharraf, “India e Pakistan potranno firmare un patto di non aggressione”.

 

Meno serena la situazione nel sud delle Filippine, dopo il sanguinoso raid compiuto ieri dai ribelli del Fronte di liberazione islamico Moro, che ha causato 25 morti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Era festa nel villaggio di minatori di Siocon, ad oltre 700 km a sud di Manila, quando verso le 2.00 di notte decine di ribelli del Fronte di Liberazione islamica Moro hanno attaccato il posto di polizia, l’ospedale e il mercato, prendendo una ventina di civili in ostaggio ed usandoli come scudi umani. Soltanto dopo molte ore di battaglia i militari sono riusciti a ristabilire l’ordine e a costringere i separatisti alla fuga. Negli scontri sono morte 25 persone, tra cui 10 civili. Il governo di Manila, ha inviato le truppe nella regione, per dare la caccia agli attentatori. La presidente, Gloria Arroyo, intende usare il pugno di ferro contro quello che ha definito in un incontro con la stampa “un grave atto di terrorismo, di cui i separatisti del Fronte Liberazione Moro dovranno pagare tutte le conseguenze”. Poi ha aggiunto: “Non scendiamo a patti con il terrorismo. Daremo loro la caccia finché hanno respiro. Non c’è scampo per loro né qui, né altrove”. Proprio questa settimana i negoziatori del governo filippino avevano previsto dei colloqui esploratori con i rappresentanti dei ribelli del gruppo Moro a Kuala Lumpur, in Malesia, ma dopo l’attacco di ieri la porta del dialogo si è di nuovo chiusa.

 

Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Dichiarazioni spontanee per il primo ministro italiano Silvio Berlusconi sulla vicenda Sme davanti ai giudici di Milano. Il capo dell’esecutivo, imputato per corruzione in atti giudiziari, ha detto di voler dimostrare la paradossalità delle accuse che gli sono mosse, aggiungendo che fu lui ad impedire un evento contrario agli interessi dello Stato, evitando la vendita della Sme. Fu l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi, ha detto ancora Berlusconi, a pregarlo di intervenire.

 

Trattative in corso per la liberazione dei 31 turisti europei scomparsi tra febbraio e marzo scorsi nel Sahara algerino. Ieri lo ha ammesso il ministro del turismo algerino Dorbani parlando davanti alla commissione per il turismo dell’Assemblea popolare nazionale. Ignota l’identità delle persone con cui le autorità di Algeri sono in contatto.

 

Tragedia in Papua nuova Guinea. Una gigantesca frana sul villaggio meridionale di Tokia ha sepolto vive 11 persone e ne ha ferite almeno 25. Decine di capanne sono inoltre ricoperte dal fango. 

 

I presidenti del Sudafrica, della Nigeria e del Malawi sono da oggi ad Harare per cercare insieme una risoluzione alla crisi in Zimbabwe. I tre vorrebbero aprire un dialogo tra il capo dello Stato, Mugabe, ed il suo principale avversario, il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai. La stampa sudafricana ha parlato, nei giorni scorsi, di un piano – sponsorizzato anche da Stati Uniti e Gran Bretagna – che prevedrebbe le dimissioni di Mugabe ed il suo ritiro dalla vita politica.

 

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