RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 125 - Testo della
Trasmissione di lunedì 5 maggio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Vescovi europei riuniti
da oggi a Roma sulle nuove sfide della catechesi
Riprende in Sri Lanka il
processo di pace, con la mediazione di Giappone e Norvegia
Numerosi casi di colera nella
zona al confine tra Uganda e la Repubblica democratica del Congo
Aperto oggi a Bogotà il Congresso nazionale colombiano di riconciliazione.
A
Mossul prime votazioni del dopo Saddam: si elegge la nuova amministrazione
locale
La
polmonite atipica non si placa in Cina: ancora nuovi decessi
Oggi
all’esame del parlamento israeliano la
road-map: il piano di pace in Medio Oriente di Onu, Usa, Ue e Russia
Filippine
sotto shock dopo l’attentato di ieri
nel villaggio di Siocon.
SI E’ CONCLUSO IERI SERA, IL 99.MO VIAGGIO
APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO II.
IL SUO
RIENTRO DALLA SPAGNA, CONTRASSEGNATO DA UNA NUOVA ONDATA
DI
AFFETTO E DI GRATITUDINE DA PARTE DELLE AUTORITA’
E
DELLA POPOLAZIONE DELLO STATO IBERICO
-
Servizi di Alessandro De Carolis e Giancarlo La Vella -
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Dovere
della testimonianza, amore per la propria identità che nasce dal Vangelo,
impegno per un’Europa unita sui valori cristiani, scelta della tolleranza senza
estremismi verso il proprio Paese, scelta della pace verso l’esterno. Giovanni
Paolo II ha lasciato per la quinta volta la Spagna consegnando ad una nazione,
che l’ha accolto festosamente, parole e appelli che suonano come altrettanti
pilastri sui quali poggiare la storia del Paese ancora non scritta. Tanto gli
eventi pubblici e oceanici - l’incontro con i giovani, sabato sera, e la Messa
di canonizzazione di ieri mattina - quanto i contatti in privato con le
autorità spagnole, con i membri della Casa reale soprattutto, hanno avuto il
segno della cordialità e dell’affetto.
Lo
stesso affetto che Giovanni Paolo II ha manifestato a re Juan Carlos e alla regina
Sofia pochi istanti prima che l’aereo papale decollasse, verso le 19.15 di
ieri, dall’aeroporto internazionale di Madrid-Barajas, presidiato ancora una volta
da una foltissima presenza di persone e di autorità. Il volo si è concluso esattamente
due ore dopo all’aeroporto romano di Ciampino, da dove il Pontefice, in auto,
ha fatto ritorno in Vaticano. Per rivivere il momento del congedo dalla Spagna
- termine del 99.mo viaggio apostolico del Papa - ascoltiamo il servizio del
nostro inviato a Madrid, Giancarlo La Vella:
Alla conclusione dell’ultimo atto ufficiale di questo
viaggio, il Pontefice ha salutato al momento del pranzo una folta
rappresentanza della Conferenza episcopale spagnola, guidata dal suo presidente
e arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Rouco Varela. Verso le 17, nella
nunziatura apostolica della capitale, Giovanni Paolo II ha ricevuto per un
incontro privato i Reali di Spagna: il re Juan Carlos e la regina Sofia e i
loro familiari. Infine, la preparazione alla partenza, con il lento incedere
del corteo papale tra due ali di folla entusiasta lungo il tragitto verso
l’aeroporto di Barajas. Scena simile a quella del giorno dell’arrivo, ma con un
pizzico di malinconia in più nei saluti rivolti al Papa, giovane di 83 anni che
ancora oggi va nel mondo per confermare il suo gregge di fedeli nella fede.
Dopo la cerimonia di congedo in aeroporto, gli attimi della partenza e ancora
un saluto e il sorriso del Papa alle moltissime persone radunatesi presso lo
scalo aereo per dedicargli un ultimo abbraccio di ringraziamento.
Grande rilievo alla visita del Papa viene dato da tutti i
mezzi di comunicazione spagnoli, che oggi dedicano ampi spazi di
approfondimento ai temi sociali e a quelli più strettamente religiosi del
viaggio del Santo Padre. Spazio anche al successo di questa visita, che
dimostra la vicinanza alla Chiesa e al Papa della società spagnola, che ha così
risposto alle paure di laicizzazione eccessiva, di allontanamento dalla pratica
religiosa, che i vescovi locali avevano messo in evidenza alla vigilia del
viaggio papale. “La Spagna non abbandoni le proprie radici cristiane -
riportano tutte le testate - e proietti sull’Europa le sue tradizioni”.
“Spagna, Paese di pace e di convivenza nell’unità: che questa terra continui ad
essere un Paese dove nascono nuovi Santi”. “Le idee non si impongono ma si
propongono”. “Vincere la violenza, l’odio e il nazionalismo esasperati, il
razzismo e l’intolleranza, con la forza dell’amore e del perdono”: sono alcuni
dei titoli che campeggiano sulle pagine dei quotidiani e che prendono spunto
dalle parole del Papa pronunciate durante questo viaggio. Costituiranno da oggi
in poi la base per proseguire sulla strada della fede e per meditare sul futuro
della Spagna, Stato emergente nella nuova Europa.
Da Madrid, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.
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Pur condensati in due giorni, gli avvenimenti di questo
viaggio apostolico sembrano essere stati dilatati dall’intensità della
partecipazione collettiva. Testimone privilegiato della visita appena conclusa
è stato il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi, che l’ha
vissuta al seguito di Giovanni Paolo II. Alessandro De Carolis gli ha chiesto
alcune impressioni “a caldo”, a partire dal Papa stesso, protagonista di un
viaggio che alcuni avevano ritenuto poco utile ai fini della sua salute. Ma le
fatiche hanno avuto il temuto sopravvento?
R. – No affatto. Mi pare un viaggio che si è svolto
perfettamente, così come era stato previsto, e anche se attualmente il Papa è
in effetti alquanto limitato nei suoi movimenti, possiamo dire però che, come
presenza spirituale e come voce, ha tenuto perfettamente il campo. Anzi, ha
dominato, come possiamo notare per esempio nei dialoghi con i giovani, nelle
sue improvvisazioni, nella forza delle sue espressioni. Dunque, siamo arrivati
al 99.mo viaggio e certamente arriveremo anche al 100.mo e andremo oltre.
D. – A
proposito di giovani, dieci anni dopo l’ultima visita in Spagna sono stati
proprio loro ad offrire per primi il loro abbraccio di massa al Papa. Quali
immagini si è portato via dal loro incontro con lui?
R. – Dell’incontro con i giovani, direi che ciò che mi ha
colpito molto sono state le testimonianze. Erano estremamente efficaci e hanno
strappato gli applausi dei giovani stessi. Il tema del viaggio era “Sarete miei
testimoni” ed effettivamente abbiamo visto questi testimoni non solo nelle
figure dei Santi canonizzati domenica mattina, ma anche nelle forme in cui i
giovani hanno saputo testimoniare il loro impegno per Cristo. Erano persone con
varie vocazioni ecclesiali - una giovane suora, un seminarista - ma anche un
laico e si erano anche preparati una coppia di sposi e una portatrice di
handicap. Hanno davvero saputo dimostrare che lo Spirito del Signore soffia
molto forte e che la testimonianza è viva.
D. – Sempre sul rapporto tra il Papa e i giovani, una
delle note di colore più caratteristiche di questo viaggio sono stati
certamente i cori, trascinanti e ripetuti, dedicati al Pontefice. In fondo, un
modo tutto latino di manifestare l’affetto per Giovanni Paolo II...
R. – Certamente. Quando ci sono giovani di lingua spagnola
in Piazza San Pietro o in giro altrove, si nota questa caratteristica nel modo
in cui si sviluppa l’entusiasmo, si lanciano degli slogan. Io sono sempre molto
interessato alla creatività degli slogan e questa volta ne ho colti due nuovi,
che non avevo ancora sentito. Uno è “Juan Pablo, torero, te quiere el mundo
entiero”, cioè: Giovanni Paolo II, torero, tutto il mondo ti ama. Bisogna tener
conto che a Madrid questo è il periodo della festa patronale e per un mese ci
sono corride tutti i giorni. Rivolgere ad una persona l’appellativo di “torero”
è il più grande complimento che si possa fare. L’altro slogan è “Juan Pablo
segundo nos ha cambiado el mundo”, ovvero: Giovanni Paolo II ci hai cambiato il
mondo. Anche quest’ultimo slogan è molto bello e pieno di speranza. Mi sembra
che i giovani continuino a sentire la novità che il Papa porta.
D. – Un milione di persone per la Messa di ieri. I fedeli
spagnoli non hanno voluto mancare a questo appuntamento. Da ciò che lei, padre,
ha potuto vedere e sentire, quali impressioni hanno ricavato i vescovi spagnoli
da questa massiccia partecipazione e, più in generale, da questa presenza del
Papa nella loro comunità nazionale?
R. – I vescovi mi sono sembrati molto soddisfatti. Sabato
sera, ho partecipato anch’io alla cena offerta dalla Conferenza episcopale,
dove c’era un clima molto gioioso, molto sereno. Davvero, la popolazione
spagnola ha risposto a questa presenza del Papa con moltissimo affetto. Erano
rappresentate le diverse parti del Paese e si è sentito un momento di grande
comunità e di grande serenità. Direi, quindi, che la Conferenza episcopale è
stata veramente incoraggiata ed aiutata dalla presenza del Papa a portare avanti
i suoi progetti pastorali. A portare avanti anche il clima di conciliazione, di
serenità all’interno di un Paese in cui non mancano ancora oggi momenti di
tensione, in particolare connessi, come sappiamo, alle vicende del terrorismo.
D. – A proposito di clima, padre, che atmosfera si è
respirata nei colloqui del Papa con le autorità madrilene, e con i Reali di
Spagna in particolare?
R. – I Reali sono stati molto presenti. Erano presenti
all’arrivo, alla Messa, sono stati presenti nel pomeriggio in un incontro
privato col Papa, sono stati presenti alla sua partenza. Sono stati dunque
largamente vicini a questa festa di popolo. Ed è un particolare bello
constatare come anche i responsabili massimi della nazione abbiano partecipato
con il popolo a questo momento di gioia. Si notava una grande sintonia tra i
Reali ed il popolo. L’incontro privato, poi,
è stato un incontro molto familiare: c’erano non solo i figli, ma anche
i nipotini della Casa reale e sappiamo come il Papa sa manifestare con grande
spontaneità il suo affetto, soprattutto quando sono presenti dei bambini. E’
stato un momento di grande gioia e quando poi, alla partenza, il Papa ha voluto
abbracciare e baciare il re e la regina, direi che quello è stato un tocco
eloquente dell’intimità e la familiarità che si era creata tra di loro.
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I Padri Cappuccini curano il Santuario di San Giovanni
Rotondo e il vescovo vigila secondo le norme canoniche. E’ quanto, in estrema
sintesi, ha precisato stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín
Navarro Valls, in merito alle notizie diffuse oggi dai mezzi di comunicazione
sociale circa la gestione del Santuario di Padre Pio, con la nomina di mons.
Domenico Umberto D’Ambrosio, l’8 marzo scorso, ad arcivescovo di
Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e a delegato della Santa Sede per le
Opere di San Pio da Pietrelcina. Ecco i chiarimenti offerti dal portavoce
vaticano, al microfono di Stefano Leszczynski.
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R. – Bisogna chiarire alcuni punti, perché alcune delle
notizie che leggevo questa mattina erano un po’ fuori della realtà. Il primo
punto è che i padri cappuccini naturalmente continuano ad avere la cura del
santuario, non è che viene sottratta loro la cura di quest’ultimo. Ma allo
stesso tempo l’arcivescovo del luogo ha il diritto e il dovere di vigilanza
sull’attività pastorale che lì si svolge, così come compete ad ogni vescovo
nella sua diocesi, in qualsiasi diocesi, secondo le norme generali di indirizzo
canonico.
D. – Su diversi quotidiani si sono lette definizioni
strane di questa delega. Si tratta realmente di un commissariamento?
R. – Assolutamente no. Io penso che questa parola abbia un
significato completamente diverso. Qui il titolo è di delegato della Santa Sede
per le opere di Padre Pio. E questo titolo è in tutto simile a quello concesso
dai Sommi Pontefici in diverse epoche ai delegati di altri santuari. In Italia
esistono infatti altri delegati pontifici che tra loro hanno gli stessi
ordinari del luogo, come a Loreto e a Pompei, e in altri luoghi ci sono altri
ecclesiastici, ad esempio il cardinale Antonetti per la Basilica di Assisi e
l’arcivescovo Gioia per la Basilica di Sant’Antonio da Padova. Quindi, il
concetto, l’idea di un commissariamento, mi pare sia fuori completamente della
realtà.
D. – Direttore, quindi un chiarimento questo che riporterà
anche la serenità nella comunità di questi frati?
R. – Lo spero. Io capisco il senso di allarme, il senso di
curiosità del primo momento, ma si deve conoscere bene i particolari per non
lasciarsi portare da espressioni che non hanno niente a che vedere con la
realtà dei fatti.
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Il Papa
ha nominato vescovo di Pontoise, in Francia, il sacerdote 47enne Jean Yves
Riocreux, del clero dell’arcidiocesi di Parigi, finora parroco della cattedrale
di Notre Dame.
LE
DIRETTIVE DELLA SANTA SEDE PER L’AMMISSIONE ALL’EUCARISTIA
TRA LA
CHIESA CALDEA E LA CHIESA ASSIRA DELL’ORIENTE
IN
SITUAZIONE DI NECESSITA’ PASTORALI.
CON
NOI IL REVERENDO JOHAN BONNY
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei
cristiani ha recentemente emanato un documento dal titolo: “Orientamenti per
l’ammissione all’Eucaristia fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira
dell’Oriente”, documento elaborato in accordo con la Congregazione per la
dottrina per la fede e la Congregazione per le Chiese orientali. Il reverendo
Johan Bonny, officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità
dei cristiani, ci ha spiegato il contenuto e le motivazioni di questo documento
...
Diciamo prima di tutto che parliamo di due Chiese e di una
Anafora o Preghiera eucaristica. Le due Chiese sono la Chiesa caldea,
che è cattolica, e la Chiesa assira dell’Oriente, che è ortodossa e, quindi,
non è in comunione con il Vescovo di Roma. Queste due Chiese sono i due rami
dell’antica Chiesa dell’Oriente o dell’antica Chiesa della Mesopotamia che
adesso vive in maggioranza in diaspora: Europa, Stati Uniti, Australia e Medio
Oriente. Spesso mancano sacerdoti a sufficienza per dare a tutti i fedeli
accesso all’Eucaristia, una Eucaristia celebrata da un sacerdote della propria
Chiesa. Dunque un problema pastorale: dare accesso all’Eucaristia ai fedeli di
queste due Chiese nel loro proprio rito orientale. D’altra parte si poneva un
problema teologico rispetto alla Preghiera eucaristica o Anafora, come
si dice in Oriente, di Addai e Mari. Questa Anafora è una delle
più antiche della Chiesa, forse redatta in Oriente tra l’anno 200 e l’anno 300,
usata in tutto l’Oriente ma anche e soprattutto dalla Chiesa di Mesopotamia.
Questa Anafora ha una particolarità, cioè non
contiene le parole dell’istituzione dell’Eucaristia in un modo narrativo o
coerente; le parole di Gesù sono presenti, però in un modo frammentato o
disseminato attraverso tutta l’Anafora. Ora, qual era il problema? Che
la Chiesa cattolica ha creduto e detto che per la validità dell’Eucaristia e
della Preghiera eucaristica serve la narrazione delle parole del Signore,
dunque tutte parole che Gesù ha detto quando ha istituito l’Eucaristia, la sera
del Giovedì Santo. La questione era dunque di sapere se l’Anafora di Addai
e Mari è valida o no con le parole dell’istituzione in un modo frammentato
e non coerente o narrativo. Cosa si è fatto, allora? Ce lo dice il reverendo
Johan Bonny:
“Su questo abbiamo dovuto studiare, preparare tutto un
dossier che è stato studiato dal Pontificio Consiglio per l’unità dei
cristiani, dalla Congregazione per le Chiese Orientali e anche dalla
Congregazione per la dottrina della fede, e tutti insieme siamo arrivati alla
conclusione che questa Anafora può essere considerata valida, e per vari
motivi. Prima di tutto, non si tratta di un’invenzione recente, ma di una delle
più antiche Anafore della Chiesa, più antica delle codificazioni ulteriori; poi
è stata sempre celebrata nella piena obbedienza alle parole di Gesù: ‘Fate
questo in memoria di me’; inoltre la Chiesa assira – come tutte le Chiese in
Oriente – crede pienamente alla presenza di Gesù nel pane e nel vino e anche
nel carattere sacrificale dell’Eucaristia. E per il problema più preciso delle
parole di Gesù, quando istituì l’Eucaristia, va detto che queste parole non
mancano ma che sono presenti in un’altra forma, in una forma più frammentata,
in una forma non coerente o narrativa, ma in forma eucologica, integrata con
preghiere di lode e di ringraziamento”.
Per la validità dell’Anafora, sono necessari due
elementi principali: l’epiclesi e le parole del Salvatore. E dunque la
conclusione è stata che i due elementi sono presenti: l’epiclesi, che chiede la
presenza dello Spirito sui doni del pane e del vino, e poi anche le parole del
Salvatore quando istituì l’Eucaristia. Quindi, in concreto, la Chiesa assira
dell’Oriente, che non è in comunione con Roma, celebra validamente la sua
Eucaristia con questa Anafora, e pertanto i fedeli cattolici della
Chiesa caldea possono accedere, quando necessario, all’Eucaristia celebrata –
appunto – nella Chiesa assira dell’Oriente. Il che non vuol dire che la Chiesa
assira e la Chiesa caldea sono in piena comunione eucaristica, ma che i membri
di queste Chiese possono andare da un sacerdote dell’altra Chiesa quando manca
il sacerdote della propria Chiesa per ricevere l’Eucaristia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Testimoni della Risurrezione
di Cristo” è il titolo che, a tutta pagina, apre il giornale: a Madrid, dopo
l’entusiasmante Veglia con i giovani, il Papa ha proclamato cinque Santi,
modelli di eroismo cristiano e di audacia apostolica per la nuova
evangelizzazione dell'Europa.
Sempre in prima, in rilievo il
seguente titolo: “Un’esplosione di cuori”: l’attaccamento della Spagna a
Giovanni Paolo II.
Nelle vaticane, nel discorso
alle centinaia di migliaia di giovani spagnoli, Giovanni Paolo II ha detto:
Siete la speranza viva della Chiesa e del Papa.
Gli articoli dell’inviato
Giampaolo Mattei. La rassegna della stampa internazionale dedicata all’evento.
Una pagina fotografica con i
momenti salienti della visita del Papa.
Il Messaggio del cardinale
Angelo Sodano per la 79 Giornata dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nelle pagine estere, Iraq:
Washington sollecita l’invio di una forza multinazionale
di stabilizzazione. Intanto a Bassora sono riprese le lezioni nelle scuole.
Medio Oriente: missione
dell’inviato Usa, Burns; palestinese ucciso presso Nablus.
Egitto: otto morti nel crollo
di un palazzo al Cairo; una bambina estratta viva dalle
macerie.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giovanni Marchi su una mostra, nella Biblioteca del Burcardo, a
Roma, che ricorda il genio teatrale di Ettore Petrolini.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica, con particolare riferimento al tema della
giustizia.
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5
maggio 2003
LA GRAVE SITUAZIONE SANITARIA IN IRAQ,
SECONDO
LA DENUNCIA DI “MEDICI SENZA FRONTIERE”
-
Intervista con Nicoletta Dentico -
Gli Stati Uniti hanno fallito
nell’adempiere alle proprie responsabilità nel supportare il sistema sanitario
in Iraq. Un’accusa ma anche una richiesta quella lanciata tre giorni fa dal
presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, Morten Rostrup, che da
Washington ha chiesto che le forze della coalizione provvedano ai bisogni
medici della popolazione irachena. Attualmente l’Organizzazione è presente in Iraq e nei Paesi confinanti con 30 volontari che stanno
effettuando azioni di monitoraggio nelle principali città, tra cui Baghdad,
Bassora, Karbala, Tikrit, Mosul. Le forze americane hanno dato la priorità alla
riorganizzazione dell’amministrazione politica del Paese - dice Nicoletta
Dentico, direttore di Medici senza frontiere Italia - e hanno dimenticato i
pazienti. Ascoltiamola al microfono di Francesca Sabatinelli.
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R. – Le forze della coalizione, nonostante siano passate
tre settimane dall’inizio dell’occupazione vera e propria dell’Iraq, non hanno
minimamente considerata prioritaria fino ad oggi la questione sanitaria. Niente
fanno per cercare di sostenere l’amministrazione che esisteva precedentemente –
e noi ci riferiamo evidentemente al settore sanitario – che durante la guerra
funzionava, di fatto.
D. – E quindi nel concreto le conseguenze visibili che
sono state accertate dai membri delle vostre missioni di monitoraggio …
R. – La disorganizzazione impedisce un’assistenza
sanitaria adeguata. Non c’è nessuna sicurezza all’interno degli ospedali e non
c’è nessuna sicurezza per il personale medico. I medici e gli infermieri
iracheni non hanno più visto una briciola di stipendio. I pazienti vengono
dimessi prima del previsto. E di fatto ci sono tutta una serie di patologie,
quali il diabete, l’insufficienza renale e l’epilessia, che sono abbastanza
diffuse nel Paese e ad oggi non ricevono nessun tipo di assistenza. Non abbiamo
invece visto tutta una serie di segnali che erano stati annunciati, quali la
malnutrizione o le epidemie. Fortunatamente non abbiamo constatato questo.
Vediamo però che ci sono malattie come la tubercolosi o il kalazar, che sono
diffuse soprattutto nel sud del Paese, che se non vengono gestite con
tempestività rischiano di trasformarsi in vere e proprie epidemie.
D. – E Medici senza Frontiere come sta cercando di
inserirsi in questo vuoto?
R. – Nessuna organizzazione può sopperire ad un sistema
sanitario. E’ una responsabilità precisa, secondo il diritto umanitario
internazionale, che il Paese occupante, l’Esercito quindi che ha deciso di
occupare l’Iraq, si assuma anche la responsabilità della gestione di questo
Paese dal punto di vista sanitario. E’ responsabilità propria degli americani.
Il personale medico iracheno, che è altamente specializzato e ha studiato nelle
migliori università occidentali, per lo più erano tutti membri del partito
Baaht, sono tutti fuggiti ovviamente. Oggi c’è una situazione di grave
instabilità da questo punto di vista, e quindi si è proprio disintegrata la
struttura che permetteva all’assistenza sanitaria di essere condotta in maniera
estremamente efficace ed estremamente efficiente durante la guerra. Non
riteniamo che alcuna organizzazione umanitaria possa in questa momento
sopperire ad una deficienza che è di carattere nazionale.
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5 maggio 2003
NEL QUADRO DELLA PROFONDA TRASFORMAZIONE DELLA
PASTORALE CATECHISTICA
IN
ATTO NELLA CHIESA, VESCOVI E RESPONSABILI EUROPEI DELLA CATECHESI
DA
OGGI POMERIGGIO A ROMA PER UN INCONTRO SU
“SACERDOTI
E CATECHESI IN EUROPA”.
L’INIZIATIVA
E’ DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA (CCEE)
IN COLLABORAZIONE
CON LA CEI
- A
cura di Carla Cotignoli -
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ROMA.
= “E’ in atto una profonda trasformazione dell’azione catechistica della
Chiesa e cresce il bisogno di cambiare
il servizio della catechesi collocandolo nel più ampio quadro di una nuova
evangelizzazione”. E’ quanto afferma don Walter Ruspi, direttore dell’Ufficio
Catechistico della Cei in un comunicato dei vescovi europei. In questo quadro si svolgerà l’incontro di
circa 80 vescovi e responsabili
nazionali per la catechesi europei che avrà inizio oggi pomeriggio a Roma,
presso Villa Aurelia, promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa (CCEE), in collaborazione con l’Ufficio catechistico nazionale della
Cei. Questo incontro sarà un importante
momento di dialogo tra le Conferenze episcopali, oltre che di condivisione
nello studio dei problemi. Nel corso dell’incontro verrà presentata un’indagine
svolta dai direttori nazionali sulla presenza del presbitero nella catechesi
nei diversi Paesi europei con approfondimenti di Spagna, Ungheria, Paesi Bassi
e Italia. “Il numero dei sacerdoti diminuisce e l’età media si alza. Si può
pensare – afferma ancora don Ruspi –
che il ruolo dei sacerdoti nella catechesi debba essere ripensato con realismo
e fiducia, in una riflessione più ampia sulla Chiesa e, in particolare, sul
ruolo dei laici”. Sarà mons. Cesare Nosiglia, vicegerente di Roma e delegato
CCEE per la catechesi, ad aprire i lavori oggi pomeriggio. Tra gli altri
interverranno il cardinale Castrillon Hoyos, prefetto della Congregazione per
il Clero, e l’arcivescovo di Zagabria, mons. Josip Bozanic. Saranno presenti
all’incontro il Presidente del CCEE, il vescovo Amédée Grab e mons. Aldo
Giordano, segretario generale.
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RIPRENDONO
IN SRI LANKA I COLLOQUI DI PACE TRA GOVERNO E GUERRIGLIA
CON LA
MEDIAZIONE DEGLI INVIATI DI NORVEGIA E GIAPPONE
COLOMBO. = Un inviato del
governo giapponese, Yasushi Akashi, si incontra da oggi, nel Nord dello Sri
Lanka, con alcuni rappresentanti dei ribelli delle “Tigri per la liberazione
della patria tamil”. L’iniziativa vuole essere un ulteriore tentativo per
riavviare il dialogo tra l’esecutivo dello Stato asiatico e i ribelli.
L’inviato speciale del Giappone è
arrivato ieri nella capitale Colombo, insieme al viceministro degli esteri
norvegese, Vidar Helgessen, per incontrare alcuni leader del governo dello Sri
Lanka ed esponenti dei guerriglieri. Gli incontri serviranno a preparare il
terreno per l’importante summit, previsto per il mese prossimo a Tokyo, tra i Paesi
donatori dello Sri Lanka. L’obiettivo
del meeting sarà quello di raccogliere fondi da destinare alla
ricostruzione del Paese dove la guerra civile, iniziata dai ribelli nel 1983,
ha causato la morte di almeno sessantacinque mila persone. Da gennaio 2002 è in
corso, nello Sri Lanka, un processo di pace che ha recentemente fatto
registrare una grave battuta d’arresto. Il settimo round di colloqui tra le due
parti, programmato dal 29 aprile al 2 maggio, è stato infatti annullato dalle
“Tigri tamil”. Le speranze di raggiungere una pace duratura sono ora affidate
agli sforzi diplomatici degli inviati di Giappone e Norvegia che cercheranno di
svolgere, a partire dagli incontri di questa settimana, un delicato ruolo di
mediazione tra il governo di Colombo e i ribelli. (A.L.)
ALTI RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE ORTODOSSA,
CATTOLICA E ANGLICANA
QUESTA SERA DA ATENE LANCERANNO UN APPELLO COMUNE
PER IL RICONOSCIMENTO
DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA NELLA NUOVA COSTITUZIONE.
L’INIZIATIVA E’
DELLA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA. IL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI E’ RAPPRESENTAT0 DAL
CARDINALE ROGER ETCHEGARAY
ATENE.=
“I principi morali e i valori su cui strutturare l’Europa”. Questo il tema al
centro della Conferenza internazionale promossa dalla Chiesa ortodossa di Grecia,
iniziata ieri ad Atene, a cui sono stati invitati anche rappresentanti delle
Chiese cattolica ed anglicana. A
guidare la delegazione del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani vi è
il cardinale Roger Etchegaray, mentre la Chiesa anglicana è rappresentata dal
vescovo di Londra, Richard Chartres. Da parte ortodossa sono presenti il
Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e rappresentanti delle
Chiese ortodosse di Russia, Albania e Romania. I lavori della riunione sono
stati aperti ieri, alla presenza del Commissario europeo greco per gli affari sociali,
Anna Diamantopoulou. Atteso per questa sera un appello congiunto delle tre
Chiese che rinnoverà la richiesta di inserire “un chiaro riferimento alle
radici cristiane dell’Europa” nella nuova Costituzione Europea. Questa
richiesta era già stata fatta nel febbraio scorso dall’arcivescovo di Atene e
di tutta la Grecia, Christodoulos, al presidente della Convenzione sul futuro
d’Europa, Valéry Giscard d’Estaing. L’annuncio di questa conferenza
internazionale era già stato dato nel febbraio scorso, durante la visita ad
Atene del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per
l’unità dei cristiani. L’impegno delle Chiese ortodossa di Grecia e cattolica
nel processo di integrazione europea, era stato affermato in una dichiarazione
comune, nel maggio del 2001 in occasione della visita del Papa ad Atene che ha
segnato una svolta storica nei rapporti tra le due Chiese. (C.C.)
IN
UGANDA SI STANNO VERIFICANDO NUMEROSI CASI DI COLERA
NELLA ZONA DI CONFINE CON LA REPUBBLICA
DEMOCRATICA DEL CONGO.
DALL’INIZIO
DELL’ANNO SONO MORTE A CAUSA DI QUESTA MALATTIA 44 PERSONE
SU UN
TOTALE DI OLTRE 600 CASI SEGNALATI
KAMPALA. = In Uganda si sta diffondendo il colera nel
distretto di Bundibugyo, al confine con la Repubblica Democratica del Congo, ai
piedi del massiccio del Ruwenzori. Le autorità locali hanno ufficialmente
comunicato che dall’inizio dell’anno a causa della malattia sono morte almeno
44 persone su un totale di oltre 600 casi segnalati. Le condizioni sanitarie
della zona, difficilmente raggiungibile da Kampala anche a causa delle recenti
piogge, erano state già definite critiche in un rapporto di “Medici senza
frontiere”. Nel luglio scorso secondo il vice direttore dei servizi sanitari
locali, James Ndyeziika, metà della popolazione era affetta dal virus dell’Hiv.
La situazione è resa ancora più complessa dal continuo afflusso di profughi
dalla regione congolese dell’Ituri tormentata da continui scontri. Sembra che a
fuggire verso Bundibugyo siano soprattutto famiglie di etnia Hema. (A.L.)
“LA
RICONCILIAZIONE, ORIZZONTE DI PACE”.
QUESTO
IL TEMA DEL CONGRESSO NAZIONALE COLOMBIANO DI RICONCILIAZIONE
IN
CORSO DA OGGI A BOGOTÀ E PROMOSSO DAL SEGRETARIATO DI PASTORALE SOCIALE
DELL’EPISCOPATO E DALLA CARITAS LOCALE
BOGOTA’. = Sul tema “La riconciliazione, orizzonte di
pace” si svolge da oggi a Bogotà, in Colombia, il Congresso nazionale
colombiano di riconciliazione. L’incontro, organizzato dal Segretariato
nazionale di Pastorale sociale e dalla Caritas locale, si concluderà mercoledì
prossimo nella sede della Conferenza episcopale colombiana. Nel 40º
anniversario della Pacem in terris, il Congresso intende approfondire la
rilevanza del documento giovanneo per la Chiesa e per il mondo. L’appuntamento
vuole anche essere un’occasione per riflettere sul significato che può assumere
la riconciliazione in un contesto
duramente colpito dal perdurare delle
tensioni sociali. Al Congresso partecipa il presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, l'arcivescovo Renato Raffaele Martino, che al termine dei lavori
si recherà a Medellín per incontrare docenti e alunni dell'Università
Pontificia Bolivariana. (A.L.)
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5
maggio 2003
- A cura di
Paolo Ondarza -
Prime votazioni in Iraq dopo la
caduta del regime di Saddam Hussein. Sono oltre 200 i delegati di diversi
gruppi etnici e religiosi riunitisi stamani nella sala comunale di Mosul per
eleggere l’amministrazione locale della città. Ma comincia a prendere forma
anche il nuovo governo di Baghdad, che dovrà guidare il Paese nei prossimi
mesi: l’ex generale americano Garner, capo dell’amministra-zione provvisoria,
ha annunciato che si tratterà di un esecutivo composto da 7, 8 o 9 dirigenti. In tutto l’Iraq, intanto, la situazione
è sempre molto confusa, come ci riferisce dalla capitale irachena il nunzio
apostolico, mons. Fernando Filoni:
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La situazione
in questo momento, in Iraq, è ancora molto incerta. Mancando una autorità
centrale, e mancando anche le autorità locali, viene meno anche la chiarezza
sul futuro e sulla ripresa della vita in questo Paese. Al momento l’elettricità
è stata discretamente ristabilita, ma ci sono ancora momenti in cui viene
interrotta. L’acqua normalmente viene erogata. Il problema maggiore è in questo
momento l’organizzazione del lavoro. La gente è stata invitata a recarsi ai
propri posti di lavoro, ma la maggior parte degli edifici che li ospitavano
sono stati distrutti, saccheggiati e soprattutto manca l’organizzazione
interna.
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In continuo aggiornamento il
numero delle vittime a causa della polmonite atipica in Cina. Proprio quando
l‘epidemia sembrava rallentare il governo ha dato notizia oggi di 160 nuovi
casi e 9 morti nelle ultime 24 ore, tre dei quali nella sola Pechino. Notizie
preoccupanti anche da Hong Kong: ancora 3 morti e 8 nuovi casi. Le
ripercussioni si riversano anche sul fronte sociale e politico. Sentiamo da
Pechino Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano “La Stampa”,
intervistato da Andrea Sarubbi.
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R. – Secondo la tradizione ieri
era l’arrivo dell’estate, e a questo evento dell’anno è legata la fine delle
epidemie. Ma purtroppo, naturalmente, questo non è confortato dai fatti reali.
C’è il pericolo grandissimo che la malattia si estenda nelle campagne, dove è
più difficile controllarla.
D. – Per la Cina i costi sono
altissimi anche a livello politico …
R. – Ci sono queste due
destituzioni importanti, quella del ministro della sanità e quella del sindaco
di Pechino, più una folla di altre destituzioni minori di direttori di
ospedali, medici e così via. A livello sociale ugualmente ci sono da affrontare
costi molto alti. Le scuole sono chiuse da 15 giorni e resteranno chiuse ancora
per un po’ di tempo forse 15 giorni, o forse un mese o anche due… Non si sa se
si terranno gli esami per l’ammissione all’Università, che è il più grande
appuntamento annuale per milioni di famiglie. Parliamo di costi sociali enormi
e non è possibile dire ancora se siamo all’inizio o alla fine di questa
epidemia.
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Medio Oriente. Quattordici ergastoli e 50 anni di
reclusione sono stati comminati oggi dal tribunale distrettuale di Tel Aviv nei confronti di Nasser Aweis, dirigente
di Tanzim e delle Brigate dei martiri di al-Aqsa. L’uomo è ritenuto il 'braccio
destro di Marwan Barghuti, il segretario
generale di al-Fatah in Cisgiordania. Oggi intanto sono partiti i
preliminari per la ripresa del dialogo israelo-palestinese. In giornata la
road-map, il piano di pace di Onu, Stati Uniti, Unione europea e Russia, sarà
all’esame del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e del Parlamento
israeliano. Molto attiva la diplomazia americana, come ci riferisce Graziano
Motta:
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Il sottosegretario americano, Burns, che ieri ha
incontrato il primo ministro Sharon e i ministri degli Esteri, Shalom, e della
Difesa, Mofas, oggi vede il nuovo premier palestinese Mahmud Abbas. Le prime
pre-occupazioni sono per l’alleviamento delle condizioni di vita della
popola-zione palestinese e per la fine delle operazioni terroristiche in
Israele, che il segretario di Stato Powell ha indicato condizione essenziale
per la messa in applicazione del piano di pace, la cosiddetta “road-map”. Così
si spiega-no l’iniziativa di far incontrare nelle prossime ore il ministro
israeliano della Difesa e quello palestinese per la Sicurezza, e l’invito del
governo egiziano ai capi di tutte le fazioni palestinesi, attivamente impegnate
nella rivolta, di riprendere al Cairo dei colloqui per la cessazione della loro
attività. In un contesto più vasto la diplomazia americana opera anche per un
assetto globale di pace nella regione. Powell ha chiesto alla Siria di cessare
di sostenere i guerriglieri fondamentalista islamici dell’Hezbollah libanese,
che operano alla frontiera con Israele. La replica è stata l’insistenza per il
disarmo nucleare di Israele. Intanto, colpo di scena nella politica interna
israeliana: il leader laburista, Amran Mitzna, si è dimesso, in polemica con i
maggiori esponenti del partito. In attesa di un suo successore alcuni
osservatori non escludono il ritorno dei laburisti al governo.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sembra gradualmente assestarsi su un terreno di pace il
rapporto tra India e Pakistan. Islamabad si è detta disponibile ad una ripresa
del dialogo. A questo scopo oggi i partiti del governo e dell’opposizione sono
stati convocati dal premier Jamali. Una volta risolta la questione del Kashmir,
ha detto il capo di Stato Mu-sharraf, “India e Pakistan potranno firmare un
patto di non aggressione”.
Meno serena la situazione nel sud delle Filippine, dopo il
sanguinoso raid compiuto ieri dai ribelli del Fronte di liberazione islamico
Moro, che ha causato 25 morti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Era festa nel villaggio di minatori di Siocon, ad oltre
700 km a sud di Manila, quando verso le 2.00 di notte decine di ribelli del
Fronte di Liberazione islamica Moro hanno attaccato il posto di polizia,
l’ospedale e il mercato, prendendo una ventina di civili in ostaggio ed
usandoli come scudi umani. Soltanto dopo molte ore di battaglia i militari sono
riusciti a ristabilire l’ordine e a costringere i separatisti alla fuga. Negli
scontri sono morte 25 persone, tra cui 10 civili. Il governo di Manila, ha
inviato le truppe nella regione, per dare la caccia agli attentatori. La
presidente, Gloria Arroyo, intende usare il pugno di ferro contro quello che ha
definito in un incontro con la stampa “un grave atto di terrorismo, di cui i
separatisti del Fronte Liberazione Moro dovranno pagare tutte le conseguenze”.
Poi ha aggiunto: “Non scendiamo a patti con il terrorismo. Daremo loro la
caccia finché hanno respiro. Non c’è scampo per loro né qui, né altrove”.
Proprio questa settimana i negoziatori del governo filippino avevano previsto
dei colloqui esploratori con i rappresentanti dei ribelli del gruppo Moro a
Kuala Lumpur, in Malesia, ma dopo l’attacco di ieri la porta del dialogo si è
di nuovo chiusa.
Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Dichiarazioni spontanee per il primo ministro italiano
Silvio Berlusconi sulla vicenda Sme davanti ai giudici di Milano. Il capo
dell’esecutivo, imputato per corruzione in atti giudiziari, ha detto di voler
dimostrare la paradossalità delle accuse che gli sono mosse, aggiungendo che fu
lui ad impedire un evento contrario agli interessi dello Stato, evitando la
vendita della Sme. Fu l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi, ha detto
ancora Berlusconi, a pregarlo di intervenire.
Trattative in corso per la
liberazione dei 31 turisti europei scomparsi tra febbraio e marzo scorsi nel
Sahara algerino. Ieri lo ha ammesso il ministro del turismo algerino Dorbani
parlando davanti alla commissione per il turismo dell’Assemblea popolare
nazionale. Ignota l’identità delle persone con cui le autorità di Algeri sono
in contatto.
Tragedia in Papua nuova Guinea. Una gigantesca frana sul
villaggio meridionale di Tokia ha sepolto vive 11 persone e ne ha ferite almeno
25. Decine di capanne sono inoltre ricoperte dal fango.
I presidenti del Sudafrica, della Nigeria e del Malawi
sono da oggi ad Harare per cercare insieme una risoluzione alla crisi in
Zimbabwe. I tre vorrebbero aprire un dialogo tra il capo dello Stato, Mugabe,
ed il suo principale avversario, il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai.
La stampa sudafricana ha parlato, nei giorni scorsi, di un piano –
sponsorizzato anche da Stati Uniti e Gran Bretagna – che prevedrebbe le
dimissioni di Mugabe ed il suo ritiro dalla vita politica.
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