RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 28 - Testo della
Trasmissione di martedì 28 gennaio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Iniziate
le udienze del Papa ad un nuovo gruppo di vescovi del Brasile, in visita “ad
Limina”.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Religiosi
riuniti presso il santuario del Divino Amore a Roma per un Convegno
sull’evangelizzazione.
Insediato a Roma il
Comitato di applicazione del codice sulla tutela dei minori in tv.
In
un clima di tensione Israele alle urne per il rinnovo della Knesset.
In Afghanistan
combattimenti tra truppe americane e taleban.
Violenze interreligiose in
Costa d’Avorio.
Il rapporto degli
ispettori dell’Onu evidenzia la scarsa collaborazione irachena.
28 gennaio 2003
LA PREGHIERA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE E I
PROGRESSI IN CAMPO ECUMENICO,
NEL SALUTO DEL PAPA AL COMITATO PER IL DIALOGO
TRA LA CHIESA CATTOLICA E LE ANTICHE CHIESE D’ORIENTE
- A
cura di Carla Cotignoli -
“Preghiamo
insieme che il Medio Oriente sia preservato dalle minacce di guerra e da
ulteriori violenze”. E’ l’accorato invito che il Papa ha rivolto questa mattina
ai membri del Comitato preparatorio che
dovrà avviare il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Antiche Chiese
d’Oriente. Il Papa ha auspicato che il comune impegno ecumenico contribuisca a
“costruire la civiltà dell’amore, fondata sulla giustizia, la riconciliazione e
la pace”.
E’ infatti una nuova importante tappa che si prepara.
Riguarda quelle Chiese che si separarono da Roma e da Bisanzio oltre 1500 anni
fa, in seguito alle conclusioni del Concilio di Calcedonia del 451. “Durante la
prima fase del dialogo – come ricorda un comunicato del Pontificio Consiglio
per l’unità dei cristiani – sono stati firmati congiuntamente da Papa Giovanni
Paolo II e dalle Autorità di queste antiche Chiese orientali, importanti dichiarazioni
di accordo su questioni cristologiche”. Spesso all’origine degli scismi vi sono
“le differenze nella terminologia e nella cultura” delle “varie formule
adottate da differenti scuole teologiche per esprimere lo stesso argomento”,
come riconosce ad esempio la dichiarazione comune del 1984 firmata da Giovanni
Paolo II e l’attuale capo della Chiesa siro ortodossa, il Patriarca di
Antiochia Mar Ignatius Zakka I Iwas.
Il Papa - all’udienza di questa mattina - riconosce che
sono stati compiuti “progressi ecumenici sostanziali”. “Sono state raggiunte –
ha detto – chiarificazioni essenziali” che hanno permesso “di professare
insieme la fede comune”. Un progresso che Giovanni Paolo II definisce
“incoraggiante, perché dimostra che il cammino sinora percorso è nella giusta
direzione e si può con ragione sperare che insieme si troverà la soluzione per
le altre questioni ancora in discussione”.
Il comitato preparatorio è riunito da ieri presso la sede
del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e concluderà i lavori
domani. Sono in discussione i temi e i metodi di questa seconda fase di
dialogo. Di rilievo il fatto che gli accordi sinora sono stati raggiunti in
seguito al dialogo teologico tra le singole Chiese e la Chiesa cattolica,
mentre questa seconda fase prevede il dialogo congiunto della Chiesa cattolica
con le antiche Chiese orientali rappresentate in un'unica commissione. Si
tratta di quelle Chiese che si sono sviluppate nell’area mediorientale e
precisamente: i Patriarcati copto ortodosso d’Egitto e siro ortodosso
d’Antiochia, la Chiesa apostolica armena con sede in Libano, le Chiese
ortodosse d’Etiopia e d’Eritrea, la Chiesa ortodossa sira del Malankar, India.
INIZIATE LE UDIENZE DEL PAPA AD UN NUOVO
GRUPPO
DI
VESCOVI DEL BRASILE IN VISITA “AD LIMINA”
Conclusi
ieri gli incontri con i vescovi brasiliani dello Stato di San Paolo in visita
“ad Limina”, il Papa ha iniziato oggi le udienze ad un altro gruppo di presuli
del grande Paese latinoamericano, la cui superficie supera gli 8 milioni e mezzo
di chilometri quadrati, con oltre 172 milioni di abitanti, il 73,6 per cento
dei quali cattolici. A compiere la quinquennale visita canonica in Vaticano
sono ora i vescovi provenienti da quattro Stati centrali e settentrionali,
corrispondenti esattamente alle regioni Centro-Ovest e Nord II. Il Santo Padre
ha quindi ricevuto stamani l’arcivescovo Vicente Joaquim Zico di Belem, nello
Stato settentrionale di Parà, con il suo ausiliare, ed i vescovi di tre diocesi
dello Stato centro-occidentale di Goiàs.
MOLTI GLI APPUNTAMENTI CHE IMPEGNERANNO
IL PAPA NEI PROSSIMI TRE MESI:
OLTRE
ALLE SOLENNITA’ LITURGICHE DELLA QUARESIMA E DELLA PASQUA,
IN
PROGRAMMA DUE CERIMONIE DI BEATIFICAZIONE IN MARZO E IN APRILE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
E’ un calendario fitto di appuntamenti e di celebrazioni,
per Giovanni Paolo II, quello che si profila all’orizzonte della Quaresima e
delle feste pasquali. A cominciare da sabato prossimo, primo febbraio, quando
il Papa presiederà la Santa Messa nella Festa della Presentazione del Signore,
nella Basilica Vaticana con inizio alle 17.30. Giovanni Paolo II - informa una
nota del maestro delle cerimonie pontificie, il vescovo Piero Marini -
presiederà in particolare la Benedizione delle candele, la processione
iniziale, la Liturgia della Parola, terrà l'omelia, guiderà il ringraziamento a
Dio per il dono della vita consacrata e impartirà la Benedizione finale. La
liturgia eucaristica sarà invece celebrata dal cardinale Eduardo Martínez
Somalo, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le
Società di Vita Apostolica, e dai massimi responsabili del dicastero, nonché
dai sacerdoti appartenenti al Consiglio direttivo dell'Unione superiori
generali.
Dieci
giorni dopo, l’11 febbraio, la Basilica di San Pietro accoglierà alle 16.30 i
membri dell’Unitalsi e dell’Opera romana pellegrinaggi, nel giorno della
memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes. Al cardinale vicario, Camillo
Ruini spetterà il compito di presiedere la Messa a nome del Papa il quale, al termine,
saluterà e benedirà i malati presenti in Basilica. Il 5 marzo, mercoledì delle
Ceneri e inizio della Quaresima, vedrà il Pontefice nella Basilica romana di
Santa Sabina alle 16.30 per la benedizione e imposizione delle Ceneri. Due
giorni più tardi, sarà la volta del Concistoro che riguarderà alcune cause di
canonizzazione. I tradizionali esercizi spirituali della Curia romana in
preparazione alla Pasqua, predicati quest’anno dall’arcivescovo Angelo
Comastri, occuperanno la settimana dal 9 al 15 marzo. Domenica 23 marzo, alle
9.30 in San Pietro, Giovanni Paolo II eleverà agli onori degli altari cinque
nuovi Beati: Pierre Bonhomme, Maria Dolores Rodríguez Sopeña, María Caridad
Brader, Juana María Condesa Lluch, László Batthyány-Strattmann.
Con la
metà di aprile, il tempo liturgico entrerà nel “periodo forte” della Settimana
Santa, che andrà dal 13 al 20. Come di consueto, il Papa presiederà i riti
liturgici della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. Infine, la domenica
successiva alla Pasqua, il Pontefice procederà ad una nuova cerimonia di beatificazione
di sei Servi di Dio: Giacomo Alberione, Marco D’Aviano, Maria Cristina Brando,
Eugenia Ravasco, Maria Domenica Mantovani e Giulia Salzano.
DELLA
QUARTA GIORNATA MONDIALE DELLA FAMIGLIA A MANILA
CON IL
CARDINALE FRANCIS ARINZE CHE VI HA PARTECIPATO NELLA SUA QUALITA’
DI
PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA
DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
- A
cura di Giovanni Peduto -
Abbiamo avvicinato il porporato appena rientrato dalla
capitale delle Filippine, e ci ha subito riferito che le sue impressioni sono
molto positive riguardo a questo quarto Incontro delle famiglie a livello
mondiale, celebratosi a Manila, per il quale
il Santo Padre ha mandato come suo Inviato speciale il cardinale Lopez
Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. L’avvenimento ha
avuto due fasi: nei primi due giorni vi è stato un incontro internazionale
teologico-pastorale sulla famiglia, e per altri due giorni ancora – il 25 e il
26 – diverse testimonianze, conclusesi con il collegamento televisivo via
satellite con il Santo Padre che sabato sera ha rivolto dal Vaticano il suo
saluto alle famiglie riunite nella capitale delle Filippine e a tutte le
famiglie del mondo. Ecco il parere del cardinale Arinze:
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Magnifico, posso dire. Si può considerare da una parte la
partecipazione del popolo: ogni diocesi delle Filippine - mi sembra più di
cento - ha mandato un certo numero di partecipanti. E’ stato impressionante. Poi,
dal mondo intero, ogni continente è stato rappresentato. Ho contato circa dieci
cardinali, almeno 150 vescovi, sacerdoti non saprei dire quanti, religiose,
religiosi ...
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A Manila vi erano anche moltissimi bambini, ragazzi e
giovani suddivisi per fasce d’età con una organizzazione veramente eccellente.
Nella parte teologico-pastorale dell’incontro sono stati discussi temi come: la
demografia e la famiglia, l’etica, la difesa del valore della vita umana, la
famiglia e la povertà, specialmente nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, la
famiglia e l’evangelizzazione, la famiglia cristiana che incontra le persone di
altre religioni ...
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Questo è stato il tema affidato a me, come era
prevedibile: mi era stato affidato già quando ero al dicastero per il Dialogo
interreligioso, e a Manila ho parlato della necessità per la famiglia cristiana
di avere una chiara identità propria: che cosa è? E’ famiglia ed è cristiana.
Se è ben radicata nei valori del cristianesimo, la famiglia è allora nella
condizione di potere incontrare senza rischio persone di altre religioni,
famiglie di altre religioni.
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Come infatti dice Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi:
“L’evangelizzazione non è mai completa, se la persona, il nome, la dottrina di
Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fatto Uomo, non sia annunciato”. A Manila, vi
sono poi state anche le testimonianze delle famiglie con tavole rotonde,
famiglie selezionate da diverse parti del mondo. Ci sono state anche
testimonianze di associazioni, movimenti di
Chiesa che aiutano validamente la famiglia. Si pensi, per esempio, ai
Focolarini dell’Opera di Maria, si
pensi alla Comunità di Sant’Egidio, all’Apostolato per la consacrazione della
famiglia, che è statunitense, al World Mariage Encounter Weekend, che
aveva origini spagnole ma che è molto forte negli Stati Uniti, anche in
Irlanda; al Catholic Family Movement e a tanti altri. Ancora la parola
al cardinale Arinze:
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In conclusione, si può dire che questa iniziativa del
Santo Padre Giovanni Paolo II, ormai alla quarta edizione, è veramente una
gioia ed una grazia per la Chiesa di oggi e per quella di domani. Non per nulla
molte persone amano il Santo Padre chiamandolo il Papa della Famiglia, come
pure i giovani vorrebbero che fosse chiamato il Papa della Gioventù, i
seminaristi e i sacerdoti lo ritengono il loro Papa. E questo è bello, perché è
infatti il papà della grande famiglia umana e tutti lo vogliono per loro.
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La prima pagina si apre con
l'Iraq: gli ispettori denunciano violazioni e chiedono altro tempo per i
controlli.
Sempre in prima, un articolo di
Marcello Bordoni dal titolo “Misteri e Mistero di Cristo”.
Allegato al giornale, un
tabloid di 12 pagine sul tema “Il presbitero, pastore e guida della comunità
parrocchiale”: Istruzione della Congregazione per il Clero.
Nelle pagine vaticane, nel
discorso ai membri del Comitato preparatorio per l'attivazione di un dialogo
tra la Chiesa cattolica e tutte le Antiche Chiese d'Oriente, il Papa ha
esortato a pregare insieme perché il Medio Oriente ed i Paesi vicini vengano
preservati dalla minaccia della guerra.
Un articolo di Gianfranco
Ravasi sul secondo libro che raccoglie le catechesi svolte dal Papa sulla
Liturgia delle Lodi, durante le udienze generali.
Servizi da Milano e da Venezia
per le celebrazioni della Giornata della Famiglia.
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: tre palestinesi morti a Gaza nell'esplosione di un'abitazione.
Corea del Nord: colloqui a
Pyongyang per disinnescare la crisi.
Giorno della memoria:
commemorate al Bundestag le vittime della Shoà.
Nella pagina culturale, un
articolo di Clotilde Paternostro su una mostra antologica, a Palazzo Venezia,
dedicata a Giacomo Manzù.
Nell’“Osservatore Libri”, un
approfondito contributo, a cura di Danilo Veneruso, su “Il romanzo del
‘Popolo’. Storia di un ‘giornale pericoloso’” di Carlo Dané e Giuseppe
Sangiorgi.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'emergenza del maltempo, il terremoto in Romagna.
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IL RUOLO DELL’EUROPA NELLA CRISI
IRACHENA
E GLI
ULTIMI SVILUPPI AL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU
NEL
COMMENTO DEL NOSTRO DIRETTORE GENERALE, PADRE PASQUALE BORGOMEO
Settimana
cruciale per il Medio Oriente. Ieri, la consegna del rapporto sulle ispezioni
in Iraq al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Oggi, Israele al voto per rinnovare
il parlamento e scegliere la nuova leadership di governo. Quindi, fra poche
ore, - quando nel quadrante mediorientale sarà notte fonda - il presidente
americano pronuncerà il discorso sullo Stato dell’Unione. Appuntamento quanto
mai significativo per leggere, nelle parole di Bush, le prossime mosse degli
Stati Uniti nei confronti di Saddam Hussein. Ma torniamo al documento degli
ispettori sul disarmo con il commento del nostro direttore generale, padre
Pasquale Borgomeo, al microfono di Fabio Colagrande:
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R. - Si
è finito con il concedere una proroga agli Ispettori dell’Onu. La proroga di un
mese non è costata in realtà un grande sforzo agli Stati Uniti se si riflette
sul fatto che le forze anglo-americane non sono del tutto pronte in questo
momento a sferrare l’attacco, data l’ampiezza e la complessità dell’operazione.
A destinazione degli esitanti è stato poi annunciato che sono ben dodici i
Paesi, dei quali non si fornisce la lista, che sarebbero già pronti ad
accompagnare Stati Uniti e Gran Bretagna nella guerra contro Saddam. Se non
necessari sul piano militare, un certo numero di Paesi pronti alla guerra, soprattutto
se indipendentemente dall’avallo dell’Onu, fornirebbe agli Stati Uniti una
qualche legittimazione di ricambio una volta che avessero deciso di procedere
in rotta di collisione con le prerogative delle Nazioni Unite.
D. – Cosa
dire riguardo al ruolo dell’Europa?
R. - ‘Ci ridono
dietro’, ha detto Romano Prodi. Constatazione amara, ma realistica. L’Europa,
all’appuntamento non eludibile con una complessa crisi internazionale, si
presenta in ordine sparso e perciò velleitaria, contraddittoria, impotente. Un
barlume di speranza viene dall’unanimità raggiunta ieri dai quindici membri
dell’Unione su un testo che esprime la posizione comune dell’Europa sulla
guerra all’Iraq. Le prossime settimane ci diranno se questo atteggiamento avrà
un suo coerente sviluppo o se si rivelerà come un momentaneo rattoppo.
D. – Come
valuta i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa in questi ultimi tempi?
R. - Con tutta
la sua oggettiva debolezza e i suoi atteggiamenti critici, l’Europa non cessa
di essere l’alleata naturale degli Stati Uniti, finché avrà un senso l’espressione
‘civiltà occidentale’. Per questa ragione trattare i rapporti tra Europa e
Stati Uniti in termini di filo-americanismo e anti-americanismo è puerile, è
solo un modo di lasciare il cervello a riposo. Gli Europei più lucidi, e
spassionati, riconoscono come un dato obiettivo la leadership che la storia
stessa assegna oggi agli Stati Uniti e sono preoccupati perché questa
leadership appare loro in crisi. Se talvolta sono ipercritici nei confronti di
quel grande Paese, è perché da esso si attendono molto. Se talvolta parlano di
egemonia e d’impero, è perché vogliono scongiurare il pericolo che la
leadership americana sia tentata di fondarsi sulla potenza economica,
tecnologica e militare piuttosto che su quei valori condivisi che hanno fatto
degli Stati Uniti un modello e, per generazioni di Europei, un sogno. Una
leadership responsabile ha il senso del primato dell’etica e del diritto nelle
relazioni internazionali. Gli Stati Uniti hanno questi valori nella loro
tradizione, a questa devono attingere. L’Europa e il mondo hanno bisogno di una
America forte, giusta, compassionevole, solidale.
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UN “ARCOBALENO” DI FRATERNITA’ UNIVERSALE TRA
CRISTIANI E INDU’,
NEGLI INCONTRI DI CHIARA LUBICH
IN
INDIA CON IL MOVIMENTO SWADHYAYA FAMILY
-
Intervista con Didi Talwalkar -
In occidente l’India viene alla ribalta della cronaca
soltanto per le minacce di guerra con il Pakistan o la recrudescenza del
fondamentalismo indù. In occasione del viaggio di Chiara Lubich, fondatrice del
Movimento dei Focolari e di alcuni dei suoi più stretti collaboratori in India, iniziato a Mumbai (Bombay) il 4
gennaio, nel dialogo aperto con istituzioni culturali come il Somaiya College, una delle istituzioni indù maggiormente
impegnate nel dialogo interreligioso; e, il Bharatiya Vidya Bhavan, centro
culturale a diffusione nazionale e internazionale, nato per la riscoperta delle
radici della cultura indù e per il suo sviluppo, è venuto in luce un altro
volto dell’India: la tensione mistica che pervade l’antichissima cultura
indiana e la fraternità universale
iscritta nelle sue radici. Non solo. Anche nel mondo indù sono sorti nuovi
movimenti di rinnovamento spirituale e sociale, come la Swadhyaya Family. Ma
ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli.
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L’evento che ha destato reciproca sorpresa è stato
l’incontro con la Swadhyaya Family, un vasto movimento con oltre 8 milioni di
aderenti, fondato nel 1943 da Shri
Pandurang Shastri Athavale, conosciuto come Dadaji (maestro, fratello maggiore)
che ha ora 83 anni. Insegna che Dio risiede in ogni essere umano e che il
compimento dell’unità spirituale porterà con sé le soluzioni per i problemi
mondiali. Il primo contatto con il Movimento dei Focolari era avvenuto proprio
ad Assisi, alla giornata del 24 gennaio dello scorso anno. Ed ora Bombay segna
una nuova tappa.
(musica)
Il 16
gennaio, Didi Talwalkar, figlia ed erede spirituale del fondatore, davanti a
50.000 giovani radunati nello stadio di Thane, al nord di Mumbai, per la festa
dello sport, ha rievocato il suo primo incontro con Chiara Lubich al grande
incontro interreligioso di Assisi. “Eravamo le uniche donne a parlare nel corso
di quell’avvenimento. La considero come una madre e volevo che parlasse a voi
tutti. Dobbiamo essere una sola famiglia umana: è questo il loro ideale e anche
il nostro”.
Anche
nel discorso di Chiara, letto in indi, c’era il richiamo ad Assisi e
all'attuale urgenza di suscitare ovunque "brani di fraternità"
diffondendo l'amore che unico è capace
di "muovere anche i beni", contribuire così a sanare “lo squilibrio tra ricchi e poveri”, “uno dei fattori forse più
determinante che genera vendetta, terrorismo” e a far risplendere
"l'arcobaleno della pace". Ma sulla Swadhyaya Family ascoltiamo la
stessa Didi Talwalkar:
“WHEN WE GO TO THE …
Quando
andiamo nei villaggi, incontriamo gente di diverse religioni e ceti sociali.
Andiamo con in cuore l’amore, la
fraternità universale. Il nostro impegno più grande è costruire con
ciascuno rapporti nuovi, una fraternità divina, perché Dio è presente in
tutti”.
In
questo Movimento vi è un fiorire di opere: ospedali, scuole, attività sociali,
iniziative economiche. Vi fanno parte persone di tutte le categorie, di diversi
stati sociali, senza alcuna divisione di casta. L’amore che si concretizza
anche nella comunione dei beni per i più poveri, la fratellanza universale,
sono il loro ideale. In un seguente colloquio Didi Talwakar e Chiara Lubich
decidono di approfondire i rapporti tra i due rispettivi movimenti. “Ci sono
troppe cose in comune tra di noi - ha detto la signora Didi - perché non ci
rendiamo conto che Dio ha un progetto". Sul rapporto tra i due movimenti,
diamo ancora la parola alla signora Didi Talwalker:
“I THINK THAT IT’S A VERY GREAT EXPERIENCE ...
E’ una
grande esperienza avere amici, una famiglia come i focolari, una figura di
“madre” come Chiara. Penso di essere privilegiata. Il fatto che ci sia un altro
grande gruppo che lavora per gli stessi obiettivi, che c’è un’altra grande
famiglia che porta l’amore, come forza della società è una grande cosa, per cui
sentiamo di far parte l’una della famiglia dell’altra. Proprio questa
consonanza è un sostegno morale l’una per l’altra per quanto dobbiamo fare ora e per il futuro. Per ora non abbiamo un
programma comune, ciò che ci lega è un’amicizia pura ed è proprio dell’amicizia
non avere altri fini. Penso che il tempo dirà dove stiamo andando, se faremo
qualcosa insieme”.
Chiara
Lubich, approfondendo la conoscenza della Swadhyaya Family era piena di
meraviglia nel toccare con mano l’azione dello Spirito Santo che conduce
l’umanità verso il compimento del disegno di Dio: la fratellanza universale.
Davvero, come scrive il Papa nella Novo Millennio Ineunte, “lo Spirito di Dio, ‘che
soffia dove vuole’ suscita nell’esperienza umana universale, nonostante le sue
molteplici contraddizioni, segni della sua presenza”.
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I DISOCCUPATI NEL 2000 SONO AUMENTATI DI 20 MILIONI
E
COMPLESSIVAMENTE LE PERSONE SENZA LAVORO SONO 180 MILIONI.
SONO
QUESTI I DATI DEL RAPPORTO DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO
SULLE
TENDENZE MONDIALI DELL’OCCUPAZIONE
-
Intervista con Giancarlo Fiorito -
Due anni di instabilità economica fanno registrare un
numero senza precedenti di disoccupati nel mondo e sono scarse le prospettive
di un miglioramento della situazione dell’occupazione per quest’anno. Sono
queste le indicazioni del rapporto sulle tendenze mondiali dell’occupazione
pubblicato la scorsa settimana dall’Ufficio internazionale del lavoro. Le
conseguenze degli attentati dell’11 settembre ed il rallentamento dell’economia
mondiale hanno provocato un aumento del tasso di disoccupazione. La debolezza
dei mercati del lavoro ha inoltre vanificato i progressi realizzati alla fine
degli anni ’90 nella riduzione del numero dei “lavoratori poveri”. Secondo il rapporto,
per raggiungere l’obiettivo di dimezzare la povertà estrema entro il 2015, si
dovranno creare almeno un miliardo di posti di lavoro nei prossimi dieci anni.
Sui complessi scenari legati al tema dell’occupazione, ascoltiamo Giancarlo
Fiorito, ricercatore del Dipartimento impiego dell’Ufficio internazionale del
lavoro, al microfono di Amedeo Lomonaco.
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R. – Alla fine del 2002, il numero dei disoccupati ha
raggiunto quota 180 milioni, quindi circa 20 milioni in più rispetto all’anno
precedente. Le donne ed i giovani sono stati particolarmente colpiti dal
rallentamento del motore economico. Infatti, accanto ad un aumento della
disoccupazione si registra un incremento di coloro che trovano impiego nel
settore cosiddetto informale, dove le condizioni di lavoro sono molto spesso al
di sotto degli standard accettabili. Oggi globalmente nel mondo vi sono almeno
550 milioni di lavoratori poveri e oltre alla disoccupazione vera e propria,
quindi, possiamo calcolare una mancanza di lavoro “decente” per almeno 730
milioni di persone. Alla luce di questo scenario, sarà difficile centrare
l’obiettivo delle Nazioni Unite di ridurre significativamente la povertà entro
il 2015.
D. – Quali sono le cause del rialzo del tasso di
disoccupazione?
R. – Tra le cause principali possiamo identificare il
crollo in borsa della new economy, avvenuto nella primavera del 2001, che ha
determinato gravi perdite nell’impiego del settore. Gli eventi dell’11
settembre si sono inoltre negativamente ripercossi sul turismo ed hanno anche
ridotto la fiducia dei consumatori. Questi effetti hanno poi provocato un calo
generale della domanda nei Paesi in via di sviluppo duramente colpiti dalla
crisi che ha interessato i settori legati all’export. A questi fattori si
possono aggiungere la perdita di fiducia degli investitori e la diffusione dei
conflitti armati in varie aree del mondo.
D. – Quali conseguenze avrebbe per il mondo del lavoro una
guerra in Iraq?
R. – In questo studio non abbiamo analizzato le
conseguenze che un eventuale intervento in Iraq provocherebbe nel mondo del
lavoro. Ovviamente, questo è un campo che riguarda soprattutto i settori
dell’energia e dell’approvvi-gionamento delle risorse.
D. – Quali sono le aree maggiormente colpite dalla
disoccupazione?
R. – Le aree più colpite sono i Paesi industrializzati,
dove c’è una crescente disoccupazione che noi possiamo registrare anche nei
Paesi in via di sviluppo, come nel caso dell’Argentina. Il settore informale
nei Paesi in via di sviluppo non riesce più a svolgere il suo ruolo di
ammortizzatore nelle fasi di bassa occupazione. Questo avviene da circa due
anni e conferma la diminuzione dell’occupazione anche in queste aree del mondo.
D. – Quali misure potrebbero essere adottate per
rilanciare l’economia e l’espansione dell’occupazione?
R. – Prima di tutto i governi dovrebbero concentrarsi
sulle misure a sostegno della ripresa economica. Un’economia forte, infatti, è
il presupposto per una diminuzione della disoccupazione. Noi stimiamo che il
mondo debba creare un miliardo di posti di lavoro nei prossimi dieci anni per
poter colmare il deficit occupazionale. Per raggiungere questo obiettivo i
governi devono incentivare il settore privato creando infrastrutture e
realizzando programmi pubblici. E’ necessario ridurre la vulnerabilità dei
Paesi in via di sviluppo, dove gli shock finanziari si verificano troppo
frequentemente. Infine, bisogna affrontare il problema della povertà che si
traduce molto spesso in mancanza di educazione e scarsa produttività della
manodopera.
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LE RADICI
CRISTIANE DELLA NUOVA EUROPEA
- Servizio di Debora Donnini -
“Europa, all’inizio di un nuovo millennio, apri ancora le
tue porte a Cristo!”: è l’appello che il Papa è tornato a rivolgere
recentemente, in occasione della visita al Parlamento italiano. Il
riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nella Convenzione che
l’Unione europea sta redigendo, è stato il tema al centro di un convegno
tenutosi ieri all’ateneo Regina Apostolorum di Roma. Il servizio è di Debora
Donnini:
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“Il richiamo
alle radici cristiane dell’Europa non è un’opzione ideologica, ma un dato
storico”. Lo ha messo in rilievo il professor Roberto De Mattei, docente di
storia moderna all’Università di Cassino. Un riferimento importante perché
l’Europa non si formi come puro spazio istituzionale, cancellando la sua
memoria storica. Nella nuova Carta costituzionale, che l’Europa sta preparando,
si dovrà fare chiara menzione del fatto che l’Unione Europea rispetta e non
pregiudica lo statuto di cui, in virtù del diritto nazionale, beneficiano le
Chiese e le comunità religiose degli Stati-membri, ha auspicato mons. Renato
Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace; e che in questo
senso la convenzione faccia un passo avanti rispetto a quanto accadde a Nizza,
è l’auspicio di Gianfranco Fini, rappresentante del governo italiano alla
Convenzione stessa:
“Il governo italiano lo ha detto in mille circostanze:
negare che vi è una identità profonda dell’Europa che deriva dalle radici
cristiane, significa negare un dato di realtà. Io mi auguro che la Convenzione
riesca, al contrario di quello che fece la Conferenza di Nizza, ad essere un
po’ più esplicita rispetto ad un generico riferimento rispetto ai valori
spirituali dell’Europa. E’ significativo che tutta la delegazione italiana sia
sostanzialmente su questa posizione. E’ ancora presto per una parola
definitiva: l’ottimismo c’è”.
Anche Lamberto Dini, rappresentante del Parlamento
italiano alla Convenzione europea, ha sottolineato l’importanza di questo
riferimento:
“Sarà una discussione difficile, ciò non di meno credo che
valga la pena sostenere quanto propongono i popolari europei, cioè a dire di
fare uno specifico riferimento in particolare a quello che è stato il ruolo
della Chiesa nella formazione dell’Europa negli ultimi duemila anni e fino ad
oggi”.
Debora Donnini, Radio Vaticana.
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28 gennaio 2003
L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA
SANITA’ HA UN NUOVO DIRETTORE: IL SUD COREANO JONG WOOK LEE.
L’UOMO SUCCEDERA’ IL PROSSIMO 21 LUGLIO ALLA NORVEGESE GRO HARLEM
BRUNDTLAND
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GINEVRA.
= E’ il sud coreano Jong-Wook Lee il nuovo direttore generale
dell'Organizzazione mondiale della
sanità (Oms). Lo ha annunciato un portavoce dell'Oms. La scelta di
Jong-Wook Lee, attuale direttore del 'Programma stop alla tubercolosi dell'Oms, e' stata comunicata
oggi a Ginevra dai membri del Consiglio esecutivo dell'organizzazione. L’uomo,
57 anni, laureatosi in Medicina all’universi-tà Nazionale di Seul, prenderà il
posto della norvegese Gro Harlem Brundtland che lascerà l'incarico al termine
di un solo mandato di cinque anni, il prossimo 21 luglio. Wook Lee è attivo
presso l’Organizzazione da 19 anni, e dopo aver promosso il programma globale
per i vaccini Oms, è divenuto nel 2000 direttore dello Stop Tuberculosis Programme, una coalizione di oltre 250 partners
internazionali, inclusi stati membri dell’Oms, organizzazioni non governative,
industrie e fondazioni. La decisione del consiglio sarà ratificata in maggio
dall'organo supremo dell'Oms, l'Assemblea mondiale della sanità che riunisce i
192 Stati membri. La lista dei candidati rimasti in lizza includeva inoltre il
ministro della salute messicano Julio Frenk, il primo ministro del Mozambico
Pascal Manuel Mocumbi e l'ex ministro della salute egiziano Ismail Sallam.
Jong-Wook Lee sara' il sesto direttore
dell'Oms ed e' stato eletto dai 32 membri del consiglio esecutivo con 17 voti,
contro i 15 del belga Peter Piot, direttore di Unaids. (P.O.)
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“LA CHIESA E’ UNA GRANDE PORTA APERTA SUL
MONDO FRA COLORO CHE PIÙ
DI ALTRI CONTRIBUISCONO A TENERLA
APERTA”. COSÌ IL CARD. CAMILLLO RUINI
AI RELIGIOSI RIUNITI PRESSO IL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE A ROMA
PER UN CONVEGNO SULL’EVANGELIZZAZIONE
- A cura di padre Egidio Picucci -
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ROMA. = “La Chiesa è una grande porta aperta sul mondo fra
coloro che più di altri contribuiscono a tenerla aperta. Perché il suo
messaggio raggiunga il popolo di Dio vanno annoverati i religiosi, soprattutto
quando sono santi e propositivi”. Lo ha detto questa mattina il cardinale
Camillo Ruini, parlando ai 143 religiosi riuniti presso il santuario del Divino
Amore a Roma, in occasione dell’annuale Convegno sulla evangelizzazione
organizzato dalla Conferenza italiana Superiori maggiori. Il Convegno, il cui
tema è “Comunicare la fede oggi in Italia”, è iniziato ieri pomeriggio con una
relazione del dottor Mario Pollo, il quale ha parlato della trasformazione dei
processi di comunicazione della fede, nella prima e nella seconda modernità,
evidenziando come sia in atto un forte ripudio del passato e della tradizione e
una altrettanto forte accentuazione di un sincretismo globalizzante. Nonostante
questo in Italia la fede è ancora sentita e la pratica religiosa confortante
se, secondo i dati forniti dall’Istat, il 2,2 per cento frequenta tutti i
giorni un ambiente di culto, il 7,9 per cento è presente qualche volta alla settimana,
il 25,8 per cento partecipa alla Messa domenicale, il 16,7 per cento va in
chiesa qualche volta all’anno, il 30 per cento ci va almeno una volta all’anno
e solo il 14 per cento ignora completamente la chiesa. Il Convegno che prevede
gli interventi di mons. Paolo Azei, vescovo di Tempio Ampurias in Sardegna, e
di fratel Enzo Biemmi, rettore della rivista “Evangelizzare”, che parleranno
rispettivamente dei religiosi come comunicatori della fede nella Chiesa locale
e dell’esperienze di comunicazione, si concluderà giovedì 30 gennaio con una
sintesi riassuntiva affidata al salesiano don Cesare Bissoli.
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"LA CLONAZIONE È UNA PRESA DI POTERE SULL’IDENTITÀ UMANA”.
LO
AFFERMA MONS. JEAN-PIERRE RICARD, PRESIDENTE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, IN UNA DICHIARAZIONE DIFFUSA IERI
DAL
TITOLO "NON CI SONO ECCEZIONI AL RISPETTO DOVUTO ALL’EMBRIONE UMANO"
PARIGI. = "La clonazione umana rappresenta un grave
attentato alla dignità dell’uomo perchè ogni embrione è già un essere umano e
non può essere usato come un oggetto". Lo scrive mons. Jean-Pierre Ricard,
presidente della Conferenza episcopale francese, nella dichiarazione, diffusa
ieri, intitolata "Non ci sono eccezioni al rispetto dovuto all’embrione
umano". Il Parlamento francese ha ripreso proprio in questi giorni il
dibattito sul "progetto di legge relativo alla bioetica" che era
stato elaborato dall’Assemblea nazionale e sottoposto all’esame del Senato. A
nome dei vescovi francesi, mons. Ricard dà la sua piena approvazione alle posizioni
affermate nel progetto di legge in merito alla "clonazione
riproduttiva". “La clonazione umana che si realizza partendo da un solo
individuo – scrive Ricard – comporta una ingerenza sugli elementi essenziali
dell’identità del futuro essere umano ed una tale presa di potere costituisce
una violazione della dignità umana". La Chiesa ribadisce il proprio no
anche all’utilizzo degli embrioni umani come materiale di ricerca o come fonte
di cellule a fine terapeutico. "L’embrione umano – conclude mons. Ricard –
non è e non deve essere oggetto di sperimentazioni”. (A.L.)
CERIMONIA DI INSEDIAMENTO, OGGI A ROMA, DEL COMITATO
DI APPLICAZIONE
DEL
CODICE SULLA TUTELA DI MINORI IN TV. IL NUOVO DOCUMENTO PREVEDE
FASCE
ORARIE PIU’ AMPIE DEDICATE AI PIU’ GIOVANI E PESANTI SANZIONI
PER QUELLE EMITTENTI I CUI PROGRAMMI NON
RISPETTERANNO
LO
SVILUPPO PSICHICO E MORALE DEI MINORI. TRA I COMPONENTI
DEL
NUOVO COMITATO LA COLLEGA DELLA RADIO VATICANA ROBERTA GISOTTI
ROMA. =
Un passo significativo nel cammino verso la protezione dei bambini e dei ragazzi davanti alla Tv. Il nuovo
Codice di autoregolamentazione per la tutela dei minori, il cui Comitato di
applicazione si è ufficialmente insediato questa mattina presso il Ministero
delle Comunicazioni a Roma, intende rafforzare gli aspetti carenti dei
precedenti Codici e Carte deontologiche, in vigore negli anni passati. Tali
limiti risiedevano nella poco articolata struttura dei Comitato di Controllo e
nella debolezza degli impianti sanzionatori. Il nuovo Comitato è composto di 15
membri effettivi e 15 supplenti, a partecipazione paritetica, di cui 10 in
rappresentanza delle emittenti, 10 delle istituzioni, 10 delle associazioni
degli utenti. Sarà impegnata nel Comitato anche Roberta Gisotti, redattrice del Radiogiornale della Radio
Vaticana. Tra gli impegni prioritari dei partecipanti c’è quello di dare ampia
diffusione al nuovo Codice in spazi di largo ascolto e, una volta accertata la
violazione, ingiungere all’emittente la modifica o la sospensione del
programma, indicando tempi e modalità
di attuazione. Un carattere di non minore rilievo,è quello che stabilisce nel
nuovo Codice uno stretto legame tra il Comitato di controllo e l’Autorità per
le Garanzie nelle Comunicazioni. Quest’ultima nel caso di programmi dannosi
allo sviluppo psichico o morale dei minori ha il potere di irrogare sanzioni
fino a 250 mila euro e sospensioni della licenza in caso di grave o reiterata
violazione. Le emittenti con più di una rete a programmazione generalista
saranno inoltre impegnate a garantire ogni giorno, in prima serata, la
trasmissione di programmi adatti ad una fruizione familiare congiunta, almeno
su una rete, e a darne adeguata informazione. Le aziende si impegneranno a
dedicare una programmazione specifica ai minori tra le 16 e le 19:30; saranno
inoltre tenute a non programmare fino alle 22.30, anche nelle trasmissioni di
informazione, sequenze crude e brutali o notizie che possano nuocere
all’integrità psichica o morale dei più giovani. In caso contrario il
giornalista tv dovrà avvisare gli spettatori della inadattabilità delle
immagini ad un pubblico di minori. (P.O.)
L’AGENZIA
CATTOLICA JESUIT REFUGE SERVICE HA LANCIATO UN GRIDO DI ALLARME PER
L’ETIOPIA,
DOVE 11 MILIONI DI PERSONE
RISCHIANO DI MORIRE DI FAME
ADDIS ABEBA. = In Etiopia il cibo, l’acqua e altre risorse
fondamentali scarseggiano a tal punto che il Paese rischia di andare incontro
ad una nuova carestia, forse peggiore di quella avvenuta negli anni ’80. “Gli
aiuti devono arrivare il più presto possibile e non possono essere soltanto
pianificati”. E’ questo il grido d’allarme lanciato dall’Agenzia cattolica Jesuit refuge service (Jrs) attraverso
il responsabile per l’Etiopia, Stephen Power. "In caso di grandi movimenti
di massa - ha spiegato Power - i coltivatori non saranno pronti per la prossima
semina e la conseguente penuria dei raccolti costituirà un grave fattore di
crisi”. Rispetto alle grandi emergenze del passato, il forte elemento
discriminante è ora l’alta percentuale di persone infettate dal virus
dell’Aids, "che la malnutrizione - ha puntualizzato Power - condurrà
presto alla morte". Già prima di Natale, in vista dell’imminente disastro,
il governo etiope aveva lanciato un appello per un massiccio intervento contro
il rischio di una grave carestia, che avrebbe coinvolto 11 milioni di persone
nel corso del 2003. Per far fronte all’insorgente emergenza erano stati chiesti
1 milione e 400 mila tonnellate di cibo e circa 150 milioni di dollari per
altre attività di assistenza. La stessa Chiesa cattolica, attraverso la
Caritas, aveva richiesto 2 milioni e 400 mila dollari. "La schiacciante
povertà si è diffusa ulteriormente – ha concluso Power - ma l’attuale governo è
a conoscenza della reale situazione e questo rappresenta già un passo in avanti
nella lotta alla povertà". (A.L.)
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28 gennaio 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
In Medio Oriente non accenna a diminuire la violenza,
proprio mentre oggi Israele è chiamato alle urne per il rinnovo della Knesset,
il parlamento israeliano. In un clima blindato si sono aperte, alle ore sette,
le urne; si chiuderanno alle dieci, quando saranno diffusi i primi exit poll,
mentre per i risultati definitivi bisognerà attendere domattina. Solo allora si
conoscerà l’esito del confronto che vede protagonisti soprattutto il partito di
destra Likud, del premier Ariel Sharon, e il partito laburista guidato da Amram
Mitzna. Da Gerusalemme, Graziano Motta:
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A far riflettere quella parte
ancora consistente di indecisi dei 4 milioni e 700 mila elettori iscritti
dovrebbero contribuire non solo le misure di sicurezza nel Paese – 30 mila
agenti di polizia e soldati vigilano sulla tranquillità che l’evento esige – ma
anche il fatto che i Territori palestinesi sono sigillati per prevenire
attentati e che, tuttavia, in essi le tensioni persistono. A Gaza, nelle ultime
ore, 5 palestinesi sono stati uccisi: due da soldati, mentre tentavano di
infiltrarsi in un insediamento ebraico; altri tre dall’esplosione in un
edificio, accompagnato da polemiche sulle sue cause e da minacce di vendetta.
Poi altri due palestinesi sono stati uccisi questa mattina in Cisgiordania,
nell’incur-sione di reparti blindati e di fanteria israeliani nella città di
Jenin, ritenuta covo di estremisti islamici. Ma un motivo di riflessione
particolare viene dal fallito tentativo egiziano di far cessare per un anno
guerriglia e attentati dell’estremismo palestinese. La conferenza delle dodici
principali organizzazioni politiche della rivolta palestinese si è conclusa
infatti a Il Cairo senza un accordo.
Da Gerusalemme, per Radio
Vaticana, Graziano Motta.
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Torna la violenza in Afghanistan. Almeno 18 taleban
in armi sarebbero stati uccisi nelle ultime ore nei combattimenti con le forze
americane presso Spin Boldak, nel sud del Paese. Secondo il comando militare
americano a Bagram, gli scontri sono iniziati ieri pomeriggio e hanno visto
impegnati 300 soldati americani contro una settantina di combattenti del leader
integralista afghano Gulbuddin Hekmatyar.
E scoppia nuovamente la violenza anche in Costa
d’Avorio; una violenza, che sta assumendo connotazioni interreligiose. Chiese e
moschee sono state bruciate nelle ultime ore. Gruppi di musulmani e di
cristiani hanno dato vita a feroci combattimenti nella città di Agboville, 80
chilometri a nord di Abidjan. Ancora imprecisato il numero delle vittime. Anche
nella capitale amministrativa non mancano gli incidenti di carattere politico.
La protesta dei fedelissimi del presidente Laurent Gbagbo si è rivolta contro
l’accordo di pace tra governo e ribelli firmato nei giorni scorsi in Francia.
Dopo la relazione degli ispettori, “sono minori le
possibilità di una soluzione pacifica” della crisi irachena, perché Baghdad “ha
violato le richieste dell’Onu”. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri
britannico, Straw, commentando la relazione sugli armamenti iracheni presentata
ieri da Hans Blix, capo degli ispettori delle Nazioni Unite, e Mohamed el Baradei,
direttore dell’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica, davanti al
Consiglio di Sicurezza. Ai Paesi che chiedono un prolungamento dei controlli –
Germania, Francia, Russia, Cina ed alcuni Stati arabi – gli Usa hanno risposto
che la cosa è inattuabile, perché, al ritmo attuale, le ispezioni dovrebbero
durare 300 anni per essere efficaci. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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L’Iraq sta collaborando con gli
ispettori Onu sul piano dell’accesso ai siti, ma non ha ancora accettato
pienamente il disarmo che gli è stato richiesto. E’ la conclusione a cui è
giunto il capo della Commissione Onu, Hans Blix, presentando ieri al Consiglio
di Sicurezza il primo rapporto complessivo sulle verifiche sinora fatte negli
arsenali iracheni. Il diplomatico svedese ha criticato Baghdad perché non ha
accettato gli aerei spia e gli interrogatori privati degli scienziati, ma,
soprattutto, perché non ha fornito informazioni su armi e agenti chimici e
biologici in suo possesso e che sostiene di avere distrutto. Il collega El
Baradei, direttore dell’Aiea, ha dichiarato che gli ispettori non hanno trovato
le prove della ripresa del riarmo nucleare, ma hanno bisogno di altro tempo per
completare il loro lavoro. Gli Stati Uniti hanno individuato nelle parole di
Blix una conferma delle loro accuse riguardo le resistenze di Saddam Hussein al
disarmo volontario e il segretario di Stato americano Powell ha detto che il
tempo sta scadendo. Lo stesso presidente Bush, che nei prossimi giorni riceverà
a Washington il premier italiano Berlusconi, affronterà oggi il tema durante il
discorso sullo Stato dell’Unione.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il lavoro degli ispettori, intanto, prosegue: oggi
sono stati controllati due università ed un complesso militare. Il tutto,
mentre c’è già chi si prepara al dopo-Saddam: a Teheran, capitale dell’Iran, si
sono incontrati nelle ultime 24 ore i rappresentanti di diversi gruppi
dell'opposizione irachena, alla ricerca di un accordo per una transizione verso
un nuovo regime a Baghdad.
Diplomazia ancora al lavoro per tentare di
risolvere la crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord. Mentre l’Unione Europea ha
annunciato ieri il prossimo invio a Pyongyang di una delegazione ad alto
livello, nella capitale nordcoreana prosegue la missione di Lim Dong Won, inviato
della Corea del Sud. Dopo l’incontro di ieri con i vertici del partito
comunista, l’emissario di Seul vedrà stasera il presidente nordcoreano Kim Jong
Il.
Grave incidente stradale in
Camerun. Almeno 70 persone hanno perso la vita in uno scontro frontale tra due
autobus. Uno dei conducenti stava superando un camion quando si è trovato
davanti l'altro autobus proveniente in senso inverso. Un incidente simile,
avvenuto sempre ieri, ma in India, ha causato la morte di altre 44 persone.
“Mettere da parte le richieste dei più poveri
sarebbe una tragedia per il mondo intero”. Kofi Annan, segretario generale
dell’Onu, ha inviato un messaggio di incoraggiamento ai partecipanti al Forum
sociale mondiale, che si è concluso ieri sera a Porto Alegre, in Brasile, con
un giorno di anticipo sul programma previsto. L’evento – caratterizzato dalla
crisi irachena – si è chiuso con una marcia di protesta contro l’Alca, l’area
di libero scambio tra le Americhe fortemente voluta dagli Stati Uniti. Da Porto
Alegre ci riferisce Maurizio Salvi:
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I delegati presenti hanno progettato la costituzione di
una delegazione di parlamentari e scienziati internazionali che avrà il compito
di recarsi negli Stati Uniti per esigere la verifica delle fabbriche di armi
chimiche e batteriologiche là esistenti alla stessa stregua di quanto
Washington ha chiesto a Saddam Hussein. Nel pomeriggio, il linguista e
pensatore statunitense Noam Chomski ha raccolto almeno 40 mila persone che lo
hanno seguito in diretta, sostenendo che, mentre al forum economico di Davos si
respira un’aria di sconforto, a Porto Alegre c’è entusiasmo per un’iniziativa
cresciuta anno dopo anno.
Da Porto Alegre, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.
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E sta
per chiudersi anche l’altro grande appuntamento dedicato alla globalizzazione,
il Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera. Anche in questo caso, molta
attenzione è stata dedicata alla crisi irachena ed alla necessità di una
politica comune europea, mentre è ancora allo studio un accordo sul libero accesso
ai medicinali “salvavita” per i Paesi più poveri.
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