RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 28 - Testo della Trasmissione di martedì 28 gennaio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Preghiamo insieme perché il Medio Oriente sia preservato dalla minaccia della guerra e da altre violenze: così Giovanni Paolo II, nel saluto al Comitato preparatorio per l’attivazione di un dialogo tra la Chiesa cattolica e le antiche Chiese d’Oriente.

 

Iniziate le udienze del Papa ad un nuovo gruppo di vescovi del Brasile, in visita “ad Limina”.

 

Gli appuntamenti liturgici del Santo Padre nei prossimi tre mesi. Sabato pomeriggio in San Pietro il tradizionale rito per la Giornata della vita consacrata.

 

Magnifico e impressionante! L’Incontro mondiale delle famiglie a Manila, nel commento del cardinale Francis Arinze, appena rientrato dalla capitale filippina.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo dell’Europa nella crisi irachena e gli ultimi sviluppi alle Nazioni Unite: le riflessioni del nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo.

 

Il dialogo tra cristiani e indù con Chiara Lubich in India, nel segno della fratellanza universale: intervista con Didi Talwalkar.

 

Disoccupati in aumento nel mondo, secondo il Rapporto dell’Ufficio Internazionale del Lavoro: con noi, il ricercatore Giancarlo Fiorito.

 

Il Convegno a Roma sulle radici cristiane dell’Europa: ai nostri microfoni, Gianfranco Fini e Lamberto Dini.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Eletto il nuovo direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: è il coreano Jong Wook Lee.

 

Religiosi riuniti presso il santuario del Divino Amore a Roma per un Convegno sull’evangelizzazione.

 

"La clonazione è una presa di potere sull’identità umana”. Lo afferma mons. Jean-Pierre Ricard, presidente della Conferenza episcopale francese.

 

Insediato a Roma il Comitato di applicazione del codice sulla tutela dei minori in tv.

 

Grido di allarme dell’agenzia cattolica Jesuit Refuge Service per l’Etiopia, dove 11 milioni di persone rischiano di morire di fame.

 

24 ORE NEL MONDO:

 In un clima di tensione Israele alle urne per il rinnovo della Knesset.

 

In Afghanistan combattimenti tra truppe americane e taleban.

 

Violenze interreligiose in Costa d’Avorio.

 

Il rapporto degli ispettori dell’Onu evidenzia la scarsa collaborazione irachena.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 gennaio 2003

 

 

LA PREGHIERA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE E I PROGRESSI IN CAMPO ECUMENICO,

 NEL SALUTO DEL PAPA AL COMITATO PER IL DIALOGO TRA LA CHIESA CATTOLICA E LE ANTICHE CHIESE D’ORIENTE

- A cura di Carla Cotignoli -

 

“Preghiamo insieme che il Medio Oriente sia preservato dalle minacce di guerra e da ulteriori violenze”. E’ l’accorato invito che il Papa ha rivolto questa mattina ai membri del Comitato preparatorio  che dovrà avviare il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Antiche Chiese d’Oriente. Il Papa ha auspicato che il comune impegno ecumenico contribuisca a “costruire la civiltà dell’amore, fondata sulla giustizia, la riconciliazione e la pace”.

 

E’ infatti una nuova importante tappa che si prepara. Riguarda quelle Chiese che si separarono da Roma e da Bisanzio oltre 1500 anni fa, in seguito alle conclusioni del Concilio di Calcedonia del 451. “Durante la prima fase del dialogo – come ricorda un comunicato del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – sono stati firmati congiuntamente da Papa Giovanni Paolo II e dalle Autorità di queste antiche Chiese orientali, importanti dichiarazioni di accordo su questioni cristologiche”. Spesso all’origine degli scismi vi sono “le differenze nella terminologia e nella cultura” delle “varie formule adottate da differenti scuole teologiche per esprimere lo stesso argomento”, come riconosce ad esempio la dichiarazione comune del 1984 firmata da Giovanni Paolo II e l’attuale capo della Chiesa siro ortodossa, il Patriarca di Antiochia Mar Ignatius Zakka I Iwas. 

 

Il Papa - all’udienza di questa mattina - riconosce che sono stati compiuti “progressi ecumenici sostanziali”. “Sono state raggiunte – ha detto – chiarificazioni essenziali” che hanno permesso “di professare insieme la fede comune”. Un progresso che Giovanni Paolo II definisce “incoraggiante, perché dimostra che il cammino sinora percorso è nella giusta direzione e si può con ragione sperare che insieme si troverà la soluzione per le altre questioni ancora in discussione”.

 

Il comitato preparatorio è riunito da ieri presso la sede del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e concluderà i lavori domani. Sono in discussione i temi e i metodi di questa seconda fase di dialogo. Di rilievo il fatto che gli accordi sinora sono stati raggiunti in seguito al dialogo teologico tra le singole Chiese e la Chiesa cattolica, mentre questa seconda fase prevede il dialogo congiunto della Chiesa cattolica con le antiche Chiese orientali rappresentate in un'unica commissione. Si tratta di quelle Chiese che si sono sviluppate nell’area mediorientale e precisamente: i Patriarcati copto ortodosso d’Egitto e siro ortodosso d’Antiochia, la Chiesa apostolica armena con sede in Libano, le Chiese ortodosse d’Etiopia e d’Eritrea, la Chiesa ortodossa sira del Malankar, India.

 

 

INIZIATE LE UDIENZE DEL PAPA AD UN NUOVO GRUPPO

DI VESCOVI DEL BRASILE IN VISITA “AD LIMINA”

 

Conclusi ieri gli incontri con i vescovi brasiliani dello Stato di San Paolo in visita “ad Limina”, il Papa ha iniziato oggi le udienze ad un altro gruppo di presuli del grande Paese latinoamericano, la cui superficie supera gli 8 milioni e mezzo di chilometri quadrati, con oltre 172 milioni di abitanti, il 73,6 per cento dei quali cattolici. A compiere la quinquennale visita canonica in Vaticano sono ora i vescovi provenienti da quattro Stati centrali e settentrionali, corrispondenti esattamente alle regioni Centro-Ovest e Nord II. Il Santo Padre ha quindi ricevuto stamani l’arcivescovo Vicente Joaquim Zico di Belem, nello Stato settentrionale di Parà, con il suo ausiliare, ed i vescovi di tre diocesi dello Stato centro-occidentale di Goiàs.

 

 

MOLTI GLI APPUNTAMENTI CHE IMPEGNERANNO IL PAPA NEI PROSSIMI TRE MESI:

OLTRE ALLE SOLENNITA’ LITURGICHE DELLA QUARESIMA E DELLA PASQUA,

IN PROGRAMMA DUE CERIMONIE DI BEATIFICAZIONE IN MARZO E IN APRILE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

E’ un calendario fitto di appuntamenti e di celebrazioni, per Giovanni Paolo II, quello che si profila all’orizzonte della Quaresima e delle feste pasquali. A cominciare da sabato prossimo, primo febbraio, quando il Papa presiederà la Santa Messa nella Festa della Presentazione del Signore, nella Basilica Vaticana con inizio alle 17.30. Giovanni Paolo II - informa una nota del maestro delle cerimonie pontificie, il vescovo Piero Marini - presiederà in particolare la Benedizione delle candele, la processione iniziale, la Liturgia della Parola, terrà l'omelia, guiderà il ringraziamento a Dio per il dono della vita consacrata e impartirà la Benedizione finale. La liturgia eucaristica sarà invece celebrata dal cardinale Eduardo Martínez Somalo, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita Apostolica, e dai massimi responsabili del dicastero, nonché dai sacerdoti appartenenti al Consiglio direttivo dell'Unione superiori generali.

 

Dieci giorni dopo, l’11 febbraio, la Basilica di San Pietro accoglierà alle 16.30 i membri dell’Unitalsi e dell’Opera romana pellegrinaggi, nel giorno della memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes. Al cardinale vicario, Camillo Ruini spetterà il compito di presiedere la Messa a nome del Papa il quale, al termine, saluterà e benedirà i malati presenti in Basilica. Il 5 marzo, mercoledì delle Ceneri e inizio della Quaresima, vedrà il Pontefice nella Basilica romana di Santa Sabina alle 16.30 per la benedizione e imposizione delle Ceneri. Due giorni più tardi, sarà la volta del Concistoro che riguarderà alcune cause di canonizzazione. I tradizionali esercizi spirituali della Curia romana in preparazione alla Pasqua, predicati quest’anno dall’arcivescovo Angelo Comastri, occuperanno la settimana dal 9 al 15 marzo. Domenica 23 marzo, alle 9.30 in San Pietro, Giovanni Paolo II eleverà agli onori degli altari cinque nuovi Beati: Pierre Bonhomme, Maria Dolores Rodríguez Sopeña, María Caridad Brader, Juana María Condesa Lluch, László Batthyány-Strattmann.

 

Con la metà di aprile, il tempo liturgico entrerà nel “periodo forte” della Settimana Santa, che andrà dal 13 al 20. Come di consueto, il Papa presiederà i riti liturgici della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. Infine, la domenica successiva alla Pasqua, il Pontefice procederà ad una nuova cerimonia di beatificazione di sei Servi di Dio: Giacomo Alberione, Marco D’Aviano, Maria Cristina Brando, Eugenia Ravasco, Maria Domenica Mantovani e Giulia Salzano.

 

 

UNO SGUARDO ALLA CELEBRAZIONE

DELLA QUARTA GIORNATA MONDIALE DELLA FAMIGLIA A MANILA

CON IL CARDINALE FRANCIS ARINZE CHE VI HA PARTECIPATO NELLA SUA QUALITA’

DI PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO

E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Abbiamo avvicinato il porporato appena rientrato dalla capitale delle Filippine, e ci ha subito riferito che le sue impressioni sono molto positive riguardo a questo quarto Incontro delle famiglie a livello mondiale, celebratosi a Manila, per il quale  il Santo Padre ha mandato come suo Inviato speciale il cardinale Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. L’avvenimento ha avuto due fasi: nei primi due giorni vi è stato un incontro internazionale teologico-pastorale sulla famiglia, e per altri due giorni ancora – il 25 e il 26 – diverse testimonianze, conclusesi con il collegamento televisivo via satellite con il Santo Padre che sabato sera ha rivolto dal Vaticano il suo saluto alle famiglie riunite nella capitale delle Filippine e a tutte le famiglie del mondo. Ecco il parere del cardinale Arinze:

 

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Magnifico, posso dire. Si può considerare da una parte la partecipazione del popolo: ogni diocesi delle Filippine - mi sembra più di cento - ha mandato un certo numero di partecipanti. E’ stato impressionante. Poi, dal mondo intero, ogni continente è stato rappresentato. Ho contato circa dieci cardinali, almeno 150 vescovi, sacerdoti non saprei dire quanti, religiose, religiosi ...

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A Manila vi erano anche moltissimi bambini, ragazzi e giovani suddivisi per fasce d’età con una organizzazione veramente eccellente. Nella parte teologico-pastorale dell’incontro sono stati discussi temi come: la demografia e la famiglia, l’etica, la difesa del valore della vita umana, la famiglia e la povertà, specialmente nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, la famiglia e l’evangelizzazione, la famiglia cristiana che incontra le persone di altre religioni ...

 

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Questo è stato il tema affidato a me, come era prevedibile: mi era stato affidato già quando ero al dicastero per il Dialogo interreligioso, e a Manila ho parlato della necessità per la famiglia cristiana di avere una chiara identità propria: che cosa è? E’ famiglia ed è cristiana. Se è ben radicata nei valori del cristianesimo, la famiglia è allora nella condizione di potere incontrare senza rischio persone di altre religioni, famiglie di altre religioni.

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Come infatti dice Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi: “L’evangelizzazione non è mai completa, se la persona, il nome, la dottrina di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio fatto Uomo, non sia annunciato”. A Manila, vi sono poi state anche le testimonianze delle famiglie con tavole rotonde, famiglie selezionate da diverse parti del mondo. Ci sono state anche testimonianze di associazioni, movimenti di  Chiesa che aiutano validamente la famiglia. Si pensi, per esempio, ai Focolarini  dell’Opera di Maria, si pensi alla Comunità di Sant’Egidio, all’Apostolato per la consacrazione della famiglia, che è statunitense, al World Mariage Encounter Weekend, che aveva origini spagnole ma che è molto forte negli Stati Uniti, anche in Irlanda; al Catholic Family Movement e a tanti altri. Ancora la parola al cardinale Arinze:

 

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In conclusione, si può dire che questa iniziativa del Santo Padre Giovanni Paolo II, ormai alla quarta edizione, è veramente una gioia ed una grazia per la Chiesa di oggi e per quella di domani. Non per nulla molte persone amano il Santo Padre chiamandolo il Papa della Famiglia, come pure i giovani vorrebbero che fosse chiamato il Papa della Gioventù, i seminaristi e i sacerdoti lo ritengono il loro Papa. E questo è bello, perché è infatti il papà della grande famiglia umana e tutti lo vogliono per loro.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l'Iraq: gli ispettori denunciano violazioni e chiedono altro tempo per i controlli.

Sempre in prima, un articolo di Marcello Bordoni dal titolo “Misteri e Mistero di Cristo”.

Allegato al giornale, un tabloid di 12 pagine sul tema “Il presbitero, pastore e guida della comunità parrocchiale”: Istruzione della Congregazione per il Clero.

 

Nelle pagine vaticane, nel discorso ai membri del Comitato preparatorio per l'attivazione di un dialogo tra la Chiesa cattolica e tutte le Antiche Chiese d'Oriente, il Papa ha esortato a pregare insieme perché il Medio Oriente ed i Paesi vicini vengano preservati dalla minaccia della guerra. 

Un articolo di Gianfranco Ravasi sul secondo libro che raccoglie le catechesi svolte dal Papa sulla Liturgia delle Lodi, durante le udienze generali.

Servizi da Milano e da Venezia per le celebrazioni della Giornata della Famiglia.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: tre palestinesi morti a Gaza nell'esplosione di un'abitazione.

Corea del Nord: colloqui a Pyongyang per disinnescare la crisi.

Giorno della memoria: commemorate al Bundestag le vittime della Shoà.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Clotilde Paternostro su una mostra antologica, a Palazzo Venezia, dedicata a Giacomo Manzù.

Nell’“Osservatore Libri”, un approfondito contributo, a cura di Danilo Veneruso, su “Il romanzo del ‘Popolo’. Storia di un ‘giornale pericoloso’” di Carlo Dané e Giuseppe Sangiorgi.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'emergenza del maltempo, il terremoto in Romagna.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 gennaio 2003

 

 

IL RUOLO DELL’EUROPA NELLA CRISI IRACHENA

E GLI ULTIMI SVILUPPI AL PALAZZO DI VETRO DELL’ONU

NEL COMMENTO DEL NOSTRO DIRETTORE GENERALE, PADRE PASQUALE BORGOMEO

 

Settimana cruciale per il Medio Oriente. Ieri, la consegna del rapporto sulle ispezioni in Iraq al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Oggi, Israele al voto per rinnovare il parlamento e scegliere la nuova leadership di governo. Quindi, fra poche ore, - quando nel quadrante mediorientale sarà notte fonda - il presidente americano pronuncerà il discorso sullo Stato dell’Unione. Appuntamento quanto mai significativo per leggere, nelle parole di Bush, le prossime mosse degli Stati Uniti nei confronti di Saddam Hussein. Ma torniamo al documento degli ispettori sul disarmo con il commento del nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo, al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. - Si è finito con il concedere una proroga agli Ispettori dell’Onu. La proroga di un mese non è costata in realtà un grande sforzo agli Stati Uniti se si riflette sul fatto che le forze anglo-americane non sono del tutto pronte in questo momento a sferrare l’attacco, data l’ampiezza e la complessità dell’operazione. A destinazione degli esitanti è stato poi annunciato che sono ben dodici i Paesi, dei quali non si fornisce la lista, che sarebbero già pronti ad accompagnare Stati Uniti e Gran Bretagna nella guerra contro Saddam. Se non necessari sul piano militare, un certo numero di Paesi pronti alla guerra, soprattutto se indipendentemente dall’avallo dell’Onu, fornirebbe agli Stati Uniti una qualche legittimazione di ricambio una volta che avessero deciso di procedere in rotta di collisione con le prerogative delle Nazioni Unite.

 

D. – Cosa dire riguardo al ruolo dell’Europa?

 

R. - ‘Ci ridono dietro’, ha detto Romano Prodi. Constatazione amara, ma realistica. L’Europa, all’appuntamento non eludibile con una complessa crisi internazionale, si presenta in ordine sparso e perciò velleitaria, contraddittoria, impotente. Un barlume di speranza viene dall’unanimità raggiunta ieri dai quindici membri dell’Unione su un testo che esprime la posizione comune dell’Europa sulla guerra all’Iraq. Le prossime settimane ci diranno se questo atteggiamento avrà un suo coerente sviluppo o se si rivelerà come un momentaneo rattoppo.

 

D. – Come valuta i rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa in questi ultimi tempi?

 

R. - Con tutta la sua oggettiva debolezza e i suoi atteggiamenti critici, l’Europa non cessa di essere l’alleata naturale degli Stati Uniti, finché avrà un senso l’espressione ‘civiltà occidentale’. Per questa ragione trattare i rapporti tra Europa e Stati Uniti in termini di filo-americanismo e anti-americanismo è puerile, è solo un modo di lasciare il cervello a riposo. Gli Europei più lucidi, e spassionati, riconoscono come un dato obiettivo la leadership che la storia stessa assegna oggi agli Stati Uniti e sono preoccupati perché questa leadership appare loro in crisi. Se talvolta sono ipercritici nei confronti di quel grande Paese, è perché da esso si attendono molto. Se talvolta parlano di egemonia e d’impero, è perché vogliono scongiurare il pericolo che la leadership americana sia tentata di fondarsi sulla potenza economica, tecnologica e militare piuttosto che su quei valori condivisi che hanno fatto degli Stati Uniti un modello e, per generazioni di Europei, un sogno. Una leadership responsabile ha il senso del primato dell’etica e del diritto nelle relazioni internazionali. Gli Stati Uniti hanno questi valori nella loro tradizione, a questa devono attingere. L’Europa e il mondo hanno bisogno di una America forte, giusta, compassionevole, solidale.

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UN “ARCOBALENO” DI FRATERNITA’ UNIVERSALE TRA CRISTIANI E INDU’,

 NEGLI INCONTRI DI CHIARA LUBICH

IN INDIA CON IL MOVIMENTO SWADHYAYA FAMILY

- Intervista con Didi Talwalkar -

 

In occidente l’India viene alla ribalta della cronaca soltanto per le minacce di guerra con il Pakistan o la recrudescenza del fondamentalismo indù. In occasione del viaggio di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari e di alcuni dei suoi più  stretti collaboratori in India, iniziato a Mumbai (Bombay) il 4 gennaio, nel dialogo aperto con istituzioni culturali  come il Somaiya College, una delle istituzioni indù maggiormente impegnate nel dialogo interreligioso; e, il Bharatiya Vidya Bhavan, centro culturale a diffusione nazionale e internazionale, nato per la riscoperta delle radici della cultura indù e per il suo sviluppo, è venuto in luce un altro volto dell’India: la tensione mistica che pervade l’antichissima cultura indiana e  la fraternità universale iscritta nelle sue radici. Non solo. Anche nel mondo indù sono sorti nuovi movimenti di rinnovamento spirituale e sociale, come la Swadhyaya Family. Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli.

 

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L’evento che ha destato reciproca sorpresa è stato l’incontro con la Swadhyaya Family, un vasto movimento con oltre 8 milioni di aderenti, fondato nel 1943 da  Shri Pandurang Shastri Athavale, conosciuto come Dadaji (maestro, fratello maggiore) che ha ora 83 anni. Insegna che Dio risiede in ogni essere umano e che il compimento dell’unità spirituale porterà con sé le soluzioni per i problemi mondiali. Il primo contatto con il Movimento dei Focolari era avvenuto proprio ad Assisi, alla giornata del 24 gennaio dello scorso anno. Ed ora Bombay segna una nuova tappa.

 

(musica)

 

Il 16 gennaio, Didi Talwalkar, figlia ed erede spirituale del fondatore, davanti a 50.000 giovani radunati nello stadio di Thane, al nord di Mumbai, per la festa dello sport, ha rievocato il suo primo incontro con Chiara Lubich al grande incontro interreligioso di Assisi. “Eravamo le uniche donne a parlare nel corso di quell’avvenimento. La considero come una madre e volevo che parlasse a voi tutti. Dobbiamo essere una sola famiglia umana: è questo il loro ideale e anche il nostro”.

 

Anche nel discorso di Chiara, letto in indi, c’era il richiamo ad Assisi e all'attuale urgenza di suscitare ovunque "brani di fraternità" diffondendo l'amore che  unico è capace di "muovere anche i beni", contribuire così a  sanare “lo squilibrio tra ricchi e  poveri”, “uno dei fattori forse più determinante che genera vendetta, terrorismo” e a far risplendere "l'arcobaleno della pace". Ma sulla Swadhyaya Family ascoltiamo la stessa Didi Talwalkar:

 

“WHEN WE GO TO THE …

Quando andiamo nei villaggi, incontriamo gente di diverse religioni e ceti sociali. Andiamo con in cuore l’amore, la  fraternità universale. Il nostro impegno più grande è costruire con ciascuno rapporti nuovi, una fraternità divina, perché Dio è presente in tutti”.

 

In questo Movimento vi è un fiorire di opere: ospedali, scuole, attività sociali, iniziative economiche. Vi fanno parte persone di tutte le categorie, di diversi stati sociali, senza alcuna divisione di casta. L’amore che si concretizza anche nella comunione dei beni per i più poveri, la fratellanza universale, sono il loro ideale. In un seguente colloquio Didi Talwakar e Chiara Lubich decidono di approfondire i rapporti tra i due rispettivi movimenti. “Ci sono troppe cose in comune tra di noi - ha detto la signora Didi - perché non ci rendiamo conto che Dio ha un progetto". Sul rapporto tra i due movimenti, diamo ancora la parola alla signora Didi Talwalker:

 

“I THINK THAT IT’S A VERY GREAT EXPERIENCE ...

E’ una grande esperienza avere amici, una famiglia come i focolari, una figura di “madre” come Chiara. Penso di essere privilegiata. Il fatto che ci sia un altro grande gruppo che lavora per gli stessi obiettivi, che c’è un’altra grande famiglia che porta l’amore, come forza della società è una grande cosa, per cui sentiamo di far parte l’una della famiglia dell’altra. Proprio questa consonanza è un sostegno morale l’una per l’altra per  quanto dobbiamo fare ora e per il futuro. Per ora non abbiamo un programma comune, ciò che ci lega è un’amicizia pura ed è proprio dell’amicizia non avere altri fini. Penso che il tempo dirà dove stiamo andando, se faremo qualcosa insieme”.

 

Chiara Lubich, approfondendo la conoscenza della Swadhyaya Family era piena di meraviglia nel toccare con mano l’azione dello Spirito Santo che conduce l’umanità verso il compimento del disegno di Dio: la fratellanza universale. Davvero, come scrive il Papa nella Novo Millennio Ineunte, “lo Spirito di Dio, ‘che soffia dove vuole’ suscita nell’esperienza umana universale, nonostante le sue molteplici contraddizioni, segni della sua presenza”.

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I DISOCCUPATI NEL 2000  SONO AUMENTATI DI 20 MILIONI

E COMPLESSIVAMENTE LE PERSONE SENZA LAVORO SONO 180 MILIONI.

SONO QUESTI I DATI DEL RAPPORTO DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO

SULLE TENDENZE MONDIALI DELL’OCCUPAZIONE

- Intervista con Giancarlo Fiorito -

 

Due anni di instabilità economica fanno registrare un numero senza precedenti di disoccupati nel mondo e sono scarse le prospettive di un miglioramento della situazione dell’occupazione per quest’anno. Sono queste le indicazioni del rapporto sulle tendenze mondiali dell’occupazione pubblicato la scorsa settimana dall’Ufficio internazionale del lavoro. Le conseguenze degli attentati dell’11 settembre ed il rallentamento dell’economia mondiale hanno provocato un aumento del tasso di disoccupazione. La debolezza dei mercati del lavoro ha inoltre vanificato i progressi realizzati alla fine degli anni ’90 nella riduzione del numero dei “lavoratori poveri”. Secondo il rapporto, per raggiungere l’obiettivo di dimezzare la povertà estrema entro il 2015, si dovranno creare almeno un miliardo di posti di lavoro nei prossimi dieci anni. Sui complessi scenari legati al tema dell’occupazione, ascoltiamo Giancarlo Fiorito, ricercatore del Dipartimento impiego dell’Ufficio internazionale del lavoro, al microfono di Amedeo Lomonaco.

 

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R. – Alla fine del 2002, il numero dei disoccupati ha raggiunto quota 180 milioni, quindi circa 20 milioni in più rispetto all’anno precedente. Le donne ed i giovani sono stati particolarmente colpiti dal rallentamento del motore economico. Infatti, accanto ad un aumento della disoccupazione si registra un incremento di coloro che trovano impiego nel settore cosiddetto informale, dove le condizioni di lavoro sono molto spesso al di sotto degli standard accettabili. Oggi globalmente nel mondo vi sono almeno 550 milioni di lavoratori poveri e oltre alla disoccupazione vera e propria, quindi, possiamo calcolare una mancanza di lavoro “decente” per almeno 730 milioni di persone. Alla luce di questo scenario, sarà difficile centrare l’obiettivo delle Nazioni Unite di ridurre significativamente la povertà entro il 2015.

 

D. – Quali sono le cause del rialzo del tasso di disoccupazione?

 

R. – Tra le cause principali possiamo identificare il crollo in borsa della new economy, avvenuto nella primavera del 2001, che ha determinato gravi perdite nell’impiego del settore. Gli eventi dell’11 settembre si sono inoltre negativamente ripercossi sul turismo ed hanno anche ridotto la fiducia dei consumatori. Questi effetti hanno poi provocato un calo generale della domanda nei Paesi in via di sviluppo duramente colpiti dalla crisi che ha interessato i settori legati all’export. A questi fattori si possono aggiungere la perdita di fiducia degli investitori e la diffusione dei conflitti armati in varie aree del mondo.

 

D. – Quali conseguenze avrebbe per il mondo del lavoro una guerra in Iraq?

 

R. – In questo studio non abbiamo analizzato le conseguenze che un eventuale intervento in Iraq provocherebbe nel mondo del lavoro. Ovviamente, questo è un campo che riguarda soprattutto i settori dell’energia e dell’approvvi-gionamento delle risorse.

 

D. – Quali sono le aree maggiormente colpite dalla disoccupazione?

 

R. – Le aree più colpite sono i Paesi industrializzati, dove c’è una crescente disoccupazione che noi possiamo registrare anche nei Paesi in via di sviluppo, come nel caso dell’Argentina. Il settore informale nei Paesi in via di sviluppo non riesce più a svolgere il suo ruolo di ammortizzatore nelle fasi di bassa occupazione. Questo avviene da circa due anni e conferma la diminuzione dell’occupazione anche in queste aree del mondo.

 

D. – Quali misure potrebbero essere adottate per rilanciare l’economia e l’espansione dell’occupazione?

 

R. – Prima di tutto i governi dovrebbero concentrarsi sulle misure a sostegno della ripresa economica. Un’economia forte, infatti, è il presupposto per una diminuzione della disoccupazione. Noi stimiamo che il mondo debba creare un miliardo di posti di lavoro nei prossimi dieci anni per poter colmare il deficit occupazionale. Per raggiungere questo obiettivo i governi devono incentivare il settore privato creando infrastrutture e realizzando programmi pubblici. E’ necessario ridurre la vulnerabilità dei Paesi in via di sviluppo, dove gli shock finanziari si verificano troppo frequentemente. Infine, bisogna affrontare il problema della povertà che si traduce molto spesso in mancanza di educazione e scarsa produttività della manodopera.

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LE RADICI CRISTIANE DELLA NUOVA EUROPEA

- Servizio di Debora Donnini -

 

“Europa, all’inizio di un nuovo millennio, apri ancora le tue porte a Cristo!”: è l’appello che il Papa è tornato a rivolgere recentemente, in occasione della visita al Parlamento italiano. Il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nella Convenzione che l’Unione europea sta redigendo, è stato il tema al centro di un convegno tenutosi ieri all’ateneo Regina Apostolorum di Roma. Il servizio è di Debora Donnini:

 

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“Il richiamo alle radici cristiane dell’Europa non è un’opzione ideologica, ma un dato storico”. Lo ha messo in rilievo il professor Roberto De Mattei, docente di storia moderna all’Università di Cassino. Un riferimento importante perché l’Europa non si formi come puro spazio istituzionale, cancellando la sua memoria storica. Nella nuova Carta costituzionale, che l’Europa sta preparando, si dovrà fare chiara menzione del fatto che l’Unione Europea rispetta e non pregiudica lo statuto di cui, in virtù del diritto nazionale, beneficiano le Chiese e le comunità religiose degli Stati-membri, ha auspicato mons. Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace; e che in questo senso la convenzione faccia un passo avanti rispetto a quanto accadde a Nizza, è l’auspicio di Gianfranco Fini, rappresentante del governo italiano alla Convenzione stessa:

 

“Il governo italiano lo ha detto in mille circostanze: negare che vi è una identità profonda dell’Europa che deriva dalle radici cristiane, significa negare un dato di realtà. Io mi auguro che la Convenzione riesca, al contrario di quello che fece la Conferenza di Nizza, ad essere un po’ più esplicita rispetto ad un generico riferimento rispetto ai valori spirituali dell’Europa. E’ significativo che tutta la delegazione italiana sia sostanzialmente su questa posizione. E’ ancora presto per una parola definitiva: l’ottimismo c’è”.

 

Anche Lamberto Dini, rappresentante del Parlamento italiano alla Convenzione europea, ha sottolineato l’importanza di questo riferimento:

 

“Sarà una discussione difficile, ciò non di meno credo che valga la pena sostenere quanto propongono i popolari europei, cioè a dire di fare uno specifico riferimento in particolare a quello che è stato il ruolo della Chiesa nella formazione dell’Europa negli ultimi duemila anni e fino ad oggi”.

 

Debora Donnini, Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

28 gennaio 2003

 

 

L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ HA UN NUOVO DIRETTORE: IL SUD COREANO JONG WOOK LEE.

 L’UOMO SUCCEDERA’ IL PROSSIMO 21 LUGLIO ALLA NORVEGESE GRO HARLEM BRUNDTLAND

 

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GINEVRA. = E’ il sud coreano Jong-Wook Lee il nuovo direttore generale dell'Organizzazione mondiale della  sanità (Oms). Lo ha annunciato un portavoce dell'Oms. La scelta di Jong-Wook Lee, attuale direttore del 'Programma stop alla  tubercolosi dell'Oms, e' stata comunicata oggi a Ginevra dai membri del Consiglio esecutivo dell'organizzazione. L’uomo, 57 anni, laureatosi in Medicina all’universi-tà Nazionale di Seul, prenderà il posto della norvegese Gro Harlem Brundtland che lascerà l'incarico al termine di un solo mandato di cinque anni, il prossimo 21 luglio. Wook Lee è attivo presso l’Organizzazione da 19 anni, e dopo aver promosso il programma globale per i vaccini Oms, è divenuto nel 2000 direttore dello Stop Tuberculosis Programme, una coalizione di oltre 250 partners internazionali, inclusi stati membri dell’Oms, organizzazioni non governative, industrie e fondazioni. La decisione del consiglio sarà ratificata in maggio dall'organo supremo dell'Oms, l'Assemblea mondiale della sanità che riunisce i 192 Stati membri. La lista dei candidati rimasti in lizza includeva inoltre il ministro della salute messicano Julio Frenk, il primo ministro del Mozambico Pascal Manuel Mocumbi e l'ex ministro della salute egiziano Ismail Sallam. Jong-Wook Lee  sara' il sesto direttore dell'Oms ed e' stato eletto dai 32 membri del consiglio esecutivo con 17 voti, contro i 15 del belga Peter Piot, direttore di Unaids. (P.O.)

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“LA CHIESA E’ UNA GRANDE PORTA APERTA SUL MONDO FRA COLORO CHE PIÙ

DI ALTRI CONTRIBUISCONO A TENERLA APERTA”. COSÌ IL CARD. CAMILLLO RUINI

 AI RELIGIOSI RIUNITI PRESSO IL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE A ROMA

 PER UN CONVEGNO SULL’EVANGELIZZAZIONE

- A cura di padre Egidio Picucci -

 

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ROMA. = “La Chiesa è una grande porta aperta sul mondo fra coloro che più di altri contribuiscono a tenerla aperta. Perché il suo messaggio raggiunga il popolo di Dio vanno annoverati i religiosi, soprattutto quando sono santi e propositivi”. Lo ha detto questa mattina il cardinale Camillo Ruini, parlando ai 143 religiosi riuniti presso il santuario del Divino Amore a Roma, in occasione dell’annuale Convegno sulla evangelizzazione organizzato dalla Conferenza italiana Superiori maggiori. Il Convegno, il cui tema è “Comunicare la fede oggi in Italia”, è iniziato ieri pomeriggio con una relazione del dottor Mario Pollo, il quale ha parlato della trasformazione dei processi di comunicazione della fede, nella prima e nella seconda modernità, evidenziando come sia in atto un forte ripudio del passato e della tradizione e una altrettanto forte accentuazione di un sincretismo globalizzante. Nonostante questo in Italia la fede è ancora sentita e la pratica religiosa confortante se, secondo i dati forniti dall’Istat, il 2,2 per cento frequenta tutti i giorni un ambiente di culto, il 7,9 per cento è presente qualche volta alla settimana, il 25,8 per cento partecipa alla Messa domenicale, il 16,7 per cento va in chiesa qualche volta all’anno, il 30 per cento ci va almeno una volta all’anno e solo il 14 per cento ignora completamente la chiesa. Il Convegno che prevede gli interventi di mons. Paolo Azei, vescovo di Tempio Ampurias in Sardegna, e di fratel Enzo Biemmi, rettore della rivista “Evangelizzare”, che parleranno rispettivamente dei religiosi come comunicatori della fede nella Chiesa locale e dell’esperienze di comunicazione, si concluderà giovedì 30 gennaio con una sintesi riassuntiva affidata al salesiano don Cesare Bissoli.

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"LA CLONAZIONE È UNA PRESA DI POTERE SULL’IDENTITÀ UMANA”.

LO AFFERMA MONS. JEAN-PIERRE RICARD, PRESIDENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE, IN UNA DICHIARAZIONE DIFFUSA IERI

DAL TITOLO "NON CI SONO ECCEZIONI AL RISPETTO DOVUTO ALL’EMBRIONE UMANO"

 

PARIGI. = "La clonazione umana rappresenta un grave attentato alla dignità dell’uomo perchè ogni embrione è già un essere umano e non può essere usato come un oggetto". Lo scrive mons. Jean-Pierre Ricard, presidente della Conferenza episcopale francese, nella dichiarazione, diffusa ieri, intitolata "Non ci sono eccezioni al rispetto dovuto all’embrione umano". Il Parlamento francese ha ripreso proprio in questi giorni il dibattito sul "progetto di legge relativo alla bioetica" che era stato elaborato dall’Assemblea nazionale e sottoposto all’esame del Senato. A nome dei vescovi francesi, mons. Ricard dà la sua piena approvazione alle posizioni affermate nel progetto di legge in merito alla "clonazione riproduttiva". “La clonazione umana che si realizza partendo da un solo individuo – scrive Ricard – comporta una ingerenza sugli elementi essenziali dell’identità del futuro essere umano ed una tale presa di potere costituisce una violazione della dignità umana". La Chiesa ribadisce il proprio no anche all’utilizzo degli embrioni umani come materiale di ricerca o come fonte di cellule a fine terapeutico. "L’embrione umano – conclude mons. Ricard – non è e non deve essere oggetto di sperimentazioni”. (A.L.)

 

 

CERIMONIA DI INSEDIAMENTO, OGGI A ROMA, DEL COMITATO DI APPLICAZIONE

DEL CODICE SULLA TUTELA DI MINORI IN TV. IL NUOVO DOCUMENTO PREVEDE

FASCE ORARIE PIU’ AMPIE DEDICATE AI PIU’ GIOVANI E PESANTI SANZIONI

 PER QUELLE EMITTENTI I CUI PROGRAMMI NON RISPETTERANNO

LO SVILUPPO PSICHICO E MORALE DEI MINORI. TRA I COMPONENTI

DEL NUOVO COMITATO LA COLLEGA DELLA RADIO VATICANA ROBERTA GISOTTI

 

ROMA. = Un passo significativo nel cammino verso la protezione dei bambini  e dei ragazzi davanti alla Tv. Il nuovo Codice di autoregolamentazione per la tutela dei minori, il cui Comitato di applicazione si è ufficialmente insediato questa mattina presso il Ministero delle Comunicazioni a Roma, intende rafforzare gli aspetti carenti dei precedenti Codici e Carte deontologiche, in vigore negli anni passati. Tali limiti risiedevano nella poco articolata struttura dei Comitato di Controllo e nella debolezza degli impianti sanzionatori. Il nuovo Comitato è composto di 15 membri effettivi e 15 supplenti, a partecipazione paritetica, di cui 10 in rappresentanza delle emittenti, 10 delle istituzioni, 10 delle associazioni degli utenti. Sarà impegnata nel Comitato anche  Roberta Gisotti, redattrice del Radiogiornale della Radio Vaticana. Tra gli impegni prioritari dei partecipanti c’è quello di dare ampia diffusione al nuovo Codice in spazi di largo ascolto e, una volta accertata la violazione, ingiungere all’emittente la modifica o la sospensione del programma, indicando  tempi e modalità di attuazione. Un carattere di non minore rilievo,è quello che stabilisce nel nuovo Codice uno stretto legame tra il Comitato di controllo e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Quest’ultima nel caso di programmi dannosi allo sviluppo psichico o morale dei minori ha il potere di irrogare sanzioni fino a 250 mila euro e sospensioni della licenza in caso di grave o reiterata violazione. Le emittenti con più di una rete a programmazione generalista saranno inoltre impegnate a garantire ogni giorno, in prima serata, la trasmissione di programmi adatti ad una fruizione familiare congiunta, almeno su una rete, e a darne adeguata informazione. Le aziende si impegneranno a dedicare una programmazione specifica ai minori tra le 16 e le 19:30; saranno inoltre tenute a non programmare fino alle 22.30, anche nelle trasmissioni di informazione, sequenze crude e brutali o notizie che possano nuocere all’integrità psichica o morale dei più giovani. In caso contrario il giornalista tv dovrà avvisare gli spettatori della inadattabilità delle immagini ad un pubblico di minori. (P.O.)

 

 

L’AGENZIA CATTOLICA JESUIT REFUGE SERVICE  HA LANCIATO UN GRIDO DI ALLARME PER L’ETIOPIA,

DOVE 11 MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE DI FAME

 

ADDIS ABEBA. = In Etiopia il cibo, l’acqua e altre risorse fondamentali scarseggiano a tal punto che il Paese rischia di andare incontro ad una nuova carestia, forse peggiore di quella avvenuta negli anni ’80. “Gli aiuti devono arrivare il più presto possibile e non possono essere soltanto pianificati”. E’ questo il grido d’allarme lanciato dall’Agenzia cattolica Jesuit refuge service (Jrs) attraverso il responsabile per l’Etiopia, Stephen Power. "In caso di grandi movimenti di massa - ha spiegato Power - i coltivatori non saranno pronti per la prossima semina e la conseguente penuria dei raccolti costituirà un grave fattore di crisi”. Rispetto alle grandi emergenze del passato, il forte elemento discriminante è ora l’alta percentuale di persone infettate dal virus dell’Aids, "che la malnutrizione - ha puntualizzato Power - condurrà presto alla morte". Già prima di Natale, in vista dell’imminente disastro, il governo etiope aveva lanciato un appello per un massiccio intervento contro il rischio di una grave carestia, che avrebbe coinvolto 11 milioni di persone nel corso del 2003. Per far fronte all’insorgente emergenza erano stati chiesti 1 milione e 400 mila tonnellate di cibo e circa 150 milioni di dollari per altre attività di assistenza. La stessa Chiesa cattolica, attraverso la Caritas, aveva richiesto 2 milioni e 400 mila dollari. "La schiacciante povertà si è diffusa ulteriormente – ha concluso Power - ma l’attuale governo è a conoscenza della reale situazione e questo rappresenta già un passo in avanti nella lotta alla povertà". (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

In Medio Oriente non accenna a diminuire la violenza, proprio mentre oggi Israele è chiamato alle urne per il rinnovo della Knesset, il parlamento israeliano. In un clima blindato si sono aperte, alle ore sette, le urne; si chiuderanno alle dieci, quando saranno diffusi i primi exit poll, mentre per i risultati definitivi bisognerà attendere domattina. Solo allora si conoscerà l’esito del confronto che vede protagonisti soprattutto il partito di destra Likud, del premier Ariel Sharon, e il partito laburista guidato da Amram Mitzna. Da Gerusalemme, Graziano Motta:

 

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A far riflettere quella parte ancora consistente di indecisi dei 4 milioni e 700 mila elettori iscritti dovrebbero contribuire non solo le misure di sicurezza nel Paese – 30 mila agenti di polizia e soldati vigilano sulla tranquillità che l’evento esige – ma anche il fatto che i Territori palestinesi sono sigillati per prevenire attentati e che, tuttavia, in essi le tensioni persistono. A Gaza, nelle ultime ore, 5 palestinesi sono stati uccisi: due da soldati, mentre tentavano di infiltrarsi in un insediamento ebraico; altri tre dall’esplosione in un edificio, accompagnato da polemiche sulle sue cause e da minacce di vendetta. Poi altri due palestinesi sono stati uccisi questa mattina in Cisgiordania, nell’incur-sione di reparti blindati e di fanteria israeliani nella città di Jenin, ritenuta covo di estremisti islamici. Ma un motivo di riflessione particolare viene dal fallito tentativo egiziano di far cessare per un anno guerriglia e attentati dell’estremismo palestinese. La conferenza delle dodici principali organizzazioni politiche della rivolta palestinese si è conclusa infatti a Il Cairo senza un accordo.

 

Da Gerusalemme, per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Torna la violenza in Afghanistan. Almeno 18 taleban in armi sarebbero stati uccisi nelle ultime ore nei combattimenti con le forze americane presso Spin Boldak, nel sud del Paese. Secondo il comando militare americano a Bagram, gli scontri sono iniziati ieri pomeriggio e hanno visto impegnati 300 soldati americani contro una settantina di combattenti del leader integralista afghano Gulbuddin Hekmatyar.

 

E scoppia nuovamente la violenza anche in Costa d’Avorio; una violenza, che sta assumendo connotazioni interreligiose. Chiese e moschee sono state bruciate nelle ultime ore. Gruppi di musulmani e di cristiani hanno dato vita a feroci combattimenti nella città di Agboville, 80 chilometri a nord di Abidjan. Ancora imprecisato il numero delle vittime. Anche nella capitale amministrativa non mancano gli incidenti di carattere politico. La protesta dei fedelissimi del presidente Laurent Gbagbo si è rivolta contro l’accordo di pace tra governo e ribelli firmato nei giorni scorsi in Francia.

 

Dopo la relazione degli ispettori, “sono minori le possibilità di una soluzione pacifica” della crisi irachena, perché Baghdad “ha violato le richieste dell’Onu”. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri britannico, Straw, commentando la relazione sugli armamenti iracheni presentata ieri da Hans Blix, capo degli ispettori delle Nazioni Unite, e Mohamed el Baradei, direttore dell’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica, davanti al Consiglio di Sicurezza. Ai Paesi che chiedono un prolungamento dei controlli – Germania, Francia, Russia, Cina ed alcuni Stati arabi – gli Usa hanno risposto che la cosa è inattuabile, perché, al ritmo attuale, le ispezioni dovrebbero durare 300 anni per essere efficaci. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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L’Iraq sta collaborando con gli ispettori Onu sul piano dell’accesso ai siti, ma non ha ancora accettato pienamente il disarmo che gli è stato richiesto. E’ la conclusione a cui è giunto il capo della Commissione Onu, Hans Blix, presentando ieri al Consiglio di Sicurezza il primo rapporto complessivo sulle verifiche sinora fatte negli arsenali iracheni. Il diplomatico svedese ha criticato Baghdad perché non ha accettato gli aerei spia e gli interrogatori privati degli scienziati, ma, soprattutto, perché non ha fornito informazioni su armi e agenti chimici e biologici in suo possesso e che sostiene di avere distrutto. Il collega El Baradei, direttore dell’Aiea, ha dichiarato che gli ispettori non hanno trovato le prove della ripresa del riarmo nucleare, ma hanno bisogno di altro tempo per completare il loro lavoro. Gli Stati Uniti hanno individuato nelle parole di Blix una conferma delle loro accuse riguardo le resistenze di Saddam Hussein al disarmo volontario e il segretario di Stato americano Powell ha detto che il tempo sta scadendo. Lo stesso presidente Bush, che nei prossimi giorni riceverà a Washington il premier italiano Berlusconi, affronterà oggi il tema durante il discorso sullo Stato dell’Unione.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il lavoro degli ispettori, intanto, prosegue: oggi sono stati controllati due università ed un complesso militare. Il tutto, mentre c’è già chi si prepara al dopo-Saddam: a Teheran, capitale dell’Iran, si sono incontrati nelle ultime 24 ore i rappresentanti di diversi gruppi dell'opposizione irachena, alla ricerca di un accordo per una transizione verso un nuovo regime a Baghdad.

 

Diplomazia ancora al lavoro per tentare di risolvere la crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord. Mentre l’Unione Europea ha annunciato ieri il prossimo invio a Pyongyang di una delegazione ad alto livello, nella capitale nordcoreana prosegue la missione di Lim Dong Won, inviato della Corea del Sud. Dopo l’incontro di ieri con i vertici del partito comunista, l’emissario di Seul vedrà stasera il presidente nordcoreano Kim Jong Il.

 

Grave incidente stradale in Camerun. Almeno 70 persone hanno perso la vita in uno scontro frontale tra due autobus. Uno dei conducenti stava superando un camion quando si è trovato davanti l'altro autobus proveniente in senso inverso. Un incidente simile, avvenuto sempre ieri, ma in India, ha causato la morte di  altre 44 persone.

 

“Mettere da parte le richieste dei più poveri sarebbe una tragedia per il mondo intero”. Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, ha inviato un messaggio di incoraggiamento ai partecipanti al Forum sociale mondiale, che si è concluso ieri sera a Porto Alegre, in Brasile, con un giorno di anticipo sul programma previsto. L’evento – caratterizzato dalla crisi irachena – si è chiuso con una marcia di protesta contro l’Alca, l’area di libero scambio tra le Americhe fortemente voluta dagli Stati Uniti. Da Porto Alegre ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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I delegati presenti hanno progettato la costituzione di una delegazione di parlamentari e scienziati internazionali che avrà il compito di recarsi negli Stati Uniti per esigere la verifica delle fabbriche di armi chimiche e batteriologiche là esistenti alla stessa stregua di quanto Washington ha chiesto a Saddam Hussein. Nel pomeriggio, il linguista e pensatore statunitense Noam Chomski ha raccolto almeno 40 mila persone che lo hanno seguito in diretta, sostenendo che, mentre al forum economico di Davos si respira un’aria di sconforto, a Porto Alegre c’è entusiasmo per un’iniziativa cresciuta anno dopo anno.

 

Da Porto Alegre, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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E sta per chiudersi anche l’altro grande appuntamento dedicato alla globalizzazione, il Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera. Anche in questo caso, molta attenzione è stata dedicata alla crisi irachena ed alla necessità di una politica comune europea, mentre è ancora allo studio un accordo sul libero accesso ai medicinali “salvavita” per i Paesi più poveri.

 

 

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