RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 26 - Testo della Trasmissione di domenica 26 gennaio 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La “buona notizia” della “famiglia cristiana”, segno di pace e di speranza per la Chiesa e la società, riproposta dal Papa all’Angelus domenicale. La vicinanza di Giovanni Paolo II ai malati di lebbra e il tradizionale incontro con i ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma nell’ultima domenica di gennaio.

 

 L’impegno di tutti i cristiani per la pace e l’importanza dell’”ecumenismo spirituale” per il cammino verso la piena comunione: temi richiamati dal Pontefice ieri pomeriggio alla celebrazione dei Vespri in San Paolo fuori le Mura, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

 

La difficile situazione dei cristiani in Terra Santa, esaminata in Vaticano dalla Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali: intervista con il nunzio Pietro Sambi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 Oltre un milione di persone a Manila, per la conclusione del IV Incontro mondiale delle Famiglie.

 

Iniziative di solidarietà nelle piazze italiane, per la 50.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra. Anche una tournée dell’Accademia indiana di danzatori non vedenti: con noi, Sharada Natarajan.

 

L’estremo saluto dell’Italia a Giovanni Agnelli. Una folla commossa ai funerali, celebrati nel duomo di Torino dal cardinale Severino Poletto, presenti le più alte cariche dello Stato.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il contributo dei gesuiti nel campo educativo, elogiato in India dal presidente Abdul Kalam. Occasione, il VI Congresso mondiale degli ex alunni delle scuole gesuite a Calcutta.

 

Nuova esplosione di violenza in Medio Oriente tra israeliani e palestinesi.

 

I religiosi australiani esprimono solidarietà alla popolazione di Canberra pergli incendi che hanno devastato la città.

 

Nella crisi tra Stati Uniti e Iraq, le diplomazie mondiali continuano a tessere il filo del dialogo. In tutto il mondo cresce il movimento per la pace.

 

Ingenti danni causati dal maltempo nell’Italia centro-meridionale

 

 

  IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 gennaio 2003

 

 

LA “BUONA NOTIZIA” DELLA “FAMIGLIA CRISTIANA”, SEGNO DI PACE E DI SPERANZA, RIPROPOSTA DAL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE. LA VICINANZA DI GIOVANNI PAOLO II AI MALATI DI LEBBRA

E IL TRADIZIONALE INCONTRO CON I RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA DI ROMA NELL’ULTIMA DOMENICA DI GENNAIO

 

(A cura di Paolo Salvo)

 

Al quarto Incontro Mondiale delle Famiglie, appena conclusosi a Manila con la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Alfonso López Trujillo in qualità di Legato pontificio, Giovanni Paolo II ha dedicato il discorso dell’Angelus domenicale, commentando con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro questo “importante evento ecclesiale”.

 

In un clima reso particolarmente vivace e festoso dalla presenza dei ragazzi di Azione Cattolica, il Papa ha definito “molto significativo” il tema dell’Incontro di Manila, “La famiglia cristiana: una buona novella per il terzo millennio”.

 

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Sì! L’unione fedele e feconda dell’uomo e della donna, benedetta dalla grazia di Cristo, costituisce un autentico Vangelo di vita e di speranza per l’umanità.

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E’ il “lieto messaggio” che insieme a tante famiglie filippine hanno proclamato a Manila le migliaia di famiglie di ogni razza e nazione, rinnovando “l’impegno di essere protagoniste della nuova evangelizzazione”. Con l’Esortazione apostolica Familiaris consortio, ha quindi ribadito che “l’avvenire della società passa attraverso la famiglia”:

 

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Si tratta di un’affermazione quanto mai attuale. Ma di quale famiglia si tratta? Non certamente di quella inautentica basata sugli egoismi individuali. L’esperienza dimostra che tale ‘caricatura’ della famiglia non ha futuro e non può dare futuro ad alcuna società.

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Parole chiare e forti, per sottolineare che la famiglia, invece, è “buona notizia” quando accoglie la “perenne vocazione” che “Dio ha posto all’inizio dell’umanità”, quel “progetto originario di vita” che “è condiviso, grazie a Dio, anche da tanti coniugi non cristiani”.

 

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La famiglia appare così ai nostri giorni via privilegiata di dialogo tra diverse religioni e culture, e quindi via di riconciliazione e di pace.

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Il Papa ha quindi affidato a Maria anche il prossimo appuntamento mondiale delle famiglie, che si terrà nel 2006 a Valencia, in Spagna, e ha invitato a pregare perché “ogni famiglia, quale autentica ‘chiesa domestica’ e ‘buona novella’ d’amore e di vita, sia segno di speranza per la comunità ecclesiale e per il mondo intero”.

 

Dopo la preghiera mariana, Giovanni Paolo II ha ricordato l’odierna Giornata mondiale dei malati di lebbra, che coincide quest’anno con il centenario della nascita del suo celebre iniziatore, Raoul Follereau, “il cui nome – ha detto – è per sempre legato alla lotta contro la lebbra, la povertà e l’emarginazione”.

 

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Quanto è attuale il suo appello, che invita a destinare risorse non agli arsenali bellici, ma a combattere  la miseria e le malattie! Sono vicino ai fratelli e alle sorelle che purtroppo  ancora soffrono a causa del morbo di Hansen, e incoraggio a moltiplicare gli sforzi per debellarlo, sia sul piano sanitario che su quello sociale.

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Al termine, come ogni ultima domenica di gennaio, un bambino e una bambina hanno affiancato il Papa alla finestra del suo appartamento nel tradizionale gesto di pace, liberando due colombe bianche verso Piazza San Pietro, gremita di ragazzi dell’Azione Cattolica con le loro famiglie. Presenti in piazza il cardinale vicario, Camillo Ruini, e la presidente dell’Azione Cattolica, Paola Bignardi, mentre un’altra ragazzina, davanti a un microfono, ha letto un affettuoso messaggio a Giovanni Paolo II, che ha risposto gridando loro: “Vi voglio bene!”.

 

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Vi dico “grazie” e auguro un buon cammino a voi e alla grande famiglidell’Azione Cattolica di Roma.

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L’IMPEGNO DEI CRISTIANI “PER SERVIRE LA PACE” E PROMUOVERE “L’ECUMENISMO SPIRITUALE” RICHIAMATO DAL PAPA  IERI POMERIGGIO, NEL CORSO DELLA ELEBRAZIONE

DEI SECONDI VESPRI DELLA SOLENNITA’ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO,

A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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“Come cristiani, uniamo i nostri sforzi per servire la pace e la riconciliazione, la giustizia e la solidarietà. Specialmente al fianco dei poveri e degli ultimi della terra”. Così Giovanni Paolo II ieri pomeriggio, durante la celebrazione dei Secondi Vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Presenti esponenti delle varie Chiese e comunità cristiane. Ricordando la Giornata di preghiera per la pace nel mondo, svoltasi un anno fa ad Assisi, il Pontefice ha ribadito come “il tema della pace” permanga “urgente più che mai, interpellando in modo particolare i discepoli di Cristo, Principe della Pace. Il Papa ha poi menzionato i “tanti e abbondanti doni” che Dio ha profuso sul cammino dell’ecumenismo negli ultimi mesi: la visita a Roma di una delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia; la firma con il Patriarca Ecumenico  Bartolomeo I della Dichiarazione comune sulla salvaguardia del creato. E poi ancora l’incontro con il Patriarca Maxim in Bulgaria e quelli con l’Arcivescovo di Canterbury George Carey, e il Patriarca Teoctist di Romania in Vaticano.

 

Nella solennità della conversione di San Paolo apostolo, che conclude in modo significativo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordando che non c’è vero ecumenismo senza conversione, il Pontefice non ha mancato di “riconoscere con realismo le difficoltà, i problemi e le delusioni” che tuttora gli uomini “uniti dall’unico Battesimo nel Signore Gesù Cristo”, incontrano. “Succede di avvertire a volte”, ha spiegato il Santo Padre, “una certa stanchezza, una carenza di fervore, mentre resta vivo il dolore di non poter ancora condividere  la mensa eucaristica”. Citando il tema della settimana appena trascorsa, tratto dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, “Un tesoro in vasi di creta”,  che descrive nel contempo  la grandezza del ministero degli apostoli e la debolezza insita nell’uomo, il Papa ha commentato:

 

 A tutti i cristiani, è chiesto di proseguire nel pellegrinaggio terreno senza lasciarsi sopraffare dalle difficoltà e dalle afflizioni, con la certezza di poter superare ogni ostacolo grazie all'aiuto e alla potenza che viene dall'Alto”.

 

Una “potenza dall’Alto” che sottolinea l’importanza dell’ “ecumenismo spirituale, anima di tutto il movimento ecumenico”. Aspetto quest’ultimo che non sminuisce l’importanza dei frutti arrecati negli ultimi decenni dal dialogo teologico, ma che sottolinea come “soltanto nello Spirito Santo” sia possibile recepire la verità del Vangelo. “L’ecumenismo spirituale si realizza in primo luogo per mezzo della preghiera comune” ed “apre gli occhi e i cuori alla comprensione della verità rivelata, rendendoci capaci di riconoscerla e di accoglierla anche grazie  alle argomentazioni degli altri cristiani”. A tale proposito Giovanni Paolo II ha evidenziato la singolarità del ruolo svolto dalle comunità di vita consacrata e dai movimenti spirituali, sorti recentemente, “nel favorire l’incontro con le antiche Chiese d’oriente, improntate allo spirito monastico”. Per non dimenticare poi quei casi di scambio arricchente in cui ecclesiastici di altre Chiese frequentano le università cattoliche.

 

Il Pontefice ha espresso infine l’auspicio che “la spiritualità della comunione” cresca sempre più”, infondendo in ogni uomo quella “capacità  di sentire il fratello di fede, nell’unità del Corpo mistico, come uno che mi appartiene, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze”

 

“Ci sia dato di vedere ciò che di positivo c'è nell'altro. Proseguiamo con coraggio e pazienza su questo cammino, confidando nella potenza dello Spirito! Non spetta a noi fissare i tempi e le scadenze; ci basta la promessa del Signore!”

 

E’ significativo che la Basilica di San Paolo fuori le Mura è il luogo dove oltre cinquant’anni fa, Giovanni XXIII annunciò di voler convocare un Concilio ecumenico per la Chiesa universale, evento carico di rilevanza per il cammino dei cristiani verso la piena unità.

 

 

 

LA TERRA SANTA AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA DELLA ROACO

NEI GIORNI SCORSI IN VATICANO:

CON NOI, L’ARCIVESCOVO PIETRO SAMBI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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Il nunzio apostolico in Israele, l’arcivescovo Pietro Sambi, si è fatto interprete della non facile, anzi preoccupante situazione che si vive nella terra dove ha avuto origine il cristianesimo, la terra di Gesù, la Terra Santa. La Roaco, organismo costituito in seno alla Congregazione per le Chiese orientali, è la Riunione delle opere di assistenza alle Chiese orientali: si preoccupa di aiutare soprattutto finanziariamente le comunità cristiane in difficoltà nel Vicino e Medio Oriente, Africa compresa. Lo ha fatto anche nell’assemblea semestrale di questi giorni (l’altra si tiene a giugno), occupandosi anche della tragica situazione causata in Etiopia ed Eritrea dalla siccità, con la carestia che ne è seguita.

 

Prima che rientrasse in Israele, abbiamo chiesto all’arcivescovo Pietro Sambi un parere sulla situazione in Terra Santa:

 

R. – In ogni situazione, per triste e dolorosa che sia, dobbiamo sempre essere un seme di speranza. C’è differenza tra ‘ottimismo’ e ‘speranza’. L’ottimismo è basato sul temperamento, la speranza è basata sulla fede, sull’amore ed è a partire da questa fede, da questo amore che anche nella situazione più difficile dobbiamo continuare a lavorare, a parlare in modo tale da creare la convinzione che l’uomo è più grande dei suoi problemi, che Dio è più grande dell’uomo. La via percorsa, quella della violenza, è una via sbagliata.

 

D. – In ogni caso, eccellenza, quindi, la situazione è difficile?

 

R. – La situazione è estremamente difficile, specialmente nella vita quotidiana. E’ una situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti. E’ una situazione dalla quale non solo la pace è scomparsa dall’orizzonte, ma è scomparso anche l’orizzonte. E’ una situazione dove non c’è più verità. Ciascuna parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte. Occorre diventare veri. Papa Giovanni ha posto quattro pilastri alla base della pace. Il primo è la verità, il secondo è la giustizia, il terzo è l’amore e il quarto è la libertà.

 

D. – E intanto, i cristiani continuano a lasciare la Terra Santa ...

 

R. – Vorrei porre l’accento non sui cristiani che lasciano, ma su quelli che coraggiosamente, quali che siano le circostanze, hanno deciso di restare. Certo, bisogna essere oggettivi, vedere il problema; ma bisogna essere attenti anche a non produrre effetti negativi. A forza di parlare dei cristiani che partono, non incoraggiare i cristiani a partire: bisogna apprezzare i cristiani che restano e che hanno deciso di restare.

 

D. – Bisogna in qualche modo venire in loro aiuto. Come?

 

R. – Bisogna venire in loro aiuto in molti modi. Ho già più volte detto che farsi vedere, il pellegrinaggio è un aiuto a chi lo fa – il pellegrinaggio – ma è anche un aiuto ai cristiani che vedono che i fratelli nella fede si fanno presenti.

 

D. – Ma c’è una situazione di rischio, di pericolo oggettivo per chi viene in Terra Santa oggi?

 

R. – Non c’è stato nessun pellegrino martire. C’è una maniera di dare le informazioni che è un po’ terroristico. Da Natale ad oggi ho ricevuto diversi gruppi di pellegrini, non grandi gruppi, ma numerosi gruppi. Nessuno di loro ha avuto alcun problema, hanno potuto fare il pellegrinaggio con grande arricchimento spirituale e anche essendo di grande utilità alla Chiesa locale, ai cristiani del posto. E’ una esagerazione, questa paura. I posti di conflitto sono noti. Non sono i posti dove passano i pellegrini.

 

D. – A questa situazione si uniscono le preoccupazioni per un’eventuale guerra all’Iraq: penso che in Terra Santa questa preoccupazione sia viva ...

 

R. – E’ viva non solo in Terra Santa. Una guerra non è una barzelletta. Nessuno è in grado di calcolare il costo umano di una guerra. Nessuno è in grado di controllare le conseguenze di una guerra. Non si fa una guerra se non in caso di estrema necessità ed esauriti tutti gli altri mezzi; in ogni caso, una guerra è sempre una sconfitta per l’umanità.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 gennaio 2003

 

 

SI E’ CONCLUSA CON UNA SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IL QUARTO INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE. NEL CENTRO DI MANILA

 OLTRE UN MILIONE DI PERSONE

 

Per il quinto giorno consecutivo il Luneta Park di Manila – lo stesso che ospitò nel 1995 la Giornata Mondiale della Gioventù – ha fatto da sfondo al quarto Incontro Mondiale delle Famiglie, quest’anno incentrato sul tema: “La famiglia cristiana: una buona novella per il Terzo Millennio”. Un milione di persone, oltre ai delegati provenienti da 75 Paesi, questa mattina hanno assistito alla solenne concelebrazione eucaristica che ha concluso il grande evento. Ce ne parla Gianfranco Grieco:

 

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         “Alla società del XXI secolo la Chiesa ha ancora una parola decisiva da dire in tema di famiglia ed anche un modello da offrire”. E’ quanto ha ribadito il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e Legato del Papa al IV Incontro mondiale durante la solenne concelebrazione eucaristica conclusasi qualche ora fa al Luneta Park.

 

         Manila si è fermata per un giorno e con la megalopoli filippina si sono fermate anche le altre città, i paesi ed i villaggi dell’immenso arcipelago, per vivere  insieme un evento che segnerà il futuro cammino della famiglia cristiana in Asia.

 

         Solenne e composta la celebrazione alla quale hanno partecipato oltre 1 milione di persone. Per felice coincidenza la giornata che ha concluso l’Incontro mondiale cadeva proprio nel giorno della festa del Santo Niño di Cebù, città a sud del Paese che onora il Divino Bambino dal 1575. A Cebù vi è anche un santuario dedicato al Santo Niño e sono milioni e milioni i fedeli che ogni anno si fanno pellegrini per ricevere grazie ed invocare il dono della riconciliazione e della pace.

 

         Con il cardinale Legato pontificio hanno concelebrato i cardinali Sin, Vidal, Macharski, Etsu, Shan Kuo-hsi, il nunzio apostolico nelle Filippine, mons. Franco, 245 tra arcivescovi e vescovi e 360 sacerdoti.

 

         Le cinque giornate di Manila, dedicate al tema “La famiglia cristiana: una buona novella per il Terzo Millennio” apriranno indubbiamente nuovi orizzonti di evangelizzazione non solo alla Chiesa filippina ma anche a tutte le comunità cattoliche cristiane del continente asiatico.

 

         Da Manila, per la Radio Vaticana, Gianfranco Grieco.

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Per conoscere concretamente l’esperienza vissuta dalle famiglie che hanno partecipano all’incontro mondiale, Fausta Speranza ha raccolto la testimonianza di Alberto Friso che si trova a Manila con sua moglie Anna:

 

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R. – Queste giornate mondali, a cui noi abbiamo già avuto la possibilità di partecipare precedentemente, rappresentano per tutti noi una svolta; abbiamo la sensazione di partecipare in prima persona a momenti in cui si fonda una cultura nuova. Noi sentiamo di doverci aprire e doverci mettere in gioco sia con i nostri figli, partecipando alla natura dei giovani per farli crescere bene oggi, quanto con il quartiere nel quale abitiamo, perché la famiglia deve farsi promotrice lei stessa di iniziative anche di politica sociale del luogo. E tutto questo ci pare sia frutto proprio della spinta che viene dalla Chiesa: oggi la Chiesa non ci dà solo consigli morali, sul comportamento. La Chiesa ci dice di aprire il cuore e di offrire le braccia a tutti i nostri fratelli, anche come famiglia.

 

D. – Secondo lei, qual è la risorsa più preziosa che si trova all’interno della famiglia?

 

R. – Quando due persone si vogliono un po’ di bene, capiscono che nell’amore fra loro due, nell’essere dono l’uno per l’altro, si rivoluzionano non solo le loro persone ma si diventa anche promotori di una rivoluzione sociale. Questo penso che sia l’amore che viene da Dio scoperto nel rapporto tra un uomo e una donna.

 

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ULTIMO SALUTO DELL’ITALIA A GIOVANNI AGNELLI. UNA FOLLA COMMOSSA

SI E’ STRETTA ATTORNO ALLA FAMIGLIA PIEMONTESE PER RENDERE OMAGGIO

AL CELEBRE INDUSTRIALE. AI FUNERALI, CELEBRATI NEL DUOMO DI TORINO

DAL CARDINALE SEVERINO POLETTO, LE PIU’ ALTE CARICHE DELLO STATO,

OLTRE AD UNA FOLLA DI 50 MILA PERSONE.

 

- A cura di Fabrizio Accatino -

 

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         Più di 50mila persone stipate davanti al sagrato e all’interno del Duomo di Torino hanno salutato per l’ultima volta il senatore a vita Giovanni Agnelli. 50 mila persone che hanno atteso in silenzio assoluto l’arrivo della bara, poi un applauso misurato ma lunghissimo, quando il carro funebre è sbucato da Via XX settembre fermandosi a breve distanza dal picchetto d’onore. Dentro tutte le più alte cariche cittadine e nazionali, con i presidenti della Repubblica, del Consiglio, delle Camere e poi i rappresentanti della politica, dell’industria,dell’impresa, oltre a migliaia e migliaia di comuni cittadini. Piazza San Giovanni non ha potuto accogliere tutti coloro che avrebbero voluto dire addio al loro concittadino più illustre.

 

         Dalle 9 di ieri alle 5.30 di questa mattina erano stati più di 100 mila coloro che avevano imboccato la scala elicoidale del Lingotto ed erano sfilati davanti alla camera ardente. A tutti, uno per uno, la famiglia ha sorriso, ha riservato una frase, ha stretto le mani.

 

         L’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, che ha concelebrato la funzione ha ricordato nell’omelia la figura dell’Avvocato. Poletto ha voluto sottolineare e rendere pubblica la fede di Giovanni Agnelli; lo ha additato come esempio per un’epoca come la nostra, in cui i potenti spesso sembrano vivere con l’illusione di bastare a se stessi. E ha sottolineato come molti abbiano parlato di cosa è stato l’Avvocato, ma pochi si siano fermati a riflettere su cosa è adesso:

 

         “Dov’è ora l’Avvocato? Che ne è di lui? E’ tutto finito con la sua morte? E’ sparito nel nulla? La mia risposta è che tutti siamo creati per l’incontro con Dio nella vita eterna”.

 

         Poi, dopo la funzione, Giovanni Agnelli è tornato alla sua terra. Il feretro è stato tumulato nella cappella di famiglia, a Vilar Perosa, nel silenzio dal sapore antico della Val Chisone.

 

         Da Torino, Fabrizio Accatino, per la Radio Vaticana.

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LA SOLIDARIETA’ SCENDE NELLE PIAZZE PER LA 50.MA GIORNATA MONDIALE 
DEI MALATI DI LEBBRA. I VOLONTARI AIFO OFFIRANNO MIELE PER RACCOGLIERE FONDI DESTINATI ALLA CURA DEGLI HANSENIANI. IN GIRO PER L’ITALIA ANCHE UNA TOURNEE DELL’ACCADEMIA INDIANA
 DI DANZATORI NON VEDENTI
 
- Servizio di Dorotea Gambardella -
 
            La lebbra si può vincere ma occorre agire sulle cause della povertà e del sottosviluppo. Questo il monito lanciato oggi dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau per la 50.ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra. In occasione di questa iniziativa di solidarietà, i volontari AIFO saranno in centinaia di piazze italiane per offrire il miele della solidarietà e per raccogliere fondi destinati alla cura dei malati di lebbra. In questi gironi è, inoltre, in corso la tournée “Danze di Luce” dell'Accademia indiana di danzatori non vedenti “Shree Ramana Maharishi”. Lo spettacolo, in scena in diversi teatri italiani fino al 1° febbraio, prevede danze che rievocano antichi riti di lode e ringraziamenti con complessi movimenti e l’uso di candele e fiori. Il repertorio contiene anche brevi danze popolari eseguite per festeggiare la fine dei raccolti nei villaggi dello Stato indiano del Karnataka. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Promossa dall’Aifo (Associazione italiana amici di Raoul Follereau), un organismo impegnato in India nella lotta alla lebbra e per il reinserimento sociale delle persone con disabilità, la tournee dei ballerini non vedenti “Danze di luce”, per la prima volta in Italia, sta riscuotendo un enorme successo.

 

Attraverso l’universale linguaggio dell’arte, questi giovani danzatori veicolano un forte messaggio di riscatto sociale: la luce spenta per sempre nei loro occhi si riaccende attraverso la danza, per affermare che non esistono persone con disabilità, ma persone con abilità differenti. L’Accademia, dove questi ragazzi vengono formati, è la “Shree Ramana Maharishi”. Nata nel 1969, come scuola per portatori di handicap visivi, dall’unico allievo nazionale oggi offre servizi a 8.500 persone, attraverso una decina di progetti nell’ambito della sanità, dell’istruzione e della riabilitazione socio-economica. In un’incessante lotta contro le barriere socio-culturali del pregiudizio, l’Accademia vuole fornire alle persone più svantaggiate l’opportunità di reintegrarsi nel tessuto sociale, puntando sulla promozione della loro autostima. In virtù della propria inclinazione culturale, l’Istituto si dedica anche al potenziamento e alla diffusione delle attività culturali indiane. Nel 1973 sono introdotte discipline quali musica cantata, musica strumentale, Bharathanatyam (un tipo di danza classica indiana) e danza folk. Ma qual è il metodo d’insegnamento? Lo abbiamo chiesto a uno dei maestri dell’Accademia, Sharada Natarajan.

 

R. - WE TEACH SPECIAL TECHNICS ...

Ci serviamo di una tecnica d’insegnamento molto particolare, che si chiama “Tocca e senti”. Infatti per imparare i passi base, gli studenti devono toccare l’insegnante in ogni istante in cui danza e poi imitarlo. Una volta appresi i movimenti basilari, per noi diventa molto semplice insegnare loro il resto, senza bisogno di essere toccati.

 

D. - Che tipo di musica avete scelto per questo spettacolo?

 

R. -  A DANCE CALLED …

Un genere di danza tipicamente indiano - detta Bharathanatyam - che mantiene viva la caratteristica di essere una forma di espressione spirituale che le deriva dallo stretto legame con il rito e la religione.

 

D. - Che significato ha danzare per questi ragazzi?

 

R. - THEY LIKE DANCE CLEARLY VERY MUCH …

Questi ragazzi adorano la danza, specialmente quella classica, che in India affonda le radici in tradizioni molto antiche. Tuttavia nel nostro Istituto, imparano anche a ballare la musica folk. Per loro danzare ed esibirsi è un divertimento, inoltre grazie al ballo hanno la possibilità di viaggiare e di godere appieno la vita.

 

D. - Quale messaggio racchiude danze di luce?

 

R. - THE PROGRAM MEANS THAT …

Questo spettacolo è la testimonianza concreta che se si dà un’opportunità ai disabili o meglio, diversamente abili, essi possono diventare come persone normali. Inoltre racchiude un messaggio di luce, che questi ragazzi non possono vedere, eppure dai palcoscenici di tutto il mondo trasmettono la loro luce al pubblico.

 

D. - Una volta terminata la tournee italiana, dove vi esibirete?

 

R. -  WE MAY HAVE TO GO TO UK ...

Probabilmente andremo in Gran Bretagna, dove si sta mettendo a punto uno spettacolo, ma il tutto è ancora da vedersi.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

26 gennaio 2003

 

 

 

PAROLE DI ELOGIO NEI CONFRONTI DEI GESUITI SONO STATE ESPRESSE DAL PRESIDENTE INDIANO ABDUL KALAM PER IL LORO ECCEZIONALE CONTRIBUTO NEL CAMPO DELL’EDUCAZIONE. OCCASIONE E’ STATO

IL VI CONGRESSO MONDIALE

DEGLI EX ALUNNI DELLE SCUOLE GESUITE.

 

CALCUTTA. = Un ”eccezionale contributo” nel campo dell’educazione non solo in India, ma in tutto il mondo. “Se questo deve diventare un Paese sviluppato entro 2020, il ruolo dei gesuiti sarà cruciale per creare un sistema educativo adeguato fondato sui valori”. Sono le parole di elogio espresse nei confronti dei gesuiti dal presidente indiano Abdul Kalam, intervenuto pochi giorni fa all’apertura a Calcutta del VI Congresso mondiale degli ex alunni delle scuole gesuite. Il grande incontro, intitolato "Summit della gioia" e svoltosi dal 21 al 24 gennaio, ha visto la partecipazione di circa 700 ex allievi, cristiani e non, provenienti da Australia, Americhe, Europa e Asia. I delegati hanno discusso del ruolo degli ex alunni gesuiti quali promotori di giustizia, pace, solidarietà e cambiamenti sociali. I dibattiti sono stati dedicati, in particolare, alla promozione umana in rapporto all’educazione, l’impresa, l'ambiente e la promozione della donna. Il presidente Kalam, un musulmano, è stato invitato ad intervenire nella sua qualità di ex allievo di un collegio gesuita nel Tamil Nadu. La sua partecipazione all’incontro, come è noto, è stata fortemente osteggiata da un’organizzazione fondamentalista indù, la RSS, secondo la quale la sua presenza sarebbe stata un via libera alla legittimazione delle attività dei gesuiti e delle organizzazioni cattoliche in India. (S.S.)

 

NUOVA ESCALATION DI VIOLENZA IN MEDIO ORIENTE. UNA OPERAZIONE DELL’ESERCITO ISRAELIANO PROVOCA NELLA NOTTE 12 MORTI A GAZA. IMMEDIATA LA RISPOSTA PALESTINESE: UN ORDIGNO CARICATO SU UN ASINELLO ESPLODE NEI PRESSI DI BETLEMME. INTANTO TUTTI I VALICHI DI TRANSITO TRA I TERRITORI E ISRAELE DA OGGI SARANNO CHIUSI PER GARANTIRE LA SICUREZZA SULLE ELEZIONI DI MARTEDI’.

 

-          A cura di Graziano Motta –

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GERUSALEMME. = Tensione militare nei Territori. La scorsa notte Gaza è stata al centro di un’importante incursione israeliana, mentre un’altra operazione è tuttora in corso nel nord, a Beit Hanun; entrambe potrebbero portare alla rioccupazione dell’intero territorio. Stamane infatti alla riunione del governo, il ministro della Difesa Shaul Mofaz ha riferito che l’esercito prevede di assumere il controllo totale della Striscia. Ipotesi che ha, però, suscitato una reazione negativa della sinistra e dei laburisti in particolare, che denunciano il rischio di pesanti perdite di soldati. Già la notte scorsa un’incursione di reparti di fanteria, appoggiati da elicotteri da combattimento in un quartiere popolato di Gaza città ha incontrato una fortissima reazione dei palestinesi, armati anche di razzi anticarro e bombe incendiarie, ma che hanno subito perdite pesanti: almeno 12 morti e più di 50 feriti, 8 dei quali sono in gravi condizioni. Il comando israeliano nel comunicare  la fine dell’operazione ha sostenuto che ha portato alla distruzione di un centinaio di officine, ove si custodivano missili del tipo Kassem, lanciati ieri e anche questa mattina contro il territorio dello Stato ebraico, razzi anticarro e obici di mortaio. E’ stata distrutta anche l’abitazione di un capo di Hamas, il movimento fondamentalista che ha preannunciato vendetta. Tra gli altri episodi bellici della mattinata l’esplosione di un asino imbottito di dinamite presso un posto militare nell’area di Betlemme. La deflagrazione ha danneggiato un veicolo e un autobus, ma non ha causato vittime. Intanto da oggi è stato imposto il blocco totale dei territori palestinesi, in concomitanza con le elezioni politiche di martedì. L’ordine impartito dallo Stato maggiore israeliano è di accerchiare tutte le località palestinesi, da dove potrebbero muoversi attivisti della rivolta.

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SUOR BERNADETTE KEATING, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DEI RELIGIOSI AUSTRALIANI, HA ESPRESSO SOLIDARIETA’ ALLA POPOLAZIONE DI CANBERRA PER GLI INCENDI CHE NEGLI ULTIMI GIORNI HANNO DEVASTATO NUMEROSE ABITAZIONI DELLA CITTA’.

 

CANBERRA. = “Solidarietà” con la popolazione di Canberra “in questo momento di grandi necessità” è stata espressa da suor Bernadette Keating, presidente della Conferenza dei Religiosi australiani.  Negli ultimi giorni i dintorni della città di Canberra sono stati interessati da un devastante incendio che ha coinvolto anche una parte della zona urbana. L’arcivescovo della città, mons. Carroll, è intervenuto per chiedere ai cattolici e a tutti i cittadini di buona volontà di adoperarsi per alleviare la sofferenza della parte della popolazione più duramente colpita dal disastro.  La Conferenza dei Religiosi sottolinea di sentirsi “vicina ai senza casa e a coloro che nel disastro hanno perduto i loro averi”. In un comunicato, suor Keating evidenzia che “le nostre preghiere vanno a tutti coloro che sono stati colpiti”. “Preghiamo – aggiunge – che abbiano conforto e che possano avere il sostegno necessario a ricominciare di nuovo a vivere”.  Un encomio va poi alla “professionalità” e “agli atti individuali di bravura” dei vigili del fuoco e di tutti i volontari che si sono prodigati per spegnere l’incendio.

 

 

SEMPRE INCANDESCENTE LA CRISI TRA STATI UNITI E IRAQ, MENTRE LE DIPLOMAZIE MONDIALI CONTINUANO A TESSERE IL FILO DEL DIALOGO. DA DAVOS COLIN POWELL ANNUNCIA DI AVERE 12 PAESI ALLEATI NELLA POSSIBILE GUERRA CONTRO SADDAM. MA IN TUTTO IL MONDO CRESCE IL MOVIMENTO PACIFISTA.

 

BAGHDAD. = Se da una parte i venti di guerra tra Stati Uniti e Iraq spirano sempre più forti, dall’altra le diplomazie di mezzo mondo continuano a lavorare senza sosta per dirottare su un dialogo di pace l’intricata vicenda. Il tutto su uno sfondo fatto di manifestazioni pacifiste oceaniche che in vari Paesi, Stati Uniti e Gran Bretagna in testa, esprimono il dissenso popolare nei confronti di una guerra ritenuta “inutile ed ingiustificata”. In Gran Bretagna, ad esempio, secondo un sondaggio pubblicato oggi dal Sunday Times solo il 26 per cento della popolazione ritiene che Saddam Hussein costituisca un pericolo tale da giustificare un’operazione bellica. Una netta maggioranza, invece, pari al 68 per cento, ritiene che il premier Blair non abbia ancora spiegato in modo efficace il perché di questa guerra. La risposta a questa diffidenza è giunta proprio stamane dallo stesso primo ministro, il quale ha voluto, in un certo senso, mettere i freni ad una macchina bellica lanciata già ad altissima velocità.  Blair ha infatti detto che bisogna dare agli ispettori “il tempo necessario” per verificare se Saddam Hussein cooperi. Un tempo, però, che deve rientrare nell’arco temporale di “settimane, e non di mesi”. Sul fronte statunitense, invece, al freno si preferisce l’acceleratore; da Davos, dove ha partecipato al Forum Economico Mondiale, il segretario di Stato americano Colin Powell ha tuonato: “ci sono già almeno 12  Paesi pronti a scendere sul campo di battaglia a fianco degli  Stati Uniti se Washington deciderà alla fine di fare guerra all'Iraq. Il capo della diplomazia statunitense ha inoltre dato scarso peso ad una proposta svizzera di ospitare un negoziato da “ultima  chance” per evitare la guerra con Baghdad. Intanto le ultime notizie provenienti dal regime del Rais non aiutano a riportare il tutto verso la strada della pace: tre scienziati iracheni che hanno lavorato con i programmi di sviluppo di armamenti non hanno voluto rispondere alle domande degli ispettori dell'Onu in assenza di funzionari iracheni. Proseguono, nel frattempo, i raid anglo-americani nelle no-fly zone; quello di ieri -il 13.esimo dall'inizio dell'anno, il secondo in meno di 24 ore - ha avuto come obiettivo un sito militare che si trova nei pressi di Tallil, nella zona di non volo meridionale, 300 chilometri a sud dalla capitale.(S.S.)

 

 

48 ORE DI PIOGGIA E L’ITALIA CENTRO-MERIDIONALE RESTA ISOLATA.

MIGLIAIA LE PERSONE EVACUATE A CAUSA DELLO STRARIPAMENTO DI NUMEROSI CORSI D’ACQUA. I DANNI MAGGIORI IN MOLISE, ABRUZZO, PUGLIA E NELLA ZONA DEL SANNIO.

 

ROMA. = Italia centro-meridionale in ginocchio a causa delle piogge cadute ininterrottamente per 48 ore. Il bilancio è pesantissimo: frane, allagamenti, strade e linee ferroviarie interrotte. Complessivamente migliaia di persone sono rimaste isolate, altrettante sono state evacuate a causa dello straripamento di numerosi corsi d’acqua. Il maltempo ha causato anche un morto: il sindaco di Torino di Sangro travolto da un treno mentre ispezionava i binari. La situazione è particolarmente critica in Molise, Abruzzo,  Puglia e nel Sannio. Lo stesso ministro Pisanu ha seguito costantemente l'evolversi della situazione tramite il Centro operativo del Dipartimento dei vigili del fuoco; 450 i pompieri in azione con mezzi anfibi, tre squadre di sommozzatori e quattro elicotteri. Disagi anche nelle comunicazioni con le Eolie e la Sardegna, dove alcune navi non hanno preso il largo per il mare forza 8\9 con raffiche di vento che hanno raggiunto i 115 km orari. L'Abruzzo intende chiedere domani lo stato di calamità naturale così come il Molise. In Campania, la zona del Sannio è quasi completamente sott’acqua per lo straripamento del fiume Calore: decine di famiglie sono state evacuate dopo l'allagamento delle campagne. Salvati in extremis due cacciatori e, nel Matese, quattro famiglie di turisti bloccate da una bufera di neve. Allagamenti si registrano anche in Basilicata. (S.S.)

 

 

 

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