RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 26 - Testo della
Trasmissione di domenica 26 gennaio 2003
IL PAPA
E LA SANTA SEDE:
OGGI IN
PRIMO PIANO:
Oltre un milione di persone a Manila, per la conclusione del IV
Incontro mondiale delle Famiglie.
CHIESA E SOCIETA’:
Nuova esplosione di violenza in Medio
Oriente tra israeliani e palestinesi.
Ingenti danni causati dal maltempo
nell’Italia centro-meridionale
26
gennaio 2003
LA “BUONA NOTIZIA” DELLA “FAMIGLIA CRISTIANA”,
SEGNO DI PACE E DI SPERANZA, RIPROPOSTA DAL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE. LA VICINANZA
DI GIOVANNI PAOLO II AI MALATI DI LEBBRA
E IL TRADIZIONALE INCONTRO CON I RAGAZZI DELL’AZIONE
CATTOLICA DI ROMA NELL’ULTIMA DOMENICA DI GENNAIO
(A cura di Paolo Salvo)
Al quarto Incontro Mondiale
delle Famiglie, appena conclusosi a Manila con la solenne concelebrazione
eucaristica presieduta dal cardinale Alfonso López Trujillo in qualità di
Legato pontificio, Giovanni Paolo II ha dedicato il discorso dell’Angelus
domenicale, commentando con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro questo
“importante evento ecclesiale”.
In un
clima reso particolarmente vivace e festoso dalla presenza dei ragazzi di
Azione Cattolica, il Papa ha definito “molto significativo” il tema
dell’Incontro di Manila, “La famiglia cristiana: una buona novella per il terzo
millennio”.
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Sì!
L’unione fedele e feconda dell’uomo e della donna, benedetta dalla grazia di
Cristo, costituisce un autentico Vangelo di vita e di speranza per l’umanità.
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E’ il
“lieto messaggio” che insieme a tante famiglie filippine hanno proclamato a
Manila le migliaia di famiglie di ogni razza e nazione, rinnovando “l’impegno
di essere protagoniste della nuova evangelizzazione”. Con l’Esortazione
apostolica Familiaris consortio, ha quindi ribadito che “l’avvenire della società passa
attraverso la famiglia”:
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Si
tratta di un’affermazione quanto mai attuale. Ma di quale famiglia si tratta?
Non certamente di quella inautentica basata sugli egoismi individuali.
L’esperienza dimostra che tale ‘caricatura’ della famiglia non ha futuro e non
può dare futuro ad alcuna società.
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Parole
chiare e forti, per sottolineare che la famiglia, invece, è “buona notizia”
quando accoglie la “perenne vocazione” che “Dio ha posto all’inizio
dell’umanità”, quel “progetto originario di vita” che “è condiviso, grazie a
Dio, anche da tanti coniugi non cristiani”.
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La
famiglia appare così ai nostri giorni via privilegiata di dialogo tra diverse religioni
e culture, e quindi via di riconciliazione e di pace.
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Il Papa
ha quindi affidato a Maria anche il prossimo appuntamento mondiale delle
famiglie, che si terrà nel 2006 a Valencia, in Spagna, e ha invitato a pregare
perché “ogni famiglia, quale autentica ‘chiesa domestica’ e ‘buona novella’
d’amore e di vita, sia segno di speranza per la comunità ecclesiale e per il
mondo intero”.
Dopo la
preghiera mariana, Giovanni Paolo II ha ricordato l’odierna Giornata mondiale
dei malati di lebbra, che coincide quest’anno con il centenario della nascita
del suo celebre iniziatore, Raoul Follereau, “il cui nome – ha detto – è per
sempre legato alla lotta contro la lebbra, la povertà e l’emarginazione”.
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Quanto è
attuale il suo appello, che invita a destinare risorse non agli arsenali
bellici, ma a combattere la miseria e
le malattie! Sono vicino ai fratelli e alle sorelle che purtroppo ancora soffrono a causa del morbo di Hansen,
e incoraggio a moltiplicare gli sforzi per debellarlo, sia sul piano sanitario
che su quello sociale.
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Al
termine, come ogni ultima domenica di gennaio, un bambino e una bambina hanno
affiancato il Papa alla finestra del suo appartamento nel tradizionale gesto di
pace, liberando due colombe bianche verso Piazza San Pietro, gremita di ragazzi
dell’Azione Cattolica con le loro famiglie. Presenti in piazza il cardinale
vicario, Camillo Ruini, e la presidente dell’Azione Cattolica, Paola Bignardi,
mentre un’altra ragazzina, davanti a un microfono, ha letto un affettuoso messaggio
a Giovanni Paolo II, che ha risposto gridando loro: “Vi voglio bene!”.
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Vi dico
“grazie” e auguro un buon cammino a voi e alla grande famiglidell’Azione
Cattolica di Roma.
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L’IMPEGNO DEI CRISTIANI “PER SERVIRE LA PACE” E
PROMUOVERE “L’ECUMENISMO SPIRITUALE” RICHIAMATO DAL PAPA IERI POMERIGGIO, NEL CORSO DELLA ELEBRAZIONE
DEI SECONDI VESPRI DELLA SOLENNITA’ DELLA
CONVERSIONE DI SAN PAOLO,
A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER
L’UNITA’ DEI CRISTIANI.
- Servizio di Paolo Ondarza -
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“Come cristiani, uniamo i nostri
sforzi per servire la pace e la riconciliazione, la giustizia e la solidarietà.
Specialmente al fianco dei poveri e degli ultimi della terra”. Così Giovanni
Paolo II ieri pomeriggio, durante la celebrazione dei Secondi Vespri a
conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani nella
Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Presenti esponenti delle varie Chiese
e comunità cristiane. Ricordando la Giornata di preghiera per la pace nel
mondo, svoltasi un anno fa ad Assisi, il Pontefice ha ribadito come “il tema
della pace” permanga “urgente più che mai, interpellando in modo particolare i
discepoli di Cristo, Principe della Pace. Il Papa ha poi menzionato i “tanti e
abbondanti doni” che Dio ha profuso sul cammino dell’ecumenismo negli ultimi
mesi: la visita a Roma di una delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia; la
firma con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo
I della Dichiarazione comune sulla salvaguardia del creato. E poi ancora
l’incontro con il Patriarca Maxim in Bulgaria e quelli con l’Arcivescovo di Canterbury
George Carey, e il Patriarca Teoctist di Romania in Vaticano.
Nella
solennità della conversione di San Paolo apostolo, che conclude in modo
significativo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ricordando
che non c’è vero ecumenismo senza conversione, il Pontefice non ha mancato di
“riconoscere con realismo le difficoltà, i problemi e le delusioni” che tuttora
gli uomini “uniti dall’unico Battesimo nel Signore Gesù Cristo”, incontrano.
“Succede di avvertire a volte”, ha spiegato il Santo Padre, “una certa
stanchezza, una carenza di fervore, mentre resta vivo il dolore di non poter ancora
condividere la mensa eucaristica”.
Citando il tema della settimana appena trascorsa, tratto dalla seconda lettera
di san Paolo ai Corinzi, “Un tesoro in vasi di creta”, che descrive nel contempo la grandezza del ministero degli apostoli e
la debolezza insita nell’uomo, il Papa ha commentato:
“A tutti i cristiani, è chiesto di proseguire nel
pellegrinaggio terreno senza lasciarsi sopraffare dalle difficoltà e dalle
afflizioni, con la certezza di poter superare ogni ostacolo grazie all'aiuto e
alla potenza che viene dall'Alto”.
Una
“potenza dall’Alto” che sottolinea l’importanza dell’ “ecumenismo spirituale, anima
di tutto il movimento ecumenico”. Aspetto quest’ultimo che non sminuisce
l’importanza dei frutti arrecati negli ultimi decenni dal dialogo teologico, ma
che sottolinea come “soltanto nello Spirito Santo” sia possibile recepire la
verità del Vangelo. “L’ecumenismo spirituale si realizza in primo luogo per
mezzo della preghiera comune” ed “apre gli occhi e i cuori alla comprensione
della verità rivelata, rendendoci capaci di riconoscerla e di accoglierla anche
grazie alle argomentazioni degli altri
cristiani”. A tale proposito Giovanni Paolo II ha evidenziato la singolarità
del ruolo svolto dalle comunità di vita consacrata e dai movimenti spirituali,
sorti recentemente, “nel favorire l’incontro con le antiche Chiese d’oriente,
improntate allo spirito monastico”. Per non dimenticare poi quei casi di
scambio arricchente in cui ecclesiastici di altre Chiese frequentano le università
cattoliche.
Il Pontefice ha espresso infine l’auspicio che “la
spiritualità della comunione” cresca sempre più”, infondendo in ogni uomo
quella “capacità di sentire il fratello
di fede, nell’unità del Corpo mistico, come uno che mi appartiene, per saper condividere
le sue gioie e le sue sofferenze”
“Ci sia dato di vedere ciò che di positivo c'è
nell'altro. Proseguiamo con coraggio e pazienza su questo cammino, confidando
nella potenza dello Spirito! Non spetta a noi fissare i tempi e le scadenze; ci
basta la promessa del Signore!”
E’
significativo che la Basilica di San Paolo fuori le Mura è il luogo dove oltre
cinquant’anni fa, Giovanni XXIII annunciò di voler convocare un Concilio ecumenico
per la Chiesa universale, evento carico di rilevanza per il cammino dei cristiani
verso la piena unità.
LA TERRA SANTA AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA DELLA
ROACO
NEI GIORNI SCORSI IN VATICANO:
CON NOI, L’ARCIVESCOVO PIETRO SAMBI
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Il
nunzio apostolico in Israele, l’arcivescovo Pietro Sambi, si è fatto interprete
della non facile, anzi preoccupante situazione che si vive nella terra dove ha
avuto origine il cristianesimo, la terra di Gesù, la Terra Santa. La Roaco,
organismo costituito in seno alla Congregazione per le Chiese orientali, è la
Riunione delle opere di assistenza alle Chiese orientali: si preoccupa di
aiutare soprattutto finanziariamente le comunità cristiane in difficoltà nel
Vicino e Medio Oriente, Africa compresa. Lo ha fatto anche nell’assemblea
semestrale di questi giorni (l’altra si tiene a giugno), occupandosi anche
della tragica situazione causata in Etiopia ed Eritrea dalla siccità, con la
carestia che ne è seguita.
Prima
che rientrasse in Israele, abbiamo chiesto all’arcivescovo Pietro Sambi un
parere sulla situazione in Terra Santa:
R. – In ogni situazione, per triste e dolorosa che sia, dobbiamo
sempre essere un seme di speranza. C’è differenza tra ‘ottimismo’ e ‘speranza’.
L’ottimismo è basato sul temperamento, la speranza è basata sulla fede,
sull’amore ed è a partire da questa fede, da questo amore che anche nella
situazione più difficile dobbiamo continuare a lavorare, a parlare in modo tale
da creare la convinzione che l’uomo è più grande dei suoi problemi, che Dio è
più grande dell’uomo. La via percorsa, quella della violenza, è una via sbagliata.
D. – In ogni caso, eccellenza, quindi, la situazione è difficile?
R. – La
situazione è estremamente difficile, specialmente nella vita quotidiana. E’ una
situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti. E’ una situazione dalla
quale non solo la pace è scomparsa dall’orizzonte, ma è scomparso anche
l’orizzonte. E’ una situazione dove non c’è più verità. Ciascuna parte si
attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte.
Occorre diventare veri. Papa Giovanni ha posto quattro pilastri alla base della
pace. Il primo è la verità, il secondo è la giustizia, il terzo è l’amore e il
quarto è la libertà.
D. – E intanto, i cristiani continuano a lasciare la Terra Santa ...
R. – Vorrei porre l’accento non sui cristiani che lasciano, ma su
quelli che coraggiosamente, quali che siano le circostanze, hanno deciso di
restare. Certo, bisogna essere oggettivi, vedere il problema; ma bisogna essere
attenti anche a non produrre effetti negativi. A forza di parlare dei cristiani
che partono, non incoraggiare i cristiani a partire: bisogna apprezzare i
cristiani che restano e che hanno deciso di restare.
D. – Bisogna in qualche modo venire in loro aiuto. Come?
R. – Bisogna venire in loro aiuto in molti modi. Ho già più volte
detto che farsi vedere, il pellegrinaggio è un aiuto a chi lo fa – il
pellegrinaggio – ma è anche un aiuto ai cristiani che vedono che i fratelli
nella fede si fanno presenti.
D. – Ma c’è una situazione di rischio, di pericolo oggettivo per chi
viene in Terra Santa oggi?
R. – Non c’è stato nessun pellegrino martire. C’è una maniera di dare
le informazioni che è un po’ terroristico. Da Natale ad oggi ho ricevuto
diversi gruppi di pellegrini, non grandi gruppi, ma numerosi gruppi. Nessuno di
loro ha avuto alcun problema, hanno potuto fare il pellegrinaggio con grande
arricchimento spirituale e anche essendo di grande utilità alla Chiesa locale,
ai cristiani del posto. E’ una esagerazione, questa paura. I posti di conflitto
sono noti. Non sono i posti dove passano i pellegrini.
D. – A questa situazione si uniscono le preoccupazioni per
un’eventuale guerra all’Iraq: penso che in Terra Santa questa preoccupazione
sia viva ...
R. – E’ viva non solo in Terra Santa. Una guerra non è una
barzelletta. Nessuno è in grado di calcolare il costo umano di una guerra.
Nessuno è in grado di controllare le conseguenze di una guerra. Non si fa una
guerra se non in caso di estrema necessità ed esauriti tutti gli altri mezzi;
in ogni caso, una guerra è sempre una sconfitta per l’umanità.
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SI E’ CONCLUSA CON UNA SOLENNE CONCELEBRAZIONE
EUCARISTICA IL QUARTO INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE. NEL CENTRO DI MANILA
Per il
quinto giorno consecutivo il Luneta Park di Manila – lo stesso che ospitò nel
1995 la Giornata Mondiale della Gioventù – ha fatto da sfondo al quarto
Incontro Mondiale delle Famiglie, quest’anno incentrato sul tema: “La famiglia
cristiana: una buona novella per il Terzo Millennio”. Un milione di persone, oltre
ai delegati provenienti da 75 Paesi, questa mattina hanno assistito alla
solenne concelebrazione eucaristica che ha concluso il grande evento. Ce ne
parla Gianfranco Grieco:
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“Alla
società del XXI secolo la Chiesa ha ancora una parola decisiva da dire in tema
di famiglia ed anche un modello da offrire”. E’ quanto ha ribadito il cardinale
Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e
Legato del Papa al IV Incontro mondiale durante la solenne concelebrazione
eucaristica conclusasi qualche ora fa al Luneta Park.
Manila
si è fermata per un giorno e con la megalopoli filippina si sono fermate anche
le altre città, i paesi ed i villaggi dell’immenso arcipelago, per vivere insieme un evento che segnerà il futuro
cammino della famiglia cristiana in Asia.
Solenne
e composta la celebrazione alla quale hanno partecipato oltre 1 milione di
persone. Per felice coincidenza la giornata che ha concluso l’Incontro mondiale
cadeva proprio nel giorno della festa del Santo Niño di Cebù, città a sud del
Paese che onora il Divino Bambino dal 1575. A Cebù vi è anche un santuario
dedicato al Santo Niño e sono milioni e milioni i fedeli che ogni anno si fanno
pellegrini per ricevere grazie ed invocare il dono della riconciliazione e della
pace.
Con
il cardinale Legato pontificio hanno concelebrato i cardinali Sin, Vidal,
Macharski, Etsu, Shan Kuo-hsi, il nunzio apostolico nelle Filippine, mons.
Franco, 245 tra arcivescovi e vescovi e 360 sacerdoti.
Le
cinque giornate di Manila, dedicate al tema “La famiglia cristiana: una buona
novella per il Terzo Millennio” apriranno indubbiamente nuovi orizzonti di
evangelizzazione non solo alla Chiesa filippina ma anche a tutte le comunità
cattoliche cristiane del continente asiatico.
Da
Manila, per la Radio Vaticana, Gianfranco Grieco.
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Per
conoscere concretamente l’esperienza vissuta dalle famiglie che hanno
partecipano all’incontro mondiale, Fausta Speranza ha raccolto la testimonianza
di Alberto Friso che si trova a Manila con sua moglie Anna:
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R. –
Queste giornate mondali, a cui noi abbiamo già avuto la possibilità di
partecipare precedentemente, rappresentano per tutti noi una svolta; abbiamo la
sensazione di partecipare in prima persona a momenti in cui si fonda una
cultura nuova. Noi sentiamo di doverci aprire e doverci mettere in gioco sia
con i nostri figli, partecipando alla natura dei giovani per farli crescere
bene oggi, quanto con il quartiere nel quale abitiamo, perché la famiglia deve
farsi promotrice lei stessa di iniziative anche di politica sociale del luogo. E
tutto questo ci pare sia frutto proprio della spinta che viene dalla Chiesa:
oggi la Chiesa non ci dà solo consigli morali, sul comportamento. La Chiesa ci
dice di aprire il cuore e di offrire le braccia a tutti i nostri fratelli,
anche come famiglia.
D. – Secondo lei, qual è la risorsa più preziosa che si trova
all’interno della famiglia?
R. – Quando due persone si vogliono un po’ di bene, capiscono che
nell’amore fra loro due, nell’essere dono l’uno per l’altro, si rivoluzionano
non solo le loro persone ma si diventa anche promotori di una rivoluzione
sociale. Questo penso che sia l’amore che viene da Dio scoperto nel rapporto
tra un uomo e una donna.
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ULTIMO SALUTO DELL’ITALIA A GIOVANNI AGNELLI. UNA
FOLLA COMMOSSA
SI E’ STRETTA ATTORNO ALLA FAMIGLIA PIEMONTESE PER
RENDERE OMAGGIO
AL CELEBRE INDUSTRIALE. AI FUNERALI, CELEBRATI NEL
DUOMO DI TORINO
DAL CARDINALE SEVERINO POLETTO, LE PIU’ ALTE
CARICHE DELLO STATO,
OLTRE AD UNA FOLLA DI 50 MILA PERSONE.
- A cura di Fabrizio Accatino -
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Più
di 50mila persone stipate davanti al sagrato e all’interno del Duomo di Torino
hanno salutato per l’ultima volta il senatore a vita Giovanni Agnelli. 50 mila
persone che hanno atteso in silenzio assoluto l’arrivo della bara, poi un
applauso misurato ma lunghissimo, quando il carro funebre è sbucato da Via XX
settembre fermandosi a breve distanza dal picchetto d’onore. Dentro tutte le
più alte cariche cittadine e nazionali, con i presidenti della Repubblica, del
Consiglio, delle Camere e poi i rappresentanti della politica,
dell’industria,dell’impresa, oltre a migliaia e migliaia di comuni cittadini.
Piazza San Giovanni non ha potuto accogliere tutti coloro che avrebbero voluto
dire addio al loro concittadino più illustre.
Dalle
9 di ieri alle 5.30 di questa mattina erano stati più di 100 mila coloro che
avevano imboccato la scala elicoidale del Lingotto ed erano sfilati davanti
alla camera ardente. A tutti, uno per uno, la famiglia ha sorriso, ha riservato
una frase, ha stretto le mani.
L’arcivescovo
di Torino, il cardinale Severino Poletto, che ha concelebrato la funzione ha
ricordato nell’omelia la figura dell’Avvocato. Poletto ha voluto sottolineare e
rendere pubblica la fede di Giovanni Agnelli; lo ha additato come esempio per
un’epoca come la nostra, in cui i potenti spesso sembrano vivere con
l’illusione di bastare a se stessi. E ha sottolineato come molti abbiano
parlato di cosa è stato l’Avvocato, ma pochi si siano fermati a riflettere su
cosa è adesso:
“Dov’è ora l’Avvocato? Che ne è di lui?
E’ tutto finito con la sua morte? E’ sparito nel nulla? La mia risposta è che
tutti siamo creati per l’incontro con Dio nella vita eterna”.
Poi,
dopo la funzione, Giovanni Agnelli è tornato alla sua terra. Il feretro è stato
tumulato nella cappella di famiglia, a Vilar Perosa, nel silenzio dal sapore
antico della Val Chisone.
Da
Torino, Fabrizio Accatino, per la Radio Vaticana.
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LA SOLIDARIETA’ SCENDE NELLE PIAZZE PER LA 50.MA GIORNATA MONDIALE
DEI MALATI DI LEBBRA. I VOLONTARI AIFO OFFIRANNO MIELE PER RACCOGLIERE FONDI DESTINATI ALLA CURA DEGLI HANSENIANI. IN GIRO PER L’ITALIA ANCHE UNA TOURNEE DELL’ACCADEMIA INDIANA
DI DANZATORI NON VEDENTI
- Servizio di Dorotea Gambardella -
La lebbra si può vincere ma occorre agire sulle cause della povertà e del sottosviluppo. Questo il monito lanciato oggi dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau per la 50.ma Giornata Mondiale dei malati di lebbra. In occasione di questa iniziativa di solidarietà, i volontari AIFO saranno in centinaia di piazze italiane per offrire il miele della solidarietà e per raccogliere fondi destinati alla cura dei malati di lebbra. In questi gironi è, inoltre, in corso la tournée “Danze di Luce” dell'Accademia indiana di danzatori non vedenti “Shree Ramana Maharishi”. Lo spettacolo, in scena in diversi teatri italiani fino al 1° febbraio, prevede danze che rievocano antichi riti di lode e ringraziamenti con complessi movimenti e l’uso di candele e fiori. Il repertorio contiene anche brevi danze popolari eseguite per festeggiare la fine dei raccolti nei villaggi dello Stato indiano del Karnataka. Il servizio è di Dorotea Gambardella.
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(musica)
Promossa dall’Aifo (Associazione
italiana amici di Raoul Follereau), un organismo impegnato in India nella lotta
alla lebbra e per il reinserimento sociale delle persone con disabilità, la
tournee dei ballerini non vedenti “Danze di luce”, per la prima volta in
Italia, sta riscuotendo un enorme successo.
Attraverso l’universale
linguaggio dell’arte, questi giovani danzatori veicolano un forte messaggio di
riscatto sociale: la luce spenta per sempre nei loro occhi si riaccende
attraverso la danza, per affermare che non esistono persone con disabilità, ma
persone con abilità differenti. L’Accademia, dove questi ragazzi vengono
formati, è la “Shree Ramana Maharishi”. Nata nel 1969, come scuola per
portatori di handicap visivi, dall’unico allievo nazionale oggi offre servizi a
8.500 persone, attraverso una decina di progetti nell’ambito della sanità,
dell’istruzione e della riabilitazione socio-economica. In un’incessante lotta
contro le barriere socio-culturali del pregiudizio, l’Accademia vuole fornire
alle persone più svantaggiate l’opportunità di reintegrarsi nel tessuto
sociale, puntando sulla promozione della loro autostima. In virtù della propria
inclinazione culturale, l’Istituto si dedica anche al potenziamento e alla
diffusione delle attività culturali indiane. Nel 1973 sono introdotte
discipline quali musica cantata, musica strumentale, Bharathanatyam (un tipo di
danza classica indiana) e danza folk. Ma qual è il metodo d’insegnamento? Lo
abbiamo chiesto a uno dei maestri dell’Accademia, Sharada Natarajan.
R. - WE TEACH SPECIAL
TECHNICS ...
Ci serviamo di una tecnica
d’insegnamento molto particolare, che si chiama “Tocca e senti”. Infatti per
imparare i passi base, gli studenti devono toccare l’insegnante in ogni istante
in cui danza e poi imitarlo. Una volta appresi i movimenti basilari, per noi
diventa molto semplice insegnare loro il resto, senza bisogno di essere
toccati.
D. - Che tipo di musica avete scelto per questo
spettacolo?
R. - A DANCE CALLED …
Un genere di danza tipicamente
indiano - detta Bharathanatyam - che mantiene viva la caratteristica di essere
una forma di espressione spirituale che le deriva dallo stretto legame con il
rito e la religione.
D. - Che significato ha danzare per questi ragazzi?
R. - THEY LIKE DANCE CLEARLY
VERY MUCH …
Questi ragazzi adorano la danza,
specialmente quella classica, che in India affonda le radici in tradizioni
molto antiche. Tuttavia nel nostro Istituto, imparano anche a ballare la musica
folk. Per loro danzare ed esibirsi è un divertimento, inoltre grazie al ballo
hanno la possibilità di viaggiare e di godere appieno la vita.
D. - Quale messaggio racchiude danze di luce?
R. - THE PROGRAM MEANS THAT
…
Questo spettacolo è la
testimonianza concreta che se si dà un’opportunità ai disabili o meglio,
diversamente abili, essi possono diventare come persone normali. Inoltre
racchiude un messaggio di luce, che questi ragazzi non possono vedere, eppure
dai palcoscenici di tutto il mondo trasmettono la loro luce al pubblico.
D. - Una volta terminata la tournee italiana, dove vi
esibirete?
R. - WE MAY HAVE TO GO TO UK ...
Probabilmente andremo in Gran
Bretagna, dove si sta mettendo a punto uno spettacolo, ma il tutto è ancora da
vedersi.
(musica)
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26
gennaio 2003
PAROLE DI ELOGIO NEI CONFRONTI DEI GESUITI SONO
STATE ESPRESSE DAL PRESIDENTE INDIANO ABDUL KALAM PER IL LORO ECCEZIONALE
CONTRIBUTO NEL CAMPO DELL’EDUCAZIONE. OCCASIONE E’ STATO
IL VI CONGRESSO MONDIALE
DEGLI EX ALUNNI DELLE SCUOLE GESUITE.
CALCUTTA. = Un ”eccezionale contributo” nel campo
dell’educazione non solo in India, ma in tutto il mondo. “Se questo deve
diventare un Paese sviluppato entro 2020, il ruolo dei gesuiti sarà cruciale
per creare un sistema educativo adeguato fondato sui valori”. Sono le parole di
elogio espresse nei confronti dei gesuiti dal presidente indiano Abdul Kalam,
intervenuto pochi giorni fa all’apertura a Calcutta del VI Congresso mondiale
degli ex alunni delle scuole gesuite. Il grande incontro, intitolato "Summit della gioia" e svoltosi dal 21 al 24 gennaio, ha visto
la partecipazione di circa 700 ex allievi, cristiani e non, provenienti
da Australia, Americhe, Europa e Asia. I delegati hanno discusso del ruolo
degli ex alunni gesuiti quali promotori di giustizia, pace, solidarietà e
cambiamenti sociali. I dibattiti sono stati dedicati, in particolare, alla
promozione umana in rapporto all’educazione, l’impresa, l'ambiente e la
promozione della donna. Il presidente Kalam, un musulmano, è stato invitato ad
intervenire nella sua qualità di ex allievo di un collegio gesuita nel Tamil
Nadu. La sua partecipazione all’incontro, come è noto, è stata fortemente
osteggiata da un’organizzazione fondamentalista indù, la RSS, secondo la quale
la sua presenza sarebbe stata un via libera alla
legittimazione delle attività dei gesuiti e delle organizzazioni cattoliche in
India. (S.S.)
NUOVA ESCALATION DI VIOLENZA IN MEDIO ORIENTE. UNA
OPERAZIONE DELL’ESERCITO ISRAELIANO PROVOCA NELLA NOTTE 12 MORTI A GAZA.
IMMEDIATA LA RISPOSTA PALESTINESE: UN ORDIGNO CARICATO SU UN ASINELLO ESPLODE
NEI PRESSI DI BETLEMME. INTANTO TUTTI I VALICHI DI TRANSITO TRA I TERRITORI E
ISRAELE DA OGGI SARANNO CHIUSI PER GARANTIRE LA SICUREZZA SULLE ELEZIONI DI
MARTEDI’.
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A cura di Graziano Motta –
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GERUSALEMME. = Tensione
militare nei Territori. La scorsa notte Gaza è stata al centro di un’importante
incursione israeliana, mentre un’altra operazione è tuttora in corso nel nord,
a Beit Hanun; entrambe potrebbero portare alla rioccupazione dell’intero territorio.
Stamane infatti alla riunione del governo, il ministro della Difesa Shaul Mofaz
ha riferito che l’esercito prevede di assumere il controllo totale della Striscia.
Ipotesi che ha, però, suscitato una reazione negativa della sinistra e dei laburisti
in particolare, che denunciano il rischio di pesanti perdite di soldati. Già la
notte scorsa un’incursione di reparti di fanteria, appoggiati da elicotteri da
combattimento in un quartiere popolato di Gaza città ha incontrato una
fortissima reazione dei palestinesi, armati anche di razzi anticarro e bombe incendiarie,
ma che hanno subito perdite pesanti: almeno 12 morti e più di 50 feriti, 8 dei
quali sono in gravi condizioni. Il comando israeliano nel comunicare la fine dell’operazione ha sostenuto che ha
portato alla distruzione di un centinaio di officine, ove si custodivano
missili del tipo Kassem, lanciati ieri e anche questa mattina contro il
territorio dello Stato ebraico, razzi anticarro e obici di mortaio. E’ stata distrutta
anche l’abitazione di un capo di Hamas, il movimento fondamentalista che ha
preannunciato vendetta. Tra gli altri episodi bellici della mattinata
l’esplosione di un asino imbottito di dinamite presso un posto militare
nell’area di Betlemme. La deflagrazione ha danneggiato un veicolo e un autobus,
ma non ha causato vittime. Intanto da oggi è stato imposto il blocco totale dei
territori palestinesi, in concomitanza con le elezioni politiche di martedì. L’ordine
impartito dallo Stato maggiore israeliano è di accerchiare tutte le località
palestinesi, da dove potrebbero muoversi attivisti della rivolta.
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SUOR BERNADETTE KEATING, PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA DEI RELIGIOSI AUSTRALIANI, HA ESPRESSO SOLIDARIETA’ ALLA POPOLAZIONE
DI CANBERRA PER GLI INCENDI CHE NEGLI ULTIMI GIORNI HANNO DEVASTATO NUMEROSE ABITAZIONI
DELLA CITTA’.
CANBERRA.
= “Solidarietà” con la popolazione di Canberra “in questo momento di grandi
necessità” è stata espressa da suor Bernadette Keating, presidente della
Conferenza dei Religiosi australiani. Negli ultimi giorni i dintorni
della città di Canberra sono stati interessati da un devastante incendio che ha
coinvolto anche una parte della zona urbana. L’arcivescovo della città, mons.
Carroll, è intervenuto per chiedere ai cattolici e a tutti i cittadini di buona
volontà di adoperarsi per alleviare la sofferenza della parte della popolazione
più duramente colpita dal disastro. La Conferenza dei Religiosi
sottolinea di sentirsi “vicina ai senza casa e a coloro che nel disastro hanno
perduto i loro averi”. In un comunicato, suor Keating evidenzia che “le nostre
preghiere vanno a tutti coloro che sono stati colpiti”. “Preghiamo – aggiunge –
che abbiano conforto e che possano avere il sostegno necessario a ricominciare
di nuovo a vivere”. Un encomio va poi
alla “professionalità” e “agli atti individuali di bravura” dei vigili del fuoco
e di tutti i volontari che si sono prodigati per spegnere l’incendio.
SEMPRE INCANDESCENTE LA CRISI TRA STATI UNITI E
IRAQ, MENTRE LE DIPLOMAZIE MONDIALI CONTINUANO A TESSERE IL FILO DEL DIALOGO.
DA DAVOS COLIN POWELL ANNUNCIA DI AVERE 12 PAESI ALLEATI NELLA POSSIBILE GUERRA
CONTRO SADDAM. MA IN TUTTO IL MONDO CRESCE IL MOVIMENTO PACIFISTA.
BAGHDAD.
= Se da una parte i venti di guerra tra Stati Uniti e Iraq spirano sempre più
forti, dall’altra le diplomazie di mezzo mondo continuano a lavorare senza
sosta per dirottare su un dialogo di pace l’intricata vicenda. Il tutto su uno
sfondo fatto di manifestazioni pacifiste oceaniche che in vari Paesi, Stati
Uniti e Gran Bretagna in testa, esprimono il dissenso popolare nei confronti di
una guerra ritenuta “inutile ed ingiustificata”. In Gran Bretagna, ad esempio,
secondo un sondaggio pubblicato oggi dal Sunday Times solo il 26 per cento
della popolazione ritiene che Saddam Hussein costituisca un pericolo tale da
giustificare un’operazione bellica. Una netta maggioranza, invece, pari al 68
per cento, ritiene che il premier Blair non abbia ancora spiegato in modo
efficace il perché di questa guerra. La risposta a questa diffidenza è giunta
proprio stamane dallo stesso primo ministro, il quale ha voluto, in un certo
senso, mettere i freni ad una macchina bellica lanciata già ad altissima
velocità. Blair ha infatti detto che
bisogna dare agli ispettori “il tempo necessario” per verificare se Saddam Hussein
cooperi. Un tempo, però, che deve rientrare nell’arco temporale di “settimane,
e non di mesi”. Sul fronte statunitense, invece, al freno si preferisce
l’acceleratore; da Davos, dove ha partecipato al Forum Economico Mondiale, il
segretario di Stato americano Colin Powell ha tuonato: “ci sono già almeno
12 Paesi pronti a scendere sul campo di
battaglia a fianco degli Stati Uniti se
Washington deciderà alla fine di fare guerra all'Iraq. Il capo della diplomazia
statunitense ha inoltre dato scarso peso ad una proposta svizzera di ospitare
un negoziato da “ultima chance” per
evitare la guerra con Baghdad. Intanto le ultime notizie provenienti dal regime
del Rais non aiutano a riportare il tutto verso la strada della pace: tre
scienziati iracheni che hanno lavorato con i programmi di sviluppo di armamenti
non hanno voluto rispondere alle domande degli ispettori dell'Onu in assenza di
funzionari iracheni. Proseguono, nel frattempo, i raid anglo-americani nelle no-fly
zone; quello di ieri -il 13.esimo dall'inizio dell'anno, il secondo in meno
di 24 ore - ha avuto come obiettivo un sito militare che si trova nei pressi di
Tallil, nella zona di non volo meridionale, 300 chilometri a sud dalla capitale.(S.S.)
48 ORE DI PIOGGIA E L’ITALIA CENTRO-MERIDIONALE
RESTA ISOLATA.
MIGLIAIA LE PERSONE EVACUATE A CAUSA DELLO STRARIPAMENTO
DI NUMEROSI CORSI D’ACQUA. I DANNI MAGGIORI IN MOLISE, ABRUZZO, PUGLIA E NELLA
ZONA DEL SANNIO.
ROMA.
= Italia centro-meridionale in ginocchio a causa delle piogge cadute ininterrottamente
per 48 ore. Il bilancio è pesantissimo: frane, allagamenti, strade e linee
ferroviarie interrotte. Complessivamente migliaia di persone sono rimaste
isolate, altrettante sono state evacuate a causa dello straripamento di
numerosi corsi d’acqua. Il maltempo ha causato anche un morto: il sindaco di
Torino di Sangro travolto da un treno mentre ispezionava i binari. La
situazione è particolarmente critica in Molise, Abruzzo, Puglia e nel Sannio. Lo stesso ministro Pisanu
ha seguito costantemente l'evolversi della situazione tramite il Centro operativo
del Dipartimento dei vigili del fuoco; 450 i pompieri in azione con mezzi anfibi,
tre squadre di sommozzatori e quattro elicotteri. Disagi anche nelle comunicazioni
con le Eolie e la Sardegna, dove alcune navi non hanno preso il largo per il
mare forza 8\9 con raffiche di vento che hanno raggiunto i 115 km orari. L'Abruzzo
intende chiedere domani lo stato di calamità naturale così come il Molise. In
Campania, la zona del Sannio è quasi completamente sott’acqua per lo straripamento
del fiume Calore: decine di famiglie sono state evacuate dopo l'allagamento
delle campagne. Salvati in extremis due cacciatori e, nel Matese, quattro
famiglie di turisti bloccate da una bufera di neve. Allagamenti si registrano
anche in Basilicata. (S.S.)
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