RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 22 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 22 gennaio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cordoglio e la solidarietà di Giovanni
Paolo II per le vittime del terremoto in Messico.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Riunita a
Ginevra in sessione annuale la Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo.
La Russia accusa gli Stati
Uniti di aver già deciso l’attacco in Iraq: sarà in febbraio.
Evitata una nuova strage
in Medio Oriente, mentre proseguono le operazioni israeliane.
L’ex presidente americano
Carter espone il suo piano per risolvere la crisi sociale in Venezuela.
22 gennaio 2003
LA “PIENA COMUNIONE” DEI CREDENTI IN CRISTO, DONO IN VASI DI CRETA
E
COMPITO DI TUTTI. COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE NELLA CATECHESI
DEDICATA
ALLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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E’
dovere di ogni cristiano, ciascuno secondo la propria vocazione, impegnarsi per
ricomporre la piena comunione con i fratelli delle altre confessioni. Con
l’amore, anzitutto, con la preghiera incessante, con la ricerca instancabile
del dialogo, con il servizio ai poveri basato sulla collaborazione. Ma anche a
livello del primato petrino è possibile riflettere su un suo esercizio che sia
aperto a situazioni nuove. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani,
giunta al suo quinto giorno, ha ispirato la catechesi di Giovanni Paolo II, che
oggi ha incontrato circa 3.500 pellegrini per l’udienza generale in Aula Paolo
VI.
“Il
Signore ha fondato la Chiesa 'una' e 'unica'”, ha esordito il Papa, che però ha
subito riconosciuto le “opinioni discordanti” e le “vie diverse” che in realtà
percorrono i suoi discepoli di oggi. Seppure custodito nei “vasi di creta
fragili e frangibili” dell’umanità, l’unità - ha affermato il Pontefice - resta
un “dono grande”, che ha bisogno, per essere testimoniato, dell’apporto di ogni
credente:
“In
forza della fede che ci accomuna, noi cristiani siamo però tenuti tutti,
ciascuno secondo la propria vocazione, a ricomporre la piena comunione,
‘tesoro’ prezioso lasciatoci da Cristo. Con cuore puro e sincero dobbiamo
impegnarci senza stancarci in questo compito evangelico”.
In
passato, ha ricordato Giovanni Paolo II, nonostante “la sublimità e la
grandezza” dell’unità - “tesoro” donato da Cristo stesso - la debolezza umana
ha impedito a tale dono di essere “totalmente accolto e valorizzato”. I
cristiani si sono osteggiati, i loro rapporti sono giunti, in alcuni casi, a
venarsi di “odio reciproco”. Ma oggi, ha ribadito il Papa, l’anelito all’unità
“non deve venir meno nelle Chiese e nelle comunità ecclesiali”:
“E’
necessario coltivare tra i cristiani un amore impegnato a superare le
divergenze; bisogna sforzarsi di superare ogni barriera con la preghiera
incessante, con il dialogo perseverante e con una fraterna e concreta
cooperazione a favore dei più poveri e bisognosi”.
Per
superare le divisioni del passato, il Pontefice ha anche riproposto, come già
fatto nell’enciclica Ut unum sint, una “riflessione comune” sul
ministero petrino allo scopo, ha detto, “di trovare una forma di esercizio del
primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua
missione, si apra ad una situazione nuova”. Il Papa ha ringraziato Dio per il
cammino ecumenico fatto, per “la qualità delle relazioni fraterne intessute fra
diverse comunità”, per i frutti scaturiti dai “dialoghi teologici, pur diversi
per modalità e livelli”. Un cammino che incoraggia alla speranza, non disgiunta
dal realismo: “I cristiani - ha concluso Giovanni Paolo II - sono più compatti
e solidali, anche se la strada verso l’unità resta in salita, con ostacoli e
strettoie”. Al momento dei saluti conclusivi in sei lingue - oggi tutti i
cinque continenti erano rappresentati in Aula Paolo VI - il Pontefice ha
rivolto un pensiero particolare al gruppo della “Comunità dei figli di Dio”,
fondata nel 1946 da don Divo Barsotti e che raggruppa sacerdoti e laici che
vogliono vivere, come recitano gli statuti, “da monaci nel mondo”. “Auguro a
ciascuno - ha detto il Papa - di continuare a testimoniare con coraggio il
Vangelo nella società”.
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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL PAPA
PER LE VITTIME DEL TERREMOTO IN MESSICO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Profondo
cordoglio viene espresso da Giovanni Paolo II per le vittime del terremoto che
stanotte ha colpito gli Stati messicani di Colima e di Jalisco, provocando la
morte di almeno 23 persone ed ingenti danni materiali. In un telegramma
indirizzato al nunzio apostolico in Messico, mons. Giuseppe Bertello - a firma
del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - il Pontefice offre suffragi
per l’eterno riposo delle vittime.
Il Papa assicura le sue preghiere, affinché
il Signore “sostenga quanti sono stati colpiti da questa disgrazia”, ispirando
in ognuno “sentimenti di solidarietà per superare le avversità, sempre animati
da valori morali aperti alla speranza”. Al tempo stesso, nell’esprimere
sentimenti di vicinanza alle famiglie delle vittime, Giovanni Paolo II esorta
le istituzioni e tutti gli uomini di buona volontà a prestare il proprio “aiuto
con spirito generoso e carità cristiana”.
In un
momento così difficile per il Paese nordamericano, il Santo Padre impartisce la
confortatrice benedizione apostolica quale “segno di benevolenza nei confronti
dell’amato popolo messicano”.
In
Brasile, Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Itabira-Fabriciano, presentata dal vescovo mons. Lélis Lara, della
congregazione redentorista, per raggiunti limiti di età. Come nuovo ordinario
di Itabira-Fabriciano, il Santo Padre ha nominato mons. Odilon Guimaraes Moreira,
finora vescovo ausiliare di Vitòria.
Sempre in Brasile, il Pontefice ha nominato vescovo di
Limeira mons. Augusto José Zini Filho, finora vescovo ausiliare di Rio de
Janeiro. Il Papa ha quindi nominato ausiliare di Rio de Janeiro il
sacerdote Assis Lopes, di 68 anni,
finora rettore del Seminario maggiore “Sao José” e parroco nella metropoli
brasiliana, elevandolo alla dignità vescovile.
ATTESE E SPERANZE NEI RAPPORTI FRA ROMA E LE CHIESE
ORTODOSSE SLAVE
IN
UN’INTERVISTA CON PADRE JOZEF MAJ
- Servizio
di Giovanni Peduto -
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Siamo nella Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani e vogliamo appuntare l’attenzione sul dialogo tra cattolici e
ortodossi slavi, assieme a padre Jozeph Maj, officiale del Pontificio Consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani, il quale in seno al dicastero si
occupa di questo settore. Certamente queste relazioni variano da una Chiesa
all’altra. Una constatazione generale che si può fare è che nell’arco degli
ultimi dieci anni i rapporti con le singole Chiese ortodosse di estrazione
slava sono accresciuti e l’esempio più chiaro è ciò che è avvenuto l’anno
scorso soprattutto con la Chiesa ortodossa di Bulgaria e con quella serba.
Qualche preoccupazione rimane nei rapporti con il Patriarcato di Mosca. Come
vede la situazione oggi, padre Maj?
R. – Nell’arco dell’ultimo anno le relazioni sono state
difficili, non tanto per quanto riguarda il contenuto, quanto per le
interpretazioni dei fatti che hanno avuto luogo. Sono convinto che siamo già in
un processo di chiarimento che proseguirà anche nei mesi prossimi.
D. – Quindi è fiducioso per il futuro?
R. – Sì, sono più che fiducioso avendo come esempio anche
una bella lettera di auguri che il patriarca Alessio ha inviato in occasione di
Natale al Santo Padre, dove auspica: “Rinnoviamo, riprendiamo le relazioni di
fraternità e di carità”. Questo significa che da una e dall’altra parte vengono
già segnali molto positivi.
D. - Una eventuale visita del Papa in Russia?
R. – Quanto a una eventuale visita del Santo Padre – il
Papa ne sarebbe lieto – la questione è soprattutto di far accrescere questa
fiducia reciproca che forse durante l’anno scorso in qualche modo è stata
rimessa in discussione a causa delle incomprensioni, a causa di una certa
suscettibilità dovuta forse ad una non sufficiente conoscenza reciproca. Penso
che questi saranno presupposti per eventuali altri incontri a vari livelli.
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“Vigilanza, perseveranza,
fiducia, dimensioni indispensabili dell’impegno ecumenico”, è il titolo che apre la prima pagina in riferimento
all’Udienza generale nella quale il Papa, nel cuore della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani, richiama al compito fondamentale di
“ricomporre la piena comunione, tesoro prezioso lasciatoci da Cristo”. Una
forte scossa di terremoto in Messico causa più di 23 morti e decine di feriti.
Nello spazio dedicato all’Anno del Rosario due iniziative culturali organizzate
presso il Santuario del Carmine a Montefalcone di Val Fortore.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Da Manila, gli
articoli di Gianfranco Grieco sul IV Incontro mondiale delle famiglie promosso
dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Per il cammino della Chiesa in
America articoli dagli Usa, Perú, Cile ed Argentina.
Nelle pagine estere, respinte da
parte di Bush le richieste di prolungare i controlli in Iraq. La Francia
giudica la guerra “ingiustificata”. Iniziativa diplomatica di Ankara che cerca di unire i Paesi arabi per
chiedere a Saddam di disarmare.
Medio
Oriente: incontro al Cairo tra fazioni palestinesi per fermare il terrorismo. Corea del Nord: una
delegazione ministeriale del regime di Pyongyang si reca a Seul per colloqui; il segretario dell’Onu chiede
a Pyongyang di rientrare nel Tnp; la Cina sollecita un dialogo diretto tra
Pyongyang e Washington.
Olanda: aperti i seggi per
eleggere i rappresentanti della Camera bassa del Parlamento.
Venezuela: proposta di Carter per
risolvere la crisi.
Nella pagina culturale, un
articolo di Angelo Marchesi sugli “orizzonti opposti nelle filosofie del XX
secolo”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano i temi dell’economia, della giustizia e del maltempo.
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CON
UNA SOLENNE E FESTOSA CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA,
APERTO
OGGI A MANILA IL IV INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE, SUL TEMA:
“LA
FAMIGLIA CRISTIANA, UNA BUONA NOVELLA PER IL TERZO MILLENNIO”
-
Servizio di Gianfranco Grieco -
Un
momento lungamente atteso. Si è aperto oggi a Manila, capitale delle Filippine,
il quarto Incontro mondiale delle Famiglie. L’ultimo, nell’anno giubilare del
2000, si era svolto a Roma sul tema “I figli, primavera della famiglia e della
società”. Ricca di speranza anche la tematica su cui è incentrato l’evento di
Manila: “La famiglia cristiana, una buona novella per il Terzo Millennio”. Ma
ascoltiamo quali sono stati i momenti salienti che hanno scandito l’apertura
dell’Incontro, promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, nel servizio
di padre Gianfranco Grieco dell’Osservatore Romano:
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“Ho pregato molto per il successo di questo incontro
mondiale. Sappiamo che le Filippine sono molto vicine al cuore del Papa.
Soprattutto in questi giorni vogliamo essere tutti in comunione con il Santo
Padre e rinnovargli l’affetto, la stima, la riconoscenza e la preghiera”. Si
rivolgeva con queste parole il cardinale Jaime Sin, arcivescovo di Manila, ai 5
mila partecipanti al Congresso teologico pastorale, apertosi stamani al
Philippine International Convention Centre. “Senza una visione cristiana del
futuro muore la civiltà”, ricordava ancora il vecchio cardinale, che guida
questa arcidiocesi dal lontano 1974. “Dobbiamo essere sempre più fedeli alla
sapienza di Dio e al piano divino di salvezza, per dare al mondo valori che non
tramontano”. “Famiglia diventa ciò che sei”: questo grido, invito di Giovanni
Paolo II, il cardinale Sin riproponeva a questa qualificata assemblea di
Manila.
Solenne e composta era la concelebrazione eucaristica di
apertura, presieduta dall’arcivescovo mons. Orlando Quevedo, presidente della
Conferenza dei vescovi filippini. Con il presule concelebravano i cardinali
Arinze e Sepe, giunti appositamente da Roma, il cardinale Macharski, arcivescovo
di Cracovia, il cardinale Vidal, arcivescovo di Cebu nelle Filippine, il
cardinale Etsou, arcivescovo di Kinshasa, 190 tra arcivescovi e vescovi e 500
sacerdoti. All’omelia il vescovo Quevedo ricordava come la luce, la croce e
l’eucaristia sono i simboli dell’amore e manifestano la qualità dell’amore.
Dall’eucaristia e dalla croce è nata la famiglia di Dio. Canti, danze, suoni di
organi e di violini, squilli di trombe animavano e allietavano una liturgia
solenne e raccolta. Dall’altare seguiva la concelebrazione il cardinale, legato
pontificio, Alfonso Lopez Trujillo e il cardinale Sin, arcivescovo di Manila.
Il mondo di oggi rivelava il vescovo Fisichella, durante
la sua magistrale relazione, nonostante le diverse espressioni contrarie
attende la testimonianza della famiglia cristiana. Forse, in qualche modo, ci
invidia – aggiungeva subito – perché siamo capaci di un amore talmente
granitico, perché fondato sulla roccia della fede, che non conosce ostacoli.
Da Manila, per la Radio Vaticana, Gianfranco Grieco.
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CENTRODESTRA IN CALO, LABURISTI IN RIMONTA:
L’OLANDA
DI NUOVO ALLE URNE, AD APPENA 8 MESI DALLE ULTIME ELEZIONI
-
Intervista con Marc Leijendekker -
Si sono aperti alle 7.30 di
questa mattina i seggi in Olanda, dove circa 12 milioni di elettori sono
chiamati a scegliere i membri della Camera bassa del Parlamento. Si tratta di
elezioni anticipate, che avvengono ad appena 8 mesi dall’ultimo appuntamento
alle urne: la maggioranza di Centrodestra scaturita dal voto di maggio ha avuto
infatti vita breve. A Marc Leijendekker, editorialista del quotidiano olandese
Nrc Handelsblad, Andrea Sarubbi ha chiesto quali sono le ragioni di questa
instabilità governativa:
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R. – La causa è
molto semplice. La causa è la Lista Pim Fortuyn il cui leader venne assassinato
poco prima delle elezioni del maggio scorso. Questo partito si è quasi
auto-disciolto, a causa di forti liti interne, ed ha dato mostra di
un’incapacità di governare e di mantenere la coesione interna.
D. – Anche gli
alleati di governo hanno avuto la stessa crisi che ha avuto la Lista di Pim
Fortuyn?
R. – No, no. I
populisti avevano due alleati; i primi sono i democristiani, che sono comunque
rimasti il primo o il secondo partito d’Olanda: questo è ancora da vedere. In ogni
caso, i democristiani stanno andando abbastanza bene. Invece i liberali, i
conservatori, hanno forse perso una scommessa. Pensavano di poter approfittare
della crisi della Lista Fortuyn, mentre i sondaggi li danno più o meno stabili:
al massimo, guadagneranno due, tre o quattro seggi, e comunque non più di otto.
I grandi vincitori virtuali, almeno finora, sono i laburisti, i
socialdemocratici.
D. – I
laburisti erano già stati al governo per otto anni, poi però a maggio ci fu il
crollo: cos’è che li ha fatti rimontare?
R. – Una
persona soltanto: il capo lista, Wouter Bos. Si è presentato come una persona
giovane, un uomo nuovo ed umile che vuole imparare dagli errori commessi dal
partito nel passato, come per esempio un atteggiamento piuttosto autoritario e
forse un orientamento verso il mercato poco approfondito. Tanto è vero che
adesso si sta ridiscutendo della necessità e della desiderabilità di
privatizzare alcuni servizi, come l’elettricità, la posta, le ferrovie. Bos ha
inoltre annunciato che, se anche il suo partito vincesse le elezioni e
diventasse più forte, egli non vorrebbe assumere l’incarico di primo ministro
ma vorrebbe rimanere in Parlamento, perché sostiene che sia indispensabile
continuare il processo di rinnovamento intrapreso: un cammino che sarà molto
duro e durerà molto più dei sette mesi trascorsi tra le recenti elezioni e
quelle di oggi.
D. – Se anche
la Lista di Pim Fortuyn è in calo, è rimasto qualcosa di questo forte dibattito
sull’immigrazione che ci fu prima delle elezioni di maggio?
R. – Moltissimo. Quello che abbiamo visto è che sì, il
partito di Pim Fortuyn si sta dissolvendo, ma il suo messaggio rimane: l’invito
a discutere di alcuni problemi che finora sono stati ignorati. Questo è un
messaggio ancora molto valido, ed è stato anche ‘imparato’ dagli altri partiti.
Primo: immigrazione ed integrazione; secondo: la burocrazia; terzo:
l’atteggiamento della politica ritenuto molto autoritario. Questi tre punti
sono adesso sull’agenda di tutti i partiti, e questo è il risultato della
piccola rivoluzione causata da Pim Fortuyn.
D. – La
legislazione olandese presenta almeno due aspetti piuttosto controversi:
l’eutanasia ed il matrimonio tra persone omosessuali. Sono stati temi di cui si
è discusso in campagna elettorale?
R. – No. Queste
sono ormai decisioni accettate, che non vengono messe in discussione dai grandi
partiti; evidentemente ci sono alcuni politici che vogliono ridiscutere le
leggi approvate su questi temi, ma la grande maggioranza le considera un dato
di fatto acquisito e non modificabile.
D. – Che ruolo
ha giocato, nella preparazione al voto, la prospettiva di una guerra all’Iraq?
R. – Credo che il dilemma più importante sia per i
socialdemocratici. Loro affermano che sia necessario seguire le decisioni del
Consiglio di Sicurezza. Però, cosa succede che gli Stati Uniti decidono di
consultare il Consiglio di Sicurezza per seguire i suoi risultati e le sue
decisioni? Questo punto interrogativo potrebbe causare una certa divisione
dalla sinistra, anche se non forte come in Italia.
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LA LEBBRA, MALATTIA ANCORA DA DEBELLARE, ANCHE CON LA
LOTTA ALLA MISERIA
-
Intervista con Sunil Deepak -
La
lebbra: una sfida ancora aperta che richiede un impegno continuo. Questo il
messaggio che si propone di lanciare la 50.ma Giornata Mondiale dei malati di
lebbra, promossa dall’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau e
presentata ieri a Roma, presso il Campidoglio, nel corso di una conferenza
stampa. In occasione di questo significativo appuntamento, che si celebrerà domenica
26 gennaio, i volontari dell’Aifo saranno nelle piazze italiane per offrire il
miele della solidarietà e per raccogliere fondi che saranno destinati alla cura
dei malati di lebbra dell’India, paese che conta il 73% dei casi presenti sul
pianeta. Il servizio è di Barbara Castelli.
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Solo nel 2001 si sono registrati oltre 760 mila nuovi casi, vale a dire
un nuovo malato di lebbra ogni minuto. Tra questi circa 80 mila sono bambini;
mentre 250 mila persone hanno già riscontrato danni fisiologici che le
renderanno disabili per tutta la vita. Questi sono, in sintesi, i drammatici
contorni numerici che parlano della lebbra nel mondo, diffusa essenzialmente in
quella che viene definita la cintura della povertà. Benché sia una malattia che
affonda le proprie radici nella storia, la lebbra è ancora lontana dall’essere
debellata: esiste, infatti, una cura risolutiva ma, a più di un secolo dalla
scoperta dell’agente patogeno, non è ancora disponibile un vaccino. India,
Brasile, Angola, Madagascar e Nepal i Paesi più colpiti dal morbo di Hansen. Al
nostro microfono Sunil Deepak, presidente della Federazione Internazionale
delle Associazioni Anti-Lebbra.
R. - Noi pensavamo di aver interrotto la catena delle
infezioni della malattia e di vincere la malattia entro breve. Purtroppo questo
non è stato possibile. Questo significa che non possiamo affidarci soltanto ai
farmaci, ma dobbiamo cercare di trovare un nuovo vaccino, un nuovo test per
diagnosticare la malattia nella fase precoce.
D. – Cosa invece per curare la diffidenza della società?
R. – Più che altro, la cosa più importante è
l’informazione e l’educazione delle persone. Perché noi dobbiamo capire che
anche se una persona mostra i segni della malattia, la disabilità, non ha più
l’infezione e non è più contagiosa. Infatti, i farmaci attualmente disponibili,
dopo soltanto due, tre giorni di cure rendono le persone non più contagiose.
La Giornata Mondiale della lebbra rappresenta per l’intera
comunità internazionale un’ulteriore occasione per riflettere sulle forme
d’intervento necessarie per sconfiggere la miseria e la fame. La lebbra,
infatti, è un morbo da sempre associato all’emarginazione e al disagio sociale.
Quale è, in questo senso, l’impegno dall’Associazione Italiana Amici di Raoul
Follereau? Abbiamo girato la domanda a Luigi Gravina, vicepresidente Aifo.
R. – L’Aifo opera da 40 anni nel settore della lebbra.
Attualmente è presente in 29 Paesi: in Africa, in Asia, in America Latina.
L’obiettivo fondamentale dell’Aifo non è soltanto la cura e la prevenzione
della lebbra, ma soprattutto quello di portare le comunità locali ad integrarsi
nello sviluppo. Infatti, dopo la cura della lebbra, il problema più importante
che si pone per gli ex lebbrosi è il reinserimento nella collettività, nella società.
Anche se guariti, in genere vengono rifiutati. L’impegno dell’Aifo, quest’anno,
è di oltre 1 milione di euro in Asia, 2 milioni di euro in Africa e oltre 300
mila euro in America Latina.
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22 gennaio 2003
LA
CARITAS INTERNATIONALIS RIBADISCE CON UN APPELLO IL PROPRIO NO
ALL’IPOTESI DI UNA GUERRA IN IRAQ
E SOTTOLINEA LA NECESSITÀ DI
TROVARE UNA SOLUZIONE POLITICA ALLA CRISI
ROMA. =
In un appello rivolto alla comunità internazionale la Caritas Internationalis
sottolinea la necessità di trovare una soluzione politica e diplomatica alla
crisi irachena. Un’iniziativa militare in Iraq potrebbe causare infatti costi
incalcolabili per la popolazione civile già duramente provata dalle sanzioni
economiche. “Le sanzioni - si legge nel comunicato - hanno causato gravi danni
alla già debole economia del Paese ed un eventuale attacco significherebbe per
il popolo iracheno l’inizio di una catastrofe umanitaria”. Oggi in Iraq circa
16 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari distribuiti attraverso
il Programma dell’Onu “Oil for food
Programme” che prevede la distribuzione di cibo in cambio di petrolio. In
caso di conflitto l’inevitabile distruzione dei sistemi di comunicazione e
delle infrastrutture dei trasporti provocherebbe una grave paralisi di tutti i
servizi di assistenza. “I leader politici e i rappresentanti diplomatici - si
legge nel documento - devono compiere tutte le azioni possibili volte ad
evitare una guerra che avrebbe conseguenze disastrose non solo per l’Iraq ma
anche per la stabilità del Medio Oriente”. L’appello della Caritas
Internationalis, confermando il sostegno alle persone che si adoperano per la
pace e la giustizia si conclude “con la speranza che il popolo iracheno possa
vivere nella pace un costruttivo processo di democratizzazione del Paese”.
(A.L.)
PRESENTATO STAMANE A
LONDRA IL RAPPORTO MONDIALE 2003
SULLA CORRUZIONE, STILATO DA “TRASPARENCY INTERNATIONAL”,
ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA, CHE HA SEDE A BERLINO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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LONDRA. = I corrotti nel mondo sono davvero tanti ma
grazie alle nuove tecnologie informatiche sempre più spesso uomini d’affari,
politici e gruppi societari sono posti sotto accusa dalla stampa e
dall’opinione pubblica. Nella lotta alla corruzione - sottolinea il Rapporto -
è dunque essenziale la libertà d’informazione ma anche il coraggio dei
giornalisti per sfidare colossi economici e istituzioni che delinquono. Il
rapporto passa in rassegna l’intero globo a partire dall’Europa occidentale e
dall’America del Nord, devastata lo scorso anno dagli scandali della Enron e
poi dal crollo della WorldCom. Ma negli
ultimi 12 mesi - rassicura il rapporto - sono stati fatti notevoli passi in
avanti per intercettare il riciclaggio di denaro sulla scia degli attentati
dell’11 settembre. Di grande importanza anche il ruolo degli organismi
internazionali creati ad hoc per contrastare la corruzione e le leggi
internazionali per stendere una rete sempre più fitta attraverso cui imbrigliare
i malfattori. Per quanto riguarda l’Europa il rapporto cita la Francia, la Germania,
il Portogallo e l’Italia, dove il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
sarebbe responsabile di “aver trasformato la lotta alla corruzione in lotta
contro i giudici”, proprio mentre lui stesso “e alcuni suoi colleghi erano
accusati di corruzione e di falsificazione dei conti”. Il rapporto scrive pure
che in Italia “alla fine del 2001 è
stata adottata una nuova legislazione dal Parlamento che impedisce ai giudici
di lavorare” e che “il falso in bilancio ha cessato di essere un reato penale …
il che può creare un forte incentivo per il riciclaggio di denaro.” Inoltre
“altri ostacoli sono stati posti sulla strada dei magistrati che indagavano su
mafia e corruzione, tra cui anche la rimozione delle loro scorte di sicurezza”,
prosegue il rapporto. E, sottolinea, che nel gennaio del 2002 le Nazioni Unite
hanno ricordato alla presidenza del Consiglio italiana di rispettare
“l’indipendenza della magistratura”. Ancora in tema di libertà di informazione,
lo studio rileva che “Berlusconi è proprietario dei tre maggiori canali
televisivi e che, come capo del governo, controlla anche i tre canali
pubblici”.
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RICORRE OGGI IL 30.MO ANNIVERSARIO DELLA
LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO
NEGLI STATI UNITI. GLI ATTIVISTI
DEL MOVIMENTO PER LA VITA
SI RADUNERANNO QUESTO POMERIGGIO A
WASHINGTON
DOVE SI SVOLGERA’ L’ANNUALE MARCIA
DI PROTESTA
WASHINGTON.
= Gli attivisti del movimento per la vita si raduneranno oggi pomeriggio a
Washington dove si svolgerà l’annuale marcia di protesta contro la tragica
decisione con cui 30 anni fa, il 22 gennaio 1972, la Corte Suprema degli Stati Uniti
legalizzava la pratica dell’aborto. Le manifestazioni contro l'aborto si
terranno in diverse città degli Stati Uniti, per ricordare le tante vite
soppresse mediante l’interruzione volontaria della gravidanza. Martedì scorso,
alla vigilia dell'anniversario, il gruppo di
giovani “Rock for Life” ha
tenuto un raduno di preghiera davanti ad una clinica di Washington dove viene
praticato l’aborto. Una manifestazione
si è tenuta anche davanti alla sede dell'Fda, l'agenzia federale di controllo
sui farmaci e sugli alimenti, per protestare contro l'autorizzazione a mettere
in vendita negli Usa la pillola per interrompere la gravidanza. (A.L.).
RIUNITA A GINEVRA IN SESSIONE ANNUALE LA
CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE
SUL DISARMO: APPELLO DEL
SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,
PERCHE’ I PAESI MEMBRI
‘SBLOCCHINO’ I NEGOZIATI,
IN FASE DI STALLO ORMAI DA DIVERSI ANNI
GINEVRA.
= Nuovi accordi di disarmo per porre fine e invertire il ''preoccupante aumento
delle spese militari globali'' sono stati invocati ieri dal segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan. In un messaggio alla Conferenza dell'Onu sul
disarmo, riunita a Ginevra in sessione annuale, Annan ha esortato i Paesi
membri a moltiplicare gli sforzi per permettere di uscire dall'attuale fase di
stallo. ''Le nuove minacce sulla pace e la sicurezza internazionale
sottolineano il bisogno di sforzi supplementari per superare le divergenze'',
ha affermato Annan. ''Le recenti sfide lanciate alla non proliferazione, in
particolare con l'annuncio del ritiro della Corea del Nord dal Trattato di non
proliferazione nucleare, sollevano serie preoccupazioni”, ha aggiunto Annan in
un messaggio letto dal Segretario generale della Conferenza, Sergei
Ordzhonikidze. Per anni - ha poi deplorato - l'assenza di un consenso su un
programma di lavoro ha bloccato le attività della Conferenza, anche su quei
temi sui quali vi sarebbe un consenso per avviare trattative di disarmo, come ad esempio la messa al bando della
produzione di materiale fissile a scopi militari. La presidenza di turno della
Conferenza è stata assunta dall'India.
Ironia della sorte, proprio mentre gli ispettori dell'Onu sono al lavoro in Iraq alla ricerca di eventuali armi di
distruzione di massa si apprende che, conformemente al principio della
rotazione in ordine alfabetico, la presiden-za della Conferenza del disarmo
spetterà in primavera proprio all'Iraq.
(R.G.)
"BISOGNA FERMARE IN HONDURAS IL MASSACRO DEI BAMBINI DI
STRADA".
E’
QUESTO L’APPELLO RIVOLTO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE CONTRO LA TORTURA AL PRESIDENTE
HONDUREGNO RICARDO MADURO
TEGUCIGALPA. = Non si ferma in Honduras il massacro indiscriminato
dei bambini di strada. “Casa Alianza”,
organizzazione no profit attiva in Centroamerica, ha informato l’Organizzazione
mondiale contro la Tortura (Omct) che nel solo mese di dicembre sono stati 64 i
minori e i giovani uccisi. Tra le vittime, “Casa
Alianza” ricorda due ragazzi di 15 e 14 anni, Junior Edgardo Lopez e Belsin
Edgard Rivero Gonzalez, che chiedevano l’elemosina nel quartiere di Siple a Tegucigalpa
il 27 dicembre scorso mentre la gente era intenta a festeggiare il Natale. Un
gruppo di uomini armati li ha individuati e gli ha sparato contro uccidendoli.
Secondo le drammatiche statistiche fornite da “Casa Alianza”, un terzo degli omicidi di dicembre è avvenuto nelle
periferie di Tegucigalpa e di San Pedro Sula ma il fenomeno è in crescita anche
in altre città. Dal gennaio del 1998, da quando l’organizzazione ha iniziato ad
elaborare dei dati, sono stati oltre 1.500 i minori di 23 anni vittime di una
violenza ingiustificata e intollerabile. Il governo non ha mostrato di essere
in grado di tutelare queste persone, nonostante le ripetute promesse. L’Omct
ricorda al presidente Ricardo Maduro che, siglando la Convenzione dei diritti
dell’infanzia, l’Honduras si è impegnato a riconoscere che "ogni bambino
ha uguale diritto alla vita". L’aspetto più inquietante è quello
sottolineato a più riprese da Asma Jahangir, relatrice speciale delle Nazioni
Unite sulle esecuzioni arbitrarie. "Alcuni di questi bambini - ha
rimarcato in diverse circostanze la signora Jahangir - sono in realtà stati
uccisi dalle forze di sicurezza dello Stato ed un gran numero di questi omicidi
non viene neanche denunciato". (A.L.)
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- A cura
di Giancarlo La Vella -
Come abbiamo ascoltato, è salito
ad almeno 23 morti e 350 feriti il bilancio delle vittime del terremoto che ha
colpito la notte scorsa il Messico. Il sisma, di magnitudo tra 7,6 e 7,8 gradi
della scala Richter, ha interessato la costa pacifica del Paese, devastando in
particolare gli Stati di Colima e Jalisco. Nel settembre 1985, un altro sisma
causò la morte di oltre 10.000 persone. E proprio a Colima abbiamo contattato
Pepe Venegas, giornalista di Radio Levy, che racconta i momenti più drammatici
del sisma:
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In
diversi punti dello Stato di Colima si sono registrate delle scene di grande
panico. Molte proprietà private sono state danneggiate ed anche le vie di comunicazione
hanno subito severi danni in diversi punti dello Stato, tra loro una delle
autostrade principali: la Guadalajara - Manzanillo. In alcune abitazioni si
sono verificate delle fughe di gas e la protezione civile ha ordinato alla
popolazione di non accendere fuochi per evitare ulteriori tragedie. Il sisma si
è sentito fino a Città del Messico e in altri otto Stati messicani. Il sistema
nazionale di protezione civile è attivamente impegnato nei soccorsi, così come
anche l’esercito che ha avviato il piano di emergenza generale. Al momento è in
fase di ripresa la fornitura dell’energia elettrica, che era stata interrotta
in gran parte dello Stato di Colima ed anche gli ospedali hanno ripreso in
pieno la loro attività. Però la gente continua ad avere molta paura, perché è
stato detto che potrebbero esserci ulteriori repliche di questo sisma.
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La guerra in Iraq è stata già
decisa dalla Casa Bianca ed inizierà nella seconda metà di febbraio. Lo afferma
un'alta fonte dello Stato maggiore russo, spiegando che l’attacco avrà luogo
quando nel Golfo saranno presenti almeno 150 mila soldati: attualmente ce ne
sono già 100 mila. Gli ispettori hanno controllato oggi altri quattro nuovi
siti in Iraq, mentre il presidente Bush è tornato a lanciare un ultimatum a
Saddam Hussein. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il capo della Casa Bianca ha detto
che Saddam Hussein non sta disarmando e il tempo ormai sta per scadere. Nelle
stesse ore il premier britannico Blair ha lanciato l’allarme per nuovi attacchi
terroristici contro Londra e per i legami tra Al Qaida e Baghdad. Quindi, il
vice ministro degli Esteri americano, Armitage, ha pubblicato un dossier per
elencare tutte le violazioni compite dal regime iracheno e tutti i potenziali motivi di guerra. Nel
frattempo, il Pentagono ha ordinato lo spostamento di altre due portaerei verso
il Golfo Persico e la mobilitazione di 37 mila soldati. Questa accelerazione
dei preparativi da parte di Washington e Londra sembra calibrata per rispondere
alle riserve espresse all’Onu da Francia, Russia, Germania e Cina, che hanno
chiesto di dare agli ispettori più tempo oltre la data del 27 gennaio, in cui
presenteranno il primo rapporto complessivo sui controlli. Parigi è arrivata a
minacciare il veto, se mai si voterà una seconda risoluzione, chiedendo
all’Unione Europea di opporsi in maniera unitaria all’intervento unilaterale.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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George Robertson, segretario
generale della Nato, lascerà il proprio incarico a fine anno. Lo ha detto lo
stesso capo dell’Alleanza atlantica, spiegando di non voler sfruttare l’opzione
di estendere per altri 12 mesi il proprio mandato, che scade a dicembre.
L’Aiea, Agenzia internazionale
per l’energia atomica, tornerà a riunirsi questa settimana per cercare di
risolvere la crisi innescata dal riarmo nucleare della Corea del Nord. “In
tempi brevi - ha detto il sottosegretario americano Bolton - il dossier su
Pyongyang verrà consegnato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”.
Passiamo al Medio Oriente. Sono
slittati a domani i colloqui tra le fazioni palestinesi previsti per oggi al
Cairo. Nei Territori proseguono le operazioni militari israeliane: stanotte
sono state demolite le case di due attivisti palestinesi, mentre 18 persone
sono state arrestate. Intanto si valuta lo scampato pericolo per una nuova
strage, dopo che gli artificieri israeliani sono riusciti a disinnescare un
ordigno potentissimo. Ce ne parla Graziano Motta:
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Doveva essere l’attentato
pre-elettorale per eccellenza. Un’automobile con 300 chili di esplosivo e
quattro bombole di gas era pronta, e dalla zona araba di Um el Fahem, 60 chilometri a nord di Tel Aviv,
nella bassa Galilea, stava dirigendosi verso il territorio israeliano, quando
il conducente e i tre altri che erano a bordo si sono accorti che sulla strada
c’era una pattuglia delle guardie di frontiera. Hanno abbandonato allora la
vettura e sono riusciti a dileguarsi. Si dipana finora una grande caccia
all’uomo, mentre lo stato di allerta è in vigore in tutto il centro del Paese.
Mentre, dunque, la rivolta non conosce pause, l’Egitto tenta di far cessare
almeno gli attentati suicidi. Alla riunione delle organizzazioni palestinesi,
organizzata a Il Cairo, Hamas e la Jihad islamica hanno deciso di prender
parte, dopo avere fino a ieri sera annunciato di non essere interessati. E
intanto, il ministro palestinese Nabil Shaat annuncia che tra due settimane
sarà completato il progetto di costituzione del futuro Stato indipendente.
Da Gerusalemme, per Radio
Vaticana, Graziano Motta.
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In Venezuela è iniziata la
missione dell’ex presidente statunitense Jimmy Carter. Dopo aver incontrato a
Caracas il capo di Stato Chávez ed i principali leader dell’opposizione, che
hanno indetto lo stato d’agitazione da oltre 50 giorni, il premio Nobel per la
pace ha esposto ai giornalisti il suo piano di mediazione. E comunque oggi ha
ripreso il lavoro un gruppo di piloti delle petroliere che avevano incrociato
le braccia da sette settimane.
Il presidente del Parlamento
ivoriano, Mamadou Coulibaly, ha abbandonato i colloqui di pace in corso a
Parigi con i ribelli, per una soluzione della crisi in Costa d’Avorio provocata
dal tentato golpe del 16 settembre scorso. “Il mediatore francese Mazeaud - ha
accusato Coulibaly, lasciando i negoziati - sta compiendo un colpo di Stato
costituzionale”.
Francia e Germania festeggiano -
oggi all'Eliseo ed a Versailles, domani a Berlino - il 40° anniversario del
loro Trattato, firmato dal generale de Gaulle e dal cancelliere Adenauer nel
1963, che segnò la riconciliazione tra i due Paesi dopo lo scontro durante la
seconda guerra mondiale. Uno speciale Consiglio dei ministri vede riuniti
all’Eliseo i principali membri dei due governi, accanto al presidente francese
Chirac. Obiettivo dell’incontro, un rilancio della cooperazione franco-tedesca
in campo politico, economico e culturale.
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