RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 18 - Testo della Trasmissione di sabato 18 gennaio  2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Siate fedeli testimoni della fede, fino all’eroismo, sull’esempio della vostra patrona Sant’Agnese. Così Giovanni Paolo II agli alunni dell’Almo Collegio Capranica, nella tradizionale udienza d’inizio anno: con noi, il nuovo rettore della storica istituzione romana, mons. Alfredo Abbondi, e il vicerettore don Francesco D’Ascoli.

 

La conoscenza reciproca, via dell’ecumenismo e della piena comunione, incoraggiata dal Santo Padre nel saluto per il nuovo anno al Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Antiche Chiese d’Oriente.

 

In udienza dal Papa, con i familiari, il cardinale Angelo Sodano, che oggi pomeriggio celebra una Messa di ringraziamento per i 25 anni di episcopato nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

 

Si inizia oggi la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: intervista con il cardinale Walter Kasper.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La vita sopra ogni cosa, la guerra non è mai una fatalità. Un approfondimento sul discorso del Pontefice al Corpo Diplomatico, con lo storico Giorgio Rumi e l’ambasciatore Sergio Romano.

 

CHIESA E SOCIETA’:

“I cristiani e le vie della pace. A 40 anni dalla Pacem in terris”, tema di un convegno tenutosi oggi a Milano, con gli interventi dei cardinali Dionigi Tettamanzi e Roger Etchegaray.

 

Conferenza stampa lunedì a Roma, in vista della 50.ma Giornata Mondiale della Lebbra.

 

Mons. Cesare Bonicelli, vescovo di Parma ha salutato i missionari di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo.

 

In Messico fervono i preparativi in vista del ventesimo pellegrinaggio nazionale verso la montagna del Cristo Re.

 

Record di adesioni per l’opera di San Giovanni d’Avila.

 

24 ORE NEL MONDO:

Alta tensione tra Usa e Iraq dopo il ritrovamento delle 12 testate. Saddam annuncia che ”gli aggressori saranno costretti al suicidio alle porte di Baghdad”. Powell replica: gli Usa sono pronti ad attaccare  “senza una seconda risoluzione Onu”.

 

Cresce il movimento pacifista in tutto il mondo. 

 

Per l’inviato dell’Onu, esiste un rischio serio che la crisi nord-coreana si aggravi”. Oggi a Pyongyang il viceministro russo Losyukov, ieri a Pechino.

 

Venezuela ancora bloccata: Chávez manda l’esercito in due fabbriche di bibite chiuse da dicembre e minaccia il ritiro dal Tavolo del dialogo, che il mediatore Gaviria ha sospeso fino a lunedì.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 gennaio 2003

 

 

IL SACERDOTE UN MODELLO DI FEDELTA’ A CRISTO E AL SUO MINISTERO,

NEL SACRIFICIO QUOTIDIANO COME IN QUELLO DELLA VITA.

LO HA DETTO IL PAPA NELL’UDIENZA ALL’ALMO COLLEGIO CAPRANICA,

ANTICA ISTITUZIONE ECCLESIASTICA ROMANA

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Testimone di Dio e a lui fedele, anche se la fede può esigere un eroismo estremo. Eroismo che molto spesso ha le sembianze del martirio incruento della coerenza. E’ in sintesi il “ritratto” che Giovanni Paolo fa del sacerdote. Davanti a 70 rappresentanti dell’Almo Collegio Capranica - un antico istituto ecclesiastico romano, fondato nel 1457, dal cardinale Domenico Capranica - il Papa ha indicato nelle virtù di Sant’Agnese, patrona dell’istituto, il corredo spirituale e pastorale di ogni buon sacerdote. “Questa giovane martire - ha affermato - ci invita a perseverare con fedeltà nella nostra missione fino, se necessario, al sacrificio della vita”. Una disposizione interiore, questa, “che va alimentata con la preghiera e con un serio programma ascetico”:

 

“Chiamato ad essere per il Popolo di Dio guida illuminata ed esempio coerente di vita cristiana, il sacerdote non può venir meno alla fiducia che il Signore e la sua Chiesa ripongono in lui. Egli deve essere santo ed educatore di santità con l’insegnamento, ma ancor più con la testimonianza. E’ questo il ‘martirio’ a cui Iddio lo chiama”.

 

“Un martirio - ha osservato il Pontefice - che, pur quando non conosce il violento spargimento del sangue, esige sempre quell’incruenta ma ‘eroica costanza nella fede’ che contraddistingue l’esistenza dei veri discepoli di Cristo”.

 

Il Collegio Capranica - che oggi conta 55 studenti - ha alla sua guida un rettore di fresca nomina, mons. Alfredo Abbondi. Lo abbiamo contattato poco dopo l’udienza di stamattina, per chiedergli quale influenza avranno le parole del Papa sulla nuova linea formativa dell’Istituto:

 

R. - Una grande influenza: perché ogni volta che il Santo Padre ci rivolge un discorso - solitamente in queste occasioni - le sue parole vengono fatte oggetto di riflessione, di dialogo tra noi superiori e con gli alunni, e di preghiera. In particolare, avranno influenza i pensieri che ci ha rivolto stamattina: il richiamo al martirio, che non è tanto e soltanto quello di sangue, ma soprattutto il martirio dell’obbedienza quotidiana, per la formazione orientata alla missione del sacerdote. Sicuramente avrà un’eco il richiamo allo scopo vero della formazione seminaristica, che non è, prima di tutto, quello di diventare preti, ma di diventare santi preti.

 

D. - Che tipo di studenti ospita e frequenta il vostro collegio?

 

R. - Gli studenti per la maggior parte sono italiani, ovviamente, inviati dal loro vescovo. Da qualche anno, abbiamo anche un gruppo di sacerdoti stranieri: sono 15 e vengono da quasi tutti i continenti. Mancano, per ora, dall’Oceania e dall’America del Nord. In genere sono seminaristi, ma vi sono anche alcuni sacerdoti, mandati dai vescovi a specializzarsi a Roma. Inoltre - e questa è una caratteristica del Collegio - da oltre 30 anni ospitiamo sempre almeno uno studente ortodosso. In questo momento sono addirittura tre: dalla Bulgaria, dalla Grecia e dalla Georgia. Sono studenti che vengono a fare il normale cammino seminaristico per poi proseguire almeno per la licenza, se non addirittura fino al dottorato.

 

Solitamente si ritiene lo studente del Collegio Capranica un futuro candidato alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, ovvero alla diplomazia vaticana. Ma è davvero così? Risponde don Francesco D’Ascoli, vicerettore del Collegio:

 

R. - Assolutamente no, questo è un luogo comune che ha preso piede. I nostri alunni vengono da molte diocesi d’Italia e del mondo. Vengono qui, innanzitutto, per conoscere il Signore, per farsi santi, e - all’interno di questa vocazione comune alla santità - per verificare una vocazione particolare al ministero ordinato al servizio della Chiesa. Se poi qualche vescovo decide che un alunno che studia al Collegio Capranica debba essere destinato al servizio della Santa Sede, è chiaro che tale discernimento è di pertinenza del vescovo, non certamente nostro. Anzi, potremmo dire che se noi notiamo in qualche alunno questa particolare vocazione, cerchiamo di smitizzare le cose, di sfatarle. Il servizio diplomatico è un servizio egregio, ma va fatto se il vescovo riconosce questa particolare attitudine nel candidato.

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LA FORMAZIONE, STRUMENTO ECCEZIONALE PER PROMUOVERE IL CAMMINO ECUMENICO: E’ LA RIFLESSIONE OFFERTA DA GIOVANNI PAOLO II AI MEMBRI DEL COMITATO CATTOLICO PER LA COLLABORAZIONE CULTURALE CON LE CHIESE ORTODOSSE

E LE ANTICHE CHIESE DELL’ORIENTE, NEL TRADIZIONALE SALUTO DI INIZIO ANNO

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

La “promozione dell’impegno ecumenico deve essere una preoccupazione costante nell’opera di formazione”. Così, Giovanni Paolo II ai membri del Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Antiche Chiese dell’Oriente, ricevuti stamani in udienza per il tradizionale saluto di inizio anno. La formazione, dunque, quale strumento per “promuovere il cammino ecumenico fino al raggiungimento della piena comunione”. Un aspetto, questo, messo in rilevo dal Papa che ha sottolineato come non sia “più l’ora dell’ignoranza reciproca”, ma piuttosto “l’ora dell’incontro e della condivisione dei doni di ciascuno sulla base di una mutua conoscenza oggettiva e approfondita”.

 

 Il Pontefice si è così soffermato sulla storia e il ruolo del Comitato. “Un’importante testimonianza di comunione”, l’ha definita, ricordando che fin dalle origini questo organismo ha svolto un significativo ruolo nell’ambito della sezione orientale del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Un’attività di sostegno ecclesiale alle Chiese ortodosse e alle Antiche Chiese dell’Oriente, ha rammentato, che è scaturita dalla volontà di Papa Paolo VI. Attraverso borse di studio a candidati ortodossi, lo scambio di libri di letteratura e teologia e, ancora, con la promozione di progetti formativi, il Comitato svolge un’opera importante che “s’ispira al criterio della reciprocità”. D’altro canto, ha rilevato il Santo Padre, la presenza a Roma di studenti ortodossi - spesso accolti in collegi pontifici ed altre strutture cattoliche - dà attuazione a quell’elemento fondamentale dell’impegno ecumenico rappresentato dallo “scambio di doni fra le Chiese nella loro complementarità”.

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA TRE VESCOVI DEL BRASILE E IL CARDINALE ANGELO SODANO,

CHE CELEBRA OGGI POMERIGGIO UNA MESSA PER I 25 ANNI DI EPISCOPATO.

NOMINA DI CURIA: MONS. TARCISIO BERTONE, MEMBRO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 

 - A cura di Paolo Salvo -

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto tre vescovi della Conferenza episcopale del Brasile, in visita “ad Limina”.

 

Il Papa ha ricevuto in fine mattinata il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, con i familiari. Ricordiamo che lo scorso 15 gennaio il cardinale Sodano ha festeggiato il 25.mo di episcopato. Per l’occasione, il Santo Padre gli ha inviato una lettera augurale, ricordando la recente conferma del porporato, che ha compiuto 75 anni lo scorso 23 novembre, nell’importante incarico di segretario di Stato, a motivo della “coerenza e dedizione” dimostrata e del “salutare vantaggio” da lui “arrecato all’intera famiglia cattolica e a tutti gli uomini di buona volontà”.

 

Il cardinale Sodano, che è segretario di Stato dal 29 giugno 1991, in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione episcopale, celebrerà la Santa Messa questo pomeriggio alle ore 17.00 nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore.

 

Nell’attività odierna del Papa, anche la nomina di mons. Tarcisio Bertone a membro della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il presule, nominato lo scorso 10 dicembre arcivescovo di Genova, rientra così in qualità di membro nel

dicastero dottrinale della Santa Sede, di cui come si sa è stato a lungo segretario. Già arcivescovo di Vercelli, giurista piemontese di 68 anni, mons. Bertone è stato in precedenza rettore magnifico della Pontificia Università Salesiana, ove ha insegnato Teologia morale e ha diretto la Facoltà di Diritto Canonico, insegnando tra l’altro Diritto pubblico ed ecclesiastico.

 

 

HA INIZIO OGGI LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:

LUCI ED OMBRE DEL CAMMINO ECUMENICO E GLI AUSPICI

DEL CARDINALE WALTER KASPER, CHE IERI POMERIGGIO HA PRESIEDUTO

UNA CELEBRAZIONE DELLA PAROLA NELLA CHIESA DI SANTA BRIGIDA

IN PIAZZA FARNESE A ROMA ASSIEME ALLA DELEGAZIONE LUTERANA FINLANDESE

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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La “Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani”, promossa da padre Paul Irénée Couturier nel 1933, è giustamente considerata come uno degli eventi fondanti del movimento ecumenico. Questa “Settimana” del mese di gennaio, la cui conclusione coincide con la festa della conversione dell’apostolo Paolo il 25 gennaio e che, in alcuni Paesi, è celebrata a Pentecoste, è il fulcro e l’apice delle attività ecumeniche dell’anno liturgico. Con noi, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il quale ieri pomeriggio ha dato avvio alla preghiera con una celebrazione nella chiesa di Santa Brigida in Piazza Farnese, assieme alla delegazione luterana finlandese:

 

D. – Eminenza, quali progressi si sono compiuti di recente nel cammino ecumenico?

 

R. – La visita del Santo Padre in Scandinavia, le ripetute visite dei nostri amici finlandesi qui a Roma, i grandi eventi ecumenici del Giubileo del 2000, le visite del Papa in alcuni Paesi a maggioranza ortodossa e le visite compiute da Patriarchi ortodossi a Roma, come ad esempio quella del Patriarca della Chiesa ortodossa romena, Sua Beatitudine Theoctist, lo scorso anno, così come le Giornate di preghiera per la pace nel mondo di Assisi del 1986 e del 2002, hanno evidenziato i progressi ecumenici fino ad ora realizzati. Questo cammino di avvicinamento, come ha più volte ribadito il Santo Padre, è irreversibile. Esso è stato tracciato per noi da Cristo stesso che, alla vigilia della sua morte, ha pregato affinché tutti siano una cosa sola. L’unità è dunque il testamento lasciatoci da Nostro Signore.

 

D. – Non mancano ovviamente preoccupazioni?

 

R. – Malgrado tali progressi, non si può non rilevare che l’avvicinamento ecumenico, nel corso degli ultimi anni, si è fatto più lento e anche più stanco. E’ venuto meno l’entusiasmo originario che a volte era accompagnato da utopiche attese, e sono insorte nuove difficoltà. Con le Chiese ortodosse, dopo la svolta politica degli anni 1989/90, è riemerso il problema del cosiddetto “uniatismo”. Per quanto riguarda il dialogo con le Comunità ecclesiali d’Occidente, le difficoltà maggiori si concentrano soprattutto sulla questione ecclesiologica ed, in particolare, sul ministero ecclesiale. La situazione è resa più complessa anche dall’esistenza di risposte diverse ad alcuni problemi etici fondamentali. Si è sempre più delusi dal fatto che non sia ancora possibile partecipare insieme alla mensa del Signore. E chi non ne sarebbe rattristato?

 

D. – Quali auspici lei formula e quali suggerimenti offre?

 

R. – In tale situazione, un accresciuto attivismo non basta a far progredire le cose. Certamente, non dobbiamo ridurre l’impegno e dobbiamo continuare a fare del nostro meglio, ma l’unità della Chiesa non si realizza con le nostre sole forze e la nostra sola volontà. L’unità è un dono dello Spirito Santo. Noi possiamo soltanto pregare affinché Dio mandi su di noi il suo Spirito e conceda una nuova Pentecoste. In una situazione divenuta oggi più difficile, dobbiamo innanzitutto far riferimento alle radici spirituali più profonde del nostro impegno: dobbiamo ritornare alle sorgenti del nostro impegno cristiano ed ecumenico. Una Santa qual è stata Santa Brigida, che ha vissuto profondamente come mistica contemplativa ed allo stesso tempo come donna attiva, impegnata politicamente, può esserci di grande esempio ed aiuto nei nostri sforzi per il raggiungimento dell’unità. Sul suo esempio, anche noi possiamo essere certi che il Padre ci concederà tutto ciò che gli chiediamo in nome di Gesù. E quale dono potremmo chiedere in nome di Gesù che sia più prezioso dell’unità dei suoi discepoli?

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con il Medio Oriente: “altre vittime di una violenza che non conosce distinzioni di parte”. Al contempo si dà notizia che il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine Michel Sabbah, non ha potuto lasciare l’aeroporto di Tel Aviv. I servizi di sicurezza dell’aeroporto, non rispettando il passaporto diplomatico della Santa Sede di cui è titolare il presule, lo hanno sottoposto a tali controlli che il Patriarca ha preferito di non partire e non ha così potuto partecipare, oggi, ad un Simposio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in svolgimento a Roma.

 

Nelle vaticane, nel discorso al “Consiglio di Gestione” del Comitato Cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese Ortodosse e le antiche Chiese dell’Oriente, il Papa ha sottolineato che non è più l’ora dell’ignoranza reciproca, ma è l’ora dell’incontro e della condivisione dei doni di ciascuno, sulla base di una mutua conoscenza. Nel discorso alla comunità dell’Almo Collegio Capranica, il  Santo Padre ha evidenziato che il sacerdote deve essere santo ed educatore di santità con l’esempio, ma ancor più con la testimonianza. La Lettera del Papa al

cardinale Lopez Trujillo per la nomina a Legato Pontificio alle celebrazioni dell’Incontro Mondiale delle Famiglie (Manila, 23-26 gennaio). Il giornale dedica tre pagine  a questo evento. Una pagina incentrata sulla Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani (18-25 gennaio).

 

Nelle pagine estere, Iraq:crescono le divergenze tra Usa ed Unione Europea; la Francia chiede più tempo per le ispezioni. Corea del Nord:l’inviato del Cremlino in missione a Pyongyang, mentre gli Stati Uniti preparano una proposta globale sulla crisi.

 

Nella pagina culturale, uno stralcio della lettura del Canto XXII del “Paradiso” che, domenica 19 gennaio, farà il prof. Fernando Salsano, nella Casa di Dante.

 

Nella pagine italiane, in primo piano la giustizia. La questione dell’art. 18; il tema dell’ambiente.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 gennaio 2003

 

 

UN APPROFONDIMENTO SUI TEMI CHIAVE DEL DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AL CORPO DIPLOMATICO, ATTRAVERSO LE RIFLESSIONI DELLO STORICO

GIORGIO RUMI E DELL’AMBASCIATORE SERGIO ROMANO

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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La vita sopra ogni cosa. Il rispetto della persona, paradigma delle relazioni tra gli Stati, ma anche base irrinunciabile del dialogo tra i popoli e le culture. Muove da qui il rifiuto della guerra a cui il Papa ha dedicato la parte centrale del suo recente discorso al corpo diplomatico. Un no deciso, quello di Giovanni Paolo II, accompagnato, d’altro canto, dalla convinzione che “cambiare si può”, nonostante le divisioni e le paure che rendono incerto il futuro dell’umanità. Proprio questa fiducia incrollabile nell’uomo, assieme all’attenzione particolare riservata alla legge naturale - elemento unificante che travalica i confini geografici - ha catalizzato l’interesse dello storico Giorgio Rumi, professore all’Università Statale di Milano:

 

R. – Direi quel riferimento al diritto naturale, alla legge naturale, perché c’è un dibattito vivace in ambiente accademico se esista o non esista, se sia legittimo appellarsi ad esso… Il Papa non ne fa un dogma, però storicamente è una tavola di salvezza di fronte all’avanzante soggettivismo filosofico, personale. Qui il Papa ci dice che esistono dei principi, delle norme iscritte nella natura che non è lecito disattendere.

 

D. – “La guerra non è mai una fatalità”, ha affermato Giovanni Paolo II che ha puntato l’attenzione sul diritto internazionale quale mezzo per la risoluzione dei contenziosi tra i popoli. La sfida della pace può essere vinta in un mondo ferito da mille divisioni?

 

R. – Ecco, direi che la nota fondamentale di questo discorso, oltre al riferimento culturale alla legge naturale, è proprio il realismo. Non è una speranza vacua, indifferenziata, un capitolo del perbenismo intellettuale; richiama alla possibilità e, direi anche alla doverosità di un sistema relazionale basato sulla giustizia e non basato sulla forza. Si tratta di prendere atto che la guerra ai tempi nostri ha assunto connotazioni che la rendono intollerabile. Non sono più ‘guerrette’ del ‘700 con i capelli incipriati, piccoli fatti stagionali. Sono guerre per loro definizione ‘totali’, ‘planetarie’ e quindi intollerabili. Ecco perché lo stesso Papa ha rivisitato il concetto di ‘guerra giusta’.

 

D. – Giovanni Paolo II ha sottolineato ancora una volta la necessità dell’interdipendenza tra le nazioni; come leggere questo richiamo nell’attuale contesto internazionale?

 

R. – L’attuale contesto internazionale è molto singolare, perché non c’è più l’equilibrio delle potenze, non ci sono più due superpotenze. Abbiamo una iper-potenza chiamata ad un compito molto grave, molto importante. Ecco perché alcuni secondo me non mettono bene a fuoco la necessaria asimmetria del discorso pontificio che non deriva da scarso amore per gli Stati Uniti, ma proprio dalle possibilità e dai doveri che incombono sull’iper-potenza. E’ un discorso molto rispettoso e molto affettuoso verso gli Stati Uniti, soprattutto verso il popolo americano. Poi le contingenze della politica sono un’altra questione. E quindi, in questo mondo, in questa situazione la doverosità dell’interdipendenza diventa un fatto assoluto.

 

D. – “Il mondo ha paura ma tutto si può cambiare”, ha detto il Pontefice. La speranza, la fiducia nell’uomo possono essere considerate il filo conduttore del discorso al Corpo Diplomatico?

 

R. – Ecco, una speranza non rassegnata, cioè non un abbandono all’andazzo delle cose, ma una speranza operativa. Ricordo un altro discorso del Papa, recentissimo, dove fa riferimento ad una sorta di democratizzazione della pace, che deve diventare non un gemito, non un flatus vocis, ma una cosa in cui i singoli gruppi sociali, gli Stati siano tutti impegnati.

 

Se la speranza che pervade il discorso di Giovanni Paolo II ha colpito Giorgio Rumi, il riferimento puntuale al ruolo irrinunciabile delle Nazioni Unite ha, invece, destato l’interesse di un diplomatico di lungo corso come l’ambasciatore Sergio Romano:

 

R. – Credo soprattutto il riferimento alle Nazioni Unite. Il Papa si è lungamente diffuso sulla importanza dell’Onu, sulle regole fissate dall’Organizzazione internazionale; evidentemente, nelle parole del Papa c’è un forte sostegno all’Onu come organizzazione destinata, per quanto possibile, a garantire un certo ordine mondiale.

 

D. – Il Papa ha lanciato la sfida della pace: quali gli ostacoli più ardui per i leader politici del modo?

 

R. – Generalmente, a torto o a ragione, un leader politico agisce sulla base della percezione che lui ha della sicurezza del proprio Paese. Quando ritiene che la sicurezza del proprio Paese sia in discussione, naturalmente reagisce. E reagisce sulla base di un certo numero di calcoli, che sono al tempo stesso politici, militari, economici, strategici, anche politico-elettorali. Quindi, parlare di qualità morali, di virtù civili indubbiamente è molto importante ma credo che i fattori che condizionano un uomo di Stato siano anche altri.

 

D. – Il Papa ha sottolineato che l’indipendenza degli Stati non può più essere concepita se non nell’interdipendenza ...

 

R. – Credo che vi sia, nelle parole del Papa, la convinzione, una convinzione che dovrebbe essere condivisa anche dai più incalliti diplomatici: il mondo è diventato troppo complicato perché uno Stato creda, possa con le proprie leggi, con le proprie strategie cercare di governarlo, di dominarlo. Interdipendenza è una parola giusta che possiamo condividere tutti.

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CHIESA E SOCIETA’

18 gennaio 2003

 

 

“I CRISTIANI E LE VIE DELLA PACE. A 40 ANNI DALLA PACEM IN TERRIS”.

È QUESTO IL TITOLO DEL CONVEGNO TENUTOSI OGGI XII A MILANO

DOVE SONO INTERVENUTI I CARDINALI  DIONIGI TETTAMANZI, E ROGER ETCHEGARAY

 

- A cura di Fabio Brenna -

 

MILANO. = “I cristiani e le vie della pace. A 40 anni dalla Pacem in Terris”. E’ il titolo dell’incontro tenutosi oggi nel salone Pio XII a Milano promosso dal centro di educazione alla mondialità della diocesi di Milano e dal Centro europeo per la pace. Al convegno sono intervenuti il cardinale Roger Etchegaray, già presidente della pontificia commissione Giustizia e Pace, e il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Riproporre l’analisi e le speranze di pace profetizzate nell’enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” 40 anni fa. E’ in questa direzione che si può incanalare l’impegno di pace dei cristiani di  oggi. Questo l’indirizzo condiviso nel confronto fra Roger Etchegaray e Dionigi Tettamanzi. Il cardinale Etchegary ha definito l’enciclica un testo fondamentale che unisce l’impegno vecchio e nuovo della Chiesa per la Pace, un impegno fondato sulle quattro colonne della verità, della giustizia, della carità e della libertà. Ma anche per la Chiesa, parlare oggi di pace, significa misurarsi con la grave crisi internazionale. Il cardinale Etchegaray ha allora spiegato che la Chiesa, in campo internazionale, predilige le relazioni multilaterali, appoggiando l’azione dell’Onu nella costruzione di un’unica famiglia umana. Ed anche nei confronti della crisi irachena è necessario elaborare soluzioni in questo senso, evitando il confronto bilaterale o addirittura quello unilaterale. L’impegno per la pace non può però essere determinato dalla minaccia della guerra, ma deve permeare la vita delle persone, la vita quotidiana. Ecco perché - ha spiegato il cardinale Etchegaray - quello della Chiesa non è pacifismo e nemmeno si può ridurre la Chiesa a forza di complemento per i vari movimenti pacifisti, tentazione questa assai diffusa oggi – ha osservato. Il cardinale ha poi affermato che con un’informazione documentata e corretta si educa alla pace. La pace è dunque la condizione esistenziale del cristiano. Ciò si traduce, secondo l’arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi, nell’attenzione dei piccoli gesti quotidiani. Non basta firmare appelli per la pace, ha rimarcato Tettamanzi. Bisogna vincere l’egoismo, il rintanarsi nel privato, la tentazione di curarsi solo del particolare. La Chiesa stessa, ha poi concluso l’arcivescovo di Milano, dando testimonianza di Unità, alimenta e educa alla Pace.

 

 

PER RICORDARE CHE LA PIAGA DELLA LEBBRA NON E’ ANCORA ESTINTA SI TERRA’’ MARTEDI’ PROSSIMO IN CAMPIDOGLIO A ROMA

UNA CONFERENZA STAMPA IN VISTA DELLA 50.MA GIORNATA MONDIALE DELLA LEBBRA

 

ROMA. = Più di un nuovo caso al minuto e dieci milioni di persone ancora segnate dal male: queste le cifre essenziali di una malattia come la lebbra che colpisce le fasce più povere dei Paesi del sud del mondo. Per ricordare che questa piaga non è ancora estinta, il prossimo 21 gennaio a Roma, alle ore 11.00, nella Sala del Carroccio in Campidoglio, si terrà una conferenza stampa in vista della 50.ma Giornata mondiale della lebbra, che ricorre il 26 gennaio. Si tratta di un’ulteriore occasione di riflessione per la comunità internazionale sulle forme d’intervento necessarie per sconfiggere definitivamente la miseria e la fame, ancora oggi presenti in vaste aree del pianeta. La lebbra, infatti, è un morbo da sempre associato all’emarginazione e al disagio sociale, per la quale esiste una cura efficace ma non un vaccino. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 1991 i nuovi casi di lebbra diagnosticati nel mondo erano 608.992, mentre nel 2001, dieci anni dopo, la cifra era salita a 760.695. La Giornata mondiale della lebbra fu istituita, nel 1954, da Raoul Follereau, uomo che ha dedicato la sua vita all’impegno per la pace e la giustizia sociale. In occasione della 50.ma Giornata della lebbra migliaia di volontari saranno nelle piazze italiane per offrire il miele della solidarietà, mentre proseguirà la tournée di danzatori non vedenti indiani “Danze di luce”, che toccherà nove città italiane. Tutti i fondi raccolti saranno destinati alla cura dei malati di lebbra dell’India, il Paese che registra il 73 per cento dei casi di questa malattia nel pianeta. A promuovere l’iniziativa in Italia è l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau (Aifo), organismo di cooperazione internazionale impegnato in 30 Paesi del mondo con interventi socio sanitari. In 40 anni, attraverso l’Aifo, gli italiani hanno contribuito a curare un milione di malati di lebbra e a realizzare strutture di assistenza nei Paesi del sud del mondo. (A.L.)

 

 

“SONO VENUTO COME PELLEGRINO PER INCONTRARVI E INCORAGGIARVI NEL VOSTRO CAMMINO DI FEDE”.

COSI’ IL VESCOVO DI PARMA, MONS. CESARE BONICELLI, HA SALUTATO I MISSIONARI DI GOMA,

 NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

 

GOMA. = “Sono venuto come pellegrino per incontrarvi e per incoraggiarvi nel vostro cammino di fede e di annuncio del Vangelo”. Così il vescovo di Parma, mons. Cesare Bonicelli, ha salutato le religiose e i religiosi originari della sua diocesi che ha incontrato a Goma, nell’est della Repubblica democratica del Congo. Secondo quanto riferiscono fonti della Misna, il presule ieri ha visitato la sede dell’emittente diocesana di Bukavu, “Radio Maria Regina della Pace”. Durante la sua visita pastorale in terra africana, monsignor Bonicelli ha toccato con mano la realtà della città-fantasma di Goma, la capitale del nord Kivu che porta ancora con evidenza le ferite aperte dalla devastante eruzione vulcanica dell’anno scorso. Il vescovo di Parma si è incontrato con i rappresentanti della Chiesa locale, il vescovo di Goma, mons. Faustin Ngabu, e quello emerito, mons. Ndejju. Insieme a loro, il presule parmense ha visitato i luoghi colpiti dalla sciagura del gennaio 2002, quando il risveglio del vulcano Nyiragongo provocò migliaia di sfollati. Il presule si è recato anche nei locali del centro di accoglienza per disabili, dove operano due volontarie laiche della diocesi di Parma. (A.L.)

 

 

IN MESSICO FERVONO I PREPARATIVI IN VISTA DEL VENTESIMO PELLEGRINAGGIO NAZIONALE VERSO LA MONTAGNA DEL CRISTO RE,

DOVE IL 25 GENNAIO PROSSIMO OLTRE CENTOMILA GIOVANI PREGHERANNO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Fervono i preparativi in vista del ventesimo pellegrinaggio nazionale verso la montagna del Cristo Re, dove il 25 gennaio prossimo oltre centomila giovani messicani pregheranno per la giustizia e la pace rinnovando la loro professione di fede. L’iniziativa rientra nel programma che lo stesso Santo Padre ha fissato con i ragazzi in occasione della Giornata mondiale della gioventù e lo slogan della manifestazione sarà lo stesso utilizzato a Toronto la scorsa estate: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. “Vogliamo portare la luce a coloro che vivono nelle tenebre e nella disperazione – scrivono i promotori dell’evento - rendendo la nostra testimonianza al Paese e al mondo intero per ribadire il nostro impegno a sostegno della cultura della vita”. Si inizierà con l’adorazione al Santissimo Sacramento e l’Eucaristia per preparare i giovani al 48.mo Congresso eucaristico internazionale, previsto il prossimo anno a Guadalajara. Il corteo sarà accompagnato dalla Vergine di Guadalupe, la statua che Giovanni Paolo II benedisse in occasione della visita del 1999. “Guardiamo al futuro dando il nostro apporto affinché il Paese sia sempre fedele alla sua identità cattolica e rispetti valori quali la giustizia, la verità, la solidarietà e l’onestà”. (D.D. – A.L.)

 

 

RECORD DI ADESIONI PER L’OPERA DI SAN GIOVANNI D’AVILA. TRA LA SPAGNA

 E L’AMERICA LATINA I VOLONTARI SONO ARRIVATI A DIECIMILA

 

VALENCIA. = Record di adesioni per l’Opera San Giovanni d’Avila. Tra la Spagna e l’America Latina i volontari sono arrivati a diecimila. L’organismo fu fondato nel 1962 dal sacerdote di Valencia, José Soto Chulià, con l’obiettivo di risvegliare la coscienza e lo spirito cristiano dei laici impegnati nella Chiesa ispirandosi agli insegnamenti di San Giovanni d’Avila. In Spagna l’Opera è presente, oltre che a Valencia, anche a Toledo, Albacete, Ciudad Real, Lerida e Alicante. Oltre confine i volontari lavorano in Argentina, Colombia, Cile, Perù ed Ecuador. L’Opera San Giovanni d’Avila si occupa soprattutto della formazione dei giovani, delle coppie sposate, dei corsi prematrimoniali, dei gruppi di preghiera e dei corsi di catechismo. Nel 1994 è stata eletta Associazione Internazionale Privata di Fedeli di Diritto Pontificio ed è stata riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i Laici. (D.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 gennaio 2003

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Gli Stati Uniti sono pronti ad attaccare l’Iraq “senza una seconda risoluzione dell’Onu e con l’aiuto di chi vorrà essere dalla loro parte”. Le parole del segretario di Stato americano, Powell, testimoniano l’escalation della tensione tra i due Paesi. Mentre gli ispettori del Palazzo di Vetro sono al loro 50.mo giorno di ispezioni in Iraq, e stanno interrogando alcuni docenti nell'università di Baghdad e controllando una serie di stabilimenti a sud della capitale irachena, non cessano le polemiche né per il ritrovamento delle 12 testate nucleari, né per il discorso di ieri di Saddam Hussein. Il rais ha tuonato: “Gli aggressori saranno fermati e costretti al suicidio, alle porte di Baghdad”. Da New York ci riferisce Paolo Mastrolilli.

 

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La Casa Bianca ha liquidato il discorso come una delle tante esagerazioni retoriche del leader iracheno. Invece, ha definito seria e preoccupante la scoperta delle testate. Secondo Washington non si tratta ancora della prova definitiva necessaria a scatenare la guerra, ma le ogive non erano elencate nel rapporto sulle armi consegnato al Palazzo di Vetro in dicembre e, quindi, confermano che Saddam sta violando la risoluzione e non intende collaborare. Il segretario di Stato Powell ha dichiarato che entro la fine del mese gli Stati Uniti proveranno che Baghdad non coopera e non servirà una seconda risoluzione dell’Onu per attaccare. Il Pentagono intanto ha fatto salpare dalla California un altro gruppo di sette navi con sette mila marines a bordo, diretti nel Golfo Persico, mentre i caccia che pattugliano le “no fly zone” sono tornati a colpire nel sud dell’Iraq. Il capo degli ispettori Onu, Blix, in visita a Parigi e Londra, prima di andare domani in Iraq ha detto che le 12 testate non sono una grande novità, però ha ribadito che nessuno sa con certezza che fine hanno fatto tutte le armi possedute da Saddam, e quindi per evitare la guerra serve maggiore collaborazione.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il 27 gennaio, giorno in cui gli ispettori Onu incaricati di verificare il disarmo iracheno renderanno conto del loro lavoro in Iraq al Consiglio di sicurezza dell'Onu, ''non è una data definitiva'' per la fine delle ispezioni.

 

Intanto negli stessi Stati Uniti cresce il dissenso per una possibile guerra in Iraq. Tra poche ore le strade di Washington faranno da cornice ad una grande manifestazione pacifista, alla quale parteciperanno numerosi movimenti, uniti da un unico grande messaggio: “no alla guerra”. Si tratta della più grande marcia pacifista in territorio americano dalla guerra in Vietnam.

 

Nel mondo arabo, invece, le manifestazioni contro una possibile operazione militare in Iraq si tingono di anti-americanismo. Ieri circa 10 mila palestinesi hanno sfilato a Gaza per manifestare libero appoggio a Saddam Hussein. La marcia, iniziata al termine della preghiera del venerdì, era guidata da diversi alti esponenti palestinesi, fra cui il leader spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin.

 

E mentre a Gaza si sfilava per dare il proprio appoggio a Saddam Hussein, nel resto della regione proseguivano le violenze. Un israeliano e due palestinesi  sono rimasti uccisi ieri sera in una sparatoria scoppiata quando questi ultimi si sono infiltrati in un minuscolo insediamento ebraico ancora in fase di costruzione ai margini di un popoloso rione arabo di Hebron, in Cisgiordania. Questa mattina, invece, sempre ad Hebron centinaia di studenti palestinesi e decine di docenti hanno sfilato per protestare contro la chiusura del Politecnico e dell'Università islamica da parte delle autorità militari israeliane, secondo cui gli atenei sarebbero diventati ''centri per il reclutamento di kamikaze palestinesi''.

 

“Esiste un rischio serio che la crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord si aggravi”. Di ritorno da Pyongyang, l’inviato dell’Onu, Maurice Strong, ha invitato i due Paesi alla moderazione, mentre ferve l’attività diplomatica per evitare un conflitto. Oggi l'inviato speciale russo Alexander Losyukov è arrivato in Corea del Nord dove, oltre agli incontri al ministero degli Esteri, ha in programma colloqui con il leader Kim Jong Il. Scopo della missione dell'inviato di Mosca è quello di esporre ai leader di Pyongyang ''i piani delle autorità della Federazione Russa per risolvere il problema coreano''.

 

E questa mattina l’India ha testato un missile terra aria di media portata. Il lancio è avvenuto a Chandipur, nell’est del Paese. Già la scorsa settimana un esperimento analogo era stato eseguito sia da New Delhi, sia da Islamabad, entrambe potenze nucleari.

 

Ci trasferiamo in America Latina, e precisamente a Cuba dove il governo ha intensificato nelle ultime ore gli appelli alla popolazione a recarsi ''in massa'' alle urne per garantire il successo delle elezioni di domani, in cui si rinnoveranno i 609 deputati al Parlamento nazionale ed i 1.099 delegati provinciali. L'opposizione interna ha invece invitato a boicottare la tornata elettorale, sostenendo che ''tutti i candidati rispondono esclusivamente al governo''. Alle precedenti elezioni parlamentari del ’98, secondo le cifre del regime castrista, l'affluenza alle urne fu del 98%. 

 

Si aggrava la situazione in Venezuela, dove il mediatore Gaviria ha sospeso fino a lunedì il Tavolo del dialogo, a causa del clima incandescente. Intanto, il presidente Chávez sarà oggi in Brasile, per incontrare il collega Lula da Silva. Il servizio di Giada Aquilino:

 

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L’incontro col neo capo di Stato brasiliano giunge al termine di giorni convulsi, in cui Chávez non solo si è detto scettico sulla mediazione dell’Organizzazione degli Stati americani - minacciando addirittura di abbandonare il tavolo dei negoziati promossi con l’opposizione - ma ha criticato pure la formazione di un gruppo di Paesi che collaboreranno col segretario dell’Osa Gaviria per trovare una via d'uscita alla crisi: di tale gruppo fanno parte per il momento Stati Uniti, Spagna, Portogallo, Brasile, Cile e Messico. ''Il Venezuela - ha detto Chavez - non accetta restrizioni nella designazione dei propri amici''. Dopo aver portato ieri in Parlamento il bilancio della sua gestione 2002 e prima di lasciare Caracas, il capo di Stato ha ordinato all’esercito di prendere il controllo con la forza di due fabbriche di bevande, ad ovest della capitale, in sciopero dal 2 dicembre. Ordine eseguito questa mattina. Si tratta del primo intervento delle forze armate da quando, la settimana scorsa, Chavez ha annunciato azioni militari per prendere possesso delle aziende alimentari ed assicurare l’approvvigionamento.

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“La guerra fredda è stata sostituita da un conflitto diverso, cioè quello contro il terrorismo internazionale”. Lo ha detto oggi a Mosca il ministro della Difesa russo Serghiei Ivanov, aggiungendo che il terrorismo ha lanciato una guerra non dichiarata contro la Russia, la quale è pronta ad utilizzare le forze armate per rispondere a tale minaccia.

 

Sempre sul fronte terrorismo ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha stabilito all’unanimità di rafforzare le sanzioni contro al Qaeda e tutte le persone collegate all'organizzazione terroristica. Le misure includono il congelamento dei beni di Osama ben Laden, l'embargo delle armi ed il divieto dei viaggi. Il Consiglio ha inoltre chiesto al segretario generale, Kofi Annan, di confermare la nomina di cinque esperti per monitorare nei prossimi 12 mesi l'attuazione dei provvedimenti.

 

Un crimine contro l’umanità. Questo il parere del leader turco cipriota Denktash a proposito del piano delle Nazioni Unite per la riunificazione di Cipro che, a suo parere, andrebbe a sradicare decine di migliaia di ciprioti dalle loro terre. Denktash ha parlato poco prima del suo incontro col leader greco cipriota Clerides, col quale mercoledì scorso aveva riannodato il negoziato dopo quasi tre mesi di stallo, per fissare un calendario che permetta l’approvazione del piano Onu entro il 28 febbraio.

 

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Il piano dell’Onu, in parte contestato da Denktash, prevede la restituzione di una parte dei territori attualmente sotto occupazione turca; la fine della presenza di 40 mila soldati turchi nel nord di Cipro; uno Stato smilitarizzato; la formazione di uno Stato federale sul modello dei cantoni svizzeri, con due entità dotate di sovranità; un unico passaporto; la libera circolazione di tutti i ciprioti in tutta l’isola. Ma Denktash pretende, prima di accettare il piano dell’Onu, un referendum popolare nella zona da lui controllata entro il 30 di marzo. Ma il tempo non gioca a suo favore, dopo la dimostrazione di 50 mila ciprioti che i giorni scorsi hanno chiesto le sue dimissioni, e proprio mentre Ankara appare decisa alla riunificazione di Cipro, in cambio dell’adesione della Turchia all’Unione Europea, in tempi i più brevi possibili.

 

Per Radio Vaticana, Cesare Rizzoli.

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Un contingente di 172 militari senegalesi è arrivato stamani ad Abidjan, in Costa d’Avorio nel quadro dell’impegno della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. I militari hanno il compito di fungere da forza di interposizione tra i ribelli e i governativi del presidente Gbagbò, in conflitto dal 19 settembre scorso. Intanto oggi a Parigi è il quarto giorno di colloqui tra il governo ivoriano ed i ribelli. I primi risultati del dialogo riguardano il concetto di cittadinanza, che le autorità di Abidjan hanno accettato di estendere anche agli immigrati.

 

 

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