RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 18 - Testo della
Trasmissione di sabato 18 gennaio
2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Conferenza stampa lunedì a Roma, in vista
della 50.ma Giornata Mondiale della Lebbra.
Record di adesioni per
l’opera di San Giovanni d’Avila.
Alta tensione tra Usa e Iraq dopo il
ritrovamento delle 12 testate. Saddam annuncia che ”gli aggressori saranno costretti
al suicidio alle porte di Baghdad”. Powell replica: gli Usa sono pronti ad
attaccare “senza una seconda
risoluzione Onu”.
Cresce il movimento pacifista in tutto il
mondo.
Per l’inviato
dell’Onu, esiste un rischio serio che la crisi nord-coreana si aggravi”. Oggi a
Pyongyang il viceministro russo Losyukov, ieri a Pechino.
Venezuela ancora
bloccata: Chávez manda l’esercito in due fabbriche di bibite chiuse da dicembre
e minaccia il ritiro dal Tavolo del dialogo, che il mediatore Gaviria ha sospeso
fino a lunedì.
18 gennaio 2003
IL SACERDOTE UN MODELLO DI FEDELTA’ A
CRISTO E AL SUO MINISTERO,
NEL
SACRIFICIO QUOTIDIANO COME IN QUELLO DELLA VITA.
LO HA
DETTO IL PAPA NELL’UDIENZA ALL’ALMO COLLEGIO CAPRANICA,
ANTICA
ISTITUZIONE ECCLESIASTICA ROMANA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Testimone
di Dio e a lui fedele, anche se la fede può esigere un eroismo estremo. Eroismo
che molto spesso ha le sembianze del martirio incruento della coerenza. E’ in
sintesi il “ritratto” che Giovanni Paolo fa del sacerdote. Davanti a 70
rappresentanti dell’Almo Collegio Capranica - un antico istituto ecclesiastico
romano, fondato nel 1457, dal cardinale Domenico Capranica - il Papa ha indicato
nelle virtù di Sant’Agnese, patrona dell’istituto, il corredo spirituale e
pastorale di ogni buon sacerdote. “Questa giovane martire - ha affermato - ci
invita a perseverare con fedeltà nella nostra missione fino, se necessario, al
sacrificio della vita”. Una disposizione interiore, questa, “che va alimentata
con la preghiera e con un serio programma ascetico”:
“Chiamato
ad essere per il Popolo di Dio guida illuminata ed esempio coerente di vita
cristiana, il sacerdote non può venir meno alla fiducia che il Signore e la sua
Chiesa ripongono in lui. Egli deve essere santo ed educatore di santità con
l’insegnamento, ma ancor più con la testimonianza. E’ questo il ‘martirio’ a
cui Iddio lo chiama”.
“Un
martirio - ha osservato il Pontefice - che, pur quando non conosce il violento
spargimento del sangue, esige sempre quell’incruenta ma ‘eroica costanza nella
fede’ che contraddistingue l’esistenza dei veri discepoli di Cristo”.
Il
Collegio Capranica - che oggi conta 55 studenti - ha alla sua guida un rettore
di fresca nomina, mons. Alfredo Abbondi. Lo abbiamo contattato poco dopo
l’udienza di stamattina, per chiedergli quale influenza avranno le parole del
Papa sulla nuova linea formativa dell’Istituto:
R. - Una grande influenza: perché ogni volta che il Santo
Padre ci rivolge un discorso - solitamente in queste occasioni - le sue parole
vengono fatte oggetto di riflessione, di dialogo tra noi superiori e con gli
alunni, e di preghiera. In particolare, avranno influenza i pensieri che ci ha
rivolto stamattina: il richiamo al martirio, che non è tanto e soltanto quello
di sangue, ma soprattutto il martirio dell’obbedienza quotidiana, per la
formazione orientata alla missione del sacerdote. Sicuramente avrà un’eco il
richiamo allo scopo vero della formazione seminaristica, che non è, prima di
tutto, quello di diventare preti, ma di diventare santi preti.
D. - Che tipo di studenti ospita e frequenta il vostro
collegio?
R. - Gli studenti per la maggior parte sono italiani,
ovviamente, inviati dal loro vescovo. Da qualche anno, abbiamo anche un gruppo
di sacerdoti stranieri: sono 15 e vengono da quasi tutti i continenti. Mancano,
per ora, dall’Oceania e dall’America del Nord. In genere sono seminaristi, ma
vi sono anche alcuni sacerdoti, mandati dai vescovi a specializzarsi a Roma.
Inoltre - e questa è una caratteristica del Collegio - da oltre 30 anni
ospitiamo sempre almeno uno studente ortodosso. In questo momento sono
addirittura tre: dalla Bulgaria, dalla Grecia e dalla Georgia. Sono studenti
che vengono a fare il normale cammino seminaristico per poi proseguire almeno
per la licenza, se non addirittura fino al dottorato.
Solitamente
si ritiene lo studente del Collegio Capranica un futuro candidato alla
Pontificia Accademia Ecclesiastica, ovvero alla diplomazia vaticana. Ma è
davvero così? Risponde don Francesco D’Ascoli, vicerettore del Collegio:
R. -
Assolutamente no, questo è un luogo comune che ha preso piede. I nostri alunni
vengono da molte diocesi d’Italia e del mondo. Vengono qui, innanzitutto, per
conoscere il Signore, per farsi santi, e - all’interno di questa vocazione
comune alla santità - per verificare una vocazione particolare al ministero
ordinato al servizio della Chiesa. Se poi qualche vescovo decide che un alunno
che studia al Collegio Capranica debba essere destinato al servizio della Santa
Sede, è chiaro che tale discernimento è di pertinenza del vescovo, non
certamente nostro. Anzi, potremmo dire che se noi notiamo in qualche alunno
questa particolare vocazione, cerchiamo di smitizzare le cose, di sfatarle. Il
servizio diplomatico è un servizio egregio, ma va fatto se il vescovo riconosce
questa particolare attitudine nel candidato.
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LA FORMAZIONE, STRUMENTO
ECCEZIONALE PER PROMUOVERE IL CAMMINO ECUMENICO: E’ LA RIFLESSIONE OFFERTA DA
GIOVANNI PAOLO II AI MEMBRI DEL COMITATO CATTOLICO PER LA COLLABORAZIONE CULTURALE
CON LE CHIESE ORTODOSSE
E LE
ANTICHE CHIESE DELL’ORIENTE, NEL TRADIZIONALE SALUTO DI INIZIO ANNO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
La
“promozione dell’impegno ecumenico deve essere una preoccupazione costante
nell’opera di formazione”. Così, Giovanni Paolo II ai membri del Comitato cattolico
per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Antiche Chiese
dell’Oriente, ricevuti stamani in udienza per il tradizionale saluto di inizio
anno. La formazione, dunque, quale strumento per “promuovere il cammino ecumenico
fino al raggiungimento della piena comunione”. Un aspetto, questo, messo in
rilevo dal Papa che ha sottolineato come non sia “più l’ora dell’ignoranza
reciproca”, ma piuttosto “l’ora dell’incontro e della condivisione dei doni di ciascuno
sulla base di una mutua conoscenza oggettiva e approfondita”.
Il Pontefice si è così soffermato sulla
storia e il ruolo del Comitato. “Un’importante testimonianza di comunione”,
l’ha definita, ricordando che fin dalle origini questo organismo ha svolto un
significativo ruolo nell’ambito della sezione orientale del Pontificio
Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Un’attività di sostegno ecclesiale alle
Chiese ortodosse e alle Antiche Chiese dell’Oriente, ha rammentato, che è
scaturita dalla volontà di Papa Paolo VI. Attraverso borse di studio a
candidati ortodossi, lo scambio di libri di letteratura e teologia e, ancora,
con la promozione di progetti formativi, il Comitato svolge un’opera importante
che “s’ispira al criterio della reciprocità”. D’altro canto, ha rilevato il
Santo Padre, la presenza a Roma di studenti ortodossi - spesso accolti in
collegi pontifici ed altre strutture cattoliche - dà attuazione a
quell’elemento fondamentale dell’impegno ecumenico rappresentato dallo “scambio
di doni fra le Chiese nella loro complementarità”.
IN UDIENZA DAL PAPA TRE VESCOVI DEL BRASILE E IL
CARDINALE ANGELO SODANO,
CHE
CELEBRA OGGI POMERIGGIO UNA MESSA PER I 25 ANNI DI EPISCOPATO.
NOMINA
DI CURIA: MONS. TARCISIO BERTONE, MEMBRO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA
DELLA FEDE
- A cura di Paolo Salvo -
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto tre vescovi della Conferenza
episcopale del Brasile, in visita “ad Limina”.
Il Papa ha ricevuto in fine mattinata il cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, con i familiari. Ricordiamo che lo scorso
15 gennaio il cardinale Sodano ha festeggiato il 25.mo di episcopato. Per
l’occasione, il Santo Padre gli ha inviato una lettera augurale, ricordando la
recente conferma del porporato, che ha compiuto 75 anni lo scorso 23 novembre,
nell’importante incarico di segretario di Stato, a motivo della “coerenza e
dedizione” dimostrata e del “salutare vantaggio” da lui “arrecato all’intera
famiglia cattolica e a tutti gli uomini di buona volontà”.
Il cardinale Sodano, che è segretario di Stato dal 29
giugno 1991, in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione
episcopale, celebrerà la Santa Messa questo pomeriggio alle ore 17.00 nella
Basilica romana di Santa Maria Maggiore.
Nell’attività odierna del Papa, anche la nomina di mons.
Tarcisio Bertone a membro della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il
presule, nominato lo scorso 10 dicembre arcivescovo di Genova, rientra così in
qualità di membro nel
dicastero dottrinale della Santa Sede, di cui come si sa è
stato a lungo segretario. Già arcivescovo di Vercelli, giurista piemontese di
68 anni, mons. Bertone è stato in precedenza rettore magnifico della Pontificia
Università Salesiana, ove ha insegnato Teologia morale e ha diretto la Facoltà
di Diritto Canonico, insegnando tra l’altro Diritto pubblico ed ecclesiastico.
HA INIZIO OGGI LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI
CRISTIANI:
LUCI
ED OMBRE DEL CAMMINO ECUMENICO E GLI AUSPICI
DEL
CARDINALE WALTER KASPER, CHE IERI POMERIGGIO HA PRESIEDUTO
UNA
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA NELLA CHIESA DI SANTA BRIGIDA
IN
PIAZZA FARNESE A ROMA ASSIEME ALLA DELEGAZIONE LUTERANA FINLANDESE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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La “Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani”,
promossa da padre Paul Irénée Couturier nel 1933, è giustamente considerata
come uno degli eventi fondanti del movimento ecumenico. Questa “Settimana” del
mese di gennaio, la cui conclusione coincide con la festa della conversione
dell’apostolo Paolo il 25 gennaio e che, in alcuni Paesi, è celebrata a
Pentecoste, è il fulcro e l’apice delle attività ecumeniche dell’anno
liturgico. Con noi, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il quale ieri pomeriggio
ha dato avvio alla preghiera con una celebrazione nella chiesa di Santa Brigida
in Piazza Farnese, assieme alla delegazione luterana finlandese:
D. – Eminenza, quali progressi si sono compiuti di recente
nel cammino ecumenico?
R. – La visita del Santo Padre in Scandinavia, le ripetute
visite dei nostri amici finlandesi qui a Roma, i grandi eventi ecumenici del
Giubileo del 2000, le visite del Papa in alcuni Paesi a maggioranza ortodossa e
le visite compiute da Patriarchi ortodossi a Roma, come ad esempio quella del
Patriarca della Chiesa ortodossa romena, Sua Beatitudine Theoctist, lo scorso
anno, così come le Giornate di preghiera per la pace nel mondo di Assisi del
1986 e del 2002, hanno evidenziato i progressi ecumenici fino ad ora
realizzati. Questo cammino di avvicinamento, come ha più volte ribadito il
Santo Padre, è irreversibile. Esso è stato tracciato per noi da Cristo stesso
che, alla vigilia della sua morte, ha pregato affinché tutti siano una cosa
sola. L’unità è dunque il testamento lasciatoci da Nostro Signore.
D. – Non mancano ovviamente preoccupazioni?
R. – Malgrado tali progressi, non si può non rilevare che
l’avvicinamento ecumenico, nel corso degli ultimi anni, si è fatto più lento e
anche più stanco. E’ venuto meno l’entusiasmo originario che a volte era
accompagnato da utopiche attese, e sono insorte nuove difficoltà. Con le Chiese
ortodosse, dopo la svolta politica degli anni 1989/90, è riemerso il problema
del cosiddetto “uniatismo”. Per quanto riguarda il dialogo con le Comunità ecclesiali
d’Occidente, le difficoltà maggiori si concentrano soprattutto sulla questione
ecclesiologica ed, in particolare, sul ministero ecclesiale. La situazione è
resa più complessa anche dall’esistenza di risposte diverse ad alcuni problemi
etici fondamentali. Si è sempre più delusi dal fatto che non sia ancora
possibile partecipare insieme alla mensa del Signore. E chi non ne sarebbe
rattristato?
D. – Quali auspici lei formula e quali suggerimenti offre?
R. – In tale situazione, un accresciuto attivismo non
basta a far progredire le cose. Certamente, non dobbiamo ridurre l’impegno e
dobbiamo continuare a fare del nostro meglio, ma l’unità della Chiesa non si
realizza con le nostre sole forze e la nostra sola volontà. L’unità è un dono
dello Spirito Santo. Noi possiamo soltanto pregare affinché Dio mandi su di noi
il suo Spirito e conceda una nuova Pentecoste. In una situazione divenuta oggi
più difficile, dobbiamo innanzitutto far riferimento alle radici spirituali più
profonde del nostro impegno: dobbiamo ritornare alle sorgenti del nostro
impegno cristiano ed ecumenico. Una Santa qual è stata Santa Brigida, che ha
vissuto profondamente come mistica contemplativa ed allo stesso tempo come
donna attiva, impegnata politicamente, può esserci di grande esempio ed aiuto
nei nostri sforzi per il raggiungimento dell’unità. Sul suo esempio, anche noi
possiamo essere certi che il Padre ci concederà tutto ciò che gli chiediamo in
nome di Gesù. E quale dono potremmo chiedere in nome di Gesù che sia più
prezioso dell’unità dei suoi discepoli?
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La prima pagina si apre con il Medio Oriente: “altre
vittime di una violenza che non conosce distinzioni di parte”. Al contempo si
dà notizia che il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine Michel
Sabbah, non ha potuto lasciare l’aeroporto di Tel Aviv. I servizi di sicurezza
dell’aeroporto, non rispettando il passaporto diplomatico della Santa Sede di
cui è titolare il presule, lo hanno sottoposto a tali controlli che il
Patriarca ha preferito di non partire e non ha così potuto partecipare, oggi,
ad un Simposio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in
svolgimento a Roma.
Nelle vaticane, nel discorso al “Consiglio di Gestione”
del Comitato Cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese Ortodosse
e le antiche Chiese dell’Oriente, il Papa ha sottolineato che non è più l’ora
dell’ignoranza reciproca, ma è l’ora dell’incontro e della condivisione dei
doni di ciascuno, sulla base di una mutua conoscenza. Nel discorso alla
comunità dell’Almo Collegio Capranica, il
Santo Padre ha evidenziato che il sacerdote deve essere santo ed
educatore di santità con l’esempio, ma ancor più con la testimonianza. La
Lettera del Papa al
cardinale Lopez Trujillo per la nomina a Legato Pontificio
alle celebrazioni dell’Incontro Mondiale delle Famiglie (Manila, 23-26
gennaio). Il giornale dedica tre pagine
a questo evento. Una pagina incentrata sulla Settimana di preghiera per
l’Unità dei cristiani (18-25 gennaio).
Nelle pagine estere, Iraq:crescono le divergenze tra Usa
ed Unione Europea; la Francia chiede più tempo per le ispezioni. Corea del
Nord:l’inviato del Cremlino in missione a Pyongyang, mentre gli Stati Uniti
preparano una proposta globale sulla crisi.
Nella pagina culturale, uno stralcio della lettura del
Canto XXII del “Paradiso” che, domenica 19 gennaio, farà il prof. Fernando
Salsano, nella Casa di Dante.
Nella pagine italiane, in primo piano la giustizia. La
questione dell’art. 18; il tema dell’ambiente.
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UN APPROFONDIMENTO SUI TEMI CHIAVE DEL DISCORSO
DI GIOVANNI PAOLO II
AL
CORPO DIPLOMATICO, ATTRAVERSO LE RIFLESSIONI DELLO STORICO
GIORGIO
RUMI E DELL’AMBASCIATORE SERGIO ROMANO
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Servizio di Alessandro Gisotti -
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La vita sopra ogni cosa. Il rispetto della persona,
paradigma delle relazioni tra gli Stati, ma anche base irrinunciabile del
dialogo tra i popoli e le culture. Muove da qui il rifiuto della guerra a cui
il Papa ha dedicato la parte centrale del suo recente discorso al corpo
diplomatico. Un no deciso, quello di Giovanni Paolo II, accompagnato, d’altro
canto, dalla convinzione che “cambiare si può”, nonostante le divisioni e le
paure che rendono incerto il futuro dell’umanità. Proprio questa fiducia
incrollabile nell’uomo, assieme all’attenzione particolare riservata alla legge
naturale - elemento unificante che travalica i confini geografici - ha
catalizzato l’interesse dello storico Giorgio Rumi, professore all’Università
Statale di Milano:
R. –
Direi quel riferimento al diritto naturale, alla legge naturale, perché c’è un
dibattito vivace in ambiente accademico se esista o non esista, se sia
legittimo appellarsi ad esso… Il Papa non ne fa un dogma, però storicamente è
una tavola di salvezza di fronte all’avanzante soggettivismo filosofico,
personale. Qui il Papa ci dice che esistono dei principi, delle norme iscritte
nella natura che non è lecito disattendere.
D. – “La guerra
non è mai una fatalità”, ha affermato Giovanni Paolo II che ha puntato
l’attenzione sul diritto internazionale quale mezzo per la risoluzione dei
contenziosi tra i popoli. La sfida della pace può essere vinta in un mondo
ferito da mille divisioni?
R. –
Ecco, direi che la nota fondamentale di questo discorso, oltre al riferimento
culturale alla legge naturale, è proprio il realismo. Non è una speranza vacua,
indifferenziata, un capitolo del perbenismo intellettuale; richiama alla
possibilità e, direi anche alla doverosità di un sistema relazionale basato
sulla giustizia e non basato sulla forza. Si tratta di prendere atto che la
guerra ai tempi nostri ha assunto connotazioni che la rendono intollerabile.
Non sono più ‘guerrette’ del ‘700 con i capelli incipriati, piccoli fatti
stagionali. Sono guerre per loro definizione ‘totali’, ‘planetarie’ e quindi intollerabili.
Ecco perché lo stesso Papa ha rivisitato il concetto di ‘guerra giusta’.
D. – Giovanni Paolo II ha sottolineato ancora una volta la
necessità dell’interdipendenza tra le nazioni; come leggere questo richiamo
nell’attuale contesto internazionale?
R. – L’attuale contesto internazionale è molto singolare,
perché non c’è più l’equilibrio delle potenze, non ci sono più due
superpotenze. Abbiamo una iper-potenza chiamata ad un compito molto grave,
molto importante. Ecco perché alcuni secondo me non mettono bene a fuoco la
necessaria asimmetria del discorso pontificio che non deriva da scarso amore
per gli Stati Uniti, ma proprio dalle possibilità e dai doveri che incombono
sull’iper-potenza. E’ un discorso molto rispettoso e molto affettuoso verso gli
Stati Uniti, soprattutto verso il popolo americano. Poi le contingenze della
politica sono un’altra questione. E quindi, in questo mondo, in questa
situazione la doverosità dell’interdipendenza diventa un fatto assoluto.
D. – “Il mondo ha paura ma tutto si può cambiare”, ha
detto il Pontefice. La speranza, la fiducia nell’uomo possono essere
considerate il filo conduttore del discorso al Corpo Diplomatico?
R. – Ecco, una speranza non rassegnata, cioè non un
abbandono all’andazzo delle cose, ma una speranza operativa. Ricordo un altro
discorso del Papa, recentissimo, dove fa riferimento ad una sorta di
democratizzazione della pace, che deve diventare non un gemito, non un flatus
vocis, ma una cosa in cui i singoli gruppi sociali, gli Stati siano tutti impegnati.
Se la speranza che pervade il discorso di Giovanni Paolo
II ha colpito Giorgio Rumi, il riferimento puntuale al ruolo irrinunciabile
delle Nazioni Unite ha, invece, destato l’interesse di un diplomatico di lungo
corso come l’ambasciatore Sergio Romano:
R. – Credo
soprattutto il riferimento alle Nazioni Unite. Il Papa si è lungamente diffuso
sulla importanza dell’Onu, sulle regole fissate dall’Organizzazione
internazionale; evidentemente, nelle parole del Papa c’è un forte sostegno
all’Onu come organizzazione destinata, per quanto possibile, a garantire un
certo ordine mondiale.
D. – Il Papa ha lanciato la sfida della pace: quali gli ostacoli più
ardui per i leader politici del modo?
R. –
Generalmente, a torto o a ragione, un leader politico agisce sulla base della
percezione che lui ha della sicurezza del proprio Paese. Quando ritiene che la
sicurezza del proprio Paese sia in discussione, naturalmente reagisce. E
reagisce sulla base di un certo numero di calcoli, che sono al tempo stesso
politici, militari, economici, strategici, anche politico-elettorali. Quindi,
parlare di qualità morali, di virtù civili indubbiamente è molto importante ma
credo che i fattori che condizionano un uomo di Stato siano anche altri.
D. – Il Papa ha
sottolineato che l’indipendenza degli Stati non può più essere concepita se non
nell’interdipendenza ...
R. – Credo che vi sia, nelle parole del Papa, la
convinzione, una convinzione che dovrebbe essere condivisa anche dai più
incalliti diplomatici: il mondo è diventato troppo complicato perché uno Stato
creda, possa con le proprie leggi, con le proprie strategie cercare di
governarlo, di dominarlo. Interdipendenza è una parola giusta che possiamo
condividere tutti.
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18 gennaio 2003
“I CRISTIANI E LE VIE
DELLA PACE. A 40 ANNI DALLA PACEM IN TERRIS”.
È QUESTO IL TITOLO DEL CONVEGNO TENUTOSI OGGI XII A
MILANO
DOVE SONO INTERVENUTI I CARDINALI DIONIGI TETTAMANZI, E ROGER ETCHEGARAY
- A cura di Fabio Brenna -
MILANO. = “I cristiani e le vie della pace. A 40
anni dalla Pacem in Terris”. E’ il titolo dell’incontro tenutosi oggi nel
salone Pio XII a Milano promosso dal centro di educazione alla mondialità della
diocesi di Milano e dal Centro europeo per la pace. Al convegno sono
intervenuti il cardinale Roger Etchegaray, già presidente della pontificia
commissione Giustizia e Pace, e il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di
Milano. Riproporre l’analisi e le speranze di pace profetizzate nell’enciclica
di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” 40 anni fa. E’ in questa direzione che si
può incanalare l’impegno di pace dei cristiani di oggi. Questo l’indirizzo condiviso nel confronto fra Roger
Etchegaray e Dionigi Tettamanzi. Il cardinale Etchegary ha definito l’enciclica
un testo fondamentale che unisce l’impegno vecchio e nuovo della Chiesa per la
Pace, un impegno fondato sulle quattro colonne della verità, della giustizia,
della carità e della libertà. Ma anche per la Chiesa, parlare oggi di pace,
significa misurarsi con la grave crisi internazionale. Il cardinale Etchegaray
ha allora spiegato che la Chiesa, in campo internazionale, predilige le
relazioni multilaterali, appoggiando l’azione dell’Onu nella costruzione di
un’unica famiglia umana. Ed anche nei confronti della crisi irachena è
necessario elaborare soluzioni in questo senso, evitando il confronto
bilaterale o addirittura quello unilaterale. L’impegno per la pace non può però
essere determinato dalla minaccia della guerra, ma deve permeare la vita delle
persone, la vita quotidiana. Ecco perché - ha spiegato il cardinale Etchegaray
- quello della Chiesa non è pacifismo e nemmeno si può ridurre la Chiesa a
forza di complemento per i vari movimenti pacifisti, tentazione questa assai
diffusa oggi – ha osservato. Il cardinale ha poi affermato che con
un’informazione documentata e corretta si educa alla pace. La pace è dunque la
condizione esistenziale del cristiano. Ciò si traduce, secondo l’arcivescovo di
Milano, cardinale Tettamanzi, nell’attenzione dei piccoli gesti quotidiani. Non
basta firmare appelli per la pace, ha rimarcato Tettamanzi. Bisogna vincere
l’egoismo, il rintanarsi nel privato, la tentazione di curarsi solo del
particolare. La Chiesa stessa, ha poi concluso l’arcivescovo di Milano, dando
testimonianza di Unità, alimenta e educa alla Pace.
PER RICORDARE CHE LA PIAGA DELLA LEBBRA NON
E’ ANCORA ESTINTA SI TERRA’’ MARTEDI’ PROSSIMO IN CAMPIDOGLIO A ROMA
UNA
CONFERENZA STAMPA IN VISTA DELLA 50.MA GIORNATA MONDIALE DELLA LEBBRA
ROMA. = Più di un nuovo caso al minuto e dieci
milioni di persone ancora segnate dal male: queste le cifre essenziali di una
malattia come la lebbra che colpisce le fasce più povere dei Paesi del sud del
mondo. Per ricordare che questa piaga non è ancora estinta, il prossimo 21 gennaio
a Roma, alle ore 11.00, nella Sala del Carroccio in Campidoglio, si terrà una
conferenza stampa in vista della 50.ma Giornata mondiale della lebbra, che
ricorre il 26 gennaio. Si tratta di un’ulteriore occasione di riflessione per
la comunità internazionale sulle forme d’intervento necessarie per sconfiggere
definitivamente la miseria e la fame, ancora oggi presenti in vaste aree del
pianeta. La lebbra, infatti, è un morbo da sempre associato all’emarginazione e
al disagio sociale, per la quale esiste una cura efficace ma non un vaccino.
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nel 1991 i nuovi
casi di lebbra diagnosticati nel mondo erano 608.992, mentre nel 2001, dieci
anni dopo, la cifra era salita a 760.695. La Giornata mondiale della lebbra fu
istituita, nel 1954, da Raoul Follereau, uomo che ha dedicato la sua vita
all’impegno per la pace e la giustizia sociale. In occasione della 50.ma
Giornata della lebbra migliaia di volontari saranno nelle piazze italiane per
offrire il miele della solidarietà, mentre proseguirà la tournée di danzatori
non vedenti indiani “Danze di luce”, che toccherà nove città italiane. Tutti i
fondi raccolti saranno destinati alla cura dei malati di lebbra dell’India, il
Paese che registra il 73 per cento dei casi di questa malattia nel pianeta. A
promuovere l’iniziativa in Italia è l’Associazione Italiana Amici di Raoul
Follereau (Aifo), organismo di cooperazione internazionale impegnato in 30
Paesi del mondo con interventi socio sanitari. In 40 anni, attraverso l’Aifo,
gli italiani hanno contribuito a curare un milione di malati di lebbra e a
realizzare strutture di assistenza nei Paesi del sud del mondo. (A.L.)
“SONO VENUTO COME PELLEGRINO PER INCONTRARVI E
INCORAGGIARVI NEL VOSTRO CAMMINO DI FEDE”.
COSI’ IL
VESCOVO DI PARMA, MONS. CESARE BONICELLI, HA SALUTATO I MISSIONARI DI GOMA,
NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
GOMA. = “Sono venuto come pellegrino per incontrarvi
e per incoraggiarvi nel vostro cammino di fede e di annuncio del Vangelo”. Così
il vescovo di Parma, mons. Cesare Bonicelli, ha salutato le religiose e i
religiosi originari della sua diocesi che ha incontrato a Goma, nell’est della
Repubblica democratica del Congo. Secondo quanto riferiscono fonti della Misna,
il presule ieri ha visitato la sede dell’emittente diocesana di Bukavu, “Radio
Maria Regina della Pace”. Durante la sua visita pastorale in terra africana,
monsignor Bonicelli ha toccato con mano la realtà della città-fantasma di Goma,
la capitale del nord Kivu che porta ancora con evidenza le ferite aperte dalla
devastante eruzione vulcanica dell’anno scorso. Il vescovo di Parma si è
incontrato con i rappresentanti della Chiesa locale, il vescovo di Goma, mons.
Faustin Ngabu, e quello emerito, mons. Ndejju. Insieme a loro, il presule
parmense ha visitato i luoghi colpiti dalla sciagura del gennaio 2002, quando
il risveglio del vulcano Nyiragongo provocò migliaia di sfollati. Il presule si
è recato anche nei locali del centro di accoglienza per disabili, dove operano
due volontarie laiche della diocesi di Parma. (A.L.)
IN MESSICO FERVONO I PREPARATIVI
IN VISTA DEL VENTESIMO PELLEGRINAGGIO NAZIONALE VERSO LA MONTAGNA DEL CRISTO
RE,
DOVE IL 25 GENNAIO PROSSIMO OLTRE CENTOMILA GIOVANI
PREGHERANNO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE
CITTA’ DEL MESSICO. = Fervono i preparativi in vista
del ventesimo pellegrinaggio nazionale verso la montagna del Cristo Re, dove il
25 gennaio prossimo oltre centomila giovani messicani pregheranno per la
giustizia e la pace rinnovando la loro professione di fede. L’iniziativa
rientra nel programma che lo stesso Santo Padre ha fissato con i ragazzi in
occasione della Giornata mondiale della gioventù e lo slogan della
manifestazione sarà lo stesso utilizzato a Toronto la scorsa estate: “Voi siete
il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. “Vogliamo portare la luce a
coloro che vivono nelle tenebre e nella disperazione – scrivono i promotori
dell’evento - rendendo la nostra testimonianza al Paese e al mondo intero per
ribadire il nostro impegno a sostegno della cultura della vita”. Si inizierà
con l’adorazione al Santissimo Sacramento e l’Eucaristia per preparare i
giovani al 48.mo Congresso eucaristico internazionale, previsto il prossimo
anno a Guadalajara. Il corteo sarà accompagnato dalla Vergine di Guadalupe, la
statua che Giovanni Paolo II benedisse in occasione della visita del 1999.
“Guardiamo al futuro dando il nostro apporto affinché il Paese sia sempre
fedele alla sua identità cattolica e rispetti valori quali la giustizia, la
verità, la solidarietà e l’onestà”. (D.D.
– A.L.)
RECORD DI ADESIONI PER
L’OPERA DI SAN GIOVANNI D’AVILA. TRA LA SPAGNA
E L’AMERICA
LATINA I VOLONTARI SONO ARRIVATI A DIECIMILA
VALENCIA. = Record di adesioni
per l’Opera San Giovanni d’Avila. Tra la Spagna e l’America Latina i volontari
sono arrivati a diecimila. L’organismo fu fondato nel 1962 dal sacerdote di
Valencia, José Soto Chulià, con l’obiettivo di risvegliare la coscienza e lo
spirito cristiano dei laici impegnati nella Chiesa ispirandosi agli
insegnamenti di San Giovanni d’Avila. In Spagna l’Opera è presente, oltre che a
Valencia, anche a Toledo, Albacete, Ciudad Real, Lerida e Alicante. Oltre
confine i volontari lavorano in Argentina, Colombia, Cile, Perù ed Ecuador.
L’Opera San Giovanni d’Avila si occupa soprattutto della formazione dei
giovani, delle coppie sposate, dei corsi prematrimoniali, dei gruppi di
preghiera e dei corsi di catechismo. Nel 1994 è stata eletta Associazione
Internazionale Privata di Fedeli di Diritto Pontificio ed è stata riconosciuta
dal Pontificio Consiglio per i Laici. (D.D.)
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- A cura
di Salvatore Sabatino -
Gli
Stati Uniti sono pronti ad attaccare l’Iraq “senza una seconda risoluzione
dell’Onu e con l’aiuto di chi vorrà essere dalla loro parte”. Le parole del
segretario di Stato americano, Powell, testimoniano l’escalation della tensione
tra i due Paesi. Mentre gli ispettori del Palazzo di Vetro sono al loro 50.mo
giorno di ispezioni in Iraq, e stanno interrogando alcuni docenti nell'università
di Baghdad e controllando una serie di stabilimenti a sud della capitale
irachena, non cessano le polemiche né per il ritrovamento delle 12 testate
nucleari, né per il discorso di ieri di Saddam Hussein. Il rais ha tuonato:
“Gli aggressori saranno fermati e costretti al suicidio, alle porte di Baghdad”.
Da New York ci riferisce Paolo Mastrolilli.
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La Casa Bianca ha liquidato il
discorso come una delle tante esagerazioni retoriche del leader iracheno.
Invece, ha definito seria e preoccupante la scoperta delle testate. Secondo
Washington non si tratta ancora della prova definitiva necessaria a scatenare
la guerra, ma le ogive non erano elencate nel rapporto sulle armi consegnato al
Palazzo di Vetro in dicembre e, quindi, confermano che Saddam sta violando la
risoluzione e non intende collaborare. Il segretario di Stato Powell ha
dichiarato che entro la fine del mese gli Stati Uniti proveranno che Baghdad
non coopera e non servirà una seconda risoluzione dell’Onu per attaccare. Il
Pentagono intanto ha fatto salpare dalla California un altro gruppo di sette
navi con sette mila marines a bordo, diretti nel Golfo Persico, mentre i caccia
che pattugliano le “no fly zone” sono tornati a colpire nel sud dell’Iraq. Il
capo degli ispettori Onu, Blix, in visita a Parigi e Londra, prima di andare
domani in Iraq ha detto che le 12 testate non sono una grande novità, però ha
ribadito che nessuno sa con certezza che fine hanno fatto tutte le armi
possedute da Saddam, e quindi per evitare la guerra serve maggiore collaborazione.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il 27 gennaio, giorno in cui gli
ispettori Onu incaricati di verificare il disarmo iracheno renderanno conto del
loro lavoro in Iraq al Consiglio di sicurezza dell'Onu, ''non è una data
definitiva'' per la fine delle ispezioni.
Intanto
negli stessi Stati Uniti cresce il dissenso per una possibile guerra in Iraq.
Tra poche ore le strade di Washington faranno da cornice ad una grande
manifestazione pacifista, alla quale parteciperanno numerosi movimenti, uniti
da un unico grande messaggio: “no alla guerra”. Si tratta della più grande
marcia pacifista in territorio americano dalla guerra in Vietnam.
Nel
mondo arabo, invece, le manifestazioni contro una possibile operazione militare
in Iraq si tingono di anti-americanismo. Ieri circa 10 mila palestinesi hanno
sfilato a Gaza per manifestare libero appoggio a Saddam Hussein. La marcia,
iniziata al termine della preghiera del venerdì, era guidata da diversi alti
esponenti palestinesi, fra cui il leader spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed
Yassin.
E
mentre a Gaza si sfilava per dare il proprio appoggio a Saddam Hussein, nel
resto della regione proseguivano le violenze. Un israeliano e due palestinesi sono rimasti uccisi ieri sera in una
sparatoria scoppiata quando questi ultimi si sono infiltrati in un minuscolo
insediamento ebraico ancora in fase di costruzione ai margini di un popoloso
rione arabo di Hebron, in Cisgiordania. Questa mattina, invece, sempre
ad Hebron centinaia di studenti palestinesi e decine di docenti hanno sfilato
per protestare contro la chiusura del Politecnico e dell'Università islamica da
parte delle autorità militari israeliane, secondo cui gli atenei sarebbero
diventati ''centri per il reclutamento di kamikaze palestinesi''.
“Esiste
un rischio serio che la crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord si aggravi”. Di
ritorno da Pyongyang, l’inviato dell’Onu, Maurice Strong, ha invitato i due
Paesi alla moderazione, mentre ferve l’attività diplomatica per evitare un
conflitto. Oggi l'inviato speciale russo Alexander Losyukov è arrivato in Corea
del Nord dove, oltre agli incontri al ministero degli Esteri, ha in programma
colloqui con il leader Kim Jong Il. Scopo della missione dell'inviato di Mosca
è quello di esporre ai leader di Pyongyang ''i piani delle autorità della
Federazione Russa per risolvere il problema coreano''.
E questa
mattina l’India ha testato un missile terra aria di media portata. Il lancio è
avvenuto a Chandipur, nell’est del Paese. Già la scorsa settimana un
esperimento analogo era stato eseguito sia da New Delhi, sia da Islamabad,
entrambe potenze nucleari.
Ci trasferiamo in America
Latina, e precisamente a Cuba dove il governo ha intensificato nelle ultime ore
gli appelli alla popolazione a recarsi ''in massa'' alle urne per garantire il
successo delle elezioni di domani, in cui si rinnoveranno i 609 deputati al
Parlamento nazionale ed i 1.099 delegati provinciali. L'opposizione interna ha
invece invitato a boicottare la tornata elettorale, sostenendo che ''tutti i
candidati rispondono esclusivamente al governo''. Alle precedenti elezioni
parlamentari del ’98, secondo le cifre del regime castrista, l'affluenza alle
urne fu del 98%.
Si aggrava la situazione in Venezuela, dove il
mediatore Gaviria ha sospeso fino a lunedì il Tavolo del dialogo, a causa del
clima incandescente. Intanto, il presidente Chávez sarà oggi in Brasile, per
incontrare il collega Lula da Silva. Il servizio di Giada Aquilino:
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L’incontro col neo capo di Stato brasiliano giunge
al termine di giorni convulsi, in cui Chávez non solo si è detto scettico sulla
mediazione dell’Organizzazione degli Stati americani - minacciando addirittura
di abbandonare il tavolo dei negoziati promossi con l’opposizione - ma ha
criticato pure la formazione di un gruppo di Paesi che collaboreranno col
segretario dell’Osa Gaviria per trovare una via d'uscita alla crisi: di tale
gruppo fanno parte per il momento Stati Uniti, Spagna, Portogallo, Brasile,
Cile e Messico. ''Il Venezuela - ha detto Chavez - non accetta restrizioni
nella designazione dei propri amici''. Dopo aver portato ieri in Parlamento il
bilancio della sua gestione 2002 e prima di lasciare Caracas, il capo di Stato
ha ordinato all’esercito di prendere il controllo con la forza di due fabbriche
di bevande, ad ovest della capitale, in sciopero dal 2 dicembre. Ordine
eseguito questa mattina. Si tratta del primo intervento delle forze armate da
quando, la settimana scorsa, Chavez ha annunciato azioni militari per prendere
possesso delle aziende alimentari ed assicurare l’approvvigionamento.
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“La guerra fredda è stata sostituita da un conflitto
diverso, cioè quello contro il terrorismo internazionale”. Lo ha detto oggi a
Mosca il ministro della Difesa russo Serghiei Ivanov, aggiungendo che il terrorismo
ha lanciato una guerra non dichiarata contro la Russia, la quale è pronta ad
utilizzare le forze armate per rispondere a tale minaccia.
Sempre sul fronte terrorismo
ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha stabilito all’unanimità di rafforzare le sanzioni contro al Qaeda e tutte le
persone collegate all'organizzazione terroristica. Le misure includono il
congelamento dei beni di Osama ben Laden, l'embargo delle armi ed il divieto
dei viaggi. Il Consiglio ha inoltre chiesto al segretario generale, Kofi Annan,
di confermare la nomina di cinque esperti per monitorare nei prossimi 12 mesi
l'attuazione dei provvedimenti.
Un crimine contro l’umanità. Questo il parere del
leader turco cipriota Denktash a proposito del piano delle Nazioni Unite per la
riunificazione di Cipro che, a suo parere, andrebbe a sradicare decine di
migliaia di ciprioti dalle loro terre. Denktash ha parlato poco prima del suo
incontro col leader greco cipriota Clerides, col quale mercoledì scorso aveva
riannodato il negoziato dopo quasi tre mesi di stallo, per fissare un
calendario che permetta l’approvazione del piano Onu entro il 28 febbraio.
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Il piano dell’Onu, in parte
contestato da Denktash, prevede la restituzione di una parte dei territori
attualmente sotto occupazione turca; la fine della presenza di 40 mila soldati
turchi nel nord di Cipro; uno Stato smilitarizzato; la formazione di uno Stato
federale sul modello dei cantoni svizzeri, con due entità dotate di sovranità;
un unico passaporto; la libera circolazione di tutti i ciprioti in tutta
l’isola. Ma Denktash pretende, prima di accettare il piano dell’Onu, un
referendum popolare nella zona da lui controllata entro il 30 di marzo. Ma il
tempo non gioca a suo favore, dopo la dimostrazione di 50 mila ciprioti che i
giorni scorsi hanno chiesto le sue dimissioni, e proprio mentre Ankara appare
decisa alla riunificazione di Cipro, in cambio dell’adesione della Turchia
all’Unione Europea, in tempi i più brevi possibili.
Per Radio Vaticana, Cesare
Rizzoli.
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Un contingente di 172 militari senegalesi è arrivato
stamani ad Abidjan, in Costa d’Avorio nel quadro dell’impegno della Comunità
economica degli Stati dell’Africa occidentale. I militari hanno il compito di
fungere da forza di interposizione tra i ribelli e i governativi del presidente
Gbagbò, in conflitto dal 19 settembre scorso. Intanto oggi a Parigi è il quarto
giorno di colloqui tra il governo ivoriano ed i ribelli. I primi risultati del
dialogo riguardano il concetto di cittadinanza, che le autorità di Abidjan
hanno accettato di estendere anche agli immigrati.
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