RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 13 - Testo della Trasmissione di lunedì 13 gennaio  2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sì alla vita, rispetto del diritto, dovere della solidarietà. No alla morte, all’egoismo e alla guerra. Il vibrante appello del Papa ai responsabili politici nel discorso al Corpo Diplomatico per il nuovo anno.

 

Il cordoglio di Giovanni Paolo II per le vittime del disastro aereo in Perù.

 

Lettera del Santo Padre al cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, per il 25.mo di episcopato.

 

Il presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” in Vietnam, per recare sostegno alle popolazioni colpite dai disastri naturali.

 

Da domani in Vaticano un incontro sulle sette in America Latina.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il dramma del Sudan tra carestia e rischio di una nuova guerra: intervista con il vescovo Cesare Mazzolari.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da oggi a Gerusalemme, il terzo Incontro dei rappresentanti degli Episcopati d’Europa e Stati Uniti sulla situazione dei cristiani in Terra Santa.

 

Chiese cristiane al lavoro in Corea per la riconciliazione tra Nord e Sud.

 

Chiara Lubich in India, nel segno del dialogo interreligioso.

 

La scuola oblata di teologia avvierà un programma di formazione per i sacerdoti stranieri che esercitano il loro ministero negli Stati Uniti.

 

864 mila gli iscritti nel corso del 2002 al centro sportivo italiano, l’associazione no profit impegnata nella diffusione dello sport ispirato ai valori cristiani.

 

24 ORE NEL MONDO:

Medio Oriente, 11 morti nella sola giornata di ieri. Si aggrava ancora il bilancio della strage di Tel Aviv.

 

L’Algeria nel sangue: 140 vittime dall’inizio dell’anno.

 

L’Aiea chiede più tempo per le ispezioni in Iraq, si allontana l’ipotesi di una guerra immediata.

 

Gli Stati Uniti pronti al dialogo con la Corea del nord: il vice di Powell cerca la mediazione della Cina.

 

Costa d’Avorio, anche i ribelli dell’ovest accettano la tregua. Oggi la firma in Togo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 gennaio 2003

 

 

SI’ ALLA VITA E AI DIRITTI INALIENABILI DELL’UOMO E DEGLI STATI,

NO ALLA MORTE E ALLA GUERRA. QUESTI I VIBRANTI APPELLI

LEVATI DAL PAPA NEL TRADIZIONALE INCONTRO DI INIZIO D’ANNO

CON IL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Sei imperativi: tre di segno positivo, tre di segno negativo. “Sì” alla vita, al rispetto del diritto nazionale e internazionale come dei diritti umani e religiosi, alla solidarietà intesa come “dovere”. All’opposto, tre “no”: alla morte, all’egoismo, alla guerra. Dalla Terra Santa, all’Iraq, all’Africa. Ugualmente, no ai comportamenti che scavano abissi di ineguaglianza tra gli Stati, che portano alla soppressione di piccole vite ancora nel grembo materno o alla loro clonazione, che provocano disastri naturali in un pianeta sfruttato nelle sue risorse in modo ineguale. Sei principi da tradurre in fatti concreti, “se si vuole evitare che popoli interi, forse addirittura l’umanità stessa, precipitino nell’abisso”.

 

Parole di Giovanni Paolo II. Parole del suo discorso ampio e capillare, intessuto di appelli vibranti e altrettanto perentori rifiuti di tutto ciò può lacerare l’umanità. Parole che il Papa ha rivolto questa mattina agli ambasciatori del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, nella consapevolezza che “mai, come in questo inizio di millennio, l’uomo ha percepito quanto il mondo da lui plasmato sia precario”. Un incontro tradizionale, nel calendario del Pontefice di ogni inizio d’anno, ma anche eccezionale per l’ampiezza delle tematiche trattate, indotte dai molteplici spunti offerti dall’attualità mondiale.

 

“JE SUIS PERSONNELLEMENT IMPRESSIONNE ... ”

Sono impressionato dal sentimento di paura che dimora sovente nel cuore dei nostri contemporanei. Il terrorismo subdolo che può colpire in qualsiasi istante e ovunque.

 

Nonostante scenari spesso drammatici, “tutto può cambiare”, ha esclamato il Papa, introducendo il primo dei suoi “imperativi”:

 

“D’ABORD, UN OUI À LA VIE! RESPECTER LA VIE ... ”

 Sì alla vita! Rispettare la vita e le vite: tutto comincia da qui. Poiché il più fondamentale diritto umano e il diritto alla vita.

 

E, per converso, no all’aborto, all’eutanasia, alla clonazione che rendono l’uomo un “semplice oggetto”. E ancora, un sì al “rispetto del diritto”, perché siano garantite “la libertà e la sicurezza” dei cittadini e delle nazioni. Sì al “dovere della solidarietà”, per sradicare dalle esistenze dei Paesi e degli individui meno fortunati - disoccupati, disabili, anziani abbandonati - quelle condizioni “scandalosamente ineguali” che si registrano ancora oggi. Giovanni Paolo II è poi giunto a scandire tre “no” molto netti:

 

“NON À LA MORT! C’EST-A-DIRE NON A TOUT... ”

No alla morte! No a tutto ciò che attenta all’incomparabile dignità di ogni essere umano, a cominciare da quella dei bambini non nati.

        

E “no”, ha soggiunto, anche a “tutto ciò che indebolisce la famiglia”. Quindi “no all’egoismo”: quello dei Paesi ricchi, che si fanno scudo “di una classe privilegiata o di una cultura di comodo che esclude l’altro”. Serve un cambio di mentalità, come ad esempio per il problema dell’acqua, simbolo di un modo di intendere il consumo di questo bene che dovrà mutare, come chiede l’Onu, onde evitare l’insorgere di altri conflitti. O come per i medicinali generici necessari per combattere le moderne epidemie. L’accesso a tali medicinali, ha denunciato il Pontefice, “è spesso impedito da considerazioni a corto termine”. Infine, ancora un “no” fondamentale quanto urgente:

 

“NON À LA GUERRE! ELLE N’EST JAMAIS UNE FATALITE ... ”

No alla guerra! Essa non è mai una fatalità, essa è sempre una sconfitta dell’umanità.

 

Il Papa ha richiamato il mondo al “dialogo leale”, alla “solidarietà fra Stati”, all’“esercizio nobile della diplomazia” per risolvere i contenziosi. Ed ha fatto esplicito riferimento, come spesso accaduto negli ultimi tempi, alla crisi in Terra Santa - dove, ha affermato, israeliani e palestinesi “sono chiamati a vivere fianco a fianco, ugualmente liberi e sovrani, rispettosi  l’uno dell’altro” - e alla crisi che riguarda l’Iraq, terra estenuata da 12 anni di embargo. “Mai - ha osservato ancora - la guerra può essere utilizzata” per risolvere le controversie internazionali, “se non come estrema possibilità e nel rispetto di ben rigorose condizioni”, dopo che ogni altra via negoziale sia tramontata.

 

Rispettare questi principi equivale a cambiare il mondo. E l’orizzonte internazionale non rimanda solo i riflessi di crisi o conflitti armati. Con altrettanta accuratezza, il Papa non ha mancato di apprezzare gli sforzi unitari dell’Europa, a patto che l’unificazione non sia compiuta a scapito dei valori cristiani che ne hanno impregnato la storia. Così come gli sforzi di pace compiuti da molti Stati dell’Africa: il Pontefice ha menzionato l’Angola, il Burundi, il Congo ex Zaire, Il Sudan. E, in questo spirito, ha invitato a deporre le armi in Costa d’Avorio e nella Repubblica centroafricana. Riportando lo sguardo sul pianeta ad un livello più alto, il Papa ha detto agli ambasciatori di concepire l’indipendenza degli Stati “se non nell’interdipendenza”. Ciò richiama a due esigenze, ha proseguito: al recupero del “valore primordiale della legge naturale” tra gli Stati e all’interno di ciascuno di essi. E all’”azione senza sosta di uomini probi e disinteressati”, che sappiano servire il bene comune con una competenza basata su “forti convinzioni etiche”.

 

Infine, Giovanni Paolo II,  soffermandosi sul tema della libertà religiosa e chiedendo che essa, “diritto naturale, individuale e sociale, sia garantita a tutti”, si è fatto portavoce di tutti quei cristiani che “dall’Asia all’Europa – ha detto – sono ancora vittime della violenza e dell’intolleranza”. Proprio per arginare il terrorismo di matrice religiosa o il fanatismo settario, ha aggiunto, è necessario stimolare il dialogo ecumenico e quello interreligioso. Un pensiero preoccupato è andato anche i pastori di alcune comunità cattoliche della Federazione Russa che, “per ragioni amministrative”, non possono da mesi rientrare nelle rispettive sedi pastorali. “La Santa Sede - ha concluso il Papa - si attende dalle autorità governative decisioni concrete che mettano fine a questa crisi, decisioni che siano conformi agli impegni internazionali sottoscritti dalla Russia moderna e democratica. I cattolici russi vogliono vivere come i loro fratelli del resto del mondo, con la stessa libertà e la medesima dignità”.

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Attualmente, sono 174 gli Stati che intrattengono piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede. La Repubblica di Timor Est e lo Stato di Qatar sono gli ultimi due Paesi che, nel corso del 2002, hanno allacciato rapporti diplomatici ufficiali. Ai 174 Stati vanno aggiunti le Comunità Europee ed il Sovrano Militare Ordine di Malta e due Missioni a carattere speciale: la Missione della Federazione Russa, retta da un ambasciatore, e l’Ufficio dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), guidata da un direttore.

 

Inoltre, sempre lo scorso anno, la Santa Sede ha firmato accordi con la Repubblica di Albania, la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e lo Stato Libero di Turingia (Germania). Ha proceduto anche allo scambio degli strumenti di ratifica degli Accordi con la Lettonia, la Repubblica Slovacca e lo Stato Libero di Turingia (Germania).

 

 

IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME DEL DISASTRO AEREO IN PERU’

- A cura di Paolo Salvo -

 

Il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio per le numerose vittime dell’incidente aereo avvenuto giovedì scorso in Perù, quando un Fokker 28 della Compagnia nazionale “Tans” si è schiantato con 47 persone a bordo in una zona impervia del distretto andino di Chachapoyas, nel Nord del Paese. Secondo le ultime notizie, i soccorritori tornati dalla zona del disastro hanno confermato che nell’impatto il velivolo, che fra l’altro aveva i serbatoi pieni di cherosene, si è quasi disintegrato, disperdendo tragicamente il suo carico umano nel raggio di centinaia di metri. Le avverse condizioni atmosferiche e il carattere impervio della zona, a 3.300 metri di altitudine, hanno reso estremamente difficili le ricerche. Il ministro dell’interno, Gino Costa, ha dichiarato che per la violenza dell’incidente era praticamente impossibile riconoscere le vittime. Il presidente peruviano, Alejandro Toledo, ha intanto accolto la richiesta delle famiglie di trasformare la zona della tragedia in un sacrario, anche se l’accesso ad essa è praticamente impossibile.

 

Nel messaggio firmato dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e indirizzato al vescovo di Chachapoyas, mons. Emiliano Cisneros Martìnez, Giovanni Paolo II esprime profondo dolore per la triste notizia, assicurando preghiere di suffragio per le vittime del disastro e invocando conforto per i familiari, ai quali manifesta “la sua paterna sollecitudine e i suoi sentimenti di vicinanza”, con la confortatrice Benedizione Apostolica “come segno di speranza nel Cristo risorto”.

 

 

IL PRESIDENTE DI “COR UNUM” MONS. CORDES IN VIETNAM,

PER TESTIMONIARE LA CARITA’ DEL PAPA VERSO LE POPOLAZIONI PIU’ COLPITE DALLE CALAMITA’ NATURALI

 - A cura di Paolo Salvo -

 

Il presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, mons. Paul Josef Cordes, si è recato in Vietnam, su invito dell’arcivescovo di Ho Chi Minh Ville, mons. Pham Minh Man, per una visita di una settimana, da oggi al 20 gennaio, allo scopo di incontrare la Chiesa locale e sostenere le opere diocesane socio-caritative. “Combattere la povertà e l’isolamento sono i due principali obiettivi di questo viaggio”, precisa un comunicato diffuso stamani, nel quale si ricorda che fin dagli anni Settanta “Cor Unum”, che può essere definito il “Dicastero della Carità del Santo Padre”, ha intrattenuto vari contatti con la Chiesa vietnamita, facendo giungere costantemente aiuti a quelle comunità, provate da periodi di gravi sofferenze.

 

L’arcivescovo Cordes – come spiega la nota – si recherà in alcune diocesi del Sud del Paese, “per conoscere più da vicino  le situazioni di povertà, aggravate dalle frequenti inondazioni”. Il presule “potrà così sensibilizzare e coordinare meglio le Agenzie internazionali nel loro impegno di offrire aiuti urgenti alle popolazioni delle aree maggiormente colpite dalle calamità naturali”. Mons. Cordes si trasferirà poi a Nord, nella capitale Hanoi, dove incontrerà il cardinale Pham Dinh Tung, che per molti anni è stato attivo membro di “Cor Unum”.

 

“Questa visita – conclude il comunicato – rappresenta, dunque, un’occasione importante per testimoniare l’affetto del Santo Padre Giovanni Paolo II verso il popolo vietnamita, per crescere nella conoscenza reciproca e per riflettere insieme  con la Chiesa locale sulle forme di carità più urgenti da attuare, per venire incontro alle necessità materiali e spirituali di quanti vivono  da tempo in situazioni di disagio”.

 

 

LA LETTERA AUGURALE DEL PAPA AL CARDINALE SODANO

PER IL 25.MO ANNO DI EPISCOPATO

 

Il Santo Padre ha inviato una lettera al cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, in occasione del suo 25.mo anno di episcopato, che ricorrerà il prossimo 15 gennaio. Giovanni Paolo II, sottolineando la “familiarità quasi quotidiana ed il singolare e prolungato rapporto” con il porporato, ricorda come egli, fin  da quando ricoprì l’incarico di nunzio apostolico in Cile, si sia sempre  distinto per “l’impegno e la saggezza” nella realizzazione del “bene della Chiesa Universale” e per “lo zelo e la competenza” nel sostegno di varie “iniziative in tutto il mondo”.

Il Pontefice conclude ricordando la recente conferma del cardinale Sodano a segretario di Stato, avvenuta a motivo della “coerenza e dedizione” dimostrata e del “salutare vantaggio” da lui “arrecato all’intera famiglia cattolica e a tutti gli uomini di buona volontà”.

 

 

DOMANI E DOPODOMANI IN VATICANO UN INCONTRO INTERDICASTERIALE

SUL FENOMENO DELLE SETTE IN AMERICA LATINA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

Si tiene da domani fino a mercoledì prossimo in Vaticano, presso la sede della Pontificia Commissione per l’America Latina, un’importante riunione a proposito della proliferazione delle sette nel continente latino-americano. Sotto la presidenza del cardinale Giovanbattista Re, interverranno esponenti del Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano), del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, un ristretto gruppo di vescovi ed esperti dell’America Latina. Si tratta di un incontro preparatorio all’Assemblea plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina che, tra gli altri problemi, affronterà anche quello delle sette. 

 

Scopo dell’incontro è studiare la situazione delle sette nel continente latino-americano e soprattutto individuare una strategia evangelizzatrice capace di contrastare il fenomeno della loro diffusione, un problema molto grave i8n America Latina che il Papa più volte ha definito come “una corrente di contro evangelizzazione”. I partecipanti approfondiranno i motivi che sono alla base della proliferazione delle sette allo scopo di elaborare indicazioni che possano servire da orientamento per i vescovi e per tutti gli agenti dell’evangelizzazione. Tali indicazioni saranno quindi sottoposte all’esame della Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina che dovrà prendere decisioni concrete in proposito,sempre nel quadro della nuova evangelizzazione.

 

        

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

A tutta pagina, così apre il giornale: "No alla morte! No all'egoismo! No alla guerra! Sì alla Vita! Sì alla Pace!". Nella tradizionale udienza al Corpo Diplomatico, all'inizio del nuovo anno, Giovanni Paolo II indica ai popoli e alle nazioni alcuni imperativi che urge ottemperare se si vuole evitare che l'umanità precipiti nell'abisso.

 

Nelle pagine vaticane, la celebrazione del sacramento del Battesimo di ventidue neonati nella Cappella Sistina: "Quale grande dono e quale grande responsabilità!" è il titolo all'omelia del Papa.

All'Angelus, il Santo Padre ha sottolineato che i genitori cristiani devono essere solleciti nel portare i figli al fonte battesimale affinché ricevano il dono della vita divina.

La Lettera del Papa al cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, in occasione del venticinquesimo di ordinazione episcopale.

Il comunicato stampa sulla visita del presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" in Viet Nam.

 

Nelle pagine estere, il telegramma di cordoglio del Papa per la sciagura aerea avvenuta in Perù.

Nuovi, sanguinosi scontri in Medio Oriente: ignorato l'appello lanciato da Arafat per fermare gli attacchi terroristici.

Iraq: le ispezioni sul disarmo potrebbero durare un anno; l'Onu favorevole ad una proroga dei controlli; gli Usa mobilitano le truppe.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Luigi Martellini dal titolo "L'eclettismo culturale di Giuseppe Acerbi": un volume su un grande viaggiatore dell'Ottocento.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la cerimonia di apertura dell'Anno Giudiziario. La situazione della Fiat. L'emergenza-maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 gennaio 2003

 

 

IL DRAMMA DEL SUDAN TRA CARESTIA

E IL RISCHIO DI UNA NUOVA GUERRA

- Con noi, mons. Cesare Mazzolari -

 

La siccità, la carestia e il pericolo della ripresa di un conflitto civile che nell’ultimo ventennio ha insanguinato il Sudan rischiano di provocare una nuova tragedia umanitaria nella regione. A lanciare l’allarme, e al tempo stesso un grido di dolore, è mons. Cesare Mazzolari - vescovo di Rumbek, diocesi nel sud del Paese - che al microfono di Alessandro Gisotti sottolinea la gravità della situazione, mentre vacilla il cessate-il-fuoco siglato lo scorso ottobre, a Machakos, tra i ribelli del Sud e il governo di Karthoum:

 

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R. – La stagione 2002 non ha prodotto il cibo necessario per la nostra gente nella parte est del paese e nella parte ovest non c’è stata pioggia assolutamente, quindi è una carestia completa, e nella parte ovest c’è la fame avanzata mentre nell’est si cominciano a vedere i primi segni, i primi indizi di una grande fame. La seconda emergenza è causata dal fatto che gli sfollati che da anni si trovavano nella parte nord del Sudan stanno ritornando ai loro luoghi di origine nella zona sud, trovandosi in una condizione non solo di povertà assoluta, ma soprattutto con la mancanza di cibo che renderà il problema della crisi ancora più acuto.

 

D. – Al dramma della fame e della siccità si aggiunge una guerra lunga ormai vent’anni: come uscire da questa spirale che mortifica ogni possibilità di sviluppo della regione?

 

R. – Purtroppo, il pericolo che si stia preparando una guerra su tutti i fronti con l’inizio della stagione asciutta sembra – nella zona di Juba – che ci sia un grande condensamento di armi da parte di Khartoum, quindi carri armati, artiglieria, preparazioni militari in grande stile, grandi barconi che portano tutte queste armi sul Nilo dal nord, e soprattutto il fatto che Khartoum non annuncia se parteciperà ai colloqui del Machakos. Sembra quasi la vigilia di una grande riapertura degli attacchi militari da parte del governo di Khartoum. Io penso che chi partecipa ai colloqui di Machakos, quindi gli Stati Uniti, il Parlamento europeo, l’Inghilterra, con gli osservatori, dovrebbero forzare la mano di Khartoum perché non siano interrotti i colloqui di Machakos. Dobbiamo salvare la possibilità che il Machakos continui perché è l’unica finestra di speranza che si è aperta per noi negli ultimi vent’anni.

 

D. – Cosa sta facendo la Chiesa per fronteggiare questa nuova emergenza umanitaria?

 

R. – Noi stiamo trattando con un comitato che sta fermamente avvicinando tutti i grandi leader militari sia al sud sia a Khartoum, per convincerli a desistere dalla guerra e di fare tutto perché questo cessate-il-fuoco non sia violato ulteriormente. Noi vescovi ci raduniamo a Nairobi alla fine di gennaio, dal 27 al 31, ed i vescovi di Khartoum si radunano la settimana seguente e penso che il tema principale, la nostra sfida al governo di Khartoum, è il desistere da questa guerra.

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CHIESA E SOCIETA’

13 gennaio 2003

 

 

SI APRONO OGGI A GERUSALEMME I LAVORI DEL TERZO INCONTRO DEI RAPPRESENTANTI

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA E DEGLI STATI UNITI SULLA SITUAZIONE DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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GERUSALEMME. = Manifestare la solidarietà e la vicinanza della Chiesa universale alle popolazioni della Terra Santa, costrette ad un'emigrazione inarrestabile per la mancanza di prospettive future. Con questo intento, da oggi al 16 gennaio prossimo a Gerusalemme, si svolge il terzo incontro internazionale di vescovi sulla situazione dei cristiani in Terra Santa. Rappresentanti di Conferenze episcopali di Europa e America del Nord, insieme a membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e della COMECE (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea), si consulteranno con esponenti della Santa Sede e delle Chiese locali su forme concrete di aiuto ai cristiani mediorientali provati da condizioni di crescente difficoltà. L’incontro, che segue le due precedenti riunioni del 1998 e del 2002, rappresenta un invito da parte del patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ai sui confratelli nell’episcopato ad individuare insieme una strategia comune di aiuti e a riflettere sulla missione di pace e di riconciliazione della Chiesa nel contesto della crisi umanitaria, politica e sociale in atto nell’area. Tra gli argomenti che verranno affrontati da oggi a giovedì prossimo: l’esigenza di tutela internazionale per Betlemme, il rapporto tra politica dei blocchi, coprifuoco, espansione degli insediamenti e prospettive di una risoluzione pacifica del conflitto, nonché la relazione tra la situazione in Terra Santa e la possibile guerra contro l’Iraq. In calendario sono previsti inoltre incontri dei delegati con il leader dell’Autorità Nazionale Palestinese Yasser Arafat e con il presidente israeliano Moshe Katsav.

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LE CHIESE CRISTIANE COREANE LAVORERANNO INSIEME

PER LA RICONCILIAZIONE TRA IL NORD E IL SUD DEL PAESE

 

SEOUL. = Le Chiese cristiane coreane lavoreranno insieme per la riconciliazione fra il Nord e il Sud del Paese. E' uno dei punti principali del programma del Consiglio nazionale delle Chiese coreane che riunisce otto denominazione cristiane, fra cui la Chiesa cattolica. Il Consiglio ha il compito di intensificare la collaborazione delle Chiese in diversi settori di impegno e di facilitare il dialogo ecumenico nel Paese. "Già da molti anni i rappresentanti delle confessioni cristiane si incontravano per promuovere la pace ma ora c'è stata l'ufficializzazione di questi rapporti nel Consiglio nazionale delle Chiese coreane", ha spiegato all'Agenzia Fides mons. Boniface Choi Ki-san, vescovo di Inchon e presidente della Commissione Episcopale per la Promozione dell'Unità fra i cristiani e il dialogo interreligioso. Fra le iniziative in programma, ci sono incontri di preghiera comuni, seminari teologici, e attività di carattere sociale e assistenziale. "Uno dei punti fermi del lavoro delle Chiese cristiane nei prossimi anni - ha continuato mons. Choi - sarà quello di operare per l'unità della Corea ". Anche il reverendo Lee Hong Yeol, presidente della Chiesa luterana in Corea, ha detto che "il Consiglio intende giocare un ruolo positivo nel dialogo fra le differenti denominazioni cristiane per smussare le tensioni interreligiose". Le autorità civili coreane hanno salutato con favore questo impegno delle Chiese cristiane, esprimendo l'auspicio che questo lavoro possa giovare all'intero Paese. (A.L.)

 

 

CHIARA LUBICH, LA FONDATRICE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI,

SI TROVA IN INDIA. TRA GLI OBBIETTIVI DI QUESTO VIAGGIO,

L’APPROFONDIMENTO DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO CON IL MOVIMENTO SWADHYAYA,

INIZIATO IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DI PREGHIERA

PER LA PACE AD ASSISI DEL 24 GENNAIO SCORSO

 

MUMBAY. = Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, si trova in India per un lungo viaggio dal 4 a l 31 gennaio, il secondo dall’inizio della sua attività. Previsti vari incontri  di dialogo interreligioso con indù e membri di altre religioni, e con le varie componenti della Chiesa: vescovi, sacerdoti, religiosi, giovani. Il viaggio, che  toccherà le città di Mumbai (Bombay), Coimbatore e Delhi, mira a consolidare il confronto iniziato due anni fa con alcune istituzioni gandhiane nel Tamil Nadu e con l’Università Somaiya di Mumbay, e ad approfondire i contatti stabiliti con il Movimento Swadhyàya in occasione della Giornata di preghiera per la pace di Assisi del 24 gennaio 2002. Quest’ultimo movimento è stato fondato dal rev. Pandhurangshastri Athavale, chiamato Dada, che significa “fratello maggiore”. L’uomo, pensatore, filosofo e sociologo ha messo al centro della sua attività la devozione a Dio e l’attenzione all’uomo. Più che un movimento Swadhyàya, a cui hanno già aderito  17 Stati dell’India, rappresenta un vero e proprio stile di vita  che ha inciso profondamente a livello sociale sul crollo dei vari muri di separazione causati da religione, ricchezza, casta, razza e sesso. Con questo nuovo viaggio, Chiara Lubich prosegue il proprio impegno in favore del dialogo interreligioso, iniziato negli anni ’70 e che oggi registra oltre 30 mila fedeli di grandi religioni che in vario modo condividono aspetti della spiritualità dell’unità dei Focolari, accomunati dall’impegno per contribuire a comporre nell’unità e nella fraternità la famiglia umana. (P.O.)

 

 

UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE PER I SACERDOTI

CHE ESERCITANO IL LORO MINISTERO NEGLI STATI UNITI

AVVIATO DALLA SCUOLA OBLATA DI TEOLOGIA DI SAN ANTONIO IN TEXAS

 

SAN ANTONIO. = Secondo le statistiche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, circa il 16% dei sacerdoti attivi nel ministero parrocchiale sono nati all'estero. Di fronte al numero decrescente delle vocazioni sacerdotali, la Chiesa cattolica degli Stati Uniti si rivolge sempre più spesso ai sacerdoti di altri Paesi. In un'intervista al San Antonio Express News, padre William Morrell, dei missionari Oblati di Maria Immacolata, ricorda che la Chiesa degli Stati Uniti ha sempre avuto degli immigrati tra i membri del suo clero venuti per assistere spiritualmente i loro connazionali. "Oggi, per la prima volta – afferma padre Morrel - iniziamo ad accogliere dei sacerdoti immigrati venuti per servire la popolazione cattolica in generale e non la comunità di immigrati nella quale sono cresciuti". Grazie ad una sovvenzione, la scuola oblata di teologia di cui padre Morrell è il Rettore, avvierà un programma di formazione per i sacerdoti stranieri che esercitano il loro ministero negli Stati Uniti. La scuola accoglierà venti sacerdoti l'anno, per cinque anni. Il programma prevede che i corsisti abbiano sette settimane non consecutive di formazione nella scuola e il resto dell'anno lo passino esercitando il ministero parrocchiale nelle diocesi di appartenenza dove completeranno la loro formazione comunicando con i professori tramite il computer. (A.L.)

 

 

TEMPO DI BILANCI PER IL CENTRO SPORTIVO ITALIANO,

 L’ASSOCIAZIONE NO PROFIT

IMPEGNATA NELLA DIFFUSIONE DELLO SPORT ISPIRATO AI VALORI CRISTIANI:

864 MILA GLI ISCRITTI NEL CORSO DEL  2002

 

ROMA. = Con l’inizio del nuovo anno il Centro Sportivo Italiano (Csi), l’associazione che promuove lo sport di base nelle parrocchie, oratori e  circoli,  stende come di consueto un bilancio dell’attività svolta negli ultimi dodici mesi: dati positivi, quelli del 2002, quando ben 864 mila persone hanno aderito alle proposte sportive del Csi sul valore dello “sport per tutti”.  91 mila i dirigenti e gli allenatori impegnati nella didattica e nell’assistenza degli atleti. Tra gli sport più praticati, in vetta c’è il calcio, con 300 mila tesserati, seguito dalla pallavolo, 90 mila iscritti e dall’atletica leggera, che registra quota 70 mila. Seguono ginnastica, nuoto, pallacanestro, arti marziali e tennis. Il successo di queste attività premia l’impegno che da quasi cento anni il Csi dedica nella diffusione dei valori sani dello sport nelle periferie urbane, nelle carceri, tra i giovani disagiati, nelle strade e nelle piazze dei quartieri più poveri. Le fasce di età a cui è principalmente rivolta l’attività no profit del Centro Sportivo Italiano sono i giovani e gli anziani. Questi ultimi, attraverso le strutture e le attività loro rivolte, hanno la possibilità di  vivere l’attività sportiva come momento di aggregazione sociale, di educazione, di crescita e di impegno conformemente ai valori umani e cristiani. Il Csi è riconosciuto dal Coni quale ente di promozione sportiva, dallo Stato Italiano come ente con finalità assistenziali e dalla Conferenza episcopale italiana come associazione ecclesiale. (P.O.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 gennaio 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

In Medio Oriente sono ore drammatiche. La sola giornata di ieri è stata segnata purtroppo da ben 11 vittime, da entrambe le parti. Israele ha conferma-to il divieto di spostamento per i dirigenti palestinesi, che dunque potranno partecipare solo in videoconferenza al vertice di Londra, in programma domani. Intanto, questa mattina è morta una donna cinese rimasta gravemente ferita nella strage di domenica scorsa a Tel Aviv: sale a 23 il bilancio delle vittime.

 

E la situazione resta preoccupante anche in Algeria, dove dall’inizio dell’anno la violenza ha ucciso almeno 140 persone: 70 militari, 35 estremisti islamici ed altrettanti civili. Nella regione di Batna, 430 chilometri a sudest di Algeri, è in corso una vasta operazione delle forze di sicurezza, che hanno ucciso una quindicina di guerriglieri: gli autori di una strage che, dieci giorni fa, aveva provocato la morte di una cinquantina di soldati.

 

Continua la mobilitazione delle truppe anglo-americane in vista di un possibile attacco all’Iraq. Ma l’ipotesi di una guerra in tempi brevi sembra allontanarsi, perché l’Aiea, l’Agenzia per l’energia atomica delle Nazioni Unite, ha chiesto oggi un prolungamento delle ispezioni. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Un passo, quello dell’Aiea, che potrebbe sospendere qualsiasi decisione sull’attacco all’Iraq per almeno 12 mesi. A dichiararlo è il portavoce dell’organismo dell’Onu, Mark Gwozdecky. “Le ispezioni nei siti militari iracheni - ha detto alla Cnn - potrebbero durare ancora un anno”, ed il Consiglio di Sicurezza del Palazzo di Vetro è pronto a concedere tutto il tempo necessario per effettuare ricerche su armi di distruzione di massa eventualmente nelle mani dell’Iraq. Intanto, i preparativi per l’attacco continuano. Le truppe anglo-americane termineranno di dislocarsi comple-tamente nell’area del Golfo probabilmente a fine febbraio-inizio marzo. La Gran Bretagna, oltre alla brigata logistica che già si trova in Kuwait, è pronta ad inviare altri 30 mila uomini: ovvero due brigate corazzate ed una brigata aerea d’assalto. Fervono i contatti con gli alleati per l’utilizzo di basi d’appoggio. Personale militare americano è da oggi in Turchia per visionare le aree utilizzabili nel caso di guerra all’Iraq, ma Ankara non ha ancora dato alcuna autorizzazione in merito. Il premier turco Abdullah Gul in questi giorni è impegnato in un tour diplomatico nella regione, nel tentativo di scongiurare il conflitto.

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“La Corea del Nord è più pericolosa dell'Iraq”: lo ha affermato Dimitris Perrikos, un ispettore dell'Onu greco, sostenendo che, mentre Baghdad ha avviato un programma di disarmo, Pyongyang possiede ancora un numero imprecisato di testate. Ma gli Stati Uniti – accusati dal premier malaysiano di “fomentare il risentimento del mondo musulmano”, a causa del loro diverso atteggiamento verso i due Paesi – hanno comunque confermato la loro disponibilità al dialogo. Il segretario di Stato, Colin Powell, ha infatti mobilitato il suo vice, James Kelly. Sentiamo Maria Grazia Coggiola:

 

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In una conferenza stampa ieri a Seul, James Kelly, assistente del segretario di Stato americano, ha detto che, se Pyongyang rinuncia ai suoi piani di sviluppo del nucleare, gli Stati Uniti potrebbero fornire aiuti nel settore energetico con la collaborazione di investitori privati. Washington, insomma, fa sapere che non intende arrivare allo scontro diretto e che vuole evitare una nuova crisi in Asia, che sarebbe difficile da gestire contemporaneamente a quella in Iraq. L’assistente di Colin Powell parte domani per recarsi a Pechino, dove cercherà l’appoggio diplomatico dei cinesi. La Corea del Nord, che si è ritirata dal Trattato di non proliferazione e che ha minacciato di riprendere i test missilistici, nega di avere un programma segreto di riarmo nucleare: “È un’invenzione diffusa dagli Usa con sinistre intenzioni”, ha scritto un quotidiano governativo. Secondo fonti americane di intelligence, i nordcoreani avrebbero una o due bombe nucleari ed entro sei mesi potrebbero fabbricarne altre, se saranno riattivati gli impianti di trattamento del plutonio.

 

Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Il segretario generale della comunità islamica albanese è stato ucciso questa mattina in un agguato nella sede della comunità non distante dal centro di Tirana. L'uomo, Sali Tivari, 58 anni, è stato colpito da un killer mentre si trovava all'interno del cortile.

 

Nuova sospensione oggi all'Aja del processo contro Slobodan Milosevic, che era ripreso appena giovedì scorso, per le precarie condizioni di salute dell'imputato. Secondo i medici, l’ex leader serbo - accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità, durante il conflitto in Bosnia, Croazia e Kosovo - soffre di problemi cardiaci ed ipertensione.

 

È una giornata cruciale per la soluzione della crisi in Costa d’Avorio, precipitata dopo il tentato colpo di Stato del settembre scorso. I due gruppi ribelli dell’ovest - che avevano finora rifiutato la tregua proposta dal presidente Gbagbo - hanno accettato di firmare nelle prossime ore a Lomé, in Togo, un cessate-il-fuoco con il governo. L’accordo è stato reso possibile grazie alla mediazione della Comunità Economica degli Stati occidentali. Ce ne parla Giulio Albanese:

 

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I due gruppi coinvolti sono il Movimento popolare ivoriano del Grande Ovest ed il Movimento per la giustizia e la pace, ambedue attivi nel settore occidentale dell’ex colonia francese. I due rispettivi leader, Félix Doh e Gaspard Deli, avrebbero addirittura potuto siglare l’intesa sabato sera o domenica, se non vi fossero state difficoltà tecniche nel garantire il loro trasferimento nella capitale togolese. I due gruppi, inoltre, partecipe-ranno ai colloqui di pace a Parigi, seguendo l’esempio del più consistente Movimento patriottico della Costa d’Avorio, la prima e principale formazione a sottoscrivere con le autorità ivoriane una tregua che è stata tuttavia più volte violata da entrambe le parti. A questo punto, non resta che attendere i colloqui di pace previsti mercoledì prossimo nella capitale francese.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Quindici condanne a morte sono state eseguite nei giorni scorsi nella  Repubblica democratica del Congo dalla Corte militare di Kinshasa. Secondo quanto riferito dall’agenzia missionaria Misna, i prigionieri - accusati di attentato alla sicurezza dello Stato, tradimento, rapina a mano armata ed associazione a delinquere - sono stati fucilati e poi seppelliti in una fossa comune.

 

In Venezuela continua il faccia a faccia tra l’opposizione ed il presidente Chávez, che cerca di far fronte alla violenta protesta nei confronti della sua gestione politica. Ieri a Caracas si sono registrati nuovi incidenti e disordini, in seguito ad una manifestazione svoltasi di fronte al quartier generale dell’esercito:

 

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Il clima resta teso, perché il presidente Chávez ha moltiplicato le minacce verso i settori di punta della protesta (banche, scuole ed industria alimentare) e perché il Coordinamento democratico di opposizione sta spendendo tutte le sue energie per mantenere alta la pressione contro il capo dello Stato, con la minaccia di un referendum consultivo fissato teoricamente per il 2 febbraio. Fanno da sfondo a questo scenario le grandi difficoltà che Chávez ha nel far ripartire la compagnia petrolifera Pdvsa, semiparalizzata dallo sciopero cominciato il 1 dicembre. Chávez sa bene che un Venezuela debole, incapace di rispettare i suoi impegni di forniture, non può accettare una trattativa con la necessaria forza per contrastare la sua agguerrita opposizione e lo scetticismo degli Usa, a cui forniva fino a ieri il 13 per cento del petrolio necessario.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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Oggi e domani i cittadini di New York votano 9 nuovi progetti per la ricostruzione di Ground zero, l'enorme area dove sorgevano le Torri gemelle prima dell’11 settembre 2001. Tutte le ipotesi urbanistiche presentate finora sono state bocciate. La proposta vincitrice dovrebbe essere decisa a febbraio, ma i lavori non si completeranno prima del 2008.

 

 

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