RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 12 - Testo della Trasmissione di domenica 12 gennaio  2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il significato del Battesimo cristiano nella parola del Papa ai fedeli convenuti in Piazza San Pietro per l’Angelus domenicale

 

Questa mattina nella Cappella Sistina il Santo Padre ha amministrato il Battesimo a 22 bambini.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Aumentano le minacce per la pace nell’anno appena iniziato: le iniziative del Parlamento europeo per le possibili opzioni di pace in un’intervista con Pat Cox

 

Padre Vincent O’Keefe, della rivista dei gesuiti “America”, ci parla dello stato d’animo della società statunitense dopo l’11 settembre 2001 e davanti ad una probabile nuova guerra

 

Ha inizio domani, per conto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, un corso su “Bioetica e rapporto tra scienza ed etica”: ce ne parla il responsabile, Adriano Pessina

 

Una mostra fotografica di Francesco Fantini a Milano sui drammi e le speranze dell’Africa: con noi, l’autore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Gran Giurì dei giornalisti russi ha condannato l’operato di due organi di informazione per aver diffamato la locale comunità dei Frati Francescani Minori Conventuali

 

Cresce la preoccupazione nel mondo per la crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord

 

Aumentano i segnali di guerra tra Usa e Iraq: 120 mila soldati americani già nella zona del Golfo

 

Il Governatore dell’Illinois commuta tutte le pene in ergastolo e concede la grazia a quattro detenuti.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 gennaio 2003

 

ANCHE CON IL FREDDO PUNGENTE IN PIAZZA SAN PIETRO,

TANTA GENTE SI E’ RADUNATA A MEZZOGIORNO PER L’ANGELUS ASSIEME AL PAPA, NELL’ODIERNA FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’ CHE CONCLUDE IL PERIODO NATALIZIO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

 

Il tempo di Natale e dell'Epifania si chiude con l'odierna festa del Battesimo del Signore nel fiume Giordano. I Vangeli sono concordi nell'attestare che, quando Gesù uscì dall'acqua, si posò su di lui lo Spirito Santo in forma di colomba, e si udì dall'alto la voce del Padre celeste che diceva: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

 

Confuso tra le folle penitenti, Gesù aveva chiesto a Giovanni Battista di essere battezzato, lasciando sconcertato lo stesso Precursore. Ma proprio tale gesto – ha osservato il Pontefice - rivela la singolarità del messianismo di Gesù: esso consiste nel compiere la volontà del Padre,  facendosi  vittima  di  espiazione  per  i  nostri  peccati.

        

Ricordato che la sua umile solidarietà con i peccatori condurrà Gesù alla morte sulla Croce, il Santo Padre ha proseguito:

 

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Immergersi nella morte e nella resurrezione di Cristo libera radicalmente l'uomo dal peccato e dalla morte e realizza una nuova nascita secondo lo Spirito, per una vita che non avrà mai fine.

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Giovanni Paolo II ha quindi partecipato ai fedeli la sua gioia di avere amministrato il Battesimo ad alcuni neonati (come fra poco vi riferiremo), ed ha spiegato che il battesimo dei bambini, tanto caro alla tradizione cristiana, fa comprendere con immediata eloquenza la vera natura della salvezza. Essa è grazia, cioè dono gratuito del Signore. Dio infatti ci ama sempre per primo e nel sangue del suo Figlio ha già pagato il prezzo del nostro riscatto ...

 

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Per questo è bene che i genitori cristiani siano solleciti nel portare i loro figli al fonte battesimale, affinché ricevano, in forza della fede della Chiesa, il grande dono della vita divina. Gli stessi genitori, poi, con l’esempio, la preghiera e l’insegnamento, siano i primi educatori della fede dei figli, affinché quel germe di vita nuova possa giungere a piena maturazione.

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La Vergine Maria – ha concluso il Santo Padre - aiuti tutti i battezzati a respingere ciò che è contrario al Vangelo, ed a restare sempre fedeli alle promesse assunte al fonte battesimale.

 

Dopo la recita dell’Angelus il Papa ha salutato cordialmente i fedeli augurando a tutti buona settimana.

 

 

NELLA FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’, ANCHE QUEST’ANNO

IL PONTEFICE HA AMMINISTRATO IL SACRAMENTO NELLA CAPPELLA SISTINA

A 22 BAMBINI, DEI QUALI 18 MASCHIETTI E 4 BAMBINE

E FRA QUESTE UNA POLACCA ED UNA LIBANESE. TUTTI GLI ALTRI SONO ITALIANI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

 

Nel corso del suo pontificato, il Santo Padre ha conferito il sacramento del Battesimo a 1.370 tra bambini e adulti e non solo a Roma, ma pure nel corso di vari suoi viaggi apostolici. In occasione della festa del Battesimo di Gesù, come oggi, il Papa ha conferito il sacramento a neonati, mentre diverse volte durante la Veglia Pasquale nella Basilica Vaticana e in taluni viaggi in varie parti del mondo, il Battesimo è stato amministrato dal Pontefice a persone adulte.

 

Come dicevamo, questa mattina i neonati battezzati sono stati 22, 18 maschietti e quattro femminucce; una bimba è polacca e un’altra libanese, e gli altri tutti italiani. Giovanni Paolo II ha presieduto la celebrazione mentre la Santa Messa è stata concelebrata dagli arcivescovi Oscar Rizzato, elemosiniere di Sua Santità, e Paolo Sardi della Segreteria di Stato. Molto belli i canti nel corso dell’assemblea eseguiti dal coro polifonico del Balzo, composto di 35 elementi ...

 

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(musica)

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Il Santo Padre ha tenuto l’omelia incentrata ovviamente sull’episodio evangelico del Battesimo di Gesù, mettendo in risalto come ogni cristiano in questo sacramento incontra il Signore in maniera personale: viene inserito nel mistero della sua morte e della sua resurrezione e riceve una vita nuova che è la stessa vita di Dio. Un particolare saluto il Papa ha rivolto poi ai genitori, ai padrini e alle madrine dei piccoli ...

 

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Il Signore vi affida, quali custodi responsabili, le loro vite così preziose ai suoi occhi. Impegnatevi amorevolmente perché crescano in sapienza, età e grazia; aiutateli ad essere fedeli alla loro vocazione.

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Il Papa ha rivolto ai genitori e ai padrini anche l’esortazione a essere santi per guidare i loro figli verso questa alta meta della vita cristiana, che è appunto la santità, formulando questo auspicio:

 

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Aiuti la Madonna specialmente questi piccoli, perché realizzino fino in fondo il progetto che Dio ha per ciascuno di loro.

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L’ultimo augurio del Papa è che la Madre del Redentore aiuti le famiglie cristiane del mondo intero ad essere autentiche scuole di preghiera, nelle quali pregare uniti costituisca sempre più il cuore e la sorgente di ogni attività.

 

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(musica)

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 gennaio 2003

 

L’OMBRA DELLA GUERRA SI ALLUNGA SULL’ANNO APPENA INIZIATO.

IL PARLAMENTO EUROPEO E LE POSSIBILI OPZIONI DI PACE

- Intervista con Pat Cox -

 

Il 2003, un anno che inizia non certo sotto i migliori auspici. I tanti scenari di guerra che in questo momento storico sono presenti nel mondo, fanno crescere i timori per un futuro non certo roseo. A preoccupare maggiormente gli osservatori internazionali è negli ultimi giorni la crisi scoppiata e maturata nel giro di qualche settimana tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Crisi che purtroppo si contende la scena con un altro possibile set di guerra, quello tra Washington e Baghdad; per non parlare, poi del più vecchio tra i conflitti, quello tra Israeliani e palestinesi. In una situazione così convulsa cresce in tutto il mondo il bisogno di pace; pace auspicata più volte negli ultimi giorni anche Giovanni Paolo II, a cui ogni giorno fanno eco quelle di tante personalità della politica internazionale, della cultura, ma anche della gente comune, che vive in prima persona il timore di una guerra. Ai microfoni della Radio Vaticana il presidente del Parlamento europeo, Pat Cox, in visita a Dublino, al quale abbiamo chiesto un po’ il punto della situazione in questo momento, soprattutto dinanzi alle grandi sfide del 2003 ed alle opzioni di pace che il Parlamento europeo può avere. L’intervista è di Enzo Farinella:

 

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R. – THE EUROPEAN PARLAMENT HAS EXPRESSED ITSELF VERY CLEARLY ...

Il Parlamento europeo si è espresso in termini molto chiari in merito alla questione dell’Iraq, già qualche mese fa: siamo contrari all’idea di attacchi unilaterali preventivi considerati politica generale mentre al contrario pensiamo che dovrebbe esserci una sorta di ‘internazionalizzazione’ nella ricerca di una soluzione. Ecco perché abbiamo accolto con favore la risoluzione dell’Onu e vogliamo tenere sotto controllo lo sviluppo della situazione in questo inizio del 2003. La settimana scorsa ho avuto il privilegio, in quanto rappresentante del Parlamento europeo, di incontrare il Santo Padre. Abbiamo parlato del suo messaggio per la Giornata mondiale della pace, nel quale egli richiama l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, nonché le implicazioni ed i timori che una destabilizzazione nella regione in questione potrebbe avere anche sul Medio Oriente, cosa che nessuno si augura.

 

D. – L’Europa è unita in via di principio, ma le posizioni nazionali spesso sono divergenti. Il Parlamento europeo può parlare in rappresentanza dell’Europa, o è ancora una voce flebile troppo spesso soffocata da poteri nazionali?

 

R. – IT IS CLEAR THAT WHAT WE HAVE TODAY IS MORE WHAT I WOULD CALL ...

E’ ovvio che quanto abbiamo oggi è più una ‘non-Europa’ che un’Europa; significa che la questione delle strutture – che ora stiamo affrontando nella Convenzione sul futuro dell’Europa – può aiutarci entro determinati limiti, ma il nodo centrale è la volontà politica. Se allora guardiamo, ad esempio, alla questione dell’Iraq, vediamo che la Germania ha affermato chiaramente che per nessun motivo vorrà partecipare a questa guerra, nemmeno qualora ci fosse un mandato dell’Onu; al contrario, la Gran Bretagna si sta preparando ad inviare truppe nella regione nel caso effettivamente ci fosse un conflitto militare. Considerando queste divergenze, dobbiamo ammettere che oggi questo ancora è un aspetto di ‘non-Europa’, un aspetto per cui la sovranità di ciascun singolo Stato e la sua volontà politica asserisce la propria supremazia sulla scelta collettiva. Il Parlamento vorrebbe vedere una maggiore ‘europeizzazione’, ma dobbiamo aspettare finché non sarà la volontà politica stessa ad avviarla.

 

D. – Per concludere, signor presidente, qual è il programma del Parlamento europeo nell’affrontare i cambiamenti del 2003 e soprattutto e in particolare, cosa sta facendo per la pace?

 

R. – FOR 2003, I WOULD SAY THE HEADLINE CHALLENGES ARE TO CONTINUE ...

Per il 2003, direi che la sfida principale è continuare a lavorare sui programmi di riforma economica ed approfondirli, perché – ovviamente – portare la giustizia sociale e l’occupazione è un aspetto importante della politica, e in Europa c’è ancora molto da fare in questo senso. In secondo luogo – e non lo dico in ordine di importanza – dobbiamo continuare a perseguire la meta dell’allargamento dell’Unione, lavorare all’interno dei parlamenti sui Trattati di adesione, sperare di poter dare il nostro assenso a coloro che l’hanno richiesto e che gli Stati nuovi aderenti potranno poi procedere all’atto di ratifica al fine di completare l’opera di progetto di una Convenzione europea, guidata da Giscard d’Estaing, ed aprire – se ci riuscissimo – e forse addirittura chiudere quest’anno la Conferenza intergovernativa sulle riforme per il futuro: tutti questi argomenti sono stati trattati anche la settimana scorsa in occasione della nostra visita a Roma con il segretario di Stato vaticano, cardinale Sodano. Per quanto riguarda la pace, il Parlamento intende mantenere un dialogo attivo, in particolare con i capi dei Parlamenti del Medio Oriente. Abbiamo avuto in visita il portavoce della Knesseth israeliana, abbiamo incontrato il portavoce della Assemblea legislativa palestinese, e manterremo un impegno attivissimo in questo ambito, in particolare con la leadership della presidenza greca, punto di riferimento euro-mediterraneo per noi, per l’allargamento dell’Unione europea ad altri Paesi dell’Europa centro-orientale.

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SULLO STATO D’ANIMO DELLA SOCIETA’ STATUNITENSE DOPO L’11 SETTEMBRE 2001,

UNA RIFLESSIONE CON PADRE VINCENT O’KEEFE, DELLA RIVISTA “AMERICA”

 

 

Armi di distruzione di massa: è questa negli Stati Uniti l’espressione dell’anno 2002. Il triste record è stato stabilito nei giorni scorsi dall’American Dialect Society, che l’anno scorso aveva decretato quale espressione vincitrice “nine eleven”, cioè “undici settembre”. E il peso dell’Iraq si sente anche se andiamo a vedere le altre parole selezionate: “Iraq-fobia” o “cambiamento di regime”. Dunque, non è difficile evincere il peso che l’imminenza di una guerra contro Baghdad ha sulla società e sull’informazione americane. Come sta dunque vivendo questo momento la società d’oltre oceano? Risponde da New York padre Vincent O’Keefe, di “America”, rivista di opinione dei gesuiti statunitensi. L’intervista è di Francesca Sabatinelli:

 

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R. – Ci sono due tendenze. C’è una preparazione molto forte da parte dei militari e anche da parte, direi, della propaganda. Dall’altra parte, ci sono tanti gruppi, qui negli Stati Uniti, che sono contrari la guerra. Un gruppo dice che l’Iraq presenta una minaccia e che non c’è altro modo di prevenire questo pericolo, non soltanto per gli Stati Uniti, ma per tutti quanti; e l’altro gruppo dice che non è necessaria la guerra, che gli Stati Uniti non possono agire soli, ma devono seguire le indicazioni delle Nazioni Unite e della Comunità internazionale. Le due parti sono abbastanza convinte ciascuna della propria posizione e si vede anche nei giornali. Ogni giorno c’è una discussione alla radio, alla televisione ...

 

D. – Quindi, il dibattito in America esiste?

 

R. – Si, veramente. Il Santo Padre parla sempre contro la guerra e questa volta il gruppo più vasto e numeroso, dice: “Ascolta il Santo Padre che è la voce più forte in favore della pace”.

 

D. – Ma secondo lei, gli americani hanno paura?

 

R. – Si, l’effetto dell’11 settembre o – come si dice qui – del “nine eleven”, è stato duraturo, perché praticamente per la prima vota molti americani hanno realizzato di essere vulnerabili: questa coscienza prima non esisteva. Adesso ci si sente in pericolo e quindi cresce la preoccupazione circa queste armi distruttive e il desiderio di “prevenire”. Ecco perché il concetto di “attacco preventivo”, anche se non esiste attualmente un attacco. Un’altra parte degli americani dice: “No, bisogna seguire la legge morale e non si può fare un attacco preventivo”.

 

D. – Negli Stati Uniti, quando Bush parla, che tipo di reazioni ci sono?

 

R. – Ci sono molti che dicono che Bush ha fatto progressi, nel senso che sembrava voler agire da solo, a prescindere dalle decisioni delle Nazioni Unite o degli altri Paesi: lui voleva agire da solo. Ora questo atteggiamento è cambiato; adesso sembra volere ascoltare le Nazioni Unite. Molti dicono che sia Powell, il segretario di Stato, la voce della ragione.

 

D. – I gruppi pacifisti, riescono ad avere voce, hanno un peso?

 

R. – Si, perché sono gente seria. Anche i vescovi degli Stati Uniti fanno dichiarazioni formali affermando di essere contrari alla guerra e d’accordo con il Papa in favore della pace. C’è una voce molto forte contro la guerra!

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LA BIOETICA E IL RAPPORTO TRA ETICA E SCIENZA AL CENTRO DI UN APPOSITO CORSO CHE HA INIZIO DOMANI PER INIZIATIVA

DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO

- Con noi, Adriano Pessina, responsabile del Corso -

 

 

Inizia domani il Corso di Perfezionamento in Bioetica organizzato dal servizio Formazione Permanente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in coordinamento con il Centro di Bioetica – Sezione di Milano. L’iniziativa, rivolta a medici, operatori delle professioni socio-sanitarie, insegnanti e laureati, si propone di favorire una conoscenza più precisa e dettagliata delle tematiche relative alla bioetica e al delicato rapporto tra etica e scienza. Le lezioni, che si concluderanno il 19 maggio prossimo, saranno anche erogate in videostream  presso alcuni Centri di cultura per lo sviluppo che l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha istituito in diversi punti del territorio nazionale. Ad Adriano Pessina, responsabile scientifico del Corso di Perfezionamento in Bioetica, Maria Di Maggio ha chiesto come è nata questa iniziativa:

 

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R. - Le motivazioni generali sono date dal fatto che oramai noi ci siamo resi conto che il senso comune e la morale diffusa, non sono assolutamente in grado di rispondere alle domande che lo sviluppo della medicina e della tecnologia, pone nell’ambito della vita e della salute. Quindi è necessaria una riflessione articolata, che tenga conto sia delle conoscenze scientifiche, sia di una approfondita competenza etica. Proprio in base a questo convincimento, noi abbiamo pensato di offrire anche una possibilità all’intero territorio italiano e quindi, in questo senso, di aprire questa nuova formula di formazione a distanza.

 

D. – Quali ritiene siano oggi le tematiche più urgenti nel campo della bioetica?

 

R. – Credo che oggi dobbiamo mettere in conto due aspetti fondamentali: il primo è il fatto che la nostra esperienza della vita e della morte è profondamente modificata dall’apporto della tecnologia, penso al fatto che oggi si può generare fuori del grembo materno, penso all’accertamento della morte cerebrale e dell’accanimento terapeutico; la seconda questione molto rilevante è data dal fatto che noi abbiamo degli strumenti culturali che sono abbastanza poveri e confusi, quindi, credo che sia proprio necessario recuperare una struttura argomentativa, razionale, che ci permetta di riflettere a tutto campo e di avere come interlocutori tutti coloro che sono interessati a pensare sul serio all’esperienza umana.

 

D. – Che cosa si auspica che questo corso apporti nell’ambito della bioetica?

 

R. – Se devo essere sincero, sarei già molto soddisfatto se si riuscisse a uscire da un aspetto di genericità che circonda la questione bioetica. In realtà ci sono molte tesi improvvisate, molte informazioni improvvisate intorno alle questioni bioetiche e quindi, credo che, se si riuscisse anche già a formare una maggiore precisione, ad evitare le ambiguità del linguaggio, se si riuscisse a fare, per così dire, un po’ di pulizia nella casa mentale di coloro che frequenteranno questo corso, credo che avremmo già ottenuto un ottimo successo.

 

D. – Quali sono, quindi, i punti fermi su cui si sviluppa questo corso di bioetica?

 

R. – Il punto fermo da cui parte questo corso è che noi siamo accomunati da un patrimonio che potremmo utilizzare bene, la ragione umana. La ragione umana è capace, anche se con fatica e non senza errori, di scoprire i criteri per condurre adeguatamente la vita umana. Direi non solo che ragione e fede dialogano, ma che non c’è una fede che non sappia dare ragione della sua esistenza e che la ragione per sua natura, la ragione filosofica, è aperta all’esperienza religiosa e alla fede. Non a caso noi abbiamo messo anche una parte dedicata all’apporto specifico della fede cattolica, ritenendo, per altro, che l’impresa bioetica sia fondamentalmente un’impresa filosofica che si arricchisce del contributo della teologia, ma che non è un’impresa prettamente confessionale, cosa che invece, in qualche modo, qualcuno ritiene di fare in modo da emarginare le ragioni dei credenti.

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I DRAMMI E LE SPERANZE DELL’AFRICA IN UNA MOSTRA FOTOGRAFICA

DI FRANCESCO FANTINI A MILANO

- Intervista con l’autore -

 

“Avsi Africa”: da lunedì prossimo al 31 gennaio in mostra a Milano le fotografie di Francesco Fantini, 65 scatti che raccontano i drammi e le speranze dell’Africa. Le immagini realizzate nella primavera del 2002 illustrano la realtà drammatica di Kenia, Uganda, Rwanda e Congo, tutti Paesi in cui l’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, in collaborazione con le ong locali, lavora per restituire la speranza e contrastare la miseria, la malattia, la fame e l’abbandono, nel solco della dottrina sociale della Chiesa. Attiva in 32 Paesi in Africa, America Latina, Medio Oriente ed Est europeo l’AVSI opera in settori che vanno dalla tutela della famiglia e dell’infanzia, alla formazione, alla sanità, alla sicurezza alimentare fino agli interventi d’emergenza. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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Le fotografie di Francesco Fantini in Mostra a Milano presso l’ISPI a Palazzo Clerici raccontano un’Africa diversa da quella cui altri fotoreporter ci hanno abituato. Senza intaccare la realtà drammatica di Paesi come il Kenya, l’Uganda, il Rwanda e il Congo le immagini illustrano un’umanità ancora capace di speranza e di manifestare con entusiasmo tutta la felicità che anche la povertà più estrema non riesce a sconfiggere. Sentiamo l’autore:

 

“L’obiettivo di queste foto è di documentare la vita normale, il più normale possibile, degli abitanti di questi Paesi, per un duplice scopo: presentare i loro problemi nella ricerca di aiuto e supporto a queste popolazioni, e nello stesso tempo è un po’ come ritrovare me stesso, perché in questo tipo di contatti che si hanno dove l’uomo torna ad essere il centro di tutto, non essendoci nient’altro, si ha un arricchimento umano veramente notevole”.

 

Protagonisti dell’Africa sono i bambini: loro il futuro di questo immenso e contraddittorio continente. Francesco Fantini ci spiega perché:

 

“Intanto, perché nei Paesi africani sono più della metà della popolazione, in quanto adulti ce ne sono pochi perché pochi sopravvivono, sia per le difficoltà di vita, sia per le guerre e tutto quello che succede; poi, perché sono la speranza, sono quelli che ti accolgono meglio, sono le persone più indifese, in questi posti, per cui l’attenzione particolare ai bambini sicuramente c’è”.

 

L’Africa, come spiega il direttore generale di AVSI Alberto Piatti, è all’origine dell’attività di questa associazione - nata nel 1972 – che oggi realizza i suoi progetti di assistenza e sviluppo in 11 Paesi africani. Ma qual è la situazione che l’AVSI si trova ad affrontare in Africa?

 

“La situazione che troviamo sul terreno, soprattutto nei giovani in cui diventa drammatico, è di persone che perdono la speranza, quindi la prima emergenza è l’educazione, è far compagnia a questi ragazzi affinché recuperino il senso della vita ed i valori fondanti la vita. E’ una bella sfida, perché in questo deserto sociale, in questa assenza di speranza, sono più facili le analisi e la colpevolizzazione di macrosistemi o di istituti internazionali, mentre noi diciamo che bisogna ripartire dalla persona e dal mistero dell’uomo”.

 

I problemi dell’Africa sono immensi: malattia, fame e sistemi economici quasi inesistenti. Come si può aiutare concretamente lo sviluppo di questa come di altre realtà? Ancora Alberto Piatti:

 

“Innanzitutto credo che il grido del Papa di condividere i bisogni di queste popolazioni più direttamente possibile, debba essere continuamente rilanciato, perché sia una responsabilità di cooperazione dei popoli e tra i popoli, e la Chiesa, in questo, è bimillenaria nella tradizione missionaria di condivisione”.

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CHIESA E SOCIETA’

12 gennaio 2003

 

IL GRAN GIURI’ DEI GIORNALISTI RUSSI HA CONDANNATO L’OPERATO

DI DUE ORGANI D’INFORMAZIONE PER AVER DIFFAMATO LA LOCALE COMUNITA’

DEI FRATI FRANCESCANI MINORI CONVENTUALI,

IMPLICANDOLA IN UNA VICENDA DI PROSTITUZIONE

 

MOSCA. = Dura presa di posizione dell'organo preposto a garantire la deontologia professionale dei giornalisti russi, che ha condannato il quotidiano-tabloid Komsomolkaya Pravda e la rete tv Ostankino, per aver implicato la locale comunità dei Frati francescani minori conventuali in una brutta vicenda di prostituzione. I fatti cui avevano dato spazio i due organi d’informazione si riferiva ad una casa di tolleranza organizzata in un appartamento di Mosca, che era effettivamente stato affittato dai francescani. Gli inquilini, però, avevano all’insaputa dei proprietari subaffittato l’appartamento, trasformandolo in luogo di ritrovo dedito alla prostituzione. Il Gran Giurì ha rinfacciato inoltre agli autori dei servizi di aver scelto argomenti tendenziosi e di aver ignorato le spiegazioni fornite da padre Gregorio Cioroch, superiore  della Comunità. Alla notizia della condanna, padre Gregorio ha espresso soddisfazione per la presa di posizione dell'organo deontologico della stampa; fatto che dimostra – ha riferito-  che ''la Russia è uno stato di diritto'' e che la  coscienza ha il diritto a essere presa in considerazione,  sebbene i francescani abbiano preferito non rivolgersi a un tribunale per ottenere giustizia. Ricordiamo che sulla vicenda era intervenuta anche la Sala Stampa della Santa Sede, che il 14 ottobre scorso parlò di “un’ignobile operazione” e ricordò che il Rappresentante pontificio a Mosca aveva “energicamente protestato presso le Autorità competenti”. Inoltre “i Superiori locali dell’Ordine Francescano dei Frati Minori Conventuali” avevano  “diramato un comunicato stampa, col quale” rigettavano “ogni addebito” e confutavano “le false affermazioni diffuse a Mosca”. Il comunicato della Sala stampa vaticana concludeva affermando che la Santa Sede si associava “a tali legittime proteste” e sperava  “che la giustizia” facesse “il suo corso, come si addice in uno Stato di diritto”. (S.S.)

 

 

CONTINUA A PREOCCUPARE IL MONDO LA CRISI TRA STATI UNITI E COREA DEL NORD, MATURATA IN POCHI GIORNI DOPO IL RITIRO DI PYONGYANG

DAL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE. DIPLOMAZIE DI MEZZO MONDO

AL LAVORO PER TESSERE IL FILO DEL  DIALOGO E DELLA SPERANZA

 

PYONGYANG. = Guerra o pace? Sono contrastanti i segnali che giungono da Stati Uniti e Corea del Nord sulla delicata crisi innescata pochi giorni fa dall’annuncio di Pyongyang di abbandonare il Trattato di non proliferazione nucleare firmato nel 1985. E ieri è stata probabilmente la giornata più convulsa per le diplomazie internazionali, che si sono viste cadere addosso un macigno di notizie che dapprima pigiavano sull’acceleratore delle intenzioni belliche, poi sul dialogo e la disponibilità degli Stati Uniti ad una soluzione diplomatica. Ma ripercorriamo i momenti più significativi della giornata di ieri: i toni concilianti del governatore del New Mexico Richardson – che proprio ieri ha concluso tre giorni di colloqui con due diplomatici nordcoreani- facevano intendere  progressi verso una soluzione pacifica; soluzione a cui hanno creduto in molti, soprattutto quando da Washington sono giunti segnali positivi sul fronte della disponibilità al dialogo per un accordo che rispettasse gli obblighi internazionali; ma la speranza veniva subito dopo infranta dalle notizie che da Pyongyang rinnovavano l'intenzione di riprendere gli esperimenti di missili nucleari. Le preoccupazioni si ingigantivano però con le ultime nuove dalla capitale nord coreana, che noncurante della pazienza americana faceva sapere di essere pronta ad ''una guerra santa” contro Washington. Passa la notte, il sole torna a splendere sugli immensi territori orientali, ma le intenzioni nord-coreane restano quelle della giornata precedente; anzi, sfogliando il quotidiano del partito Rodono Suinmun, ci si accorge che Pyongyang ha imboccato nuovamente la strada delle provocazioni, che arrivano fino al punto di minacciare l’adozione di nuove misure se le saranno imposte sanzioni dopo il suo ritiro dal Trattato dell’85. Le minacce più pesanti giungono naturalmente agli Stati Uniti, trasformati “in un mare di fuoco” – si legge -  se la sovranità nord coreana dovesse essere minacciata.  Al di là delle parole di fuoco, le diplomazie di mezzo mondo continuano a tessere il filo del dialogo e della speranza.  In settimana il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si occuperà della questione, puntando la sua attenzione soprattutto sul ritiro dal Tnp, mentre mercoledì, toccherà all'Aiea, l'agenzia delle  Nazioni Unite per l'energia nucleare, occuparsi della crisi. (S.S.). 

 

 

SEGNALI BELLICOSI PER LA CRISI TRA STATI UNITI E IRAQ. E’ DI 120 MILA UOMINI

IL CONTINGENTE STATUNITENSE GIA’ NELLA ZONA DEL GOLFO PERSICO.

ANCHE LA GRAN BRETAGNA INVIA LA SUA FLOTTA MILITARE,

MENTRE NAVI RUSSE NAVIGHERANNO NELLE STESSE ACQUE

PER OSSERVARE LA SITUAZIONE

 

WASHINGTON. = La crisi con la Corea del Nord non oscura certamente l’altro fronte su cui gli Stati Uniti stanno combattendo da mesi una guerra per il momento solo di nervi: quella contro l’Iraq. Nessuna comunicazione ufficiale giunge dalla Casa Bianca, che preferisce tacere su una presunta data dell’attacco contro in regime di Saddam. Ma il silenzio di Bush viene interrotto quasi ogni giorno dai media di mezzo mondo, che annunciano notizie più o meno veritiere su un possibile attacco nel giro di qualche settimana. Le ultime informazioni giungono dal New York Times, secondo cui le forze anglo-americane si starebbero concentrando sempre di più nell'area del Golfo Persico. La vera novità, però, riguarda il numero dei militari: verso la zona delle operazioni, infatti, starebbero procedendo non solo i 35 mila soldati ai quali ieri il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha dato l'ordine di partenza, ma anche altri 27 mila militari, in gran parte marines. Una nuova tappa di rafforzamento del contingente militare Usa nell' area, insomma, che dovrebbe raggiungere in breve le 120 mila unità. Anche l’esercito britannico sta iniziando a muoversi: ieri ha preso il largo la portaerei Ark Royal, vanto della Marina inglese, a capo di una flotta diretta  nel Golfo Persico. Nelle stesse acque navigheranno anche due navi della flotta russa del Pacifico, che proprio in questi giorni  si preparano ad una lunga missione di  osservazione nella regione. Intanto dal Dipartimento di Stato americano giungono conferme sul fatto che il regime del dittatore iracheno avrebbe già violato gli obblighi impostigli dalla risoluzione 1441 dell' Onu e che spetta comunque a Saddam Hussein dimostrare di non aver  accumulato armi di distruzione di massa. (S.S.)

 

 

TUTTE LE CONDANNE A MORTE COMMUTATE IN ERGASTOLI

E QUATTRO DETENUTI GRAZIATI. E’ LA SORPRENDENTE DECISIONE DEL GOVERNATORE DELL’ILLINOIS, GEORGE RYAN, SECONDO CUI L’ATTO

HA IL FINE DI CORREGGERE L’INGIUSTIZIA

 

CHICAGO. = E' confermato: nell'ultimo giorno come Governatore dell'Illinois, George Ryan svuoterà il braccio della morte delle prigioni dello stato, firmando un atto di grazia collettivo che trasformerà in ergastolo tutte le oltre 150 condanne a morte emesse dai tribunali statali. Prima ancora di rendere pubblica la decisione, Ryan ha voluto spiegare alle famiglie delle vittime dei reati commessi dalle persone che verranno da lui graziate le ragioni della misura senza precedenti. In una lettera di due pagine, il repubblicano ha confessato come la sua sia stata una decisione difficile, ma anche come fosse l'unico modo per correggere ''la manifesta ingiustizia'' del sistema che ha portato a quelle condanne a morte. Il provvedimento, spiega ancora nella lettera Ryan, era quindi l'unico modo per scongiurare il pericolo che un innocente fosse mandato a morte. Ora, sottolineano dall'ufficio del Governatore, queste persone dovranno scontare l'ergastolo, senza la possibilità di chiedere la possibilità  di chiedere la libertà condizionata. Si sono invece aperte le porte non solo del braccio della morte, dove erano stati reclusi per decenni, ma del penitenziario, per tre dei quattro uomini dichiarati innocenti ieri da Ryan. ''Sono convinto che siano innocenti altrimenti non li avrei graziati - ha detto il governo - non c'e' alcun dubbio nella mia mente sul fatto che siano stati perseguiti ingiustamente ed ingiustamente condannati a morte''. In cella rimane solo Stanley Howard, che scontava un'altra pena oltre a quella capitale. Celebrata con entusiasmo dai nemici della pena di morte negli Stati Uniti ed in tutto il mondo, la decisione di Ryan è stata duramente criticata dalle autorità giudiziarie dello stato. Il procuratore della contea di Cook ha definito i provvedimenti ''vergognosi ed irresponsabili'', accusando Ryan di aver ottenuto solo dagli avvocati difensori, e non dalla procura, le carte processuali. Non è esclusa la possibilità di riaprire le inchieste a carico dei quattro graziati. (S.S.)

 

 

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