RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 12 - Testo della
Trasmissione di domenica 12 gennaio
2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Questa mattina nella Cappella Sistina il Santo Padre ha
amministrato il Battesimo a 22 bambini.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Cresce la preoccupazione nel mondo per la crisi tra Stati Uniti e
Corea del Nord
Aumentano i segnali di guerra tra Usa e Iraq: 120 mila
soldati americani già nella zona del Golfo
12 gennaio 2003
ANCHE
CON IL FREDDO PUNGENTE IN PIAZZA SAN PIETRO,
TANTA
GENTE SI E’ RADUNATA A MEZZOGIORNO PER L’ANGELUS ASSIEME AL PAPA, NELL’ODIERNA
FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’ CHE CONCLUDE IL PERIODO NATALIZIO
- A
cura di Giovanni Peduto -
Il tempo di Natale e dell'Epifania si chiude con
l'odierna festa del Battesimo del Signore nel fiume Giordano. I Vangeli sono
concordi nell'attestare che, quando Gesù uscì dall'acqua, si posò su di lui lo
Spirito Santo in forma di colomba, e si udì dall'alto la voce del Padre celeste
che diceva: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
Confuso
tra le folle penitenti, Gesù aveva chiesto a Giovanni Battista di essere
battezzato, lasciando sconcertato lo stesso Precursore. Ma proprio tale gesto –
ha osservato il Pontefice - rivela la singolarità del messianismo di Gesù: esso
consiste nel compiere la volontà del Padre,
facendosi vittima di
espiazione per i
nostri peccati.
Ricordato
che la sua umile solidarietà con i peccatori condurrà Gesù alla morte sulla
Croce, il Santo Padre ha proseguito:
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Immergersi
nella morte e nella resurrezione di Cristo libera radicalmente l'uomo dal
peccato e dalla morte e realizza una nuova nascita secondo lo Spirito, per una
vita che non avrà mai fine.
**********
Giovanni
Paolo II ha quindi partecipato ai fedeli la sua gioia di avere amministrato il
Battesimo ad alcuni neonati (come fra poco vi riferiremo), ed ha spiegato che
il battesimo dei bambini, tanto caro alla tradizione cristiana, fa comprendere
con immediata eloquenza la vera natura della salvezza. Essa è grazia, cioè dono
gratuito del Signore. Dio infatti ci ama sempre per primo e nel sangue del suo
Figlio ha già pagato il prezzo del nostro riscatto ...
**********
Per
questo è bene che i genitori cristiani siano solleciti nel portare i loro figli
al fonte battesimale, affinché ricevano, in forza della fede della Chiesa, il
grande dono della vita divina. Gli stessi genitori, poi, con l’esempio, la
preghiera e l’insegnamento, siano i primi educatori della fede dei figli, affinché
quel germe di vita nuova possa giungere a piena maturazione.
**********
La Vergine Maria – ha concluso il Santo Padre - aiuti
tutti i battezzati a respingere ciò che è contrario al Vangelo, ed a restare
sempre fedeli alle promesse assunte al fonte battesimale.
Dopo la recita dell’Angelus il Papa ha salutato
cordialmente i fedeli augurando a tutti buona settimana.
NELLA
FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’, ANCHE QUEST’ANNO
IL
PONTEFICE HA AMMINISTRATO IL SACRAMENTO NELLA CAPPELLA SISTINA
A 22
BAMBINI, DEI QUALI 18 MASCHIETTI E 4 BAMBINE
E FRA
QUESTE UNA POLACCA ED UNA LIBANESE. TUTTI GLI ALTRI SONO ITALIANI
- A
cura di Giovanni Peduto -
Nel corso del suo pontificato, il Santo Padre ha conferito
il sacramento del Battesimo a 1.370 tra bambini e adulti e non solo a Roma, ma
pure nel corso di vari suoi viaggi apostolici. In occasione della festa del Battesimo
di Gesù, come oggi, il Papa ha conferito il sacramento a neonati, mentre
diverse volte durante la Veglia Pasquale nella Basilica Vaticana e in taluni
viaggi in varie parti del mondo, il Battesimo è stato amministrato dal
Pontefice a persone adulte.
Come dicevamo, questa mattina i neonati battezzati sono
stati 22, 18 maschietti e quattro femminucce; una bimba è polacca e un’altra
libanese, e gli altri tutti italiani. Giovanni Paolo II ha presieduto la
celebrazione mentre la Santa Messa è stata concelebrata dagli arcivescovi Oscar
Rizzato, elemosiniere di Sua Santità, e Paolo Sardi della Segreteria di Stato.
Molto belli i canti nel corso dell’assemblea eseguiti dal coro polifonico del
Balzo, composto di 35 elementi ...
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(musica)
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Il Santo Padre ha tenuto l’omelia incentrata ovviamente
sull’episodio evangelico del Battesimo di Gesù, mettendo in risalto come ogni
cristiano in questo sacramento incontra il Signore in maniera personale: viene
inserito nel mistero della sua morte e della sua resurrezione e riceve una vita
nuova che è la stessa vita di Dio. Un particolare saluto il Papa ha rivolto poi
ai genitori, ai padrini e alle madrine dei piccoli ...
**********
Il Signore vi affida, quali custodi responsabili, le loro
vite così preziose ai suoi occhi. Impegnatevi amorevolmente perché crescano in
sapienza, età e grazia; aiutateli ad essere fedeli alla loro vocazione.
**********
Il Papa ha rivolto ai genitori e ai padrini anche l’esortazione
a essere santi per guidare i loro figli verso questa alta meta della vita
cristiana, che è appunto la santità, formulando questo auspicio:
**********
Aiuti la Madonna specialmente questi piccoli, perché
realizzino fino in fondo il progetto che Dio ha per ciascuno di loro.
**********
L’ultimo augurio del Papa è che la Madre del Redentore
aiuti le famiglie cristiane del mondo intero ad essere autentiche scuole di
preghiera, nelle quali pregare uniti costituisca sempre più il cuore e la
sorgente di ogni attività.
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(musica)
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12 gennaio 2003
L’OMBRA DELLA GUERRA SI ALLUNGA SULL’ANNO APPENA INIZIATO.
IL PARLAMENTO EUROPEO E LE
POSSIBILI OPZIONI DI PACE
- Intervista con Pat Cox -
Il 2003, un anno che inizia non certo sotto i migliori auspici. I tanti
scenari di guerra che in questo momento storico sono presenti nel mondo, fanno
crescere i timori per un futuro non certo roseo. A preoccupare maggiormente gli
osservatori internazionali è negli ultimi giorni la crisi scoppiata e maturata
nel giro di qualche settimana tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Crisi
che purtroppo si contende la scena con un altro possibile set di guerra, quello
tra Washington e Baghdad; per non parlare, poi del più vecchio tra i conflitti,
quello tra Israeliani e palestinesi. In una situazione così convulsa cresce in tutto
il mondo il bisogno di pace; pace auspicata più volte negli ultimi giorni anche
Giovanni Paolo II, a cui ogni giorno fanno eco quelle di tante personalità
della politica internazionale, della cultura, ma anche della gente comune, che
vive in prima persona il timore di una guerra. Ai microfoni della Radio
Vaticana il presidente del Parlamento europeo, Pat Cox, in visita a Dublino, al
quale abbiamo chiesto un po’ il punto della situazione in questo momento,
soprattutto dinanzi alle grandi sfide del 2003 ed alle opzioni di pace che il
Parlamento europeo può avere. L’intervista è di Enzo Farinella:
**********
R. – THE
EUROPEAN PARLAMENT HAS EXPRESSED ITSELF VERY CLEARLY ...
Il Parlamento europeo si è espresso in termini molto
chiari in merito alla questione dell’Iraq, già qualche mese fa: siamo contrari
all’idea di attacchi unilaterali preventivi considerati politica generale
mentre al contrario pensiamo che dovrebbe esserci una sorta di
‘internazionalizzazione’ nella ricerca di una soluzione. Ecco perché abbiamo
accolto con favore la risoluzione dell’Onu e vogliamo tenere sotto controllo lo
sviluppo della situazione in questo inizio del 2003. La settimana scorsa ho
avuto il privilegio, in quanto rappresentante del Parlamento europeo, di
incontrare il Santo Padre. Abbiamo parlato del suo messaggio per la Giornata
mondiale della pace, nel quale egli richiama l’enciclica Pacem in terris
di Giovanni XXIII, nonché le implicazioni ed i timori che una destabilizzazione
nella regione in questione potrebbe avere anche sul Medio Oriente, cosa che
nessuno si augura.
D. – L’Europa è unita in via di principio, ma le posizioni nazionali
spesso sono divergenti. Il Parlamento europeo può parlare in rappresentanza
dell’Europa, o è ancora una voce flebile troppo spesso soffocata da poteri
nazionali?
R. – IT IS
CLEAR THAT WHAT WE HAVE TODAY IS MORE WHAT I WOULD CALL ...
E’ ovvio che quanto abbiamo oggi è più una ‘non-Europa’
che un’Europa; significa che la questione delle strutture – che ora stiamo
affrontando nella Convenzione sul futuro dell’Europa – può aiutarci entro
determinati limiti, ma il nodo centrale è la volontà politica. Se allora
guardiamo, ad esempio, alla questione dell’Iraq, vediamo che la Germania ha
affermato chiaramente che per nessun motivo vorrà partecipare a questa guerra,
nemmeno qualora ci fosse un mandato dell’Onu; al contrario, la Gran Bretagna si
sta preparando ad inviare truppe nella regione nel caso effettivamente ci fosse
un conflitto militare. Considerando queste divergenze, dobbiamo ammettere che
oggi questo ancora è un aspetto di ‘non-Europa’, un aspetto per cui la
sovranità di ciascun singolo Stato e la sua volontà politica asserisce la
propria supremazia sulla scelta collettiva. Il Parlamento vorrebbe vedere una
maggiore ‘europeizzazione’, ma dobbiamo aspettare finché non sarà la volontà
politica stessa ad avviarla.
D. – Per concludere, signor presidente, qual è il programma del
Parlamento europeo nell’affrontare i cambiamenti del 2003 e soprattutto e in
particolare, cosa sta facendo per la pace?
R. – FOR
2003, I WOULD SAY THE HEADLINE CHALLENGES ARE TO CONTINUE ...
Per il 2003, direi che la sfida principale è continuare a
lavorare sui programmi di riforma economica ed approfondirli, perché –
ovviamente – portare la giustizia sociale e l’occupazione è un aspetto
importante della politica, e in Europa c’è ancora molto da fare in questo
senso. In secondo luogo – e non lo dico in ordine di importanza – dobbiamo
continuare a perseguire la meta dell’allargamento dell’Unione, lavorare
all’interno dei parlamenti sui Trattati di adesione, sperare di poter dare il
nostro assenso a coloro che l’hanno richiesto e che gli Stati nuovi aderenti
potranno poi procedere all’atto di ratifica al fine di completare l’opera di
progetto di una Convenzione europea, guidata da Giscard d’Estaing, ed aprire –
se ci riuscissimo – e forse addirittura chiudere quest’anno la Conferenza
intergovernativa sulle riforme per il futuro: tutti questi argomenti sono stati
trattati anche la settimana scorsa in occasione della nostra visita a Roma con
il segretario di Stato vaticano, cardinale Sodano. Per quanto riguarda la pace,
il Parlamento intende mantenere un dialogo attivo, in particolare con i capi
dei Parlamenti del Medio Oriente. Abbiamo avuto in visita il portavoce della
Knesseth israeliana, abbiamo incontrato il portavoce della Assemblea
legislativa palestinese, e manterremo un impegno attivissimo in questo ambito,
in particolare con la leadership della presidenza greca, punto di riferimento
euro-mediterraneo per noi, per l’allargamento dell’Unione europea ad altri
Paesi dell’Europa centro-orientale.
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SULLO STATO D’ANIMO DELLA SOCIETA’ STATUNITENSE
DOPO L’11 SETTEMBRE 2001,
UNA
RIFLESSIONE CON PADRE VINCENT O’KEEFE, DELLA RIVISTA “AMERICA”
Armi di distruzione di massa: è questa negli Stati Uniti
l’espressione dell’anno 2002. Il triste record è stato stabilito nei giorni
scorsi dall’American Dialect Society, che l’anno scorso aveva decretato quale
espressione vincitrice “nine eleven”, cioè “undici settembre”. E il peso
dell’Iraq si sente anche se andiamo a vedere le altre parole selezionate:
“Iraq-fobia” o “cambiamento di regime”. Dunque, non è difficile evincere il
peso che l’imminenza di una guerra contro Baghdad ha sulla società e
sull’informazione americane. Come sta dunque vivendo questo momento la società
d’oltre oceano? Risponde da New York padre Vincent O’Keefe, di “America”,
rivista di opinione dei gesuiti statunitensi. L’intervista è di Francesca
Sabatinelli:
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R. – Ci sono due tendenze. C’è una preparazione molto
forte da parte dei militari e anche da parte, direi, della propaganda.
Dall’altra parte, ci sono tanti gruppi, qui negli Stati Uniti, che sono
contrari la guerra. Un gruppo dice che l’Iraq presenta una minaccia e che non
c’è altro modo di prevenire questo pericolo, non soltanto per gli Stati Uniti,
ma per tutti quanti; e l’altro gruppo dice che non è necessaria la guerra, che
gli Stati Uniti non possono agire soli, ma devono seguire le indicazioni delle
Nazioni Unite e della Comunità internazionale. Le due parti sono abbastanza
convinte ciascuna della propria posizione e si vede anche nei giornali. Ogni
giorno c’è una discussione alla radio, alla televisione ...
D. – Quindi, il dibattito in America esiste?
R. – Si, veramente. Il Santo Padre parla sempre contro la
guerra e questa volta il gruppo più vasto e numeroso, dice: “Ascolta il Santo
Padre che è la voce più forte in favore della pace”.
D. – Ma secondo lei, gli americani hanno paura?
R. – Si, l’effetto dell’11 settembre o – come si dice qui
– del “nine eleven”, è stato duraturo, perché praticamente per la prima vota
molti americani hanno realizzato di essere vulnerabili: questa coscienza prima
non esisteva. Adesso ci si sente in pericolo e quindi cresce la preoccupazione
circa queste armi distruttive e il desiderio di “prevenire”. Ecco perché il
concetto di “attacco preventivo”, anche se non esiste attualmente un attacco.
Un’altra parte degli americani dice: “No, bisogna seguire la legge morale e non
si può fare un attacco preventivo”.
D. – Negli Stati Uniti, quando Bush parla, che tipo di
reazioni ci sono?
R. – Ci sono molti che dicono che Bush ha fatto progressi,
nel senso che sembrava voler agire da solo, a prescindere dalle decisioni delle
Nazioni Unite o degli altri Paesi: lui voleva agire da solo. Ora questo
atteggiamento è cambiato; adesso sembra volere ascoltare le Nazioni Unite.
Molti dicono che sia Powell, il segretario di Stato, la voce della ragione.
D. – I gruppi pacifisti, riescono ad avere voce, hanno un
peso?
R. – Si, perché sono gente seria. Anche i vescovi degli
Stati Uniti fanno dichiarazioni formali affermando di essere contrari alla
guerra e d’accordo con il Papa in favore della pace. C’è una voce molto forte
contro la guerra!
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LA
BIOETICA E IL RAPPORTO TRA ETICA E SCIENZA AL CENTRO DI UN APPOSITO CORSO CHE
HA INIZIO DOMANI PER INIZIATIVA
DELL’UNIVERSITA’
CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO
- Con
noi, Adriano Pessina, responsabile del Corso -
Inizia domani il Corso di Perfezionamento in Bioetica
organizzato dal servizio Formazione Permanente dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore in coordinamento con il Centro di Bioetica – Sezione di
Milano. L’iniziativa, rivolta a medici, operatori delle professioni
socio-sanitarie, insegnanti e laureati, si propone di favorire una conoscenza
più precisa e dettagliata delle tematiche relative alla bioetica e al delicato
rapporto tra etica e scienza. Le lezioni, che si concluderanno il 19 maggio
prossimo, saranno anche erogate in videostream
presso alcuni Centri di cultura per lo sviluppo che l’Università
Cattolica del Sacro Cuore ha istituito in diversi punti del territorio
nazionale. Ad Adriano Pessina, responsabile scientifico del Corso di
Perfezionamento in Bioetica, Maria Di Maggio ha chiesto come è nata questa
iniziativa:
**********
R. - Le motivazioni generali sono date dal fatto che
oramai noi ci siamo resi conto che il senso comune e la morale diffusa, non
sono assolutamente in grado di rispondere alle domande che lo sviluppo della
medicina e della tecnologia, pone nell’ambito della vita e della salute. Quindi
è necessaria una riflessione articolata, che tenga conto sia delle conoscenze
scientifiche, sia di una approfondita competenza etica. Proprio in base a
questo convincimento, noi abbiamo pensato di offrire anche una possibilità
all’intero territorio italiano e quindi, in questo senso, di aprire questa
nuova formula di formazione a distanza.
D. – Quali ritiene siano oggi le tematiche più urgenti nel
campo della bioetica?
R. – Credo che oggi dobbiamo mettere in conto due aspetti
fondamentali: il primo è il fatto che la nostra esperienza della vita e della
morte è profondamente modificata dall’apporto della tecnologia, penso al fatto
che oggi si può generare fuori del grembo materno, penso all’accertamento della
morte cerebrale e dell’accanimento terapeutico; la seconda questione molto
rilevante è data dal fatto che noi abbiamo degli strumenti culturali che sono
abbastanza poveri e confusi, quindi, credo che sia proprio necessario
recuperare una struttura argomentativa, razionale, che ci permetta di
riflettere a tutto campo e di avere come interlocutori tutti coloro che sono
interessati a pensare sul serio all’esperienza umana.
D. – Che cosa si auspica che questo corso apporti
nell’ambito della bioetica?
R. – Se devo essere sincero, sarei già molto soddisfatto
se si riuscisse a uscire da un aspetto di genericità che circonda la questione
bioetica. In realtà ci sono molte tesi improvvisate, molte informazioni
improvvisate intorno alle questioni bioetiche e quindi, credo che, se si
riuscisse anche già a formare una maggiore precisione, ad evitare le ambiguità
del linguaggio, se si riuscisse a fare, per così dire, un po’ di pulizia nella
casa mentale di coloro che frequenteranno questo corso, credo che avremmo già
ottenuto un ottimo successo.
D. – Quali sono, quindi, i punti fermi su cui si sviluppa
questo corso di bioetica?
R. – Il punto fermo da cui parte questo corso è che noi
siamo accomunati da un patrimonio che potremmo utilizzare bene, la ragione
umana. La ragione umana è capace, anche se con fatica e non senza errori, di
scoprire i criteri per condurre adeguatamente la vita umana. Direi non solo che
ragione e fede dialogano, ma che non c’è una fede che non sappia dare ragione
della sua esistenza e che la ragione per sua natura, la ragione filosofica, è
aperta all’esperienza religiosa e alla fede. Non a caso noi abbiamo messo anche
una parte dedicata all’apporto specifico della fede cattolica, ritenendo, per
altro, che l’impresa bioetica sia fondamentalmente un’impresa filosofica che si
arricchisce del contributo della teologia, ma che non è un’impresa prettamente
confessionale, cosa che invece, in qualche modo, qualcuno ritiene di fare in
modo da emarginare le ragioni dei credenti.
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I DRAMMI E LE SPERANZE DELL’AFRICA IN UNA MOSTRA
FOTOGRAFICA
DI
FRANCESCO FANTINI A MILANO
-
Intervista con l’autore -
“Avsi
Africa”: da lunedì prossimo al 31 gennaio in mostra a Milano le fotografie di
Francesco Fantini, 65 scatti che raccontano i drammi e le speranze dell’Africa.
Le immagini realizzate nella primavera del 2002 illustrano la realtà drammatica
di Kenia, Uganda, Rwanda e Congo, tutti Paesi in cui l’Associazione Volontari
per il Servizio Internazionale, in collaborazione con le ong locali, lavora per
restituire la speranza e contrastare la miseria, la malattia, la fame e
l’abbandono, nel solco della dottrina sociale della Chiesa. Attiva in 32 Paesi
in Africa, America Latina, Medio Oriente ed Est europeo l’AVSI opera in settori
che vanno dalla tutela della famiglia e dell’infanzia, alla formazione, alla
sanità, alla sicurezza alimentare fino agli interventi d’emergenza. Il servizio
è di Stefano Leszczynski.
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Le
fotografie di Francesco Fantini in Mostra a Milano presso l’ISPI a Palazzo
Clerici raccontano un’Africa diversa da quella cui altri fotoreporter ci hanno
abituato. Senza intaccare la realtà drammatica di Paesi come il Kenya,
l’Uganda, il Rwanda e il Congo le immagini illustrano un’umanità ancora capace
di speranza e di manifestare con entusiasmo tutta la felicità che anche la
povertà più estrema non riesce a sconfiggere. Sentiamo l’autore:
“L’obiettivo di queste foto è di documentare la vita
normale, il più normale possibile, degli abitanti di questi Paesi, per un
duplice scopo: presentare i loro problemi nella ricerca di aiuto e supporto a
queste popolazioni, e nello stesso tempo è un po’ come ritrovare me stesso,
perché in questo tipo di contatti che si hanno dove l’uomo torna ad essere il
centro di tutto, non essendoci nient’altro, si ha un arricchimento umano
veramente notevole”.
Protagonisti
dell’Africa sono i bambini: loro il futuro di questo immenso e contraddittorio
continente. Francesco Fantini ci spiega perché:
“Intanto, perché nei Paesi africani sono più della metà
della popolazione, in quanto adulti ce ne sono pochi perché pochi sopravvivono,
sia per le difficoltà di vita, sia per le guerre e tutto quello che succede;
poi, perché sono la speranza, sono quelli che ti accolgono meglio, sono le
persone più indifese, in questi posti, per cui l’attenzione particolare ai
bambini sicuramente c’è”.
L’Africa,
come spiega il direttore generale di AVSI Alberto Piatti, è all’origine
dell’attività di questa associazione - nata nel 1972 – che oggi realizza i suoi
progetti di assistenza e sviluppo in 11 Paesi africani. Ma qual è la situazione
che l’AVSI si trova ad affrontare in Africa?
“La situazione che troviamo sul terreno, soprattutto nei
giovani in cui diventa drammatico, è di persone che perdono la speranza, quindi
la prima emergenza è l’educazione, è far compagnia a questi ragazzi affinché
recuperino il senso della vita ed i valori fondanti la vita. E’ una bella
sfida, perché in questo deserto sociale, in questa assenza di speranza, sono
più facili le analisi e la colpevolizzazione di macrosistemi o di istituti
internazionali, mentre noi diciamo che bisogna ripartire dalla persona e dal
mistero dell’uomo”.
I
problemi dell’Africa sono immensi: malattia, fame e sistemi economici quasi inesistenti.
Come si può aiutare concretamente lo sviluppo di questa come di altre realtà?
Ancora Alberto Piatti:
“Innanzitutto credo che il grido del Papa di condividere i
bisogni di queste popolazioni più direttamente possibile, debba essere
continuamente rilanciato, perché sia una responsabilità di cooperazione dei
popoli e tra i popoli, e la Chiesa, in questo, è bimillenaria nella tradizione
missionaria di condivisione”.
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12 gennaio 2003
IL GRAN GIURI’ DEI GIORNALISTI RUSSI HA CONDANNATO
L’OPERATO
DI DUE ORGANI D’INFORMAZIONE PER AVER DIFFAMATO LA
LOCALE COMUNITA’
DEI FRATI FRANCESCANI MINORI CONVENTUALI,
IMPLICANDOLA IN UNA VICENDA DI PROSTITUZIONE
MOSCA. = Dura presa di posizione
dell'organo preposto a garantire la deontologia professionale dei giornalisti
russi, che ha condannato il quotidiano-tabloid Komsomolkaya Pravda e la
rete tv Ostankino, per aver implicato la locale comunità dei Frati
francescani minori conventuali in una brutta vicenda di prostituzione. I fatti
cui avevano dato spazio i due organi d’informazione si riferiva ad una casa di
tolleranza organizzata in un appartamento di Mosca, che era effettivamente
stato affittato dai francescani. Gli inquilini, però, avevano all’insaputa dei
proprietari subaffittato l’appartamento, trasformandolo in luogo di ritrovo
dedito alla prostituzione. Il Gran Giurì ha rinfacciato inoltre agli autori dei
servizi di aver scelto argomenti tendenziosi e di aver ignorato le spiegazioni
fornite da padre Gregorio Cioroch, superiore
della Comunità. Alla notizia della condanna, padre Gregorio ha espresso
soddisfazione per la presa di posizione dell'organo deontologico della stampa;
fatto che dimostra – ha riferito- che
''la Russia è uno stato di diritto'' e che la
coscienza ha il diritto a essere presa in considerazione, sebbene i francescani abbiano preferito non
rivolgersi a un tribunale per ottenere giustizia. Ricordiamo che sulla vicenda
era intervenuta anche la Sala Stampa della Santa Sede, che il 14 ottobre scorso
parlò di “un’ignobile operazione” e ricordò che il Rappresentante pontificio a
Mosca aveva “energicamente protestato presso le Autorità competenti”. Inoltre
“i Superiori locali dell’Ordine Francescano dei Frati Minori Conventuali”
avevano “diramato un comunicato stampa,
col quale” rigettavano “ogni addebito” e confutavano “le false affermazioni
diffuse a Mosca”. Il comunicato della Sala stampa vaticana concludeva
affermando che la Santa Sede si associava “a tali legittime proteste” e
sperava “che la giustizia” facesse “il
suo corso, come si addice in uno Stato di diritto”. (S.S.)
CONTINUA A PREOCCUPARE IL MONDO LA CRISI TRA STATI
UNITI E COREA DEL NORD, MATURATA IN POCHI GIORNI DOPO IL RITIRO DI PYONGYANG
DAL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE.
DIPLOMAZIE DI MEZZO MONDO
AL LAVORO PER TESSERE IL FILO DEL DIALOGO E DELLA SPERANZA
PYONGYANG. = Guerra o pace? Sono contrastanti i
segnali che giungono da Stati Uniti e Corea del Nord sulla delicata crisi
innescata pochi giorni fa dall’annuncio di Pyongyang di abbandonare il Trattato
di non proliferazione nucleare firmato nel 1985. E ieri è stata probabilmente
la giornata più convulsa per le diplomazie internazionali, che si sono viste
cadere addosso un macigno di notizie che dapprima pigiavano sull’acceleratore
delle intenzioni belliche, poi sul dialogo e la disponibilità degli Stati Uniti
ad una soluzione diplomatica. Ma ripercorriamo i momenti più significativi
della giornata di ieri: i toni concilianti del governatore del New Mexico
Richardson – che proprio ieri ha concluso tre giorni di colloqui con due diplomatici
nordcoreani- facevano intendere
progressi verso una soluzione pacifica; soluzione a cui hanno creduto in
molti, soprattutto quando da Washington sono giunti segnali positivi sul fronte
della disponibilità al dialogo per un accordo che rispettasse gli obblighi
internazionali; ma la speranza veniva subito dopo infranta dalle notizie che da
Pyongyang rinnovavano l'intenzione di riprendere gli esperimenti di missili
nucleari. Le preoccupazioni si ingigantivano però con le ultime nuove dalla
capitale nord coreana, che noncurante della pazienza americana faceva sapere di
essere pronta ad ''una guerra santa” contro Washington. Passa la notte, il sole
torna a splendere sugli immensi territori orientali, ma le intenzioni
nord-coreane restano quelle della giornata precedente; anzi, sfogliando il quotidiano
del partito Rodono Suinmun, ci si accorge che Pyongyang ha imboccato nuovamente
la strada delle provocazioni, che arrivano fino al punto di minacciare
l’adozione di nuove misure se le saranno imposte sanzioni dopo il suo ritiro
dal Trattato dell’85. Le minacce più pesanti giungono naturalmente agli Stati
Uniti, trasformati “in un mare di fuoco” – si legge - se la sovranità nord coreana dovesse essere minacciata. Al di là delle parole di fuoco, le
diplomazie di mezzo mondo continuano a tessere il filo del dialogo e della
speranza. In settimana il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite si occuperà della questione, puntando la sua
attenzione soprattutto sul ritiro dal Tnp, mentre mercoledì, toccherà all'Aiea,
l'agenzia delle Nazioni Unite per
l'energia nucleare, occuparsi della crisi. (S.S.).
SEGNALI BELLICOSI PER LA
CRISI TRA STATI UNITI E IRAQ. E’ DI 120 MILA UOMINI
IL CONTINGENTE STATUNITENSE GIA’ NELLA ZONA DEL
GOLFO PERSICO.
ANCHE LA GRAN BRETAGNA INVIA LA SUA FLOTTA MILITARE,
MENTRE NAVI RUSSE NAVIGHERANNO NELLE STESSE ACQUE
PER OSSERVARE LA SITUAZIONE
WASHINGTON. = La crisi con la Corea del Nord non
oscura certamente l’altro fronte su cui gli Stati Uniti stanno combattendo da
mesi una guerra per il momento solo di nervi: quella contro l’Iraq. Nessuna
comunicazione ufficiale giunge dalla Casa Bianca, che preferisce tacere su una
presunta data dell’attacco contro in regime di Saddam. Ma il silenzio di Bush
viene interrotto quasi ogni giorno dai media di mezzo mondo, che annunciano
notizie più o meno veritiere su un possibile attacco nel giro di qualche
settimana. Le ultime informazioni giungono dal New York Times, secondo cui le
forze anglo-americane si starebbero concentrando sempre di più nell'area del
Golfo Persico. La vera novità, però, riguarda il numero dei militari: verso la
zona delle operazioni, infatti, starebbero procedendo non solo i 35 mila
soldati ai quali ieri il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha dato
l'ordine di partenza, ma anche altri 27 mila militari, in gran parte marines.
Una nuova tappa di rafforzamento del contingente militare Usa nell' area, insomma,
che dovrebbe raggiungere in breve le 120 mila unità. Anche l’esercito
britannico sta iniziando a muoversi: ieri ha preso il largo la portaerei Ark
Royal, vanto della Marina inglese, a capo di una flotta diretta nel Golfo Persico. Nelle stesse acque
navigheranno anche due navi della flotta russa del Pacifico, che proprio in
questi giorni si preparano ad una lunga
missione di osservazione nella regione.
Intanto dal Dipartimento di Stato americano giungono conferme sul fatto che il
regime del dittatore iracheno avrebbe già violato gli obblighi impostigli dalla
risoluzione 1441 dell' Onu e che spetta comunque a Saddam Hussein dimostrare di
non aver accumulato armi di distruzione
di massa. (S.S.)
TUTTE LE CONDANNE A
MORTE COMMUTATE IN ERGASTOLI
E QUATTRO DETENUTI GRAZIATI. E’ LA SORPRENDENTE
DECISIONE DEL GOVERNATORE DELL’ILLINOIS, GEORGE RYAN, SECONDO CUI L’ATTO
HA IL FINE DI CORREGGERE L’INGIUSTIZIA
CHICAGO. = E' confermato: nell'ultimo giorno come Governatore
dell'Illinois, George Ryan svuoterà il braccio della morte delle prigioni dello
stato, firmando un atto di grazia collettivo che trasformerà in ergastolo tutte
le oltre 150 condanne a morte emesse dai tribunali statali. Prima ancora di
rendere pubblica la decisione, Ryan ha voluto spiegare alle famiglie delle
vittime dei reati commessi dalle persone che verranno da lui graziate le
ragioni della misura senza precedenti. In una lettera di due pagine, il
repubblicano ha confessato come la sua sia stata una decisione difficile, ma
anche come fosse l'unico modo per correggere ''la manifesta ingiustizia'' del
sistema che ha portato a quelle condanne a morte. Il provvedimento, spiega
ancora nella lettera Ryan, era quindi l'unico modo per scongiurare il pericolo
che un innocente fosse mandato a morte. Ora, sottolineano dall'ufficio del Governatore,
queste persone dovranno scontare l'ergastolo, senza la possibilità di chiedere
la possibilità di chiedere la libertà
condizionata. Si sono invece aperte le porte non solo del braccio della morte,
dove erano stati reclusi per decenni, ma del penitenziario, per tre dei quattro
uomini dichiarati innocenti ieri da Ryan. ''Sono convinto che siano innocenti
altrimenti non li avrei graziati - ha detto il governo - non c'e' alcun dubbio
nella mia mente sul fatto che siano stati perseguiti ingiustamente ed
ingiustamente condannati a morte''. In cella rimane solo Stanley Howard, che
scontava un'altra pena oltre a quella capitale. Celebrata con entusiasmo dai
nemici della pena di morte negli Stati Uniti ed in tutto il mondo, la decisione
di Ryan è stata duramente criticata dalle autorità giudiziarie dello stato. Il
procuratore della contea di Cook ha definito i provvedimenti ''vergognosi ed
irresponsabili'', accusando Ryan di aver ottenuto solo dagli avvocati
difensori, e non dalla procura, le carte processuali. Non è esclusa la possibilità
di riaprire le inchieste a carico dei quattro graziati. (S.S.)
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