RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 11 - Testo della Trasmissione di sabato 11 gennaio  2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Promuovere l’unità tra le chiese locali di provenienza e la Sede di Pietro: l’invito di Giovanni Paolo II ai sacerdoti e agli studenti del Pontificio Collegio portoghese in Roma, a 100 anni dalla fondazione.

 

Domani, festa del Battesimo del Signore, il Papa impartirà il Sacramento a 22 bambini nella Cappella Sistina: intervista con padre Marco Ivan Rupnik.

 

La Chiesa greco-cattolica ucraina si dice pronta ad accogliere il patriarca di Mosca nel segno della reciproca comprensione e perdono.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Costa d’Avorio emergenza profughi: 600 mila persone in fuga dalla guerra civile nella zona occidentale del Paese africano. Con noi padre Germano Gazoa.

 

Viva preoccupazione dell’arcivescovo di Bordeaux, Jean Pierre Ricard, per l’inquinamento delle acque marine dopo il naufragio della petroliera Prestige.

 

La scuola musicale Magnificat a Gerusalemme: un esempio mirabile di pacifica convivenza tra ebrei e palestinesi. Ce ne parla padre Armando Pierucci.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Al via un progetto dell’Aspem  per la dignità dei bambini che lavorano nel mercato de la Parada di Lima, in Perù.

 

Internet tende la mano all’integrazione scolastica degli studenti stranieri.

 

Oltre cento profughi Montagnard vietnamiti, rifugiati in Cambogia, pronti a trasferirsi negli Stati Uniti, grazie all’impegno dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni.

 

La chiesa del Pakistan proclama il 2003 anno della pace con l’intento di educare i cittadini sull’urgenza della pace.

 

Al via, in Afghanistan, un corso di formazione per donne giudici, sostenuto da un’associazione locale patrocinata dall’Onu.

 

24 ORE NEL MONDO:

Rischia di precipitare la crisi con la Corea del Nord: Pyongyang annuncia la ripresa dei test missilistici e la riattivazione di una centrale nucleare.

 

Iraq: 35 mila soldati americani in partenza per il Golfo Persico.

 

Nuove rappresaglie israeliane nei Territori.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 gennaio 2003

 

 

PROMUOVERE INCESSANTEMENTE L’UNITA’ TRA LE CHIESE LOCALI DI PROVENIENZA

E LA SEDE DI PIETRO: L’INVITO DEL PAPA AI SACERDOTI E AGLI STUDENTI

DEL PONTIFICIO COLLEGIO PORTOGHESE IN ROMA,

CHE CELEBRA IL CENTENARIO DELLA NASCITA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un secolo di vita di una istituzione vaticana, che ha contribuito ad arricchire la Chiesa portoghese di centinaia di sacerdoti, di numerosi vescovi e cardinali, “illuminati e zelanti”; e che ha insegnato ed insegna l’importanza del vincolo di unità tra le Chiese periferiche e la Sede di Pietro. Nel ricevere questa mattina 50 appartenenti alla comunità del Pontificio Collegio portoghese in Roma, giunto ai cento anni dalla fondazione, Giovanni Paolo II ne ha messo in luce il lungo e prezioso servizio formativo in chiave teologico-pastorale.

 

La possibilità stessa, per alcuni giovani seminaristi, di raffinare i propri studi frequentando università estere è già di per sé uno stimolo per “acquisire un’altro punto di vista e una formazione complementare”. Più ancora, ha osservato il Papa, vivere e perfezionare le proprie conoscenze accademiche a Roma, “nel cuore stesso della cattolicità”, è un dono che aiuta a “consolidare una mentalità universale”. La stessa mentalità che caratterizzò l’opera dei 3 cardinali,  dei 64 vescovi e degli 867 studenti formatisi all’interno del Collegio portoghese: tutti “impregnati di autentico spirito apostolico” e capaci di porre “a servizio dell’evangelizzazione il sapere accumulato”.

 

Il cardinale Patriarca di Lisbona, José da Cruz Policarpo, aveva sottolineato la variegata provenienza geografica del clero che oggi si raccoglie all’interno del Collegio, divenuto un luogo privilegiato di incontro sacerdotale e un centro di promozione per l’unità tra le distinte Chiese locali. Riferendosi a ciò, Giovanni Paolo II ha concluso il suo intervento confidando alla comunità del Collegio un desiderio: che ciascuno - ha detto - sappia “offrire il proprio contributo per approfondire e consolidare l’unità della Chiesa, della quale Roma è segno e centro posto al suo servizio”. Traendo ispirazione, in questo sforzo di “comunicazione e cooperazione”, dall’incessante reciproco interscambio che regna in seno alla Trinità.

 

 

NOMINE AL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE

PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI

 

Il Santo Padre ha nominato stamane cinque nuovi membri del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Si tratta di Leonardo Sandri, arcivescovo titolare di Cittanova, Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali; Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry, segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Csaba Ternyák, arcivescovo titolare di Eminenziana, Segretario della Congregazione per il Clero; Piergiorgio Silvano Nesti, arcivescovo emerito di Camerino‑San Severino Marche, segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; Giuseppe Pittau, arcivescovo titolare di Castro di Sardegna, Segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica.

 

 

DOMANI, IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE,

IL PAPA IMPARTIRA’ IL SACRAMENTO A 22 BAMBINI NELLA CAPPELLA SISTINA

- Con noi, padre Marco Ivan Rupnik -

 

Una tradizione che si rinnova nella domenica in cui la Chiesa celebra il Battesimo del Signore. Domani, alle ore 10, nella cornice straordinaria della Cappella Sistina, Giovanni Paolo II celebrerà la Santa Messa durante la quale impartirà il battesimo ad alcuni bambini. Quest’anno i battezzandi sono 22, 18 maschietti e 4 bambine. I piccoli sono tutti italiani, tranne Maria Faustyna, polacca, ed Elie, libanese.

 

Nei primi secoli del cristianesimo, il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano era considerata la massima manifestazione di Cristo, quale figlio di Dio al mondo. Aveva dunque una grande rilevanza, oggi in parte andata perduta, come spiega al microfono di Adriana Masotti, il teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti dell’Istituto Orientale di Roma.

 

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R. - All’inizio, di fatti, le feste natalizie erano concentrate durante la festa del Battesimo. San Giovanni Crisostomo si chiede: come mai si festeggia il Battesimo e non il Natale come manifestazione del Signore? E si risponde: perché nel Natale erano pochi a vederlo. Nel Battesimo è avvenuta la vera Epifania, la vera manifestazione in quanto si rivela Gesù come figlio di Dio, si rivela suo Padre nella voce che proclama il Figlio diletto, e si rivela lo Spirito Santo, la Luce che scende sul Figlio.

 

D. – C’è una costante in queste manifestazioni, che forse ci dice qualcosa di Dio stesso. A Natale è un bambino che si manifesta al mondo. Qui addirittura Gesù si fa carico dei peccati …

 

R. – Evidentemente, Lui non è peccatore. Però è una “kenosis” che Cristo vive, una umiliazione, un abbassamento di Dio, che scende fino a vivere la situazione della purificazione che è tipicamente umana e, come direbbe Sant’Efrem, il Siro, del IV secolo d.C., “Cristo si mescola con la situazione umana”. Mi sembra, dunque, che una sottolineatura importante sia questo abbassamento di Dio, che, per esempio, nell’iconografia si nota quando il Cristo veniva dipinto nudo nelle acque del Giordano. In questa solidarietà totale, Cristo assume la realtà dell’uomo così come è. Dall’altro lato, il termine siro “battezzare” significa anche “tuffarsi”. Quindi, Sant’Efrem dice che Cristo si tuffa per emergere come perla dalle acque. Fa quindi allusione alla sua morte e alla sua risurrezione. Lui si immerge nella situazione umana, viene sopraffatto, ucciso e poi risuscita. Ma allo stesso tempo fa vedere anche la possibilità del cristiano, che in Cristo emerge dalla tragedia del peccato, della morte, come persona viva.

 

D. – Che cosa rappresenta questa tappa nella vita di Gesù e che cosa dice a noi e alla nostra vita?

 

R. – Qual è lo scenario in cui entra Cristo nella storia? E’ lo scenario dell’umanità  che confessa il peccato. Giovanni Battista cosa ha fatto nel Giordano? Ha preso il peccato degli uomini d’Israele, lo ha fatto vedere al popolo, ha chiesto loro se si riconoscevano in questo peccato ed il popolo ha detto di sì. Cosa devono fare? Battezzarsi, lavarsi. In questo lavacro, dunque, dove confluivano le persone, i popoli, a lavarsi e a purificarsi, appare Cristo. Questo è il vero scenario della conoscenza di Dio, non uno scenario astratto, teorico, ma la situazione dell’uomo nella notte. La notte è il peccato e il peccato è la morte. C’è una umanità morta e Cristo, l’Agnello di Dio, viene. Ma questo Agnello è il Figlio di Dio, quindi è Dio che salva. Oggi la questione è: siamo in grado o non siamo in grado di presentare ancora il Vangelo e nostro Signore Gesù Cristo, come Salvatore delle donne, degli uomini e dei bambini di oggi dell’Europa, dell’Italia e del mondo?

 

D. – Per il cristiano, a parte l’esperienza del Battesimo, come Sacramento, quale riflessione per la sua vita da fare proprio nell’occasione della festa di domani?

 

R. – E’ una festa della rivelazione dell’amore di Dio: Cristo nel grembo della Vergine, Cristo nel grembo della grotta di Betlemme, Cristo nel grembo del fiume Giordano e Cristo nel grembo della terra, nella sepoltura, nella discesa agli Inferi. Dio scende affinché noi possiamo continuamente salire. Noi siamo figli della Luce. Bisogna lasciarsi convincere dallo Spirito che tutte le tenebre del mondo non sono in grado di inghiottire e spegnere questa Luce.

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LA CHIESA GRECO-CATTOLICA UCRAINA SI DICE  PRONTA

AD ACCOGLIERE IL PATRIARCA DI MOSCA

NEL SEGNO DELLA RECIPROCA COMPRENSIONE E PERDONO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Se ci sarà una visita in Ucraina del Patriarca di Mosca, così come anticipato alla fine di novembre scorso, la Chiesa greco-cattolica di questo Paese sarà felice di riceverlo come “un ospite di riguardo”. Parole del cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv, che aprono la speranza perché questo possibile evento - finora rinviato a causa di problemi di salute e di altri impegni di Alessio II - possa migliorare i rapporti tra le diverse confessioni cristiane in Ucraina. In una dichiarazione rilasciata a ridosso dell’annuncio della visita  il porporato, ricorda infatti l’esperienza positiva del soggiorno in Ucraina nel giugno 2001 di Giovanni Paolo II, ed auspica nuovi “effetti positivi” dalla visita di Alessio II.

 

Se la storia del passato - scrive il cardinale Husar - ha fatto sì che in Terra ucraina e della Federazione Russa vivano accanto gli uni agli altri, ortodossi e grco-cattolici di tradizione bizantina, “noi, come cristiani, dobbiamo vedere in questo la Provvidenza di Dio” e “ricordare che la volontà di Cristo per noi è chiara: che tutti siano uno. Rimostranze reali e soprattutto fittizie - sottolinea il porporato ucraino - lanciate l’un l’altro di continuo non creano un atmosfera per un dialogo pacifico, senza il quale non si possono realizzare intese e avvicinamento.” Ma, “purtroppo tutti noi - constata  l’arcivescovo maggiore di Lviv - agiamo in base a stereotipi elevati al rango di assoluti,  divenuti come un muro incrollabile, che dovrebbe dividerci per sempre”.

 

“Certamente la via dell’unità è molto lunga - aggiunge il cardinale Husar - però è giunto il tempo di fare i primi passi”, “coraggiosamente”, a partire dalla “reciproca comprensione” e  “perdono” come esortava il cardinale Myroslav Ivan Lubacivskyj, ancora negli anni ‘80. Ed “i greco–cattolici ucraini - assicura il cardinale Husar - dichiarano anche oggi questa prontezza”.

 

L’arcivescovo maggiore di Lviv si ripromette quindi in occasione della possibile visita pastorale di Alessio II di “mettere in moto una piattaforma dei complessi problemi” nei rapporti reciproci, come la pacifica convivenza dei greco cattolici e degli ortodossi nella realtà ucraina; la valutazione dello pseudo-Sinodo di Leopoli del 1946; l’appianamento del contenzioso relativo ai beni; la situazione dei greco-cattolici ucraini nella Federazione Russa: perché questi possano godere degli stessi diritti che hanno tutti i credenti in Ucraina.

 

Il cardinale Husar auspica inoltre che il soggiorno del Patriarca di Mosca in Ucraina possa contribuire anche “a mettere ordine” “nei rapporti evangelici tra le tre branche dell’Ortodossia ucraina”, e favorisca infine “un rafforzamento della pace cristiana e sociale tra le popolazioni.”

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l'Iraq: l'Unione Europea tenta di evitare il conflitto.

"La corona dei bambini" è il titolo del pensiero dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle pagine vaticane, nel discorso al Pontificio Collegio Portoghese, in occasione del centenario di fondazione, il Papa ha sottolineato che Roma ha contribuito a consolidare nei sacerdoti del Paese una mentalità universale e cattolica conforme alle linee fondamentali dell'azione pastorale.

La Dichiarazione dell'Arcivescovo Maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, il cardinale Husar, circa la possibile visita del Patriarca di Mosca in Ucraina.

Un articolo sul beato Paolo Manna, la cui vita fu "scandita dal Rosario". 

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: incursione dell'esercito israeliano nella città cisgiordana di Jenin.

Bush ha definito "una preoccupazione per il mondo intero" il fatto che la Corea del Nord abbia deciso di uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare.

Argentina: iniziative per combattere la denutrizione.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Carmine Di Biase dal titolo: "L'inno alla gioia dal profondo del cuore": la poesia di Margherita Guidacci.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica. Le minacce legate al terrorismo.

 

In omaggio a tutti i lettori, allegato al giornale il supplemento domenicale, per offrire ai lettori una puntuale analisi di Biago Buonomo sulla situazione nelle periferie di Napoli dopo la morte di Salvatore, il tredicenne ucciso in un tentativo di rapina a Scampia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 gennaio 2003

 

 

IN COSTA D’AVORIO 600 MILA SFOLLATI SONO IN FUGA

DALL’AREA OCCIDENTALE DEL PAESE.

SUL FRONTE POLITICO, IL 15 GENNAIO SI SVOLGERA’ A PARIGI UNA TAVOLA ROTONDA TRA IL GOVERNO IVORIANO E I LEADER DEI RIBELLI

- Intervista con Padre Germano Gazoa -

 

La situazione della Costa d’Avorio, sempre più dilaniata dalla guerra civile e dalle gravi difficoltà economiche, continua ad essere esplosiva. Secondo il Programma alimentare mondiale dell'Onu, sono più di 600 mila i profughi che stanno scappando dalle aree dei combattimenti verso i Paesi confinanti o verso le zone non ancora interessate dagli scontri a fuoco. La Francia, che nel suo ruolo di forza di interposizione ha inviato 2.500 soldati sul territorio africano, rischia di rimanere impantanata nel conflitto, stretta tra il fuoco dei miliziani e la bellicosità dell’esecutivo di Abidjan. Il 15 gennaio si svolgerà a Parigi una tavola rotonda tra il governo ivoriano e i leader dei ribelli, un appuntamento che potrebbe costituire una tappa decisiva per promuovere la pace in Costa d’Avorio. Sulla situazione del Paese ivoriano ascoltiamo padre Germano Gazoa, professore di Teologia spirituale e delle religioni all’Università cattolica di Abidjan, al microfono di Amedeo Lomonaco.

 

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R. - La situazione è confusa. Tutti cercano di andare via, la vita è molto costosa e tutto è molto difficile.

 

D. - Qual è il ruolo della Francia in questo conflitto?

 

R. - Il ruolo della Francia è confuso, perché non sappiamo esattamente quale sia la sua strategia. All’inizio avevamo pensato che fossero venuti nel nostro Paese per aiutare il governo a scacciare i ribelli ma ci sono dei momenti in cui non riusciamo a comprendere bene il loro ruolo.

 

D. - A quali risultati potrebbe portare l’incontro del 15 gennaio a Parigi tra il governo ivoriano e i leader dei ribelli?

 

R. - Tutta la popolazione vuole che niente sia cambiato nella Costituzione. La speranza è che la Francia prenda una decisione molto coraggiosa. Noi ci aspettiamo che il governo transalpino trovi una soluzione in grado di ristabilire l’ordine sul territorio nazionale.

 

D. - Quali sono le responsabilità del governo ivoriano in merito ai bombardamenti che colpiscono la popolazione civile?

 

R. - I ribelli si sono mescolati alla popolazione e si sono infiltrati per attaccare i soldati del governo. I soldati hanno bombardato perché i ribelli si sono mescolati alla popolazione ed è difficile distinguere gli uni dagli altri.

 

D. - Il Pam parla di 600.000 profughi all’interno del Paese: qual è la loro situazione?

 

R. - La situazione economica è molto difficile e stiamo andando verso una catastrofe umanitaria, come quella del Rwanda e del Burundi.

 

D. - Come sta vivendo la comunità cristiana il dramma della guerra?

 

R. - La comunità insieme alla Caritas sta accogliendo i profughi. I sacerdoti, le suore e tutte le comunità religiose si sono organizzate per svolgere al meglio la loro opera. I cristiani sono molto impegnati.

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LA SCUOLA MUSICALE MAGNIFICAT A GERUSALEMME:

UN ESEMPIO MIRABILE DI PACIFICA CONVIVENZA TRA EBREI E PALESTINESI.

- Con noi padre Armando Pierucci -

 

Né i posti di blocco né la paura stanno fermando in questi giorni ottanta tra bambini e giovani pianisti palestinesi che partecipano, da ieri e fino a domani a Gerusalemme, al quarto Concorso pianistico organizzato dalla Scuola musicale Magnificat, intitolato ad un giovane ingegnere italiano, Carlo Tavasani, morto nel ’99. La Scuola di musica, nel complesso francescano del San Salvatore, diretta da un frate marchigiano organista, padre Armando Pierucci, è un piccolo miracolo di normalità e di collaborazione, basti pensare che gli studenti della scuola sono tutti palestinesi, tra musulmani e cristiani, ed hanno come professori alcuni ebrei russi dell’Accademia Rubin. Francesca Sabatinelli ha intervistato padre Armando Pierucci:

 

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 R. - E’ un modo, anche, per vincere la situazione difficile. Quando abbiamo incominciato eravamo 20, io stentavo a trovare degli allievi. Adesso abbiamo 180 ragazzi che vengono a scuola. Purtroppo, quelli dei territori, di Ramallah, di Betlemme, ormai hanno quasi smesso di venire. Alcuni vengono da Gerico, altri da Gerusalemme, più che altro dalle zone intorno a Gerusalemme.

 

D. - Ma riescono a superare i check-point?

 

R. - Sì, perché alla fine i soldati vedono che sono studenti, dimostrano di venire per la musica e riescono a passare.

 

D. - Quindi, la tenacia di questi ragazzi fa capire quanto loro amino la musica?

 

R. - Certo ... veramente.

 

D. - I suoi studenti la fanno commuovere ...

 

R. – Si certo, dal 1995 è aperta la scuola: può capire quanto abbia dovuto combattere controcorrente, non solo per la situazione politica, ma anche per la musica. Insegnare la musica in un Paese dove non c’è una tradizione, all’inizio è molto difficile. Per loro la musica è molto importante, ma è quella che - più o meno - noi chiamiamo “delle canzonette”, oppure musica a carattere popolare. Adesso invece al pianoforte suonano Chopin, Debussy, Beethoven con risultati eccezionali: volano sulla tastiera, non hanno veramente nulla da invidiare ai ragazzi dei Conservatori!

 

D. - Che tipo di rapporto c’è tra questi studenti ed i loro insegnanti ebrei?

 

R. - Difficile rispondere, perché mi commuovo. E’ molto bello. Questi insegnanti si affezionano, come tutti gli insegnanti si affezionano ai loro allievi. Non stanno a guardare se sono palestinesi o no. Quindi, si organizzano piccoli concerti, saggi scolastici, concerti più impegnativi ... I professori li seguono, alla fine si preparano dei dolci, si festeggia insieme, si fa la fotografia di gruppo, sono orgogliosi gli uni degli altri ...

 

D. - E’ un piccolo miracolo di pace ...

 

R. - Ah, certo, se fosse per loro saremmo in pace da un pezzo!

 

D. - Questo tipo di rapporto ci sarà sicuramente con gli studenti più piccolini; ma anche con i più grandi? Non si parla di politica?

 

R. - No, no: assolutamente. Loro sanno che la colpa non è della gente. La politica divide. Tutti e due soffrono insieme: nessuno dà la colpa all’altro.

 

D. - Dei precedenti allievi, c’è qualcuno che poi è andato a studiare fuori da Gerusalemme?

 

R. - Una ragazza, finita la maturità, è andata a studiare a Vienna; ha fatto l’esame, è stata ammessa. Adesso frequenta, per la musica, l’Università di Vienna. Poi un’altra ragazza, sempre palestinese, è stata accettata per studiare musica nell’Università ebraica di Gerusalemme.

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L’ARCIVESCOVO DI BORDEAUX, MONS. JEAN-PIERRE RICARD IN UN DOCUMENTO ESPRIME VIVA PREOCCUPAZIONE PER L’ONDATA NERA CHE, FUORIUSCITA DALLA PETROLIERA PRESTIGE, HA RAGGIUNTO LE COSTE FRANCESI.

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

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Dopo aver investito per settimane le splendide spiagge della Galizia, la petroliera “Prestige” sta riversando lentamente il suo carico di nafta sulle coste francesi. Le onde nere continuano ad infrangersi sulla dorate spiagge transalpine, lasciando al loro ritiro migliaia di palline di nafta; e come non ricordare la scena ripresa dalle telecamere di tutto il mondo della rabbia del primo ministro francese Rafferin, che giunto sulla costa per verificare i primi danni è finito poi per calciare quelle particelle nere. Un gesto forte, quello del capo del governo transalpino, e nello stesso tempo rappresentativo del sentimento di un’intera nazione. La petroliera, intanto, adagiata sul fondo dell’Oceano continua a perdere il suo carico inquinante sotto forma di filamenti oleosi. E la preoccupazione cresce in Francia per questo disastro annunciato, a causa di una “carretta del mare” a cui non doveva essere concesso dalle autorità marittime internazionali il permesso alla navigazione, tanto meno al largo di coste il cui habitat doveva essere tutelato con maggiore attenzione. E preoccupazione è stata espressa anche dall’arcivescovo di Bordeaux, mons. Jean-Pierre Ricard, che in un documento pubblicato nei giorni scorsi, ha denunciato la difficile situazione attuale. “L’inquinamento che tocca le nostre coste - si legge nelle note - ci fa sentire profondamente colpiti da questa situazione scandalosa”. Un messaggio forte, che denuncia anche la difficile condizione di quanti lavorano a contatto con l’Oceano, come spiega Antoine-Marie Izoard, capo ufficio stampa dell’arcivescovado di Bordeaux.

 

R. - Questo messaggio esprime la solidarietà dell’arcivescovo di Bordeaux e del suo vescovo ausiliare verso tutte le persone che vivono del mare o del turismo. Perché questo inquinamento danneggia l’immagine della regione, quindi l’economia. Dicono i vescovi: “Sono luoghi che conosciamo. Voci e facce di pescatori, di gente che lavora, di cui già conosciamo le difficili condizioni di lavoro. Quindi, sappiamo che si confrontano con molti problemi.

 

D. - Un altro passo molto forte, presente in questo documento, è quello che riguarda la ricerca del profitto, che finisce poi per soppiantare i valori veri …

 

R. – Esatto, non si può - dicono i vescovi - fare soldi contro la vita, la natura, le persone. I vescovi pensano a queste famiglie che sono ferite nel loro lavoro, nei loro beni e vedono il futuro con angoscia. Quindi, chiedono che si fermi l’attuale situazione di ingiustizia, di corruzione, di irresponsabilità - parola forte - e che le leggi nazionali, europee ed internazionali lavorino per la sicurezza dei mari, per il rispetto delle persone e per la protezione degli animali.

 

D. – Com’è la situazione attuale sulle coste francesi: l’ondata nera si è fermata o continua a provocare danni?

 

R. - Si è fermata da qualche giorno, ma c’è sempre il pericolo che torni il petrolio sulle spiagge francesi. In questi giorni si sono fermati i militari, gli impiegati municipali a lavorare sulle spiagge manualmente. Il prefetto della regione ha chiesto di cominciare il lavoro meccanico, altrimenti, come si dice in francese, resta un lavoro da formiche.

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CHIESA E SOCIETA’

11 gennaio 2003

 

 

AL VIA UN PROGETTO DELL’ASPEM  PER AFFERMARE LA DIGNITÀ E I DIRITTI DEI BAMBINI

E RAGAZZI CHE LAVORANO NEL MERCATO “DE LA PARADA” DI LIMA, IN PERU’

 

LIMA. = "Piccoli lavoratori, grandi diritti". Questo il titolo della campagna raccolta fondi dell’Aspem -Associazione solidarietà Paesi emergenti-, per sostenere decine di minori, ragazzi di strada e giovani delle bande che lavorano nel mercato popolare "La Parada" di Lima, in Perù. La struttura, sviluppatasi in un contesto di violenza e di forti problematiche sociali, abbisogna di particolare attenzione per tutelari quanti, nell’età della formazione, operano in quest’ambiente. Il progetto, si legge in un comunicato dell’Aspem, "si pone l'obiettivo di difendere i diritti fondamentali dei bambini, degli adolescenti e giovani, attraverso corsi di formazione, laboratori di giochi educativi e di sostegno scolastico”. Previsti anche programmi di prevenzione sanitaria, di scolarizzazione, di sostegno legale e psicologico che coinvolgono inoltre le loro famiglie. Il progetto, presentato tra l’altro a Giovanni Paolo II durante l'udienza privata con i Volontari nel mondo-Focsiv il 14 dicembre scorso, utilizza anche percorsi alternativi come il teatro di strada, la gestione dei conflitti attraverso l'educazione alla non-violenza e iniziative di economia solidale nei Paesi di origine dei ragazzi, sulle Ande. Il fine del progetto è dunque quello di favorire l'integrazione tra minori, ragazzi di strada e bande-tribù giovanili metropolitane attraverso la formazione ad un lavoro dignitoso. L’Aspem nasce a Cantù, in provincia di Como, nel 1974 da un'esperienza di comunità cristiana caratterizzata da un forte impegno sociale e civile sui temi della solidarietà tra i popoli del Nord e del Sud del mondo, mentre la sua azione si fonda sullo scambio e le relazioni di reciprocità tra organizzazioni e persone. (S.S.)

 

 

INTERNET TENDE LA MANO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI STUDENTI STRANIERI.

 E’ STATO PRESENTATO IERI A MILANO UN SITO DELLA CARITAS

PER SOSTENERE GLI INSEGNANTI CHE OPERANO

 IN CLASSI MULTILINGUE E MULTICULTURALI

 

MILANO. = Aiutare l’integrazione scolastica degli studenti stranieri che frequentano le scuole lombarde. Questa la finalità del sito internet www.centrocome.it, presentato ieri a Milano, dal servizio per l’integrazione dei minori e delle famiglie straniere della cooperativa sociale “Farsi Prossimo”,   promossa dalla Caritas Ambrosiana. L’iniziativa, realizzata nell’ambito del Protocollo d’intesa tra Caritas Ambrosiana e Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, si propone di offrire uno sportello telematico d’informazione e consulenza per i docenti che operano in classi plurilingue e multiculturali. Le pagine web danno sostegno e consulenza a distanza ai professori e alle maestre, con informazioni su iniziative, corsi di formazione e progetti dedicati all’integrazione dei minori stranieri nelle scuole. A disposizione anche bibliografie, materiali didattici e normative specifiche. Tra gli strumenti predisposti dal “Centro Come”, un’utile pronto soccorso linguistico per l’approccio con i piccoli immigrati appena arrivati e ‘a digiuno’ di italiano. Il numero degli alunni stranieri nelle scuole italiane è in rapido e costante aumento e la Lombardia è la regione che ne accoglie di più. Secondo gli ultimi dati, il 25% dei 181.767 studenti stranieri iscritti negli istituti italiani, nell’anno scolastico 2001/2002, frequentava scuole lombarde. A Milano, in particolare, in certe scuole i bambini stranieri raggiungono fino al 20% del totale degli alunni. "La realizzazione di questo sito - ha detto il direttore della Caritas ambrosiana, don Virginio Colmegna - si inserisce in un quadro di iniziative per favorire l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane" e "rendere meno drammatico il già difficile impatto con la scuola italiana". (S.S.)

 

 

OLTRE CENTO PROFUGHI MONTAGNARD VIETNAMITI, RIFUGIATI IN CAMBOGIA,

PRONTI A TRASFERIRSI NEGLI STATI UNITI, GRAZIE ALL’IMPEGNO

DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MIGRAZIONI

 

HANOI.= Un gruppo di montagnard vietnamiti - comunità tribali di fede cristiana - attualmente rifugiati in Cambogia si stanno preparando per il trasferimento negli Stati Uniti. La notizia è stata diramata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), spiegando che i rimanenti 124 montagnard di un gruppo composto in origine da 906 profughi - fuggiti nel 2001 dal Paese d’origine a causa di persecuzioni perpetrate dal governo centrale - hanno iniziato questa settimana a Phnom Penh un corso di orientamento culturale e educazione sanitaria. I profughi, trasferiti nell’aprile scorso dai campi dell’Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) di Ratanakiri e Mondulkiri alla capitale della Cambogia - dovrebbero lasciare il Paese asiatico in direzione degli Stati Uniti entro le prossime 2 settimane. Il programma dello Iom si propone di preparare i montagnard alla nuova vita che li attende negli Stati Uniti, pur mantenendo la loro identità culturale. L’intero gruppo dovrebbe prendere residenza nel North Carolina, che già ospita oltre 3 mila profughi montagnard e che rappresenta il principale ‘punto di ritrovo’ di questi vietnamiti. Alle radici del conflitto tra Hanoi e i tribali c’è la migrazione, favorita dal governo a partire dal 1975, di milioni di cittadini provenienti dalle sovraffollate regioni del nord negli altipiani, zone da sempre abitate dai montagnard. Questi si sono così ritrovati ad essere minoranza in casa propria e a dover lottare per il possesso della terra. La situazione è ulteriormente peggiorata quando improvvisamente è crollato il prezzo del caffè, coltivato appunto negli altopiani. Le persecuzioni di Hanoi contro i tribali sono dovute inoltre a motivi religiosi. Molti dei montagnard si definiscono infatti protestanti ‘dega’, gruppo cristiano che le autorità considerano invece un movimento separatista. (A.G.)

 

 

LA CHIESA DEL PAKISTAN PROCLAMA IL 2003 ANNO DELLA PACE CON L’INTENTO

DI EDUCARE I CITTADINI SULL’URGENZA DELLA PACE COME BASE PER EDIFICARE

UN FUTURO FATTO DI SVILUPPO, SALVEZZA ED UNITA’ DEL PAESE

 

LAHORE. = Il 2003 sia l'Anno della Pace. Lo ha proclamato la Chiesa del Pakistan, attraverso la Commissione per il Dialogo Interreligioso e l'Ecumenismo della Conferenza Episcopale, con l'intento di educare i cittadini pakistani sull'urgenza della pace. La proclamazione, ha informato il padre cappuccino John Nadeem, Segretario della Commissione, è avvenuta nella prima settimana di gennaio: "Speriamo che tutti i veri cittadini patrioti della nazione si uniscano in questa campagna per lavorare insieme alla costruzione dello sviluppo, della salvezza e dell'unità del paese". Nel corso dell’anno sono stati programmati: manifestazioni pubbliche, eventi sportivi, celebrazioni di preghiera, concorsi di poesia e scrittura, programmi televisivi e  incontri interreligiosi. La Commissione ha inoltre individuato iniziative specifiche per bambini, donne, e studenti universitari e preparerà pubblicazioni e testi per le scuole, con sezioni dedicate all'armonia sociale e alla solidarietà così da offrire agli studenti una migliore comprensione sulle differenti religioni presenti in Pakistan. Prevista anche una visita alle vittime degli attacchi di Bahawalpur, Islamabad, Murree, Taxial e Daska City. Nel 2002 circa 40 persone di religione cristiana sono state uccise e dozzine ferite in sei distinti attacchi contro i cristiani, l'ultimo dei quali si è verificato in una chiesa protestante nella città di Daska, il giorno di Natale. Le iniziative della Commissione sono state elogiate da bahai, cristiani, indù, musulmani e sikh. E proprio sul dialogo interreligioso si è soffermato mons. Joseph Coutts, vescovo di Fasalabad che, nel messaggio per il 1° gennaio 2003, ha detto che è compito dei leader religiosi operare per la pace, la tolleranza e l'armonia del Paese.

 

 

AL VIA, IN AFGHANISTAN, UN CORSO DI FORMAZIONE PER DONNE GIUDICI,

SOSTENUTO DA UN’ASSOCIAZIONE LOCALE PATROCINATA DALL’ONU

 

KABUL. = E' partita con un corso di formazione per donne giudici in Afghanistan la vita della neo ''Associazione donne afghane giudici'' (Awja), creata dall'Unifem, l'organizzazione dell'Onu per lo sviluppo delle donne. Tra i suoi obiettivi, si propone di stimolare la partecipazione delle afghane alla vita giudiziaria del Paese. Nonostante vi siano un buon numero di donne avvocato e di giudici in Afghanistan, costoro non hanno mai avuto l'opportunità di ricoprire  incarichi rilevanti, ha sottolineato all'agenzia 'Irin' Huma Alizoi, vicepresidente dell'associazione, con all'attivo 17 anni di esperienza in magistratura. Da oggi, l'Awja avrà proprio questo compito, ha precisato Alizoi: “Abbiamo donne con 25 anni di esperienza, ma sfortunatamente non hanno mai avuto alti incarichi nelle Corti”. In Afghanistan, ha aggiunto Alizoi, “vi sono 50 donne giudici che operano esclusivamente a Kabul perché a causa della sicurezza e della mentalità retrograda, le donne giudici non possono lavorare nelle province”. L'arrivo in campo giudiziario delle donne potrà giocare un ruolo primario nei casi in cui in cui sono coinvolte donne. ''Abbiamo quattro consulenti legali volontarie – ha spiegato la presidentessa dell’Awja - che daranno la loro assistenza gratis alle donne. Solo per quest'anno ci aspettano già 175 casi”. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

11 gennaio 2003

 

 

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

Cresce la preoccupazione della comunità internazionale per l’evolversi della crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord, nata quando Pyongyang ha deciso di riprendere il riarmo nucleare. Un diplomatico nordcoreano ha detto oggi che il reattore nucleare di Yongbyon sarà operativo tra poche settimane. Dopo segnali di distensione dei giorni scorsi, dunque, le dichiarazioni dell’ultima ora fanno temere il peggio. Ce ne parla Giada Aquilino:

 

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La notizia più preoccupante è giunta poche ore fa. La Corea del Nord ha annunciato la fine della moratoria sui test missilistici. Lo ha dichiarato l’ambasciatore di Pyongyang in Cina, durante una conferenza stampa a Pechino all’indomani dell’annuncio del ritiro nordcoreano dal Trattato di non proliferazione nucleare. A questo punto l’atteggiamento del Paese asiatico non appare più un modo, sia pur discutibile, per ottenere aiuti internazionali per far fronte alla grave situazione economica interna in cambio dell’astensione dai programmi atomici. Anche l’opinione pubblica nordcoreana sembra essere sulla linea della dirigenza. Ieri più di un milione di persone sono scese in piazza nella capitale a sostegno del regime di Pyongyang. Situazione grave, dunque, per la sicurezza mondiale - come ha sottolineato l’ex comandante supremo della Nato, l’americano Wesley Clark, in un’intervista – che potrebbe addirittura sfociare in una guerra. Nel migliore dei casi – ha detto – la Corea del Nord potrebbe diventare uno dei maggiori esportatori di ordigni e tecnologia nucleare. C’è chi continua, comunque, a sperare nel negoziato, come il ministro degli Esteri francese De Villepin che da Seul ha lanciato un appello al dialogo. In un colloquio telefonico, poi, il presidente cinese Jang Zemin ha invitato George Bush al negoziato, confermando che la Cina si impegnerà per la denuclearizzazione della penisola coreana.

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La Corea del Nord è stata anche al centro dell’incontro di ieri a Mosca tra il presidente della Russia Putin ed il premier del Giappone Koizumi. La comune preoccupazione per la crisi coreana ha avvicinato i due Paesi dopo decenni di rapporti difficili. Intanto un’altra crisi che preoccupa la comunità internazionale è quella irachena. Altri 35 mila soldati americani in partenza per il Golfo: dagli Stati Uniti non giungono notizie rassicuranti su una possibile soluzione della crisi irachena. Ma l’eventualità di un conflitto è stata duramente condannata dall’Europa: ieri il rappresentante della politica estera europea, Solana, ha detto che sarebbe “molto difficile giustificare una guerra”, visto che attualmente mancano le prove contro Baghdad. Ce ne parla Paolo Mastrolilli:

 

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Il diplomatico spagnolo ha detto che la potenziale pericolosità di Saddam Hussein e le lacune contenute nella dichiarazione di dicembre al Palazzo di Vetro non sono ragioni sufficienti a scatenare un attacco, ribadendo, quindi, la necessità di dare agli ispettori più tempo per completare il lavoro. Ieri, intanto, il capo dell’Aiea, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohamed El Baradei, è andato a Washington per incontrare il segretario di Stato, Powell, e la consigliera per la sicurezza nazionale, Rice, allo scopo di discutere le prossime mosse nei controlli, la possibilità di interrogare all’estero gli scienziati iracheni e chiedere più informazioni sulla situazione irachena all’intelligence americana. Nello stesso tempo, però, Washington ha continuato anche i preparativi per il possibile attacco e, mentre gli ispettori hanno proseguito i controlli, le autorità irachene hanno denunciato una nuova incursione nel sud del Paese da parte dei caccia che pattugliano le no fly zone.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E' atterrato stamani all'aeroporto internazionale di Kabul il volo militare che ha trasportato in Afghanistan 35 alpini italiani che fanno parte del primo contingente nell'ambito dell'operazione Enduring Freedom, decisa dalla comunità internazionale dopo la caduta del regime talebano. Il gruppo ha il compito di condurre soprattutto attività organizzative, dirette alla realizzazione delle strutture logistiche indispensabili per il successivo dispiegamento del grosso del contingente italiano atteso per i primi giorni di febbraio.

 

In Medio Oriente proseguono le rappresaglie israeliane, scattate dopo il duplice attentato palestinese di domenica scorsa che ha provocato la morte di 26 persone. Oggi l’esercito ebraico ha attaccato il campo profughi di Jenin, in Cisgiodania. Intanto, a livello diplomatico, continua lo sforzo per riallacciare il dialogo tra israeliani e palestinesi. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Il divieto posto dal governo israeliano ai palestinesi di partecipare alla conferenza promossa dal primo ministro britannico Blair, per la settimana ventura a Londra, sarà superato grazie ad un collegamento telefonico o video. Lo ha confermato un portavoce di Downing Street, secondo cui la conferenza, dedicata alle riforme istituzionali dell’Autorità palestinese, vedrà la partecipazione dell’inviato in Medio Oriente del segretario generale dell’Onu, Larsen, mentre gli altri Paesi invitati - Stati Uniti, Russia ed Unione Europea - saranno rappresentati a livello di ambasciatori. A Tel Aviv oggi si è temuto che l’esplosione di un ordigno sull’importante viale Allenby - esplosione che ha causato due feriti - potesse essere un nuovo attentato terroristico, mentre sembra trattarsi di una rappresaglia nel mondo della malavita. E in Israele si vive continuamente l’allarme attentati, mentre nei Territori palestinesi sono stati arrestati altri due estremisti fondamentalisti, a Hebron e Ramallah, città in cui sono stati catturati tre esponenti del fronte popolare nel contesto di una operazione, che ha portato lo smantellamento di un gruppo terroristico che stava preparando a Gerusalemme un attentato suicida e operazioni mirate contro varie personalità, tra cui il sindaco. Sempre nei Territori, c’è stata un’importante operazione dell’esercito nella zona di Jenin, volta alla cattura di attivisti e alla scoperta di armi. Presso la città di Jenin, un commando di guerriglieri, ha fatto saltare un ordigno al passaggio di una pattuglia di militari israeliani, aprendo poi il fuoco contro di essi, fortunatamente non ci sono state vittime.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.     

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Maggiore sorveglianza attorno alle ambasciate che negli ultimi giorni sono state oggetto di minacce e pugno duro nei confronti dei manifestanti. Così il presidente venezuelano Chavez ha deciso di far fronte alla protesta generale, giunta ormai al 41.esimo giorno. Intanto, c’è chi continua a battersi per una soluzione negoziale: ieri le delegazioni di governo ed opposizione che partecipano al Tavolo del dialogo, presieduto da Cesar Gaviria, hanno incontrato i vescovi locali. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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Rivolgendosi ai delegati, il presidente della Conferenza episcopale, mons. Baldassar Porras ha sottolineato che il prolungato scontro politico ha raggiunto livelli molto pericolosi di tensione e violenza fisica e morale. E una sua eventuale ulteriore radicalizzazione non lascerebbe né vincitori né vinti, ma solo un grande sconfitto: il Venezuela. Alla fine dell’incontro, Gaviria si è detto più che mai convinto che dal conflitto venezuelano si esce solo con un successo del tavolo del dialogo. Intanto, nella giornata in cui a Washington e a Bruxelles è stata rilanciata l’idea brasiliana di creare un gruppo di Paesi amici del Venezuela, il presidente Ugo Chavez, in uno dei suoi ormai proverbiali accesi discorsi, ha minacciato di utilizzare le forze armate per far riprendere a funzionare le fabbriche alimentari, che ha detto letteralmente “assassinano per fame il popolo venezuelano”.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Elezioni contestate a Gibuti. È stato il partito del presidente Ismaël Omar Guelleh a vincere le consultazioni legislative di ieri nel piccolo Stato del Corno d’Africa, indipendente dal 1977. Secondo i risultati diffusi dal ministero degli Interni, l’Unione per la maggioranza presidenziale ha ottenuto la totalità dei 65 seggi in palio. Nettamente sconfitta l’opposizione dell’Unione per l’Alternativa democratica, che, però, attraverso il suo leader, Ahmed Dini, ha denunciato una serie di frodi elettorali che hanno consentito agli avversario di vincere le elezioni.

 

 

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