RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 11 - Testo della
Trasmissione di sabato 11 gennaio
2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Internet tende la mano all’integrazione
scolastica degli studenti stranieri.
Rischia di precipitare la
crisi con la Corea del Nord: Pyongyang annuncia la ripresa dei test
missilistici e la riattivazione di una centrale nucleare.
Iraq: 35 mila soldati
americani in partenza per il Golfo Persico.
Nuove rappresaglie
israeliane nei Territori.
11 gennaio 2003
PROMUOVERE INCESSANTEMENTE L’UNITA’ TRA LE CHIESE
LOCALI DI PROVENIENZA
E LA
SEDE DI PIETRO: L’INVITO DEL PAPA AI SACERDOTI E AGLI STUDENTI
DEL
PONTIFICIO COLLEGIO PORTOGHESE IN ROMA,
CHE
CELEBRA IL CENTENARIO DELLA NASCITA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un
secolo di vita di una istituzione vaticana, che ha contribuito ad arricchire la
Chiesa portoghese di centinaia di sacerdoti, di numerosi vescovi e cardinali,
“illuminati e zelanti”; e che ha insegnato ed insegna l’importanza del vincolo
di unità tra le Chiese periferiche e la Sede di Pietro. Nel ricevere questa
mattina 50 appartenenti alla comunità del Pontificio Collegio portoghese in
Roma, giunto ai cento anni dalla fondazione, Giovanni Paolo II ne ha messo in
luce il lungo e prezioso servizio formativo in chiave teologico-pastorale.
La
possibilità stessa, per alcuni giovani seminaristi, di raffinare i propri studi
frequentando università estere è già di per sé uno stimolo per “acquisire
un’altro punto di vista e una formazione complementare”. Più ancora, ha osservato
il Papa, vivere e
perfezionare le proprie conoscenze accademiche a Roma, “nel cuore stesso della
cattolicità”, è un dono che aiuta a “consolidare una mentalità universale”. La
stessa mentalità che caratterizzò l’opera dei 3 cardinali, dei 64 vescovi e degli 867 studenti
formatisi all’interno del Collegio portoghese: tutti “impregnati di autentico
spirito apostolico” e capaci di porre “a servizio dell’evangelizzazione il
sapere accumulato”.
Il cardinale Patriarca di Lisbona,
José da Cruz Policarpo, aveva sottolineato la variegata provenienza geografica
del clero che oggi si raccoglie all’interno del Collegio, divenuto un luogo
privilegiato di incontro sacerdotale e un centro di promozione per l’unità tra
le distinte Chiese locali. Riferendosi a ciò, Giovanni Paolo II ha concluso il
suo intervento confidando alla comunità del Collegio un desiderio: che ciascuno
- ha detto - sappia “offrire il proprio contributo per approfondire e
consolidare l’unità della Chiesa, della quale Roma è segno e centro posto al
suo servizio”. Traendo ispirazione, in questo sforzo di “comunicazione e
cooperazione”, dall’incessante reciproco interscambio che regna in seno alla Trinità.
NOMINE
AL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE
PER I
MIGRANTI E GLI ITINERANTI
Il
Santo Padre ha nominato stamane cinque nuovi membri del Pontificio Consiglio
della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Si tratta di Leonardo Sandri,
arcivescovo titolare di Cittanova, Sostituto della Segreteria di Stato per gli
Affari Generali; Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry, segretario della
Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Csaba Ternyák, arcivescovo titolare
di Eminenziana, Segretario della Congregazione per il Clero; Piergiorgio
Silvano Nesti, arcivescovo emerito di Camerino‑San Severino Marche,
segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società
di Vita Apostolica; Giuseppe Pittau, arcivescovo titolare di Castro di
Sardegna, Segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica.
DOMANI, IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL BATTESIMO DEL
SIGNORE,
IL
PAPA IMPARTIRA’ IL SACRAMENTO A 22 BAMBINI NELLA CAPPELLA SISTINA
- Con
noi, padre Marco Ivan Rupnik -
Una tradizione che si rinnova
nella domenica in cui la Chiesa celebra il Battesimo del Signore. Domani, alle
ore 10, nella cornice straordinaria della Cappella Sistina, Giovanni Paolo II
celebrerà la Santa Messa durante la quale impartirà il battesimo ad alcuni
bambini. Quest’anno i battezzandi sono 22, 18 maschietti e 4 bambine. I piccoli
sono tutti italiani, tranne Maria Faustyna, polacca, ed Elie, libanese.
Nei primi secoli del
cristianesimo, il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano era considerata la
massima manifestazione di Cristo, quale figlio di Dio al mondo. Aveva dunque
una grande rilevanza, oggi in parte andata perduta, come spiega al microfono di
Adriana Masotti, il teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik, direttore del
Centro Aletti dell’Istituto Orientale di Roma.
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R. - All’inizio, di fatti, le feste natalizie erano
concentrate durante la festa del Battesimo. San Giovanni Crisostomo si chiede:
come mai si festeggia il Battesimo e non il Natale come manifestazione del
Signore? E si risponde: perché nel Natale erano pochi a vederlo. Nel Battesimo
è avvenuta la vera Epifania, la vera manifestazione in quanto si rivela Gesù
come figlio di Dio, si rivela suo Padre nella voce che proclama il Figlio
diletto, e si rivela lo Spirito Santo, la Luce che scende sul Figlio.
D. – C’è una costante in queste manifestazioni, che forse
ci dice qualcosa di Dio stesso. A Natale è un bambino che si manifesta al
mondo. Qui addirittura Gesù si fa carico dei peccati …
R. – Evidentemente, Lui non è peccatore. Però è una
“kenosis” che Cristo vive, una umiliazione, un abbassamento di Dio, che scende
fino a vivere la situazione della purificazione che è tipicamente umana e, come
direbbe Sant’Efrem, il Siro, del IV secolo d.C., “Cristo si mescola con la
situazione umana”. Mi sembra, dunque, che una sottolineatura importante sia
questo abbassamento di Dio, che, per esempio, nell’iconografia si nota quando
il Cristo veniva dipinto nudo nelle acque del Giordano. In questa solidarietà totale,
Cristo assume la realtà dell’uomo così come è. Dall’altro lato, il termine siro
“battezzare” significa anche “tuffarsi”. Quindi, Sant’Efrem dice che Cristo si
tuffa per emergere come perla dalle acque. Fa quindi allusione alla sua morte e
alla sua risurrezione. Lui si immerge nella situazione umana, viene sopraffatto,
ucciso e poi risuscita. Ma allo stesso tempo fa vedere anche la possibilità del
cristiano, che in Cristo emerge dalla tragedia del peccato, della morte, come
persona viva.
D. – Che cosa rappresenta questa tappa nella vita di Gesù
e che cosa dice a noi e alla nostra vita?
R. – Qual è lo scenario in cui entra Cristo nella storia?
E’ lo scenario dell’umanità che
confessa il peccato. Giovanni Battista cosa ha fatto nel Giordano? Ha preso il
peccato degli uomini d’Israele, lo ha fatto vedere al popolo, ha chiesto loro
se si riconoscevano in questo peccato ed il popolo ha detto di sì. Cosa devono
fare? Battezzarsi, lavarsi. In questo lavacro, dunque, dove confluivano le
persone, i popoli, a lavarsi e a purificarsi, appare Cristo. Questo è il vero
scenario della conoscenza di Dio, non uno scenario astratto, teorico, ma la
situazione dell’uomo nella notte. La notte è il peccato e il peccato è la
morte. C’è una umanità morta e Cristo, l’Agnello di Dio, viene. Ma questo
Agnello è il Figlio di Dio, quindi è Dio che salva. Oggi la questione è: siamo
in grado o non siamo in grado di presentare ancora il Vangelo e nostro Signore
Gesù Cristo, come Salvatore delle donne, degli uomini e dei bambini di oggi
dell’Europa, dell’Italia e del mondo?
D. – Per il cristiano, a parte l’esperienza del Battesimo,
come Sacramento, quale riflessione per la sua vita da fare proprio
nell’occasione della festa di domani?
R. – E’ una festa della rivelazione dell’amore di Dio:
Cristo nel grembo della Vergine, Cristo nel grembo della grotta di Betlemme,
Cristo nel grembo del fiume Giordano e Cristo nel grembo della terra, nella
sepoltura, nella discesa agli Inferi. Dio scende affinché noi possiamo
continuamente salire. Noi siamo figli della Luce. Bisogna lasciarsi convincere
dallo Spirito che tutte le tenebre del mondo non sono in grado di inghiottire e
spegnere questa Luce.
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LA CHIESA GRECO-CATTOLICA
UCRAINA SI DICE PRONTA
AD ACCOGLIERE IL PATRIARCA DI MOSCA
NEL SEGNO DELLA RECIPROCA COMPRENSIONE E PERDONO
- Servizio di Roberta Gisotti -
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Se ci sarà una visita in Ucraina del Patriarca di Mosca,
così come anticipato alla fine di novembre scorso, la Chiesa greco-cattolica di
questo Paese sarà felice di riceverlo come “un ospite di riguardo”. Parole del
cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv, che aprono la speranza
perché questo possibile evento - finora rinviato a causa di problemi di salute
e di altri impegni di Alessio II - possa migliorare i rapporti tra le diverse
confessioni cristiane in Ucraina. In una dichiarazione rilasciata a ridosso
dell’annuncio della visita il
porporato, ricorda infatti l’esperienza positiva del soggiorno in Ucraina nel
giugno 2001 di Giovanni Paolo II, ed auspica nuovi “effetti positivi” dalla
visita di Alessio II.
Se la storia del passato - scrive il cardinale Husar -
ha fatto sì che in Terra ucraina e della Federazione Russa vivano accanto gli
uni agli altri, ortodossi e grco-cattolici di tradizione bizantina, “noi, come
cristiani, dobbiamo vedere in questo la Provvidenza di Dio” e “ricordare che la
volontà di Cristo per noi è chiara: che tutti siano uno. Rimostranze reali e
soprattutto fittizie - sottolinea il porporato ucraino - lanciate l’un l’altro
di continuo non creano un atmosfera per un dialogo pacifico, senza il quale non
si possono realizzare intese e avvicinamento.” Ma, “purtroppo tutti noi -
constata l’arcivescovo maggiore di Lviv
- agiamo in base a stereotipi elevati al rango di assoluti, divenuti come un muro incrollabile, che
dovrebbe dividerci per sempre”.
“Certamente la via dell’unità è molto lunga - aggiunge il
cardinale Husar - però è giunto il tempo di fare i primi passi”,
“coraggiosamente”, a partire dalla “reciproca comprensione” e “perdono” come esortava il cardinale
Myroslav Ivan Lubacivskyj, ancora negli anni ‘80. Ed “i greco–cattolici ucraini
- assicura il cardinale Husar - dichiarano anche oggi questa prontezza”.
L’arcivescovo maggiore di Lviv si ripromette quindi in
occasione della possibile visita pastorale di Alessio II di “mettere in moto
una piattaforma dei complessi problemi” nei rapporti reciproci, come la
pacifica convivenza dei greco cattolici e degli ortodossi nella realtà ucraina;
la valutazione dello pseudo-Sinodo di Leopoli del 1946; l’appianamento del
contenzioso relativo ai beni; la situazione dei greco-cattolici ucraini nella
Federazione Russa: perché questi possano godere degli stessi diritti che hanno
tutti i credenti in Ucraina.
Il cardinale Husar auspica inoltre che il soggiorno del
Patriarca di Mosca in Ucraina possa contribuire anche “a mettere ordine” “nei
rapporti evangelici tra le tre branche dell’Ortodossia ucraina”, e favorisca
infine “un rafforzamento della pace cristiana e sociale tra le popolazioni.”
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La prima pagina si apre con
l'Iraq: l'Unione Europea tenta di evitare il conflitto.
"La corona dei
bambini" è il titolo del pensiero dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle pagine vaticane, nel
discorso al Pontificio Collegio Portoghese, in occasione del centenario di
fondazione, il Papa ha sottolineato che Roma ha contribuito a consolidare nei
sacerdoti del Paese una mentalità universale e cattolica conforme alle
linee fondamentali dell'azione pastorale.
La Dichiarazione
dell'Arcivescovo Maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, il cardinale
Husar, circa la possibile visita del Patriarca di Mosca in Ucraina.
Un articolo sul beato Paolo
Manna, la cui vita fu "scandita dal Rosario".
Nelle pagine estere, Medio
Oriente: incursione dell'esercito israeliano nella città cisgiordana di Jenin.
Bush ha definito "una
preoccupazione per il mondo intero" il fatto che la Corea del Nord abbia
deciso di uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare.
Argentina: iniziative per
combattere la denutrizione.
Nella pagina culturale, un contributo di Carmine Di
Biase dal titolo: "L'inno alla gioia dal profondo del cuore": la
poesia di Margherita Guidacci.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica. Le minacce legate al terrorismo.
In omaggio a tutti i lettori,
allegato al giornale il supplemento domenicale, per offrire ai lettori una
puntuale analisi di Biago Buonomo sulla situazione nelle periferie di Napoli
dopo la morte di Salvatore, il tredicenne ucciso in un tentativo di rapina a
Scampia.
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IN
COSTA D’AVORIO 600 MILA SFOLLATI SONO IN FUGA
DALL’AREA OCCIDENTALE DEL PAESE.
SUL FRONTE POLITICO, IL 15 GENNAIO
SI SVOLGERA’ A PARIGI UNA TAVOLA ROTONDA TRA IL GOVERNO IVORIANO E I LEADER DEI
RIBELLI
- Intervista con Padre Germano
Gazoa -
La situazione della Costa d’Avorio, sempre più dilaniata
dalla guerra civile e dalle gravi difficoltà economiche, continua ad essere
esplosiva. Secondo il Programma alimentare mondiale dell'Onu, sono più di 600
mila i profughi che stanno scappando dalle aree dei combattimenti verso i Paesi
confinanti o verso le zone non ancora interessate dagli scontri a fuoco. La
Francia, che nel suo ruolo di forza di interposizione ha inviato 2.500 soldati
sul territorio africano, rischia di rimanere impantanata nel conflitto, stretta
tra il fuoco dei miliziani e la bellicosità dell’esecutivo di Abidjan. Il 15
gennaio si svolgerà a Parigi una tavola rotonda tra il governo ivoriano e i
leader dei ribelli, un appuntamento che potrebbe costituire una tappa decisiva
per promuovere la pace in Costa d’Avorio. Sulla situazione del Paese ivoriano
ascoltiamo padre Germano Gazoa, professore di Teologia spirituale e delle
religioni all’Università cattolica di Abidjan, al microfono di Amedeo Lomonaco.
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R. - La situazione è confusa.
Tutti cercano di andare via, la vita è molto costosa e tutto è molto difficile.
D. - Qual è il ruolo della Francia in questo conflitto?
R. - Il ruolo
della Francia è confuso, perché non sappiamo esattamente quale sia la sua
strategia. All’inizio avevamo pensato che fossero venuti nel nostro Paese per
aiutare il governo a scacciare i ribelli ma ci sono dei momenti in cui non
riusciamo a comprendere bene il loro ruolo.
D. - A
quali risultati potrebbe portare l’incontro del 15 gennaio a Parigi tra il
governo ivoriano e i leader dei ribelli?
R. - Tutta la popolazione vuole che niente sia cambiato
nella Costituzione. La speranza è che la Francia prenda una decisione molto
coraggiosa. Noi ci aspettiamo che il governo transalpino trovi una soluzione in
grado di ristabilire l’ordine sul territorio nazionale.
D. - Quali sono
le responsabilità del governo ivoriano in merito ai bombardamenti che
colpiscono la popolazione civile?
R. - I ribelli si sono mescolati alla popolazione e si
sono infiltrati per attaccare i soldati del governo. I soldati hanno bombardato
perché i ribelli si sono mescolati alla popolazione ed è difficile distinguere
gli uni dagli altri.
D. - Il Pam
parla di 600.000 profughi all’interno del Paese: qual è la loro situazione?
R. - La
situazione economica è molto difficile e stiamo andando verso una catastrofe
umanitaria, come quella del Rwanda e del Burundi.
D. - Come sta vivendo la comunità cristiana il dramma
della guerra?
R. - La
comunità insieme alla Caritas sta accogliendo i profughi. I sacerdoti, le suore
e tutte le comunità religiose si sono organizzate per svolgere al meglio la
loro opera. I cristiani sono molto impegnati.
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LA SCUOLA MUSICALE MAGNIFICAT A
GERUSALEMME:
UN
ESEMPIO MIRABILE DI PACIFICA CONVIVENZA TRA EBREI E PALESTINESI.
- Con
noi padre Armando Pierucci -
Né i posti di blocco né la paura stanno fermando in questi
giorni ottanta tra bambini e giovani pianisti palestinesi che partecipano, da
ieri e fino a domani a Gerusalemme, al quarto Concorso pianistico organizzato
dalla Scuola musicale Magnificat, intitolato ad un giovane ingegnere
italiano, Carlo Tavasani, morto nel ’99. La Scuola di musica, nel complesso
francescano del San Salvatore, diretta da un frate marchigiano organista, padre
Armando Pierucci, è un piccolo miracolo di normalità e di collaborazione, basti
pensare che gli studenti della scuola sono tutti palestinesi, tra musulmani e
cristiani, ed hanno come professori alcuni ebrei russi dell’Accademia Rubin.
Francesca Sabatinelli ha intervistato padre Armando Pierucci:
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R. - E’ un modo,
anche, per vincere la situazione difficile. Quando abbiamo incominciato eravamo
20, io stentavo a trovare degli allievi. Adesso abbiamo 180 ragazzi che vengono
a scuola. Purtroppo, quelli dei territori, di Ramallah, di Betlemme, ormai
hanno quasi smesso di venire. Alcuni vengono da Gerico, altri da Gerusalemme,
più che altro dalle zone intorno a Gerusalemme.
D. - Ma riescono a superare i check-point?
R. - Sì, perché alla fine i
soldati vedono che sono studenti, dimostrano di venire per la musica e riescono
a passare.
D. - Quindi, la tenacia di questi ragazzi fa capire quanto
loro amino la musica?
R. - Certo ... veramente.
D. - I suoi studenti la fanno commuovere ...
R. – Si certo,
dal 1995 è aperta la scuola: può capire quanto abbia dovuto combattere
controcorrente, non solo per la situazione politica, ma anche per la musica.
Insegnare la musica in un Paese dove non c’è una tradizione, all’inizio è molto
difficile. Per loro la musica è molto importante, ma è quella che - più o meno
- noi chiamiamo “delle canzonette”, oppure musica a carattere popolare. Adesso
invece al pianoforte suonano Chopin, Debussy, Beethoven con risultati
eccezionali: volano sulla tastiera, non hanno veramente nulla da invidiare ai
ragazzi dei Conservatori!
D. - Che tipo di rapporto c’è tra questi studenti ed i
loro insegnanti ebrei?
R. - Difficile
rispondere, perché mi commuovo. E’ molto bello. Questi insegnanti si
affezionano, come tutti gli insegnanti si affezionano ai loro allievi. Non
stanno a guardare se sono palestinesi o no. Quindi, si organizzano piccoli
concerti, saggi scolastici, concerti più impegnativi ... I professori li
seguono, alla fine si preparano dei dolci, si festeggia insieme, si fa la
fotografia di gruppo, sono orgogliosi gli uni degli altri ...
D. - E’ un piccolo miracolo di pace ...
R. - Ah, certo, se fosse per loro saremmo in pace da un
pezzo!
D. - Questo
tipo di rapporto ci sarà sicuramente con gli studenti più piccolini; ma anche
con i più grandi? Non si parla di politica?
R. - No, no:
assolutamente. Loro sanno che la colpa non è della gente. La politica divide.
Tutti e due soffrono insieme: nessuno dà la colpa all’altro.
D. - Dei
precedenti allievi, c’è qualcuno che poi è andato a studiare fuori da
Gerusalemme?
R. - Una ragazza, finita la maturità, è andata a studiare
a Vienna; ha fatto l’esame, è stata ammessa. Adesso frequenta, per la musica,
l’Università di Vienna. Poi un’altra ragazza, sempre palestinese, è stata
accettata per studiare musica nell’Università ebraica di Gerusalemme.
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L’ARCIVESCOVO DI BORDEAUX, MONS. JEAN-PIERRE RICARD
IN UN DOCUMENTO ESPRIME VIVA PREOCCUPAZIONE PER L’ONDATA NERA CHE, FUORIUSCITA
DALLA PETROLIERA PRESTIGE, HA RAGGIUNTO LE COSTE FRANCESI.
- A
cura di Salvatore Sabatino -
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Dopo
aver investito per settimane le splendide spiagge della Galizia, la petroliera
“Prestige” sta riversando lentamente il suo carico di nafta sulle coste
francesi. Le onde nere continuano ad infrangersi sulla dorate spiagge
transalpine, lasciando al loro ritiro migliaia di palline di nafta; e come non
ricordare la scena ripresa dalle telecamere di tutto il mondo della rabbia del
primo ministro francese Rafferin, che giunto sulla costa per verificare i primi
danni è finito poi per calciare quelle particelle nere. Un gesto forte, quello
del capo del governo transalpino, e nello stesso tempo rappresentativo del
sentimento di un’intera nazione. La petroliera, intanto, adagiata sul fondo
dell’Oceano continua a perdere il suo carico inquinante sotto forma di
filamenti oleosi. E la preoccupazione cresce in Francia per questo disastro
annunciato, a causa di una “carretta del mare” a cui non doveva essere concesso
dalle autorità marittime internazionali il permesso alla navigazione, tanto
meno al largo di coste il cui habitat doveva essere tutelato con maggiore
attenzione. E preoccupazione è stata espressa anche dall’arcivescovo di
Bordeaux, mons. Jean-Pierre Ricard, che in un documento pubblicato nei giorni
scorsi, ha denunciato la difficile situazione attuale. “L’inquinamento che
tocca le nostre coste - si legge nelle note - ci fa sentire profondamente
colpiti da questa situazione scandalosa”. Un messaggio forte, che denuncia
anche la difficile condizione di quanti lavorano a contatto con l’Oceano, come
spiega Antoine-Marie Izoard, capo ufficio stampa dell’arcivescovado di
Bordeaux.
R. - Questo
messaggio esprime la solidarietà dell’arcivescovo di Bordeaux e del suo vescovo
ausiliare verso tutte le persone che vivono del mare o del turismo. Perché
questo inquinamento danneggia l’immagine della regione, quindi l’economia.
Dicono i vescovi: “Sono luoghi che conosciamo. Voci e facce di pescatori, di
gente che lavora, di cui già conosciamo le difficili condizioni di lavoro. Quindi,
sappiamo che si confrontano con molti problemi.
D. - Un altro
passo molto forte, presente in questo documento, è quello che riguarda la
ricerca del profitto, che finisce poi per soppiantare i valori veri …
R. – Esatto,
non si può - dicono i vescovi - fare soldi contro la vita, la natura, le
persone. I vescovi pensano a queste famiglie che sono ferite nel loro lavoro,
nei loro beni e vedono il futuro con angoscia. Quindi, chiedono che si fermi
l’attuale situazione di ingiustizia, di corruzione, di irresponsabilità -
parola forte - e che le leggi nazionali, europee ed internazionali lavorino per
la sicurezza dei mari, per il rispetto delle persone e per la protezione degli
animali.
D. – Com’è la
situazione attuale sulle coste francesi: l’ondata nera si è fermata o continua
a provocare danni?
R. - Si è
fermata da qualche giorno, ma c’è sempre il pericolo che torni il petrolio
sulle spiagge francesi. In questi giorni si sono fermati i militari, gli
impiegati municipali a lavorare sulle spiagge manualmente. Il prefetto della
regione ha chiesto di cominciare il lavoro meccanico, altrimenti, come si dice
in francese, resta un lavoro da formiche.
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11 gennaio 2003
AL VIA UN PROGETTO DELL’ASPEM
PER AFFERMARE LA DIGNITÀ E I DIRITTI DEI BAMBINI
E
RAGAZZI CHE LAVORANO NEL MERCATO “DE LA PARADA” DI LIMA, IN PERU’
LIMA. = "Piccoli lavoratori, grandi diritti". Questo
il titolo della campagna raccolta fondi dell’Aspem -Associazione solidarietà
Paesi emergenti-, per sostenere decine di minori, ragazzi di strada e giovani
delle bande che lavorano nel mercato popolare "La Parada" di Lima, in
Perù. La struttura, sviluppatasi in un contesto di violenza e di forti problematiche
sociali, abbisogna di particolare attenzione per tutelari quanti, nell’età
della formazione, operano in quest’ambiente. Il progetto, si legge in un
comunicato dell’Aspem, "si pone l'obiettivo di difendere i diritti
fondamentali dei bambini, degli adolescenti e giovani, attraverso corsi di
formazione, laboratori di giochi educativi e di sostegno scolastico”. Previsti
anche programmi di prevenzione sanitaria, di scolarizzazione, di sostegno
legale e psicologico che coinvolgono inoltre le loro famiglie. Il progetto,
presentato tra l’altro a Giovanni Paolo II durante l'udienza privata con i Volontari
nel mondo-Focsiv il 14 dicembre scorso, utilizza anche percorsi alternativi
come il teatro di strada, la gestione dei conflitti attraverso l'educazione alla
non-violenza e iniziative di economia solidale nei Paesi di origine dei
ragazzi, sulle Ande. Il fine del progetto è dunque quello di favorire
l'integrazione tra minori, ragazzi di strada e bande-tribù giovanili
metropolitane attraverso la formazione ad un lavoro dignitoso. L’Aspem nasce a
Cantù, in provincia di Como, nel 1974 da un'esperienza di comunità cristiana
caratterizzata da un forte impegno sociale e civile sui temi della solidarietà
tra i popoli del Nord e del Sud del mondo, mentre la sua azione si fonda sullo
scambio e le relazioni di reciprocità tra organizzazioni e persone. (S.S.)
INTERNET TENDE LA MANO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI
STUDENTI STRANIERI.
E’ STATO PRESENTATO IERI A MILANO UN SITO
DELLA CARITAS
PER
SOSTENERE GLI INSEGNANTI CHE OPERANO
IN CLASSI MULTILINGUE E MULTICULTURALI
MILANO. = Aiutare l’integrazione scolastica degli studenti
stranieri che frequentano le scuole lombarde. Questa la finalità del sito
internet www.centrocome.it, presentato
ieri a Milano, dal servizio per l’integrazione dei minori e delle famiglie
straniere della cooperativa sociale “Farsi Prossimo”, promossa dalla Caritas
Ambrosiana. L’iniziativa, realizzata nell’ambito del Protocollo d’intesa tra
Caritas Ambrosiana e Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, si propone
di offrire uno sportello telematico d’informazione e consulenza per i docenti
che operano in classi plurilingue e multiculturali. Le pagine web danno
sostegno e consulenza a distanza ai professori e alle maestre, con informazioni
su iniziative, corsi di formazione e progetti dedicati all’integrazione dei
minori stranieri nelle scuole. A disposizione anche bibliografie, materiali
didattici e normative specifiche. Tra gli strumenti predisposti dal “Centro
Come”, un’utile pronto soccorso linguistico per l’approccio con i piccoli
immigrati appena arrivati e ‘a digiuno’ di italiano. Il numero degli alunni
stranieri nelle scuole italiane è in rapido e costante aumento e la Lombardia è
la regione che ne accoglie di più. Secondo gli ultimi dati, il 25% dei 181.767
studenti stranieri iscritti negli istituti italiani, nell’anno scolastico
2001/2002, frequentava scuole lombarde. A Milano, in particolare, in certe
scuole i bambini stranieri raggiungono fino al 20% del totale degli alunni.
"La realizzazione di questo sito - ha detto il direttore della Caritas
ambrosiana, don Virginio Colmegna - si inserisce in un quadro di iniziative per
favorire l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane" e
"rendere meno drammatico il già difficile impatto con la scuola
italiana". (S.S.)
OLTRE CENTO PROFUGHI MONTAGNARD VIETNAMITI,
RIFUGIATI IN CAMBOGIA,
PRONTI
A TRASFERIRSI NEGLI STATI UNITI, GRAZIE ALL’IMPEGNO
DELL’ORGANIZZAZIONE
INTERNAZIONALE DELLE MIGRAZIONI
HANOI.=
Un gruppo di montagnard vietnamiti - comunità tribali di fede cristiana -
attualmente rifugiati in Cambogia si stanno preparando per il trasferimento
negli Stati Uniti. La notizia è stata diramata dall’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (Iom), spiegando che i rimanenti 124
montagnard di un gruppo composto in origine da 906 profughi - fuggiti nel 2001
dal Paese d’origine a causa di persecuzioni perpetrate dal governo centrale -
hanno iniziato questa settimana a Phnom Penh un corso di orientamento culturale
e educazione sanitaria. I profughi, trasferiti nell’aprile scorso dai campi
dell’Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) di
Ratanakiri e Mondulkiri alla capitale della Cambogia - dovrebbero lasciare il Paese
asiatico in direzione degli Stati Uniti entro le prossime 2 settimane. Il
programma dello Iom si propone di preparare i montagnard alla nuova vita che li
attende negli Stati Uniti, pur mantenendo la loro identità culturale. L’intero
gruppo dovrebbe prendere residenza nel North Carolina, che già ospita oltre 3
mila profughi montagnard e che rappresenta il principale ‘punto di ritrovo’ di
questi vietnamiti. Alle radici del conflitto tra Hanoi e i tribali c’è la
migrazione, favorita dal governo a partire dal 1975, di milioni di cittadini
provenienti dalle sovraffollate regioni del nord negli altipiani, zone da
sempre abitate dai montagnard. Questi si sono così ritrovati ad essere
minoranza in casa propria e a dover lottare per il possesso della terra. La situazione
è ulteriormente peggiorata quando improvvisamente è crollato il prezzo del
caffè, coltivato appunto negli altopiani. Le persecuzioni di Hanoi contro i
tribali sono dovute inoltre a motivi religiosi. Molti dei montagnard si
definiscono infatti protestanti ‘dega’, gruppo cristiano che le autorità
considerano invece un movimento separatista. (A.G.)
LAHORE.
= Il 2003 sia l'Anno della Pace. Lo ha proclamato la Chiesa del Pakistan,
attraverso la Commissione per il Dialogo Interreligioso e l'Ecumenismo della
Conferenza Episcopale, con l'intento di educare i cittadini pakistani
sull'urgenza della pace. La proclamazione, ha informato il padre cappuccino
John Nadeem, Segretario della Commissione, è avvenuta nella prima settimana di
gennaio: "Speriamo che tutti i veri cittadini patrioti della nazione si
uniscano in questa campagna per lavorare insieme alla costruzione dello
sviluppo, della salvezza e dell'unità del paese". Nel corso dell’anno sono
stati programmati: manifestazioni pubbliche, eventi sportivi, celebrazioni di
preghiera, concorsi di poesia e scrittura, programmi televisivi e incontri interreligiosi. La Commissione ha
inoltre individuato iniziative specifiche per bambini, donne, e studenti
universitari e preparerà pubblicazioni e testi per le scuole, con sezioni
dedicate all'armonia sociale e alla solidarietà così da offrire agli studenti
una migliore comprensione sulle differenti religioni presenti in Pakistan.
Prevista anche una visita alle vittime degli attacchi di Bahawalpur, Islamabad,
Murree, Taxial e Daska City. Nel 2002 circa 40 persone di religione cristiana
sono state uccise e dozzine ferite in sei distinti attacchi contro i cristiani,
l'ultimo dei quali si è verificato in una chiesa protestante nella città di
Daska, il giorno di Natale. Le iniziative della Commissione sono state elogiate
da bahai, cristiani, indù, musulmani e sikh. E proprio sul dialogo
interreligioso si è soffermato mons. Joseph Coutts, vescovo di Fasalabad che,
nel messaggio per il 1° gennaio 2003, ha detto che è compito dei leader
religiosi operare per la pace, la tolleranza e l'armonia del Paese.
AL VIA, IN AFGHANISTAN, UN CORSO DI FORMAZIONE PER DONNE
GIUDICI,
SOSTENUTO
DA UN’ASSOCIAZIONE LOCALE PATROCINATA DALL’ONU
KABUL. = E' partita con un corso
di formazione per donne giudici in Afghanistan la vita della neo ''Associazione
donne afghane giudici'' (Awja), creata dall'Unifem, l'organizzazione dell'Onu
per lo sviluppo delle donne. Tra i suoi obiettivi, si propone di stimolare la
partecipazione delle afghane alla vita giudiziaria del Paese. Nonostante vi
siano un buon numero di donne avvocato e di giudici in Afghanistan, costoro non
hanno mai avuto l'opportunità di ricoprire
incarichi rilevanti, ha sottolineato all'agenzia 'Irin' Huma Alizoi,
vicepresidente dell'associazione, con all'attivo 17 anni di esperienza in magistratura.
Da oggi, l'Awja avrà proprio questo compito, ha precisato Alizoi: “Abbiamo
donne con 25 anni di esperienza, ma sfortunatamente non hanno mai avuto alti
incarichi nelle Corti”. In Afghanistan, ha aggiunto Alizoi, “vi sono 50 donne
giudici che operano esclusivamente a Kabul perché a causa della sicurezza e
della mentalità retrograda, le donne giudici non possono lavorare nelle
province”. L'arrivo in campo giudiziario delle donne potrà giocare un ruolo
primario nei casi in cui in cui sono coinvolte donne. ''Abbiamo quattro
consulenti legali volontarie – ha spiegato la presidentessa dell’Awja - che
daranno la loro assistenza gratis alle donne. Solo per quest'anno ci aspettano
già 175 casi”. (A.D.C.)
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- A cura
di Giancarlo La Vella -
Cresce la preoccupazione
della comunità internazionale per l’evolversi della crisi tra Stati Uniti e
Corea del Nord, nata quando Pyongyang ha deciso di riprendere il riarmo
nucleare. Un diplomatico nordcoreano ha detto oggi che il reattore nucleare di
Yongbyon sarà operativo tra poche settimane. Dopo segnali di distensione dei
giorni scorsi, dunque, le dichiarazioni dell’ultima ora fanno temere il peggio.
Ce ne parla Giada Aquilino:
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La
notizia più preoccupante è giunta poche ore fa. La Corea del Nord ha annunciato
la fine della moratoria sui test missilistici. Lo ha dichiarato l’ambasciatore
di Pyongyang in Cina, durante una conferenza stampa a Pechino all’indomani
dell’annuncio del ritiro nordcoreano dal Trattato di non proliferazione
nucleare. A questo punto l’atteggiamento del Paese asiatico non appare più un
modo, sia pur discutibile, per ottenere aiuti internazionali per far fronte
alla grave situazione economica interna in cambio dell’astensione dai programmi
atomici. Anche l’opinione pubblica nordcoreana sembra essere sulla linea della
dirigenza. Ieri più di un milione di persone sono scese in piazza nella
capitale a sostegno del regime di Pyongyang. Situazione grave, dunque, per la
sicurezza mondiale - come ha sottolineato l’ex comandante supremo della Nato,
l’americano Wesley Clark, in un’intervista – che potrebbe addirittura sfociare
in una guerra. Nel migliore dei casi – ha detto – la Corea del Nord potrebbe
diventare uno dei maggiori esportatori di ordigni e tecnologia nucleare. C’è
chi continua, comunque, a sperare nel negoziato, come il ministro degli Esteri
francese De Villepin che da Seul ha lanciato un appello al dialogo. In un
colloquio telefonico, poi, il presidente cinese Jang Zemin ha invitato George
Bush al negoziato, confermando che la Cina si impegnerà per la
denuclearizzazione della penisola coreana.
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La Corea del Nord è stata anche
al centro dell’incontro di ieri a Mosca tra il presidente della Russia Putin ed
il premier del Giappone Koizumi. La comune preoccupazione per la crisi coreana
ha avvicinato i due Paesi dopo decenni di rapporti difficili. Intanto un’altra
crisi che preoccupa la comunità internazionale è quella irachena. Altri 35 mila
soldati americani in partenza per il Golfo: dagli Stati Uniti non giungono
notizie rassicuranti su una possibile soluzione della crisi irachena. Ma
l’eventualità di un conflitto è stata duramente condannata dall’Europa: ieri il
rappresentante della politica estera europea, Solana, ha detto che sarebbe
“molto difficile giustificare una guerra”, visto che attualmente mancano le
prove contro Baghdad. Ce ne parla Paolo Mastrolilli:
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Il diplomatico spagnolo ha detto
che la potenziale pericolosità di Saddam Hussein e le lacune contenute nella
dichiarazione di dicembre al Palazzo di Vetro non sono ragioni sufficienti a
scatenare un attacco, ribadendo, quindi, la necessità di dare agli ispettori
più tempo per completare il lavoro. Ieri, intanto, il capo dell’Aiea, l’agenzia
internazionale per l’energia atomica, Mohamed El Baradei, è andato a Washington
per incontrare il segretario di Stato, Powell, e la consigliera per la
sicurezza nazionale, Rice, allo scopo di discutere le prossime mosse nei
controlli, la possibilità di interrogare all’estero gli scienziati iracheni e
chiedere più informazioni sulla situazione irachena all’intelligence americana.
Nello stesso tempo, però, Washington ha continuato anche i preparativi per il
possibile attacco e, mentre gli ispettori hanno proseguito i controlli, le
autorità irachene hanno denunciato una nuova incursione nel sud del Paese da
parte dei caccia che pattugliano le no fly zone.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E' atterrato stamani
all'aeroporto internazionale di Kabul il volo militare che ha trasportato in
Afghanistan 35 alpini italiani che fanno parte del primo contingente
nell'ambito dell'operazione Enduring Freedom, decisa dalla comunità
internazionale dopo la caduta del regime talebano. Il gruppo ha il compito di
condurre soprattutto attività organizzative, dirette alla realizzazione delle
strutture logistiche indispensabili per il successivo dispiegamento del grosso
del contingente italiano atteso per i primi giorni di febbraio.
In Medio Oriente proseguono le
rappresaglie israeliane, scattate dopo il duplice attentato palestinese di
domenica scorsa che ha provocato la morte di 26 persone. Oggi l’esercito
ebraico ha attaccato il campo profughi di Jenin, in Cisgiodania. Intanto, a
livello diplomatico, continua lo sforzo per riallacciare il dialogo tra
israeliani e palestinesi. Ce ne parla Graziano Motta:
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Il divieto posto dal governo
israeliano ai palestinesi di partecipare alla conferenza promossa dal primo
ministro britannico Blair, per la settimana ventura a Londra, sarà superato
grazie ad un collegamento telefonico o video. Lo ha confermato un portavoce di
Downing Street, secondo cui la conferenza, dedicata alle riforme istituzionali
dell’Autorità palestinese, vedrà la partecipazione dell’inviato in Medio
Oriente del segretario generale dell’Onu, Larsen, mentre gli altri Paesi
invitati - Stati Uniti, Russia ed Unione Europea - saranno rappresentati a
livello di ambasciatori. A Tel Aviv oggi si è temuto che l’esplosione di un
ordigno sull’importante viale Allenby - esplosione che ha causato due feriti -
potesse essere un nuovo attentato terroristico, mentre sembra trattarsi di una
rappresaglia nel mondo della malavita. E in Israele si vive continuamente
l’allarme attentati, mentre nei Territori palestinesi sono stati arrestati
altri due estremisti fondamentalisti, a Hebron e Ramallah, città in cui sono
stati catturati tre esponenti del fronte popolare nel contesto di una
operazione, che ha portato lo smantellamento di un gruppo terroristico che
stava preparando a Gerusalemme un attentato suicida e operazioni mirate contro
varie personalità, tra cui il sindaco. Sempre nei Territori, c’è stata
un’importante operazione dell’esercito nella zona di Jenin, volta alla cattura
di attivisti e alla scoperta di armi. Presso la città di Jenin, un commando di
guerriglieri, ha fatto saltare un ordigno al passaggio di una pattuglia di
militari israeliani, aprendo poi il fuoco contro di essi, fortunatamente non ci
sono state vittime.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Maggiore sorveglianza attorno
alle ambasciate che negli ultimi giorni sono state oggetto di minacce e pugno
duro nei confronti dei manifestanti. Così il presidente venezuelano Chavez ha deciso
di far fronte alla protesta generale, giunta ormai al 41.esimo giorno. Intanto,
c’è chi continua a battersi per una soluzione negoziale: ieri le delegazioni di
governo ed opposizione che partecipano al Tavolo del dialogo, presieduto da
Cesar Gaviria, hanno incontrato i vescovi locali. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Rivolgendosi ai delegati, il
presidente della Conferenza episcopale, mons. Baldassar Porras ha sottolineato
che il prolungato scontro politico ha raggiunto livelli molto pericolosi di
tensione e violenza fisica e morale. E una sua eventuale ulteriore
radicalizzazione non lascerebbe né vincitori né vinti, ma solo un grande
sconfitto: il Venezuela. Alla fine dell’incontro, Gaviria si è detto più che
mai convinto che dal conflitto venezuelano si esce solo con un successo del
tavolo del dialogo. Intanto, nella giornata in cui a Washington e a Bruxelles è
stata rilanciata l’idea brasiliana di creare un gruppo di Paesi amici del
Venezuela, il presidente Ugo Chavez, in uno dei suoi ormai proverbiali accesi
discorsi, ha minacciato di utilizzare le forze armate per far riprendere a
funzionare le fabbriche alimentari, che ha detto letteralmente “assassinano per
fame il popolo venezuelano”.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Elezioni contestate a Gibuti. È
stato il partito del presidente Ismaël Omar Guelleh a vincere le consultazioni
legislative di ieri nel piccolo Stato del Corno d’Africa, indipendente dal
1977. Secondo i risultati diffusi dal ministero degli Interni, l’Unione per la
maggioranza presidenziale ha ottenuto la totalità dei 65 seggi in palio.
Nettamente sconfitta l’opposizione dell’Unione per l’Alternativa democratica,
che, però, attraverso il suo leader, Ahmed Dini, ha denunciato una serie di
frodi elettorali che hanno consentito agli avversario di vincere le elezioni.
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