RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 9 - Testo della
Trasmissione di giovedì 9 gennaio
2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Betlemme in ginocchio per il perdurante stato di coprifuoco.
Nuova sciagura
aerea in Turchia: due aerei militari si scontrano e precipitano nel sud est del
Paese, provocando 4 morti.
Oggi all’Onu,
l’audizione del capo ispettori Blix: parlerà del disarmo iracheno.
Il premier
giapponese Koizumi a Mosca per discutere col presidente russo Putin della crisi
nordcoreana.
9 gennaio 2003
IL PONTIFICIO
CONSIGLIO PER I LAICI HA RICONOSCIUTO
LA COMUNITA’ DELLE BEATITUDINI, SORTA IN FRANCIA NEL
1974,
COME ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PRIVATA DI FEDELI
DI DIRITTO PONTIFICIO CON PERSONALITA’ GIURIDICA
- Servizio
di Giovanni Peduto -
Il Decreto è datato 8 dicembre 2002 e la cerimonia
della consegna è stata fissata al Pontificio Consiglio per i Laici per il 31 di
questo mese nei locali del Dicastero. La mattina del 1 febbraio, alle ore 8, è
programmata una Messa di ringraziamento nella Basilica Vaticana, presieduta dal
cardinale Francis Stafford, presidente del Dicastero per i Laici. Il carisma di
questa Comunità, sorta in Francia nel 1974, per iniziativa di Ephraim Croissant
e di sua moglie Josette, insieme ad un'altra coppia in ricerca spirituale, è
contemporaneamente contemplativo e missionario nell’alveo della spiritualità di
Santa Teresa del Bambin Gesù, e quindi della Famiglia carmelitana.
La Comunità delle Beatitudini si
inserisce altresì nella scia del dopo Concilio e nell’ambito del Rinnovamento
carismatico cattolico. Raggruppa fedeli di ogni condizione, laici sposati o no,
sacerdoti, fratelli e sorelle consacrati nel celibato, formando così
un’immagine del Popolo di Dio nella sua unità e nella diversità delle chiamate.
I suoi membri condividono il desiderio di vivere il Vangelo in maniera
radicale, inseriti nel mondo e nello stesso tempo appartati. Vogliono imitare
il più possibile il modello della comunità cristiana primitiva per la vita
comune, la condivisione dei beni, la povertà volontaria, la purezza del cuore.
Sul piano spirituale vivono una
vita sacramentale e liturgica intensa, con l’Eucaristia al centro della
giornata, con molte ore dedicate alla preghiera. Questo dinamismo spirituale si
nutre anche di una attaccamento fedele alla Chiesa cattolica e ai suoi
rappresentanti, con un impegno attivo nel servizio dei poveri. La Comunità
delle Beatitudini riserva anche notevole attenzione alle radici ebraiche della
nostra fede cristiana, dando un posto particolare alla preghiera per il popolo ebraico e per l’unità dei cristiani.
Lo spirito di abbandono alla Provvidenza è basilare nella Comunità e la
consacrazione a Maria è anch’essa una parte costitutiva della sua spiritualità.
Con la sua presenza caritativa,
missionaria e pastorale la Comunità delle Beatitudini è uno strumento di
formazione e di evangelizzazione presso i più poveri, mirando alla costruzione
di quella civiltà dell’amore tante volte auspicata già da Paolo VI e
indicata da Giovanni Paolo II come
obiettivo da raggiungere per i nostri tempi.
Presente ormai nei 5 continenti, in 32 Paesi, la
Comunità conta 46 case in Europa, 11 in Africa, 7 in Asia, 3 in America Latina,
3 in America del Nord, 2 in Oceania e 3 nel Medio Oriente con 1.500 membri
effettivi residenziali. Sorta in Francia, come dicevamo, la Comunità delle
Beatitudini ha la Casa madre a Cordes, in arcidiocesi di Albi, mentre il
governo generale è a Blagnac, in arcidiocesi di Tolosa.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della
mattinata, in successive udienze, Giovanni Paolo II ha ricevuto l’arcivescovo
di Santiago del Cile, Cardo Francisco Javier Errazuriz Ossa, l’arcivescovo Diego
Causero, nunzio apostolico nella Repubblica Araba di Siria, l’arcivescovo di
Pittsburg dei Bizantini (Usa), Myron Schott, e l’arcivescovo di Seul, Nicholas
Cheong Jin-suk. Inoltre, il Pontefice ha ricevuto mons. Luis Armando Bambarén
Gastelumendi, vescovo di Chimbote, in Perù, e presidente della Conferenza
Episcopale del Paese.
In Francia, il Santo Padre
ha nominato vescovo di Beauvais il sacerdote Jean-Paul James, del clero
dell’arcidiocesi di Rennes, finora superiore del Seminario maggiore di “Saint-Yves” a Rennes. In questa città,
il neopresule è nato 51 anni fa, vi ha compiuto gli studi primari per poi
conseguire la licenza in Scienze Economiche presso l’“Institut National de Sciences Economiques” di Parigi. Dopo gli
studi in seminario, mons. James ha perfezionato a Roma gli studi di Teologia e
di Morale alla Gregoriana di Roma. Nel 1990 è stato nominato docente di Teologia
Morale presso il Seminario Maggiore di Rennes del quale è divenuto superiore
nel ’99.
In Spagna,
il Pontefice ha nominato vescovo di Salamanca mons. Carlos López Hernández, finora vescovo di Plasencia.
Originario di Papatrigo, nella diocesi di Ávila, dove è nato il 4 novembre
1945, il presule - dopo le la licenza in Teologia e il successivo dottorato in
Diritto Canonico - è stato, tra l’altro, “Collaborador científico”
dell’Istituto di Diritto Canonico dell’Università di Monaco di Baviera e segretario
tecnico della “Junta de Asuntos Jurídicos” della Conferenza Episcopale Spagnola
(1985). In seno alla Conferenza Episcopale
è Presidente della “Junta Episcopal de Asuntos Jurídicos” e membro della
Commissione per la Liturgia.
Sempre in
Spagna, il Santo Padre ha nominato vescovo di Ávila mons. Jesús García
Burillo, finora ausiliare di Orihuela-Alicante. Sessantadue anni, di Alfamén in
provincia di Zaragoza, mons. Garcia Burillo ha ricoperto la carica di direttore
di una residenza universitaria nella medesima città. Ordinato sacerdote il 25
luglio 1971 a Valladolid, è stato cappellano universitario e quindi, a Madrid,
professore di teologia.
CREAZIONE DI DIOCESI IN MESSICO
I NAVIGANTI FINALISTI
DELLA LOUIS VUITTON CUP,
IN PROGRAMMA LA PROSSIMA SETTIMANA IN NUOVA ZELANDA,
SI AVVARRANNO DI UNA APPOSITA ASSISTENZA SPIRITUALE
- A cura di Salvatore Sabatino -
Partiranno oggi alla volta di Auckland, in Nuova
Zelanda, il sacerdote Gérard Tronche, dei Missionari d’Africa, e il dott.
Ludovico Massimo Lancellotti, con l’incarico di portare assistenza spirituale
ai naviganti in occasione della finale dell’importante regata velica della Louis
Vuitton Cup, in programma la prossima settimana. La loro partenza matura all’indomani del comunicato
del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti che,
il 22 novembre scorso, annunciava l'avvio di un progetto di ricerca per
l'assistenza spirituale dei partecipanti alle competizioni veliche
internazionali, in coordinamento con la rete internazionale dei Centri per
marittimi “Stella Maris” dell' Apostolato del Mare.
La ricerca in questione ha messo
in evidenza, da un lato, che i partecipanti alle regate veliche o i naviganti
su yacht sono molto più numerosi di quanto si credesse all'inizio, rilevando
inoltre che i Centri “Stella Maris” sono poco conosciuti dai naviganti, così
come gli stessi naviganti sono poco noti ai cappellani dell'Apostolato del Mare.
Diversi naviganti, come pure autorità delle competizioni veliche, hanno
manifestato soddisfazione nell'apprendere il nuovo interesse della Chiesa
cattolica nei loro confronti e nei riguardi di quanti navigano a livello
professionale. Essi attendono, informa un comunicato del dicastero pontificio,
i risultati di questa ricerca sulle necessità religiose e spirituali dei
naviganti professionisti e le successive iniziative, “alle quali – si legge -
sono pronti ad aderire”, in vista dell'assistenza spirituale a quanti
effettuano navigazione costiera di piccolo cabotaggio. (S.S.)
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La prima pagina si apre con
l'Argentina: a Tucuman, un'altra piccola vittima della fame e
dell'ingiustizia. Una bambina di tre anni è morta per le patologie legate al
suo stato di denutrizione
Sempre in prima, nella
Repubblica Centroafricana, i trentatré religiosi non sono sotto sequestro:
notizie rassicuranti giungono dal nunzio apostolico
La voce della Chiesa
beneventana nell'universale “concerto di preghiera” ai piedi di Maria è il
titolo del pensiero di Pasquale Mainolfi dedicato all'Anno del Rosario
Nelle vaticane, il programma
dell' XI Giornata Mondiale del Malato, che si terrà a Washington dal 9 all'11
febbraio
Un articolo sulla testimonianza
di Faustino Pérez-Manglano, "eroe del Rosario"
Due pagine dedicate alla
celebrazione dell'Epifania nelle diocesi italiane
Nelle pagine estere, Iraq:
secondo il rapporto dei vertici militari, gli Stati Uniti sono pronti ad un
attacco alla fine di gennaio
Turchia: 75 morti in una
sciagura aerea. Usa: 21 persone uccise nello schianto di un velivolo in fase di
decollo.
Nella pagina culturale, un
contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo "Kafka-Praga: un
indissolubile binomio": un volume di Johannes Urzidil.
Un approfondito articolo di
Mario Spinelli sulle "Vedute di Napoli" della Collezione Alisio.
Nelle pagine italiane, il tema
delle riforme e l'emergenza-maltempo.
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LA PACE IN IRAQ SARA’ POSSIBILE SOLO GRAZIE ALL’AMORE DI DIO.
L’APPELLO
DI MONS. SLAMON WARDUNI, VESCOVO AUSILIARE A BAGHDAD
-
Intervista con mons. Slamon Warduni -
Il 29
novembre scorso, dopo una giornata di digiuno e di preghiera, la Chiesa cattolica
caldea dell’Iraq e le comunità cristiane di Baghdad hanno rivolto alle altre
Chiese e a tutti i popoli un appello contro la minaccia della guerra nel Paese
mediorientale. Il messaggio è venuto dal vescovo ausiliare del Patriarcato di
Babilonia dei Caldei, Slamon Warduni. Attualmente i cristiani in Iraq sono 670
mila, circa il 3 per cento della popolazione totale. Il 75 per cento di questi
è di religione cattolica. In quali condizioni si trovano a vivere, considerato
l’attuale clima di forte tensione? Fabio Colagrande lo ha chiesto allo stesso
mons. Warduni:
**********
R. - I cristiani attualmente sono pochi in Iraq. Sono
diminuiti a causa delle guerre e delle conseguenti immigrazioni. Purtroppo,
tanti nostri giovani hanno davanti un futuro buio. In questi ultimi tempi, poi,
ascoltiamo voci che non vorremmo sentire, minacce di una nuova guerra. Speriamo
davvero che la guerra non si verifichi e lo chiediamo incessantemente al
Signore. Dio è l’unico che può fare qualcosa, in questo momento.
D. - Come valuta il profilarsi delle nuove minacce di
guerra?
R. - La Chiesa in Iraq fa, ha fatto e farà sempre di tutto
affinché la pace regni. A tal fine, insieme agli altri cristiani presenti in
Iraq abbiamo digiunato e pregato per un giorno. Per la prima volta ci siamo
ritrovati tutti insieme: cattolici, ortodossi… Poi, insieme ad altri vescovi,
ho voluto lanciare un appello, chiedendo al mondo di evitare una guerra in
Iraq. Ci basiamo sui principi di pace del Vangelo. Il Papa prega sempre per la
pace. La pace porta la felicità, la libertà. Questa guerra noi non la capiamo.
Minaccia i nostri bambini, i nostri vecchi, i nostri malati, i nostri giovani,
che da 12 anni non sanno niente del loro futuro. Dov’è la libertà? Dov’è la
carità cristiana? Il fondamento di tutto, dobbiamo ricordarlo, è Dio, che è
amore. E Dio amore ama tutti, senza distinzione. Per questo motivo abbiamo
fiducia e chiediamo agli altri di stare con noi nel Signore. Chiediamo di
vivere come uomini, non vogliamo altro dal mondo. Perché venire da noi? Perché
abbiamo petrolio? Che prendano il petrolio, ma ci lascino in pace. Perché
l’Iraq è ricco? Ma questa ricchezza è venuta da Dio, non da noi. E qual è la
nostra colpa?
D. - Mons. Varduni, lei sa bene che in Occidente si
sottolineano delle precise responsabilità del governo iracheno …
R. - Tutti
hanno colpa. Tutti sono stati causa delle guerre passate e di questa, se si
verificherà. Come possiamo definirla una guerra giusta?
D. - E chiudiamo con un appello per una preghiera di pace
…
R. - Chiedo a tutto il mondo, a tutti gli uomini di buona
volontà, di farsi uno con il Papa, per pregare per la pace. E chiediamo che
questa pace discenda dall’onnipotenza di Dio. La chiediamo con la forza della
nostra fede, delle nostre preghiere, del nostro amore. Grazie e pregate per
noi. Non ci dimenticate.
**********
NON SONO IN PERICOLO DI VITA NE’ SOTTO SEQUESTRO
I 33
RELIGIOSI DELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA,
COSTRETTI
AD ABBANDONARE LE LORO MISSIONI A CAUSA DEGLI ATTACCHI DEI RIBELLI
-
Intervista con padre Adriano Parenti -
Bloccati in un piccolo villaggio dalle drammatiche vicende
interne, ma non ostaggi né in pericolo di vita. Il nunzio apostolico nella
Repubblica Centrafricana, l’arcivescovo Joseph Chennoth, ha rassicurato sulla
vicenda dei 33 missionari italiani raggruppati nel centro catechistico di Gofo.
Contattato dalla Misna, il presule ha affermato che i religiosi “non sono sotto
sequestro e non si trovano sotto la minaccia delle armi”. Costretti ad
abbandonare le loro sedi abituali di missione per sottrarsi alle scorrerie
delle bande armate legate all’ex capo di Stato maggiore Bozizé, i 33 missionari
hanno preferito spostarsi a scopo precauzionale in un unico centro. Padre
Adriano Parenti, coordinatore delle missioni dei frati cappuccini nello Stato
africano, conferma, al microfono di Alessandro De Carolis, il graduale
miglioramento della situazione nelle zone controllate dai ribelli:
**********
R. - Le notizie
che riceviamo dalle nostre fonti sono confortanti perché ci dicono che tutti i
religiosi e le religiose radunati nella stazione missionaria di Gofo stanno
bene. Stamattina abbiamo avuto altre notizie, anche queste buone: nel nord del
Paese, sembra essere tornata la calma e si spera quindi che i missionari che si
erano allontanati possano presto rientrare alla loro sede. Purtroppo, sembra
siano stati compiuti atti di vandalismo piuttosto consistenti.
D. - Avete fatto una stima dei danni?
R. - Non ancora, perché è ancora presto. Quello però che
abbiamo saputo, sia dai missionari cappuccini sia dalle suore rientrate di
recente dalla Repubblica Centrafricana
– e mi riferisco a pochi giorni fa - è che davvero non solo le strutture
missionarie, ma anche le strutture pubbliche delle amministrazioni locali, le
strutture sanitarie hanno subito atti di vandalismo assolutamente gratuiti.
Quello che pensiamo di fare tra breve è di levare un appello alla generosità
degli italiani e degli europei, perché cerchino di sostenere le missioni che
sono laggiù e consentano ai missionari di avere i mezzi per aiutare, a loro
volta, la popolazione prostrata da questo stato di guerra. Naturalmente, penso
che la comunità internazionale dovrà intervenire. Comunque, ciò che sarà
possibile fare anche a livello ecclesiale, cercheremo di farlo.
D. - C’è stato qualche iniziativa, da parte della comunità
internazionale, per risolvere la crisi?
R. - Segni
positivi li abbiamo ricevuti in particolare questa mattina direttamente dal
Centrafrica. Sembra che la forza multinazionale africana – dislocata a Bangui
fino a qualche tempo fa - sembra che sia stata rafforzata e che sia imminente
una ripresa del controllo della situazione da parte di questa forza di pace.
D. - Si tratta di un’azione militare oppure di un
negoziato a livello diplomatico?
R. - Sappiamo
che è in corso un negoziato a livello diplomatico e quindi speriamo che tutto
si svolga a livello di dialogo, come ha suggerito anche il nunzio. La forza
multinazionale è stata chiamata perché sia strumento per disarmare le mani di
chi è armato.
D. - Si sa che alcuni dei 33 religiosi
radunati a Gofo sono bisognosi di cure. Ha notizie sul loro stato di salute?
R. - Le notizie di carattere generale
confermano, come accennato, che tutti sono in buone condizioni. In ogni caso,
c’è tra loro un nostro frate che è anche medico e lì, all’interno della
missione di Gofo, esiste un dispensario attrezzato. Presumiamo, quindi, che -
anche se qualcuno dovesse avere problemi di salute - vi siano sia le persone
competenti sia i mezzi per far fronte a tutto.
**********
ALLARME CARESTIA NELLA COREA DEL NORD: CON L’INASPRIRSI
DELL’INVERNO,
A
RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DI MILIONI DI PERSONE
-
Intervista con Francesco Luna -
L’aspro confronto tra Stati Uniti
e Corea del Nord, scaturito dalla ripresa del programma nucleare di Pyongyang,
domina in questi giorni l’agenda internazionale assieme alla crisi irachena.
Per la popolazione nordcoreana, tuttavia, il vero nemico da fronteggiare in
questo momento è il rigido inverno che potrebbe rendere ancor più grave la già
critica emergenza alimentare. Secondo il Pam - il Programma alimentare mondiale
delle Nazioni Unite - sette milioni di persone rischiano di morire di fame
all'inizio del mese prossimo qualora non pervenissero ulteriori aiuti
alimentari. Per il primo trimestre del 2003, il Pam conta infatti di ricevere
35 mila tonnellate di viveri a fronte delle 80 mila tonnellate necessarie.
D’altro canto, se negli ultimi mesi si è registrato un peggioramento della
situazione, la carestia è ormai quasi un male cronico per la Corea del Nord
come spiega il portavoce in Italia del Pam, Francesco Luna, intervistato da
Alessandro Gisotti:
**********
R. - La crisi alimentare nella
Corea del Nord va avanti da diversi anni. Un grandissimo numero di persone che
vi abitano sono sostanzialmente dipendenti, per la loro sopravvivenza,
dall’aiuto esterno, quindi dall’aiuto del Programma alimentare mondiale. Circa
due terzi della popolazione della Corea del Nord dipende dagli aiuti
alimentari.
D. - Cosa sta facendo il Pam per
rispondere a questa emergenza?
R. - Da diversi anni, il Pam è
presente sul territorio. Quello che fa è proprio portare aiuti alimentari per
assistere le categorie più a rischio, in particolare i più deboli: bambini,
donne in stato di gravidanza, anziani. Naturalmente, la nostra organizzazione
ha messo in piedi una serie di operazioni di sviluppo che riguardano, ad
esempio, le scuole. Portare cibo nelle scuole significa fare in modo che queste
siano frequentate, significa dare un’istruzione ai bambini. Altre attività
riguardano ad esempio la riabilitazione di istituzioni sanitarie oppure di
ospizi, quindi l’assistenza agli anziani. Questo sforzo adesso è messo in crisi
da una grave carenza di risorse per le operazioni destinate alla Corea del
Nord.
D. - La ripresa del programma
nucleare da parte di Pyongyang - condannato unanimemente dalla comunità
internazionale - rischia di isolare ancor più la Corea del Nord. Quali
potrebbero essere allora, a livello umanitario, le conseguenze di un’escalation
della crisi?
R. - Questi
sono problemi politici molto grandi. Noi chiediamo solo che ci sia consentito
di entrare nel territorio nordcoreano per distribuire il nostro cibo a chi ne
ha bisogno. Certo, è chiaro che un isolamento internazionale è sempre qualcosa
di negativo. E’ sempre qualcosa che rischia di avere conseguenze sulla
popolazione.
D. - L’Unione Europea ha deciso di
stanziare 9 milioni e mezzo di euro a favore delle famiglie insidiate dalla
carestia. Non c’è il rischio che questi aiuti in arrivo dall’esterno possano
indurre il governo di Pyongyang a continuare nella strada della corsa agli
armamenti, visto che già oggi la Corea del Nord destina il 27,5 per cento del
prodotto nazionale lordo alle spese per le Forze armate, e in effetti possiede
il quarto esercito del mondo per numero di soldati?
R. - Noi abbiamo ringraziato e
continuiamo a ringraziare l’Unione Europea per lo sforzo che sta facendo nei
confronti della Corea del Nord. Per quanto riguarda gli armamenti, questo è un
discorso che può essere valido per qualsiasi Paese del mondo, non soltanto per
la Corea del Nord. E’ anche vero che non si può utilizzare il cibo come un’arma
di ricatto e non si possono utilizzare i bambini che hanno fame per indurre i
governi ad adottare delle politiche diverse. Quindi, anzitutto, se i bambini
muoiono di fame bisogna portare loro da mangiare ed aiutarli. Naturalmente,
devono essere messi in piedi tutti i canali diplomatici necessari per risolvere
i problemi di isolamento di un Paese, i
contenziosi che ci sono tra un Paese ed il resto della comunità
internazionale.
**********
ANELITI SPIRITUALI ED INTERESSI ECONOMICI ALLA
BASE
DEL
COMPLESSO FENOMENO DELLE SETTE RELIGIOSE
-
Intervista con Giuseppe Ferrari -
La
presunta nascita di una bambina per clonazione annunciata negli oscuri meandri
di una setta religiosa ha destato preoccupazione e inquietudine, ma anche
scetticismo, nel mondo scientifico, religioso e politico. Il vescovo Elio
Sgreccia, vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita, l’ha definita,
se si confermasse vera, “una notizia molto grave, tra le peggiori che possiamo
immaginare”. Lo scalpore e lo sconcerto suscitati da un tale annuncio, rendono
opportuno un tentativo di fare chiarezza sulla natura di certi movimenti
religiosi o pseudoreligiosi. A Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del GRIS,
il Gruppo di ricerca e informazione sulle sette, Paolo Ondarza ha chiesto come
spiegare la crescita e l’intensificarsi di questi fenomeni:
********
R. - La crescita dipende sicuramente da vari fattori. Una
teoria americana spiega come una setta nasca sempre da motivazioni di tipo
ideale, di ricerca di un significato per la vita, per arrivare poi ad offuscare
queste aspirazioni iniziali e privilegiare finalità, molto più basse, di
carattere economico. Sono spesso tali interessi a determinare la crescita delle
sette religiose.
D. - Su chi fanno presa le sette?
R. - Su persone che sono inizialmente alla ricerca di
significati esistenziali. Tali persone vengono attratte da organizzazioni, di
valore controverso o dubbio, attraverso procedure piuttosto raffinate, ad
esempio chiedendo all’aderente di partecipare a conferenze, incontri, attività
varie, svolte presso centri naturalistici, palestre, centri di medicina e
terapie alternative. Un’altra tecnica utilizzata è quella delle visite
domiciliari effettuate in occasione di momenti difficili o dolorosi che
coinvolgono la persona visitata. Oppure, si prova a raccogliere nuovi adepti
attraverso l’organizzazione di corsi biblici o di divulgazione di presunti
testi sacri.
D. - Quindi non c’è un legame tra le sette e
l’analfabetismo? Le persone di cultura sono esposte al pari di quelle prive di
un buon grado di istruzione?
R. - Ciò che spinge le persone ad aderire a questi gruppi
è sicuramente un particolare afflato mistico. Ma la gente non si rende conto
che la prassi religiosa a cui viene introdotta assume poi una connotazione che
di spirituale ha ben poco.
D. - Come è possibile difendersi dalla sette?
R. - Ci sono vari modi. Uno, molto importante, è quello
dell’informazione. Essa ha il dovere, appunto, di informare circa il pericolo
costituito dalle sette. Inoltre, parlando del mondo cattolico in particolare,
un punto a nostro favore è dato dalla
conoscenza profonda delle verità che la Chiesa annuncia e invita a vivere.
Molto utile, a tal fine, è poi l’impegno nella trasmissione della fede agli
altri. Avere un forte senso di appartenenza alla Chiesa aiuta molte persone a
salvarsi da miraggi e prospettive che vengono proposte da gruppi di diversa
matrice e ispirazione.
D. - Miraggi e prospettive che possono far perdere anche
un’identità?
R. –
Sicuramente, le sette hanno tra i vari obiettivi quello di far perdere una identità - personale,
storica e culturale - per sostituirla con quella imposta dalla setta stessa.
D. - Si può uscire da una setta e, quando se ne esce, è
facile non ricadervi?
R. - Si può
uscire perché diverse persone ne sono venute fuori, tra l’altro rimpiangendo
tutti gli anni persi dietro ai miraggi. Ed è possibile anche ricadervi: conosco
individui che, usciti da una setta, con facilità vengono adescati da un altra.
A tale proposito, c’è da tenere presenti le condizioni di fragilità psicologica
della persona provata da tali esperienze: condizioni che portano molte volte,
nonostante le intenzioni di partenza, ad entrare in una nuova setta. Ma stiamo
parlando di casi veramente rari.
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9 gennaio 2003
SI SVOLGERA’ IL 13
GENNAIO PROSSIMO NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO IL PRIMO DIALOGO IN
CATTEDRALE
INCENTRATO SULL’ANTROPOLOGIA DI GIOVANNI PAOLO II
ROMA. =
Al via, il 13 gennaio prossimo, la serie di appuntamenti diocesani nella Basilica
di San Giovanni in Laterano. I "Dialoghi in Cattedrale", così come
preannunciato dal Cardinale Vicario Camillo Ruini nella sua Lettera alla
Diocesi in occasione dell’inizio del 25.mo anno di Pontificato del Papa,
quest’anno saranno dedicati ad alcuni aspetti salienti del Magistero del
Pontefice. Loro tema comune sarà, “Giovanni Paolo II nell'oggi della storia”.
Al centro del primo incontro la visione dell’uomo nell’insegnamento del Papa,
la sua “antropologia”. Sul significato e le tematiche degli incontri è
intervenuto ancora una volta il cardinale Ruini, che nel suo intervento tenuto
a Lublino il 16 ottobre 2002 per il conferimento della Laurea Honoris Causa da
parte dell’omonima Università, ha affermato
che “fin dalla sua prima enciclica, in rapporto all'affermazione che l'uomo è
la prima fondamentale via della Chiesa, Giovanni Paolo II ha sottolineato che
non si tratta dell'uomo astratto, ma reale, concreto, storico, dell'uomo nella
piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme
comunitario e sociale - nell'ambito della propria famiglia, di società e di
contesti tanto diversi, della propria nazione, o popolo, nell'ambito di tutta
l'umanità". In questa prima Enciclica – ha aggiunto il porporato – e poi
via via nei testi successivi, il Papa ha messo in pratica un tale orientamento,
“individuando puntualmente le condizioni effettive in cui l'umanità vive, le
minacce che pesano su di lei, le sfide che è chiamata ad affrontare”. I relatori
chiamati ad offrire il proprio contributo sul tema del primo incontro,
"Fine del soggetto o nuova centralità dell'uomo?”, saranno il prof. Remo
Bodei, attualmente uno dei più significativi filosofi italiani, e mons. Angelo
Scola, Patriarca di Venezia e grande conoscitore dell'antropologia di Giovanni
Paolo II. (S.S.)
“NELLE FILIPPINE CRESCONO POVERTÀ ED EMARGINAZIONE:
OCCORRONO
SERIE POLITICHE SOCIALI E LA RIFORMA AGRARIA".
E’
L’APPELLO DI SUOR ROSANNE MALLILLIN,
SEGRETARIO ESECUTIVO
DELLA
COMMISSIONE “GIUSTIZIA, PACE E AZIONE SOCIALE”
MANILA. = “Le previsioni ottimistiche sull'andamento
dell'economia filippina, fornite da alcuni analisti sulla base di un calo
dell'inflazione, scesa al 2,5 per cento in realtà non sono confortanti”. Lo ha
detto all'Agenzia Fides suor Rosanne Mallillin, segretario esecutivo della
Commissione "Giustizia, Pace e Azione Sociale" presso la Conferenza
episcopale delle Filippine. Nonostante le previsioni siano positive, il Paese
non riesce infatti ad uscire da una grave lentezza nella crescita economica ed è
afflitto da una soffocante disoccupazione. “Un gran numero di persone - afferma
la religiosa - continua a spostarsi dalle campagne alle città, creando una
grande congestione: solo a Manila la popolazione ha raggiunto i 12 milioni di
persone, ma molta gente vive in estrema povertà. Questo alimenta la
criminalità, il commercio della droga e la prostituzione". Il 23 gennaio,
la Commissione “Giustizia, Pace e Azione Sociale” incontrerà la presidente
delle Filippine Gloria Arroyo, che nel frattempo ha annunciato di non ricandidarsi
alle elezioni del 2004. In questa occasione, saranno discussi i programmi
nazionali per combattere la crescente povertà e l’emarginazione sociale. Il
piano d’azione proposto dalla Commissione si concentra su tre punti principali:
la riforma agraria, per accrescere la produttività agricola e stroncare sul
nascere il fenomeno dell'emigrazione dalle aree rurali verso i centri urbani;
la realizzazione di politiche di sviluppo sostenibile, con una produzione
industriale e mineraria che sia rispettosa dell'ambiente; la promozione della
pace sociale, verso i fratelli indigeni, spesso sfruttati e defraudati delle
loro terre, e verso le minoranze musulmane. "La nostra azione – conclude
suor Mallillin - si concentra nell'offrire servizi sociali e assistenza alle
famiglie, per accrescere lo sviluppo umano. La Chiesa filippina sta cercando di
rimettere la famiglia al centro dell'azione pastorale, perché è il luogo in cui
poter vivere i valori cristiani nella loro globalità”. (A.L.)
LE COMUNITA’
EBRAICA E CRISTIANA SI SONO CHIUSE IN SE STESSE.
E’ IL
PARERE DI AMOS LUZZATO, SECONDO CUI
SAREBBERO
LE POLEMICHE POLITICHE A RALLENTARE IL DIALOGO
ROMA. = Sono le polemiche politiche a frenare il dialogo
tra ebrei e cattolici: un confronto che si arena troppo spesso nel contingente
e che senza dubbio avrebbe bisogno di “più coraggio”. E’ il parere di Amos
Luzzato, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, espresso in
un’intervista che apparirà sul prossimo numero del Sir. Un vero e proprio
bilancio che prende spunto dalla "Giornata per l’approfondimento e lo
sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei" che si celebrerà il 17
gennaio prossimo. “Quello che crea molte volte delle difficoltà è
l’introduzione di polemiche politiche al suo interno. Occorre poi considerare –
aggiunge Luzzato - che il dialogo ebraico-cristiano concerne due grandi
movimenti religiosi strettamente connessi tra loro. Dovrebbe quindi andare un
po’ più spedito. Qualche volta, invece, si arena nel contingente, e lì si ferma
mentre avremmo tante cose da dire insieme". Luzzato ammette poi che le due
comunità negli ultimi periodi si sono chiuse in se stesse per il bisogno di
ritrovare la propria identità: "E’ un momento difficile per tutti. I
dubbi, soprattutto di fronte agli eventi dell’oggi, sono enormi. C’è la paura
che ogni decisione sbagliata possa comportare grandi sofferenze per la specie
umana. I motivi per questi timori e titubanze ci sono e non è pensabile dire
che si dovrebbero superare come se non ci fossero. Si tratta di vedere qual è
la strada per venirne fuori". Il suggerimento che emerge da
quest’intervista è dunque quello di avere coraggio. "Io di solito –
aggiunge - indico come portatore di coraggio il vecchio Giobbe, che ha la forza
di vivere con dubbi atroci e di affrontarli, arrivando al limite dell’eresia.
Giobbe recupera con le proprie forze la sua fede perché ha il coraggio di
metterla in discussione. Credo che è forse quello di cui abbiamo bisogno
oggi". (S.S.)
NELLA CITTA’ DI BELO HORIZONTE, IN ANGOLA, 15 MILA PERSONE NON
RICEVERANNO L’AIUTO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI A CAUSA DELLE NUMEROSISSIME
MINE INESPLOSE CHE INFESTANO LE STRADE DI QUELL’AREA DEL PAESE
BELO HORIZONTE (ANGOLA). = Le Nazioni Unite hanno deciso
ieri, per ragioni di sicurezza, di sospendere fino a data da destinarsi l'invio
di aiuti umanitari nella località di Belo Horizonte, in Angola. Lo riferiscono
all’agenzia missionaria Misna fonti religiose locali, le quali precisano che a
fine dicembre un mezzo delle forze armate angolane è esploso dopo essere
transitato su una delle numerosissime mine che infestano le strade di questa
zona del Paese. Nell'esplosione sono morti due soldati e altri quattro sono
rimasti feriti. In seguito a questo episodio, l'ennesimo nell'arco di pochi
giorni, l’OCHA, l’Ufficio di coordinamento degli Affari umanitari delle Nazioni
Unite, ha deciso di sospendere le attività a sostegno della popolazione, dal
momento che non vi è la certezza che le principali arterie viarie della zona
siano state sminate. A patire le drammatiche conseguenze di tale situazione
sono, però, le 15 mila persone, in maggioranza sfollati, che si vedranno
private dell'aiuto delle organizzazioni internazionali. Si tratta della seconda
interruzione degli aiuti nell'arco di una settimana. A metà dicembre Erick de
Mulin, a capo della missione delle Nazione Unite in Angola, aveva dichiarato
che le mine inesplose rappresentano ancora la più grave minaccia per il Paese
africano, sottolineando come l'elevatissimo numero di ordigni ancora presenti
sul territorio angolano rende estremamente pericoloso il lavoro degli operatori
umanitari. L’Angola, che ha ratificato il 5 luglio 2002 il Trattato
internazionale di Ottawa per la messa al bando delle mine antiuomo, è uno dei
Paesi con il più alto tasso di ordigni inesplosi. Durante i 27 anni di guerra
civile che ha insanguinato l'Angola, circa 12 milioni di mine sono state
interrate nel Paese. A farne le spese sono proprio i civili che rappresentano
il 75 per cento delle vittime di incidenti riconducibili a deflagrazioni legate
a residuati bellici. (A.L.)
BETLEMME IN GINOCCHIO PER IL PERDURANTE STATO DI COPRIFUOCO:
UNA SITUAZIONE CHE RICADE SULLA POPOLAZIONE CIVILE,
UMILIATA E RIDOTTA ALLA MALNUTRIZIONE
BETLEMME.
= Un drammatico appello alla pace giunge da Betlemme. In un documento inviato
all'Agenzia Fides, fratel Vincent Malham, dei Fratelli delle Scuole Cristiane,
presidente e vice cancelliere dell'Università di Betlemme, lamenta la difficile
situazione vissuta nella cittadina culla del cristianesimo. E’ soprattutto il
coprifuoco a causare i disagi maggiori alla popolazione civile, umiliata e
ridotta alla povertà e alla malnutrizione. Una situazione che viene vissuta,
come una punizione collettiva imposta a tutti i cittadini betlemiti. La stessa
Università è chiusa - racconta fratel Vincent Malham - compromettendo il
diritto all'educazione di migliaia di giovani, mentre il morale della
popolazione è davvero ai minimi termini. L'invocazione della pace in Terra
Santa è stata di recente ribadita dal Santo Padre che, nel messaggio del primo
gennaio, ha voluto sottolineare “la drammatica e perdurante tensione, nella
quale questa regione del Medio Oriente si trova”, che rende più urgente la
ricerca di una “soluzione positiva del conflitto fratricida e insensato, che da
troppo tempo la sta insanguinando. Occorre la cooperazione di tutti coloro che
credono in Dio – ha aggiunto il Pontefice - consapevoli che l'autentica
religiosità, lungi dal porre gli individui e i popoli in conflitto tra loro, li
spinge piuttosto a costruire insieme un mondo di pace”. (S.S.)
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- A cura
di Giada Aquilino -
In primo piano, ancora una tragedia dei cieli. Due
aerei militari sono precipitati oggi nel sud est della Turchia. Soltanto ieri
si erano verificati due altri disastri aerei: uno sempre in Turchia, l’altro
negli Stati Uniti, dove un velivolo si è schiantato nella Carolina del Nord. Ce
ne parla Giancarlo La Vella:
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Il disastro più grave è
avvenuto a Diyarbakir, nella Turchia sudorientale. Sono 74 i morti e sei i
sopravvissuti dell’incidente avvenuto ieri sera quando un aereo della compagnia
di bandiera, partito da Istanbul, è precipitato poco prima dell’atterraggio.
Probabilmente la fitta nebbia all’origine dello schianto, ma si continua ad
indagare in queste ore sulle cause del tragico evento. E sempre in Turchia, per
la precisione nella regione di Malatya, due aerei militari si sono schiantati
stamattina dopo una collisione in volo. Anche in questo caso si sta cercando di
conoscere le cause dell’impatto, che ha provocato 4 morti. Si conoscono i
particolari dell’altro disastro dell’aria avvenuto ieri negli Stati Uniti,
nella Carolina del Nord. Immediatamente dopo il decollo dall’aeroporto di
Charlotte un velivolo della Us Airways è precipitato al suolo, provocando la
morte di tutte le 21 persone a bordo. Nelle prossime ore verranno decodificate
le due scatole nere recuperate dopo l’incidente.
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L'Iraq protesterà per
alcune azioni degli ispettori dell'Onu ritenute ''ingiustificate''. Lo ha
rivelato un alto responsabile iracheno, il generale Amer al-Saadi, alla vigilia
dell’audizione - oggi all’Onu - del capo degli ispettori Blix sugli armamenti
iracheni. E ieri il presidente americano Bush ha riunito alla Casa Bianca un
vero e proprio vertice di guerra a cui hanno partecipato i consiglieri per la
sicurezza nazionale e i comandanti militari nel Golfo. Il servizio dagli Stati
Uniti:
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Washington
ha ribadito che la decisione di attaccare l’Iraq non è ancora stata presa, ma
l’incontro serviva a fare il punto sullo spiegamento delle forze e a valutare i
piani militari. Proprio martedì il Pentagono ha deciso di rimandare nel Qatar
il personale del comando che dovrebbe guidare l’eventuale invasione, mentre
ieri gli aerei in pattugliamento nella no fly zone sono tornati a
colpire. Saddam ha reagito ai venti di guerra incontrando per la terza volta in
tre giorni i propri capi militari, ai quali ha detto che gli americani hanno un
vantaggio nel conflitto aereo, ma sul terreno l’esercito di Baghdad può
batterli. Il vice premier iracheno Aziz invece ha accusato gli Stati Uniti di
voler scatenare una guerra devastante contro l’Iraq, per soggiogare tutto il
Medio Oriente. Comunque, gli ispettori dell’Onu ieri hanno visitato otto siti e
oggi il loro capo, Hans Blix, terrà un nuovo rapporto al Consiglio di sicurezza
a proposito dei contenuti della dichiarazione irachena sul disarmo e
sull’andamento dei controlli. La presidenza greca dell’Unione europea ha
annunciato che a febbraio condurrà una missione nei Paesi arabi, per evitare la
possibile guerra. E la stampa britannica ha scritto che Londra sta facendo
pressioni su Washington per rimandare l’attacco all’autunno.
Da
New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il
premier giapponese Junichiro Koizumi è oggi a Mosca, per una visita ufficiale
che sarà dominata dalle tensioni fra la Corea del Nord e gli Stati Uniti.
Domani il primo ministro nipponico incontrerà il presidente russo Vladimir
Putin per tentare di risolvere pure le questioni irrisolte fra i due Paesi, in
particolare il destino delle isole Kurili meridionali, rivendicate dal Giappone
dalla fine della Seconda guerra mondiale.
E la
Corea del Nord sarebbe disposta ad abbandonare il proprio programma nucleare se
gli Stati Uniti riaffermeranno la validità e i contenuti del comunicato
congiunto del 2000, in cui Washington e Pyongyang dichiararono di non avere
''intenzioni ostili'' l'una verso l'altra. Lo rivelano fonti diplomatiche
vicine a Pyongyang. Soltanto ieri gli Stati Uniti avevano offerto di riaprire
il dialogo con il leader nordcoreano Kim Jong-Il, ma Pyongyang aveva risposto
accusando la Casa Bianca di mettere in pericolo il riavvicinamento con la Corea
del Sud.
Il
presidente palestinese Yasser Arafat ha aperto stamani nel suo quartier
generale di Ramallah una riunione informale del Consiglio centrale palestinese,
in origine convocato per approvare la nuova Costituzione palestinese. Israele
lunedì aveva vietato la riunione, come ritorsione al duplice attentato suicida
palestinese che domenica ha fatto 22 morti a Tel Aviv, e oggi ha impedito a
gran parte dei 128 membri del Consiglio di raggiungere Ramallah. Sul terreno
intanto c’è stato un preoccupante incidente nella zona cuscinetto al confine
tra la Siria e lo stesso Stato ebraico, controllata da osservatori dell’Onu.
Due le versioni su quanto accaduto ieri, come ci riferisce Graziano Motta:
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Gli israeliani parlano del
tentativo di infiltrazione di un commando armato, dell’uccisione di uno dei
suoi membri e del ferimento di un altro, mentre i siriani, denunciando
l’aggressione da parte di soldati israeliani di due suoi agenti di polizia in
borghese, sostengono che sono stati violati gli accordi sul disimpegno militare
in vigore dal 1973. Nei Territori palestinesi la tensione si mantiene alta e
l’allarme resta vivo pure in Israele, dove peraltro la campagna elettorale è
turbata da rivelazioni scandalistiche. L’ultima ha investito lo stesso primo
ministro: Sharon è al centro di un’inchiesta sul finanziamento di un milione e
mezzo di dollari, ricevuto da un suo amico sudafricano, per coprire un altro
finanziamento illecito, entrambi relativi alla campagna elettorale di quattro
anni fa. Sharon ha reagito affermando di essere vittima di un’infame calunnia.
Ma i sondaggi elettorali penalizzano il suo partito, che in un mese vede
perdere 10 seggi e scendere a 28, contro i 22 dei laburisti.
Per
Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Le forze armate pachistane hanno in dotazione per la
prima volta un missile a capacità nucleare. Lo ha annunciato oggi un portavoce
del governo di Islamabad. Il presidente Musharraf, capo delle forze armate, ha
detto che l'introduzione della nuova arma avrà un effetto dissuasivo. Il
missile ha una portata di 1.500 chilometri ed è in grado di colpire il
territorio dell'India, la potenza nucleare confinante e rivale. Proprio New
Delhi ha reso noto oggi di aver effettuato un lancio di prova di un suo missile
balistico a media portata, anch'esso in grado di lanciare una testata nucleare
in territorio pachistano.
I due movimenti ribelli della Costa d'Avorio
occidentale hanno firmato un accordo di cessazione delle ostilità con le truppe
francesi. I guerriglieri si sono detti però decisi a proseguire i combattimenti
con le truppe governative ivoriane del presidente Laurent Gbagbo. Lunedì scorso
a Duekoue, 9 soldati francesi erano rimasti feriti e vari ribelli uccisi nei
sanguinosi combattimenti, scoppiati a circa 4 mesi dal fallito golpe del 19
settembre che diede il via alle violenze.
Si è conclusa con un
accordo a metà la quarta tornata negoziale per la pace in Sri Lanka, tra
governo di Colombo e ribelli delle Tigri Tamil. A Bangkok, in Thailandia, le
due delegazioni - dopo un conflitto trentennale che ha causato 60 mila morti -
hanno trovato un’intesa sul ritorno dei profughi e sui finanziamenti
internazionali, ma non sul disarmo militare dei ribelli. Il servizio di Maria
Grazia Coggiola:
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Le due parti hanno raggiunto un accordo per far ritornare i rifugiati
nelle aree confiscate e occupate dall’esercito nella penisola di Jaffna, dove
vive la minoranza Tamil. Sul tema della ricostruzione, i negoziatori hanno
deciso di affidare alla Banca Mondiale la custodia e la gestione degli aiuti
internazionali. Una conferenza dei Paesi donatori si terrà a giugno, a Tokyo.
Questa quarta tornata di colloqui è stata tutto sommato positiva, visto che si
è rischiata una rottura. I separatisti hanno posto un netto rifiuto alla
richiesta formulata dalla presidente, Chandrika Kumaratunga, di smantellare le
squadre suicide, conosciute come ‘Black Cats’, e responsabili di molte stragi.
Il rappresentante dei ribelli, Antón Balasinghan, ha detto che l’ala militare
sta comunque rispettando il cessate il fuoco di febbraio e che i ‘Black Cats’
saranno mantenuti perché rappresentano uno strumento di pressione sul governo
di Colombo.
Da
New Delhi, per Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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