RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 59 - Testo della Trasmissione venerdì 28 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La gratitudine del Papa ai soci del Circolo di San Pietro, ricevuti per la tradizionale consegna dell’Obolo destinato ai poveri dell’Urbe.

 

Il servizio dei cristiani all’umanità davanti ai pericoli di guerra e alle gravi tensioni del mondo attuale, nel Messaggio augurale di Giovanni Paolo II al nuovo arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, insediatosi ieri alla guida della Comunione Anglicana.

 

Continuate ad operare con generosità per gli ammalati, i piccoli, gli ultimi: è il Messaggio del Santo Padre all’Unitalsi, per il centenario dell’associazione.

 

Allo studio un possibile viaggio del Pontefice in Mongolia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il futuro della crisi irachena legata ai missili Al Samoud 2: intervista con Fabrizio Battistelli.

 

Etica e Internet, in un convegno organizzato a Roma dall’Unione Cattolica della Stampa Italiana.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Solidarietà dei vescovi filippini con i profughi cristiani e i musulmani dalle zone di conflitto tra esercito ed ribelli islamici.

 

L’arcivescovo de L’Avana, il cardinale Ortega, ha pubblicato una carta pastorale sull’autonomia della Chiesa a Cuba.

 

Allarme del Programma Alimentare Mondiale per la crisi nello Zimbabwe: punti critici, agricoltura e Aids.

 

In India i giornalisti cristiani sono chiamati a contrastare l’uso politico della religione e dell’appartenenza etnica e sociale e a difendere la verità, il pluralismo e il carattere laico dello Stato.

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq, Russia pronta al veto. Saddam annuncia la distruzione dei missili proibiti, l’Onu conferma. Scetticismo nel fronte angloamericano.

 

Nuovo attentato contro il consolato statunitense di Karachi. Due morti e cinque feriti.

 

Resta alta la tensione tra Washington e Pyongyang. Seul tenta una difficile mediazione.

 

Rinviato al 10 marzo il termine ultimo per l’accordo a Cipro. Ancora distanti le due comunità.

 

Fiducia della Knesset al nuovo governo israeliano. Sharon disposto ad un “compromesso doloroso” con i palestinesi.

 

Al via a Bruxelles la riunione della Convenzione europea. Federalismo e radici cristiane i principali punti del dibattito.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 febbraio 2003

 

 

LA GRATITUDINE DI GIOVANNI PAOLO II AI SOCI DEL CIRCOLO DI

SAN PIETRO, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO PER LA TRADIZIONALE

 CONSEGNA DELL’OBOLO, DESTINATO AI POVERI DELL’URBE

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

**********

Offrire alle persone emarginate e in difficoltà “il cibo spirituale del messaggio evangelico insieme con il sostegno materiale”. E’ l’esortazione rivolta stamani da Giovanni Paolo II ai soci del Circolo di San Pietro, ricevuti per la tradizionale consegna dell’Obolo, ossia i fondi raccolti nelle chiese romane a favore dei poveri dell’Urbe. Il Pontefice si è rallegrato per lo zelo apostolico dimostrato dai membri del sodalizio, nato a Roma nel 1869. Un impegno, ha detto, che si sostanzia nell’opera di “nuova evangelizzazione” nella diocesi romana e negli “interventi di solidarietà” in favore dei poveri e degli ammalati, nella testimonianza del “Vangelo della carità”. D’altro canto, non ha mancato di evidenziare il servizio prestato “con assiduità e devozione” durante le celebrazioni liturgiche nella Basilica Vaticana e in altre circostanze. Il Pontefice ha poi messo l’accento sull’utilità dell’Obolo di San Pietro per far fronte alle “crescenti necessità dell’apostolato”, così come alle “richieste di aiuto” dei più bisognosi.

 

“Tanti attendono dalla Sede Apostolica un sostegno che spesso non riescono a trovare altrove. In quest'ottica, l'Obolo costituisce una vera e propria partecipazione all'azione evangelizzatrice, specialmente se si considerano il senso e l'importanza di condividere concretamente le sollecitudini della Chiesa universale”.

 

Di qui, Giovanni Paolo II ha rivolto la sua attenzione all’amata città di Roma, definendola “centro” e, in un certo modo, “cuore dell’intero popolo di Dio”. Quindi, ha espresso l’auspicio che i membri del Circolo di San Pietro seguano sempre il loro triplice impegno di “preghiera, azione e sacrificio”. Ogni cristiano, ha concluso, “deve coltivare con cura e accrescere il proprio rapporto con Cristo”.

 

Un saluto speciale il Papa lo ha infine rivolto all’assistente spirituale del sodalizio, mons. Ettore Cunial, che quest’anno celebra il 50.mo di episcopato, e al dott. Marcello Sacchetti, presidente generale dell’organismo.

**********

 

 

ALTRE UDIENZE E PROVVISTA DI CHIESA IN NIGERIA

 

Nel corso della mattinata, il Papa ha ricevuto sei presuli della Romania, in visita ad Limina

 

In Nigeria, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale alla diocesi di Maiduguri, presentata da mons. Senan Louis O’ Donnell per raggiunti limiti di età. Il Pontefice ha nominato vescovo di Maiduguri il sacerdote Matthew Man-oso Ndagoso, di 43 anni, attuale rettore del seminario maggiore “Good Sheperd” di Kaduna.

 

 

LA LEGITTIMA ESIGENZA DI LIBERTA’ E SICUREZZA SI ESPRIME CON MEZZI ERRONEI,  VIOLENTI E DISTRUTTIVI.

COSI’ IL PAPA ESPRIME LA SUA GRAVE PREOCCUPAZIONE PER LE MINACCE DI GUERRA NEL MESSAGGIO AUGURALE

ALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY ROWAN WILLIAMS INTRONIZZATO IERI

A CUI ASSICURA L’IRREVOCABILE IMPEGNO

A LAVORARE PER RAGGIUNGERE LA PIENA COMUNIONE

 

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

**********

E’ “con sentimenti  di gioia e stima cordiale” che il Papa saluta il nuovo arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, nel messaggio augurale per la sua missione iniziata  ieri con la solenne cerimonia di intronizzazione nella storica cattedrale anglicana.

 

Il Papa esprime grave preoccupazione per il “momento storico, carico di sofferenza e tensione”, in cui ha inizio il ministero dell’arcivescovo Williams, anche se aggiunge: “ciononostante è un tempo segnato da speranza e promessa”. Nel messaggio, consegnato questa mattina dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, durante un incontro con il nuovo Primate della Chiesa di Inghilterra - il Santo Padre descrive un mondo tormentato da “un conflitto che appare inesorabile”, che “si trova sull’orlo di un’altra guerra”. Denuncia nuovamente le sofferenze di “intere popolazioni, che stanno vivendo nella paura e nel pericolo”. “La profonda e legittima esigenza dell’uomo di vivere nella libertà e sicurezza - scrive ancora - si esprime con mezzi erronei, mezzi violenti e distruttivi”. “Ed è proprio tra queste tensioni e difficoltà - aggiunge - che siamo chiamati a prestare il nostro servizio”.

 

E qui il Papa esprime rallegramento per i legami di affetto costruiti attraverso il dialogo e una intensa comunicazione tra i rispettivi predecessori, tanto che - dice - “si era accesa la speranza di raggiungere la piena comunione”. “Nonostante discordanze ed ostacoli che sono sopraggiunti”, Giovanni Paolo II ribadisce l’irrevocabile impegno di continuare a lavorare per superare le difficoltà che ancora si frappongono. Il Papa non manca poi di far cenno ai progressi raggiunti attraverso i numerosi incontri con il precedente arcivescovo George Carey e attraverso il lavoro delle Commissioni internazionali di dialogo. Riconosce che certo “il compito che ci attende per superare le divisioni non è facile, ma - aggiunge - “la piena comunione sarà un dono dello Spirito Santo”.

 

E l’arcivescovo di Canterbury Williams, ieri, alla solenne cerimonia di intronizzazione ha prospettato la “Chiesa del futuro”: “svolgerà il suo ruolo profetico e pastorale - ha detto - solo se sul volto si rifletterà la gratitudine e l’intima gioia che sgorga dalla vita in Cristo”. Da questo incontro con Gesù sgorgherà l’ortodossia della fede. “Risolveremo i nostri più gravi problemi - ha aggiunto - non tanto con un disciplina più severa, ma se saremo discepoli autentici di Cristo, se la nostra vita sarà una continua scoperta del suo mistero.” Di qui nuova fiducia e coraggio. Lo stesso impegno  sociale del cristiano, con “le proteste riguardo alla guerra, il debito estero e la povertà, i pregiudizi, le umiliazioni della disoccupazione o la crudeltà delle violenze sessuali e delle infedeltà, l’abuso dei bambini, le carenze di aiuto agli anziani”, è motivato dal fatto che costituiscono “un insulto e una violenza” che deturpa “l’immagine divina iscritta nelle relazioni umane”. Ma ascoltiamo ora la nostra inviata Philippa Hitchen, al microfono di Massimiliano Menichetti.

 

R. – Il nuovo arcivescovo ha giurato su un libro dei Vangeli del VI secolo, lo stesso libro che Papa Gregorio aveva  dato a Sant’Agostino quando lo ha inviato in missione da Roma in Inghilterra. Ma è stata anche una cerimonia moderna, con un arcivescovo che ha ben presente i problemi degli uomini e delle donne di oggi. Ha parlato molto del bisogno di tornare alle sorgenti del Vangelo, alla verità sull’uomo che Gesù ha portato sulla terra, più di 2000 anni fa.

 

D. – Ci si aspettava un’omelia improntata su un senso politico …

 

R. – In effetti, siccome il dr. Williams aveva già nei mesi scorsi suscitato questa  impressione nei mass media per il suo modo di parlare molto chiaro e forte, denunciando le sua preoccupazione, per esempio, per le minacce di guerra in Iraq, c’era chi se lo aspettava anche in questa sua omelia. Ma non è stato così. Lui ha accennato alla guerra, alle violenze, alla violenza sessuale, ai problemi della disoccupazione, della povertà e a tanti altri problemi sociali, ma ha parlato soprattutto del bisogno di ritornare ad incontrare Gesù, e al nostro bisogno di aprirci, di trovare un modo per tornare a questa fonte di verità e di vita e trovare in Lui la soluzione ai nostri problemi moderni quotidiani.

 

D. – Da oggi è al via il nuovo ministero dell’arcivescovo, un nuovo impulso anche all’ecumenismo?

 

R. – Ho parlato con il cardinale di Westminster - quindi il partner nel dialogo di Williams qui in Inghilterra - il cardinale è molto positivo. Lui ritiene che il dr. Williams sia molto aperto, ben disposto a cercare nuove soluzioni e a camminare insieme su tutti i campi possibili, per cercare di spingere in avanti questo dialogo che sembra rimasto indietro rispetto alle aspettative.

********** 

 

 

“GUARDANDO AL FUTURO CON FIDUCIA E LUNGIMIRANZA,

PROSEGUITE CON GENEROSITA’ E DISINTERESSE A PROMUOVERE PROGETTI

A FAVORE DEGLI AMMALATI, DEI PICCOLI E DEGLI ULTIMI”.

COSI’ GIOVANNI PAOLO II NEL SUO MESSAGGIO PER L’UNITALSI,

IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DI FONDAZIONE

 

- Servizio di Barbara Castelli -

 

**********

“Imparate, alla scuola del Vangelo, ad essere operatori di pace, di giustizia e di misericordia, ovunque il Signore vi chiami. Rispondete all’amore di Dio, forti della consapevolezza che Egli vi ha amati per primo”. Questo, in sintesi, l’invito che Giovanni Paolo II esprime in un messaggio indirizzato all’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali, in occasione del centenario dell’Associazione. Per celebrare questa “ricorrenza giubilare”, l’Unitalsi ha organizzato un Convegno Nazionale che prende il via oggi a Rimini per concludersi il 2 marzo.

 

Esprimendo vivo apprezzamento per il servizio che l’Unitalsi continua a svolgere “generosamente in piena comunione con i vescovi” a favore “degli ammalati, dei piccoli e degli ultimi”, il Papa ripercorre brevemente le tappe fondamentali di questo cammino di carità. “E’ significativo - ricorda il Santo Padre nel documento - che questo anniversario cada nel corso dell’Anno del Rosario, tenendo conto che le origini dell'Unitalsi sono legate al santuario Mariano di Lourdes. Proprio in quel luogo, infatti, benedetto dalla presenza di Maria, il fondatore, Giovanni Battista Tornassi, trovò luce e conforto”. Recatosi a Lourdes con il proposito di togliersi la vita, “al culmine di una logorante sofferenza fisica e spirituale”, Tornassi restò, invece, colpito “dall’opera amorevole e disinteressata dei volontari”. Prese il via così “una realtà ecclesiale ancora oggi apprezzata per il bene che compie e per lo spirito evangelico che la anima”.

 

Ricordando inoltre l’impegno di tanti vescovi e sacerdoti che in molte diocesi d’Italia si prodigano, insieme con i volontari dell’Unitalsi, per far “sperimentare ai malati e ai disabili la materna vicinanza della Chiesa”, il Pontefice infine  invita tutti a “guardare al futuro con fiducia e lungimiranza”. “La carità - conclude - vi spinga ad aprire sempre nuovi campi di azione, per realizzare nuovi progetti di promozione umana e di evangelizzazione”.

**********

 

 

ALLO STUDIO UN POSSIBILE VIAGGIO DEL PAPA IN MONGOLIA

 

- A cura di Paolo Salvo -

 

Vi è la concreta possibilità che il Papa compia un viaggio in Mongolia, anche se la data è ancora da definirsi. La notizia è giunta questa mattina dalla capitale mongola Ulan Bator, dove sul possibile viaggio di Giovanni Paolo II hanno parlato nel corso di una conferenza stampa il nunzio apostolico, mons. Giovanni Battista Morandini, e il direttore dell’informazione del ministero degli Esteri mongolo.

 

Nell’occasione, è stato infatti comunicato che il prelato vaticano mons. Renato Boccardo, capo del Protocollo con incarichi speciali, si trova attualmente in Mongolia per studiare il programma di un possibile viaggio del Santo Padre per la fine di agosto. Ciò in accettazione dell’invito fatto al Papa dal presidente della Mongolia, in occasione della visita in Vaticano il 5 giugno del 2000.

 

“Per questo viaggio – ha precisato stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquìn Navarro Valls – si ipotizza la circostanza dell’inaugurazione della cattedrale cattolica nella capitale”.

 

Repubblica asiatica incastonata tra la Russia e la Cina, la Mongolia si estende su oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati e conta appena due milioni e 400 mila abitanti. Oltre il 95 per cento della popolazione è di religione buddista, mentre poco più del 4 per cento è costituita da musulmani. I cattolici sono un centinaio e fanno capo alla prefettura apostolica di Ulan Bator (Ulaanbaatar), con una parrocchia, sette sacerdoti e una quindicina di suore.

 

Santa Sede e Mongolia intrattengono relazioni diplomatiche dal 1997. L’arcivescovo Morandini è nunzio anche in Corea e risiede a Seul.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con il dettagliato resoconto dell'evolversi della crisi irachena: si susseguono le iniziative diplomatiche per scongiurare il rischio di un conflitto.

Un pensiero di Alessandro De Sortis dedicato all'Anno del Rosario

 

Nelle vaticane, nel discorso al Circolo di San Pietro, Giovanni Paolo II ha esortato i membri ad offrire alle persone in difficoltà ed emarginate il cibo spirituale del messaggio evangelico insieme con il sostegno materiale.

Il Messaggio del Santo Padre all'arcivescovo di Canterbury, in occasione della solenne intronizzazione.

Il Messaggio del Papa all'assistente ecclesiastico generale dell'Unitalsi.

Il Messaggio della Presidenza della Pontificia Commissione per l'America Latina in occasione della Giornata Ispanoamericana, che si terrà nelle diocesi di Spagna il 2 marzo.

Una pagina dedicata alle iniziative promosse dalle diocesi italiane in preparazione del Mercoledì delle Ceneri.

Nel cammino della Chiesa in Europa, un articolo sull'Albania dal titolo "Il regime comunista ha cercato di cancellare la presenza della Chiesa".

 

Nelle pagine estere, il Parlamento di Israele dà la fiducia al nuovo governo guidato da Sharon.

Disarmo: positivi i risultati ottenuti dalla Convenzione sulla messa al bando delle mine antiuomo. 

Corea del Nord: Seoul esprime "grave preoccupazione" per la riattivazione dell'impianto di Yongbyon.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri", don Mario Picchi intervistato da Mario Spinelli. Il titolo dell'articolata intervista è "Finché nel mondo ci sarà violenza, miseria e fame non si potrà debellare la droga".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle pensioni.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

28 febbraio 2003

 

 

IL FUTURO DELLA CRISI IRACHENA LEGATA AI MISSILI AL SAMOUD 2

 

- Intervista con Fabrizio Battistelli -

 

Il futuro della crisi irachena sembra in queste ore dipendere dalla sorte degli Al Samoud 2, i missili che hanno una gittata superiore al consentito. Saddam Hussein ha annunciato di essere pronto a distruggerli. Ma gli Al Samoud rappresentano davvero una minaccia per i Paesi vicini all’Iraq? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fabrizio Battistelli, segretario generale dell’Archivio Disarmo:

 

**********

R. – Si tratta di un’arma che è stata, a suo tempo, anche consentita da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza e si è venuto a scoprire solo ultimamente che la portata non è di 150 km ma, secondo una testimonianza di uno scienziato iracheno, può arrivare a 180 e da prove fatte sembra che effettivamente sia così. Da qui, considerarlo una grossa minaccia ... non è poi un missile di natura strategica!

 

D. – E’ secondo lei una questione, quindi, strumentale, quella di costringere Saddam Hussein a distruggere questi armamenti per trovare un motivo per scatenare un attacco?

 

R. – Ho la netta sensazione di sì. E’ chiaramente strumentale, secondo me, tutta questa storia degli Al Samoud. Però, potrebbe paradossalmente essere invece a favore dell’Iraq, come se ad un certo punto gli ispettori avessero individuato un po’ un agnello sacrificale e dicessero a Saddam: ‘Dai finalmente per la prima volta dimostrazione di serietà, di voler adempiere alle direttive dell’Onu, e sacrifica questo sistema d’arma per dare il senso che hai iniziato il tuo disarmo’. Potrebbe persino essere una cosa del genere.

 

D. – E’ veritiero il sospetto che Saddam Hussein nasconde poi armi ben più pericolose?

 

R. – Ecco, questo è il vero problema. Il vero problema è che sono ben altrimenti pericolosi i missili di gittata intermedia: di 600 km, 800 km, che potrebbero realmente costituire una minaccia e che, per quanto sappiamo, non sono allo stato dell’avanzato sviluppo e dell’adozione, ma sono stati certamente allo studio da parte del regime di Saddam. Ora, purtroppo non abbiamo elementi per valutare fino a che punto si siano spinti questi studi ...

 

D. – Recentemente, la Corea del Nord ha fatto un esperimento: ha lanciato un missile, caduto nell’Oceano Pacifico. Se una cosa del genere l’avesse fatta l’Iraq, quali sarebbero state le conseguenze?

 

R. – Ah bè, certamente pericolosissime, rischiosissime anche perché il quadro strategico dell’una è completamente diversa rispetto all’altra versione. Il Medio Oriente è una polveriera, molto più di quanto non sia l’Estremo Oriente, e quindi si tratterebbe a quel punto di armi capaci di raggiungere Tel Aviv, quindi di scatenare la terza guerra mondiale. Sicuramente, il grado di allarme è elevatissimo nel caso dell’Iraq. Solo che si tratta realmente di ipotesi, nel senso che per quanto sappiamo il livello di sofisticazione della tecnologia e della ricerca nordcoreana è molto più avanzata di quello che non sia quella irachena, e non credo che l’Iraq in questo momento sia capace di una performance come quella della Corea del Nord. Semplicemente, sta collocato nella situazione sbagliata ed ha suscitato l’allarme e la volontà degli Stati Uniti di porre fine a tutta la vicenda. Resta il mistero su quali siano anche le condizioni che è necessario che l’Iraq adempia per poter evitare l’attacco. Questo a tutt’oggi non è ancora riuscito a saperlo nessuno.

 

D. – Come dire: si sanno usando due pesi e due misure diverse, nella gestione delle crisi internazionali?

 

R. – Io penso di sì, realisticamente. Quando c’è un vuoto di potere è necessario in qualche modo colmarlo; nell’Estremo Oriente non c’è un vuoto di potere perché ci sono grandi Paesi strutturati, di livello per lo meno regionale, ma quasi planetario come la Russia e soprattutto la Cina, per cui non c’è nessun vuoto da riempire. Possono esserci sicuramente dei rischi, possono esserci delle minacce, ma per gestirli bisogna venire a patti. Nel caso invece dell’Iraq, abbiamo sicuramente dei rischi e delle minacce, ma non c’è sostanzialmente – da parte di altri Paesi – nessuno che si possa prendere una responsabilità di poter né difendere né regolare o disciplinare definitivamente l’Iraq: l’Europa non è in grado di svolgere questa funzione e questa funzione ha deciso di svolgerla l’America.

**********

 

 

ETICA E INTERNET: E’ IL BINOMIO AL CENTRO DI UN CONVEGNO

IN CORSO OGGI A ROMA, PROMOSSO DALL’UNIONE CATTOLICA DELLA STAMPA

 ITALIANA E DALL’ISTITUTO PER LO STUDIO DELL’INNOVAZIONE NEI MEDIA

 

- Servizio di Ignazio Ingrao -

 

**********

Cattolici e laici a confronto per rispondere insieme alle sfide di Internet. Questo il senso del convegno in corso oggi a Roma su “Etica in Internet” organizzato dall’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana e dall’Istituto per lo studio dell’innovazione nei media, presieduto da Enrico Manca. Il convegno prende spunto da due documenti del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Etica in Internet e Chiesa e Internet, a un anno dalla loro pubblicazione. “Oggi avvertiamo con sempre maggiore urgenza la necessità di mettere in pratica i principi e le indicazioni enunciati in questi documenti”, ha osservato Emilio Rossi dell’Ucsi. E il riferimento è al triste primato dell’Italia per il numero di siti Internet delle tifoserie calcistiche che incitano all’odio razziale e antisemita, reso noto proprio ieri dall’Osservatorio europeo sul razzismo.

 

Per reprimere questo genere di fenomeni occorrono leggi ma soprattutto una capillare opera di educazione all’uso di Internet. E’ quanto raccomandano i due documenti del Pontificio consiglio, come ha ricordato mons. Pierfranco Pastore, segretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Dall’educazione, ha spiegato il vescovo, nasce anche la capacità di autoregolamentazione degli utenti della rete. Allo stesso tempo, però, è necessario garantire a tutti un adeguato accesso alle risorse della comunicazione digitale, affinché, ha sottolineato mons. Pastore, non si vada ad approfondire il digital divide, cioè il fossato tra paesi ricchi e paesi poveri, non solo in termini di risorse economiche ma anche di informazione.

 

Attenzione, ha detto infine il vescovo, a quei governi che pur dicendosi liberali, rischiano di manipolare l’opinione pubblica attraverso la rete digitale. Gli ha fatto eco il garante per la privacy, Stefano Rodotà. A suo avviso il tentativo è di fare di Internet un grande supermercato globale, dove si compra e si acquista di tutto: un’immensa fiera dove l’unico valore è il consumo. Si calcola infatti che entro il 2005, almeno 940 milioni di utenti avranno accesso a Internet, mentre solo l’anno passato sono state spedite oltre 640 miliardi di e-mail. Dobbiamo utilizzare le potenzialità e la “forza innovativa” della rete in una direzione diversa da quella mercantile, ha perciò raccomandato Rodotà, cercando anzitutto di far prevalere valori come la giustizia e la solidarietà.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

28 febbraio 2003

 

 

I VESCOVI FILIPPINI HANNO ESPRESSO IERI LA PROPRIA PREOCCUPAZIONE

PER GLI SFOLLATI DELL’ISOLA DI MINDANAO,

TEATRO DI APERTI SCONTRI TRA ESERCITO REGOLARE E RIBELLI ISLAMICI.

DAI PRESULI E’ PARTITO L’INVITO A PREGARE

PER I CRISTIANI E PER I MUSULMANI CHE HANNO DOVUTO LASCIARE LE LORO CASE.

 

KIDAPAWAN. = Con due dichiarazioni rilasciate ieri, l’episcopato filippino ha espresso la propria preoccupazione per la situazione dell’Isola di Mindanao, nelle Filippine meridionali, dove dall’11 febbraio sono in corso combattimenti tra esercito regolare e forze ribelli del Fronte di liberazione islamico Moro (Milf). In una lettera inviata alla Conferenza episcopale delle Filippine (Cbcp), il vescovo di Kidapawan, mons. Romulo Valles, ha chiesto che non cali l’attenzione sugli sfollati, costretti dagli scontri a scappare dalle loro case. Il vescovo ha denunciato, inoltre, le condizioni di grande indigenza in cui versa la popolazione, vittima della fame, delle malattie e del freddo. Secondo il Dipartimento degli affari sociali di Manila circa 210 mila civili hanno subito le disastrose conseguenze degli scontri: circa 20 mila persone sono state costrette ad evacuare dall’arcipelago di Sulu, a sud di Mindanao; altre 190 mila, la maggioranza dei quali bambini, sono fuggite dalle zone settentrionali dell’isola. Mons. Valles ha, inoltre, sottolineato che, nonostante l’esercito abbia invitato gli sfollati a rientrare nelle loro case, molti non hanno avuto il coraggio di lasciare i centri di raccolta. L’appello del vescovo di Kidapawan è stato in seguito rilanciato dallo stesso presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, mons. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato. In un’intervista rilasciata ad un’emittente radiofonica di Manila, il presule ha sollecitato i cittadini a non dimenticare i terribili momenti che l’isola sta vivendo. “Chiedo a tutti di pregare per la gente di Mindanao - ha esortato - non solo per i cristiani ma anche per i musulmani”. (M.A.)

 

 

STORICA CARTA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO DE L’AVANA, IL CARDINALE ORTEGA,

CHE CHIEDE AUTONOMIA PER LA CHIESA A CUBA E INVITA I CUBANI A

“COMINCIARE A PENSARE PER LASCIARE LA MEDIOCRITA’”.

 

L’AVANA. = L’arcivescovo de L’Avana, il cardinale Jaime Ortega Alamino, ha pubblicato una lettera pastorale sull’autonomia della Chiesa a Cuba. Il documento si intitola “Non c’è patria senza virtù”, citando una delle frasi più note di padre Félix Varala, sacerdote indipendentista cubano, morto esattamente 150 anni fa. “E’ un diritto ed un dovere del popolo cubano guardare alla patria con amore - scrive il porporato - ed ispirarsi ai principi morali della Chiesa”. L’arcivescovo de L’Avana esorta con forza i cubani a “cominciare a pensare” e lasciare la mediocrità. “Questo - scrive il cardinale Ortega - è anche il compito della Chiesa. Anche quando sembra che nessuno ci ascolti, quando la realtà sembra essere ignorata, non solo bisogna evidenziare ciò che si dimentica o non riconosce, ma anche preparare un cammino futuro nelle menti e nei cuori dei nostri fratelli. Anche se, come il Battista, abbiano l’impressione di gridare nel deserto”. “Molta gente - precisa l’arcivescovo de L’Avana - si rivolge alla Chiesa chiedendo lumi sul futuro, perché esiste nel popolo cubano una paura diffusa del domani”. Un messaggio speciale, perciò, è rivolto ai giovani: “Il sesso libero, così come le relazioni temporanee - avverte il cardinale Ortega - non aprono la strada al sacramento del matrimonio e non consentono di costruire una famiglia solida. Cedere a tutti i desideri e alle tentazioni, non vuol dire rispondere alle sfide degli adulti”. Il documento prosegue con il passaggio centrale del pensiero dell’arcivescovo de L’Avana: “Cuba è uno dei paesi latinoamericani che nel ventesimo secolo ha sofferto di più. Mi riferisco alla cancellazione degli organi istituzionali, della memoria collettiva, delle tradizioni e di tutto ciò che può garantire una continuità culturale”. Il cardinale Ortega parla poi degli attacchi che ha subito la famiglia, attraverso il divorzio, l’aborto, e il monopolio statale nell’educazione e nella formazione dei giovani. Non a caso il porporato definisce l’assenza della scuola cattolica a Cuba una “spina nel cuore della Chiesa”. (M.A.)

 

 

IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE LANCIA L’ALLARME SULLA CRISI DELLO ZIMBABWE:

INSUFFICENTE LA RIFORMA AGRARIA VOLUTA DAL PRESIDENTE MUGABE

MENTRE IL PAESE E’ ALLO STREMO, PIEGATO DA CARESTIA E AIDS

 

HARARE. = Il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite ha espresso ieri una valutazione insoddisfacente riguardo la riforma agraria in Zimbabwe, voluta dal presidente Robert Gabriel Mugabe. Il Pam, infatti, ha reso noto che nella lista delle persone che hanno richiesto aiuti alimentari figurano anche molti contadini neri che, nei mesi scorsi, hanno beneficiato delle terre sottratte ai ‘white farmer’. Il direttore del Pam, Kevin Farrell, ha illustrato le cause di quest’emergenza, sottolineando che il Paese è stato colpito dalla siccità e che mancano infrastrutture elettriche e macchine da lavoro. Lo Zimbabwe era considerato il granaio dell’Africa, ma il monopolio del governo su importazioni e prezzi dei cereali, la caduta della produzione agricola e l’epidemia di Aids hanno acuito la crisi. Il Pam tira così un primo bilancio della riforma agraria voluta da Mugabe due anni fa, ma attuata solo l’estate scorsa, quando il governo procedette alla confisca di 2900 aziende agricole di proprietà dei latifondisti di origine europea. Un quadro della situazione è stato tracciato, in una dichiarazione all’agenzia Nigrizia, da mons. Pius Alick Ncube, arcivescovo di Bulawayo. “La nazione oggi è in una situazione disperata”, ha detto il presule. “L’inflazione cresce vertiginosamente: i prezzi dei beni di consumo sono quadruplicati. Un massiccio esodo  di dottori, infermieri, maestri, avvocati ed altri laureati o diplomati è in atto verso il Sudafrica o altri paesi extra-africani. Circa l’85% della popolazione è disoccupato. I salari hanno subito un calo del 50%. Oltre il 70% della popolazione vive sotto la soglia della povertà. In pochi mesi almeno 400 industrie o compagnie hanno chiuso. Oltre ai 400 mila lavoratori agricoli che hanno perso il posto di lavoro a causa dell’occupazione delle fattorie dei “white farmers”, circa 300 mila lavoratori urbani sono andati ad aumentare il già elevato numero dei disoccupati. La gente è demoralizzata e molti sono costretti a ricorrere al piccolo crimine o alla prostituzione. C’è un’impressionante proliferazione di ragazzi di strada, di indigenti e di senza casa. A tutto, infine, si aggiunge l’epidemia di Aids. Lo Zimbabwe è, infatti, la seconda nazione dell’Africa subsahariana più colpita dalla malattia: circa un milione e mezzo gli ammalati su una popolazione di 12 milioni di persone”. (M.A)

 

 

I GIORNALISTI CRISTIANI SONO CHIAMATI A DIFENDERE LA VERITA’,

IL PLURALISMO E IL CARATTERE LAICO DELLO STATO. QUESTO, IN SINTESI,

 QUANTO E’ EMERSO DURANTE IL CONGRESSO NAZIONALE DEI GIORNALISTI CRISTIANI, SVOLTOSI NEI GIORNI SCORSI IN INDIA

 

KOCHI. = Di fronte alla progressiva avanzata dei localismi e del fondamentalismo in India, i giornalisti cristiani sono chiamati a contrastare l’uso politico della religione e dell’appartenenza etnica e sociale e a difendere la verità, il pluralismo e il carattere laico dello Stato. E’ questa, in sintesi, l’indicazione principale emersa dal Congresso nazionale dei giornalisti cristiani, svoltosi nei giorni scorsi vicino a Kochi, in Kerala. L’incontro, organizzato dall’Associazione della Stampa cattolica indiana (Icpa), aveva per tema: “La localizzazione della politica e il ruolo della stampa”. Nei vari interventi è stato evidenziato il ruolo cruciale svolto dai media, e dai giornalisti in particolare, nell’informare la società e, quindi, nella formazione dell’opinione pubblica. Nell’attuale congiuntura politica in India caratterizzata da una pericolosa polarizzazione dei conflitti locali e religiosi, i giornalisti cristiani sono chiamati a fare il massimo sforzo “per difendere i valori della democrazia, del pluralismo e dell’armonia etnica e comunitaria che hanno caratterizzato il Paese nei secoli”. Lo ha sottolineato, nell’intervento di apertura, il presidente dell’Icpa, padre George Platthottom, che ha messo in guardia contro i rischi di una deriva autoritaria e fondamentalista in India. Dello stesso tenore l’intervento dell’attivista cristiano John Dayal, che ha rilevato come, a causa anche al fondamentalismo indù, in diverse parti del Paese stia prendendo piede un clima di violenza e intolleranza verso le minoranze. Durante il Congresso sono stati anche consegnati i nuovi Premi del giornalista e dell’autore dell’anno in lingua inglese e hindi. Il premio per la categoria inglese, intitolato al missionario salesiano spagnolo e scrittore don Joseph Carreno, è andato al giornalista J. Philip di New Delhi. Quello per la categoria hindi, intitolato al missionario e poeta verbita indiano padre Swami Devanand Chakkungal, è stato assegnato a Victor Blake di Chittaranjan, nel Bengala Occidentale, autore di diversi racconti e poesie. Istituiti lo scorso dicembre, i due riconoscimenti sono destinati a persone e pubblicazioni la cui produzione giornalistica o letteraria abbia contribuito in modo significativo alla promozione dei valori cristiani, dei diritti umani e alla causa dei diseredati e delle categorie sociali emarginate in India. (L.Z.)

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

28 febbraio 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

La Russia è disposta a bloccare con un veto una risoluzione dell’Onu che autorizzi l’attacco all’Iraq, se ciò “sarà necessario” per salvare “la stabilità internazionale”. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri, Ivanov, al termine della sua visita in Cina. Da Baghdad, intanto, giungono notizie positive: la distruzione dei missili Al Samoud – annunciata da Saddam Hussein in una lettera al capo degli ispettori, Blix, e confermata dagli esperti delle Nazioni Unite, che domattina avranno colloqui “tecnici” con gli iracheni – potrebbe iniziare già domani. Mentre il governo italiano definisce “nefasta” un’azione militare senza l’appoggio dell’Onu, nel fronte angloamericano permane lo scetticismo sulle ultime aperture di Saddam: il premier britannico Blair ha detto che “non è tempo di giochi”, e la Casa Bianca si è mostrata altrettanto fredda. Sentiamo Paolo Mastrolilli:

 

**********

Il presidente Bush ha liquidato la concessione di Saddam, definendola “la punta dell’iceberg”, ma la mossa irachena aiuta di fatto i Paesi disposti a prolungare le ispezioni. Il nuovo rapporto di Blix, del resto, chiede più tempo, ma ribadisce che Baghdad non sta ancora offrendo tutta la collaborazione necessaria ed afferma che finora i risultati sul piano del disarmo sono stati molto limitati. Intanto, mentre ieri il Consiglio di Sicurezza ha cominciato a discutere a porte chiuse la risoluzione americana, Bush ha parlato al telefono con il collega russo Putin, che ha promesso di continuare le consultazioni per trovare una soluzione unitaria. Il Parlamento turco, invece, ha rimandato a domani il voto per autorizzare lo schieramento delle truppe americane nelle proprie basi, ma il Pentagono ha confermato di essere pronto ad attaccare, con l’arrivo di un’altra portaerei nel Golfo Persico e la mobilitazione dei bombardieri invisibili B2. Sul terreno si è mosso anche Saddam, che secondo l’intelligence americana ha cominciato a spostare verso Baghdad i reparti di élite della guardia repubblicana, forse per prepararsi alla difesa della capitale.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

**********

 

Nuovo attacco contro il consolato statunitense di Karachi, nel Pakistan meridionale, dove a giugno una bomba aveva provocato la morte di 12 persone. Questa mattina, un commando di uomini armati ha aperto il fuoco contro l’esterno dell’edificio, uccidendo almeno due poliziotti e ferendo altre 5 persone. La polizia ha arrestato uno dei terroristi, di nazionalità afghana.

 

Dopo la riattivazione della centrale atomica nordcoreana di Yongbyong si registrano le reazioni preoccupate della comunità internazionale. L’impianto, fermo dal 1994 nel quadro degli accordi di non proliferazione nucleare stipulati con Washington, potrebbe consentire a Pyongyang la costruzione in tempi brevi di alcuni ordigni nucleari. E mentre gli Stati Uniti affrontano la situazione con cautela, la Corea del Sud, pur mostrando estrema preoccupazione, spinge per una soluzione della crisi con i nordcoreani:

 

**********

“Il dialogo è ancora possibile”, ha sottolineato oggi con fermezza il nuovo premier coreano Koh Kun, nominato ieri dal presidente Roh, nonostante le notizie giunte da Washington a proposito dell’attivazione della centrale nucleare nordcoreana di Yongbyong, e nonostante anche fonti dell’intelligence americana informino oggi che il missile nordcoreano caduto lunedì nel mar del Giappone era a lungo e non a medio raggio, e forse il primo di una lunga serie di test missilistici. Seul è determinata più che mai a portare avanti la sua linea verso i fratelli del nord, dai quali è separata dal 1953. “Non vogliamo la guerra, vogliamo un trattato di pace con Pyongyang”, ha detto il presidente Roh il giorno della sua investitura. La posizione del nuovo presidente non sembra del tutto in accordo con quella degli alleati americani, che da Washington avvertono: “La Nord Corea non ci piegherà con i suoi ricatti”. E per prepararsi ad un possibile attacco chimico da parte di Pyongyang, una parte dei 37 mila soldati americani di stanza in Corea del Sud ha effettuato ieri alcune esercitazioni militari con speciali maschere antigas.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

**********

 

I leader delle due comunità cipriote si sono detti d'accordo a rinviare al 10 marzo il termine ultimo per pervenire ad un accordo per la riunificazione di Cipro. Lo ha annunciato oggi il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. Il servizio di Cesare Rizzoli:

 

**********

Kofi Annan ha annunciato oggi che i leader delle due comunità cipriote hanno raggiunto un’intesa per rinviare di dieci giorni il termine che scadeva oggi, al fine di raggiungere un accordo per la riunificazione territoriale dell’isola, da 29 anni spaccata in due parti da un muro di reticolati, di sabbia e di antichi rancori. “È giunta l’ora delle decisioni”, ha detto oggi Kofi Annan dopo avere incontrato il neo presidente eletto della Repubblica cipriota, Tassos Papadopoulos, ed il leader della minoranza turca, Ralf Denktash. Il nuovo piano dell’Onu contempla la riunificazione del territorio, la ricostruzione di uno Stato unico e sovrano, la smilitarizzazione, la Federazione con due governi cantonali ed un governo centrale in comune. Soltanto se le due comunità raggiungeranno l’intesa entro il 10 marzo, Cipro così riunificata potrà entrare nell’Unione europea, insieme agli altri nove Stati candidati. Altrimenti, alla firma solenne – il 16 aprile – ai piedi dell’Acropoli di Atene, presenzierà solamente la comunità ellenica.

 

Per la Radio Vaticana, Cesare Rizzoli.

**********

 

Con 66 voti a favore e 48 contrari, il governo Sharon ha ottenuto la fiducia dal Parlamento. Il trentesimo esecutivo della storia israeliana – formato dal Likud, dai centristi dello Shinui e dal Partito nazionale religioso – comprende 21 portafogli, ma il premier ha conservato per ora quelli dei Culti, del Lavoro, degli Affari Sociali e delle Comunicazioni. Lo sorregge una maggioranza di 68 deputati su 120. Il servizio di Graziano Motta:

 

 **********

Decisioni non facili, ma eque in campo economico; un impulso all’immigrazione di altri ebrei della diaspora; un compromesso doloroso con i palestinesi. Questi i temi principali del discorso programmatico del governo di Centrodestra israeliano, fatto da Sharon alla Camera. Priorità – ha detto – per la difficile situazione economica e poteri di superministro per il numero due del partito, Benjamin Netanyahu. Il “fallimento – così l’ha definito – della campagna terroristica contro Israele” apre la via ad un processo diplomatico responsabile a tappe, in coordinamento con il presidente Bush, che ha come traguardo finale lo Stato palestinese, riconoscendo comunque che questo è un problema controverso nella coalizione di governo. E l’esecutivo – ha precisato – prenderà una decisione al momento opportuno. Ma intanto i palestinesi devono far cessare il terrorismo, compiere profonde riforme della loro Autorità nazionale e rinunciare al diritto di ritorno in massa dei loro profughi in Israele.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

**********

 

È in corso da ieri a Bruxelles la riunione della Convenzione europea, che dovrà dar vita alla prima Costituzione dell’Unione. Si discute degli emendamenti – i membri della Convenzione ne hanno presentato circa un migliaio – ai primi 16 articoli della Costituzione, proposti dal presidente Giscard d’Estaing. L’ex capo di Stato francese ha annunciato formalmente che proporrà un riferimento ai valori religiosi nel preambolo del testo, mentre nella seconda parte dovrebbe essere trasferito il protocollo aggiuntivo del trattato di Amsterdam sulla tutela dello statuto delle Chiese nei vari Paesi membri. Si dibatte anche sull'inclusione nella Costituzione della parola “federale”, proposta dallo stesso Giscard d’Estaing.

 

È ancora senza nome il successore di Vaclav Havel alla presidenza della Repubblica ceca. Nel primo turno delle elezioni, in programma questa mattina, le due Camere del Parlamento non sono riuscite ad esprimere una maggioranza sufficiente per nessuno dei due candidati in corsa, Jan Sokol e Vaclav  Klaus. Quest’ultimo, ex premier di stampo liberale, è in vantaggio sullo sfidante, ex dissidente ai tempi del comunismo.

 

 

=======ooo=======