RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 56 - Testo della
Trasmissione martedì 25 febbraio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
I vescovi dell’Africa
del nord per la prima volta in visita a Gubbio.
Nuova risoluzione di Stati
Uniti, Spagna e Gran Bretagna, per preparare il terreno ad un attacco in Iraq.
Si chiude il vertice dei
Paesi non allineati. Baghdad invita i partecipanti a controllare di persona la
collaborazione con gli ispettori.
Critiche di Arafat al
nuovo governo israeliano: “Vi siedono gli assassini di Rabin”.
Missile nordcoreano nel mar del Giappone:
provocazione di Pyongyang, mentre a Seul si insediava il nuovo presidente.
25 febbraio 2003
MAI CEDERE ALLA LOGICA DELLA
GUERRA:
LE
PAROLE DEL PAPA PRONUNCIATE ALL’ANGELUS DOMENICA SCORSA
CONTINUANO
A FAR RIFLETTERE LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE.
E
INTANTO FERVONO I PREPARATIVI PER LA GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNO
PER LA
PACE IL PROSSIMO 5 MARZO.
CON
NOI PADRE PASQUALE BORGOMEO E PADRE STEFANO DE FIORES
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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Preghiera
e digiuno contro la guerra. Continua a riecheggiare il vigoroso invito rivolto
all’umanità intera domenica scorsa da Giovanni Paolo II in piazza San Pietro:
nell’orazione e nell’astinenza, proposti dal Santo Padre per il prossimo 5
marzo, mercoledì delle Ceneri, le religioni possono trovare un punto di unione
nel riconoscere la pace come dono che viene dall’alto. Riascoltiamo quelle
parole che domenica hanno ricordato il messaggio già gridato il 24 gennaio 2002
da Assisi, terra di Francesco, uomo di pace, in occasione della Giornata di preghiera
con i rappresentanti delle religioni:
“Mai potremo essere felici gli uni contro gli altri, mai
il futuro dell’umanità, mai, mai potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla
logica della guerra”.
L’invito
alla preghiera e al digiuno proposto dal Papa è stato in questi giorni in primo
piano nei dibattiti politici e sulle pagine dei principali quotidiani nel
mondo. Il reiterato “mai” di Giovanni Paolo II ha originato così un profondo ed
importante momento di riflessione per tutta la comunità internazionale. Dalle parole
del Santo Padre è partito stamani, nel suo consueto editoriale settimanale,
anche padre Pasquale Borgomeo, direttore generale della Radio Vaticana, intervistato
da Fabio Colagrande.
R. – Proprio all’inizio di una
settimana se non decisiva, certo cruciale, per le sorti della pace, la voce del
Papa si è levata accorata ma ferma, per ribadire che mai il futuro dell’umanità
potrà essere assicurato dal terrorismo o dalla logica della guerra. Il Papa
guarda lontano, vede gli effetti disastrosi di una guerra imminente ed esorta
quindi ad implorare da Dio la conversione dei cuori, ma anche la lungimiranza
nelle decisioni. Preghiera e digiuno: una pratica di ascesi e di purificazione
che disarma le passioni e che può unire in una corale propiziazione di pace
fratelli e sorelle di altre religioni, al di sopra della febbrile attività diplomatica
della Santa Sede, degli incontri del Papa stesso.
D. – Ieri al Consiglio di sicurezza Stati Uniti e Gran
Bretagna, con l’appoggio della Spagna, hanno presentato una seconda risoluzione
secondo la quale l’Iraq avrebbe perso l’ultima occasione per disarmare. Secondo
lei quale possibilità resta a Saddam Hussein?
R. – Saddam Hussein da parte sua ha voluto vedere nelle
manifestazioni mondiali in favore della pace, e nelle obiezioni che vengono
mosse al decisionismo statunitense, un sostegno alla sua posizione. Ebbene,
deve sapere che si sbaglia. Siamo ormai ad una svolta decisiva nel rapporto tra
il dittatore iracheno e gli ispettori dell’Onu. Questi ultimi hanno intimato a
Saddam di distruggere un certo quantitativo di missili giudicati fuori legge e
di iniziare a farlo entro una data precisa: il 1° marzo. Non ci sono più spazi
per tergiversazioni e sotterfugi. Se vuole evitare una guerra che sarebbe non
solo la sua fine, ma anche una tragedia per il popolo iracheno, il rais deve
distruggere quelle armi e rendersi conto che cercare scappatoie significa ora ingaggiare
un duello con le Nazioni Unite. La Santa Sede è stata molto chiara e coerente
nei confronti dei dirigenti iracheni, esortando fermamente il governo iracheno
ad applicare scrupolosamente le decisioni delle Nazioni Unite, garanti della
legalità internazionale.
D. – Se ci fossero prove certe dell’avvenuto disarmo da
parte del governo iracheno farebbero astenere Stati Uniti e Gran Bretagna dal
ricorso alle armi?
R. – Stando alle più recenti dichiarazioni
dell’amministrazione Bush, un effettivo, completo disarmo di Saddam Hussein
dovrebbe evitare un attacco militare all’Iraq. Ma vi sono ambienti per i quali
una guerra all’Iraq apre le porte di un Eldorado: sono le società petrolifere
statunitensi e coloro che su di esse investono. Tutti sanno che negli ultimi 10
anni gli Stati Uniti sono stati tagliati fuori dal petrolio iracheno, mentre
società russe, cinesi, francesi e anche italiane – Eni – hanno continuato ad
ottenere contratti di produzione. Da parte sua Achmad Schalabi, oppositore di
Saddam e capo del gruppo dissidente del Congresso nazionale iracheno, denuncia
sin d’ora i contratti petroliferi esistenti e avvia trattative con compagnie
americane per futuri contratti. Rattrista la constatazione che, a fronte di un
universale ripudio della guerra, esistano persone che su di essa addirittura
scommettono.
La
Quaresima del 2003 partirà dunque sullo sfondo di questo scenario internazionale
e nel contempo dall’impegno concreto delle religioni in favore della pace:
impegno attivo e soprattutto contemplativo, di intercessione e preghiera. Anche
domenica scorsa Giovanni Paolo II ha rivolto l’invito a recitare il Rosario,
nell’anno dedicato a questa pratica mariana, implorando la Regina della Pace, in
favore di una causa da cui dipende il bene di tutti. Sul significato della
preghiera e del digiuno, ascoltiamo il mariologo padre Stefano De Fiores:
R. – Digiuno e preghiera mettono nelle condizioni di
percepire solo i bisogni essenziali, non illusori, quelli più veri, come quello della pace, che Dio ha messo nel
cuore degli uomini. E’ opportuno sensibilizzarsi all’invito del Papa sulla
pace, perché attraverso la nostra preghiera, la nostra collaborazione, il Signore
spiani il sentiero della pace dinanzi agli uomini che troppo spesso non
riescono a cessare violenze e vendette. Nella preghiera del Rosario e attraverso
il digiuno noi chiediamo a Dio che l’uomo possa deporre per sempre ogni arma.
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Si
apprende intanto che giovedì mattina alle 11 il Santo Padre riceverà il primo ministro spagnolo José Maria Aznar.
Alle 12 dello stesso giorno sarà la volta del vicepresidente del parlamento
iraniano Seyyed Mahomad Reza Katami. Sempre giovedì nel pomeriggio una
delegazione del corpo diplomatico si recherà invece dall’arcivescovo mons.
Jean-Louis Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati.
Il Papa
ha ricevuto in udienza stamani mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo
dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca e presidente della Conferenza Episcopale
Russa.
Il Santo Padre ha inoltre ricevuto questa mattina il
vescovo mons. Slawoj Leszek Glòdz, ordinario militare per la Polonia.
PER IL 25.MO ANNIVERSARIO DEL PONTIFICATO DI
GIOVANNI PAOLO II
L’UFFICIO
NUMISMATICO E FILATELICO DEL VATICANO EMETTERÀ IL 20 MARZO
UNA
SERIE DI FRANCOBOLLI, ED IL 10 APRILE DUE MONETAZIONI IN EURO
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Per
celebrare i 25 anni del pontificato di Giovanni Paolo II, l’Ufficio numismatico
e filatelico del Vaticano il prossimo 20 marzo emetterà 25 francobolli di carta
ed uno d’argento. La serie di francobolli di carta è un omaggio
all’instancabile attività del Papa che ha contraddistinto il suo mandato con la
grande capacità di comunicazione. Tutte le foto utilizzate per la serie di
francobolli sono a colori tranne quella che riproduce l’attentato del 13 maggio
1981. Le istantanee rievocano i 25 anni di pontificato attraverso gesti
simbolici ed immagini immediatamente percepibili. Verrà inoltre realizzata una
busta ufficiale celebrativa dell’evento che raffigurerà il Papa in occasione
della sua elezione. Per il 25.mo anniversario del pontificato di Giovanni Paolo
II il prossimo 10 aprile saranno emesse anche due monetazioni in euro. La prima
serie, del valore di 15 euro, avrà una tiratura di 65 mila esemplari, mentre la
seconda, di 78 euro, avrà una tiratura di 13 mila pezzi.
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Nella prima pagina, la
riflessione di Giorgio Rumi dal titolo “Non c'è rassegnazione in Lui”: con
Giovanni Paolo II verso il Mercoledì delle Ceneri, giornata di preghiera e di
digiuno per la pace.
Riguardo alla crisi irachena,
si rileva la profonda spaccatura all'Onu sull'uso della forza contro Baghdad.
“La corona di due nonni” è il
titolo del pensiero di Cristina Guerrini dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle vaticane, un contributo
di Alberto Migone dal titolo “Sulla parrocchialità il futuro dell'Azione
Cattolica”.
Una pagina sul tema: Una
riflessione sulla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II "Rosarium
Virginis Mariae”, con il relativo, approfondito articolo di Tarcisio Stramare
dal titolo “Il Rosario rinnovato: dalla dottrina alla pratica”.
Una pagina dedicata a Don Italo
Mancini, “sacerdote fedele alla Chiesa e ai suoi Pastori”.
Nelle pagine estere, Corea del
Nord: lanciato sul Mare del Giappone un missile sperimentale Silkworm;
Washington ribadisce che non ha nessun piano di attacco.
Repubblica Centroafricana: a
causa dell'infuriare delle violenze, tre missionarie comboniane costrette a
lasciare la loro comunità.
Medio Oriente: la direzione
palestinese chiede la fine degli attentati.
Nella pagina culturale, un
elzeviro di Luigi Maria Personé dal titolo “Le battute di Giovanni
Papini”.
Nell’“Osservatore libri”, un
ampio contributo di Emanuela Ghini dal titolo “L’‘intemperanza fantastica’ si
unisce a una lucida razionalità”: “Tolkien. Una creatività per il Vangelo”, un
saggio a più voci.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione della Fiat. In rilievo l’emergenza legata alla
crescente violenza negli stadi.
La morte di Alberto Sordi.
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GIOVEDI’ 27 FEBBRAIO NELLA
CATTEDRALE DI CANTERBURY
VERRA’ INTRONIZZATO L’ARCIVESCOVO
ROWAN WILLIAMS,
NUOVO PRIMATE DELLA CHIESA
ANGLICANA:
LA SUA
PERSONALITÀ E IL SUO IMPEGNO ECUMENICO, NELLA TESTIMONIANZA
DI PADRE ENZO BIANCHI, PRIORE DELLA COMUNITÀ
DI BOSE
Da giovedì prossimo, dopo la solenne cerimonia di
intronizzazione, il dr. Rowan Williams inizierà il suo nuovo ministero, quale
104.mo arcivescovo di Canterbury, primate della Chiesa d’Inghilterra e
presidente della Comunione Anglicana nel mondo. Tra le molte autorità presenti,
in rappresentanza del Papa vi sarà il cardinale Walter Kasper, presidente del
Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Per prepararsi a questa
importante missione, l’arcivescovo Williams all’inizio di gennaio si era
ritirato in preghiera presso la Comunità ecumenica di Bose. Della profonda
amicizia e conoscenza personale nata in quei 12 giorni di ritiro, ci parla, al
microfono di Carla Cotignoli, lo stesso padre Enzo Bianchi che smentisce anche
le presunte prese di posizione dell’ar-civescovo Williams sull’omosessualità,
diffuse dalla stampa internazionale.
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R. – E’ stata un’occasione di scambio, di amicizia e di
conoscenza reciproca. Quello che ci ha veramente destato molto stupore in lui è
innanzitutto la sua grande capacità teologica. E’ un uomo che ha studiato
Scrittura e Patrologia a Cambridge, è un uomo che conosce 8 lingue, è stato a
lungo membro e copresidente del dialogo tra gli anglicani e gli ortodossi; è un
uomo che si abbevera soprattutto alle fonti della grande tradizione della
Chiesa, la Bibbia certamente, ma anche i Padri della Chiesa sia d’Oriente che
d’Occidente. E’ un uomo davvero che ha una forte capacità spirituale sia di
vita ma anche di insegnamento. Le sue opere sono di spiritualità, aiutano il
credente di oggi ad avere una fede cristologica e ad avere una vita ispirata al
Vangelo. Sarà anche un grande testimone, io credo, dell’unità perché la sua
ansia di comunione soprattutto con la Chiesa cattolica è molto forte. Egli
spera – ce lo diceva francamente – di poter molto rafforzare il dialogo tra le
Chiese, soprattutto con la Chiesa di Roma.
D. – C’è un’ombra che i media hanno steso su questa grande personalità ed è la questione che
riguarda le sue posizioni sull’omosessualità, in modo particolare
l’omosessualità dei sacerdoti...
R. – Di questo tema
abbiamo parlato appositamente proprio a partire dai media italiani che
avevano dato un ritratto di lui come se fosse un liberal che su questo tema
promettesse delle grandi aperture. In realtà non è vero. Sull’omosessualità
egli ha espresso la convinzione che occorra assolutamente una profonda
riflessione, che il tema debba essere affrontato pastoralmente senza ipocrisie
e più volte ha detto che è stato accusato di aver ordinato un presbitero
omosessuale, ma questo – ha detto – non è assolutamente vero e che non c’è
stato da parte sua nessun atteggiamento che contrastasse con quello che è la
tradizione morale della Chiesa. Oserei dire che su questo è la stessa posizione
che si sente all’interno della Chiesa cattolica, né più né meno.
D. – Questo è molto importante chiarirlo ....
R. – Addirittura si pensi – e questo mi fa impressione –
che in Italia, su una rivista cattolica, è apparso un articolo di un sacerdote,
che per altro è un ecumenista, il quale dice che l’arcivescovo di Canterbury
avrebbe sostenuto la liceità dell’adulterio e dei rapporti prematrimoniali.
Quando gli abbiamo fatto vedere il testo egli è restato veramente non solo
molto rattristato, ma – ha detto – come potrei con le parole del Vangelo non
stigmatizzare l’adulterio che è tra le colpe più gravi secondo tutta la
tradizione della Chiesa.
D. – Un qualcosa in più riguardo alla fisionomia
spirituale del nuovo arcivescovo di Canterbury...
R. – La sua fisionomia spirituale, che ci ha molto colpito
è la sua capacità di preghiera. Nei giorni in cui è stato tra noi, non solo
partecipava alla liturgia, ma passava un lungo tempo in preghiera in chiesa,
nella solitudine e i suoi libri sono pieni di spiritualità, sono veramente ciò
di cui c’è più urgenza oggi, cioè il cristiano deve abbeverarsi ad una
spiritualità delle fonti. Egli ci permette di fare questo cammino. Il libro che
noi pubblichiamo, “Il giudizio di Cristo”, che parla del processo di Gesù, dice
bene come il cristiano deve stare nel
mondo anche di fronte a tutti quelli che sono nemici del cristianesimo perché
in qualche misura soggetti all’idolatria e alle dominanti di un mondo che non
vuole più riconoscere né la presenza di Dio, né la passione della carità di
Gesù Cristo.
D. – A proposito di questa passione egli ha preso anche
posizioni nettamente in contrasto con i potenti, proprio del suo Paese?
R. – Certamente. Ha saputo anche prendere sulla guerra
delle posizioni molto dure nei confronti tra l’altro dell’autorità politica che
ha ratificato la sua nomina ad arcivescovo di Canterbury, allineandosi sulle
posizioni di Giovanni Paolo II. Questo mi sembra che sia significativo di come
lui voglia fare un ministero di primate della Comunione anglicana, ma che sia
davvero un ministero sinfonico con quello delle altre Chiese, sempre con una
volontà di convergenza verso l‘unità.
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IL CINEMA PIANGE LA MORTE DI ALBERTO SORDI L’ATTORE
CHE HA RAPPRESENTATO DI PIU’ I VIZI E LE
VIRTU’ DEGLI ITALIANI
Nella sua villa romana, è morto la notte scorsa, a 82
anni, l’attore Alberto Sordi. Una grave malattia lo aveva colpito negli ultimi
sei mesi. In mezzo secolo di attività Sordi ha realizzato quasi duecento film
interpretando il prototipo dell’italiano medio, con le sue debolezze, ma anche
con il suo grande amore per la vita. Tra essi ricordiamo: “Lo sceicco bianco”,
“I vitelloni”, “Un americano a Roma”, “La grande guerra”, “Un borghese piccolo,
piccolo”. Sordi era nato il 15 giugno 1920 nel quartiere di Trastevere a Roma,
città sempre amata e di cui gli piaceva cantare con la sua voce profonda il
fascino e la bellezza. Prima di dedicarsi con passione al cinema, si era
cimentato a teatro e alla radio. Tra le più grandi soddisfazioni ricevute dalla
sua città, la nomina, in occasione dell’80. esimo compleanno, a sindaco per un
giorno. Emozione autentica gli procurò
un’udienza privata con Giovanni Paolo II verso cui provava stima e
affetto sinceri. I funerali si svolgeranno giovedì mattina alle 10 nella
Basilica di San Giovanni in Laterano. Il servizio di Adriana Masotti.
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(musica)
“Un grande dolore per la città e per tutto il paese”: così
si è espresso il sindaco di Roma, Walter Veltroni, alla notizia della morte di
Alberto Sordi. ''Ai romani e agli italiani - ha proseguito il sindaco -
mancherà un artista che meglio di ogni altro ha saputo interpretare, con
intelligenza, con amore e partecipazione la pienezza della vita e le
contraddizioni della società”. Ma il rammarico per la sua morte investe il
mondo degli artisti a livello internazionale. Non per niente fu scelto proprio
lui a rappresentarli in occasione del Giubileo degli artisti nel 2000. Questa
la sua testimonianza di fronte al Papa:
“Ricordo un concetto che lei espresse in una lettera
indirizzata a tutti gli artisti del mondo: la raccomandazione di dover esserci
sempre una grande cooperazione tra l’arte e la Chiesa. Questa è una cosa che è
capitata a me, Santità. Proprio in chiesa, facendo il chierichetto, dall’altare
venivo attratto dal pubblico dei fedeli e mi sembrava di stare su un
palcoscenico. Fui ripreso anche dal parroco che mi diede un bello schiaffone e
mi disse: ‘Non si fanno queste cose. Quando un giorno diventerai un attore, lo
farai in teatro, non qui in chiesa’. Così è stato. Da quel momento non ho
pensato ad altro che a diventare un attore. Ho realizzato il mio sogno, però i
miei principi cristiani non li ho mai dimenticati”.
Sordi ricordava con soddisfazione anche un lungo colloquio
privato avuto con Giovanni Paolo II: così ne aveva parlato ai nostri microfoni:
“Insieme abbiamo ricordato molte cose, anche della sua
attività di attore, e di quando i miei film arrivavano in Polonia e lui era
ancora una allievo attore, e non pensava certo di diventare Papa. A me ha molto
emozionato questa lunga chiacchierata che abbiamo fatto insieme, perché ritengo
– io ne ho visti almeno 4 di Papi – che sia il migliore di tutti”.
(musica)
Ma chi era Alberto Sordi attore? Sentiamo Enzo Natta,
critico cinematografico.
“Alberto Sordi è stato qualcosa di più di un attore e di un regista, è stato un modello
antropologico del made in Italy, il simbolo stesso dell’Italia che si
guardava nello specchio, denunciando i suoi vizzi e i suoi difetti, come se
avesse voluto dire: ‘Italiani, ecco come siete. Guardatemi e giudicatevi’.
Tutto questo ovviamente Alberto Sordi lo diceva ridendo e scherzando e
imponendo a più di una generazione di comici la matrice di una satira fondata
sulla raffigurazione del borghesuccio del nostro tempo e dell’uomo medio, ma
anche attraversata da una grande pietas per questo tipo di uomo, puntualmente
assolto. Caratterizzò il giovanotto romano fifone, importuno, strafottente e
attaccabrighe, il vitellone proletario e piagnucoloso, bugiardo, noioso e
pappagallo, il bullo trasteverino fanatico della più spicciola mitologia
americana, fatta di bluejeans, di coca cola e di Harley Davidson”.
Da alcuni mesi Alberto Sordi era molto
malato tanto che il 3 febbraio non era potuto intervenire al Campidoglio alla
consegna di un premio istituito “per chi ha dato lustro all’immagine della
capitale nel mondo”, ma gia da tempo aveva accettato con semplicità il passare
del tempo sentendo profonda gratitudine per la vita ricevuta.
“La terza età è un problema: o prende alla testa o prende
alle gambe. Quindi, ci sono problemi nella terza età. Questo è un messaggio che
io ho voluto proporre proprio ai giovani che ritrovino quei sentimenti da tanto
tempo scomparsi: il rispetto, l’altruismo, la solidarietà verso il vecchio.
Perché il vecchio la sa lunga, eh!”.
(musica)
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25 febbraio 2003
NO ALLA GUERRA, STRADA SENZA USCITA: COSÌ LA
VOCE DELLA CHIESA
DA
GERUSALEMME, SARAJEVO E BAGHDAD ATTRAVERSO I LORO PASTORI IN UN APPELLO
CONGIUNTO
BAGDHAD.
= “Non imboccate la strada della guerra, perché è una strada senza uscita”. Con
queste parole il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah,
l’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic ed il patriarca di
Babilonia dei Caldei a Baghdad, mons. Raphael Bidawid, hanno lanciato al mondo
il loro appello per la pace. “La nostra è una voce debole - affermano i tre
presuli nella nota congiunta - ma vogliamo essere testimoni della nostra gente
che ha subìto e sta subendo la guerra”. Secondo le tre guide spirituali la
questione irachena ha un'unica soluzione. “La pace - dichiarano - è la sola
strada da percorrere, è la direzione obbligatoria. Non c’è guerra che non porti
con sé altra violenza, distruzione e morte”. “Ci rivolgiamo a tutti -
aggiungono - credenti e non credenti, ma in particolare a chi ha la
responsabilità e il potere di decidere sul futuro, perché possa far prevalere
il buon senso e il dialogo perché la guerra è un'avventura senza ritorno”.
Rievocando le parole del Papa, i tre vescovi ribadiscono che “la guerra è
sempre una sconfitta dell'umanità”. Ma se la guerra è causa di enormi
sofferenze, enormi sono anche le ferite che restano ancora aperte quando termina
un conflitto. “Se la guerra è distruzione e morte - si legge nella nota - non
meno tragiche sono le conseguenze che una guerra porta inevitabilmente con sé:
divisioni, odi e tanti profughi”. Le condizioni invivibili dei palestinesi ed i
milioni di profughi della Bosnia sono ancora davanti agli occhi del mondo. “Non
lasciateci soli - concludono i presuli - perché il mondo oggi ha bisogno di
costruire la pace”. (A.L.)
NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO SI AGGRAVA L'EMERGENZA EBOLA: L’ULTIMO
BILANCIO E’ DI 93 MORTI
BRAZZAVILLE.
= Si fa sempre più drammatica l'emergenza Ebola che sta sconvolgendo il nord
della Repubblica democratica del Congo. L'ultimo bilancio diffuso ieri dalle
autorità sanitarie di Brazzaville parla di 93 morti. Una cifra che dimostra
chiaramente tutta la virulenza di questa nuova epidemia di febbre emorragica
che in meno di due settimane è riuscita a quadruplicare le sue vittime. L'area
colpita continua ad essere la provincia nordorientale della Cuvette, vicino al
confine con il Gabon dove, lo scorso anno un’analoga epidemia causò la morte di
oltre 70 persone. Le autorità sanitarie congolesi ritengono che l'epidemia sia
esplosa il 4 gennaio scorso e fanno sapere che ad essere stati letteralmente
investiti dall'emergenza sanitaria sono i due piccoli villaggi di Kelle e Mbou,
situati 800 chilometri a nord di Brazzaville. Sul posto sono al lavoro da quasi
due settimane le squadre di esperti inviate dal governo di Brazzaville e
dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Lo staff medico presente sul
posto opera in condizioni estremamente difficili, a causa dell'isolamento delle
zone interessate dall'epidemia Il governo di Brazzaville e i responsabili
dell'Oms nei giorni scorsi hanno lanciato un appello alla comunità
internazionale affinché vengano stanziati al più presto fondi straordinari per
combattere il diffondersi di questa terribile malattia. In attesa degli aiuti,
le autorità congolesi hanno allestito una speciale tendopoli in cui sono stati
messi in quarantena le persone contagiate. Intanto la paura legata ad una nuova
epidemia di Ebola ha portato il confinante Gabon ad innalzare il livello di
sicurezza nella zona di frontiera. (A.L.)
PER
LA PRIMA VOLTA VESCOVI DEL NORD AFRICA IN VISITA A GUBBIO.
NELLE CHIESE DELLA CITTÀ UMBRA
SONO CUSTODITE LE RELIQUIE DI SANTI MARTIRI
CHE DONARONO LA VITA PER
L’EVANGELIZZAZIONE DELL’AFRICA
DURANTE LA PERSECUZIONE DELL’IMPERATORE
VALERIANO NEL 259
GUBBIO.
= Un momento di ritorno alle radici della propria fede: con questa intenzione i
vescovi dell’Africa del nord hanno visitato Gubbio la scorsa domenica. Nella
cattedrale della città umbra sono infatti custodite le reliquie dei santi africani
Mariano e Giacomo. Originari di Cartagine, furono martirizzati a Constantine,
in Numidia, durante la persecuzione di Valeriano nel 259. Le loro reliquie
furono trasferite dapprima in Sardegna e poi, a causa delle scorrerie dei
pirati che minacciavano le coste sarde, a Gubbio, nella cattedrale che fu a
loro dedicata. La delegazione, in Italia per la visita ad limina al Santo Padre, era composta da nove vescovi tra cui
l'arcivescovo di Algeri Henri Teissier, il nunzio apostolico in Algeria e
Tunisia mons. Augustine Kasujja e il vescovo di Orano Alphonse Georger. I
presuli hanno avuto la possibilità di pregare anche nella chiesa di San
Secondo, dove sono custodite le reliquie dei santi Secondino e Agapio, pure
loro africani e martiri. Sotto l’altare del presbiterio è conservata l’urna con
le reliquie, che, in occasione di lavori di ristrutturazione della chiesa, è
stato possibile aprire. La visita è stata un evento molto importante per la
Chiesa del Nord Africa. Si è trattato infatti della prima volta che dei vescovi
africani si sono recati in pellegrinaggio a Gubbio per pregare sulle reliquie
di questi santi, che sono morti secoli fa per la fede nella sponda meridionale
del Mediterraneo. A conclusione della visita, mons. Pietro Bottaccioli, vescovo
di Gubbio, ha ringraziato i presuli per la preziosa opera di pace che svolgono
in Africa, attraverso la mediazione tra le diverse comunità religiose. (M.A.)
CRESCE IN ARGENTINA, PER LA GRAVE
CRISI ECONOMICA,
IL
NUMERO DI BAMBINI ABBANDONATI, CHE LAVORANO IN STRADA
PER
AIUTARE LE LORO FAMIGLIE O FINISCONO PREDA DELLA CRIMINALITA’.
LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE LAMENTANO CHE LO
STATO REPRIME
IL
LAVORO MINORILE SENZA OFFRIRE ALTERNATIVE ALLA MISERIA DIFFUSA
BUENOS
AIRES. = La grave crisi economica argentina continua a colpire le persone più
deboli della popolazione, in particolare i bambini e gli adolescenti. Tra gli
effetti dell’indigenza che ha colpito il popolo argentino c’è il crescente
numero di bambini abbandonati o che, per aiutare le proprie famiglie, vendono
merce di vario genere per le strade. I dati sono preoccupanti. In Argentina più
di 8 milioni di bambini vivono in condizione di povertà; nella provincia di
Tucumàn, una delle più colpite dalla crisi, la denutrizione infantile è aumentata
del 600%; nella provincia di Mendoza, il 48.8% delle famiglie sono povere, il
21.6% indigente. Inoltre con una situazione sociale fatta di disoccupazione,
inflazione e mancanza di alimenti molti bambini entrano nel mondo della
delinquenza e della droga, mentre lo Stato non ha i mezzi per assisterli. Ma
proprio lo Stato è stato accusato da varie organizzazioni per la difesa dei
diritti umani di attuare una politica violenta e repressiva nei confronti di
questi bambini senza offrire alternative di sopravvivenza nella legalità. La
sociologa Silvia Guemureman, esperta di problematiche sociali minorili, ha
accusato le autorità di far passare per politiche di protezione dei bambini,
vere e proprie pratiche repressive. Andrea Pochak, direttrice del Cels (centro
di studi legali e sociali), un’organizzazione civile per la difesa dei diritti
umani parla di “criminalizzazione della povertà” da parte dello Stato. Pochi
giorni fa anche il Movimento dei Nats (bambini e adolescenti che lavorano nei
mercati, nelle campagne, nelle piazze e nei parchi dell’America latina), ha
preso posizione su questa vicenda, sottolineando come spesso il lavoro dei
bambini sia una lotta congiunta realizzata insieme alle loro famiglie per
sopravvivere. Infatti in situazioni di estrema povertà e disparità sociale, il
lavoro allontana i bambini da attività criminose e grazie alle entrate
quotidiane permette ad alcuni di loro di frequentare la scuola. (M.A)
IN
LIBERIA LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ TRA I RIBELLI E LE TRUPPE GOVERNATIVE
RISCHIA DI COMPROMETTERE I
COLLOQUI DI PACE APPENA AVVIATI
MONROVIA. = La ripresa della ostilità tra i ribelli del
Lurd e le truppe governative potrebbe danneggiare seriamente i colloqui di pace
appena avviati in Liberia. E’ questa la preoccupazione espressa da Saar Philip
Joe, presidente del “movimento della società civile della Liberia”, il cartello
che raggruppa 48 organizzazioni, tra cui l’associazione degli insegnanti,
l’unione della stampa liberiana e la federazione dei sindacati. Nelle prossime
settimane i due contendenti si incontreranno a Bamako, in Mali, per avviare un
negoziato promosso dalla Comunità economica dell’Africa Occidentale (Ecowas o
Cedeao). “Tutto quello che i liberiani desiderano – ha detto Joe – è la pace,
soprattutto in questo momento cruciale in cui il Paese si prepara per le
elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo 14 ottobre”. A gennaio una
delegazione dell’Ecowas aveva incontrato alcuni delegati del Lurd a Freetown,
in Sierra Leone, convincendoli ad accettare l’avvio di un negoziato con il
governo del presidente Charles Taylor per mettere fine agli scontri. (A.L.)
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25 febbraio 2003
- A cura di Andrea Sarubbi -
Si avvicina la prospettiva drammatica di un attacco
militare all’Iraq. Da un lato, il governo turco ha firmato il decreto che
autorizza il passaggio di soldati americani e l’invio di propri militari
nell’Iraq settentrionale. Dall’altro, Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna hanno
presentato ieri al Palazzo di Vetro una nuova risoluzione che, se approvata,
aprirebbe la via alla guerra. “È in gioco la credibilità dell’Onu”, ha ribadito
questa mattina il ministro degli Esteri britannico, Straw. E lo stesso
presidente americano, Bush, ha cercato ieri di giustificare la nuova bozza. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il capo della Casa Bianca ha detto che Baghdad ha sprecato l’ultima occasione
per disarmare, e che la nuova risoluzione prende atto di questo fatto. Il
ministro degli Esteri britannico, Straw, ha aggiunto che il testo non pone
ultimatum, ma dovrà essere votato nel giro di 2 o 3 settimane. Questa, in sostanza,
è la finestra diplomatica ancora aperta per una soluzione pacifica prima del
probabile intervento militare. A Parigi, Berlino e Mosca hanno ribadito di
essere contrari alla nuova risoluzione che, secondo la portavoce di Chirac, è
“inutile e non necessaria”. Quindi, hanno presentato al Consiglio una
controproposta che – pur non essendo un’altra risoluzione – chiede comunque di
proseguire e rafforzare le ispezioni. Anche la Cina è di questo parere,
nonostante ieri abbia ricevuto la visita del segretario di Stato americano
Powell, che ha cercato di convincere Pechino ad astenersi e non usare il veto.
La battaglia diplomatica potrebbe essere influenzata dalla vicenda dei missili
Al Samoud 2, che gli ispettori dell’Onu hanno ordinato di distruggere, perché violano
i limiti massimi di gittata imposti dal Consiglio di Sicurezza a Baghdad.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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A
Kuala Lumpur, in Malaysia, si chiude oggi il vertice dei Paesi non allineati.
Tra gli interventi di questa mattina, quello del ministro degli Esteri iracheno,
Sabri, che ha esortato tutti gli Stati arabi a negare il proprio aiuto
all’America: non concedendo basi e spazi aerei, ma anche minacciando di riconsiderare
i propri rapporti economici. Il vicepresidente iracheno, Ramadan, ha invece
invitato a Baghdad delegati di Sudafrica, Malaysia e Cuba – attualmente alla
guida dei Paesi non allineati – per verificare la collaborazione con gli
ispettori. Ieri, invece, il premier malaysiano, Mahatir, ha più volte criticato
la politica degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali. Ce ne parla Maurizio
Pascucci:
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THE POOR
COUNTRIES HAVE BEEN …
“I Paesi poveri
sono stati e sono oppressi e terrorizzati dai Paesi ricchi. Chiaramente hanno
perso fiducia nella giustizia, il che li spinge a ricorrere a futili e distruttivi
attacchi terroristici. Si tratta di un palese supporto dello Stato per il terrorismo,
come già visto in Israele e altrove”.
Con queste
parole il premier malaysiano, Mahatir, ha salutato ieri i capi di governo dei
Paesi aderenti al Movimento dei non allineati. In sala, ad ascoltare Mahatir,
c’erano ieri i delegati di Iran, Iraq e Corea del Nord, i Paesi che nella definizione
del presidente americano Bush compongono l’asse del male. A loro, Mahatir ha proposto
di lavorare affinché i non allineati definiscano una posizione comune rispetto
alla guerra in Iraq. Ma il premier malaysiano ha inoltre criticato aspramente
la politica internazionale di Washington.
WAR MUST
HAVE ….
“La guerra deve essere resa illegale, a nessuna nazione
singola dovrebbe essere permesso di diventare la polizia del mondo”.
Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.
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E
proprio al vertice dei Paesi non allineati è giunto oggi un video-messaggio del
leader palestinese Arafat, convinto che una guerra contro l’Iraq darebbe ad
Israele la possibilità di approfittare della situazione. Dure anche le critiche
al nuovo governo guidato da Sharon: “Vi siedono elementi radicali – ha detto il
presidente dell’Anp – che nel ’95 hanno assassinato Rabin”. Sulla composizione
dell’esecutivo israeliano, sentiamo Graziano Motta:
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Ha una maggioranza risicata, 61 seggi su 120, la
coalizione di governo costituita da Sharon, che potremmo definire nazionalista
e di centro, e composta dal Likud, partito di maggioranza relativa, dallo
Shinui, partito laico liberale, e dal partito Nazionale religioso, di
tradizione sionista. Non, dunque, un governo di unità nazionale, perché i
laburisti hanno optato per l’opposizione. Sembra escludersi un ingresso del
partito di estrema destra, Unione nazionale, perché Sharon ha ribadito il suo impegno
di rispettare i principî enunciati dal presidente Bush per la nascita dello
Stato palestinese, e questo partito è decisamente contrario a tale prospettiva.
Anche il partito Nazionale religioso è ostile allo Stato palestinese, ma
ritiene che non si tratti di un problema immediato. Al momento, cercherà di
difendere dall’interno del governo gli interessi dei coloni, di cui è
portavoce.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Nei Territori, intanto, proseguono le violenze.
Un’esplosione avvenuta questa mattina a Gaza ha provocato il ferimento di tre
persone. Tra loro, anche un aiutante dello sceicco Ahmed Yassin, leader di
Hamas.
Oltre 265 morti, almeno 4 mila feriti, circa 50 mila
senzatetto: è l’ultimo bilancio del terremoto che ieri ha devastato la remota
regione del Xinjiang, nel nordovest della Cina. Secondo quanto ha riferito
l’agenzia di stampa cinese Xinhua, alla scossa – di magnitudo 6,8 della scala
Richter – hanno fatto seguito una serie di scosse di assestamento.
Torna a salire la tensione tra Stati Uniti e Corea del
nord. Pyongyang ha accusato Washington di aver violato per tre giorni
consecutivi il proprio spazio aereo ed ha risposto con un atto di
intimidazione: un missile lanciato questa notte nel mar del Giappone, mentre
dignitari di tutto il mondo erano a Seul per l’investitura del nuovo presidente
sudcoreano, Roh Moo Hyun, che ha lanciato un appello a risolvere la questione nucleare
in maniera pacifica. Sui motivi di questa intimidazione da parte nordcoreana,
sentiamo Francesco Sisci, corrispondente della Stampa a Pechino:
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R. – Il presidente nordcoreano Kim Jong Il voleva
assicurarsi il posto d’onore in questa cerimonia che vede raggruppati a Seul
oltre 200 dignitari stranieri, ed in qualche modo lancia un sasso nello stagno
della sicurezza dell’est asiatico. America, Giappone, Sud Corea e Cina erano
tutti finora convinti che questa situazione in Nord Corea si dovesse risolvere
con il dialogo e questo dialogo dovesse portare poi alla chiusura del reattore
nucleare. In realtà, oggi questo nuovo lancio del missili cambia proprio i
parametri di sicurezza: anche senza il reattore nucleare, infatti, la Corea del
nord – che ha centinaia, forse migliaia di missili di lunga e media gittata –
dimostra di poter minacciare la sicurezza della regione. In qualche modo, è una
minaccia molto più grande e molto più immediata, rispetto all’Iraq.
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Cinque persone sono rimaste ferite in due esplosioni
avvenute questa mattina a Caracas, capitale del Venezuela: una davanti alla
sede dell’ambasciata spagnola, l’altra di fronte al consolato della Colombia.
La rivendicazione è di un movimento finora sconosciuto, il Gruppo della
rivoluzione bolivariana.
“A Cipro è arrivato il momento delle decisioni. Che potranno slittare
di qualche giorno, rispetto alla data limite del 28 febbraio, ma non tardare di
molto”. Lo ha detto questa mattina ad Atene il segretario generale dell’Onu,
Kofi Annan, che sta incontrando in queste ore il governo greco. Domani, Annan
si recherà nell’isola, per ribadire alle due comunità locali – quella greca e
quella turca – l’importanza di entrare insieme nell’Unione europea.
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