RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 54 - Testo della Trasmissione domenica 23 febbraio 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Davanti al pericolo di una nuova guerra i cristiani devono essere le sentinelle della pace: così il Papa all’Angelus di mezzogiorno, ricordando anche il prossimo inizio della Quaresima con l’invito alla preghiera e al digiuno per la causa della pace

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII ad oggi, 40 anni di impegno della Chiesa contro la guerra: con noi il prof. Alberto Melloni.

 

I vescovi congolesi denunciano il peggioramento delle condizioni di vita del loro popolo: ce ne parla don Valerio Shango.

 

Diventa un film perla TV la breve vita di Maria Goretti: intervista con Ettore Bernabei.  

 

Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur, ci spiega le prime misure per fronteggiare il flusso di profughi  di un eventuale conflitto in Iraq.

 

Le più belle leggende popolari italiane in un volume di Cecilia Gatto Trocchi: intervista con l’autrice.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Attesa per questa sera la risposta di Baghdad alla richiesta degli ispettori dell’Onu per distruggere i missili proibiti.

 

Il segretario di Stato americano dichiara che è arrivato il momento dell’azione .

 

Colloquio telefonico tra il presidente Putin e il premier britannico Tony Blair su una nuova iniziativa diplomatica di Mosca.

 

Appello contro la guerra da Gerusalemme, Baghdad e Sarajevo

 

Un forum internazionale per risolvere la crisi sul nucleare con la Corea del Nord.

 

Accordofra Likud e il partito religioso nazionale per la formazione del nuovo governo israeliano

 

Pressioni dell’Unione Europea sul governo israeliano affinché permetta per la convocazione del Consiglio legislativo palestinese.

 

Una conferenza sulla fame nel mondo ieri nella sede di Civiltà Cattolica con l’intervento del direttore padre Salvini.  

 

Giovedì sera all’Auditorium di Santa Cecilia concerto della violinista Lidia Baich per la raccolta di fondi a favore di studenti di famiglie romane bisognose.

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 febbraio 2003

 

 

 

 

 

 

 

DAVANTI AL PERICOLO DI UNA NUOVA GUERRA

I CRISTIANI DEVONO ESSERE LE SENTINELLE DELLA PACE : COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS

DI MEZZOGIORNO, CON L’INVITO A DEDICARE IL PROSSIMO MERCOLEDI’ DELLE CENERI ,

ALLA PREGHIERA E AL DIGIUNO PER LA CAUSA DELLA PACE.

 

- A cura di Matteo Ambu -

           

*********

Invito tutti i cattolici a dedicare con particolare intensità la giornata del prossimo 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri, alla preghiera e al digiuno per la causa della pace, specialmente in Medio Oriente.

*********

 

Con queste parole Giovanni Paolo II è tornato, durante la recita dell’Angelus domenicale, a rivolgere un accorato appello per la pace. Il Papa ha ricordato l’apprensione con la quale l’intera comunità internazionale ha vissuto gli ultimi mesi, a causa di una guerra che potrebbe turbare l’intera regione del Medio Oriente ed aggravare le tensioni di questo inizio millennio.

 

Il Santo Padre ha quindi ricordato ai fedeli la loro vocazione ad essere operatori di pace:

 

*********

Noi cristiani, in particolare, siamo chiamati ad essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo. Ci è chiesto, cioè, di vigilare, affinchè le coscienze non cedano alla tentazione dell’egoismo, della menzogna e della violenza.

*********

 

Per questo, Giovanni Paolo II ha invitato i fedeli a elevare verso il cielo un’ardente preghiera per la pace in ogni santuario mariano, e così pure a pregare per la pace, recitando il Rosario, nelle parrocchie e nelle famiglie.

 

A questa preghiera, il giorno del Mercoledì delle Ceneri, inizio del tempo quaresimale, si accompagnerà il digiuno, “espressione di penitenza – ha detto il Santo Padre - per l’odio e la violenza che inquinano i rapporti umani”. Un invito

 

perciò ad abbandonare ogni superbia ed a disporsi a ricevere da Dio i doni più grandi e necessari, fra i quali quello della pace. Il Santo Padre ha quindi concluso chiedendo per i propositi di questa giornata l’intercessione della Vergine Maria:

 

*********

Fin da ora  invochiamo su questa iniziativa la speciale assistenza di Maria Santissima Regina della Pace. Per la sua intercessione, possa risuonare con nuova forza nel mondo e trovare fattiva accoglienza la beatitudine evangelica “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.

         **********

 

         Dopo la preghiera dell’Angelus, nei saluti ai fedeli il Papa si è rivolto in particolare ai membri italiani dell’Associazione “Ingrid Betancourt per la pace”, auspicando che siano presto liberate tutte le numerose persone sequestrate in Colombia. Salutato festosamente dai fedeli, il Pontefice si è congedato augurando a tutti buona domenica e buona settimana.

 

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

23 febbraio 2003

 

 

 

 

I PAPI E LA PACE: DALL’ENCICLICA PACEM IN TERRIS ALL’ATTUALE CRISI IRACHENA,

QUARANT’ANNI DI IMPEGNO DELLA CHIESA

 CONTRO LA GUERRA E IL DIALOGO TRA I POPOLI

 

- Con noi, il prof. Alberto Melloni -

 

La guerra “non è mai una fatalità”, ha detto Giovanni Paolo II nel discorso al Corpo diplomatico del 13 gennaio scorso. Parole che il Pontefice ha ripreso, più volte, in questi giorni segnati da timori crescenti per gli sviluppi della crisi irachena. Instancabile nel suo impegno per la pace, il Papa ha ribadito la sua fiducia nell’uomo e nella possibilità di cambiare il corso degli eventi. Poco più di quarant’anni fa - in piena Guerra Fredda - il mondo intero viveva un altro momento di grande tensione con la Crisi di Cuba. Anche allora, di fronte al baratro della guerra nucleare, si levò alta la voce di un Pontefice, Giovanni XXIII. Proprio quella drammatica vicenda influì profondamente sulla pubblicazione dell’enciclica Pacem in terris, come spiega  - al microfono di Alessandro Gisotti - il professor Alberto Melloni, docente di storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia, e membro della Fondazione per le Scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna:

 

**********

R. – La vicenda della crisi di Cuba è all’origine della Pacem in terris ed è quella attorno alla quale si crea una svolta, allora non molto percepita, ma molto secca dell’atteggiamento della Chiesa. Perché, invece di prendere semplicemente una posizione di neutralità e di appello, rivendicando le ragioni morali, il Papa invia un telegramma - in nome delle ragioni dell’umanità, dicendo di ascoltare la voce dei popoli - ad entrambi i contendenti, uno dei quali era tra i più feroci nemici della Chiesa. Questo rappresenta uno scatto, un salto, perché la Chiesa rivendica a se stessa, non solo la possibilità di dettare dei principi, ma anche quella di discernere le voci della povera gente.

 

D. – Nell’ottobre 1965 Paolo VI è il primo Papa a recarsi alle Nazioni Unite. Dal Palazzo di Vetro Papa Montini leva alto il suo “Jamais plus la guerre!”, mai più la guerra. Quanta attenzione Paolo VI rivolse all’Onu, quale luogo privilegiato per la risoluzione pacifica delle crisi internazionali?

 

R. – Un’attenzione molto alta e molto forte. Fu il segno di un tentativo della Chiesa di dialogare con gli Stati, non solo con gli strumenti tradizionali – gli accordi, i concordati – ma anche attraverso gli strumenti delle organizzazioni internazionali stesse: i momenti di dialogo. Il Papa parlò alle Nazioni Unite come parlano tutti gli altri, rivendicando a se stesso quella formula molto bella di ‘esperto in umanità’. E’ certo che il problema della presenza della Santa Sede nelle organizzazioni internazionali ha rappresentato un elemento di lungo periodo. Lo si vede oggi quanto è importante, anche se allora poteva sembrare un modo troppo umile o modesto per presentarsi davanti agli Stati.

 

D. – Giovanni Paolo II è il Papa dei gesti forti per la pace, come le Giornate di Assisi. Quanto influisce l’implosione del totalitarismo sovietico nel ‘pensare la pace’ di Papa Wojtyla?

 

R. – A me ha colpito molto una frase della Centesimus annus, nella quale il Santo Padre anziché rivendicare a se stesso il merito della caduta del comunismo, o di rivendicarlo alla Chiesa come tale - che senz’altro ha fatto molto per resistere a quella che era l’ipotesi di antropologia atea - il Papa anziché fare questo dice che il comunismo è caduto per la resistenza non violenta dei credenti. E, in questo modo, mi sembra, spiega bene quella che è la sua azione, la sua determinazione nell’agire per la pace. Perché per il Santo Padre, se capisco bene, il problema non è tanto quello di prendere delle iniziative che abbiano uno spessore politico, che abbiano una qualche forma di capacità di interferire con l’autonomia degli Stati, ma è dare una testimonianza che sta al cuore stesso della fede, senza la quale la fede non potrebbe più nemmeno pronunciare se stessa e neanche il nome di Dio, se questo viene sporcato nelle guerre sante.

 

D. – Dalla pietra miliare Pacem in terris ad oggi, quali sono gli elementi che caratterizzano l’atteggiamento della Chiesa dinanzi al grande tema della pace. Recentemente, il cardinale Sodano ha detto che la Santa Sede non è pacifista ma pacificatrice …

 

R. – Ha fatto molto bene a dirlo perché è una precisazione quanto mai importante. Il cammino della Chiesa è stato senz’altro un lungo cammino che l’ha portata a vedere le cose con occhi diversi. Quando qualcuno rimproverava, già nel ’63, a Papa Giovanni di avere esagerato sul tema della pace e di avere cambiato il Vangelo, Papa Giovanni diceva: “Non è il Vangelo che cambia, ma siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”. Questo cammino, lungo 40 anni, ha portato a incominciare a capire meglio le implicazioni del Vangelo della pace, che appunto come dice giustamente il cardinale Sodano non sono quelle di una Chiesa pacifista, di un pacifismo ideologico, ma di una Chiesa che vuole soprattutto operare per la pace, e che poi alla fine ha sempre un’arma estrema di riserva, che finora non ha usato nella polemica sulla guerra, se non in misura molto circoscritta. E’ l’arma della penitenza: quella di riconoscere che davanti a questo peccato enorme che è la guerra, davanti all’ineluttabilità di questo peccato enorme che è la guerra, la Chiesa non si rifugia né nella disperazione e neanche nel cinismo che lascia poi che le cose accadano, ma ha sempre una risorsa che è quella di inginocchiarsi davanti a Dio.

**********

 

 

“QUANDO È TROPPO, È TROPPO”:

LA DENUNCIA DEI VESCOVI CONGOLESI,

AMAREGGIATI DA UNA GUERRA SENZA FINE

 

- Intervista con don Valerio Shango -

 

“Abbiamo visto la miseria della nostra gente. Quando è troppo è troppo!” . Inizia con queste parole il messaggio dei vescovi della Repubblica democratica del Congo, in cui si denuncia l’incapacità di fermare una guerra che in 5 anni ha causato 2 milioni e mezzo di morti. “Non siamo più disposti a sopportare le tergiversazioni dei politici”, scrivono i presuli, amareggiati dal costante peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. A don Valerio Shango, consulente dei vescovi congolesi, Andrea Sarubbi ha chiesto di descriverci la situazione nel Paese:

 

**********

R. – La miseria sta dilagando, ogni giorno di più. Tanti sono i bambini che continuano a morire di malnutrizione, specialmente nelle zone di guerra, ma anche a Kinshasa, che è una metropoli con 8 milioni di abitanti. Ci sono tanti sfollati e tanti rifugiati congolesi nell’est del Paese. Anche nel nord-est ci sono zone occupate dai ribelli della fazione filo-ruandese, guidati da Onosumba, e da quelli della fazione filo-ugandese, che dipendono da Jean-Pierre Bemba. Poi c’è la recrudescenza di alcune malattie endemiche e pandemiche. Adulti, anziani, donne e bambini muoiono ogni giorno di malaria, di tubercolosi, di pnemonia, di Aids e anche di fame. Questa è proprio la situazione che si complica anche con tutte quelle atrocità commesse nella zona del nord.

 

D. – Il 17 dicembre scorso a Pretoria, in Sudafrica, è stato firmato un accordo che prevedeva un governo di transizione. Che fine ha fatto questa intesa?

 

R. – A tutt’oggi, nessuno ha fatto una mossa, al di là del presidente Joseph Kabila, che continua a richiamare questi suoi avversari proprio a venire a Kinshasa per poterla mettere in pratica. Ma i leader dei ribelli – Onosumba e Bemba – sembrano invece avere intenzioni diverse: la guerra continua nelle zone controllate da loro, quindi nessuno a tutt’oggi scende a Kinshasa per firmare l’intesa. Questo accordo permetterebbe al Congo, dopo 24 mesi, di andare alle elezioni per eleggere un governo democratico che si occuperebbe della ricostruzione, della riunificazione del Paese e di una forma di riconciliazione, che tutti attendono, fra i congolesi stessi. È fortissima, dunque, la frustrazione, perché questo accordo è l’ennesimo sottoscritto dai congolesi nel corso del 2002. Hanno firmato già tantissimi accordi: prima a Sun City, in Sudafrica, poi a Matari, nella Repubblica Democratica del Congo. Ora si parla addirittura di una quarta intesa, da firmare a Pretoria. E questo è proprio grave, perché significherebbe non solo prendere in giro tutta una popolazione, ma prenderla veramente in ostaggio.

 

D.- Un punto su cui i vescovi insistono spesso – e che ribadiscono anche in questo documento – è che la guerra in Congo ha radici soltanto economiche..

 

R.- Da quando questa guerra è iniziata – ma vorrei qui precisare che il popolo congolese non è stato mai in guerra contro nessuno – tutte le zone occupate dai ribelli sono state sempre quelle più ricche di minerali (il coltan, l’oro, i diamanti pregiati) e quindi tanti sono gli avvoltoi – compresi questi congolesi stessi – che continuano a riempire i loro conti bancari in Occidente con i soldi frutto del saccheggio delle risorse naturali del Congo. Anche i Paesi vicini – come il Rwanda e l’Uganda – continuano a fare la stessa cosa. Ecco perché, nell’ottobre scorso l’Onu, ha pubblicato un documento molto accurato ed attendibile su tutte le responsabilità. Anche le multinazionali occidentali – che mandano le armi a queste fazioni politiche, mantenendo così lo status quo –continuano a sfruttare le ricchezze del Paese.

 

D.- Alla fine del documento, c’è una sorta di ultimatum della Chiesa per la pace: ai politici, i vescovi congolesi chiedono dei gesti concreti… Per esempio?

 

R.- La cessazione immediata delle ostilità. Il rispetto della integrità e della sovranità territoriale del Congo. La libera circolazione delle persone e delle merci: oggi, da Kinshasa, nessuno può raggiungere Kisangani in aereo. Ecco, questi sono alcuni gesti che i vescovi chiedono. Poi, la distruzione di tutte le armi leggere, ma anche di quelle pesanti, dinanzi al popolo, per mostrare che si crede davvero nella pace.

**********              

 

 

QUESTA SERA SU RAIUNO ALLE 20.45 IL FILM SU SANTA MARIA GORETTI

 DEL REGISTA GIULIO BASE

 

La breve vita di Maria Goretti, la santa bambina uccisa per essersi opposta ad un tentativo di violenza carnale, diventa un film per la TV. “Maria Goretti”, questo il titolo della pellicola, ripercorre l’ultimo periodo di vita della piccola santa canonizzata nel 1950 da Papa Pio XII, tratteggiando anche un affresco dell’Italia contadina all’inizio del novecento. Il film, diretto da Giulio Base e coprodotto dalla Lux Vide e da RAIFiction, verrà trasmesso questa sera alle 20.45 su Raiuno. Ad Ettore Bernabei, presidente della Lux Vide, Maria Di Maggio ha chiesto come è nata il progetto di realizzare un film sulla vita di Maria Goretti:

 

**********

(musica)

R. – A distanza di cento anni la sua vita è molto significativa nel nostro tempo. E’ una ragazza, una bambina si potrebbe dire, che è stata educata dai suoi genitori ad una vita di fede e di spontaneo rispetto della legge morale, che è legge di Dio. Ha rispettato questi insegnamenti in ogni momento della sua vita, anche nei momenti più drammatici, fino al martirio, senza con questo voler fare, credo, un atto eccezionale, credendo che fosse un suo modo di comportarsi naturale.

 

D. – Una figura che non va scissa dal contesto storico in cui ha vissuto. Il film lo tratteggia molto bene …

 

R. – Certo, erano tempi difficilissimi, condizioni di vita quasi disumane, ma ciò nonostante anche in quegli ambienti, in quelle condizioni, Maria Goretti e la sua famiglia conservavano la capacità di vivere secondo la rivelazione cristiana: vivere una vita non solo di moralità, ma soprattutto di amore, di amore per i loro simili, magari anche per quelli che stavano meglio di loro, che li sfruttavano, con grande serenità e grande esercizio di vera carità.

 

D. – E’ molto bello il ritratto che il film dà della famiglia di Santa Maria Goretti, unita nei valori più profondi …

 

R. – L’abbiamo voluto sottolineare in particolare perchè bisogna cominciare in famiglia ad insegnare ai bambini a vivere con semplicità, con rispetto per tutti. Maria Goretti rispettava e aveva sentimenti di benevolenza anche per una famiglia come quella dalla quale venne poi il suo assassino. Era una famiglia che viveva in maniera diversa dalla loro, ma lei non faceva discriminazioni. Li rispettava e gli dimostrava anzi benevolenza. Questo è un grande insegnamento per il mondo di oggi.

 

D. – Qual è il messaggio del film?

 

R. – Che i valori essenziali della vita sono quelli del rispetto degli altri, dell’amore per gli altri, e anche del rispetto della propria dignità personale, come Maria Goretti appunto testimoniò fino al martirio.

 

(musica)

**********

 

 

L’ACNUR SI PREPARA A FRONTEGGAIRE ALMENO 600 MILA PROFUGHI PER GLI EFFETTI DI UN EVENTUALE CONFLITTO IN IRAQ

 

- Intervista con Laura Boldrini -

 

 

Cresce la preoccupazione per gli effetti che un eventuale conflitto in Iraq potrebbe avere sulla popolazione civile. Il numero degli iracheni in fuga dalle aree di conflitto preoccupa i Paesi confinanti, alcuni dei quali hanno già annunciato di voler sigillare le proprie frontiere. L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, intanto, ha avviato le prime misure per fronteggiare un flusso di profughi che si stima di 600 mila persone. Stefano Leszczynski ha intervistato Laura Boldrini, portavoce dell’agenzia specializzata dell’ONU:

 

 

*********

R. – Stiamo lavorando da settimane  nella regione e quindi il nostro compito è quello di preposizionare i beni di prima necessità nell’eventualità che ci sia il conflitto. Lavoriamo su una cifra ipotetica che è di 600mila persone. Non significa che saranno 600 mila a fuggire ma per noi è importante lavorare su una cifra perché comunque dobbiamo sapere il numero di beni di prima necessità che andiamo a richiedere. E’ importante che ci sia una reazione in tempo utile e quindi l’invito comunque a quei Paesi che sono coinvolti in questa situazione è anche di assumersi le responsabilità umanitarie di un eventuale conflitto, pertanto di stanziare risorse in tempo utile.

 

D. – L’Acnur, in questo studio di preposizionamento delle risorse ha una sorta di diplomazia in atto?

 

R. – Il nostro compito è quello di continuare il lavoro ordinario, ma chiaramente anche di sollecitare i Paesi confinanti ad adempiere alle loro responsabilità, cioè alla responsabilità comunque di concedere asilo a chi lo chiede in caso di necessità per questo anche esiste l’Alto Commissariato proprio per far sì che non ci sia un respingimento verso un luogo di pericolo di quelle persone che chiedono protezione.

 

D. – Le impressioni dell’Acnur circa la coscienza di questo problema da parte dei diversi Paesi dell’Unione europea...

 

R. – Credo che tutti siano consapevoli che ci possa essere anche questo flusso, non solo degli iracheni. A parte tutto, ad oggi già l’Iraq è il terzo produttore al mondo di rifugiati. Ce ne sono350 mila nel mondo, l’anno scorso 48 mila domande di asilo. So che questo popolo è molto indebolito da anni di embargo, dal fatto che comunque è sopravvissuto e sta sopravvivendo con un meccanismo di distribuzione e di aiuti che anche potrebbe essere in qualche modo colpito nella eventualità di un conflitto.

*********

 

 

LE PIU’ BELLE LEGENDE POPOLARI ITALIANE

IN UN VOLUME DI CECILIA GATTO TROCCHI

- Intervista con l’autrice -

 

 

Trasmettere al lettore non solo il valore di fiabe e miti, ma soprattutto il piacere di narrarli e di ascoltarli. Questo l’obiettivo che la professoressa Cecilia Gatto Trocchi si è prefissa nel raccogliere “Le più belle leggende popolari italiane”. Il libro, alla sua prima edizione e il cui costo è di 12,50 Euro, è edito dalla “Newton & Compton” e offre un’accurata selezione dei racconti più interessanti, suddivisi per regione. Una preziosa testimonianza della forza della nostra cultura e dell’incredibile creatività del nostro popolo. Il servizio di Dorotea Gambardella…

 

**********

“Le più belle leggende popolari italiane”: 279 racconti mitologici racchiusi in 562 pagine, che avvincono il lettore avvolgendolo in atmosfere fantastiche. Ma che valore hanno le leggende? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Cecilia Gatto Trocchi, autrice del libro:

 

R. – Le leggende sono il frutto di un ponte che si getta tra la storia e l’utopia. Là dove la storia si ferma, per esempio non sa spiegare l’origine di una città, l’origine di un santuario, la leggenda non si preoccupa, perché subito dà un’interpretazione, aggiunge, quindi, qualcosa alla documentazione storica. Del resto noi dobbiamo pensare all’etimologia: leggenda è qualcosa che è degno di essere letto e, questa definizione, parte dalla vita dei Santi, che era degna di essere letta, quindi dalla agiografia, che costituiva un modello esemplare. La leggenda, spesso ha un lieto fine che indica una modalità di mettersi in relazione con la realtà.

 

D. – Gesù, per esempio, si serviva delle parabole per diffondere i messaggi più profondi del Regno dei Cieli…

 

R. – Gesù si rifaceva alla tradizione dei midrash, cioè del racconto edificante, misterioso in qualche modo, perché a volte noi di fronte alle Parabole restiamo interdetti, sempre presi dalla vita quotidiana, la donna che ha perso la dracma e che rivolta tutta casa per trovarla, perché la dracma è il Regno dei Cieli. La leggenda invece a volte è più costruita, più fantasiosa, è l’arte del narrare, che è equivalente, perché attraverso la narrazione di un fatto, si possono fare presenti all’uditorio delle grandi verità.

 

D. – Nella società odierna, la leggenda viene ancora apprezzata?

 

R. – Io ho scritto il libro proprio per far apprezzare le leggende anche nell’era moderna, in quanto, la leggenda aveva una sua ragion d’essere nelle società tradizionali, in cui non esistevano le comunicazioni di massa, ma le leggende circolavano per tutto il mondo. Noi abbiamo gli stessi eventi raccontati in società e culture diversissime, proprio perché, viaggiatori, mercanti, portavano con loro un patrimonio di leggende locali, e ricevevano dai luoghi, che andavano a visitare, leggende di altrove, e quindi, questi motivi narrativi, rappresentavano un grande modo di scambio e direi anche di pacificazione, perché, se qualcuno ascolta le leggende dell’altro, capisce come è l’altro, e dà meno motivi di aggressività. Quindi, hanno svolto una funzione enorme nella storia.

 

D. – Lei scrive che ancora oggi il cinema attinge alle leggende…

 

R. – Certamente, i film di successo, si rifanno sicuramente a modelli esemplari, che possono essere o leggendari o mitologici. Noi abbiamo ancora presente la storia della donna fatale o del cavaliere senza macchia e senza paura. Dobbiamo ricordarci che il periodo in cui le leggende si sono organizzate in maniera grandiosa, è stato il Medio Evo: pensiamo alle leggende dei paladini di Carlo Magno, che con le loro gesta ed il loro valore, recuperano la tradizione romana, perché re Carlo è l’Imperator del Sacro Romano Impero. Quindi, il Medio Evo crea il grande flusso della narrativa leggendaria, che rimane ancora oggi in moltissime storie che vengono fornite dal cinema o dalla televisione.

 

D. – C’è una leggenda che lei predilige in modo particolare?

 

R. – Io prediligo le leggende delle mia infanzia. Una particolarmente mi ha sempre molto colpito, era la leggenda del pettirosso, che estrae una spina dalla corona di Gesù sulla Croce, e nell’estrarre la spina, si macchia il petto di rosso e quindi c’è la giustificazione di questa caratteristica ornitologica legata, però, ad un atto di pietà e di omaggio al Redentore.

**********

 

 

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

23 febbraio 2003

 

 

ATTESA PER QUESTA SERA LA RISPOSTA DI BAGHDAD ALLA RICHIESTA DEGLI ISPETTORI DELL’ONU DI DISTRUGGERE I MISSILI PROIBITI

 

BAGHDAD – L’Iraq  si prepara a dare una risposta questa sera alla richiesta presentata ieri dagli ispettori dell’ONU di distruggere i missili proibiti Al Samoud 2. Una conferenza stampa da parte del direttore generale dell’organismo di controllo sul disarmo iracheno, Hossam Mohamed Amine, è stata annunciata per il tardo pomeriggio di oggi. Il capo degli ispettori Hans Blix ha chiesto ieri a Baghdad di distruggere tali armi, la cui gittata supera di 35 km il limite massimo imposto di 150 km. Un esperto di studi strategici iracheno, Abdelwahab el-Kassab è in disaccordo con tale calcolo. Sostiene infatti che la richiesta dell’ONU non si basa sul totale dei dati disponibili. Dato che gli al Samoud 2 non sono mai stati collaudati, non si può affermare che rappresentino una violazione degli impegni assunti dall’Iraq. (C.C.)

 

 

IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO COLIN POWEL DICHIARA CHE “E’ ARRIVATO IL MOMENTO DELL’AZIONE”. E’ PARTITO QUESTA MATTINA DA TOKYO PER PECHINO DOVE TENTERA’ DI AVERE E’ GIUNTO QUESTA MATTINA A PECHINO DOPO AVER LASCIATO TOKYO. CERCHERA’ DI OTTENERE GARANZIE CHE LA CINA NON FARA’ USO DEL SUO DIRITTO DI VETO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU.

 

TOKYO – Il  segretario di stato americano Colin Powel, è giunto oggi a Pechino, seconda tappa del suo viaggio in Asia, alla ricerca di appoggio alla linea statunitense. Poco prima di partire da Tokyo ha affermato che “è arrivato il momento dell’azione” contro l’Iraq e che “le prove sono chiare”. “La posizione attuale del governo giapponese è che non è ancora venuto il momento di prendere una decisione”. Lo ha dichiarato il ministro degli affari esteri Yoriko Kawakuchi. “Vogliamo – ha detto - una soluzione pacifica”. Il governo giapponese  incoraggia le ispezioni dell’Onu e  sollecita l’Iraq ad una maggiore cooperazione con l’ONU.  A Pechino Powel incontrerà le massime autorità tra cui il presidente Jiang Zemin, il segretario del partito comunista Hu Jintao. Si ritiene che Powel cercherà di ottenere dalla Cina la garanzia che non farà uso del suo diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. (C.C.)

 

 

QUESTA MATTINA COLLOQUIO TELEFONICO TRA IL PRESIDENTE RUSSO PUTIN E IL PREMIER BRITANNICO TONY BLAIR INFORMATO CHE LA RUSSIA HA AVVIATO UNA NUOVA INIZIATIVA DIPLOMATICA INVIANDO A BAGHDAD L’EX PRIMO MINISTRO PRIMAKOV.

 

MOSCA - Questa mattina il presidente russo Vladimir Putin e il premier britannico Tony Blair hanno avuto un colloquio telefonico. Secondo quanto reso noto dal Cremlino, Putin ha informato Blair di quanto la Russia sta facendo per  una soluzione politico-diplomatica della crisi irachena. Ha informato  dell’invio a Bagdhad dell’ex premier russo Evgeny Primakov per una missione definita “riservata”. Primakov già nel 1991 fu in missione a Baghdad per tentare di evitare la guerra del Golfo. (C.C.)

 

 

IRAQ: APPELLO PER LA PACE DA GERUSALEMME, BAGHDAD E SARAJEVO:  PER DIRE NO ALLA GUERRA. DA QUESTE CITTA MARTIRI AI POTENTI DELLA TERRA: NON IMBOCCATE LA STRADA DELLA GUERRA PERCHE’ E’ UNA STRADA SENZA USCITA. IL DOCUMENTO E’ FIRMATO DAL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME MICHEL SABBAH, IL CARDINALE VINKO PULIC, ARCIVESCOVO DI SARAJEVO E DAL PATRIARCA IRACHENO RAPHAEL BIDAWID.

 

ROMA - “Le nostre città, non sono tutte città sante come Gerusalemme e nemmeno città cattoliche. Ma certamente città martiri” si legge nel documento firmato dal patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah dal cardinale Vinko Pulic, arcivescovo di Sarajevo e dal Patriarca iracheno Raphael Bidawid. “Noi che abbiamo vissuto o stiamo ancora vivendo la tragedia della guerra, vogliamo dire al mondo intero, in particolare ai potenti della terra: non imboccate la strada della guerra, perché è una strada senza uscita”. (C.C.)

 

 

UN FORUM INTERNAZIONALE PER RISOLVERE LA CRISI SUL NUCLEARE

CON LA COREA DEL NORD. LA PROPOSTA DI POWEL LANCIATA IN GIAPPONE.

A PECHINO CHIEDERA’ LA MEDIAZIONE DELLA CINA.

 

TOKYO - La crisi sul nucleare con la Corea del Nord dovrebbe essere risolta a livello multilaterale, coinvolgendo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Giappone, la Corea del Sud, l’Unione Europea e l’Australia. In Giappone, il segretario di stato americano Powel ha rilanciato questa  proposta di Washington per risolvere la crisi con Pyongyang. A Pechino chiederà di usare l’influenza diplomatica ed economica che ha la Cina su Pyongyang per convincerla a rinunciare ai suoi programmi nucleari, destinati, secondo le accuse degli Stati Uniti, allo sviluppo di armi atomiche. (C.C.)

 

 

 

IL LIKUD, IL PARTITO DI DESTRA DEL PREMIER ISRAELIANO SHARON E IL PARTITO NAZIONALE RELIGIOSO PORTAVOCE DEI COLONI EBREI HANNO RAGGIUNTO UN ACCORDO DI COALIZIONE PER LA FORMAZIONE DEL NUOVO GOVERNO ISRAELIANO.

INTANTO CONTINUANO LE VIOLENZE.

 

GERUSALEMME.= Raggiunto un accordo di coalizione per la formazione del nuovo governo israeliano tra il Likud, il partito di destra del premier israeliano Ariel Sharon e il Partito nazionale religioso, portavoce dei coloni ebrei. Secondo un commentatore della radio militare israeliana, riportato dalle agenzie di stampa, l’accordo implica la rinuncia, da parte di Sharon, della prospettiva di un governo di unità nazionale con il partito laburista di Amram Mitzna. Sul terreno, intanto non cessano le violenze. Si è concluso questa mattina il raid condotto da ingenti forze israeliane a Beit Hannun, nel nord della striscia di Gaza. Una quarantina di blindati hanno lasciato la zona dopo scontri a fuoco in cui sono rimasti uccisi 3 palestinesi due dei quali di 15 e 17 anni. Beit Hanun è considerata da Israele come punto di partenza per ripetuti attacchi di razzi di fabbricazione artigianale contro il territorio israeliano.  Un altro palestinese era rimasto ucciso la notte scorsa sempre nella striscia di Gaza e un altro è deceduto a Nablus in Cisgiordania, per le ferite riportate ieri durante scontri con reparti militari israeliani. (C.C.)

 

 

PRESSIONI DELL’UNIONE EUROPEA SUL GOVERNO ISRAELIANO PERCHE’  CONSENTA LA CONVOCAZIONE A RAMALLAH,  DEL CONSIGLIO LEGISLATIVO PALESTINESE E DARE COSI’ LA POSSIBILITA’ AD  ARAFAT DI NOMINARE IL NUOVO PRIMO MINISTRO

 

TEL AVIV - L’Unione Europea sta esercitando pressioni sul governo israeliano, affinchè consenta la convocazione a Ramallah, in Cisgiordania, del Consiglio legislativo palestinese dando così la possibilità al presidente Yasser Arafat di discutere la nomina di un primo ministro. Lo riferisce il sito internet del quotidiano Yediot Ahronot, Ynet . Israele non impedirà queste riunioni, ma intende selezionarne i partecipanti che non devono risultare essere coinvolti in atti di terrorismo. E’ quanto ancora informa il giornale in base a fonti governative israeliane. (C.C.)

 

 

 

“IL VERO PROBLEMA DELLA FAME NON E’ LA MANCANZA DI CIBO,

MA LA DISUGUAGLIANZA E LA POVERTA’”. COSI’ PADRE GIANPAOLO SALVINI,

DIRETTORE DE “LA CIVILTA’ CATTOLICA”, IERI NEL CORSO DI UNA CONFERENZA

A ROMA SU “LA FAME NEL MONDO E LE SUE ONTRADDIZIONI”

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

ROMA.= “Un cristiano non può dimenticare che nella recita del Padre Nostro, usa sempre il plurale: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’, formula che lo obbliga  a pensare non solo a se stesso, ma anche a quanti stanno peggio di lui”. Così padre Gianpaolo  Salvini, direttore de “La Civiltà Cattolica”, ieri nel corso della conferenza su “La fame nel mondo e le sue contraddizioni. Uno scandalo anche per i nostri tempi”, svoltasi a Roma presso la sede della rivista in via di Porta Pinciana. Il fatto che la fame mieta milioni di vittime è oggi uno scandalo, che non può non interpellare ogni coscienza: il pianeta dispone della quantità di cibo sufficiente a sfamare tutti. “Ma - ha spiegato padre Salvini - il cibo è mal distribuito e, quando disponibile, non giunge agli affamati che non hanno il denaro necessario per acquistarlo”. “La fame si combatte con la giustizia sociale: purtroppo – ha continuato il direttore della rivista – gli affamati non fanno paura ai politici come il terrorismo o il petrolio. Non esistono paesi in cui si verifichino carestie se la stampa è libera di denunciarle”. Alcuni dati sconcertanti: 799 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo, 30 nei paesi di transizione, 11 nei Paesi ricchi, soffrono la fame perché sotto nutriti. Ad essi vanno aggiunti circa 300 milioni di malnutriti, ai quali cioè manca una dieta completa. Nei paesi in via di sviluppo l’allarme è per la mancanza di cibo o per la dieta incompleta, mentre nel mondo industrializzato l’allarme dei medici è per l’eccessiva alimentazione e per l’obesità: si pensi che in Italia la maggior causa di morte è data da malattie cardiovascolari, spesso legate ad esuberi alimentari. Una soluzione al “problema fame” è per il religioso “mettere gli affamati in condizione di produrre il cibo per sopravvivere, curando l’agricoltura di sussistenza sinora trascurata nei Paesi in via di sviluppo. I Paesi ricchi, più che trasferire o «donare» le proprie eccedenze, con effetti disastrosi per l’agricoltura dei Paesi poveri, dovrebbero piuttosto smantellare i sussidi alla propria agricoltura e favorire il buon governo dei Paesi poveri in modo da aiutarli a combattere la povertà”.

 

 

CONCERTO DELLA VIOLINISTA LIDIA BAICH, GIOVEDÌ 27, ALL’AUDITORIUM DI SANTA CECILIA A ROMA. IL RICAVATO SARÀ UTILIZZATO PER FINANZIARE BORSE DI STUDIO DESTINATE A STUDENTI ROMANI DI FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ.

 

ROMA. = Lidia Baich, una delle più apprezzate violiniste al mondo, accompagnata al pianoforte dal maestro Alessandro Specchi, suonerà all’Auditorium di Santa Cecilia a Roma giovedì 27 febbraio alle 21. Il concerto è stato organizzato dalla Cefa (Associazione di famiglie per l’educazione e la cultura), un’associazione non lucrativa di genitori di scuole cattoliche, con l’intento di raccogliere fondi per borse di studio da destinare a ragazzi provenienti da famiglie in difficoltà economica. Infatti la preoccupazione della Cefa è di dare la possibilità a chi non l’avesse, di studiare in scuole che propongono progetti educativi cristiani, curando la crescita della persona: rapporto con professori e compagni e sviluppo della personalità sono considerati fondamentali per la maturità dallo studente. Per raggiungere questo scopo le scuole che aderiscono alla Cefa hanno adottato la figura del tutor, un collegamento tra scuola e famiglia, che permette ai genitori non solo di seguire costantemente gli studi dei propri figli, ma anche di allargare lo sguardo sulla loro formazione e la loro crescita umana. (M.A.)

 

=======ooo=======