RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 53 - Testo della Trasmissione sabato 22 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In udienza dal Papa il primo ministro britannico Tony Blair. Al centro dei colloqui, la grave crisi irachena e la necessità di scongiurare la tragedia di una guerra: con noi, il portavoce vaticano Joaquìn Navarro Valls.

 

Dialogo interreligioso e promozione culturale del Maghreb, tra le priorità pastorali indicate dal Santo Padre ai vescovi del Nord Africa in visita “ad Limina”.

 

Sostegno alla famiglia e formazione dei giovani: è l’invito di Giovanni Paolo II nel discorso alla Federazione italiana dei Cavalieri del Lavoro.

 

La povertà evangelica, testimonianza per ogni povertà materiale e spirituale: così il Pontefice in una lettera alle suore Missionarie della Carità, riunite a Calcutta per il Capitolo generale.

 

Si apre lunedì in Vaticano la nona assemblea della Pontificia Accademia per la Vita: intervista con il vescovo Elio Sgreccia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Lo sviluppo agricolo contro la fame, sfida della comunità internazionale: il commento del presiden-te dell’Ifad, Lennart Bage.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Viva preoccupazione per la grave crisi in Bolivia è stata espressa dalla Conferenza episcopale in una nota dal titolo “Messaggio per la pace e la giustizia”.

 

Lo scorso 20 febbraio, a Tokyo, si è tenuto un simposio internazionale sul traffico di minori da cui è emerso che 30 milioni di asiatici sono stati vittime negli ultimi decenni di trafficanti di essere umani.

 

Il direttore della Caritas di Georgia insignito di un’alta onorificenza dal presidente Shevardnadze. Espulso dalla Russia un altro sacerdote cattolico.

 

Parte oggi in Bangladesh una ‘marcia per i diritti delle donne’ promossa dall’Oim.

 

La vita va accettata nonostante le sue fragilità: una riflessione dei vescovi francesi sulle più gravi inquietudini giovanili.

 

24 ORE NEL MONDO :

La diplomazia internazionale all’opera per ricercare una soluzione pacifica alla crisi Usa-Iraq.

 

Si chiude anticipatamente la missione diplomatica in Iran dell’Aiea.

 

Ancora violenza in Medio Oriente: altri due palestinesi uccisi dall’esercito israeliano.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 febbraio 2003

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA IL PREMIER BRITANNICO TONY BLAIR:

IN PRIMO PIANO, LA GRAVE CRISI IRACHENA E LA CONVENZIONE EUROPEA

- Con noi il portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls -

 

Il Papa ha ricevuto questa mattina in Vaticano il primo ministro della Gran Bretagna, Tony Blair, con la consorte, i 4 figli e il seguito. L’incontro del Santo Padre con il premier britannico è iniziato alle ore 11 ed ha avuto un carattere  privato. E’ durato mezz’ora ed è stato definito dal dottor Navarro Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, “cordiale” e “approfondito”. Al centro dei colloqui “la complessa congiuntura internazionale, con particolare riguardo all’Iraq”. Ma ascoltiamo direttamente il portavoce vaticano al microfono di Carla Cotignoli:

 

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R. – Il Santo Padre da questo punto di vista ha auspicato che nella soluzione della grave situazione in Iraq si faccia ogni sforzo per evitare al mondo nuove divisioni. E’ chiaro che si è ribadito anche la necessità che tutte le parti interessate in questa situazione possano collaborare con l’organizzazione delle Nazioni Unite e sappiano adoperare le risorse offerte dal diritto internazionale per scongiurare la tragedia di una guerra che da più parti – come stiamo vedendo ogni giorno – si reputa ancora evitabile. Uno dei temi in cui naturalmente si è fatta anche particolare menzione è stata la situazione umanitaria del popolo iracheno, già tanto duramente provato da lunghi anni di embargo.

 

D.- E’ noto che le posizioni del premier britannico Tony Blair non sono in piena consonanza con quelle del Papa. Dai colloqui di questa mattina quali reazioni, quali le posizioni emerse da parte britannica?

 

R. – Penso che la preoccupazione comune di tutti di evitare la guerra era ovviamente in tutte le parti questa mattina, durante i colloqui; di fare ogni sforzo per evitare un intervento armato. Da questo punto di vista si è ribadito che si deve collaborare con l’organizzazione delle Nazioni Unite, come una via per tutelare  il diritto internazionale: penso che anche questo sia stato un punto di vista comune.

 

D. – Sono stati toccati altri temi durante il colloquio con il Papa?

 

R.- Sì, c‘è stato uno scambio di opinioni sul futuro Trattato costituzionale dell’Europa e da parte della Santa Sede si è espresso il voto per un riconoscimento esplicito delle Chiese e comunità dei credenti nonché per un impegno dell’Unione Europea a mantenere con esse un dialogo strutturato.

 

D. – E a riguardo, quale la posizione  del premier Tony Blair?

 

R. – Penso che il premier britannico abbia accolto questo punto di vista con grande interesse.

 

D. – Un’ultima domanda: a conclusione di questa visita si può dire che sono rafforzate le speranze di pace?

 

R. – Io penso di sì. Penso che è quello che in fin dei conti si augura tutta la comunità internazionale. Il tema è sviluppare le iniziative che possano evitare un intervento armato, da tutte le parti naturalmente. Quando si parla di rispetto del diritto internazionale ci si augura che questo rispetto venga da tutte le parti, naturalmente da parte dell’Iraq, naturalmente da parte della comunità internazionale.

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Subito dopo il colloquio privato con il primo ministro Tony Blair, il Papa ha ricevuto la famiglia che lo accompagnava.  Il premier britannico si è poi incontrato anche  con il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, e con l’arcivescovo Jean Louis Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati.

 

Prosegue così l’intensa azione diplomatica della Santa Sede, tesa a incoraggiare una soluzione pacifica alla crisi irachena. L’udienza del Papa con il premier britannico fa seguito al colloquio avvenuto martedì scorso con il segretario generale dell’Onu Kofi Annan; all’incontro con il vice-premier iracheno, Tarek Aziz dello scorso venerdì, e alla missione del cardinale Roger Etchegaray in Iraq, dove il porporato aveva avuto un colloquio con Saddam Hussein al quale aveva consegnato una lettera del Papa.

 

 

COLTIVARE LE BUONE RELAZIONI CON IL MONDO MUSULMANO,

PER FAVORIRE LA PACIFICA COESISTENZA E UN MAGGIORE ARRICCHIMENTO

SPIRITUALE E CULTURALE DELLE POPOLAZIONI DEL MAGHREB.

COSI’ IL PAPA AI VESCOVI DEL NORDAFRICA, IN VISITA AD LIMINA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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Proseguire “con pazienza e determinazione” il dialogo interreligioso con il mondo musulmano per superare “le reciproche diffidenze”, giacché nel terzo millennio appena imboccato il cammino della pace “è già irto di ostacoli”. E’ questa una delle esortazioni centrali del discorso rivolto oggi da Giovanni Paolo II ai vescovi della regione del Nord Africa (Cernai), ricevuti a conclusione della visita ad Limina.

 

E’ una regione che ha conosciuto molti cambiamenti, quella della Maghreb, ha constatato il Papa: perché toccata anch’essa dal fenomeno della mondializzazione, ma soprattutto perché lo sviluppo degli scambi tra le aree a nord e a sud del Sahara si è intensificato, provocando molti spostamenti all’interno delle popolazioni locali. Spostamenti che hanno mutato il tessuto sociale di quei Paesi. Il Pontefice ha lodato, in questo senso, la recente iniziativa della Cernai, volta ad avviare un’adeguata riflessione pastorale su questi scenari tuttora fluidi ed ha invitato i presuli a “intensificare” questo lavoro, giacché “lo scambio dei doni - ha osservato il Pontefice - è una grazia di arricchimento e di rinnovamento per tutte le parti interessate”.

 

In tale contesto, Giovanni Paolo II si è poi soffermato a lungo sulla “ricchezza delle differenti tradizioni spirituali”, oltre che umane e sociali, che caratterizza l’Africa settentrionale. “Voi sottolineate, cari fratelli, la buona qualità dei rapporti tra i cristiani delle vostre comunità con le popolazioni musulmane”. Ebbene, ha affermato il Papa, continuate ad “incoraggiare questi incontri, di giorno in giorno, come una priorità, perché essi contribuiscono ad evolvere, da una parte e dall’altra, la mentalità”, in modo diverso da ciò “che veicolano troppo spesso i media”. Lungo il cammino del dialogo, ha notato Giovanni Paolo II, anche la promozione della cultura “occupa una parte importante” dell’impegno dell’episcopato nordafricano. Un’attenzione doverosa, che consente agli abitanti del Maghreb, ai giovani studenti in particolare, di conoscere e riscoprire più a fondo le proprie radici. Ma, accanto a ciò, non vanno dimenticate quelle categorie deboli, che purtroppo popolano molta parte dell’area: i poveri, i malati, i portatori di handicap, i migranti. Continuate, attraverso gli organismi della Caritas, “in collaborazione con le altre associazioni locali - ha detto il Papa - a testimoniare la carità di Cristo, venuto per alleviare tutti coloro che soffrono”.

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LA VOSTRA TESTIMONIANZA RADICALE DELLA POVERTA’ EVANGELICA

NON RAGGIUNGE SOLO I PIU’ POVERI, MA ANCHE COLORO CHE SONO ALLA RICERCA

 DI UN  SENSO DELLA VITA. COSI’ IL PAPA NELLA LETTERA A SUOR NIRMALA,

IN OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE DELLE MISSIONARIE DELLA CARITA’

 FONDATE DA MADRE TERESA DI CALCUTTA

 

“In un mondo consumato dalla bramosia del possesso, la vostra vita umile, ma ricca della povertà evangelica, è una eloquente testimonianza che Dio è la vera ricchezza del cuore umano”. Così il Papa si rivolge, con una lettera a Suor Nirmala, succeduta a Madre Teresa di Calcutta, come superiora generale delle Missionarie della Carità, in occasione dell’ottavo Capitolo generale in corso a Calcutta. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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E’ quello di quest’anno, un avvenimento “speciale” per le figlie spirituali di madre Teresa.  Lo evidenzia il Papa stesso: è infatti la prima volta, dalla morte della loro fondatrice che una rappresentanza delle comunità sparse nel mondo, si incontrano nella loro ‘casa-madre’, a Calcutta.    

 

Il Papa le incoraggia ad essere fedeli all’”ispirazione originale”, raccomanda una continua formazione  e richiama la figura di madre Teresa: “Era sempre piena dell’amore di Cristo” – scrive. Da lui  “attingeva una forza interiore senza limiti”. E’ così  - aggiunge – che “ha potuto essere Missionaria della Carità sia di nome che di fatto”. “Sostenuta dal silenzio della contemplazione, senza sosta, portò l’amore di Cristo alla gente in cui incontrava Cristo”. Il Papa ha ribadito che è questa una caratteristica tipica dell’amore cristiano: “non è semplicemente un atto di carità, ma anche un incontro con Cristo stesso nel povero”. “Voi siete le sue eredi spirituali, le sue figlie amate, – scrive - seguendo il suo esempio, sarete rafforzate nella chiamata a servire Dio nei più poveri tra i poveri”. 

 

“La vostra testimonianza radicale all’amore di Cristo – prosegue il Papa - è una parola potente che raggiunge sia coloro che voi servite che tutti coloro che sono alla ricerca di un significato più profondo della vita”. Il Papa incoraggia le figlie spirituali di Madre Teresa a continuare ad essere un esempio luminoso specie per le giovani generazioni che si trovano non solo in situazioni di povertà materiale, ma anche di impoverimento spirituale”.

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SOSTENETE LA FAMIGLIA E CONTINUATE AD INVESTIRE SUI GIOVANI.

E’ L’INVITO DEL PAPA NELL’UDIENZA AI RAPPRESENTANTI

DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DEL LAVORO

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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Sostegno alla famiglia e formazione dei giovani. Sono queste le due priorità richiamate oggi da Giovanni Paolo II nel discorso rivolto a 350 Cavalieri del lavoro italiani in occasione dell’incontro promosso dalla loro Federazione nazionale. L’udienza con il Santo Padre è stata preceduta da una Messa celebrata nella chiesa romana di Santo Spirito in Sassia dal cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.

 

Richiamandosi all’enciclica “Sollicitudo rei socialis”, il Pontefice ha ricordato che “la collaborazione allo sviluppo di tutto l’uomo e di ogni uomo è un dovere di tutti verso tutti”. “Siate i paladini ed i primi testimoni – ha affermato il Papa - di questo dovere universale”.

 

“Si tratta di un compito ancor più urgente alla luce dell’attuale evoluzione della società, segnata dal processo di globalizzazione, all’interno del quale vanno salvaguardati il valore della solidarietà, la garanzia di accesso alle risorse e l’equa distribuzione della ricchezza prodotta”.

 

Nella società contemporanea la famiglia è penalizzata dalle regole imposte dalla produzione e dal mercato. “Tra i vostri sforzi – ha aggiunto Giovanni Paolo II – ci sia quello di sostenerla efficacemente, perché sia sempre più rispettata come soggetto attivo anche del settore della produzione e dell’economia”.

 

“Continuate ad investire sui giovani, aiutandoli a superare il divario esistente tra la formazione scolastica e le reali esigenze delle imprese di produzione”.

 

“Permetterete così alle nuove generazioni – ha concluso il Papa -  grazie anche ad un saldo ancoraggio al patrimonio dei valori umani e cristiani, di contribuire a rendere il mondo del lavoro sempre più a misura d’uomo”.

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ALTRE UDIENZE DI OGGI. NUOVI NUNZI IN BULGARIA E IN BELGIO E LUSSEMBURGO.

RINUNCE E NOMINE IN MOZAMBICO E SENEGAL.

PROVVISTA DI EPARCHIA MARONITA IN MESSICO

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto l’arcivescovo Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti.

 

Il Pontefice ha inoltre ricevuto l’ambasciatore di Costa d’Avorio, Louis Esmel, in visita di congedo.

 

In udienza dal Papa, infine, il cardinale Giovanni battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Santo Padre ha nominato il cardinale arcivescovo di Bombay, Ivan Dias, suo inviato speciale alle celebrazioni per il decimo anniversario della storica visita pontificia in Albania, che sono in programma a Tirana il prossimo 25 aprile.

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Bulgaria l’arcivescovo Giuseppe Leanza, finora nunzio in Slovenia, in Bosnia Erzegovina e nella Repubblica di Macedonia. Il presule subentra in questo incarico all’arcivescovo Antonio Mennini, nominato a sua volta dal Papa il 6 novembre dello scorso anno rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa.

 

Il Pontefice ha pure nominato nunzio apostolico in Belgio e in Lussemburgo l’arcivescovo tedesco Karl Josef Rauber, finora nunzio apostolico in Ungheria e Moldova.

 

In Mozambico, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Maputo, presentata dal cardinale Alexandre José Maria dos Santos, dell’Ordine dei Frati Minori, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha quindi nominato nuovo arcivescovo metropolita di Maputo mons. Francisco Chimoio, francescano cappuccino, finora vescovo di Pemba.

 

In Senegal, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saint Loius du Sènégal, presentata dal vescovo mons. Pierre Sagna, della Congregazione dello Spirito Santo, in conformità alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”. Come nuovo vescovo di Saint Louis di Sénégal, Giovanni Paolo II ha nominato il sacerdote Ernest Sambou, di 55 anni, attuale rettore dell’Institut  Catholique de l’Afrique de l’Ouest, ad Abidjan.

 

Il Papa ha infine nominato vescovo dell’eparchia di Nuestra Señora de los Màrtires del Lìbano en México dei Maroniti il sacerdote 54enne padre Georges M. Saad Abi Younes, finora superiore della missione dell’Ordine Libanese Maronita e parroco della comunità maronita a Città del Messico.

 

 

DOVE VA OGGI LA RICERCA BIOMEDICA?

DA LUNEDI’ A MERCOLEDI’ PROSSIMO IN VATICANO

LA IX ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PRO VITA

CON NOI IL VESCOVO ELIO SGRECCIA

- Servizio di Giovanni Peduto -

        

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I lavori verteranno sul tema “Etica della ricerca biomedica per una visione cristiana”. Lo scopo è di conoscere dove va oggi la ricerca biomedica. Sappiamo che dalla ricerca ci si attende tanto per la guarigione delle malattie ancora non domate e sappiamo pure che dalla ricerca biomedica alle volte escono fuori cose preoccupanti: clonazione, utilizzazione degli embrioni e così via. La prima giornata sarà dedicata a una grande tavola rotonda con scienziati ben conosciuti nel loro campo, per sapere nei vari settori della ricerca biomedica che cosa si prospetta, che cosa si intravede e dove essa è diretta: questo il primo scopo, ascoltare dagli scienziati stessi e dagli storici della scienza cosa si profila all’orizzonte. Nei due giorni successivi, martedì e mercoledì, sarà focalizzata   l’etica della ricerca biomedica. Ma a questo punto diamo la parola al vescovo Elio Sgreccia, vice presidente della Pontificia Accademia Pro Vita:

 

R. - Questo è un compito, direi, di tutti coloro che fanno ricerca, ma è compito anche della Chiesa ricordare ai ricercatori quali siano i valori e gli orizzonti da preservare e le norme etiche da custodire, soprattutto quelle che riguardano la sperimentazione sull’uomo e gli esiti di questa sperimentazione, quando la ricerca può esitare appunto in manipolazioni vere e proprie. Altro obiettivo è quello di vedere quali siano i compiti della Chiesa. La Chiesa ha delle istituzioni di ricerca: le Università cattoliche, le facoltà di medicina, gli istituti di cura, di cui in Italia solamente ce ne sono una trentina. Allora, qual è il compito che devono assumere questi istituti di ricerca nell’ambito della Chiesa? Dare una testimonianza.

 

D. – I ricercatori, Eccellenza, tengono conto delle indicazioni del Magistero?

 

R. –Da Pio XII in poi la parola dei Pontefici è stata molto ascoltata. Quest’anno ricordiamo i 50 anni di un celebre discorso che Pio XII fece alla Società degli istologi nel’53, dove affermava che il bene dell’uomo è superiore agli esiti della scienza, è superiore anche all’economia e che quindi non si può mai usare la scienza contro l’uomo. Molte di queste norme, diciamo così, che sono state indicate da Pio XII, dai documenti della Chiesa, sono entrate nei codici deontologici. Sul piano della sperimentazione, sul piano dei trapianti, la voce della Chiesa è ascoltata anche quando non viene recepita nelle leggi. Noi sentiamo oggi che quando si tratta di clonazione, per esempio, o di uso delle cellule staminali, embrionali e non embrionali - questo grande problema che va a finire fino all’Onu nelle prossime settimane - la voce della Chiesa cattolica è sempre tenuta in conto. Quindi abbiamo un dovere, che è quello di dare sempre testimonianza, che essa venga o non venga accolta.

 

Torniamo ai lavori dell’Assemblea: il panorama delle relazioni comprende una vasta gamma di problemi che vanno da quelli fondativi, storici, filosofici, fino ai campi della sperimentazione sugli embrioni, alle politiche della ricerca e così via. Tutte le relazioni su questi argomenti saranno poi pubblicate. In apertura dei lavori ci sarà l’intervento magisteriale del Santo Padre che riceverà i partecipanti all’Assemblea nella Sala Clementina. Al termine, una dichiarazione finale offrirà la sintesi del dibattito

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La pace è l'unica "alternativa" possibile è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento alla sempre più delicata situazione in Iraq. All'interno, nel dare notizia che in Pakistan, grazie anche all'impegno della Fao, è stato sconfitto il morbo mortale della peste bovina, si sottolinea che, nel momento in cui il mondo è sull'orlo di un possibile conflitto, sono queste le "guerre" che vanno combattute e vinte. Riguardo al Medio Oriente, si sottolinea che vi è ancora violenza nonostante l'appello a smilitarizzare l'Intifada.

 

Nelle vaticane, nel discorso alla Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa, il Papa ha esortato i Presuli ad essere determinati e forti nel vivere il Vangelo della Pace. Nella Lettera alla Superiora Generale della Congregazione delle Missionarie della Carità, Giovanni Paolo II sottolinea che Madre Teresa ha testimoniato che l'amore cristiano è un incontro con Cristo stesso nei più poveri tra i poveri. Nel discorso alla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, il Santo Padre ha formulato l'invito ad essere paladini di un "dovere" universale: collaborare allo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo. 

 

Nelle pagine estere, Africa: il dramma quotidiano di quattro milioni di rifugiati.

Stati Uniti: terrificanti conseguenze dell'incendio nella discoteca, che ha provocato novantasei morti.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Giovanni Marchi dal titolo: Un "artificiere" del linguaggio; a 100 anni dalla morte di Raymond Queneau.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica con il puntuale riferimento alla crisi irachena. Attenzione ai temi del fisco e dell'ambiente.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 febbraio 2003

 

 

LO SVILUPPO AGRICOLO CONTRO LA POVERTA’ E LA FAME:

I NUOVI PASSI DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

 

- Ai nostri microfoni Lennart Bage -

  

La comunità internazionale  rinnova il suo impegno per sconfiggere la fame nel mondo e mette al centro delle sue strategie lo sviluppo agricolo delle popolazioni povere: questa settimana la città di Roma è stata testimone di due passi rilevanti in questa direzione. Nel corso dell’annuale assemblea i Paesi membri del Fondo internazionale per lo sviluppo rurale, Ifad, si sono impegnati ad aumentare del 20 per cento le risorse per questa agenzia delle Nazioni Unite e, sempre nella capitale italiana, la Banca mondiale ha annunciato una cooperazione più stretta con Fao e Ifad. Il servizio di Debora Donnini.

 

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Un punto di svolta. Così il presidente dell’Ifad Lennart Bage ha commentato  questo summit che ha visto invertire un trend negativo: dopo 15 anni di diminuzione dei fondi, con quest’assemblea i 162 paesi membri hanno deciso di aumentare del 20 per cento le risorse per l’Ifad. Si tratta di 560 milioni di dollari da investire in 3 anni nello sviluppo agricolo delle popolazioni povere. India, Arabia saudita, Stati Uniti e molti altri paesi hanno aumentato i loro contributi in modo sostanziale. L’altra nota positiva rilevata dal presidente dell’Ifad è che questi fondi non provengono solo dalle Nazioni industrializzate e dai paesi Opec, ma anche dagli stessi paesi in via di sviluppo. E sull’importanza di aver messo al centro della lotta alla povertà lo sviluppo agricolo, diamo la parola a Lennart Bage.

 

“Adesso vediamo molto più interesse per lo sviluppo agricolo che era stato messo in disparte per 15 anni. Adesso c’è molta più attenzione. La prima testimonianza è che il segretario generale dell’Onu Kofi Annan sia stato qui e che i ministri dello sviluppo hanno messo al centro lo sviluppo agricolo perché la maggior parte dei poveri vive nelle aree rurali”.

 

Del miliardo e 200 milioni di poveri, ben 900 milioni vivono infatti nelle zone agricole. Le donne, poi, costituiscono circa il 70 per cento del totale dei poveri del pianeta. La condizione femminile è stato l’altro tema al centro del dibattito perché si è visto come il miglioramento della situazione della donna generi maggiore benessere per la famiglia e per la società intera  e che i paesi dove si è ridotto il divario nell’istruzione tra ragazzi e ragazze sono anche quelli che hanno raggiunto una maggiore crescita economica. L’obiettivo di questa assemblea del consiglio dei governatori dell’Ifad è stato quello di mettere a punto nuove strategie per adempiere gli impegni presi con la dichiarazione del Millennio, e cioè dimezzare, entro il 2015, la percentuale di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. E proprio con questo fine, la Banca mondiale ha annunciato ieri a Roma una nuova strategia complessiva di cooperazione con la Fao, l’Ifad e il Pam per portare avanti programmi concreti in favore dello sviluppo agricolo. “Prima ci si occupava dei diversi aspetti separatamente”, ha detto il presidente della Banca mondiale James Wolfensohn. Ora, invece, si mette in campo una maggiore collaborazione con queste agenzie delle Nazioni Unite  e si mira soprattutto ad aiutare le piccole comunità agricole dei diversi paesi del mondo, ascoltando le esigenze da loro evidenziate. Non solo, dunque, costruzione di ponti e scuole: il fine è soprattutto quello di mettere in grado queste popolazioni di produrre, di resistere a eventuali carestie e inondazioni, e, possibilmente, di avere accesso ai mercati con merci che possano essere competitive.

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CHIESA E SOCIETA’

22 febbraio 2003

 

 

“POVERTA’ E SETE DI POTERE LE CAUSE DEL CONFLITTO:

URGE UN CAMBIAMENTO RADICALE”. COSI’ I VESCOVI BOLIVIANI SULLA CRISI

CHE STA ATTRAVERSANDO IL LORO PAESE

 

LA PAZ. = Viva preoccupazione per la grave crisi in Bolivia è stata espressa dalla Conferenza episcopale in una nota dal titolo “Messaggio per la pace e la giustizia”. “La causa principale di questo conflitto - scrivono i vescovi - è la povertà della maggioranza dei boliviani, che patisce la mancanza di risposte da parte dei governanti”. “Il sistema politico - proseguono - è degenerato in ricerca del potere che antepone interessi particolari al benessere della nazione. La perdita di fiducia nelle istituzioni dello Stato fa sì che i settori popolari cerchino soluzioni per proprio conto, arrivando così ad una frammentazione politica e sociale che si esprime in azioni irrazionali e ingiustificabili”. Alla base di tutto secondo i vescovi, ci sono “la banalizzazione del valore della vita, la mancanza di rispetto del prossimo, l’egoismo, la sete di potere, il ricorso alla menzogna, la manipolazione della verità e la corruzione che ha invaso ampi settori della vita sociale”. I vescovi esortano perciò i boliviani ad un cambiamento radicale nella maniera di pensare e agire e ad una “vera conversione”. “La pace - sottolineano, citando Giovanni Paolo II - è una sfida permanente, fondata su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà. Non è semplice pacifismo - precisano - che cerca solamente di evitare conflitti, ma un’attitudine di pacificazione dinamica che desidera stabilire il primato della ragione e affermare la dignità della persona”. In conclusione i vescovi si appellano “alla coscienza della classe politica, governo e opposizione”, affinché trovino soluzioni concrete alla crisi politica, economica e sociale che affligge il Paese andino. (M.A.)

 

 

30 MILIONI DI ASIATICI SONO STATI VITTIME NEGLI ULTIMI DECENNI

 DI TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI. E’ QUESTO IL DATO EMERSO A TOKYO DURANTE

UN SIMPOSIO INTERNAZIONALE SUL TRAFFICO DI MINORI

 

TOKYO. = “Il maggior traffico di schiavi della storia”. Così Kul Gautum, vice direttore esecutivo dell'Unicef, ha definito il traffico umano nel Su-Est asiatico durante un simposio internazionale sul traffico di minori svoltosi lo scorso 20 febbraio a Tokyo. Trenta milioni di donne e bambini nell'ultimo trentennio sono stati vittime di questa forma di schiavismo. “Ogni anno - ha affermato Gautum - un milione e duecento mila bambini sono coinvolti in questi traffici, ma la cifra reale potrebbe anche essere più elevata”. La corruzione di polizia e di ufficiali governativi dei Paesi interessati, rende spesso inutili gli sforzi per mettere fine a questo traffico che riguarda principalmente gli adolescenti. “In alcuni Paesi - ha denunciato Gautum - la polizia offre protezione ai criminali ma i governi spesso preferiscono non affrontare la questione”. I partecipanti al convegno hanno marcato la necessità di un maggior coordinamento tra le organizzazioni non governative presenti nei Paesi interessati da questo problema. Le Ong partecipanti al simposio hanno chiesto, infine, campagne di educazione rivolte alle potenziali vittime di questa nuova tratta degli schiavi, che fa del Sud-Est asiatico la regione più colpita da questa piaga. (A.L.)

 

 

IL SACERDOTE SALESIANO WITOLD SZULEZYNSKI, DIRETTORE DELLA CARITAS GEORGIA INSIGNITO DELL’“ORDINE D’ONORE”,

DAL PRESIDENTE SHEVARDNADZE.

ESPULSO DALLA RUSSIA UN ALTRO SACERDOTE CATTOLICO

 

TBILISI - SAN PIETROBURGO. = Il presidente della Georgia Eduard Shevardnadze ha conferito l’“Ordine d’onore”, alta onorificenza dello Stato, al sacerdote salesiano Witold Szulezynski, direttore della Caritas Georgia e collaboratore della nunziatura apostolica di Tbilisi. L’onorificenza è il riconoscimento del contributo che don Szulezynski ha dato allo sviluppo delle relazioni tra la Georgia e Vaticano, attraverso il servizio offerto alle persone povere e abbandonate. La prassi non prevede che sia il presidente della Repubblica a consegnare l’onorificenza, ma Shevardnadze la conferirà personalmente al religioso, come segno dell’apprezzamento del suo operato. Un’altra notizia spiacevole giunge invece dalla Russia. La polizia di Puschkin nella regione di San Pietroburgo ha annullato il permesso di soggiorno al sacerdote cattolico Bronilaw Czaplicki e gli ha concesso due settimane di tempo per lasciare il Paese. Polacco, della arcidiocesi di Katovice, padre Czaplicki svolge da dieci anni il suo ministero nella Federazione Russa. Attualmente è parroco a Puschkin, professore nel seminario di San Pietroburgo e presidente della Commissione  ecclesiastica per i martiri cattolici del XX secolo in Russia. Questa espulsione segue quelle di mons. Jerzy Mazur, vescovo della diocesi di San Giuseppe a Irkutsk, e di altri quattro sacerdoti cattolici avvenute nella primavera del 2002. (M.A)

 

 

PARTE OGGI IN BANGLADESH LA MARCIA PER I DIRITTI DELLE DONNE.

L’INIZIATIVA, PROMOSSA DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI,

ATTRAVERSERA’ IL PAESE PER SOLLECITARE LA CRESCITA DI UNA COSCIENZA NAZIONALE

CONTRO LA VIOLENZA CHE SUBISCONO LE DONNE

 

DHAKA. = L’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha promosso in Bangladesh una “marcia per i diritti delle donne”. La manifestazione, che attraverserà il Paese, ha per obiettivo quello di sollecitare la crescita di una coscienza nazionale sulla violenza che subiscono le donne, inclusi lo sfregio del volto con l’acido ed il traffico di adulte e bambine, spesso destinate alla prostituzione. La marcia, che durerà un mese e coprirà 18 distretti, parte oggi da Tetulia, città nei pressi del confine nordoccidentale. La manifestazione terminerà il 22 marzo nella città di Teknaf, nel Sud-Est del Paese. L’iniziativa, finanziata dall’Oim e dai governi australiano e statunitense, arriverà nella capitale Dhaka l’8 Marzo, giornata internazionale della donna, ed in quell’occasione sarà presente anche il primo ministro Begum Khaleda Zia. Alla marcia parteciperanno anche 40 artisti che attraverso canti folcloristici, rappresentazioni teatrali e balli diffonderanno messaggi contro la discriminazione e le violenze alle donne. (A.L.)

 

 

“LA VITA VA ACCETTATA E VISSUTA NONOSTANTE LE SUE FRAGILITA’”.

COSI’ I VESCOVI FRANCESI NELLA RIFLESSIONE PASTORALE

“LA PREVENZIONE DEL SUICIDIO NEGLI ADOLESCENTI",

UNO STRUMENTO PER AIUTARE SACERDOTI E LAICI AD ESSERE SOLLECITI

NEI CONFRONTI DELLE INQUIETUDINI GIOVANILI

 

PARIGI. = Direzione spirituale e sollecitudine verso i problemi dei giovani: questi  i punti centrali della riflessione pastorale “La prevenzione del suicidio negli adolescenti”, che il Comitato episcopale francese per la salute ha proposto in questi giorni, in occasione della Giornata mondiale del malato. I vescovi esortano con forza parrocchie, movimenti e associazioni ecclesiali a non restare indifferenti di fronte a questa tragedia e ad accompagnare i giovani nel loro cammino verso l’età adulta. Secondo i presuli, è fondamentale che i giovani comprendano che “la vita va accettata e vissuta nonostante le sue fragilità”. Per questo raccomandano ai sacerdoti, ai catechisti e ai formatori di seguire attentamente i giovani, “tentando di decifrare i segnali della loro sofferenza e tristezza”. Con circa 1.000 casi all'anno, infatti, il suicidio rappresenta purtroppo in Francia la seconda causa di mortalità dei giovani tra i 15 e i 20 anni, subito dopo i decessi per incidente stradale. Ciò che preoccupa l'episcopato francese è soprattutto l'entità del problema: dalle statistiche risulta che sempre tra i 15 e i 20 anni, i numeri dei tentativi sono dieci volte superiori a quelli dei suicidi. Il ricorso al suicidio è più frequente tra i ragazzi anche se le ragazze fanno più tentativi. A queste cifre, occorre poi aggiungere altri comportamenti che possono ugualmente definirsi "suicidi", come per esempio la velocità sulle strade, gli sport estremi o il consumo di droghe. Infatti per i vescovi, anche questi gesti, dovuti a “eccessive attese dalla vita” conducono a non apprezzare appieno la bellezza della propria vita. (M.A)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 febbraio 2003

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

Lavora a ritmo serrato la diplomazia internazionale per ricercare una soluzione alla crisi Usa-Iraq. Il premier spagnolo, Jose Maria Aznar, dopo aver incontrato ieri in Texas il presidente statunitense, George W. Bush, è oggi in Messico per incontrare il capo di Stato, Vicente Fox, e esaminare con lui la questione irachena. Intanto, ieri a Roma il premier britannico, Tony Blair, ricevuto stamani in Vaticano da Giovanni Paolo II, ha avuto un colloquio con il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi. “Noi ci auguriamo che la questione irachena possa essere risolta pacificamente - ha detto Blair - ma siamo determinati a far rispettare in ogni modo la risoluzione dell’Onu”. “Tutte le democrazie occidentali ritengono necessario il disarmo dell’Iraq - gli ha fatto eco Berlusconi - e tutte sperano che possa avvenire nella pace”. Sull’incontro ascoltiamo il servizio di Giampiero Guadagni.

 

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(Parole di Blair)

“Non vogliamo la guerra. Nessuno vuole la guerra”. Queste le parole del primo ministro britannico, Tony Blair, che attribuisce a Saddam Hussein la responsabilità di un eventuale attacco. La pace è, dunque, nelle mani del Rais, che ha un’unica strada, quella del disarmo. Blair e Berlusconi ribadiscono la loro posizione comune sulla crisi irachena, già espressa nelle settimane scorse con il cosiddetto documento degli 8 di sostegno agli Stati Uniti. Ci sono, comunque, accenti diversi: il presidente del Consiglio italiano insiste sulla possibilità di evitare il conflitto, ad esempio, con la democratizzazione dell’Iraq e con la forte pressione diplomatica e militare da parte delle Nazioni Unite.

 

(Parole di Berlusconi)

“Non è che gli Stati Uniti d’America dicano: ‘Si attacca domani’. Si dice: ‘Facciamo una pressione militare importante’. E la pressione militare è tale per portare alla pace”.

 

Blair sottolinea i legami tra Saddam e il terrorismo internazionale e rivela che l’intervento armato era già pronto l’estate scorsa, ma Bush decise di aspettare.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Il capo degli ispettori delle Nazioni Unite sull’Iraq, Hans Blix, ha consegnato ieri all’ambasciatore di Baghdad all’Onu una lettera con la quale ordina la distruzione dei missili iracheni di gettata superiore ai 150 km consentiti. Puntuale è arrivata la replica di Baghdad, che si è detta ancora una volta pronta a collaborare con le Nazioni Unite. “Tutte le questioni pendenti - ha detto il ministro degli esteri iracheno, Naji Sabri - possono essere risolte tra le due parti senza pressione esterne”.  

 

Intanto, sembrano essere stati compiuti “piccoli progressi” nella trattativa tra Stati Uniti e Turchia sull’uso del territorio turco per eventuali operazioni militari contro l’Iraq, in cambio di aiuti economici. Lo ha annunciato ieri il segretario di Stato americano, Colin Powell, specificando che i problemi con Ankara sono complessi ma “possono essere risolti”.

 

A margine della crisi irachena, Mohamed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha incontrato oggi il presidente iraniano Mohammad Khatami. El Baradei, in Iran con lo scopo di esaminare siti nucleari sospetti, ha ispezionato solo parzialmente le istallazioni, che, secondo le autorità iraniane, servono per uso civile. Il direttore dell’Aiea lascerà l’Iran stasera, accorciando così di un giorno la sua visita diplomatica. All’origine del viaggio di El Baradei, dunque, i sospetti americani sull’attività nucleare iraniana come ci spiega Alberto Zanconato, dell’agenzia Ansa di Teheran, al microfono di Giancarlo La Vella:

 

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R. - Washington sostiene che un Paese così ricco di risorse naturali come gas e     petrolio come l’Iran non avrebbe assolutamente bisogno di ricorrere all’energia nucleare. L’Iran, invece, sostiene che ne ha bisogno per il proprio sviluppo industriale.

 

D. - Quale potrà essere il ruolo di Teheran in questa crisi irachena?

 

R. - L’Iran continua a dichiararsi contraria ad un attacco all’Iraq. Teme soprattutto una destabilizzazione della regione, che potrebbe avere influenze anche al proprio interno. Certo, continua a ribadire che sicuramente non ama Saddam Hussein e il suo regime, con il quale ha avuto una guerra di 8 anni, e che continua a considerarlo un pericolo alle proprie frontiere. L’Iran, allo stesso tempo, non nasconde che un eventuale sostituzione di Saddam Hussein a Baghdad farebbe piacere, però bisogna vedere con quali mezzi.

 

D. - In caso di conflitto è pensabile ad un appoggio più o meno dichiarato dell’Iran alle forze che attaccheranno Baghdad?

 

R. - L’Iran, prima di assicurare una mezza assistenza agli americani in un conflitto con l’Iraq, vorrebbe essere sicura di poter contare qualcosa nel dopo Saddam.

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Ha preso il via la missione diplomatica in estremo oriente del segretario di Stato americano, Colin Powell. Giunto stamani in Giappone, Powell si recherà poi in Cina e nella Corea del Sud per ricercare una soluzione alla crisi venutasi a creare tra Stati Uniti e Corea del Nord, per i programmi atomici del regime di Pyongyang.

 

Non si ferma la violenza in Medio Oriente, dove oggi due palestinesi sono morti sotto i colpi dei soldati israeliani a Nablus. Sul piano politico israeliano, ieri a Gerusalemme, il leader del Likud, Ariel Sharon, nel tentativo di ricostituire un governo di unità nazionale, ha incontrato il leader laburista, Amram Mitzna.

 

Si è riaccesa la paura attentati ieri a New York quando un incendio scoppiato a Staten Island, nel cuore della città, ha ridestato i fantasmi dell’11 settembre. Lo skyline di Manhattan è stato deturpato da un’altissima colonna di fumo nero levatasi da una raffineria di petrolio, dove per cause accidentali sono divampate le fiamme. Due le vittime dell’incidente.

 

La Croazia ha chiesto ufficialmente di entrare nell’Unione europea. Ieri, ad Atene, il premier croato, Ivica  Racan, ha formalmente consegnato la richiesta al primo ministro greco, Costas Simidis, presidente di turno dei Quindici. L’obiettivo è quello di aggregarsi a Bulgaria e Romania, il cui ingresso è previsto per il 2007. Ma esistono i presupposti perché il Paese balcanico faccia parte dell’Unione? Risponde Ingrid Badurina, corrispondente della Stampa a Zagabria, intervistata da Andrea Sarubbi:

 

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R. -  Dal punto di vista degli standard occidentali non si può dire che la Croazia abbia raggiunto i livelli europei. Comparata con gli altri Paesi, tuttavia, direi sicuramente che è tra i Paesi più sviluppati, non solo della regione, cioè dell’ex Jugoslavia, ma anche di altri Paesi che sono già sul punto di entrare. Dal punto di vista economico, la Croazia è riuscita, malgrado la guerra e le distruzioni, a portare avanti un discorso di riforme. La via seguita è sicuramente quella giusta, che segue gli standard europei.

 

D. - E’ probabile che l’Unione Europea chieda in cambio a Zagabria una maggiore collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja. Com’è la situazione attuale?

 

R. - Il governo non ha mai avuto dubbi sulla necessità di cooperare con l’Aja. Si è, tuttavia, trovato in crisi perché non ha saputo reagire a tempo alla richiesta di estradizione del generale Gotovina; come, tra l’altro, ha giocato sul generale Bobètko. Sicuramente queste due cose hanno gettato un’ombra su questa collaborazione, che fino a quel momento era stata assolutamente buona.

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95 morti e oltre 180 feriti: è il pesante bilancio dell’incendio scoppiato giovedì sera in una discoteca di West Warwick, nello stato orientale di Rhode Island. Le fiamme sarebbero divampate durante un’esibizione di fuochi d’artificio esplosi nel corso di un concerto.

 

 

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