RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 53 - Testo della
Trasmissione sabato 22 febbraio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Parte
oggi in Bangladesh una ‘marcia per i diritti delle donne’ promossa dall’Oim.
La diplomazia internazionale all’opera per
ricercare una soluzione pacifica alla crisi Usa-Iraq.
Si chiude anticipatamente la missione diplomatica
in Iran dell’Aiea.
Ancora violenza in Medio Oriente: altri due
palestinesi uccisi dall’esercito israeliano.
22 febbraio 2003
IN UDIENZA DAL PAPA IL PREMIER BRITANNICO TONY
BLAIR:
IN
PRIMO PIANO, LA GRAVE CRISI IRACHENA E LA CONVENZIONE EUROPEA
- Con
noi il portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls -
Il Papa
ha ricevuto questa mattina in Vaticano il primo ministro della Gran Bretagna,
Tony Blair, con la consorte, i 4 figli e il seguito. L’incontro del Santo Padre
con il premier britannico è iniziato alle ore 11 ed ha avuto un carattere privato. E’ durato mezz’ora ed è stato
definito dal dottor Navarro Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede,
“cordiale” e “approfondito”. Al centro dei colloqui “la complessa congiuntura
internazionale, con particolare riguardo all’Iraq”. Ma ascoltiamo direttamente
il portavoce vaticano al microfono di Carla Cotignoli:
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R. – Il Santo Padre da questo punto di vista ha
auspicato che nella soluzione della grave situazione in Iraq si faccia ogni
sforzo per evitare al mondo nuove divisioni. E’ chiaro che si è ribadito anche
la necessità che tutte le parti interessate in questa situazione possano
collaborare con l’organizzazione delle Nazioni Unite e sappiano adoperare le
risorse offerte dal diritto internazionale per scongiurare la tragedia di una
guerra che da più parti – come stiamo vedendo ogni giorno – si reputa ancora
evitabile. Uno dei temi in cui naturalmente si è fatta anche particolare
menzione è stata la situazione umanitaria del popolo iracheno, già tanto
duramente provato da lunghi anni di embargo.
D.- E’ noto che le posizioni del premier
britannico Tony Blair non sono in piena consonanza con quelle del Papa. Dai
colloqui di questa mattina quali reazioni, quali le posizioni emerse da parte
britannica?
R. – Penso che la preoccupazione comune di tutti
di evitare la guerra era ovviamente in tutte le parti questa mattina, durante i
colloqui; di fare ogni sforzo per evitare un intervento armato. Da questo punto
di vista si è ribadito che si deve collaborare con l’organizzazione delle
Nazioni Unite, come una via per tutelare
il diritto internazionale: penso che anche questo sia stato un punto di
vista comune.
D. – Sono stati toccati altri temi durante il
colloquio con il Papa?
R.- Sì, c‘è stato uno scambio di opinioni sul
futuro Trattato costituzionale dell’Europa e da parte della Santa Sede si è
espresso il voto per un riconoscimento esplicito delle Chiese e comunità dei
credenti nonché per un impegno dell’Unione Europea a mantenere con esse un
dialogo strutturato.
D. – E a riguardo, quale la posizione del premier Tony Blair?
R. – Penso che il premier britannico abbia accolto
questo punto di vista con grande interesse.
D. – Un’ultima domanda: a conclusione di questa
visita si può dire che sono rafforzate le speranze di pace?
R. – Io penso di sì. Penso che è quello che in fin
dei conti si augura tutta la comunità internazionale. Il tema è sviluppare le
iniziative che possano evitare un intervento armato, da tutte le parti
naturalmente. Quando si parla di rispetto del diritto internazionale ci si
augura che questo rispetto venga da tutte le parti, naturalmente da parte
dell’Iraq, naturalmente da parte della comunità internazionale.
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Subito
dopo il colloquio privato con il primo ministro Tony Blair, il Papa ha ricevuto
la famiglia che lo accompagnava. Il
premier britannico si è poi incontrato anche
con il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, e con l’arcivescovo
Jean Louis Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati.
Prosegue così l’intensa azione diplomatica della Santa
Sede, tesa a incoraggiare una soluzione pacifica alla crisi irachena. L’udienza
del Papa con il premier britannico fa seguito al colloquio avvenuto martedì
scorso con il segretario generale dell’Onu Kofi Annan; all’incontro con il
vice-premier iracheno, Tarek Aziz dello scorso venerdì, e alla missione del
cardinale Roger Etchegaray in Iraq, dove il porporato aveva avuto un colloquio
con Saddam Hussein al quale aveva consegnato una lettera del Papa.
COLTIVARE
LE BUONE RELAZIONI CON IL MONDO MUSULMANO,
PER
FAVORIRE LA PACIFICA COESISTENZA E UN MAGGIORE ARRICCHIMENTO
SPIRITUALE
E CULTURALE DELLE POPOLAZIONI DEL MAGHREB.
COSI’
IL PAPA AI VESCOVI DEL NORDAFRICA, IN VISITA AD LIMINA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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Proseguire “con pazienza e
determinazione” il dialogo interreligioso con il mondo musulmano per superare
“le reciproche diffidenze”, giacché nel terzo millennio appena imboccato il
cammino della pace “è già irto di ostacoli”. E’ questa una delle esortazioni
centrali del discorso rivolto oggi da Giovanni Paolo II ai vescovi della
regione del Nord Africa (Cernai), ricevuti a conclusione della visita ad
Limina.
E’ una regione che ha
conosciuto molti cambiamenti, quella della Maghreb, ha constatato il Papa:
perché toccata anch’essa dal fenomeno della mondializzazione, ma soprattutto
perché lo sviluppo degli scambi tra le aree a nord e a sud del Sahara si è
intensificato, provocando molti spostamenti all’interno delle popolazioni
locali. Spostamenti che hanno mutato il tessuto sociale di quei Paesi. Il
Pontefice ha lodato, in questo senso, la recente iniziativa della Cernai, volta
ad avviare un’adeguata riflessione pastorale su questi scenari tuttora fluidi
ed ha invitato i presuli a “intensificare” questo lavoro, giacché “lo scambio
dei doni - ha osservato il Pontefice - è una grazia di arricchimento e di
rinnovamento per tutte le parti interessate”.
In tale contesto, Giovanni
Paolo II si è poi soffermato a lungo sulla “ricchezza delle differenti
tradizioni spirituali”, oltre che umane e sociali, che caratterizza l’Africa
settentrionale. “Voi sottolineate, cari fratelli, la buona qualità dei rapporti
tra i cristiani delle vostre comunità con le popolazioni musulmane”. Ebbene, ha
affermato il Papa, continuate ad “incoraggiare questi incontri, di giorno in
giorno, come una priorità, perché essi contribuiscono ad evolvere, da una parte
e dall’altra, la mentalità”, in modo diverso da ciò “che veicolano troppo
spesso i media”. Lungo il cammino del dialogo, ha notato Giovanni Paolo II,
anche la promozione della cultura “occupa una parte importante” dell’impegno
dell’episcopato nordafricano. Un’attenzione doverosa, che consente agli
abitanti del Maghreb, ai giovani studenti in particolare, di conoscere e
riscoprire più a fondo le proprie radici. Ma, accanto a ciò, non vanno
dimenticate quelle categorie deboli, che purtroppo popolano molta parte dell’area:
i poveri, i malati, i portatori di handicap, i migranti. Continuate, attraverso
gli organismi della Caritas, “in collaborazione con le altre associazioni
locali - ha detto il Papa - a testimoniare la carità di Cristo, venuto per
alleviare tutti coloro che soffrono”.
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LA VOSTRA
TESTIMONIANZA RADICALE DELLA POVERTA’ EVANGELICA
NON
RAGGIUNGE SOLO I PIU’ POVERI, MA ANCHE COLORO CHE SONO ALLA RICERCA
DI UN
SENSO DELLA VITA. COSI’ IL PAPA NELLA LETTERA A SUOR NIRMALA,
IN
OCCASIONE DEL CAPITOLO GENERALE DELLE MISSIONARIE DELLA CARITA’
FONDATE DA MADRE TERESA DI CALCUTTA
“In un mondo consumato dalla bramosia del possesso, la
vostra vita umile, ma ricca della povertà evangelica, è una eloquente
testimonianza che Dio è la vera ricchezza del cuore umano”. Così il Papa si
rivolge, con una lettera a Suor Nirmala, succeduta a Madre Teresa di Calcutta,
come superiora generale delle Missionarie della Carità, in occasione
dell’ottavo Capitolo generale in corso a Calcutta. Servizio di Carla Cotignoli.
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E’ quello di quest’anno, un avvenimento “speciale” per le
figlie spirituali di madre Teresa. Lo
evidenzia il Papa stesso: è infatti la prima volta, dalla morte della loro
fondatrice che una rappresentanza delle comunità sparse nel mondo, si incontrano
nella loro ‘casa-madre’, a Calcutta.
Il
Papa le incoraggia ad essere fedeli all’”ispirazione originale”, raccomanda una
continua formazione e richiama la
figura di madre Teresa: “Era sempre piena dell’amore di Cristo” – scrive. Da
lui “attingeva una forza interiore
senza limiti”. E’ così - aggiunge – che
“ha potuto essere Missionaria della Carità sia di nome che di fatto”.
“Sostenuta dal silenzio della contemplazione, senza sosta, portò l’amore di
Cristo alla gente in cui incontrava Cristo”. Il Papa ha ribadito che è questa
una caratteristica tipica dell’amore cristiano: “non è semplicemente un atto di
carità, ma anche un incontro con Cristo stesso nel povero”. “Voi siete le sue
eredi spirituali, le sue figlie amate, – scrive - seguendo il suo esempio,
sarete rafforzate nella chiamata a servire Dio nei più poveri tra i
poveri”.
“La
vostra testimonianza radicale all’amore di Cristo – prosegue il Papa - è una
parola potente che raggiunge sia coloro che voi servite che tutti coloro che sono
alla ricerca di un significato più profondo della vita”. Il Papa incoraggia le
figlie spirituali di Madre Teresa a continuare ad essere un esempio luminoso
specie per le giovani generazioni che si trovano non solo in situazioni di
povertà materiale, ma anche di impoverimento spirituale”.
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SOSTENETE LA FAMIGLIA E CONTINUATE AD INVESTIRE
SUI GIOVANI.
E’
L’INVITO DEL PAPA NELL’UDIENZA AI RAPPRESENTANTI
DELLA
FEDERAZIONE NAZIONALE DEL LAVORO
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
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Sostegno
alla famiglia e formazione dei giovani. Sono queste le due priorità richiamate
oggi da Giovanni Paolo II nel discorso rivolto a 350 Cavalieri del lavoro
italiani in occasione dell’incontro promosso dalla loro Federazione nazionale.
L’udienza con il Santo Padre è stata preceduta da una Messa celebrata nella chiesa
romana di Santo Spirito in Sassia dal cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.
Richiamandosi
all’enciclica “Sollicitudo rei socialis”, il Pontefice ha ricordato che
“la collaborazione allo sviluppo di tutto l’uomo e di ogni uomo è un dovere di
tutti verso tutti”. “Siate i paladini ed i primi testimoni – ha affermato il
Papa - di questo dovere universale”.
“Si
tratta di un compito ancor più urgente alla luce dell’attuale evoluzione della
società, segnata dal processo di globalizzazione, all’interno del quale vanno
salvaguardati il valore della solidarietà, la garanzia di accesso alle risorse
e l’equa distribuzione della ricchezza prodotta”.
Nella
società contemporanea la famiglia è penalizzata dalle regole imposte dalla
produzione e dal mercato. “Tra i vostri sforzi – ha aggiunto Giovanni Paolo II
– ci sia quello di sostenerla efficacemente, perché sia sempre più rispettata
come soggetto attivo anche del settore della produzione e dell’economia”.
“Continuate
ad investire sui giovani, aiutandoli a superare il divario esistente tra la
formazione scolastica e le reali esigenze delle imprese di produzione”.
“Permetterete
così alle nuove generazioni – ha concluso il Papa - grazie anche ad un saldo ancoraggio al patrimonio dei valori
umani e cristiani, di contribuire a rendere il mondo del lavoro sempre più a
misura d’uomo”.
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ALTRE
UDIENZE DI OGGI. NUOVI NUNZI IN BULGARIA E IN BELGIO E LUSSEMBURGO.
RINUNCE
E NOMINE IN MOZAMBICO E SENEGAL.
PROVVISTA
DI EPARCHIA MARONITA IN MESSICO
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto l’arcivescovo Stephen
Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti
e degli itineranti.
Il Pontefice ha inoltre ricevuto l’ambasciatore di Costa
d’Avorio, Louis Esmel, in visita di congedo.
In udienza dal Papa, infine, il cardinale Giovanni
battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato il cardinale arcivescovo di
Bombay, Ivan Dias, suo inviato speciale alle celebrazioni per il decimo
anniversario della storica visita pontificia in Albania, che sono in programma
a Tirana il prossimo 25 aprile.
Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Bulgaria
l’arcivescovo Giuseppe Leanza, finora nunzio in Slovenia, in Bosnia Erzegovina
e nella Repubblica di Macedonia. Il presule subentra in questo incarico
all’arcivescovo Antonio Mennini, nominato a sua volta dal Papa il 6 novembre
dello scorso anno rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa.
Il Pontefice ha pure nominato nunzio apostolico in Belgio
e in Lussemburgo l’arcivescovo tedesco Karl Josef Rauber, finora nunzio
apostolico in Ungheria e Moldova.
In Mozambico, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia
al governo pastorale dell’arcidiocesi di Maputo, presentata dal cardinale
Alexandre José Maria dos Santos, dell’Ordine dei Frati Minori, per raggiunti
limiti di età. Il Papa ha quindi nominato nuovo arcivescovo metropolita di
Maputo mons. Francisco Chimoio, francescano cappuccino, finora vescovo di
Pemba.
In Senegal, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Saint Loius du Sènégal, presentata dal
vescovo mons. Pierre Sagna, della Congregazione dello Spirito Santo, in
conformità alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”.
Come nuovo vescovo di Saint Louis di Sénégal, Giovanni Paolo II ha nominato il
sacerdote Ernest Sambou, di 55 anni, attuale rettore dell’Institut Catholique de
l’Afrique de l’Ouest, ad Abidjan.
Il Papa ha infine nominato vescovo dell’eparchia di
Nuestra Señora de los Màrtires del Lìbano en México dei Maroniti il sacerdote
54enne padre Georges M. Saad Abi Younes, finora superiore della missione
dell’Ordine Libanese Maronita e parroco della comunità maronita a Città del
Messico.
DOVE VA OGGI LA RICERCA BIOMEDICA?
DA
LUNEDI’ A MERCOLEDI’ PROSSIMO IN VATICANO
LA IX
ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PRO VITA
CON
NOI IL VESCOVO ELIO SGRECCIA
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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I lavori verteranno sul tema “Etica della ricerca
biomedica per una visione cristiana”. Lo scopo è di conoscere dove va oggi la
ricerca biomedica. Sappiamo che dalla ricerca ci si attende tanto per la
guarigione delle malattie ancora non domate e sappiamo pure che dalla ricerca
biomedica alle volte escono fuori cose preoccupanti: clonazione, utilizzazione
degli embrioni e così via. La prima giornata sarà dedicata a una grande tavola
rotonda con scienziati ben conosciuti nel loro campo, per sapere nei vari
settori della ricerca biomedica che cosa si prospetta, che cosa si intravede e
dove essa è diretta: questo il primo scopo, ascoltare dagli scienziati stessi e
dagli storici della scienza cosa si profila all’orizzonte. Nei due giorni
successivi, martedì e mercoledì, sarà focalizzata l’etica della ricerca biomedica. Ma a questo punto diamo la
parola al vescovo Elio Sgreccia, vice presidente della Pontificia Accademia Pro
Vita:
R. - Questo è un compito, direi, di tutti coloro che fanno
ricerca, ma è compito anche della Chiesa ricordare ai ricercatori quali siano i
valori e gli orizzonti da preservare e le norme etiche da custodire,
soprattutto quelle che riguardano la sperimentazione sull’uomo e gli esiti di
questa sperimentazione, quando la ricerca può esitare appunto in manipolazioni
vere e proprie. Altro obiettivo è quello di vedere quali siano i compiti della
Chiesa. La Chiesa ha delle istituzioni di ricerca: le Università cattoliche, le
facoltà di medicina, gli istituti di cura, di cui in Italia solamente ce ne
sono una trentina. Allora, qual è il compito che devono assumere questi
istituti di ricerca nell’ambito della Chiesa? Dare una testimonianza.
D. – I ricercatori, Eccellenza, tengono conto delle
indicazioni del Magistero?
R. –Da Pio XII in poi la parola dei Pontefici è stata
molto ascoltata. Quest’anno ricordiamo i 50 anni di un celebre discorso che Pio
XII fece alla Società degli istologi nel’53, dove affermava che il bene
dell’uomo è superiore agli esiti della scienza, è superiore anche all’economia
e che quindi non si può mai usare la scienza contro l’uomo. Molte di queste
norme, diciamo così, che sono state indicate da Pio XII, dai documenti della
Chiesa, sono entrate nei codici deontologici. Sul piano della sperimentazione,
sul piano dei trapianti, la voce della Chiesa è ascoltata anche quando non
viene recepita nelle leggi. Noi sentiamo oggi che quando si tratta di
clonazione, per esempio, o di uso delle cellule staminali, embrionali e non
embrionali - questo grande problema che va a finire fino all’Onu nelle prossime
settimane - la voce della Chiesa cattolica è sempre tenuta in conto. Quindi
abbiamo un dovere, che è quello di dare sempre testimonianza, che essa venga o
non venga accolta.
Torniamo ai lavori dell’Assemblea: il panorama delle
relazioni comprende una vasta gamma di problemi che vanno da quelli fondativi,
storici, filosofici, fino ai campi della sperimentazione sugli embrioni, alle
politiche della ricerca e così via. Tutte le relazioni su questi argomenti
saranno poi pubblicate. In apertura dei lavori ci sarà l’intervento
magisteriale del Santo Padre che riceverà i partecipanti all’Assemblea nella
Sala Clementina. Al termine, una dichiarazione finale offrirà la sintesi del
dibattito
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La pace è l'unica
"alternativa" possibile è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento
alla sempre più delicata situazione in Iraq. All'interno, nel dare notizia che
in Pakistan, grazie anche all'impegno della Fao, è stato sconfitto il morbo mortale
della peste bovina, si sottolinea che, nel momento in cui il mondo è sull'orlo
di un possibile conflitto, sono queste le "guerre" che vanno
combattute e vinte. Riguardo al Medio Oriente, si sottolinea che vi è ancora
violenza nonostante l'appello a smilitarizzare l'Intifada.
Nelle vaticane, nel discorso
alla Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa, il Papa ha esortato i
Presuli ad essere determinati e forti nel vivere il Vangelo della Pace. Nella
Lettera alla Superiora Generale della Congregazione delle Missionarie della
Carità, Giovanni Paolo II sottolinea che Madre Teresa ha testimoniato che
l'amore cristiano è un incontro con Cristo stesso nei più poveri tra i poveri.
Nel discorso alla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, il Santo Padre
ha formulato l'invito ad essere paladini di un "dovere" universale:
collaborare allo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo.
Nelle pagine estere, Africa: il
dramma quotidiano di quattro milioni di rifugiati.
Stati Uniti: terrificanti
conseguenze dell'incendio nella discoteca, che ha provocato novantasei morti.
Nella pagina culturale, un
contributo di Giovanni Marchi dal titolo: Un "artificiere" del
linguaggio; a 100 anni dalla morte di Raymond Queneau.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica con il puntuale riferimento alla crisi
irachena. Attenzione ai temi del fisco e dell'ambiente.
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LO SVILUPPO AGRICOLO CONTRO LA
POVERTA’ E LA FAME:
I NUOVI PASSI DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
- Ai nostri microfoni Lennart Bage -
La comunità internazionale rinnova il suo impegno per sconfiggere la fame nel mondo e mette
al centro delle sue strategie lo sviluppo agricolo delle popolazioni povere:
questa settimana la città di Roma è stata testimone di due passi rilevanti in
questa direzione. Nel corso dell’annuale assemblea i Paesi membri del Fondo
internazionale per lo sviluppo rurale, Ifad, si sono impegnati ad aumentare del
20 per cento le risorse per questa agenzia delle Nazioni Unite e, sempre nella
capitale italiana, la Banca mondiale ha annunciato una cooperazione più stretta
con Fao e Ifad. Il servizio di Debora Donnini.
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Un
punto di svolta. Così il presidente dell’Ifad Lennart Bage ha commentato questo summit che ha visto invertire un
trend negativo: dopo 15 anni di diminuzione dei fondi, con quest’assemblea i
162 paesi membri hanno deciso di aumentare del 20 per cento le risorse per
l’Ifad. Si tratta di 560 milioni di dollari da investire in 3 anni nello
sviluppo agricolo delle popolazioni povere. India, Arabia saudita, Stati Uniti
e molti altri paesi hanno aumentato i loro contributi in modo sostanziale.
L’altra nota positiva rilevata dal presidente dell’Ifad è che questi fondi non
provengono solo dalle Nazioni industrializzate e dai paesi Opec, ma anche dagli
stessi paesi in via di sviluppo. E sull’importanza di aver messo al centro della
lotta alla povertà lo sviluppo agricolo, diamo la parola a Lennart Bage.
“Adesso vediamo
molto più interesse per lo sviluppo agricolo che era stato messo in disparte
per 15 anni. Adesso c’è molta più attenzione. La prima testimonianza è che il
segretario generale dell’Onu Kofi Annan sia stato qui e che i ministri dello
sviluppo hanno messo al centro lo sviluppo agricolo perché la maggior parte dei
poveri vive nelle aree rurali”.
Del miliardo e 200 milioni di poveri, ben 900 milioni
vivono infatti nelle zone agricole. Le donne, poi, costituiscono circa il 70 per
cento del totale dei poveri del pianeta. La condizione femminile è stato
l’altro tema al centro del dibattito perché si è visto come il miglioramento
della situazione della donna generi maggiore benessere per la famiglia e per la
società intera e che i paesi dove si è
ridotto il divario nell’istruzione tra ragazzi e ragazze sono anche quelli che
hanno raggiunto una maggiore crescita economica. L’obiettivo di questa
assemblea del consiglio dei governatori dell’Ifad è stato quello di mettere a
punto nuove strategie per adempiere gli impegni presi con la dichiarazione del
Millennio, e cioè dimezzare, entro il 2015, la percentuale di popolazione che
vive con meno di un dollaro al giorno. E proprio con questo fine, la Banca
mondiale ha annunciato ieri a Roma una nuova strategia complessiva di
cooperazione con la Fao, l’Ifad e il Pam per portare avanti programmi concreti
in favore dello sviluppo agricolo. “Prima ci si occupava dei diversi aspetti
separatamente”, ha detto il presidente della Banca mondiale James Wolfensohn.
Ora, invece, si mette in campo una maggiore collaborazione con queste agenzie
delle Nazioni Unite e si mira soprattutto
ad aiutare le piccole comunità agricole dei diversi paesi del mondo, ascoltando
le esigenze da loro evidenziate. Non solo, dunque, costruzione di ponti e
scuole: il fine è soprattutto quello di mettere in grado queste popolazioni di
produrre, di resistere a eventuali carestie e inondazioni, e, possibilmente, di
avere accesso ai mercati con merci che possano essere competitive.
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22 febbraio 2003
“POVERTA’ E SETE DI POTERE LE CAUSE DEL
CONFLITTO:
URGE UN CAMBIAMENTO RADICALE”.
COSI’ I VESCOVI BOLIVIANI SULLA CRISI
CHE STA ATTRAVERSANDO IL LORO
PAESE
LA PAZ.
= Viva preoccupazione per la grave crisi in Bolivia è stata espressa dalla Conferenza
episcopale in una nota dal titolo “Messaggio per la pace e la giustizia”. “La
causa principale di questo conflitto - scrivono i vescovi - è la povertà della
maggioranza dei boliviani, che patisce la mancanza di risposte da parte dei
governanti”. “Il sistema politico - proseguono - è degenerato in ricerca del
potere che antepone interessi particolari al benessere della nazione. La
perdita di fiducia nelle istituzioni dello Stato fa sì che i settori popolari
cerchino soluzioni per proprio conto, arrivando così ad una frammentazione
politica e sociale che si esprime in azioni irrazionali e ingiustificabili”.
Alla base di tutto secondo i vescovi, ci sono “la banalizzazione del valore
della vita, la mancanza di rispetto del prossimo, l’egoismo, la sete di potere,
il ricorso alla menzogna, la manipolazione della verità e la corruzione che ha
invaso ampi settori della vita sociale”. I vescovi esortano perciò i boliviani
ad un cambiamento radicale nella maniera di pensare e agire e ad una “vera
conversione”. “La pace - sottolineano, citando Giovanni Paolo II - è una sfida
permanente, fondata su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà.
Non è semplice pacifismo - precisano - che cerca solamente di evitare
conflitti, ma un’attitudine di pacificazione dinamica che desidera stabilire il
primato della ragione e affermare la dignità della persona”. In conclusione i
vescovi si appellano “alla coscienza della classe politica, governo e
opposizione”, affinché trovino soluzioni concrete alla crisi politica,
economica e sociale che affligge il Paese andino. (M.A.)
30
MILIONI DI ASIATICI SONO STATI VITTIME NEGLI ULTIMI DECENNI
DI
TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI. E’ QUESTO IL DATO EMERSO A TOKYO DURANTE
UN SIMPOSIO INTERNAZIONALE SUL TRAFFICO DI MINORI
TOKYO.
= “Il maggior traffico di schiavi della storia”. Così Kul Gautum, vice
direttore esecutivo dell'Unicef, ha definito il traffico umano nel Su-Est
asiatico durante un simposio internazionale sul traffico di minori svoltosi lo
scorso 20 febbraio a Tokyo. Trenta milioni di donne e bambini nell'ultimo
trentennio sono stati vittime di questa forma di schiavismo. “Ogni anno - ha
affermato Gautum - un milione e duecento mila bambini sono coinvolti in questi
traffici, ma la cifra reale potrebbe anche essere più elevata”. La corruzione
di polizia e di ufficiali governativi dei Paesi interessati, rende spesso
inutili gli sforzi per mettere fine a questo traffico che riguarda
principalmente gli adolescenti. “In alcuni Paesi - ha denunciato Gautum - la
polizia offre protezione ai criminali ma i governi spesso preferiscono non
affrontare la questione”. I partecipanti al convegno hanno marcato la necessità
di un maggior coordinamento tra le organizzazioni non governative presenti nei
Paesi interessati da questo problema. Le Ong partecipanti al simposio hanno
chiesto, infine, campagne di educazione rivolte alle potenziali vittime di
questa nuova tratta degli schiavi, che fa del Sud-Est asiatico la regione più
colpita da questa piaga. (A.L.)
IL SACERDOTE SALESIANO WITOLD SZULEZYNSKI,
DIRETTORE DELLA CARITAS GEORGIA INSIGNITO DELL’“ORDINE D’ONORE”,
DAL
PRESIDENTE SHEVARDNADZE.
ESPULSO
DALLA RUSSIA UN ALTRO SACERDOTE CATTOLICO
TBILISI
- SAN PIETROBURGO. = Il presidente della Georgia Eduard Shevardnadze ha
conferito l’“Ordine d’onore”, alta onorificenza dello Stato, al sacerdote
salesiano Witold Szulezynski, direttore della Caritas Georgia e collaboratore
della nunziatura apostolica di Tbilisi. L’onorificenza è il riconoscimento del
contributo che don Szulezynski ha dato allo sviluppo delle relazioni tra la
Georgia e Vaticano, attraverso il servizio offerto alle persone povere e
abbandonate. La prassi non prevede che sia il presidente della Repubblica a
consegnare l’onorificenza, ma Shevardnadze la conferirà personalmente al
religioso, come segno dell’apprezzamento del suo operato. Un’altra notizia
spiacevole giunge invece dalla Russia. La polizia di Puschkin nella regione di
San Pietroburgo ha annullato il permesso di soggiorno al sacerdote cattolico
Bronilaw Czaplicki e gli ha concesso due settimane di tempo per lasciare il
Paese. Polacco, della arcidiocesi di Katovice, padre Czaplicki svolge da dieci
anni il suo ministero nella Federazione Russa. Attualmente è parroco a
Puschkin, professore nel seminario di San Pietroburgo e presidente della
Commissione ecclesiastica per i martiri
cattolici del XX secolo in Russia. Questa espulsione segue quelle di mons.
Jerzy Mazur, vescovo della diocesi di San Giuseppe a Irkutsk, e di altri quattro
sacerdoti cattolici avvenute nella primavera del 2002. (M.A)
PARTE OGGI IN BANGLADESH LA MARCIA PER
I DIRITTI DELLE DONNE.
L’INIZIATIVA,
PROMOSSA DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI,
ATTRAVERSERA’
IL PAESE PER SOLLECITARE LA CRESCITA DI UNA COSCIENZA NAZIONALE
CONTRO
LA VIOLENZA CHE SUBISCONO LE DONNE
DHAKA. = L’organizzazione internazionale per le
migrazioni (Oim) ha promosso in Bangladesh una “marcia per i diritti delle
donne”. La manifestazione, che attraverserà il Paese, ha per obiettivo quello
di sollecitare la crescita di una coscienza nazionale sulla violenza che
subiscono le donne, inclusi lo sfregio del volto con l’acido ed il traffico di
adulte e bambine, spesso destinate alla prostituzione. La marcia, che durerà un
mese e coprirà 18 distretti, parte oggi da Tetulia, città nei pressi del
confine nordoccidentale. La manifestazione terminerà il 22 marzo nella città di
Teknaf, nel Sud-Est del Paese. L’iniziativa, finanziata dall’Oim e dai governi
australiano e statunitense, arriverà nella capitale Dhaka l’8 Marzo, giornata
internazionale della donna, ed in quell’occasione sarà presente anche il primo
ministro Begum Khaleda Zia. Alla marcia parteciperanno anche 40 artisti che
attraverso canti folcloristici, rappresentazioni teatrali e balli diffonderanno
messaggi contro la discriminazione e le violenze alle donne. (A.L.)
“LA VITA VA ACCETTATA E VISSUTA
NONOSTANTE LE SUE FRAGILITA’”.
COSI’
I VESCOVI FRANCESI NELLA RIFLESSIONE PASTORALE
“LA
PREVENZIONE DEL SUICIDIO NEGLI ADOLESCENTI",
UNO
STRUMENTO PER AIUTARE SACERDOTI E LAICI AD ESSERE SOLLECITI
NEI
CONFRONTI DELLE INQUIETUDINI GIOVANILI
PARIGI.
= Direzione spirituale e sollecitudine verso i problemi dei giovani:
questi i punti centrali della
riflessione pastorale “La prevenzione del suicidio negli adolescenti”, che il
Comitato episcopale francese per la salute ha proposto in questi giorni, in
occasione della Giornata mondiale del malato. I vescovi esortano con forza
parrocchie, movimenti e associazioni ecclesiali a non restare indifferenti di
fronte a questa tragedia e ad accompagnare i giovani nel loro cammino verso
l’età adulta. Secondo i presuli, è fondamentale che i giovani comprendano che
“la vita va accettata e vissuta nonostante le sue fragilità”. Per questo
raccomandano ai sacerdoti, ai catechisti e ai formatori di seguire attentamente
i giovani, “tentando di decifrare i segnali della loro sofferenza e tristezza”.
Con circa 1.000 casi all'anno, infatti, il suicidio rappresenta purtroppo in
Francia la seconda causa di mortalità dei giovani tra i 15 e i 20 anni, subito
dopo i decessi per incidente stradale. Ciò che preoccupa l'episcopato francese
è soprattutto l'entità del problema: dalle statistiche risulta che sempre tra i
15 e i 20 anni, i numeri dei tentativi sono dieci volte superiori a quelli dei
suicidi. Il ricorso al suicidio è più frequente tra i ragazzi anche se le
ragazze fanno più tentativi. A queste cifre, occorre poi aggiungere altri
comportamenti che possono ugualmente definirsi "suicidi", come per
esempio la velocità sulle strade, gli sport estremi o il consumo di droghe.
Infatti per i vescovi, anche questi gesti, dovuti a “eccessive attese dalla
vita” conducono a non apprezzare appieno la bellezza della propria vita. (M.A)
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22 febbraio 2003
- A cura di Barbara Castelli -
Lavora a ritmo serrato la diplomazia internazionale per
ricercare una soluzione alla crisi Usa-Iraq. Il premier spagnolo, Jose Maria
Aznar, dopo aver incontrato ieri in Texas il presidente statunitense, George W.
Bush, è oggi in Messico per incontrare il capo di Stato, Vicente Fox, e
esaminare con lui la questione irachena. Intanto, ieri a Roma il premier
britannico, Tony Blair, ricevuto stamani in Vaticano da Giovanni Paolo II, ha
avuto un colloquio con il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi.
“Noi ci auguriamo che la questione irachena possa essere risolta pacificamente
- ha detto Blair - ma siamo determinati a far rispettare in ogni modo la
risoluzione dell’Onu”. “Tutte le democrazie occidentali ritengono necessario il
disarmo dell’Iraq - gli ha fatto eco Berlusconi - e tutte sperano che possa
avvenire nella pace”. Sull’incontro ascoltiamo il servizio di Giampiero
Guadagni.
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(Parole
di Blair)
“Non
vogliamo la guerra. Nessuno vuole la guerra”. Queste le parole del primo
ministro britannico, Tony Blair, che attribuisce a Saddam Hussein la
responsabilità di un eventuale attacco. La pace è, dunque, nelle mani del Rais,
che ha un’unica strada, quella del disarmo. Blair e Berlusconi ribadiscono la
loro posizione comune sulla crisi irachena, già espressa nelle settimane scorse
con il cosiddetto documento degli 8 di sostegno agli Stati Uniti. Ci sono,
comunque, accenti diversi: il presidente del Consiglio italiano insiste sulla
possibilità di evitare il conflitto, ad esempio, con la democratizzazione
dell’Iraq e con la forte pressione diplomatica e militare da parte delle
Nazioni Unite.
(Parole di Berlusconi)
“Non è che gli
Stati Uniti d’America dicano: ‘Si attacca domani’. Si dice: ‘Facciamo una
pressione militare importante’. E la pressione militare è tale per portare alla
pace”.
Blair sottolinea i legami tra Saddam e il terrorismo
internazionale e rivela che l’intervento armato era già pronto l’estate scorsa,
ma Bush decise di aspettare.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Il capo degli ispettori delle Nazioni Unite sull’Iraq,
Hans Blix, ha consegnato ieri all’ambasciatore di Baghdad all’Onu una lettera con
la quale ordina la distruzione dei missili iracheni di gettata superiore ai 150
km consentiti. Puntuale è arrivata la replica di Baghdad, che si è
detta ancora una volta pronta a collaborare con le Nazioni Unite. “Tutte le
questioni pendenti - ha detto il ministro degli esteri iracheno, Naji Sabri -
possono essere risolte tra le due parti senza pressione esterne”.
Intanto, sembrano essere stati compiuti “piccoli
progressi” nella trattativa tra Stati Uniti e Turchia sull’uso del territorio
turco per eventuali operazioni militari contro l’Iraq, in cambio di aiuti
economici. Lo ha annunciato ieri il segretario di Stato americano, Colin
Powell, specificando che i problemi con Ankara sono complessi ma “possono
essere risolti”.
A margine della crisi irachena,
Mohamed El Baradei, direttore generale dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica, ha incontrato oggi il presidente iraniano Mohammad Khatami.
El Baradei, in Iran con lo scopo di esaminare siti nucleari sospetti, ha
ispezionato solo parzialmente le istallazioni, che, secondo le autorità
iraniane, servono per uso civile. Il direttore dell’Aiea lascerà l’Iran
stasera, accorciando così di un giorno la sua visita diplomatica. All’origine del viaggio di El
Baradei, dunque, i sospetti americani sull’attività nucleare iraniana come ci
spiega Alberto Zanconato, dell’agenzia Ansa di Teheran, al microfono di
Giancarlo La Vella:
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R. - Washington
sostiene che un Paese così ricco di risorse naturali come gas e petrolio come l’Iran non avrebbe assolutamente
bisogno di ricorrere all’energia nucleare. L’Iran, invece, sostiene che ne ha
bisogno per il proprio sviluppo industriale.
D. - Quale potrà essere il ruolo di Teheran in questa
crisi irachena?
R. - L’Iran continua a dichiararsi contraria ad un attacco
all’Iraq. Teme soprattutto una destabilizzazione della regione, che potrebbe
avere influenze anche al proprio interno. Certo, continua a ribadire che
sicuramente non ama Saddam Hussein e il suo regime, con il quale ha avuto una
guerra di 8 anni, e che continua a considerarlo un pericolo alle proprie
frontiere. L’Iran, allo stesso tempo, non nasconde che un eventuale
sostituzione di Saddam Hussein a Baghdad farebbe piacere, però bisogna vedere
con quali mezzi.
D. - In caso di conflitto è pensabile ad un appoggio più o
meno dichiarato dell’Iran alle forze che attaccheranno Baghdad?
R. - L’Iran, prima di assicurare una mezza assistenza agli
americani in un conflitto con l’Iraq, vorrebbe essere sicura di poter contare
qualcosa nel dopo Saddam.
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Ha preso il via la missione diplomatica in estremo oriente
del segretario di Stato americano, Colin Powell. Giunto stamani in Giappone,
Powell si recherà poi in Cina e nella Corea del Sud per ricercare una soluzione
alla crisi venutasi a creare tra Stati Uniti e Corea del Nord, per i programmi
atomici del regime di Pyongyang.
Non si
ferma la violenza in Medio Oriente, dove oggi due palestinesi sono morti sotto
i colpi dei soldati israeliani a Nablus. Sul piano politico israeliano, ieri a
Gerusalemme, il leader del Likud, Ariel Sharon, nel tentativo di ricostituire
un governo di unità nazionale, ha incontrato il leader laburista, Amram Mitzna.
Si è
riaccesa la paura attentati ieri a New York quando un incendio scoppiato a Staten
Island, nel cuore della città, ha ridestato i fantasmi dell’11 settembre. Lo
skyline di Manhattan è stato deturpato da un’altissima colonna di fumo nero
levatasi da una raffineria di petrolio, dove per cause accidentali sono
divampate le fiamme. Due le vittime dell’incidente.
La
Croazia ha chiesto ufficialmente di entrare nell’Unione europea. Ieri, ad
Atene, il premier croato, Ivica Racan,
ha formalmente consegnato la richiesta al primo ministro greco, Costas Simidis,
presidente di turno dei Quindici. L’obiettivo è quello di aggregarsi a Bulgaria
e Romania, il cui ingresso è previsto per il 2007. Ma esistono i presupposti
perché il Paese balcanico faccia parte dell’Unione? Risponde Ingrid Badurina,
corrispondente della Stampa a Zagabria, intervistata da Andrea Sarubbi:
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R. - Dal punto di
vista degli standard occidentali non si può dire che la Croazia abbia raggiunto
i livelli europei. Comparata con gli altri Paesi, tuttavia, direi sicuramente
che è tra i Paesi più sviluppati, non solo della regione, cioè dell’ex
Jugoslavia, ma anche di altri Paesi che sono già sul punto di entrare. Dal
punto di vista economico, la Croazia è riuscita, malgrado la guerra e le
distruzioni, a portare avanti un discorso di riforme. La via seguita è
sicuramente quella giusta, che segue gli standard europei.
D. - E’ probabile che l’Unione Europea chieda in cambio a
Zagabria una maggiore collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale
dell’Aja. Com’è la situazione attuale?
R. - Il governo non ha mai avuto dubbi sulla necessità di cooperare
con l’Aja. Si è, tuttavia, trovato in crisi perché non ha saputo reagire a
tempo alla richiesta di estradizione del generale Gotovina; come, tra l’altro,
ha giocato sul generale Bobètko. Sicuramente queste due cose hanno gettato
un’ombra su questa collaborazione, che fino a quel momento era stata
assolutamente buona.
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95 morti e oltre 180 feriti: è il pesante bilancio
dell’incendio scoppiato giovedì sera in una discoteca di West
Warwick, nello stato orientale di Rhode Island. Le fiamme sarebbero divampate durante un’esibizione di fuochi
d’artificio esplosi nel corso di un concerto.
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