RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 44 - Testo della
Trasmissione giovedì 13 febbraio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
La solidarietà del Santo Padre per
le vittime dei gravi disordini sociali in Bolivia.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Lo
spettro di una nuova carestia nel Corno d’Africa: allarme del Pam. Con noi
Brenda Barton.
CHIESA E
SOCIETA’:
Per la crisi irachena,
la Germania afferma: “non ci sono prove” sulle violazioni di Baghdad.
La Corea del Nord si
dice pronta a colpire obiettivi statunitensi in tutto il mondo.
Emergenza sanitaria nel
Congo-Brazaville per un’epidemia di ebola.
13 febbraio 2003
UNA PIU’ STRETTA COLLABORAZIONE TRA EBREI E
CRISTIANI: L’AUSPICIO DEL PAPA NELL’UDIENZA QUESTA MATTINA AL RABBINO CAPO DI
ROMA
- A cura di Giovanni Peduto -
In questi giorni in cui risuonano nel mondo pericolosi
clamori di guerra, ebrei e cattolici – ha affermato il Pontefice nel discorso
al nuovo Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni – avvertono l‘urgente missione
di implorare da Dio la pace e di essere loro stessi operatori di pace ...
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Iddio ci renda
costruttori di pace, nella consapevolezza che quando l’uomo fa opera di pace,
diventa capace di migliorare il mondo.
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Nei discorsi che si sono scambiati, il Papa e il Rabbino
hanno sottolineato l’importanza della
visita di Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 alla Sinagoga di Roma.
Cordialissimo il saluto del Papa al Rabbino e al seguito che lo accompagnava.
Il Santo Padre ha sottolineato il vivo desiderio che nutre la Chiesa cattolica
di approfondire i legami di amicizia e di reciproca collaborazione con la
comunità ebraica. Dicendosi ancora grato a Dio per la visita che ebbe modo di
compiere 17 anni fa alla Sinagoga di Roma,
il Pontefice ha soggiunto:
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Quella storica
e indimenticabile visita ha costituito un dono dell’Onnipotente e rappresenta
una tappa importante sulla via dell’intesa tra gli ebrei e i cattolici.
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Il Papa ha riconosciuto che in passato le due comunità
hanno vissuto talora una ‘storia tormentata’ ma ora, a seguito del dettato
conciliare, i gesti di amicizia compiuti dagli uni e dagli altri hanno
contribuito ad orientare le relazioni verso una comprensione reciproca sempre
più grande...
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Auspico che
questo sforzo prosegua, scandito da iniziative di proficua collaborazione in
campo sociale, culturale e teologico e cresca la consapevolezza di quei vincoli
spirituali che ci uniscono.
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Anche il nuovo Rabbino capo di Roma, nel suo indirizzo di
saluto al Papa, ha messo in risalto la collaborazione tra ebrei e cristiani,
definendola necessaria per il mondo e segno fecondo di pace e benedizione. Dopo
aver ricordato che la Sinagoga di Roma compirà il prossimo anno il primo secolo
dalla sua inaugurazione, si è detto convinto che si aprono ancora numerose
prospettive di collaborazione tra ebrei e cristiani ed ha auspicato una forma
permanente di consultazione allo scopo di prevenire possibili incomprensioni e
definire modalità di interventi concreti.
TESTIMONIARE NEL
MONDO LA SPIRITUALITA’ DI COMUNIONE,
PER COSTRUIRE UNA CHIESA E UN MONDO PIU’ UNITI.
COSI’ IL PAPA AI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI,
RICEVUTI IN OCCASIONE DEL LORO CONVEGNO ANNUALE
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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La
Chiesa, una casa e una scuola di comunione: un corpo ecclesiale unito,
impregnata di uno spirito che parla al cuore degli uomini di fraternità
universale, di dialogo tra le religioni. Nel ricevere oggi in udienza i circa
cento vescovi amici del Movimento dei Focolari, provenienti da 45 Paesi e
guidati dal cardinale arcivescovo di Praga, Miloslav Vlk, Giovanni Paolo II ha
preso spunto dal loro convegno, in corso al Centro Mariapoli di Castel
Gandolfo, per parlare della “spiritualità di comunione” e della necessità che
essa “animi in maniera sempre più incisiva la vita e l’attività del popolo
cristiano”.
La
spiritualità di comunione tra i cristiani, di cui il Papa aveva parlato nella Novo
millennio ineunte, si articola in
diversi elementi, radicati nel Vangelo e “arricchiti” - ha sottolineato oggi
Giovanni Paolo II - dal particolare contributo del Movimento dei Focolari, fondato
nel 1943 da Chiara Lubich, da lei tuttora presieduto e diffuso in 182 nazioni,
con oltre 140 mila membri e 2 milioni e 200 mila tra aderenti e simpatizzanti.
Tra questi elementi, il Pontefice ne ha voluti porre in risalto alcuni: l’unità
come “testamento” lasciato da Gesù ai discepoli, il mistero di Gesù crocifisso
e abbandonato come “via” per raggiungerla, il vincolo di comunione
dell’Eucaristia, l’azione unificatrice dello Spirito Santo all’interno del
corpo mistico, la presenza di Maria, madre dell’unità. Al cardinale Vlk - che
lo aveva salutato all’inizio a nome dei convegnisti, parlando dei “mirabili
effetti” della spiritualità di comunione, Giovanni Paolo II ha risposto
confermando il connotato soprannaturale che la identifica:
“Non va poi dimenticato il carattere dinamico della
"spiritualità di comunione", che deriva dal legame esistente tra
l'amore di Dio e l'amore per il prossimo. E' indispensabile, in questa
prospettiva, apprendere l'arte di "santificarsi insieme", in un
cammino personale e comunitario”.
Oltre
ad auspicare che tale comunione metta in relazione “sempre più organica” la dimensione istituzionale e quella carismatica
della Chiesa, il Pontefice ha parlato del “rinnovato slancio” impresso dalla
spiritualità di comunione all’ecumenismo e le “grandi possibilità” offerte al
dialogo interreligioso: dialogo, ha precisato, che non può però “essere fondato
sull’indifferentismo religioso”. Infine,
Giovanni Paolo II ha concluso:
“Lo sforzo di costruire una "spiritualità di
comunione" richiede il superamento di ogni eventuale difficoltà,
incomprensione e anche insuccesso. Occorre proseguire senza sosta sulla strada
intrapresa, confidando nel sostegno della grazia divina, per dare vita ad
un'autentica 'unità ecclesiale' e ad una salda 'fratellanza universale'”.
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TELEGRAMMA DEL PAPA PER I
DRAMMATICI DISORDINI
CHE IN
QUESTE ORE STANNO SCONVOLGENDO LA BOLIVIA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Giovanni Paolo II si è detto “profondamente preoccupato”
per le notizie dei violenti disordini sociali che hanno insanguinato ieri la
capitale boliviana, La Paz, provocando una ventina di morti e decine di feriti.
In un telegramma inviato oggi al cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo
di Santa Cruz de Las Sierra, e firmato a nome del Papa dal segretario di Stato,
il cardinale Angelo Sodano, il Pontefice ha invitato le autorità del Paese e la
popolazione a cessare ogni violenza e ad impegnarsi “con tutti i mezzi pacifici
a disposizione per una soluzione giusta alla critica situazione economica”
nella quale è costretta la Bolivia. Nell’affidare all’intercessione della
Vergine di Copacabana “il futuro dei boliviani”, il Papa conclude invitando il
Paese “a creare un clima di convivenza serena, in grado di aiutare il
proseguimento del negoziato sociale “in un clima di dialogo fecondo e sincero”,
che possa consentire la riconciliazione e creare “fiducia tra tutte le parti
interessate”.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in udienza due
presuli della Sierra Leone in visita “ad Limina Apostolorum” accompagnati da un
vescovo emerito.
Giovanni Paolo II ha quindi nominato: vescovo di
Melata-Johor, nella Malaysia, mons. Paul Tan Chee Ing, assistente regionale per
l’Asia Orientale per la Compagnia di Gesù a Roma e l’arcivescovo metropolita di
Santa Fe de la Vera Cruz, in Argentina, mons. José María Aranceto, finora
vescovo di Mar del Plata.
Il Santo Padre ha nominato infine capo ufficio nella
Congregazione per la Dottrina della Fede mons. Damiano Marzotto Caotorta, del
Clero dell'arcidiocesi di Milano, finora aiutante di studio nel medesimo
Dicastero.
BISOGNA CREDERE ALLA PACE: COSI’ IL
CARDINALE ROGER ETCHEGARAY
PROSEGUE
LA SUA MISSIONE DIPLOMATICA,
MENTRE
STAMANI E’ GIUNTO A ROMA IL VICEPREMIER IRACHENO TAREQ AZIZ,
CHE
DOMANI VERRA’ RICEVUTO DAL PAPA IN VATICANO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
In Iraq “terra di Abramo e dei profeti, la pace e la
preghiera hanno il loro significato più espressivo, le radici più profonde”.
Nella cattedrale di Baghdad dei Caldei, ieri, sono risuonate le parole di
speranza del cardinale Roger Etchegaray. Una speranza incrollabile che anima
l’inviato speciale del Papa in Iraq. La missione diplomatica della Santa Sede
prosegue, dunque, per dare nuova linfa ad una prospettiva di risoluzione
pacifica della crisi irachena. D’altro canto, l’inviato pontificio che -
durante la messa nella cattedrale - ha messo l’accento sull’inscindibile
binomio “pace e preghiera”, non ha mancato di esprimere solidarietà a tutto il
popolo iracheno, così “coraggioso” di fronte ad una prova tanto difficile.
Un’emozione profonda e densa di significato, quella vissuta ieri dal cardinale
Etchegaray, come testimonia lo stesso porporato, raggiunto telefonicamente a
Baghdad da Roberto Piermarini:
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D. - Cosa l’ha colpita ieri nell’incontro con la comunità
cristiana cattolica irachena?
R.- CETTE LITURGIE EN RITE
CALDEEN ...
La liturgia, in
rito caldeo, da me presieduta - in assenza del patriarca che si trova in Libano
per un periodo di riposo - alla presenza di tutti i vescovi cattolici
attualmente a Baghdad, è stato un momento veramente straordinario. La folla di
fedeli ha accolto con grande commozione l’inviato del Papa. Una grande folla
profondamente orante perché i cattolici al pari della popolazione irachena nel
suo insieme sentono incombere la minaccia della guerra. Nutrono, tuttavia, la
speranza che attraverso la preghiera e tutto ciò che è possibile umanamente
fare, la pace sia ancora possibile. Fino all’ultimo momento bisogna credere
nella pace. Tra poco partirò per il nord del Paese, verso la regione di Mosul,
dove i cristiani sono ancora numerosi, nonostante molti abbiano lasciato il
Paese. Questa sera e domani mattina pregherò insieme ai fedeli di Mosul.
D. – C’è ancora spazio per la pace?
R. – LA PLACE, MEME S’IL Y EST
TOUTE PETITE ...
Lo spazio per
la pace, anche se piccolo, esiste ancora, fino all’ultimo secondo bisogna
crederlo, fino all’esaurimento totale delle risorse che si trovano in ogni uomo
di buona volontà. Nella popolazione, ma soprattutto nei responsabili della
società, sia in Iraq che nella comunità internazionale. Bisogna credere nella
pace.
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Intanto, mentre i riflettori dell’opinione pubblica
mondiale sono puntati su Baghdad e Washington, stamani è giunto a Roma il vice
premier iracheno, Tareq Aziz che domani sarà ricevuto in udienza dal Papa. Al
suo arrivo in aeroporto a Fiumicino, il numero due del governo iracheno ha
dichiarato di essere latore di un messaggio di pace per il Pontefice. Quindi,
ha assicurato che l’esecutivo di Baghdad sta facendo “del suo meglio” per
collaborare con gli ispettori dell’Onu. Aziz ha inoltre dichiarato che i
missili in possesso dell’Iraq rispettano i “limiti di gittata decisi dalle
Nazioni Unite”. Durante la visita in Italia, che si concluderà domenica
prossima, il vice premier iracheno incontrerà numerose personalità della
politica italiana tra cui, domani pomeriggio, il ministro degli Esteri, Franco
Frattini.
Se la diplomazia moltiplica gli sforzi per sventare una
nuova guerra nel Golfo, con l’acuirsi della crisi crescono però anche le
tensioni nella società irachena, come sottolinea padre Jean Marie Benjamin,
della Fondazione Beato Angelico, al microfono di Celine Hoyeau:
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R. - D’ABORD IN FAUT RAPPELER
AU MONDE ...
Innanzitutto
bisogna ricordare al mondo che la convivenza tra cristiani e musulmani in Iraq
è da additare come esempio, ma in questi ultimi tempi si sta verificando un
fenomeno preoccupante: circa 200 mila cristiani hanno abbandonato l’Iraq; una
suora è stata trovata sgozzata mentre una raffica di mitra ha colpito la
vettura di un vescovo e si comincia a predicare - soprattutto nel sud del
Paese, a maggioranza sciita - una guerra santa contro il mondo cristiano, cosa
del tutto sconosciuta finora in Iraq. In conclusione si sta distruggendo uno
dei rari Paesi che vanta una Costituzione che garantisce il diritto delle tre
religioni monoteiste. Con un attacco, si rischia di portare al governo di
Baghdad estremisti sciiti o islamici, un pericolo molto più grave dell’attuale
governo
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"Di fronte ai pericolosi
clamori di guerra, noi, Ebrei e Cattolici, avvertiamo l'urgente missione di
essere operatori di pace", è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento
all'udienza di Giovanni Paolo II al Rabbino Capo di Roma.
Iraq: il card. Etchegaray ha
celebrato la Santa Messa a Baghdad; attesa alle Nazioni Unite per il rapporto
degli ispettori.
"Me stessa nelle mani e
nel cuore di Maria" è il titolo del pensiero di Italia Forte dedicato
all'Anno del Rosario.
Nelle vaticane, nel discorso ai
vescovi amici del Movimento dei Focolari, il Papa ha sottolineato che la
"spiritualità di comunione" dà vita ad un'autentica "unità
ecclesiale" e ad una salda "fratellanza universale".
Una riflessione di Umberto
Santarelli sul discorso del Papa alla Rota Romana.
Una pagina dedicata alla
celebrazione, nelle diocesi italiane, della Giornata mondiale del malato.
Articoli sulle numerose
iniziative, in Italia, in favore della pace.
Nelle pagine estere, il
telegramma del Papa, a firma del cardinale Angelo Sodano, per la Bolivia dove
si sono verificate uccisioni e devastazioni a causa della battaglia tra
esercito e polizia ammutinata.
Riguardo al Medio
Oriente, viene sottolineato che "si continua a morire con tragica
regolarità".
Corea del Nord: l'Aiea
deferisce all'Onu la questione nucleare; Pyongyang sostiene di poter colpire
gli Usa.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Patruno dal titolo "Una favola ben riuscita, dove tutto
è semplice, anche la sorpresa": il film "Il cuore altrove" di
Pupi Avati.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica, con riferimento alla crisi irachena.
I temi delle riforme, del fisco
e della scuola.
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IL ‘NO’ ALLA
GUERRA IN IRAQ DELLE CHIESE CRISTIANE
A SOSTEGNO DELLA PRESA DI POSIZIONE DEL PAPA
- Intervista con Konrad Raiser -
‘No’ alla guerra in Iraq:
“Inaccettabili le conseguenze umanitarie”. “Soffiare sul fuoco della violenza
che già sta consumando la regione mediorientale, non farebbe che esacerbare
l’odio e rafforzare le ideologie estremiste provocando ulteriore instabilità e
insicurezza a livello mondiale”. E’ quanto si legge nell’articolata
dichiarazione dei leaders delle Chiese cristiane, resa nota nei giorni scorsi.
Ce ne parla, al microfono di Carol Glatz, il pastore Konrad Raiser, segretario
generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il maggiore organismo ecumenico
che rappresenta 342 Chiese e comunità ecclesiali di oltre 100 Paesi.
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La dichiarazione è scaturita al termine di un incontro, durato tre ore,
di circa 20 responsabili religiosi. Scopo dell’incontro era mettere a punto una
posizione comune di fronte alla minaccia della guerra in Iraq. Il Papa si è
espresso in maniera chiara e forte e abbiamo voluto sostenerlo ed
accompagnarlo con una presa di
posizione dei leader delle Chiese protestanti ed ortodosse non solo europee, ma
anche dell’America del Nord e del Consiglio delle Chiese mediorientali.
D. - Quale la maggiore
preoccupazione dei leader delle Chiese cristiane?
D. - Infatti, la creazione delle
Nazioni Unite è stata voluta proprio per prevenire la guerra?
R. – THE CHARTER WAS DRAWN UP ...
La Carta è stata adottata alla fine della seconda guerra mondiale dopo le
distruzioni e le ambiguità che il conflitto si era lasciato alle spalle.
L’articolo 2 della Carta stabilisce chiaramente che gli Stati membri si
impegnano a risolvere le dispute internazionali senza fare ricorso all’uso della
forza se non in caso di legittima difesa e di fronte ad un imminente e grave
pericolo. Condizioni queste che non si riscontrano nell’attuale situazione.
D. – Su questa dichiarazione,
c’è stata una larga base di convergenza all’interno delle Chiese?
R. – IT IS ONE OF THE MOST SURPRISING ...
Una delle cose più sorprendenti
ma anche incoraggianti è stata la quasi totale unanimità della posizione
all’interno delle Chiese riguardo al fatto che non si possono legittimare né
dal punto di vista morale né in termini di legge internazionale i piani di
guerra predisposti dal governo degli Stati Uniti e da quello britannico.
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L’EMERGENZA FAME E LA SICCITÀ CONTINUANO
A MINACCIARE DURAMENTE
IL
CONTINENTE AFRICANO, SPECIE IL CORNO D’AFRICA ED IL SUDAFRICA
-
Intervista con Brenda Barton -
Il corno d'Africa continua ad essere colpito da una
grave crisi umanitaria. Le cause di questa emergenza dipendono dalla
combinazione di vari fattori quali la siccità, la povertà e l’instabilità
politica. In Eritrea si è registrato quest’anno il peggior raccolto
dall’indipendenza del Paese avvenuta nel 1993. La situazione richiede un
intervento urgente per impedire che la crisi degeneri in una catastrofe. In
Etiopia più di 11 milioni di persone necessitano di aiuti immediati per evitare
che la malnutrizione aggravi ulteriormente le loro difficili condizioni di
vita. Questi temi e l’allarmante diffusione del virus dell’Hiv, soprattutto in
Sudafrica, saranno discussi la prossima settimana in occasione della visita di
Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, al Programma alimentare mondiale
(Pam). Sullo scenario dei Paesi del Corno d’Africa, ascoltiamo Brenda Barton,
portavoce del Pam per l’Africa, al microfono di Amedeo Lomonaco.
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R. – Milioni di persone attualmente
hanno bisogno di cibo. E’ una situazione veramente grave, perché per esempio in
Eritrea ci sono molte persone colpite dall’emergenza fame che non sanno cosa
fare per andare avanti nei prossimi mesi. Anche in Etiopia, purtroppo, la
gravità della crisi è spaventosa.
D. – Quali iniziative ha
intrapreso il Pam per aiutare questi Paesi?
R. – Stiamo cercando di lanciare
l’allarme ma quest’anno si sono avute crisi ed altre emergenze, non solo in
Etiopia ed in Eritrea, ma anche in altre parti del mondo: per esempio in Nord
Corea e in Afghanistan. E dobbiamo ancora vedere cosa accadrà in Iraq. Siamo
molto preoccupati per la situazione in Africa. Stiamo cercando di disporre
della maggior quantità di cibo.
D. – La fame e la siccità
costituiscono una grave minaccia per le popolazioni del Corno d’Africa. Quali
sono le misure che i governi dovrebbero adottare per interrompere la ciclicità
di queste emergenze?
R. – Ci troviamo sempre a dover
affrontare queste emergenze. In Etiopia, per esempio, soltanto nel 1999-2000, 9
milioni di persone avevano bisogno di cibo. Il problema è soprattutto un
problema di povertà. La gente è molto povera e i Paesi donatori non investono
nello sviluppo, e quindi l’aiuto umanitario dà un soccorso immediato, ma non
risolve i problemi in profondità. Noi stiamo cercando di richiamare
l’attenzione per avere investimenti nei sistemi di irrigazione, che sono molto
importanti. In Etiopia, per esempio, ci sono tanti fiumi, ma l’acqua non arriva
nei campi dei contadini. C’è bisogno poi di mandare i bambini a scuola per dare
loro una possibilità per il futuro. A queste iniziative, cui non è stata
conferita la dovuta attenzione, dobbiamo rivolgere i nostri sforzi.
D. – Qual è il significato della
prossima visita di Kofi Annan al Pam?
R. – Il Pam è l’agenzia
umanitaria più grande nel mondo. Se Kofi Annan viene a Roma, verrà a visitare
il Pam e a discutere dei problemi umanitari dei Paesi che hanno bisogno di
cibo. Kofi Annan è molto preoccupato quest’anno per la situazione in Africa.
Stiamo parlando di nuovi modi di indirizzare i nostri sforzi contro l’Aids,
perché questa malattia congiuntamente alla mancanza di cibo e alla fame, è
micidiale. Stiamo assistendo purtroppo ad una situazione molto grave in
Sudafrica, dove una persona su tre ha l’Aids e dove ci sono 15 milioni di
persone che non hanno cibo.
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13 febbraio 2003
LE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE E LE DIOCESI SI
MOBILITANO CONTRO LA GUERRA:
DOMANI
NELLA CHIESA DEL GESU’ A ROMA SI TERRA’ LA VEGLIA DI PREGHIERA
“INNAMORATI
DELLA PACE”
ROMA. = Le associazioni cattoliche e le diocesi si
mobilitano per la pace e aderiscono alla grande manifestazione internazionale
contro la guerra del 15 febbraio. Le Acli, con i suoi 800.000 iscritti, insieme
ad altre organizzazioni cattoliche, sono tra i promotori di una veglia di
preghiera, dal titolo "Innamorati della pace", che si terrà domani a
Roma nella chiesa del Gesù alle ore 17.00. L’iniziativa è stata realizzata per
ricordare che i cristiani sono impegnati ovunque a difendere i diritti delle
persone e a promuovere la pace. "I movimenti per la pace - afferma il presidente
nazionale delle Acli, Luigi Bobba - debbono dare una risposta credibile ed
efficace a chi vuole questa guerra a tutti i costi. In questo momento la pace è
in mano all’Europa e all’Onu". "Al nostro governo - dichiara Luigi
Bobba - chiediamo di unirsi a tutti coloro che stanno facendo ogni tentativo
per scongiurare questa assurda guerra contro l’Iraq". Anche l’Azione
cattolica italiana aderisce alla veglia di domani per dire "no alla guerra
e alle violenze che insanguinano molti Paesi del sud del mondo". Non ci si
può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo né all’idea che la guerra
sia l’unico strumento per combatterlo. “Non bisogna rassegnarsi - si legge in
un comunicato della AC diffuso oggi - a credere che la guerra sia inevitabile
ma è necessario riscoprire la forza della preghiera e chiedere, in sintonia con
le parole del Papa, il grande dono della pace". Intanto una
"staffetta di digiuno per la pace" è stata organizzata nella diocesi
di Padova: per tre mesi, dal 5 marzo (mercoledì delle ceneri) all’8 giugno
(domenica di Pentecoste), ogni giorno alcune persone digiuneranno, saltando il
pasto e donando il corrispondente per progetti di solidarietà e cooperazione
allo sviluppo nelle missioni diocesane. (A.L.)
PREGHIERA ECUMENICA A VIENNA, SABATO
PROSSIMO, TRA LE VARIE CONFESSIONI
CRISTIANE
PER GIUNGERE AD UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA CRISI IRACHENA
VIENNA.
= Diventa sempre più compatta l’opposizione da parte delle confessioni
cristiane ad un eventuale conflitto in Iraq. A Vienna, sabato prossimo, si
svolgerà un incontro di preghiera promosso da cattolici, protestanti e
ortodossi. “Esprimiamo con la preghiera e il canto - dicono gli organizzatori -
la nostra preoccupazione per la pace e ci associamo al chiaro ‘no’ del Papa
alla guerra”. All’incontro - che durerà circa un’ora - parteciperanno il
metropolita greco–ortodosso Michael Staikos, l’ex sovrintendente evangelico
metodista Helmut Nausner, il vescovo siro–ortodosso Emanuel Aydin e il
presidente dell’Azione cattolica austriaca Christian Friesl. L’iniziativa ha
incontrato il favore di molti parroci austriaci, i quali hanno comunicato
l’intenzione di organizzare nelle proprie parrocchie momenti di preghiera per
una soluzione pacifica della crisi irachena. (M.A)
SI TERRÀ A BARI A PARTIRE DA DOMANI E FINO
AL 16 FEBBRAIO
L'APERTURA
PER L'ITALIA DELL'ANNO EUROPEO DELLE PERSONE DISABILI
BARI. = Dopo l'inaugurazione ufficiale del 26 gennaio ad
Atene si svolgerà a Bari, a partire da domani e fino al 16 febbraio presso la
Fiera del Levante, l'apertura per l'Italia dell'Anno europeo delle persone
disabili. L'evento sarà contestuale alla seconda Conferenza nazionale sulle
politiche della disabilità ed è organizzato dalla presidenza del Consiglio dei
ministri e del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La
manifestazione prevede l'intervento di autorità politiche, docenti, medici e
rappresentanti del mondo del volontariato. Si parlerà dell’inserimento sociale
e lavorativo dei disabili, di famiglia, scuola, mobilità e accessibilità. Per
Marcello De Stefano, direttore del settimanale della diocesi di Taranto “Nuovo
Dialogo”, "l’Anno europeo della persona disabile non deve ridursi ad una
vuota passerella di meeting e celebrazioni ma essere piuttosto un evento
culturale. Bisogna rispondere ad una domanda di fondo: se il disabile debba
essere a pieno titolo dentro le strutture della vita cittadina o se debba
restarne fuori". De Stefano ricorda che "l’Anno europeo della persona
disabile è una sfida per una società che voglia definirsi veramente civile e lo
è anche per le comunità cristiane, che si distinguono per una speciale
attenzione e sensibilità verso le persone con handicap". Secondo il
recente rapporto Caritas, in Italia sono oltre due milioni e mezzo le persone
disabili, di cui circa l’80 per cento privo del diritto al lavoro. (A.L.)
“SOSTENIAMO CON FORZA IL DIRITTO
ALLA LIBERTÀ E ALLA VITA”:
COSI’
LE DIOCESI COLOMBIANE DI APARTADO’ E
QUIBDO’ DENUNCIANO LE VIOLENZE
SUBITE
DALLE POPOLAZIONI SULLE RIVE DEL FIUME JIGUAMIANDO’,
AD
OPERA DELLE MILIZIE PARAMILITARI E DELLA GUERRIGLIA
APARTADÒ.
= Le diocesi di Apartadò e Quibdò, nel nord ovest della Colombia, hanno
lanciato in questi giorni un nuovo appello allo Stato perché non siano dimenticate
le violenze subite dalle popolazioni della conca del fiume Jiguamiandò. I due
presuli denunciano l’irruzione compiuta dai gruppi paramilitari delle Accu
(Autodifese contadine di Cordoba e Urabà) nel villaggio di Puerto Lleras una settimana
fa. Secondo quanto afferma il comunicato i miliziani hanno sparato senza
ragione contro un contadino e i suoi due figli. Il padre è stato ferito
gravemente, ed uno dei figli, di soli 11 anni, è morto. L’escalation di
violenza è iniziata nel giugno del 2001 con assassinii, sequestri, saccheggi e
distruzioni. Inoltre i ‘campesinos’ pagano il prezzo del blocco armato imposto
dalle Accu, che impediscono il transito di tutti i veicoli in quella zona, ostacolando
il rifornimento dei generi di prima necessità: i gruppi armati accusano i
civili di essere collaboratori della guerriglia ma, dall’altra parte, la stessa
guerriglia accusa la popolazione di sostenere la fazione rivale. “Come Chiesa
cattolica e come istituzioni che accompagnano queste comunità - riferisce il
comunicato - condanniamo questo omicidio e ribadiamo il nostro impegno per la
difesa della vita e la nostra volontà di continuare a stare al fianco di questa
gente nella lotta per la tutela del proprio territorio, della sua autonomia e
identità culturale. Esigiamo da tutti i protagonisti del conflitto - concludono
i vescovi - il rispetto della vita, dell’autonomia e della libertà della popolazione
civile”. (M.A.)
PRESENTATA OGGI A ROMA, NELLA SEDE DELLA
STAMPA ESTERA, LA CONFERENZA
INTERNAZIONALE SU MEDIA E VERITA’,
ORGANIZZATA DA “RELIGIONI PER LA PACE”,
CHE SI TERRA’ IL 17 E IL 18 FEBBRAIO IN
CAMPIDOGLIO
- Il servizio di Dorotea Gambardella -
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ROMA. =
Aiutare i giornalisti affinché facciano un’informazione che non diffonda i
nuovi e vecchi stereotipi su culture e religioni; fare in modo che conoscano e
quindi rendano in modo più completo il contesto che sta dietro le notizie;
favorire una migliore comunicazione tra i media e le comunità religiose: questi
gli obiettivi del Seminario organizzato dall’associazione non governativa,
“Religioni per la pace”, in collaborazione con il sindaco Veltroni e Franca
Eckert Coen, consigliera delegata alle Politiche della multietnicità. L’evento,
che si terrà lunedì e martedì prossimi in Campidoglio, sarà articolato in due
sessioni, di cui la prima avrà luogo nella Sala Gonzaga e la seconda nella Sala
della Protomoteca. La conferenza inoltre vedrà la partecipazione di giornalisti
ed esperti arabi, americani, israeliani, europei, di diverse tradizioni
religiose e non credenti, che dibatteranno sulla responsabilità dei mezzi
d’informazione. “Una questione vitale nel momento storico che stiamo vivendo,
ha detto ai nostri microfoni Lisa Palmieri Billig, presidente di “Religioni per
la pace” in Italia e responsabile del convegno. “L’informazione internazionale
sul mondo arabo e islamico - ha aggiunto - ha prodotto un sentimento di
xenofobia e di islamofobia nell’Occidente, così come le notizie dal Medioriente
continuano ad alimentare un antisemitismo mai completamente superato”.
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13 febbraio 2003
- A cura
di Giada Aquilino -
La festività islamica del
sacrificio non ha fermato le ispezioni dell’Onu in Iraq, che oggi hanno
riguardato altri 7 siti sospetti. E proprio dalla relazione dello svedese Blix
al Consiglio di sicurezza dell’Onu, in programma domani, dipenderà la strategia
adottata dalla comunità internazionale. Gli Stati Uniti continuano a premere
per l’uso della forza e ciò sembra aggravare ulteriormente la spaccatura in
seno alla Nato ed al Consiglio di sicurezza dell’Onu: istituzioni - ha detto questa
mattina il presidente italiano, Ciampi - che vanno salvaguardate. Per la cronaca
delle ultime ore, sentiamo Andrea Sarubbi:
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“Non ci sono prove
effettive che Baghdad abbia violato la risoluzione 1441 dell’Onu”. Davanti al
Bundestag, il ministro degli Esteri tedesco, Fischer, ha ribadito la sua linea
di mediazione e proposto, in alternativa alla guerra, un regime internazionale
di ispezioni in Iraq. Totalmente opposta la versione britannica: secondo il
premier Blair - che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa con il
collega australiano Howard - l’allestimento di missili Al Soumoud, con una
gittata maggiore di quella permessa dalle Nazioni Unite, costituisce di per sé
una violazione. Una violazione che l’Iraq, però, sostiene di non aver commesso:
la gittata dei missili - ha affermato stamani Tareq Aziz - rientrerebbe infatti
nei limiti.
La spaccatura, comunque,
rimane piuttosto netta, ed una nuova riunione straordinaria della Nato - in
programma questo pomeriggio, alle 15.30 - cercherà di risolverla. Ma le parti
si presentano molto distanti, al di là delle dichiarazioni ufficiali: il
governo spagnolo, ad esempio, non si è ancora “ufficialmente schierato”, ma la
stampa sostiene che navi ed aerei sarebbero già pronti alla partenza per
l’Iraq. E le forti divergenze hanno segnato anche la giornata di ieri. Stati
Uniti e Germania si sono divisi anche sull’ultimo messaggio di Bin Laden, che
secondo la Casa Bianca proverebbe un legame tra Al Qaeda e Saddam. Così, mentre
Berlino persegue la via diplomatica, Washington mette a punto i preparativi
militari, intensifica la sicurezza per timore di nuovi attentati terroristici
e, tramite Condoleezza Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale, cerca di
fare pressioni sul capo degli ispettori, Blix, in vista della sua relazione di
domani al Consiglio di sicurezza dell’Onu, alla quale assisterà anche il
ministro degli Esteri britannico, Straw.
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Impossibile valutare l’impatto economico delle
tensioni con l’Iraq. Lo afferma la Banca centrale europea (Bce), la quale si
dice pure convinta che l'elevato grado di incertezza per le prospettive
economiche diminuirà nel corso dell'anno. Secondo la Bce, è importante che i
Paesi di Eurolandia “attuino piani di risanamento adeguati, in caso di
necessità”. Una graduale ripresa economica è prevista per il 2003, mentre
l'inflazione si attesta su un livello inferiore al 2%.
La Corea del Nord è in grado di colpire obiettivi
statunitensi in qualsiasi parte del mondo, se sarà provocata. Questa l’ultima
minaccia dei dirigenti di Pyongyang, proprio quando il presidente eletto
sudcoreano, Roh Moo Hyun, ripropone la mediazione di Seul, affermando che il
dovere della Corea del Sud è “quello di evitare in ogni modo che la crisi
nucleare nordcoreana degeneri in una guerra, catastrofica per la penisola”. In
questo clima, intanto, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha deciso
ieri a Vienna di deferire Pyongyang al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, perché
non in regola con gli impegni internazionali in campo nucleare. Ce ne parla
Giovanni Maria Del Re:
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Una decisione pressoché
scontata, dopo che erano caduti nel vuoto gli inviti lanciati dal direttore
generale dell’Aiea, Mohamed El Baradei, a riaccettare gli ispettori
dell’agenzia cacciati alla fine del dicembre scorso. Non solo, la Corea del
Nord, che pochi mesi fa annunciava la ripresa del programma militare nucleare,
aveva anche comunicato l’uscita dalla stessa agenzia atomica. La decisione di
deferirla al Consiglio di Sicurezza è stata presa quasi all’unanimità dal
Consiglio direttivo dell’agenzia. Soltanto Russia e Cina si sono astenuti. A
questo punto il Consiglio di Sicurezza potrebbe anche decidere l’imposizione di
sanzioni nei confronti di Pyongyang. La Corea del Nord ha però già più volte
detto che “qualsiasi sanzione equivarrebbe per noi ad una dichiarazione di
guerra”.
Giovanni Maria Del Re, per la
Radio Vaticana.
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Bolivia. Disordini e
saccheggi hanno devastato nelle ultime ore la capitale La Paz. La protesta,
avviata dalla polizia che si è scontrata con reparti dell’esercito, ha
coinvolto la popolazione ed è stata innescata dall’annuncio di una nuova tassa
sui salari. Il bilancio degli scontri è di 17 morti e oltre 50 feriti. Per oggi
è annunciato lo sciopero generale, anche se un accordo raggiunto poco fa dal governo
e rappresentanti della polizia, potrebbe mettere fine all’emergenza. Il
servizio di Maurizio Salvi:
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In mattinata, il battaglione
Colorados dell’esercito aveva preso posizione a protezione della Plaza Murillo,
su cui si affacciano il palazzo presidenziale e il Parlamento, vista la
determinazione della polizia di mantenersi in ribellione contro il prelievo del
12,5 per cento dagli stipendi, suggerito al presidente Gonzalo Sanchez de
Lozada dal Fondo monetario internazionale. Il pesante bilancio di vittime è
dovuto al fatto che, dopo i primi disordini, i cecchini hanno preso posizione
sui tetti degli edifici sparando sulla folla. Gli scontri hanno richiamato in
piazza militanti di movimenti giovanili e di opposizione estrema, che hanno
attaccato, saccheggiato e incendiato numerosi edifici pubblici, fra cui il
ministero del Lavoro, quello del Benessere sociale e la sede della vice
presidenza. In questo clima un messaggio con cui il presidente annullava la
tassa sugli stipendi cadeva nel nulla. Numerose autorità, fra cui la Chiesa
cattolica, hanno chiesto ai manifestanti di sospendere la protesta.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Ariel Sharon può essere giudicato per crimini contro
l’umanità, ma il processo sarà congelato finché lo stesso Sharon resterà in
carica come primo ministro d’Israele. Lo ha deciso ieri la Corte suprema di
Bruxelles in base alla legge di giurisdizione universale in vigore in Belgio da
10 anni. L’accusa nei confronti di Sharon è di responsabilità politica e
militare nel massacro del 1982 ai campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano,
dove furono uccisi 800 civili palestinesi, 2000 secondo fonti più recenti. Il
provvedimento ha provocato reazioni a catena: il presidente israeliano Katsav
ha inviato una dura lettera di protesta a re Alberto del Belgio per la
decisione della Corte suprema. Sul terreno intanto proseguono le violenze. Due
palestinesi sono stati uccisi stamani da un reparto militare israeliano presso
la colonia ebraica di Netzarim, nella Striscia di Gaza.
I gruppi paramilitari dovranno cessare di esistere,
se l’Ulster punta ad un futuro di pace. Lo hanno detto ieri i premier inglese e
nordirlandese, Blair ed Ahern, al termine di un incontro al castello di
Hillsborough, nei pressi di Belfast. Nessuna decisione è stata comunque presa
sul futuro del governo locale, che Londra ha sospeso lo scorso 14 ottobre.
Blair ed Ahern hanno dato tempo fino al 3 marzo per trovare un’intesa che permetta
di far uscire il processo di pace dall’impasse.
L'esercito americano ha smentito perdite di civili
afghani nella valle di Baghram, nel centro dell'Afghanistan, in questi giorni
obiettivo di pesanti bombardamenti aerei. Informazioni di fonti locali avevano
detto che i bombardamenti avevano provocato 17 morti e una dozzina di feriti.
Nuove violenze tra esercito e
guerriglieri separatisti nel sud delle Filippine. In questi ultimi tre giorni,
gli scontri hanno provocato la morte di oltre 120 persone e molti civili sono
stati presi in ostaggio dai ribelli. Le reazioni dei separatisti musulmani si
sono fatte più violente dopo l’offensiva lanciata dall’esercito sull’isola di
Mindanao.
Più
leggere le nuove sanzioni per lo Zimbabwe. L’Unione europea riunita ieri a
Bruxelles ha modificato i provvedimenti imposti lo scorso anno a Mugabe e ai
suoi collaboratori. Le misure prevedevano il congelamento dei beni che essi possedevano
in Europa e il divieto di ingresso in territorio europeo.
Emergenza sanitaria nel
Continente africano. E’ salito a 38 il numero delle vittime accertate a causa
di un focolaio di ebola nel nord del Congo-Brazzaville. Una vera e propria
epidemia di meningite viene invece segnalata in una regione della Nigeria,
quella di Zamfara, e nel Burkina Faso: già centinaia i morti accertati.
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