RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 44 - Testo della Trasmissione giovedì 13 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ebrei e cristiani, insieme, costruttori di pace: l’auspicio di Giovanni Paolo II ricevendo stamane il Rabbino capo di Roma.

 

La spiritualità di comunione per costruire una Chiesa e un mondo più uniti, posta in risalto dal Papa nell’udienza ai vescovi del Movimento dei Focolari.

 

La solidarietà del Santo Padre per le vittime dei gravi disordini sociali in Bolivia.

 

Bisogna credere nella pace: così il cardinale Roger Etchegaray ai nostri microfoni dall’Iraq, dove prosegue la sua missione per scongiurare la guerra.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“No” ad un conflitto armato in Iraq, ferma presa di posizione del Consiglio mondiale delle Chiese: ce ne parla il segretario generale dell’Organismo, il pastore Konrad Raiser.

 

Lo spettro di una nuova carestia nel Corno d’Africa: allarme del Pam. Con noi Brenda Barton.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le associazioni cattoliche e le diocesi si mobilitano contro la guerra. Domani a Roma, nella chiesa del Gesù, la veglia di preghiera “Innamorati della pace”.

 

Le varie confessioni cristiane riunite a Vienna, sabato prossimo, per una soluzione pacifica alla crisi irachena.

 

Si terrà a Bari a partire da domani e fino al 16 febbraio l’apertura per l’Italia dell’Anno europeo delle persone disabili.

 

Le diocesi colombiane di Apartadò e Quibdò denunciano le violenze subite dalle popolazioni sulle rive del fiume Jiguamiandò ad opera delle milizie paramilitari e della guerriglia.

 

Presentata oggi a Roma nella sede della stampa estera la Conferenza internazionale su “Media e verità”, che si terrà il 17 e il 18 febbraio in Campidoglio.

 

24 ORE NEL MONDO :

Per la crisi irachena, la Germania afferma: “non ci sono prove” sulle violazioni di Baghdad.

 

La Corea del Nord si dice pronta a colpire obiettivi statunitensi in tutto il mondo.

 

Emergenza sanitaria nel Congo-Brazaville per un’epidemia di ebola.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 febbraio 2003

 

 

UNA PIU’ STRETTA COLLABORAZIONE TRA EBREI E CRISTIANI: L’AUSPICIO DEL PAPA NELL’UDIENZA QUESTA MATTINA AL RABBINO CAPO DI ROMA

 

- A cura di Giovanni Peduto -

 

In questi giorni in cui risuonano nel mondo pericolosi clamori di guerra, ebrei e cattolici – ha affermato il Pontefice nel discorso al nuovo Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni – avvertono l‘urgente missione di implorare da Dio la pace e di essere loro stessi operatori di pace ...

 

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Iddio ci renda costruttori di pace, nella consapevolezza che quando l’uomo fa opera di pace, diventa capace di migliorare il mondo.

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Nei discorsi che si sono scambiati, il Papa e il Rabbino hanno sottolineato  l’importanza della visita di Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 alla Sinagoga di Roma. Cordialissimo il saluto del Papa al Rabbino e al seguito che lo accompagnava. Il Santo Padre ha sottolineato il vivo desiderio che nutre la Chiesa cattolica di approfondire i legami di amicizia e di reciproca collaborazione con la comunità ebraica. Dicendosi ancora grato a Dio per la visita che ebbe modo di compiere 17 anni fa alla Sinagoga di Roma,  il Pontefice ha soggiunto:

 

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Quella storica e indimenticabile visita ha costituito un dono dell’Onnipotente e rappresenta una tappa importante sulla via dell’intesa tra gli ebrei e i cattolici.

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Il Papa ha riconosciuto che in passato le due comunità hanno vissuto talora una ‘storia tormentata’ ma ora, a seguito del dettato conciliare, i gesti di amicizia compiuti dagli uni e dagli altri hanno contribuito ad orientare le relazioni verso una comprensione reciproca sempre più grande...

 

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Auspico che questo sforzo prosegua, scandito da iniziative di proficua collaborazione in campo sociale, culturale e teologico e cresca la consapevolezza di quei vincoli spirituali che ci uniscono.

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Anche il nuovo Rabbino capo di Roma, nel suo indirizzo di saluto al Papa, ha messo in risalto la collaborazione tra ebrei e cristiani, definendola necessaria per il mondo e segno fecondo di pace e benedizione. Dopo aver ricordato che la Sinagoga di Roma compirà il prossimo anno il primo secolo dalla sua inaugurazione, si è detto convinto che si aprono ancora numerose prospettive di collaborazione tra ebrei e cristiani ed ha auspicato una forma permanente di consultazione allo scopo di prevenire possibili incomprensioni e definire modalità di interventi concreti.

 

 

TESTIMONIARE NEL MONDO LA SPIRITUALITA’ DI COMUNIONE,

PER COSTRUIRE UNA CHIESA E UN MONDO PIU’ UNITI.

COSI’ IL PAPA AI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI,

RICEVUTI IN OCCASIONE DEL LORO CONVEGNO ANNUALE

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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La Chiesa, una casa e una scuola di comunione: un corpo ecclesiale unito, impregnata di uno spirito che parla al cuore degli uomini di fraternità universale, di dialogo tra le religioni. Nel ricevere oggi in udienza i circa cento vescovi amici del Movimento dei Focolari, provenienti da 45 Paesi e guidati dal cardinale arcivescovo di Praga, Miloslav Vlk, Giovanni Paolo II ha preso spunto dal loro convegno, in corso al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, per parlare della “spiritualità di comunione” e della necessità che essa “animi in maniera sempre più incisiva la vita e l’attività del popolo cristiano”.

 

La spiritualità di comunione tra i cristiani, di cui il Papa aveva parlato nella Novo millennio ineunte, si articola in diversi elementi, radicati nel Vangelo e “arricchiti” - ha sottolineato oggi Giovanni Paolo II - dal particolare contributo del Movimento dei Focolari, fondato nel 1943 da Chiara Lubich, da lei tuttora presieduto e diffuso in 182 nazioni, con oltre 140 mila membri e 2 milioni e 200 mila tra aderenti e simpatizzanti. Tra questi elementi, il Pontefice ne ha voluti porre in risalto alcuni: l’unità come “testamento” lasciato da Gesù ai discepoli, il mistero di Gesù crocifisso e abbandonato come “via” per raggiungerla, il vincolo di comunione dell’Eucaristia, l’azione unificatrice dello Spirito Santo all’interno del corpo mistico, la presenza di Maria, madre dell’unità. Al cardinale Vlk - che lo aveva salutato all’inizio a nome dei convegnisti, parlando dei “mirabili effetti” della spiritualità di comunione, Giovanni Paolo II ha risposto confermando il connotato soprannaturale che la identifica:

 

“Non va poi dimenticato il carattere dinamico della "spiritualità di comunione", che deriva dal legame esistente tra l'amore di Dio e l'amore per il prossimo. E' indispensabile, in questa prospettiva, apprendere l'arte di "santificarsi insieme", in un cammino personale e comunitario”.

 

Oltre ad auspicare che tale comunione metta in relazione “sempre più organica” la dimensione istituzionale e quella carismatica della Chiesa, il Pontefice ha parlato del “rinnovato slancio” impresso dalla spiritualità di comunione all’ecumenismo e le “grandi possibilità” offerte al dialogo interreligioso: dialogo, ha precisato, che non può però “essere fondato sull’indifferentismo religioso”. Infine,  Giovanni Paolo II ha concluso:

 

“Lo sforzo di costruire una "spiritualità di comunione" richiede il superamento di ogni eventuale difficoltà, incomprensione e anche insuccesso. Occorre proseguire senza sosta sulla strada intrapresa, confidando nel sostegno della grazia divina, per dare vita ad un'autentica 'unità ecclesiale' e ad una salda 'fratellanza universale'”.

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TELEGRAMMA DEL PAPA PER I DRAMMATICI DISORDINI

CHE IN QUESTE ORE STANNO SCONVOLGENDO LA BOLIVIA

 

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Giovanni Paolo II si è detto “profondamente preoccupato” per le notizie dei violenti disordini sociali che hanno insanguinato ieri la capitale boliviana, La Paz, provocando una ventina di morti e decine di feriti. In un telegramma inviato oggi al cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz de Las Sierra, e firmato a nome del Papa dal segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, il Pontefice ha invitato le autorità del Paese e la popolazione a cessare ogni violenza e ad impegnarsi “con tutti i mezzi pacifici a disposizione per una soluzione giusta alla critica situazione economica” nella quale è costretta la Bolivia. Nell’affidare all’intercessione della Vergine di Copacabana “il futuro dei boliviani”, il Papa conclude invitando il Paese “a creare un clima di convivenza serena, in grado di aiutare il proseguimento del negoziato sociale “in un clima di dialogo fecondo e sincero”, che possa consentire la riconciliazione e creare “fiducia tra tutte le parti interessate”.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in udienza due presuli della Sierra Leone in visita “ad Limina Apostolorum” accompagnati da un vescovo emerito.

 

Giovanni Paolo II ha quindi nominato: vescovo di Melata-Johor, nella Malaysia, mons. Paul Tan Chee Ing, assistente regionale per l’Asia Orientale per la Compagnia di Gesù a Roma e l’arcivescovo metropolita di Santa Fe de la Vera Cruz, in Argentina, mons. José María Aranceto, finora vescovo di Mar del Plata.

 

Il Santo Padre ha nominato infine capo ufficio nella Congregazione per la Dottrina della Fede mons. Damiano Marzotto Caotorta, del Clero dell'arcidiocesi di Milano, finora aiutante di studio nel medesimo Dicastero.

 

 

BISOGNA CREDERE ALLA PACE: COSI’ IL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY

PROSEGUE LA SUA  MISSIONE DIPLOMATICA,

MENTRE STAMANI E’ GIUNTO A ROMA IL VICEPREMIER IRACHENO TAREQ AZIZ,

CHE DOMANI VERRA’ RICEVUTO DAL PAPA IN VATICANO

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

In Iraq “terra di Abramo e dei profeti, la pace e la preghiera hanno il loro significato più espressivo, le radici più profonde”. Nella cattedrale di Baghdad dei Caldei, ieri, sono risuonate le parole di speranza del cardinale Roger Etchegaray. Una speranza incrollabile che anima l’inviato speciale del Papa in Iraq. La missione diplomatica della Santa Sede prosegue, dunque, per dare nuova linfa ad una prospettiva di risoluzione pacifica della crisi irachena. D’altro canto, l’inviato pontificio che - durante la messa nella cattedrale - ha messo l’accento sull’inscindibile binomio “pace e preghiera”, non ha mancato di esprimere solidarietà a tutto il popolo iracheno, così “coraggioso” di fronte ad una prova tanto difficile. Un’emozione profonda e densa di significato, quella vissuta ieri dal cardinale Etchegaray, come testimonia lo stesso porporato, raggiunto telefonicamente a Baghdad da Roberto Piermarini:

 

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D. - Cosa l’ha colpita ieri nell’incontro con la comunità cristiana cattolica irachena?

 

R.- CETTE LITURGIE EN RITE CALDEEN ...

La liturgia, in rito caldeo, da me presieduta - in assenza del patriarca che si trova in Libano per un periodo di riposo - alla presenza di tutti i vescovi cattolici attualmente a Baghdad, è stato un momento veramente straordinario. La folla di fedeli ha accolto con grande commozione l’inviato del Papa. Una grande folla profondamente orante perché i cattolici al pari della popolazione irachena nel suo insieme sentono incombere la minaccia della guerra. Nutrono, tuttavia, la speranza che attraverso la preghiera e tutto ciò che è possibile umanamente fare, la pace sia ancora possibile. Fino all’ultimo momento bisogna credere nella pace. Tra poco partirò per il nord del Paese, verso la regione di Mosul, dove i cristiani sono ancora numerosi, nonostante molti abbiano lasciato il Paese. Questa sera e domani mattina pregherò insieme ai fedeli di Mosul.

 

D. – C’è ancora spazio per la pace?

 

R. – LA PLACE, MEME S’IL Y EST TOUTE PETITE ...

Lo spazio per la pace, anche se piccolo, esiste ancora, fino all’ultimo secondo bisogna crederlo, fino all’esaurimento totale delle risorse che si trovano in ogni uomo di buona volontà. Nella popolazione, ma soprattutto nei responsabili della società, sia in Iraq che nella comunità internazionale. Bisogna credere nella pace.

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Intanto, mentre i riflettori dell’opinione pubblica mondiale sono puntati su Baghdad e Washington, stamani è giunto a Roma il vice premier iracheno, Tareq Aziz che domani sarà ricevuto in udienza dal Papa. Al suo arrivo in aeroporto a Fiumicino, il numero due del governo iracheno ha dichiarato di essere latore di un messaggio di pace per il Pontefice. Quindi, ha assicurato che l’esecutivo di Baghdad sta facendo “del suo meglio” per collaborare con gli ispettori dell’Onu. Aziz ha inoltre dichiarato che i missili in possesso dell’Iraq rispettano i “limiti di gittata decisi dalle Nazioni Unite”. Durante la visita in Italia, che si concluderà domenica prossima, il vice premier iracheno incontrerà numerose personalità della politica italiana tra cui, domani pomeriggio, il ministro degli Esteri, Franco Frattini.

 

Se la diplomazia moltiplica gli sforzi per sventare una nuova guerra nel Golfo, con l’acuirsi della crisi crescono però anche le tensioni nella società irachena, come sottolinea padre Jean Marie Benjamin, della Fondazione Beato Angelico, al microfono di Celine Hoyeau:

 

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R. - D’ABORD IN FAUT RAPPELER AU MONDE ...

Innanzitutto bisogna ricordare al mondo che la convivenza tra cristiani e musulmani in Iraq è da additare come esempio, ma in questi ultimi tempi si sta verificando un fenomeno preoccupante: circa 200 mila cristiani hanno abbandonato l’Iraq; una suora è stata trovata sgozzata mentre una raffica di mitra ha colpito la vettura di un vescovo e si comincia a predicare - soprattutto nel sud del Paese, a maggioranza sciita - una guerra santa contro il mondo cristiano, cosa del tutto sconosciuta finora in Iraq. In conclusione si sta distruggendo uno dei rari Paesi che vanta una Costituzione che garantisce il diritto delle tre religioni monoteiste. Con un attacco, si rischia di portare al governo di Baghdad estremisti sciiti o islamici, un pericolo molto più grave dell’attuale governo

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"Di fronte ai pericolosi clamori di guerra, noi, Ebrei e Cattolici, avvertiamo l'urgente missione di essere operatori di pace", è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento all'udienza di Giovanni Paolo II al Rabbino Capo di Roma.

Iraq: il card. Etchegaray ha celebrato la Santa Messa a Baghdad; attesa alle Nazioni Unite per il rapporto degli ispettori.

"Me stessa nelle mani e nel cuore di Maria" è il titolo del pensiero di Italia Forte dedicato all'Anno del Rosario.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi amici del Movimento dei Focolari, il Papa ha sottolineato che la "spiritualità di comunione" dà vita ad un'autentica "unità ecclesiale" e ad una salda "fratellanza universale".

Una riflessione di Umberto Santarelli sul discorso del Papa alla Rota Romana.

Una pagina dedicata alla celebrazione, nelle diocesi italiane, della Giornata mondiale del malato.

Articoli sulle numerose iniziative, in Italia, in favore della pace.

 

Nelle pagine estere, il telegramma del Papa, a firma del cardinale Angelo Sodano, per la Bolivia dove si sono verificate uccisioni e devastazioni a causa della battaglia tra esercito e polizia ammutinata.

Riguardo al Medio Oriente, viene sottolineato che "si continua a morire con tragica regolarità". 

Corea del Nord: l'Aiea deferisce all'Onu la questione nucleare; Pyongyang sostiene di poter colpire gli Usa.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno dal titolo "Una favola ben riuscita, dove tutto è semplice, anche la sorpresa": il film "Il cuore altrove" di Pupi Avati.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con riferimento alla crisi irachena.

I temi delle riforme, del fisco e della scuola.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 febbraio 2003

 

 

IL ‘NO’ ALLA GUERRA IN IRAQ DELLE CHIESE CRISTIANE

A SOSTEGNO DELLA PRESA DI POSIZIONE DEL PAPA

- Intervista con Konrad Raiser -

 

‘No’ alla guerra in Iraq: “Inaccettabili le conseguenze umanitarie”. “Soffiare sul fuoco della violenza che già sta consumando la regione mediorientale, non farebbe che esacerbare l’odio e rafforzare le ideologie estremiste provocando ulteriore instabilità e insicurezza a livello mondiale”. E’ quanto si legge nell’articolata dichiarazione dei leaders delle Chiese cristiane, resa nota nei giorni scorsi. Ce ne parla, al microfono di Carol Glatz, il pastore Konrad Raiser, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il maggiore organismo ecumenico che rappresenta 342 Chiese e comunità ecclesiali di oltre 100 Paesi.

 

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R. - IT WAS A STATEMENT THAT EMERGED...

La dichiarazione è scaturita al termine di un incontro, durato tre ore, di circa 20 responsabili religiosi. Scopo dell’incontro era mettere a punto una posizione comune di fronte alla minaccia della guerra in Iraq. Il Papa si è espresso in maniera chiara e forte e abbiamo voluto sostenerlo ed accompagnarlo  con una presa di posizione dei leader delle Chiese protestanti ed ortodosse non solo europee, ma anche dell’America del Nord e del Consiglio delle Chiese mediorientali.

 

D. - Quale la maggiore preoccupazione dei leader delle Chiese cristiane?

 

R. – THE CHURCH LEADERS …

C’è pericolo che la guerra stia diventando sempre più un potente  mezzo di politica mondiale e porta indietro l’umanità rispetto alle conquiste raggiunte sinora per costruire un ordine internazionale basato sulla pace, sulla riconciliazione, la giustizia e la rinuncia alle armi”. I leader religiosi pertanto fanno appello affinché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dimostri di essere il genuino depositario dello spirito e della lettera della Carta delle Nazioni Unite.

 

D. - Infatti, la creazione delle Nazioni Unite è stata voluta proprio per prevenire la guerra?

 

R. – THE CHARTER WAS DRAWN UP ...

La Carta è stata adottata alla fine della seconda guerra mondiale dopo le distruzioni e le ambiguità che il conflitto si era lasciato alle spalle. L’articolo 2 della Carta stabilisce chiaramente che gli Stati membri si impegnano a risolvere le dispute internazionali senza fare ricorso all’uso della forza se non in caso di legittima difesa e di fronte ad un imminente e grave pericolo. Condizioni queste che non si riscontrano nell’attuale situazione.

 

D. – Su questa dichiarazione, c’è stata una larga base di convergenza all’interno delle Chiese?

 

R. – IT IS ONE OF THE MOST SURPRISING ...

Una delle cose più sorprendenti ma anche incoraggianti è stata la quasi totale unanimità della posizione all’interno delle Chiese riguardo al fatto che non si possono legittimare né dal punto di vista morale né in termini di legge internazionale i piani di guerra predisposti dal governo degli Stati Uniti e da quello britannico.

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L’EMERGENZA FAME E LA SICCITÀ CONTINUANO A MINACCIARE DURAMENTE

IL CONTINENTE AFRICANO, SPECIE IL CORNO D’AFRICA ED IL SUDAFRICA

 

- Intervista con Brenda Barton -

 

Il corno d'Africa continua ad essere colpito da una grave crisi umanitaria. Le cause di questa emergenza dipendono dalla combinazione di vari fattori quali la siccità, la povertà e l’instabilità politica. In Eritrea si è registrato quest’anno il peggior raccolto dall’indipendenza del Paese avvenuta nel 1993. La situazione richiede un intervento urgente per impedire che la crisi degeneri in una catastrofe. In Etiopia più di 11 milioni di persone necessitano di aiuti immediati per evitare che la malnutrizione aggravi ulteriormente le loro difficili condizioni di vita. Questi temi e l’allarmante diffusione del virus dell’Hiv, soprattutto in Sudafrica, saranno discussi la prossima settimana in occasione della visita di Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, al Programma alimentare mondiale (Pam). Sullo scenario dei Paesi del Corno d’Africa, ascoltiamo Brenda Barton, portavoce del Pam per l’Africa, al microfono di Amedeo Lomonaco.

 

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R. – Milioni di persone attualmente hanno bisogno di cibo. E’ una situazione veramente grave, perché per esempio in Eritrea ci sono molte persone colpite dall’emergenza fame che non sanno cosa fare per andare avanti nei prossimi mesi. Anche in Etiopia, purtroppo, la gravità della crisi è spaventosa.

 

D. – Quali iniziative ha intrapreso il Pam per aiutare questi Paesi?

 

R. – Stiamo cercando di lanciare l’allarme ma quest’anno si sono avute crisi ed altre emergenze, non solo in Etiopia ed in Eritrea, ma anche in altre parti del mondo: per esempio in Nord Corea e in Afghanistan. E dobbiamo ancora vedere cosa accadrà in Iraq. Siamo molto preoccupati per la situazione in Africa. Stiamo cercando di disporre della maggior quantità di cibo.

 

D. – La fame e la siccità costituiscono una grave minaccia per le popolazioni del Corno d’Africa. Quali sono le misure che i governi dovrebbero adottare per interrompere la ciclicità di queste emergenze?

 

R. – Ci troviamo sempre a dover affrontare queste emergenze. In Etiopia, per esempio, soltanto nel 1999-2000, 9 milioni di persone avevano bisogno di cibo. Il problema è soprattutto un problema di povertà. La gente è molto povera e i Paesi donatori non investono nello sviluppo, e quindi l’aiuto umanitario dà un soccorso immediato, ma non risolve i problemi in profondità. Noi stiamo cercando di richiamare l’attenzione per avere investimenti nei sistemi di irrigazione, che sono molto importanti. In Etiopia, per esempio, ci sono tanti fiumi, ma l’acqua non arriva nei campi dei contadini. C’è bisogno poi di mandare i bambini a scuola per dare loro una possibilità per il futuro. A queste iniziative, cui non è stata conferita la dovuta attenzione, dobbiamo rivolgere i nostri sforzi.

 

D. – Qual è il significato della prossima visita di Kofi Annan al Pam?

 

R. – Il Pam è l’agenzia umanitaria più grande nel mondo. Se Kofi Annan viene a Roma, verrà a visitare il Pam e a discutere dei problemi umanitari dei Paesi che hanno bisogno di cibo. Kofi Annan è molto preoccupato quest’anno per la situazione in Africa. Stiamo parlando di nuovi modi di indirizzare i nostri sforzi contro l’Aids, perché questa malattia congiuntamente alla mancanza di cibo e alla fame, è micidiale. Stiamo assistendo purtroppo ad una situazione molto grave in Sudafrica, dove una persona su tre ha l’Aids e dove ci sono 15 milioni di persone che non hanno cibo.

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CHIESA E SOCIETA’

13 febbraio 2003

 

 

LE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE E LE DIOCESI SI MOBILITANO CONTRO LA GUERRA:

DOMANI NELLA CHIESA DEL GESU’ A ROMA SI TERRA’ LA VEGLIA DI PREGHIERA

“INNAMORATI DELLA PACE”

ROMA. = Le associazioni cattoliche e le diocesi si mobilitano per la pace e aderiscono alla grande manifestazione internazionale contro la guerra del 15 febbraio. Le Acli, con i suoi 800.000 iscritti, insieme ad altre organizzazioni cattoliche, sono tra i promotori di una veglia di preghiera, dal titolo "Innamorati della pace", che si terrà domani a Roma nella chiesa del Gesù alle ore 17.00. L’iniziativa è stata realizzata per ricordare che i cristiani sono impegnati ovunque a difendere i diritti delle persone e a promuovere la pace. "I movimenti per la pace - afferma il presidente nazionale delle Acli, Luigi Bobba - debbono dare una risposta credibile ed efficace a chi vuole questa guerra a tutti i costi. In questo momento la pace è in mano all’Europa e all’Onu". "Al nostro governo - dichiara Luigi Bobba - chiediamo di unirsi a tutti coloro che stanno facendo ogni tentativo per scongiurare questa assurda guerra contro l’Iraq". Anche l’Azione cattolica italiana aderisce alla veglia di domani per dire "no alla guerra e alle violenze che insanguinano molti Paesi del sud del mondo". Non ci si può fermare di fronte agli attacchi del terrorismo né all’idea che la guerra sia l’unico strumento per combatterlo. “Non bisogna rassegnarsi - si legge in un comunicato della AC diffuso oggi - a credere che la guerra sia inevitabile ma è necessario riscoprire la forza della preghiera e chiedere, in sintonia con le parole del Papa, il grande dono della pace". Intanto una "staffetta di digiuno per la pace" è stata organizzata nella diocesi di Padova: per tre mesi, dal 5 marzo (mercoledì delle ceneri) all’8 giugno (domenica di Pentecoste), ogni giorno alcune persone digiuneranno, saltando il pasto e donando il corrispondente per progetti di solidarietà e cooperazione allo sviluppo nelle missioni diocesane. (A.L.)

 

 

PREGHIERA ECUMENICA A VIENNA, SABATO PROSSIMO, TRA LE VARIE CONFESSIONI

CRISTIANE PER GIUNGERE AD UNA SOLUZIONE PACIFICA DELLA CRISI IRACHENA

 

VIENNA. = Diventa sempre più compatta l’opposizione da parte delle confessioni cristiane ad un eventuale conflitto in Iraq. A Vienna, sabato prossimo, si svolgerà un incontro di preghiera promosso da cattolici, protestanti e ortodossi. “Esprimiamo con la preghiera e il canto - dicono gli organizzatori - la nostra preoccupazione per la pace e ci associamo al chiaro ‘no’ del Papa alla guerra”. All’incontro - che durerà circa un’ora - parteciperanno il metropolita greco–ortodosso Michael Staikos, l’ex sovrintendente evangelico metodista Helmut Nausner, il vescovo siro–ortodosso Emanuel Aydin e il presidente dell’Azione cattolica austriaca Christian Friesl. L’iniziativa ha incontrato il favore di molti parroci austriaci, i quali hanno comunicato l’intenzione di organizzare nelle proprie parrocchie momenti di preghiera per una soluzione pacifica della crisi irachena. (M.A)

 

 

SI TERRÀ A BARI A PARTIRE DA DOMANI E FINO AL 16 FEBBRAIO

L'APERTURA PER L'ITALIA DELL'ANNO EUROPEO DELLE PERSONE DISABILI

BARI. = Dopo l'inaugurazione ufficiale del 26 gennaio ad Atene si svolgerà a Bari, a partire da domani e fino al 16 febbraio presso la Fiera del Levante, l'apertura per l'Italia dell'Anno europeo delle persone disabili. L'evento sarà contestuale alla seconda Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità ed è organizzato dalla presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La manifestazione prevede l'intervento di autorità politiche, docenti, medici e rappresentanti del mondo del volontariato. Si parlerà dell’inserimento sociale e lavorativo dei disabili, di famiglia, scuola, mobilità e accessibilità. Per Marcello De Stefano, direttore del settimanale della diocesi di Taranto “Nuovo Dialogo”, "l’Anno europeo della persona disabile non deve ridursi ad una vuota passerella di meeting e celebrazioni ma essere piuttosto un evento culturale. Bisogna rispondere ad una domanda di fondo: se il disabile debba essere a pieno titolo dentro le strutture della vita cittadina o se debba restarne fuori". De Stefano ricorda che "l’Anno europeo della persona disabile è una sfida per una società che voglia definirsi veramente civile e lo è anche per le comunità cristiane, che si distinguono per una speciale attenzione e sensibilità verso le persone con handicap". Secondo il recente rapporto Caritas, in Italia sono oltre due milioni e mezzo le persone disabili, di cui circa l’80 per cento privo del diritto al lavoro. (A.L.)

 

 

“SOSTENIAMO CON FORZA IL DIRITTO ALLA LIBERTÀ E ALLA VITA”:

COSI’ LE DIOCESI COLOMBIANE DI APARTADO’  E QUIBDO’ DENUNCIANO LE VIOLENZE

SUBITE DALLE POPOLAZIONI SULLE RIVE DEL FIUME JIGUAMIANDO’,

AD OPERA DELLE MILIZIE PARAMILITARI E DELLA GUERRIGLIA

 

APARTADÒ. = Le diocesi di Apartadò e Quibdò, nel nord ovest della Colombia, hanno lanciato in questi giorni un nuovo appello allo Stato perché non siano dimenticate le violenze subite dalle popolazioni della conca del fiume Jiguamiandò. I due presuli denunciano l’irruzione compiuta dai gruppi paramilitari delle Accu (Autodifese contadine di Cordoba e Urabà) nel villaggio di Puerto Lleras una settimana fa. Secondo quanto afferma il comunicato i miliziani hanno sparato senza ragione contro un contadino e i suoi due figli. Il padre è stato ferito gravemente, ed uno dei figli, di soli 11 anni, è morto. L’escalation di violenza è iniziata nel giugno del 2001 con assassinii, sequestri, saccheggi e distruzioni. Inoltre i ‘campesinos’ pagano il prezzo del blocco armato imposto dalle Accu, che impediscono il transito di tutti i veicoli in quella zona, ostacolando il rifornimento dei generi di prima necessità: i gruppi armati accusano i civili di essere collaboratori della guerriglia ma, dall’altra parte, la stessa guerriglia accusa la popolazione di sostenere la fazione rivale. “Come Chiesa cattolica e come istituzioni che accompagnano queste comunità - riferisce il comunicato - condanniamo questo omicidio e ribadiamo il nostro impegno per la difesa della vita e la nostra volontà di continuare a stare al fianco di questa gente nella lotta per la tutela del proprio territorio, della sua autonomia e identità culturale. Esigiamo da tutti i protagonisti del conflitto - concludono i vescovi - il rispetto della vita, dell’autonomia e della libertà della popolazione civile”. (M.A.)

 

 

PRESENTATA OGGI A ROMA, NELLA SEDE DELLA STAMPA ESTERA, LA CONFERENZA

 INTERNAZIONALE SU MEDIA E VERITA’, ORGANIZZATA DA “RELIGIONI PER LA PACE”,

 CHE SI TERRA’ IL 17 E IL 18 FEBBRAIO IN CAMPIDOGLIO

 

 - Il servizio di Dorotea Gambardella -

 

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ROMA. = Aiutare i giornalisti affinché facciano un’informazione che non diffonda i nuovi e vecchi stereotipi su culture e religioni; fare in modo che conoscano e quindi rendano in modo più completo il contesto che sta dietro le notizie; favorire una migliore comunicazione tra i media e le comunità religiose: questi gli obiettivi del Seminario organizzato dall’associazione non governativa, “Religioni per la pace”, in collaborazione con il sindaco Veltroni e Franca Eckert Coen, consigliera delegata alle Politiche della multietnicità. L’evento, che si terrà lunedì e martedì prossimi in Campidoglio, sarà articolato in due sessioni, di cui la prima avrà luogo nella Sala Gonzaga e la seconda nella Sala della Protomoteca. La conferenza inoltre vedrà la partecipazione di giornalisti ed esperti arabi, americani, israeliani, europei, di diverse tradizioni religiose e non credenti, che dibatteranno sulla responsabilità dei mezzi d’informazione. “Una questione vitale nel momento storico che stiamo vivendo, ha detto ai nostri microfoni Lisa Palmieri Billig, presidente di “Religioni per la pace” in Italia e responsabile del convegno. “L’informazione internazionale sul mondo arabo e islamico - ha aggiunto - ha prodotto un sentimento di xenofobia e di islamofobia nell’Occidente, così come le notizie dal Medioriente continuano ad alimentare un antisemitismo mai completamente superato”.

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24 ORE NEL MONDO

13 febbraio 2003

 

 

- A cura di Giada Aquilino -

 

La festività islamica del sacrificio non ha fermato le ispezioni dell’Onu in Iraq, che oggi hanno riguardato altri 7 siti sospetti. E proprio dalla relazione dello svedese Blix al Consiglio di sicurezza dell’Onu, in programma domani, dipenderà la strategia adottata dalla comunità internazionale. Gli Stati Uniti continuano a premere per l’uso della forza e ciò sembra aggravare ulteriormente la spaccatura in seno alla Nato ed al Consiglio di sicurezza dell’Onu: istituzioni - ha detto questa mattina il presidente italiano, Ciampi - che vanno salvaguardate. Per la cronaca delle ultime ore, sentiamo Andrea Sarubbi:

 

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“Non ci sono prove effettive che Baghdad abbia violato la risoluzione 1441 dell’Onu”. Davanti al Bundestag, il ministro degli Esteri tedesco, Fischer, ha ribadito la sua linea di mediazione e proposto, in alternativa alla guerra, un regime internazionale di ispezioni in Iraq. Totalmente opposta la versione britannica: secondo il premier Blair - che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa con il collega australiano Howard - l’allestimento di missili Al Soumoud, con una gittata maggiore di quella permessa dalle Nazioni Unite, costituisce di per sé una violazione. Una violazione che l’Iraq, però, sostiene di non aver commesso: la gittata dei missili - ha affermato stamani Tareq Aziz - rientrerebbe infatti nei limiti.

 

La spaccatura, comunque, rimane piuttosto netta, ed una nuova riunione straordinaria della Nato - in programma questo pomeriggio, alle 15.30 - cercherà di risolverla. Ma le parti si presentano molto distanti, al di là delle dichiarazioni ufficiali: il governo spagnolo, ad esempio, non si è ancora “ufficialmente schierato”, ma la stampa sostiene che navi ed aerei sarebbero già pronti alla partenza per l’Iraq. E le forti divergenze hanno segnato anche la giornata di ieri. Stati Uniti e Germania si sono divisi anche sull’ultimo messaggio di Bin Laden, che secondo la Casa Bianca proverebbe un legame tra Al Qaeda e Saddam. Così, mentre Berlino persegue la via diplomatica, Washington mette a punto i preparativi militari, intensifica la sicurezza per timore di nuovi attentati terroristici e, tramite Condoleezza Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale, cerca di fare pressioni sul capo degli ispettori, Blix, in vista della sua relazione di domani al Consiglio di sicurezza dell’Onu, alla quale assisterà anche il ministro degli Esteri britannico, Straw.

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Impossibile valutare l’impatto economico delle tensioni con l’Iraq. Lo afferma la Banca centrale europea (Bce), la quale si dice pure convinta che l'elevato grado di incertezza per le prospettive economiche diminuirà nel corso dell'anno. Secondo la Bce, è importante che i Paesi di Eurolandia “attuino piani di risanamento adeguati, in caso di necessità”. Una graduale ripresa economica è prevista per il 2003, mentre l'inflazione si attesta su un livello inferiore al 2%.

 

La Corea del Nord è in grado di colpire obiettivi statunitensi in qualsiasi parte del mondo, se sarà provocata. Questa l’ultima minaccia dei dirigenti di Pyongyang, proprio quando il presidente eletto sudcoreano, Roh Moo Hyun, ripropone la mediazione di Seul, affermando che il dovere della Corea del Sud è “quello di evitare in ogni modo che la crisi nucleare nordcoreana degeneri in una guerra, catastrofica per la penisola”. In questo clima, intanto, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha deciso ieri a Vienna di deferire Pyongyang al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, perché non in regola con gli impegni internazionali in campo nucleare. Ce ne parla Giovanni Maria Del Re:

 

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Una decisione pressoché scontata, dopo che erano caduti nel vuoto gli inviti lanciati dal direttore generale dell’Aiea, Mohamed El Baradei, a riaccettare gli ispettori dell’agenzia cacciati alla fine del dicembre scorso. Non solo, la Corea del Nord, che pochi mesi fa annunciava la ripresa del programma militare nucleare, aveva anche comunicato l’uscita dalla stessa agenzia atomica. La decisione di deferirla al Consiglio di Sicurezza è stata presa quasi all’unanimità dal Consiglio direttivo dell’agenzia. Soltanto Russia e Cina si sono astenuti. A questo punto il Consiglio di Sicurezza potrebbe anche decidere l’imposizione di sanzioni nei confronti di Pyongyang. La Corea del Nord ha però già più volte detto che “qualsiasi sanzione equivarrebbe per noi ad una dichiarazione di guerra”.

 

Giovanni Maria Del Re, per la Radio Vaticana.

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Bolivia. Disordini e saccheggi hanno devastato nelle ultime ore la capitale La Paz. La protesta, avviata dalla polizia che si è scontrata con reparti dell’esercito, ha coinvolto la popolazione ed è stata innescata dall’annuncio di una nuova tassa sui salari. Il bilancio degli scontri è di 17 morti e oltre 50 feriti. Per oggi è annunciato lo sciopero generale, anche se un accordo raggiunto poco fa dal governo e rappresentanti della polizia, potrebbe mettere fine all’emergenza. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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In mattinata, il battaglione Colorados dell’esercito aveva preso posizione a protezione della Plaza Murillo, su cui si affacciano il palazzo presidenziale e il Parlamento, vista la determinazione della polizia di mantenersi in ribellione contro il prelievo del 12,5 per cento dagli stipendi, suggerito al presidente Gonzalo Sanchez de Lozada dal Fondo monetario internazionale. Il pesante bilancio di vittime è dovuto al fatto che, dopo i primi disordini, i cecchini hanno preso posizione sui tetti degli edifici sparando sulla folla. Gli scontri hanno richiamato in piazza militanti di movimenti giovanili e di opposizione estrema, che hanno attaccato, saccheggiato e incendiato numerosi edifici pubblici, fra cui il ministero del Lavoro, quello del Benessere sociale e la sede della vice presidenza. In questo clima un messaggio con cui il presidente annullava la tassa sugli stipendi cadeva nel nulla. Numerose autorità, fra cui la Chiesa cattolica, hanno chiesto ai manifestanti di sospendere la protesta.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Ariel Sharon può essere giudicato per crimini contro l’umanità, ma il processo sarà congelato finché lo stesso Sharon resterà in carica come primo ministro d’Israele. Lo ha deciso ieri la Corte suprema di Bruxelles in base alla legge di giurisdizione universale in vigore in Belgio da 10 anni. L’accusa nei confronti di Sharon è di responsabilità politica e militare nel massacro del 1982 ai campi profughi di Sabra e Chatila, in Libano, dove furono uccisi 800 civili palestinesi, 2000 secondo fonti più recenti. Il provvedimento ha provocato reazioni a catena: il presidente israeliano Katsav ha inviato una dura lettera di protesta a re Alberto del Belgio per la decisione della Corte suprema. Sul terreno intanto proseguono le violenze. Due palestinesi sono stati uccisi stamani da un reparto militare israeliano presso la colonia ebraica di Netzarim, nella Striscia di Gaza.

 

I gruppi paramilitari dovranno cessare di esistere, se l’Ulster punta ad un futuro di pace. Lo hanno detto ieri i premier inglese e nordirlandese, Blair ed Ahern, al termine di un incontro al castello di Hillsborough, nei pressi di Belfast. Nessuna decisione è stata comunque presa sul futuro del governo locale, che Londra ha sospeso lo scorso 14 ottobre. Blair ed Ahern hanno dato tempo fino al 3 marzo per trovare un’intesa che permetta di far uscire il processo di pace dall’impasse.

 

L'esercito americano ha smentito perdite di civili afghani nella valle di Baghram, nel centro dell'Afghanistan, in questi giorni obiettivo di pesanti bombardamenti aerei. Informazioni di fonti locali avevano detto che i bombardamenti avevano provocato 17 morti e una dozzina di feriti.

 

Nuove violenze tra esercito e guerriglieri separatisti nel sud delle Filippine. In questi ultimi tre giorni, gli scontri hanno provocato la morte di oltre 120 persone e molti civili sono stati presi in ostaggio dai ribelli. Le reazioni dei separatisti musulmani si sono fatte più violente dopo l’offensiva lanciata dall’esercito sull’isola di Mindanao.

 

Più leggere le nuove sanzioni per lo Zimbabwe. L’Unione europea riunita ieri a Bruxelles ha modificato i provvedimenti imposti lo scorso anno a Mugabe e ai suoi collaboratori. Le misure prevedevano il congelamento dei beni che essi possedevano in Europa e il divieto di ingresso in territorio europeo.

 

Emergenza sanitaria nel Continente africano. E’ salito a 38 il numero delle vittime accertate a causa di un focolaio di ebola nel nord del Congo-Brazzaville. Una vera e propria epidemia di meningite viene invece segnalata in una regione della Nigeria, quella di Zamfara, e nel Burkina Faso: già centinaia i morti accertati.

 

 

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