RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 42 - Testo della
Trasmissione martedì 11 febbraio 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Oggi nuova riunione della Nato per risolvere la
divisione sulla crisi irachena, mentre c’è attesa per la missione di pace a
Baghdad del cardinale Etchegaray.
Discorso del presidente dell’Iran, Khatami, nel
24° anniversario della rivoluzione islamica.
Incarico ufficiale a Seydou Diarra per formare il
nuovo governo di riconciliazione nazionale della Costa d’Avorio.
11 febbraio 2003
TESTIMONI DELLO SPIRITO FRANCESCANO DI PACE E DI
AMORE
DEL
QUALE IL MONDO DI OGGI HA BISOGNO.
COSI’
IL PAPA AI FRANCESCANI “BERNARDINI” RICEVUTI OGGI IN UDIENZA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Il mondo di oggi ha bisogno di
essere pervaso “dallo spirito di San Francesco”. Uno spirito che invita
famiglie, società e nazioni all’amore e alla pace. Con questa constatazione, e
insieme un auspicio, Giovanni Paolo II ha accolto questa mattina un gruppo di
Francescani, molti dei quali suoi connazionali, appartenenti all’Ordine dei
Frati Minori detti anche “bernardini”. Un appellativo, quest’ultimo, usato in Polonia, Lituania e
Ungheria, e ispirato al primo convento dell’Ordine fondato a Cracovia nel 1453
da San Giovanni da Capistrano, discepolo di San Bernardino di Siena, al quale
il convento è dedicato.
Davanti
agli ottanta religiosi, giunti a Roma dalla Polonia e dall’Ucraina per
festeggiare i 550 anni della loro presenza in Polonia, il Papa ha ricordato gli
anni della sua giovinezza e quindi del suo ministero episcopale, durante i
quali la comunità di Cracovia rimase per lui un costante punto di riferimento.
Già nel 1976, mentre si festeggiava il Giubileo del Santo di Assisi, l’allora
vescovo Karol Wojtyla aveva introdotto un convegno francescano con queste
parole: “Dobbiamo
pregare tanto per ottenere un Francesco dei nostri tempi. Forse non uno, forse
tanti. Viviamo in un’epoca, in cui il Concilio Vaticano ci ha rivelato per
lungo e per largo la dimensione del popolo di Dio”. Parole non tramontate, a
distanza di quasi trent’anni:
L’uomo di oggi
ha bisogno della fede, della speranza e della carità di Francesco; ha bisogno
della gioia che scaturisce dalla povertà di spirito, cioè da una libertà
interiore; vuole imparare nuovamente l’amore di tutto ciò che Dio ha
creato; ha bisogno infine che nelle
famiglie, nelle società, tra le nazioni regnino la pace e il bene. Di questo ha
bisogno la Polonia, l’Ucraina e il mondo intero”.
Chiedete
a Dio, li ha esortati il Pontefice, di “rendervi sempre più pienamente
testimoni dello spirito di Francesco”. Per questo il Papa ha invocato
l’intercessione di Maria, dato che siamo nell’anno del Rosario. Ricordando
anche i 10 anni della Custodia francescana di San Michele Arcangelo in Ucraina,
Giovanni Paolo II ha concluso ringraziando ancora una volta i religiosi per
l’accoglienza riservatagli lo scorso anno, durante il suo viaggio apostolico in
patria.
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ALLA PRESENZA DEL SANTO PADRE, QUESTO POMERIGGIO,
NELLA BASILICA VATICANA,
LA
MESSA PER GLI AMMALATI NELLA MEMORIA LITURGICA
DELLA
BEATA VERGINE MARIA DI LOURDES
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Oggi è l’11.ma Giornata Mondiale del malato che si celebra
in coincidenza con la data della prima apparizione della Madonna a Santa
Bernadette, alla grotta di Massabielle e, come ha ricordato il Papa all’Angelus
di domenica scorsa, da Lourdes Maria non cessa di effondere sul mondo della
sofferenza, il consolante messaggio della fiducia e della speranza. Le
celebrazioni principali della Giornata si svolgono quest’anno nel maestoso
santuario nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington, capitale degli
Stati Uniti d’America, ma anche a Roma, nella Basilica di San Pietro, si
riuniscono fra poco centinaia di malati con migliaia di pellegrini, insieme a
Giovanni Paolo II, per la Santa Messa che verrà celebrata dal cardinale vicario
Camillo Ruini. Sarà soprattutto l’Unitalsi, assieme all’Opera Romana Pellegrinaggi,
ad occuparsi del trasporto degli ammalati in Basilica. Unitalsi sta per Unione
Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e ai Santuari Internazionali.
Con noi la presidente diocesana di Roma, la dott.ssa Maria Carla Traina:
D. – Vuole offrirci un cenno storico dell’Unitalsi e della
sua configurazione oggi?
R. – L’Unitalsi è nata nel 1903 ad opera di un malato
ateo, che era sulla carrozzina, il quale volle andare a Lourdes con l’idea di
fare un gesto eclatante, cioè uccidersi davanti alla grotta, in segno di
sfregio contro i preti e contro la Madonna. Fece il suo pellegrinaggio, ma alla
fine del pellegrinaggio prese la pistola, che si era portato con sé, la mise
nella mano del vescovo che dirigeva quel pellegrinaggio, dicendo: “La Signora
ha vinto”. Tornando a Roma, volle fondare l’Unitalsi, quale associazione di
trasporto a Lourdes di malati come lui, perché diceva: “Lourdes ha fatto bene a
me, farà bene a tante persone come me”. L’Unitalsi oggi è un’associazione che
attraverso l’opera dei volontari si propone di realizzare soprattutto una
crescita umana e cristiana dei propri aderenti e promuovere un’azione di
evangelizzazione e di apostolato verso e con gli ammalati disabili.
D. – Quanti volontari conta oggi l’Unitalsi?
R. – L’Unitalsi conta sul piano nazionale più di 300 mila
soci, perché da Roma e dal Lazio, si è diffusa in tutte le regioni d’Italia.
D. – Come opera l’Unitalsi ai giorni nostri?
R. – L’Unitalsi nel tempo si è resa conto di essere
un’associazione che opera soprattutto all’interno della diocesi. Quindi,
facendo una lettura del territorio e delle esigenze delle varie diocesi,
l’Unitalsi non solo si occupa dei disabili, per quanto riguarda i pellegrinaggi
nei principali santuari - noi normalmente andiamo a Lourdes dal Lazio più di
quattro volte l’anno, in più ci sono i pellegrinaggi delle altre regioni, a
Fatima, a Banneé, a Loreto in Italia, ed ora abbiamo iniziato anche i
pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo come Unitalsi - ma oltre a questo ci
occupiamo dei disabili durante l’arco dell’anno, per cui, nelle varie
prefetture di Roma, nelle varie parrocchie, i volontari si prendono carico, sia
dell’assistenza domiciliare, quindi facilitare a tutti i disabili e ai malati
nelle varie zone, nei vari territori della città, tutto quello che concerne
l’assistenza a domicilio, sia soprattutto dell’organizzazione anche di
giornate, di momenti di fraternità tra volontari e disabili, perché tutti
insieme, vogliamo vivere nel quotidiano, questa nostra esperienza di fede e di
solidarietà e di comunione tra tutti noi.
D. – Come vi siete organizzati per la celebrazione di
questo pomeriggio?
R. – In Piazza San Pietro parcheggeremo le macchine e i
pulmini, ed entreremo in San Pietro dall’entrata di Santa Marta come tutti gli
anni, in attesa del Santo Padre che arriverà alle 18. La celebrazione della
Messa con il cardinale Ruini inizierà alle 16.30.
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La nostra emittente curerà la radiocronaca della cerimonia
in San Pietro a partire dalle 16.25 con il commento in italiano per la zona di
Roma, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105.0 MHz.
Al termine della Liturgia eucaristica, vi sarà la suggestiva fiaccolata al
canto dell’Ave Maria di Lourdes, che rievoca l’atmosfera vissuta ogni sera,
durante la stagione dei pellegrinaggi al santuario mariano dei Pirenei.
RICEVUTI
DAL PAPA DUE VESCOVI AFRICANI IN VISITA “AD LIMINA”.
PROVVISTE DI CHIESE IN MESSICO, STATI UNITI,
FILIPPINE E AUSTRALIA
Il Papa
ha ricevuto stamani due presuli africani, l’arcivescovo di Malabo, in Guinea
Equatoriale, mons. Ildefonso Obama Obono, e il vescovo di Banjul, in Gambia,
mons. Michael J. Cleary, entrambi in visita “ad Limina”.
Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di
Durango, in Messico, il presule mons. Héctor Gonzàlez Martìnez, finora
arcivescovo di Antequera, nello Stato di Oaxaca.
Negli Stati Uniti d’America, il Pontefice ha nominato
ausiliare dell’arcidiocesi di New Orleans il sacerdote 62enne Roger Paul Morin,
del clero locale, finora vicario generale e parroco, elevandolo alla dignità
vescovile.
Nelle Filippine, Giovanni Paolo II ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Digos, presentata dal vescovo
mons. Generoso C. Camiña, in conformità alla norma canonica relativa a
“infermità o altra grave causa”. Gli subentra
mons. Guillermo V. Afable, finora vescovo coadiutore della stessa
diocesi.
In Australia, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio
di ausiliare dell’arcidiocesi di Brisbane, presentata dal vescovo mons. John
Joseph Gerry, per raggiunti limiti di età.
“L’OSSERVATORE ROMANO” SULL’ANNIVERSARIO DEI PATTI
LATERANENSI:
IL CONCORDATO TRA ITALIA E SANTA SEDE, “UN
MUTUO RICONOSCIMENTO, UN MODELLO PER L’EUROPA”
- A
cura di Paolo Salvo -
“L’assetto
ormai consolidato” tra Italia e Santa Sede, con il Concordato rivisto nel 1984,
in sintonia con la lezione del Concilio e con la maturazione democratica del
Paese, “potrebbe addirittura farsi modello in Europa, per dare regola chiara ai
rapporti tra due realtà fondanti la nostra convivenza”. E’ quanto scrive
“L’Osservatore Romano” in un corsivo di prima pagina, dedicato all’odierna data
dell’11 febbraio, anniversario dei Patti Lateranensi, evento che nel 1929 segnò
“la fine del contrasto tra Stato e Chiesa che da un certo momento del Risorgimento
aveva separato le sorti di religione e patria”.
Rilevando che “così la Chiesa ha pieno titolo per svolgere
la sua missione religiosa ed, allo stesso tempo, lavorare per la pace ed il
progresso dei popoli”, il giornale vaticano allunga lo sguardo sull’orizzonte
europeo: “Stato e Chiesa, - si legge nella nota - lungi dal porsi come due
rette che non s’incontrano mai, come pretendeva una vecchia metafora,
collaborano fruttuosamente per l’uomo e la sua elevazione spirituale e
materiale. Nell’equilibrio tra le due appartenenze - sottolinea il corsivo -
sta il segreto della libertà e del progresso del continente: quello che era il
singolare approdo concordatario potrebbe ragionevolmente diventare un esplicito
riferimento per l’Europa che nasce”.
La nota de “L’Osservatore Romano”, non firmata, così
prosegue: “La vita religiosa, anziché essere relegata nel privato, merita di
essere liberata per farsi risorsa, anzi anima di un’esemplare convivenza
europea. E’ l’apporto che l’Italia può dare alla futura Convenzione dell’Unione
Europea, ove l’esistenza delle Chiese e delle confessioni religiose dovrà pur
essere riconosciuta, con il conseguente impegno a mantenere un dialogo
strutturato fra le Parti, per il progresso materiale e spirituale del nostro
Continente”. Tutto, come nel “modello” italiano testimoniato anche dalla
recente visita di Giovanni Paolo II al Parlamento riunito, “su un terreno di
amicizia e di collaborazione”.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Tutti
insieme per il bene supremo della pace" è il titolo che, a tutta pagina,
apre il giornale. Il cardinale Roger Etchegaray, inviato speciale del Santo
Padre a Baghdad: la missione del porporato - si sottolinea - è dimostrare la
sollecitudine del Papa in favore della pace e aiutare le autorità irachene
a riflettere sulla necessità di intraprendere una fattiva cooperazione basata
sulla giustizia e sul diritto internazionale.
Dedicato all'Anno del Rosario,
un contributo di Francois-Marie Lethel, membro della Pontificia Accademia
Teologica. Sempre in prima, la drammatica notizia che in Eritrea diecimila
bambini sono minacciati dalla fame.
Nelle
vaticane, nell'udienza ad un gruppo di religiosi venuti dalla Polonia e dall'Ucraina,
Giovanni Paolo II ha messo in rilievo che l'uomo e il mondo di oggi attendono
di essere pervasi dallo spirito di San Francesco: nelle famiglie e tra le Nazioni
- ha esortato il Papa - regnino la pace e il bene.
Una pagina per la memoria
liturgica del cardinale Alojzije Stepinac, beato e martire: la Santa Messa celebrata
dal cardinale Crescenzio Sepe.
Una pagina, con relativi
contributi, in occasione della presentazione del Documento "Gesù
Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul 'New Age'
".
La Dichiarazione finale
dell'incontro organizzato, a Roma, dal Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso.
Nelle pagine estere, Iraq:
dichiarazione comune di Russia, Germania e Francia per scongiurare
l'eventualità di un conflitto.
Medio Oriente: Territori
chiusi, Israele teme attentati.
Terrorismo: cresce il pericolo
di attacchi contro obiettivi statunitensi.
Costa d'Avorio: affidato al
nuovo premier l'incarico di formare un governo di riconciliazione nazionale.
Nella pagina culturale, un
articolo di Gino Concetti in ricordo di Jole Galofaro.
Nell' "Osservatore
Libri", un contributo di Angelo Marchesi dal titolo "Una ricerca
rigorosa densa di rinvii storici e filosofici": un saggio di Mario Toso su
"Per una laicità aperta".
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'intervento del presidente della Repubblica Ciampi riguardo alla crisi
irachena.
Il tema del pubblico impiego.
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PRENDIAMO IN MANO LA CORONA DEL ROSARIO PER IMPLORARE
IL
GRANDE DONO DELLA PACE L’INVITO DEL PAPA RILANCIATO
DAL CARDINALE
CAMILLO RUINI ALLA DIOCESI DI ROMA
LA
TESTIMONIANZA DI UN BAMBINO DI 6 ANNI – JUAN DIEGO
LA
PREGHIERA PER LA PACE E IL FERMO NO ALLA GUERRA IN IRAQ
CONDIVISO
DALLE CONFERENZE EPISCOPALI DEL MONDO
-
Servizio di Carla Cotignoli -
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In quest’ora
di preoccupazione internazionale, il Papa domenica scorsa, all’Angelus, ha
nuovamente invitato tutti a “prendere in mano la corona per invocare
l’intercessione della Vergine Maria”. Ed aveva aggiunto che “non si può recitare
il Rosario senza sentirsi coinvolti in un preciso impegno di servizio alla pace”.
In una lettera alla diocesi di Roma, il cardinale vicario
Camillo Ruini chiede che in tutte le Sante Messe, da domenica 16 febbraio si
inseriscano preghiere esplicite “per gli organismi internazionali, le autorità
sui popoli, perché il Signore illumini i loro sforzi per evitare i lutti e le
miserie che ogni guerra comporta e per trovare una soluzione equa e pacifica ai
conflitti che affliggono l’umanità”.
Rivolto poi a tutte le parrocchie di Roma, le comunità
religiose, i fedeli e le loro famiglie, il cardinale Ruini ripropone “di
offrire per la pace la recita comunitaria o personale del Rosario”.
(musica)
Si può verificare che siano proprio i più piccoli a
mostrare maggiore prontezza nell’accogliere l’invito a riprendere in mano la
corona del rosario. Come ci testimonia
Juan Diego Turatti, di soli 6 anni. E’ stata la maestra nella sua scuola
elementare di Rocca di Papa a riproporre ai bambini l’invito del Papa:
R. – Un giorno ci ha parlato del Rosario, un altro giorno
ci ha dato un biglietto che dovevamo leggere alle nostre madri.
D. – Ma è difficile in una famiglia dire il Rosario tutti
insieme …
R. – No, è facilissimo. Basta che guardi attentamente i
tempi: la mattina non si può perché tutti vanno a scuola o al lavoro. Il
pomeriggio devi mangiare o riposarti. La sera lo puoi dire in compagnia perché
ci stanno tutti.
D. – Chi è che prende l’iniziativa, chi è che dice
“diciamo il Rosario adesso”, papà e mamma?
R. – No, sono io.
D. – E che cosa è per te dire il Rosario, chi è Maria per
te?
R. – E’ la mamma di tutti i bambini. E ci aiuta sempre in
caso di bisogno. E poi mi piaceva molto lo sguardo!
D. – E dove lo vedi lo sguardo di Maria?
R. – A scuola, ieri, avevo preso un quadro della Madonna
ed una corona, e mi piaceva quello sguardo. Ho preso il quadro della Madonna
con in braccio Gesù per dire il Rosario.
D. – Che cosa ti dice quello sguardo?
R. – Mi ricorda molti pensieri, quelli più cari. Mi
ricorda molte cose: mi ricorda la pace…
D. – Questo sguardo di Maria, pregare Maria, ti aiuta ad
amare di più come ha fatto Gesù, ad essere un po’ come era Gesù?
R. – Sì. Un giorno a scuola ho fatto un gesto d’amore
grandissimo, perché un mio amico aveva poca merenda e mi chiedeva sempre un pezzettino
della mia ed io gliela davo sempre.
(musica)
L’invito alla preghiera continua ad essere rilanciato
dalle conferenze episcopali di tutto il mondo. Non solo. Si moltiplicano le
dichiarazioni inequivocabili contro la guerra in Iraq: dall’Australia,
Filippine, al Sudafrica, dagli Stati
Uniti, alla Spagna, Germania, Inghilterra. L’ultima è dei vescovi francesi. Il
regime iracheno - affermano - non rappresenta una “minaccia urgente e
immediata” tale da costituire un “caso evidente di legittima difesa”.
Richiamando la tradizione di riflessione morale cattolica e le recenti
dichiarazioni dei vescovi tedeschi, i vescovi francesi riaffermano che “il
diritto di legittima difesa presuppone un attacco reale o imminente e non la
semplice possibilità di un attacco”. “Ammettere la legittimità delle ‘guerre
preventive’ contro tutti i regimi che opprimono i loro popoli sarebbe gettare
il mondo nel fuoco e nel sangue”. Pregare e sperare, “contro la tentazione di
rassegnarsi” è il richiamo dei vescovi francesi, “insieme a tutte le Chiese
cristiane che nel mondo intero - scrivono - si esprimono in questi giorni con
una profonda unità di pensiero con il Papa che moltiplica le iniziative per evitare
la guerra”.
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PREGHIERE PER LA PACE NEL PELLEGRINAGGIO DEI MUSULMANI ALLA
MECCA,
SEGNATO DALLA CRISI IRACHENA
- Con
noi, padre Justo Lacunza -
La
crisi irachena si ripercuote anche alla Mecca, affollata in questi giorni da
due milioni di pellegrini islamici. Ieri è stato il giorno della salita sul
monte Arafat, dove Maometto tenne l’ultimo sermone. Numerose le preghiere per
la pace, ma non sono mancati gli accenti antiamericani: lo stesso Gran muftì ha
denunciato quella che definisce una guerra “economica e religiosa”. E delle
ripercussioni di un attacco militare statunitense sul fronte musulmano, Andrea
Sarubbi ha parlato con padre Justo Lacunza, preside del Pontificio istituto di
studi arabi e di islamistica:
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R. – È una situazione esplosiva, davvero molto pericolosa,
quella che stiamo vivendo, perché portare avanti la guerra contro l’Iraq
significa sconvolgere assolutamente tutti gli equilibri precari del Medio
Oriente. Penso che un attacco militare verrebbe interpretato da milioni di
musulmani come una guerra contro qualcuno che è musulmano, contro una parte del
mondo arabo islamico, e non necessariamente contro qualcuno che possiede delle
bombe di distruzione di massa. E questa crisi acquista alla Mecca una
dimensione ancor più internazionale, perché questo pellegrinaggio raduna
migliaia di persone provenienti da ogni parte del mondo.
D. – Rispetto al pellegrinaggio alla Mecca dell’anno
scorso - che poi era il primo dopo l’11 settembre - quest’anno che cosa è
cambiato?
R. – Sono cambiate due cose. Innanzitutto, la guerra è
diventata ormai la sindrome del secolo: una specie di paura, di terrore, un
brutto sogno che viviamo in continuazione. E questo non c’era ancora dopo l’11
settembre. In secondo luogo, sembra che ci sia un fallimento completo nel modo
di gestire tutta la questione, particolarmente il terrorismo. Non sappiamo
esattamente dove guardare e questa situazione di incertezza, di paura, crea un
disagio nei musulmani, così come del resto in tutti noi.
D. – Ogni anno, il pellegrinaggio alla Mecca offre
l’occasione all’Arabia Saudita di ribadire il proprio ruolo di leadership
spirituale verso gli altri Paesi arabi. È un ruolo che però contrasta molto con
ciò che l’Arabia fa per gli Stati Uniti, sia economicamente che militarmente …
R. – Dobbiamo ricordare che l’Arabia Saudita è un grande produttore
di greggio, e dunque, per far funzionare l’industria a livello mondiale,
bisogna puntare su questo grande Paese. Ma è altrettanto vero che l’Arabia
Saudita ha avuto un ruolo culturale, storico ed anche islamico per i musulmani
a livello mondiale. In questo frangente, il suo coinvolgimento con l’America
viene criticato da molti musulmani, che non capiscono come mai gran parte delle
forze statunitensi - quelle che combatterono nella guerra del Golfo, ma anche
quelle che si preparano adesso per un attacco massiccio all’Iraq - abbiano
potuto beneficiare di una posizione strategica sul territorio dell’Arabia
Saudita, che l’Islam considera un territorio sacro.
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11 febbraio 2003
CONTINUA L’ESODO DEI CRISTIANI DALLA
TERRA SANTA:
PER CONTRASTARE IL FENOMENO I FRANCESCANI
HANNO AVVIATO UN PROGETTO
DI SOSTEGNO ABITATIVO PER LE FAMIGLIE
CRISTIANE CHE RESTANO
BETLEMME.
= I francescani della Custodia di Terra Santa vedono con preoccupazione l’esodo
di migliaia di cristiani dalla terra di Gesù. Per contrastare il fenomeno i
francescani hanno avviato da alcuni anni dei progetti per la costruzione di
case ed alloggi per i cristiani che vivono in Terra Santa. Così ad Acco,
l’antica città dei crociati, i francescani hanno fatto edificare 16
appartamenti per altrettante famiglie cristiane. A Beit Hanin, quartiere di
Gerusalemme nord, sono stati costruiti 42 appartamenti, mentre a Betania, 20
famiglie cristiane abitano da una quindicina d’anni in altrettanti appartamenti.
A Betfage, nelle immediate vicinanze del santuario che ricorda l’ingresso
trionfale di Gesù a Gerusalemme, si sta costruendo un intero quartiere, che
sarà dedicato a “San Francesco”. Si tratta di 72 appartamenti, che si prevede
costeranno 10 milioni di dollari. Altri 3 milioni di dollari saranno necessari
per un nuovo progetto edilizio, il quartiere “Bambino Gesù”. Su due terreni
adiacenti di proprietà della Custodia saranno costruiti tre blocchi di case per
un totale di 36 appartamenti, dove potranno vivere 180 cristiani palestinesi.
Il progetto prevede anche un cortile per far giocare i bambini, un’autorimessa
sotterranea ed un centro sociale. Il 6 gennaio, il Padre Custode Giovanni
Battistelli, accompagnato dai consoli di Spagna, di Francia, d’Italia e del
Belgio, ha collocato la prima pietra. (L.Z.)
“LA COLOMBIA NON PUO’ METTERSI IN
GINOCCHIO DAVANTI ALLA VIOLENZA”.
LO HA
DETTO L’ARCIVECOVO DI BOGOTA’, IL CARDINALE RUBIANO,
DURANTE
LA MARCIA DI PROTESTA CONTRO L’ATTENTATO CHE VENERDI’ SCORSO
HA UCCISO
32 PERSONE IN UN LOCALE DELLA CAPITALE COLOMBIANA
BOGOTA’.
= Grande partecipazione ieri a Bogotà, in Colombia, per la marcia di protesta
contro l’attentato terroristico nel quale venerdì scorso sono morte 32 persone
e altre 163 rimaste ferite. Il corteo partito dal Parco del “Rinacimiento”, ha
sostato nel parco Simon Bolivar, dove l’arcivescovo di Bogotà, il cardinale Pedro
Rubiano Saénz, ha celebrato la santa messa. Il porporato, durante l’omelia, ha
ricordato le parole di cordoglio del Papa per “l’ingiustificabile violenza” ed
ha aggiunto: “Non possiamo, e questo deve rimanere chiaro, lasciarci mettere in
una angolo e piegarci dalla violenza”. “Esigiamo - ha continuato il porporato -
che i gruppi armati, quando parlano di pace, non mentano al Paese, non siano
ostacolo permanente alla convivenza”. “Tutti i colombiani - ha esortato il
cardinale Rubiano - con una sola voce, non smettano mai di farsi sentire in
tutto il Paese: devono esigere la pace da chiunque ha ferito profondamente la
Colombia”. Alla marcia oltre all’arcivescovo, erano presenti anche il
vicepresidente colombiano Francisco Santos e il sindaco di Bogotà Antanas
Monkus. I partecipanti, tutti vestiti di bianco, con bandiere della Colombia e
cartelli contro la violenza, hanno concluso la marcia davanti al locale “El
Nogal, nel quale è avvenuto l’attentato, dove hanno deposto una grande bandiera
nazionale colma di fiori. (M.A.)
L’EPISCOPATO ARGENTINO ESPRIME
LA PROPRIA VICINANZA AI VESCOVI DEL VENEZUELA, PAESE CHE ATTRAVERSA UNA CRISI
ISTITUZIONALE ED ECONOMICA
BUENOS
AIRES. = La Commissione esecutiva dell’episcopato argentino, presieduta da
monsignor Eduardo Vicente Mirás, arcivescovo di Rosario, ha espresso in un
recente messaggio indirizzato ai vescovi venezuelani, la sua “adesione fraterna”
per la dura crisi del loro Paese. Secondo quanto ha riferito il segretario generale
della commissione, monsignor Guillermo Rodriguez Melgarejo, vescovo ausiliare
di Buenos Aires, i vescovi argentini hanno manifestato la loro preoccupazione
per la situazione istituzionale del Venezuela e hanno annunciato che pubblicheranno
il messaggio che l’episcopato venezuelano ha mandato al tavolo di intesa e
negoziazione del loro paese. I vescovi argentini hanno inviato una nota al
presidente della Conferenza episcopale venezuelana monsignor Enrique Balatazar
Porras Cardozo, arcivescovo di Merida, nella quale affermano di aver letto il
messaggio diretto al tavolo di negoziazione e accordi, che faranno conoscere
anche al popolo argentino, e di condividere l’opinione che sia necessario
giungere ad una patria che sia una casa comune nella quale tutti siano accolti
e rispettati. “Nell’esprimere la preoccupazione della Chiesa, pellegrina in
Argentina, per i problemi che attraversa la nostra sorella nazione venezuelana
- concludono i vescovi argentini - ci è gradito farvi giungere il nostro
fraterno saluto in Cristo, il Signore”.(M.A.)
OGGI 11 FEBBRAIO, MEMORIA LITURGICA DELLA BEATA
VERGINE MARIA DI LOURDES,
FESTEGGIANO I 25 ANNI DELL’ISTITUTO LE SUORE
FIGLIE
DELLA
SANTISSIMA VERGINE IMMACOLATA DI LOURDES, FONDATE DAL SACERDOTE
NAPOLETANO
DON FRANCESCO GATTOLA
- A
cura di Giovanni Peduto -
LOURDES. = In questo giorno in
cui la Chiesa ricorda la prima apparizione della Madonna alla Grotta di
Massabielle, le Suore Figlie della Santissima Vergine Immacolata di Lourdes,
fondate dal sacerdote napoletano don Francesco Gàttola, festeggiano i 25 anni
del loro Istituto. La causa di beatificazione del fondatore è giunta proprio in
questi giorni presso la Congregazione per le Cause dei Santi, dopo aver
terminato l’iter diocesano. Le Suore oggi sono alcune centinaia in una ventina
di case, di cui l’ultima proprio oggi viene ufficialmente inaugurata a Lourdes.
Le altre case sono, oltre che in Italia, in Brasile, Messico e Costa Rica, perché
la congregazione ha fatto proprio lo spirito missionario, sposando il carisma
della missione “ad gentes”. A Lourdes, dove oggi è festa grande, le Suore di
don Gàttola, chiamate comunemente Immacolatine, prestano servizio nei
santuari con l’animazione liturgica e l’accoglienza dei pellegrini.
LUTTO NEL MONDO DELLA CULTURA IN CATALOGNA E IN TUTTA
LA SPAGNA
PER LA
MORTE DELLO STORICO GESUITA PADRE MIQUEL BATLLORI:
UOMO
BUONO E AMATO DA TUTTI, AVEVA 93 ANNI. LE SUE OPERE IN VENTI VOLUMI
- A
cura di padre Ignazio Arregui -
BARCELLONA.
= Nel Monastero di San Cugat del Valles, della Catalogna (Spagna) si sono
tenuti stamattina, con grande solennità, i funerali per il grande storico padre
Miquel Batllori, della Compagnia di Gesù, deceduto l’altro ieri, 9 febbraio
all’età di 93 anni. Padre Batllori, era stato insignito di alcuni fra i più
importanti riconoscimenti culturali e scientifici come il Premio Principe di
Asturias nel 1995, aveva ricevuto il dottorato “Honoris causa” a nome di
un grande numero di università ed era in possesso di importanti onorificenze e
titoli di istituzioni accademiche spagnole e della Catalogna. Era membro, di
diverse istituzioni accademiche fra le quali la Reale Accademia della Storia.
Nato a Barcellona (Spagna) nel 1909, all’età di 19 anni entrò nel noviziato
della Compagnia di Gesù a Gandia (Valencia) l’anno 1928, dopo aver conseguito
la laurea in Filosofia-Lettere e Giurisprudenza. Concluso il periodo di
formazione nella Compagnia di Gesù con gli studi di umanità classiche, filosofia
e teologia, nel 1942 ottenne il dottorato in Storia con “premio straordinario”
nell’Università di Madrid. Nel 1947 si trasferì a Roma dove svolse una parte
importante delle sue attività nell’Istituto Storico della Compagnia di Gesù e
come professore all’Università Gregoriana. La sua produzione comprende più di
1.000 titoli e circa 60 libri. In questi giorni è stata completata la
pubblicazione delle sue opere complete in 20 volumi. Gli ambiti principali
della sua attività come storico sono stati in particolare: il Medioevo nella Catalogna,
i Borgia, il barocco in Spagna, la personalità di Baltasar Gracian, il periodo
della illustrazione e la estinzione della Compagnia di Gesù, e la storia contemporanea
dei secoli XIX e XX. Innumerevoli i commenti, da parte di personalità del mondo
politico, culturale ed ecclesiastico in Catalogna in occasione della morte di
padre Batllori. Alcune espressioni: “Patriarca della cultura catalana e
spagnola”, “la sua opera comprende la cultura catalana dal secolo XIII fino ai
nostri giorni”, “un uomo saggio, un grande umanista”. In particolare il
presidente della Catalogna, Jordi Pujol ha detto: “Ha saputo conciliare
l’interesse per le nostre cose con una visione universale, nel tempo e nello
spazio”. E l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Ricardo Maria Carles ha
dichiarato: “Era un uomo buono quanto semplice, che si è fatto voler bene da
parte di tutti”.
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11 febbraio 2003
- A cura
di Giancarlo La Vella-
La
crisi irachena continua ad essere al centro del dibattito internazionale,
creando confronti al limite della spaccatura. Undici dei 15 Paesi membri del Consiglio
di sicurezza dell’Onu si sono dichiarati favorevoli ad un prolungamento delle
ispezioni in Iraq. Lo hanno affermato questa mattina fonti vicine al governo
tedesco, sottolineando come la divisione nell’ambito dell’Europa e della Nato
si stia ormai estendendo anche all’interno del Palazzo di Vetro. Oggi
pomeriggio, una riunione d’emergenza a Bruxelles tenterà di ricomporre quella
all’interno dell’Alleanza Atlantica, anche se per ora le posizioni di Francia,
Germania e Belgio, da una parte, e Stati Uniti e Gran Bretagna, dall’altra,
restano molto distanti. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Ieri Francia, Germania e Belgio
hanno bloccato la pianificazione dell’Alleanza Atlantica per difendere la
Turchia in caso di conflitto, sostenendo che non è appropriato prendere queste
iniziative mentre la diplomazia è ancora a lavoro. Il presidente americano Bush
ha definito miope questa decisione, dicendo che ferisce la compattezza
dell’Alleanza. Quindi ha detto di essere deluso dal presidente francese Chirac,
che ieri ha ricevuto il collega russo Putin, e insieme a lui e alla Germania ha
firmato una dichiarazione comune per evitare la guerra. Il capo della Casa
Bianca è tornato a ripetere che Saddam Hussein costituisce una minaccia per gli
Stati Uniti e i loro alleati e sta nascondendo le sue truppe tra i civili,
usandoli come scudi umani per far ricadere su Washington la colpa delle
eventuali vittime. Bush ha detto che gli Usa non accettano la minaccia e sono
pronti a disarmarlo. Baghdad, intanto, ha dato via libera agli aerei spia U2,
cercando di influenzare in maniera positiva la situazione e di rafforzare il
fronte dei Paesi contrari alla guerra. Ma la Casa Bianca ha liquidato queste
concessioni come una tattica per guadagnare tempo.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Anche l’Iran ribadisce il
proprio “no” alla guerra contro l’Iraq, suo ex nemico. Lo ha detto questa
mattina il presidente Mohammad Khatami, parlando nel 24.mo anniversario della
rivoluzione islamica. Ad Alberto Zanconato, corrispondente a Teheran
dell’agenzia Ansa, abbiamo chiesto di che cosa abbia timore il governo iraniano
in caso di un eventuale attacco a Baghdad:
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L’Iran ha paura che possano
scatenarsi una serie di tensioni nella regione, anche nell’eventualità di una
possibile disintegrazione territoriale dell’Iraq, che potrebbero ridare vita a
rivendicazioni di alcune etnie, come, ad esempio, i curdi che sono presenti
anche in Iran. Ma credo che dal discorso di Khatami sia emerso soprattutto il
timore che gli americani, dopo l’Iraq possano anche prendere di mira proprio
l’Iran, magari non con un attacco diretto, ma con un’interferenza nella
politica interna iraniana, approfittando dei forti attuali contrasti tra i
riformisti e i conservatori nella scena politica iraniana. Proprio per questo
Khatami ha preso le misure da Washington, affermando che è vero che il popolo
iraniano vuole dei cambiamenti, è vero che ci sono attriti fra le varie fazioni
del regime, ma tutti sono uniti nel voler difendere la integrità territoriale
del Paese.
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“Una
missione all’estremo limite della speranza, ma niente è impossibile quando ci
si affida a Dio”: con queste parole il cardinale Roger Etchegaray ha spiegato
il proprio viaggio a Baghdad. L’inviato del Papa, atterrato ieri ad Amman, in
Giordania, raggiungerà la capitale irachena nelle prossime ore. Venerdì è
atteso in Vaticano il vicepremier di Baghdad, Tareq Aziz, che sabato sarà ad
Assisi per pregare per la pace.
Intanto,
a favore delle ragioni degli Stati Uniti si è espresso Michel Novak,
consigliere della casa Bianca, in questi giorni in visita in Italia. Il politologo
ha detto che la guerra contro Saddam Hussein dura da 12 anni e che, quindi, non
si può parlare di guerra preventiva in caso di attacco. Il rais agisce al di
fuori del rispetto del diritto internazionale - ha detto ancora lo studioso - e
c’è un'elevata probabilità che le armi proibite dell'Iraq finiscano nelle mani
dei terroristi di Al Qaida. Coloro che minimizzano tale rischio - ha
sottolineato Novak - permettendo a Saddam Hussein di rimanere al potere, hanno
una terribile responsabilità.
Dalla notte scorsa i Territori palestinesi sono
completamente ‘sigillati’. L’esercito ha chiuso per un periodo di tempo
indefinito tutti i varchi di accesso a Israele, in seguito alle crescenti
minacce di attentati. Intanto, le violenze continuano a provocare vittime: nella
notte un palestinese armato è stato ucciso nella striscia di Gaza, mentre a
Nablus i militari hanno colpito a morte un tanzim, miliziano di Al-Fatah,
arrestando altri 6 attivisti.
Il nuovo
premier della Costa d'Avorio, Seydou Diarra, ha ricevuto ufficialmente
l'incarico di formare il governo di riconciliazione nazionale, in linea con
quanto previsto dagli accordi di pace siglati il 24 gennaio a Marcoussis,
vicino Parigi. E’ quanto deciso al vertice dei capi di Stato dell’Ecowas, la
Comunità economica dell’Africa occidentale, svoltosi ieri a Yamoussoukro.
Sentiamo Giulio Albanese:
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Il capo di Stato del Ghana, John
Kufour, attuale presidente dell’Ecowas, era accompagnato da Seydou Diarra,
designato premier del futuro governo di riconciliazione nazionale. Al meeting
hanno anche preso parte, oltre al presidente ivoriano Laurent Gbagbo, anche il
togolese Etienne Eyadema, e il sudafricano Thabo Mbeki. Ben poco è filtrato sul
risultato della riunione, che, come precisato dal segretario esecutivo dell’Ecowas,
aveva come obiettivo primario insediare Diarra e appoggiarlo nelle consultazioni
in vista della formazione del nuovo esecutivo di riconciliazione nazionale. Di
fatto Diarra ha ricevuto ufficialmente l’incarico di coinvolgere tutti i
partiti ivoriani, compresi gli schieramenti ribelli. Tuttavia, gli uomini del
movimento patriottico della Costa d’Avorio sono tornati ad accusare il governo
ivoriano di aver rigettato gli accordi.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Un
accordo per la riabilitazione dei bambini soldato dello Sri Lanka. Questo il
risultato della quinta tornata di colloqui di pace, svoltasi a Berlino, tra il
governo di Colombo e i ribelli delle Tigri Tamil. Ce ne parla Maria Grazia
Coggiola:
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I ribelli si sono impegnati a
non reclutare più minorenni nel loro esercito di liberazione e ad affidare
all’Unicef il difficile compito di riabilitare i bambini soldato. Da quando un
anno fa è stato firmato il cessate il fuoco, grazie alla mediazione norvegese,
ci sarebbero stati ancora oltre 300 casi di arruolamento di minori. Nei due
giorni di colloqui, che si sono conclusi ieri nell’ambasciata norvegese di Berlino,
si è parlato soprattutto di diritti umani e di aiuti per la ricostruzione. Le
due parti hanno affidato all’ex presidente di Amnesty International il compito
di elaborare un programma per il rispetto dei diritti umani e la rieducazione
dei guerriglieri. Si è anche deciso di affidare alla Banca Mondiale la gestione
degli aiuti che la comunità internazionale ha promesso. Ma la questione più
spinosa, cioè l’autonomia politica del nord dell’isola a maggioranza Tamil e la
smilitarizzazione del movimento separatista, è ancora tutta da discutere.
Da New Delhi, per Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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La diplomazia
europea è impegnata a risolvere la crisi nordcoreana. Oggi a Seul c’è stato
l’incontro tra il presidente sudcoreano, Kim Dae Jung, ed il responsabile della
politica estera europea, Javier Solana. Al centro della riunione, la questione
del piano nucleare annunciato dalla Corea del nord che preoccupa la comunità
internazionale e, in particolare, gli Stati Uniti. L’Unione Europea si è impegnata
a facilitare un colloquio diretto tra Pyongyang e Washington, ma l’aggravarsi
della crisi irachena ha costretto il ministro degli Esteri greco, Papandreu, a
rinviare una missione diplomatica ad alto livello, inizialmente prevista in
questi giorni.
L'esercito filippino ha lanciato
oggi un'offensiva contro un migliaio di guerriglieri separatisti musulmani
nell'isola meridionale di Mindanao. Lo ha riferito un portavoce militare.
L'attacco ha provocato la fuga di circa 20 mila civili. Secondo un primo
bilancio delle forze armate, sette guerriglieri sono stati uccisi e cinque soldati
sono stati feriti. I combattimenti violano una tregua firmata nel 2001 fra il
governo di Manila e i ribelli del Fronte Moro. Jesus Dureza, portavoce della
presidente Gloria Arroyo, ha detto che una commissione mista governo-ribelli
deve riunirsi domani per discutere come mettere fine agli scontri.
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