RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 41 - Testo della Trasmissione lunedì10 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il futuro sociale e spirituale della Bielorussia passa attraverso la pastorale per le famiglie e i giovani e per il dialogo con la Chiesa ortodossa: così il Papa nel discorso ai vescovi dell’ex Repubblica sovietica in visita “ad Limina”.

 

Partito stamani per Baghdad come inviato speciale di Giovanni Paolo II, il cardinale Roger Etchegaray. Una missione difficile per il porporato francese, che non dispera di poter scongiurare la guerra: intervista telefonica con l’arcivescovo di Baghdad dei Latini, mons. Jean Benjamin Sleiman.

 

Il cardinale Walter Kasper da oggi in visita ufficiale alla Chiesa ortodossa greca.

 

Domani a Washington, nella festa della Vergine di Lourdes, la celebrazione dell’11.ma Giornata mondiale del malato: una riflessione di padre Felice Ruffini, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Con un accorato appello alla pacificazione in Costa d’Avorio, conclusa a Bamako, in Mali, la Plenaria dei vescovi dell’Africa occidentale francofona.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La pace esigenza ineludibile in un mondo sempre più globalizzato: così il cardinale Ruini al Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi, aperto stamani alla Domus Pacis.

 

Conclusa in Spagna la “40.ma campagna contro la fame” con il sostegno della Conferenza episcopale spagnola.

 

Migliaia di bambini rischiano di morire per fame in Eritrea a causa della siccità: appello di un’agenzia dell’Onu alla comunità internazionale.

 

Ad Ankara, in Turchia, una piccola cappella gestita da quattro gesuiti è divenuta in poco più di due anni un punto di riferimento per cattolici e musulmani.

 

La missione Ad Gentes al centro del Convegno nazionale promosso dalla Cei, che si svolgerà a Castel Gandolfo dal 25 al 28 febbraio prossimi.

 

24 ORE NEL MONDO :

Cresce il fronte del no ad un attacco militare all’Iraq: si spaccano la Nato e l’Unione europea.

 

Diplomazia al lavoro per risolvere la crisi nordcoreana. Anche l’Iran tornerà al nucleare, ma solo per scopi civili.

 

Due morti e numerosi arresti in Medio Oriente. Katsav incarica Sharon di formare il nuovo governo israeliano.

 

Niente quorum, il Montenegro ancora senza presidente.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 febbraio 2003

 

 

LA FAMIGLIA, I GIOVANI, IL DIALOGO ECUMENICO CON LA CHIESA ORTODOSSA:

 PRIORITA’ PASTORALI INDICATE DAL PAPA AI VESCOVI DI BIELORUSSIA

 IN VISITA AD LIMINA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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La famiglia da proteggere, con i suoi bambini e i suoi giovani, sul piano sociale. L’educazione dei fedeli alla preghiera e il dialogo con la Chiesa ortodossa, su quello religioso. Sono i principali ambiti nei quali, nel suo discorso rivolto oggi ai vescovi della Bielorussia in visita ad Limina, Giovanni Paolo II individua le priorità per “progettare l’impegno futuro” del Paese orientale.

 

Cinque anni fa, ha ricordato il Papa, in occasione dell’ultima visita quinquennale in Vaticano, la Bielorussia era attraversata da una “primavera della vita ecclesiale”, che seguiva l’“inverno”, lungo “diversi decenni”, di “persecuzione violenta”. Allora, le conseguenze di quel drammatico periodo erano ancora marcate: ateizzazione sistematica delle popolazioni, dei giovani soprattutto, distruzione quasi totale delle strutture ecclesiastiche, chiusura forzata dei luoghi di formazione cristiana. Ma il risveglio vitale della Chiesa bielorussa, ha constatato il Pontefice, ha prodotto una “progressiva, incoraggiante ripresa”. Sinodi diocesani locali hanno permesso di pianificare meglio le strategie pastorali.

 

Ora, ha affermato Giovanni Paolo II, al primo posto va messa la famiglia, “che anche in Bielorussia - ha soggiunto - attraversa purtroppo una seria e profonda crisi”. Sulla scorta della consegna lasciata al quarto Incontro mondiale delle Famiglie, svoltosi due settimane fa a Manila, il Papa ha esortato i presuli bielorussi a farsene portavoce presso le famiglie del loro Paese: “Fare del Vangelo la regola fondamentale della famiglia, e di ogni famiglia una pagina di Vangelo scritta nel nostro tempo”. Il Pontefice ha voluto ringraziare le organizzazioni cattoliche, specialmente italiane e tedesche, che sostengono gli sforzi della Chiesa bielorussa nel non facile contesto sociale dello Stato ex sovietico, segnato da povertà, emarginazione, difficoltà economiche ad inserirsi nel quadro europeo.

 

Giovanni Paolo II si è congedato dai vescovi bielorussi con due inviti: educare i fedeli “a fare della preghiera un momento fondamentale delle loro occupazioni quotidiane” e curare il dialogo ecumenico con gli ortodossi, che costituiscono circa il 30 per cento della popolazione totale del Paese, mentre il milione e mezzo di cattolici bielorussi - con i loro 6 vescovi e i 300 sacerdoti - ne rappresentano il 15 per cento. “Nella vostra terra - ha concluso il Papa - la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa hanno da sempre vissuto insieme e non poche famiglie sono confessionalmente miste, bisognose pertanto di assistenza anche da parte della Chiesa cattolica. Il Signore continui a guidare i vostri passi nella ricerca del reciproco rispetto e della mutua cooperazione”.

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NOMINE DI CURIA

 

Il Papa ha nominato consiglieri della Pontificia Commissione per l’America Latina il cardinale statunitense Theodore Edgar McCarrick e il presule canadese Marc Ouellet, arcivescovo di Québec.

 

Istituita da Pio XII nel 1958 e ristrutturata da Giovanni Paolo II 30 anni dopo, nel 1988, la Commissione, inserita nella Congregazione per i Vescovi e presieduta attualmente dal cardinale Giovanni Battista Re, ha il compito di consigliare e aiutare le Chiese particolari dell’America Latina, e di studiare in forma unitaria i problemi dottrinali e le questioni pastorali concernenti la vita e lo sviluppo di quelle Chiese, con speciale riguardo alla nuova evangelizzazione. Tutta la sua attività si svolge in stretta connessione con i diversi dicasteri della Curia Romana e in costante contatto con i vescovi del continente.

 

 

LA MISSIONE DI PACE E DI SPERANZA A NOME DEL PAPA PER SCONGIURARE LA GUERRA IN IRAQ.

IL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY PARTITO STAMANI PER BAGHDAD:

 CON NOI, L’ARCIVESCOVO JEAN BENJAMIN SLEIMAN

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“Una missione all’estremo limite della speranza ma niente è impossibile quando ci si affida a Dio”: così il cardinale Etchegaray, prima della partenza per scongiurare - ha detto - “una guerra che sarebbe una catastrofe, sotto tutti gli aspetti”.  Dunque le sorti del popolo iracheno e gli equilibri di pace del mondo intero su quell’aereo che si è levato stamane da Fiumicino con a bordo l’ottantenne porporato inviato da Giovanni Paolo II, che è “preoccupato ma non è rassegnato”: “io sono il suo messaggero” - ha spiegato ai giornalisti il cardinale Etchegaray al momento d’imbarcarsi diretto a Parigi, per poi proseguire verso Amman, in Giordania, da dove domani mattina in macchina, attraversando il deserto, raggiungerà Baghdad.

        

Per la terza volta il porporato francese, originario di Esplette, piccolo paesino basco, figlio di un orologiaio, giungerà in terra irachena: alla fine dell’’85, ai tempi della guerra con l’Iran, fece una visita umanitaria tra i prigionieri di guerra dei due Paesi; e poi ancora nel ‘98 andò a Baghdad nella prospettiva di un pellegrinaggio di Giovanni Paolo II ad Ur dei Caldei, villaggio natale di Abramo, viaggio che poi non si realizzò.

        

Noto negli ambienti diplomatici per le missioni più difficili affidate alla sua esperienza, il cardinale Etchegaray, è stato arcivescovo di Marsiglia, prima di approdare in Vaticano, dove ha presieduto il Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace dall’84 al ’98, in anni di ripetute crisi internazionali: frequenti i suoi viaggi per mediare la pace o per organizzare la venuta del Papa: in Terra Santa, nell’ex Jugoslavia, in Rwanda e Burundi, in Angola, Etiopia, Sudan, Mozambico, Timor Est; e ancora in Cina, Vietnam, Myanmar e a Cuba; l’ultimo spinoso incarico nell’aprile dello scorso anno a Gerusalemme, durante l’occupazione e l’assedio della Basilica della Natività a Betlemme.

        

Da domani per il cardinale Etchegaray un’altra sfida da cogliere per la pace in questo travagliato inizio secolo. Ma quali attese in Iraq per il suo arrivo? Ascoltiamo la testimonianza di mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini, raggiunto telefonicamente questa mattina da Giada Aquilino:

 

R. – La missione del cardinale Etchegaray arriva in un momento di grande angoscia. Molta gente cerca di sistemarsi altrove, stanno già fuggendo dalla guerra. Questa missione spero che porti soprattutto la pace interiore e ravvivi la speranza. I fedeli sono stati informati, nella messe di domenica, di ieri quindi, sono anche eccitati, sperano molto da questa visita che sarà certamente importante per tutte le Chiese perché fa sentire a tutti la voce della Chiesa cattolica, soprattutto del Santo Padre che dopotutto è il grande avvocato della pace nel mondo da anni, e soprattutto in questa regione, fin dalla Guerra del Golfo: è stato spesso l’unica voce contro la guerra, contro l’embargo.

 

D. – Ci ha detto che ha parlato con i fedeli e ha parlato anche con i cittadini comuni. Ecco, come viene vissuta in queste ore la visita del cardinale Etchegaray?

 

R. – Posso dire una cosa molto semplice. Ho telefonato appena alla nunziatura: il telefono è intasato. Molti vogliono sapere quando arriva, sono eccitati e vogliono accoglierlo. Questo anche è molto importante: sentirsi in comunione con altri certamente aiuta a vivere le situazioni con maggiore coraggio e più speranza.

 

D. – Qual è la situazione dei cristiani in Iraq, oggi?

 

R. – Prima di tutto, sono come tutti gli iracheni e portano gli stessi pesi; ma bisogna dire che da qualche decade in qua l’emigrazione sta aumentando sempre più: è un’emorragia continua.

 

D. – In queste ore, si vive la missione del cardinale Etchegaray ma si sentono le differenti posizioni degli Stati Uniti e dell’Europa. Come vengono vissuti questi momenti lì a Baghdad?

 

R. – Questa diplomazia preventiva è anche un filo di speranza, certamente. E spero che riescano almeno a trovare soluzioni molto più razionali, anche molto più umane ... Come si sa bene, le popolazioni civili patiscono sempre di più: sono le popolazioni civili che muoiono, che sono ferite, molti rimarranno handicappati per tutta la vita ...

 

D. – E la speranza qual è, oggi?

 

R. – La speranza è - direi - che vinca la speranza ...

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NUOVO PASSO NELLA COLLABORAZIONE TRA LA SANTA SEDE

E LA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA SUI FRONTI DELLA PACE

E DELLA SALVAGUARDIA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA:

E’ GIUNTA OGGI AD ATENE LA DELEGAZIONE GUIDATA DAL CARDINALE KASPER

SULLA SCIA DEL VIAGGIO DEL PAPA IN TERRA GRECA DEL MAGGIO 2001

 

Si sta intensificando la collaborazione tra la Santa Sede e le Chiese ortodosse su fronti importanti come pace, giustizia, diritti umani, sacralità della vita, salvaguardia del creato e problematiche emergenti attualmente nel continente europeo. Sabato scorso si è appena conclusa a Roma  una importante visita, la prima nella storia, del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Serbia. Ed oggi si apre una nuova tappa nei rapporti con la Chiesa ortodossa di Grecia: una delegazione della Santa Sede designata dal Papa e capeggiata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, è giunta oggi ad Atene per una visita che si concluderà venerdì prossimo. E’ in restituzione della storica visita del marzo scorso a Roma di una delegazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Il servizio è di Carla Cotignoli:

 

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Questo “scambio delle delegazioni  si situa sulla scia del viaggio del Papa in terra greca nel maggio 2001”, informa un comunicato del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani dando la notizia della visita vaticana a Atene. In quell’occasione - ricorda - era stata siglata una dichiarazione comune in cui tra l’altro veniva espressa soddisfazione per “il successo e il progresso dell’Unione Europea”, ma anche si lamentava “la tendenza emergente a trasformare alcuni Paesi europei in Stati secolarizzati senza alcun riferimento alla religione”. “Costituisce - affermava la Dichiarazione congiunta - “un regresso e una negazione della loro eredità spirituale”. L’impegno comune era dunque “intensificare gli sforzi affinché l’unificazione giunga a compimento” e “perché siano conservate inviolate le radici e l’anima cristiana dell’Europa”.

 

La visita della delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia a Roma del marzo scorso era stata definita “storica”. Non aveva infatti precedenti. Non solo. Poggiava su una lunga travagliata storia di 10 secoli di separazione “caratterizzata da molti errori e sofferenze” - come aveva detto nel suo indirizzo di saluto al Papa, il metropolita Panteleimon che guidava la delegazione - sofferenze che hanno provocato “non senza ragione in gran parte del popolo, del clero e soprattutto tra i monaci, un clima di sfiducia e di sospetto verso la cristianità d’occidente”. Ma ora l’intento era “aprire una nuova era d’amore e di collaborazione efficace” tra le due Chiese; “creare un ponte di comunicazione, di riconciliazione e di fiducia tra noi nell’Unione europea, - come affermava l’arcivescovo Christodoulos in un messaggio al Papa - affinché la nostra testimonianza di cristiani sia più intensa, più credibile e più efficace”.

 

E da oggi la delegazione della Santa Sede svolgerà ad Atene “un programma analogo” a quello della Delegazione della Chiesa ortodossa di Grecia a Roma, come informa ancora il comunicato.  Incontrerà l’arcivescovo Christodoulos e i membri del Santo Sinodo; avrà conversazioni con le Commissioni sinodali per gli affari europei, per i rapporti interortodossi ed intercristiani, per l’educazione e per la promozione sociale. Visiterà tra l’altro alcuni centri e scuole e il Dipartimento delle Edizioni della Chiesa ortodossa di Grecia. La visita prevede anche alcuni aspetti culturali, oltre a pranzi e cene ufficiali”.

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DOMANI A WASHINGTON LA CELEBRAZIONE DELL’XI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO:

UNA RIFLESSIONE CON PADRE FELICE RUFFINI, SOTTOSEGRETARIO

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Si celebra domani a Washington l’XI Giornata mondiale del malato, in coincidenza con la festività liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Il Papa lo ha ricordato ieri all’Angelus domenicale, dicendo che si tratta di una significativa occasione che aiuta le comunità ecclesiali a tenere sempre viva l’attenzione verso i fratelli e le sorelle infermi e sofferenti, e incoraggia gli operatori sanitari a curare con costante dedizione il loro servizio professionale. Vogliamo parlare di questo con il sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute, il padre Felice Ruffini:

 

D. – Queste Giornate mondiali volute dal Pontefice quali frutti hanno fatto scaturire?

 

R. – Ormai nella Chiesa si è presa coscienza della necessità della pastorale della salute, di questa pastorale specifica che riguarda tutti, perché non esiste una categoria professionale del malato: la malattia è un momento di prova della nostra vita. E c’è una richiesta di base dalle parrocchie, dalle diocesi, dalle conferenze episcopali. Quindi, vuol dire che ormai la Giornata mondiale del malato è entrata nel vivo della Chiesa e, grazie al magistero del Papa, si è capito che la via alla salvezza passa attraverso la sofferenza, inserita nella sofferenza del Cristo.

 

D. – Cosa si dovrebbe fare di più, a suo parere, per incentivare questa occasione di pensare ai nostri fratelli sofferenti, la Giornata mondiale del malato, appunto?

 

R. – Non ci si deve limitare a questa Giornata, per qualche ora con qualche particolare attenzione, o visita solo in questo giorno ai malati: sono cose belle che servono a scuotere la coscienza collettiva. Io credo che già nel messaggio del Santo Padre ci siano obiettivi ben definiti. Sono due gli aspetti che vorrei sottolineare. Il Santo Padre dice che in ogni parrocchia venga attivata una diaconia della carità. L’altro aspetto è che nella formazione dei sacerdoti, quindi nei seminari e nelle congregazioni religiose, si dia più spazio a questa pastorale.

 

D. – Lei voleva riferirsi al Messaggio del Papa per questa Giornata di domani, che si celebra a Washington nella basilica santuario dell’Immacolata Concezione. Qual è la specificità della celebrazione appunto di quest’anno?

 

R. – Il tema di fondo di questa Giornata è “La via alla solidarietà, prospettive della Pastorale della salute in America”. Ed è un riferimento al documento sinodale “Ecclesia in America”. Tema, appunto, di discussione con i vescovi sarà: “La cura della salute in America. Un richiamo alla giustizia”. Ci saranno due tavole rotonde, una su “Globalizzazione e sanità cattolica in America. Richiamo alla giustizia”, quindi un tema altamente scottante e della massima attualità oggi. Un secondo su “Problemi di bioetica e la sanità cattolica. Richiamo alla fedeltà”. Tutto questo è dentro il Messaggio, con cui il Santo Padre ci richiama a questi principi di base.

 

D. – Tutti gli uomini cercano di evitare la sofferenza: questo è naturale. Ma vuole ricordarci l’insegnamento del Papa sul significato cristiano della sofferenza?

 

R. – C’è la magnifica Lettera apostolica “Salvifici doloris” che è la sintesi del magistero di 2000 anni della Chiesa, dove il Santo Padre mette in evidenza chiaramente che la salvezza dell’uomo, il Cristo, il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, l’ha operata assumendo su di sé la sofferenza, sperimentandola e vivendola fino alla morte e poi alla Risurrezione. La nostra sofferenza non potrà mai avere una spiegazione: è un mistero e non riusciremo mai con le nostre parole di uomini a spiegarci perché bisogna soffrire. Però il Papa mette in risalto che se noi riusciamo ad entrare in comunione profonda con il Cristo sofferente, e la nostra sofferenza la immergiamo nella sua, anche la nostra sofferenza diventa uno strumento di redenzione. Il Santo Padre ne ha dato una lezione magistrale non soltanto con la parola, ma con l’esempio e la testimonianza della sua vita.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Angelus 9 febbraio 2003: Prendiamo in mano la Corona del Rosario per implorare il grande dono della pace” è il titolo che apre la prima pagina: Giovanni Paolo II, nel ricordare la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, a Washington, incoraggia le numerose iniziative di preghiera in atto “in quest’ora di preoccupazione internazionale”.

Sempre in prima, in occasione della ricorrenza dei Patti Lateranensi, un articolo dal titolo “Un mutuo riconoscimento. Un modello per l’Europa”.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi della Bielorussia, il Papa ha sottolineato che dopo l’inverno della persecuzione e dell’ateizzazione sistematica, si tratta ora di progettare l’impegno futuro, mettendo la famiglia al primo posto.

Due pagine in occasione della Giornata Mondiale del Malato.

Una pagina dedicata alle iniziative in favore della pace promosse nelle Diocesi italiane.

 

Nelle pagine estere, riguardo all’Iraq, si rileva l’impegno a cercare un’alternativa alla guerra: Francia e Germania propongono un piano congiunto che prevede l’intensificazione dei controlli.

La tragica notizia della morte, in Sudan, di due sacerdoti italiani, in un incidente stradale.

Medio Oriente: tre palestinesi morti nell’esplosione della loro autobomba.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Armando Rigobello dal titolo “Per una metafisica coinvolta nell’esistenza”: in margine al saggio “Il sapere del desiderio”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica, con particolare riferimento alle diverse posizioni sulla crisi irachena.

Gli attentati contro due chiese nel padovano.   

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 febbraio 2003

 

 

CON UN ACCORATO APPELLO ALLA PACIFICAZIONE IN COSTA D’AVORIO,

CONCLUSA A BAMAKO, IN MALI, LA PLENARIA DEI VESCOVI

DELL’AFRICA OCCIDENTALE FRANCOFONA

- Servizio di padre Joseph Ballong -

 

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Durante la Messa è stato l’arcivescovo di Lomè, nel Togo, mons. Philippe Kpodzro, che ha pronunciato l’omelia. Ispirandosi ai testi del giorno, soprattutto ai miracoli di guarigione, mons. Kpodzro ha dichiarato che il male combattuto da Gesù è molto più profondo e più pericoloso del male fisico, perché il cuore dell’uomo è complicato e ammalato. Esortando i fedeli alla speranza, alla fiducia nella presenza di Cristo, in un’Africa marginalizzata, divisa e sfruttata dove focolai di violenza e guerre fratricide sono stati insidiosamente accesi, l’arcivescovo di Lomè ha ribadito l’importanza della preghiera fiduciosa in Dio malgrado queste prove. Alla fine della celebrazione è stato reso pubblico un messaggio di speranza e di incoraggiamento che i vescovi dell’Assemblea hanno indirizzato al popolo di Costa d’Avorio e agli uomini di buona volontà.

 

I vescovi dell’Africa occidentale lanciano un accorato appello ai principali protagonisti della crisi in Costa d’Avorio e li invitano al dialogo e alla riconciliazione. Chiedono ai leader dei partiti politici di sensibilizzare i loro militanti e di disarmare i loro combattenti e i loro squadroni della morte. Alle forze armate e ai gruppi ribelli e alle istituzioni repubblicane di aderire pienamente al piano di pace accettato da tutti i protagonisti della crisi e appoggiato dalle comunità internazionali. Ai mass media pubblici e privati di contribuire alla pacificazione, evitando di adottare ideologie e comportamenti che incitano all’odio, alla vendetta, all’esclusione e alla xenofobia. I vescovi dell’Africa occidentale chiedono ugualmente al presidente della Repubblica della Costa d’Avorio di essere colui che raduna tutti gli abitanti del suo Paese, senza esclusione. Ai capi degli Stati della Comunità economica dell’Africa dell’Ovest, la Cedeau, e dell’Unione africana, i vescovi ribadiscono l’urgente necessità di affrontare la sfida nelle loro capacità di gestire i conflitti in Africa. Infine, i vescovi della Cerao, invitano vivamente tutti i responsabili delle Nazioni impegnate e le organizzazioni internazionali, implicate nel risolvere la crisi in Costa d’Avorio, a servire lealmente l’unica causa dell’uomo e della pace in Costa d’Avorio, al di là dei loro interessi economici e geopolitici.


Da Bamako, nel Mali, padre Joseph Ballong.

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CHIESA E SOCIETA’

10 febbraio 2003

 

 

“LA PACE E’ UN’ESIGENZA INELUDIBILE IN UN MONDO SEMPRE PIU’ SPINTO VERSO LA GLOBALIZZAZIONE”.

LO HA DETTO IL CARDINALE RUINI NEL SUO INTERVENTO ALL’11.MO CONVEGNO NAZIONALE TEOLOGICO–PASTORALE

DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI, INIZIATO QUESTA MATTINA, A ROMA, ALLA DOMUS PACIS

 

ROMA. = E’ stato il cardinale vicario Camillo Ruini ad aprire questa mattina alla Domus Pacis a Roma i lavori dell’11.mo convegno nazionale teologico-pastorale dell’Opera romana pellegrinaggi. Quest’anno l’attenzione dei circa 600 partecipanti si concentrerà, come ricorda il titolo del convegno, “Il Pellegrinaggio, sentiero di pace”, sul contributo che le antiche vie di pellegrinaggio possono dare alla costruzione spirituale e culturale dell’Europa cristiana e alla costituzione dei rapporti di pace tra i popoli e le culture. Nel suo intervento il cardinale Ruini ha sottolineato l’importanza della pace per il mondo contemporaneo che si dirige verso la globalizzazione e porta le differenti culture a confrontarsi. Riprendendo le riflessioni del Papa in occasione della visita al Parlamento italiano e del terzo Meeting di Assisi del gennaio 2002, il cardinale Ruini ha aggiunto che per superare i contrasti non basta la giustizia, ma occorre ridare impulso ad un’etica basata sull’amore reciproco. Successivamente ha preso la parola monsignor Gianfranco Ravasi: il prefetto della Biblioteca ambrosiana si è soffermato sulle pagine della Bibbia nelle quali si parla di guerra e pace. Il convegno proseguirà questo pomeriggio nella Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, dove il cardinale Carlo Maria Martini presiederà la liturgia eucaristica, durante la quale, nell’omelia, proporrà una meditazione inspirata al salmo 121 “Domandate pace per Gerusalemme”. Nella giornata di domani, dopo l’intervento d’apertura di monsignor Bruno Forte, dal titolo “Pace: utopia sogno o realtà?”, si svolgerà una tavola rotonda moderata dal padre Federico Lombardi, riguardante il  “sentiero di pace” tracciato dai pellegrinaggi di Giovanni Paolo II alla quale interverranno, Luigi Accattoli, Ernesto Olivero, Susanna Tamaro. Nel pomeriggio, in occasione della festività della Beata Vergine di Lourdes, è prevista la Santa Messa, alla presenza del Santo Padre, celebrata dal cardinale vicario Camillo Ruini, nella Basilica Vaticana. L’ultima giornata dei lavori, mercoledì 12 febbraio, si terrà a Viterbo, dove i partecipanti si trasferiranno in treno lungo la via Francigena. Sarà il prof. Franco Cardini, nel corso del viaggio, a iniziare i lavori con la conferenza dal titolo “La pax extensa nella patria communis: il contributo delle antiche vie del pellegrinaggio cristiano”; nella «Città dei Papi» il vescovo diocesano mons. Lorenzo Chiarinelli presiederà l’Eucaristia in Cattedrale, prima del pellegrinaggio al Santuario di Santa Maria della Quercia che pone fine al convegno. (M.A)

 

 

CONCLUSA IN SPAGNA LA “40.MA CAMPAGNA CONTRO LA FAME” CON IL SOSTEGNO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE.

TUTTE LE OFFERTE DELLE EUCARISTIE CELEBRATE IERI NELLE PARROCCHIE SPAGNOLE

SONO STATE DEVOLUTE PER FINANZIARE PROGETTI DI AIUTO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

 

MADRID. = Si è conclusa ieri in Spagna la “44.ma campagna contro la fame”, iniziativa promossa dall’organizzazione cattolica non governativa per lo sviluppo “Manos Unidas”, con il sostegno della Conferenza episcopale spagnola. La manifestazione, iniziata venerdì 7, ha avuto come motto “Lo sviluppo strada per la pace”, e come ogni anno, ha avuto lo scopo di attirare l’attenzione nei confronti della mancanza di cibo, che secondo i dati della Fao, fa soffrire nel mondo circa 828 milioni di persone. Durante la prima giornata si è svolto “Il giorno del digiuno volontario”, momento di solidarietà con chi ogni giorno non ha di che nutrirsi. Lo stesso giorno nella diocesi di Getafe, vicino a Madrid, è stata organizzata una particolare iniziativa di solidarietà: l’abituale pasto serale è stato sostituto da pane e acqua, mentre la spesa equivalente è stata versata per il finanziamento di un progetto di “Manos Unidas” in Costa d’Avorio. Ieri, come detto, la giornata conclusiva, aperta dall’eucaristia celebrata da monsignor Juan Josè Asenjo, vescovo ausiliare di Toledo e segretario della Conferenza episcopale spagnola, nel Collegio Montpellier a Madrid. Tutte le offerte raccolte ieri durante le messe celebrate nella parrocchie della Spagna sono state devolute a “Manos Unidas” per sostenere progetti di sviluppo nelle nazioni più povere. (M.A.)

 

 

EMERGENZA UMANITARIA IN ERITREA: A CAUSA DELLA SICCITA’ 10 MILA BAMBINI RISCHIANO DI MORIRE DI FAME.

 IL RESPONSABILE DELL’UFFICIO DI COORDINAMENTO

DELL’ONU PER GLI AFFARI UMANITARI NELLA CAPITALE ASMARA:

“NECESSARI 153 MILIONI DI DOLLARI”

 

ASMARA. = Sono almeno 10mila i bambini eritrei che rischiano di morire di fame se non verranno aiutati in tempo. L'allarme è stato lanciato da Musu Bungudu, responsabile dell'ufficio di coordinamento delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) in Eritrea. Bungudu ha avvisato che la denutrizione ha già causato le prime vittime nel Paese, dove un terzo degli oltre 3 milioni di abitanti è letteralmente alla fame. Stando a quanto riferito da Bungudu finora sono disponibili solo un quarto delle risorse necessarie per far fronte alla situazione, che nei prossimi due mesi rischia di degenerare ulteriormente. "Lanciamo un appello - ha detto Bundugu - ai donatori, alle nazioni, agli organi di informazione: vi preghiamo di tentare di farci arrivare quanto più possibile''. Secondo le stime, per cercare di arrivare alla fine dell'anno occorrerebbe una sforzo valutabile intorno ai 153 milioni di dollari. Nei giorni scorsi anche monsignor Abune Menghesteab Tesfamariam, comboniano, vescovo di Asmara, ha lanciato l’allarme sulle condizioni in cui versa la popolazione del Paese del Corno d'Africa. “Un milione e 400mila eritrei - aveva dichiarato il presule - hanno bisogno di un soccorso immediato prima che sia troppo tardi. I più colpiti - aveva aggiunto - sono gli anziani, i bambini e le donne, che sono la maggioranza in assoluto”. “Siamo angosciati per i nostri fratelli, - aveva concluso il vescovo - e basterebbe solo una piccolissima parte delle spese dell’Occidente per salvare la vita di milioni di persone”. Nel 2002 in Eritrea sono venute a mancare le piccole piogge (nel periodo tra marzo e giugno), particolarmente importanti per l’agricoltura. Successivamente, le grandi piogge tra giugno e settembre sono arrivate in ritardo di quattro settimane e per questo motivo le coltivazioni non hanno avuto il tempo sufficiente per la maturazione. Quello del 2002 è stato il raccolto più basso dal 1993, mentre il bestiame è calato del 20% rispetto al 2001. (M.A.)

 

 

“PUNTO DI INCONTRO” CULTURALE E RELIGIOSO: AD ANKARA, IN TURCHIA,

UNA PICCOLA CAPPELLA GESTITA DA QUATTRO GESUITI

E’ DIVENUTA IN POCO PIU’ DI DUE ANNI

UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER CATTOLICI E MUSULMANI,

INTERESSATI ALLO STUDIO E ALLA PREGHIERA

- A cura di Antonio Mancini -

 

ANKARA. = Una piccola cappella è diventata un "punto di incontro" culturale e religioso. In futuro sarà corredata di una biblioteca e di una sala computerizzata per fare ricerche. La cappella si trova ad Ankara ed è gestita da quattro gesuiti della piccola comunità presente nella città turca dall'ottobre 2000. In un resoconto inviato in questi giorni alla congregazione, i quattro religiosi (due presenti dall'ottobre 2000, il terzo l'anno seguente e il quarto si è aggiunto dalla Germania più di recente) sottolineano soprattutto come la cappella sia diventata un "centro di attrazione". "Accade - riferiscono i religiosi - perché, finora, la nostra casa è ben conosciuta. Arrivano molti visitatori, oltre 20 a settimana, sia cristiani che musulmani, singolarmente o a gruppi (anche scuole), per rivolgere domande, pregare o inviati da un corso di studi. Sembra quasi che il centro sia una sorta di 'mostra' della Chiesa cattolica nella capitale turca". In primavera un artista locale adornerà la piccola cappella con una vetrata dipinta con scene della Risurrezione e un mosaico attorno alla vetrata. La comunità di Ankara è un ponte anche per gli scambi a livello accademico tra l'Università Gregoriana e la facoltà di Teologia islamica della capitale turca, iniziati nel 1985 a distanza. Adesso con la presenza dei gesuiti, l'obiettivo è di "sviluppare una rete di scambi per assistere i ricercatori che lavorano nel settore degli scambi interreligiosi".

 

 

LA MISSIONE AD GENTES AL CENTRO DEL CONVEGNO NAZIONALE PROMOSSO DALLA CEI,

CHE SI SVOLGERA’ A CASTEL GANDOLFO DAL 25 AL 28 FEBBRAIO PROSSIMI

 

CASTEL GANDOLFO. = "Tutte le genti verranno a Te. La missione Ad Gentes nelle nostre terre". E’ il titolo del convegno nazionale della Conferenza episcopale italiana, che si svolgerà nella cittadina laziale di Castel Gandolfo, dal 25 al 28 febbraio 2003. L’iniziativa più importante sul tema della Chiesa italiana per il 2003 è promossa dalla Fondazione Migrantes, dall’Ufficio catechistico nazionale e dall’Ufficio nazionale per la cooperazione tra le Chiese. Tra i partecipanti al convegno - che verrà inaugurato dal cardinale vicario e presidente della Cei, Camillo Ruini, con una prolusione intitolata "I migranti: occasione per la Chiesa italiana dell’annuncio del Regno" - figurano anche il vescovo di Caltanissetta, Alfredo Garsia, presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni, e mons. Luigi Petris, direttore generale della Fondazione Migrantes. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 febbraio 2003

 

 

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

Mentre proseguono i preparativi di guerra all’Iraq – è di questa mattina la notizia della partenza di un centinaio di caccia britannici per il Golfo persico – si allarga progressivamente il fronte dei Paesi contrari ad un attacco militare. La determinazione di Francia e Germania ha infatti provocato una netta spaccatura all’interno della Nato e dell’Unione europea. Ma sentiamo la cronaca di queste ultime ore, nel servizio di Giancarlo La Vella:

 

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La questione riguarda il meccanismo di “difesa prudenziale” della Turchia da un attacco iracheno: una messa in moto dell’apparato militare che sarebbe scattata automaticamente, se nessun membro dell’Alleanza atlantica avesse eccepito nulla. Ma la Francia, questa mattina, ha messo il veto. Il Belgio e la Germania si sono uniti poco dopo. E’ questo il tassello in più presentato oggi dal fronte contrario alla guerra. Una posizione, questa, che riceve il sostegno anche di Mosca, almeno secondo quanto il presidente russo Putin ha affermato ieri in Germania e probabilmente ribadirà oggi a Parigi. Ed a questo punto, la forte spaccatura interna alla Nato dà la dimensione di quello che potrebbe avvenire nel Consiglio di sicurezza dell’Onu e che già esiste in ambito europeo. La preoccupazione della Grecia, presidente di turno europea, è forte, tanto che Atene ha convocato tra una settimana un vertice sull’Iraq dei capi di governo dei Quindici. La Turchia protesta per questo veto e tenta di aggirarlo, appellandosi all’articolo 4 del Trattato Nato che recita: “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti viene minacciata”. Così oggi pomeriggio alle 16.30, ora italiana, a Bruxelles ci sarà una nuova riunione del Consiglio atlantico. Il momento difficile è confermato dai commenti americani: “La decisione francese sulla difesa della Turchia – ha detto l’ambasciatore statunitense alla Nato, Burns – rappresenta una crisi di credibilità per l’Alleanza atlantica”.

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Da Washington è venuta una bocciatura senza appello al piano franco-tedesco. Il segretario di Stato Powell ha detto che un incremento degli ispettori non risolverà il problema degli armamenti di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein. Il servizio da New York:

 

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Gli Stati Uniti hanno bocciato la proposta franco-tedesca per evitare la guerra, mandando più ispettori e caschi blu in Iraq. Gli inviati dell’Onu, Hans Blix e Mohamed El Baradei, hanno concluso due giorni di colloqui a Baghdad, rivelando progressi nel processo di disarmo e nella collaborazione del governo di Saddam. Nello stesso tempo, il presidente Bush ha ribadito che “Saddam ha preso in giro il mondo per dodici anni e questo gioco a nascondino è finito”. I capi degli ispettori del Palazzo di Vetro, però, hanno riportato progressi alla fine della loro missione a Baghdad. I collaboratori di Saddam hanno consegnato documenti che forniscono nuove informazioni riguardo ai loro programmi di riarmo chimico, biologico, nucleare e missilistico. Gli iracheni inoltre hanno fatto aperture riguardo gli scienziati da interrogare, i voli degli aerei spia U2 e la ricerca di altre carte dimenticate. Ora Blix ed El Baradei studieranno questi documenti e queste offerte in vista del nuovo rapporto di venerdì, ma il consigliere per la Sicurezza nazionale, Rice, ha già detto che non sono abbastanza e ormai può servire solo il disarmo volontario entro il prossimo fine settimana.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Scende in campo la diplomazia europea anche nella crisi innescata dalla decisione della Corea del Nord di rilanciare un programma nucleare. Javier Solana, alto responsabile della Politica Estera dell’Unione, potrebbe infatti incontrare il presidente Kim Jong Il a Pyongyang. Il viaggio dipenderà dall’esito della riunione dell’Aiea, l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, fissata per dopodomani, quando si deciderà se portare o meno la questione nordcoreana al Consiglio delle Nazioni Unite per violazione degli accordi di non-proliferazione nucleare.

 

E di nucleare si parla anche in Iran: Teheran ha infatti annunciato l’avvio di un programma scientifico per la produzione di uranio impoverito, da utilizzare come combustibile per le prossime centrali. Il nucleare servirà solo a produrre energia elettrica, ha assicurato il presidente Khatami, invitando nel Paese gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

 

La giornata di oggi in Medio Oriente è iniziata nel segno della violenza. Due palestinesi hanno perso la vita in queste ultime ore: un dirigente del Fronte popolare per la Palestina, ucciso in un campo profughi di Nablus, ed un attivista rimasto ferito nei giorni scorsi in uno scontro a fuoco a Tulkarem. Le forze speciali israeliane hanno inoltre arrestato numerose persone, in varie operazioni di rastrellamento.

 

Il presidente palestinese Arafat si è detto disponibile ad accettare al suo fianco la presenza di “un primo ministro con poteri esecutivi”, inserita nella bozza finale di Costituzione su pressioni israeliane e statunitensi. Anche Israele è al lavoro sul fronte interno: il capo dello Stato, Katzav, ha terminato le consultazioni ed ha confermato Sharon, vincitore delle elezioni, alla guida dell’esecutivo. Ma la riedizione di un governo con i laburisti, infatti, sembra ormai tramontata. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Sharon, al pari del presidente dello Stato che glielo ha confidato, ha espresso l’auspicio che nasca una larga coalizione di partiti, rappresentata come “una necessità, un dovere nazionale”, stanti le gravi difficoltà del Paese per la rivolta palestinese e la recessione economica. Ma nonostante una delegazione del Likud si appresti a contattare quello laburista, seconda formazione uscita dalle recenti elezioni, difficilmente sarà possibile conseguire questo obiettivo. Nel loro grande fossato ideologico si inseriscono le divergenze di fondo sulla trattativa di pace. Sharon non intende accettare, ad esempio, un ritiro di coloni da Gaza, o uno Stato palestinese sul 95 per cento dei Territori. E Amran Mitzna, il leader laburista, non ritiene possibile nemmeno un programma di rilancio dell’economia se prima non si risolve la crisi politica. Infine, non ha trovato convincente la ripresa dei contatti fra Sharon ed esponenti palestinesi, finalizzata al momento ad una graduale cessazione delle violenze.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sale la tensione in Costa D’Avorio, dove si registrano ancora scontri tra esercito e ribelli al confine con la Liberia. Oggi intanto si è riunita nella capitale Yamoussoukro la Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale. All’incontro ha partecipato anche il premier designato dagli accordi di Parigi, Seydou Diarra, ma non i ribelli, che al contrario hanno minacciato una ripresa dell’offensiva se entro sabato Diarra non sarà riconfermato come premier.

 

Nuovo nulla di fatto alle elezioni presidenziali in Montenegro. Anche ieri, come nelle consultazioni del dicembre scorso, non è stato superato il tetto del 50 per cento dei votanti, come richiede la legge. L’afflusso ai seggi è stato del 47,1 per cento, ma per il prossimo tentativo – che si terrà tra due mesi – si annuncia una modifica delle norme elettorali. Il servizio di Emiliano Bos:

 

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Il virus dell’astensionismo torna a colpire: prima la Serbia ed ora di nuovo il Montenegro. Tutto da rifare, dunque, per eleggere il capo di Stato. La campagna di boicottaggio, lanciata dall’opposizione con in testa il partito socialista montenegrino di Predrag Bulatovic, è riuscita a convincere una buona fetta di elettorato a non recarsi alle urne. In serata, nella capitale Podgorica, un’improvvisa impennata dell’affluenza aveva lasciato aperta qualche speranza per il presidente ad interim, ed ex premier, Filip Vuianovic, il super favorito di queste presidenziali, che aveva ricevuto l’83 per cento dei consensi a dicembre, ma poi, conti alla mano, non è servito a nulla. Ora il premier ed ex presidente, Milo Djukanovic, avrà due mesi di tempo per modificare la costituzione ed eliminare così un quorum che, tanto a Belgrado quanto a Podgorica, sta in parte paralizzando le istituzioni. A pochi giorni dal debutto della nuova unione di Serbia e Montenegro, che ha preso il posto della Federazione Jugoslava, le due Repubbliche si trovano già accomunate dall’incapacità di scegliere il proprio presidente.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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