RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 36 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 5 febbraio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il
segretario di Stato americano Powell oggi all’Onu per rendere note le prove sul
riarmo di Baghdad. I giornali iracheni già parlano di ‘false accuse’
Un
contingente militare francese e africano a difesa dei civili in Costa d’Avorio
Commemorazione
negli Usa per le sette vittime dell’esplosione dello Shuttle: il presidente
Bush assicura che il programma spaziale andrà avanti.
5
febbraio 2003
LA PREGHIERA E LA RISCOPERTA DEL SACRO,
ELEMENTI
INDISPENSABILI PER IL MONDO DOMINATO DALLA TECNOLOGIA
E PER
IL CONSOLIDAMENTO DELLA PACE E DELLA GIUSTIZIA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Il mondo tecnologico, spesso freddo e convinto di bastare
a se stesso, ha bisogno di lasciarsi permeare dal sacro. Ne hanno bisogno i
popoli: di aprire il cuore alla fede che porta a conoscere il Dio della pace e
della giustizia, di imparare a lodarlo se il suo volto è ancora sconosciuto. In
una parola, tanto l’uomo quanto la modernità che lo circonda hanno necessità di
riscoprire la preghiera attraverso chi sa testimoniarla.
L’insegnamento di Giovanni Paolo II, contenuto nella
catechesi dell’udienza generale di oggi, ha trovato ispirazione nel Salmo 116.
Un “piccolo inno”, l’ha definito il Papa, parlando ai circa 3500 pellegrini
presenti in Aula Paolo VI. Quasi una giaculatoria, breve ed essenziale, che in
quattro versi appena riesce a cogliere “il cuore della preghiera, che consiste
nell’incontro e nel dialogo vivo e personale con Dio”. Un Dio, ha soggiunto,
che “si svela come fedeltà e amore”. Questa realtà palpitante sembra però
scontrarsi con il disinteresse di certa società, che ha perso il senso del
divino tra le pieghe di altre conoscenze:
“In un mondo tecnologico minato da
un’eclisse del sacro, in una società che si compiace in una certa
autosufficienza, la testimonianza dell’orante è come un raggio di luce
nell’oscurità”.
In un
primo tempo - ha notato Giovanni Paolo II - osservare chi prega può solo
incuriosire. Ma, successivamente, “può indurre la persona riflessiva a interrogarsi
sul senso della preghiera e, infine, può suscitare un crescente desiderio di
farne l’esperienza”. “Per questo - ha
aggiunto il Papa - la preghiera non è mai un evento solitario, ma tende
a dilatarsi fino a coinvolgere il mondo intero”. L’esperienza di chi prega, dunque, “deve irradiarsi nel mondo”: deve - è
stato l’auspicio del Pontefice - trasformarsi “in testimonianza presso chi non
condivide la nostra fede”. In questo modo:
“L’orizzonte si allarga a ‘tutti i popoli’ e a
‘tutte le nazioni’, perché di fronte alla bellezza e alla gioia della fede
siano anch’esse conquistate dal desiderio di conoscere, incontrare e lodare
Dio”.
Nei
saluti in sette lingue, al termine dell’udienza, il Papa ha messo in risalto -
parlando ad un gruppo di suoi connazionali - un altro aspetto della preghiera:
quello di invocazione di pace e di giustizia.
“STANIE SIĘ TO MOŻLIWE TYLKO
WÓWCZAS...
Ciò sarà possibile soltanto quando in ogni popolo ci
saranno autentici testimoni del Vangelo. Chiediamo dunque che non manchino nel
mondo testimoni del Regno della verità, dell’amore, della giustizia e della
pace”.
Tra i saluti conclusivi, Giovanni Paolo
II ha avuto parole di particolare apprezzamento per i rappresentanti del Pime,
il Pontificio istituto delle missioni estere, in pellegrinaggio a Roma nel
ricordo di padre Alfredo Cremonesi, un martire del Pime, ucciso a raffiche di
mitra in Birmania nel 1953, mentre tentava di proteggere un villaggio di
cristiani preso nel mezzo della guerriglia in corso tra ribelli e truppe governative.
Il Papa lo ha definito “eroico testimone di Cristo” e un modello di “generoso
missionario” da imitare e seguire.
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Il Papa
ha nominato vescovo di Luz, in Brasile, il sacerdote Antonio Carlos Féliz,
45enne, del clero dell’arcidiocesi di Pouso Alegre, finora parroco e professore
di Teologia.
In Venezuela, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Maracay, presentata dal vescovo salesiano
mons. José Vicente Henrìquez Andueza, per limiti di età. Gli subentra il
presule mons. Reinaldo Del Prette Lissot, finora vescovo coadiutore della
stessa diocesi.
SI APRE UNA NUOVA PAGINA NEI RAPPORTI TRA
LA SANTA SEDE E IL PATRIARCATO ORTODOSSO DI SERBIA: PER LA PRIMA VOLTA IN
VATICANO UNA DELEGAZIONE DEL SANTO SINODO.
DOMANI L’UDIENZA DAL PAPA
- Con
noi il metropolita Amfilohije -
Prosegue
l’intensa prima visita della delegazione del Patriarcato ortodosso di Serbia in
Vaticano, iniziata lunedì scorso. Domani sarà ricevuta in udienza dal Papa.
Questa
visita è un avvenimento senza precedenti. E’ il segnale dell’inizio di un
profondo cambiamento nei rapporti tra ortodossi serbi e cattolici che hanno alle spalle una lunga e dolorosa
storia. Ma ascoltiamo lo stesso capo delegazione, il Metropolita del
Montenegro, Amfilohije, intervistato da Aldo Sinkovich del programma croato
della nostra emittente, nel servizio di Carla Cotignoli.
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Segreteria
di Stato, Accademia della vita, Università lateranense, tra le tappe sin qui
percorse dalla delegazione del Patriarcato ortodosso serbo. Ecco una prima
valutazione del metropolita Amfilohije.
“Ha
portato ad una conoscenza di uomini della Chiesa, una consapevolezza che
credenti nel Signore sono presenti in tutto il mondo, che non siamo soli. Nello
stesso tempo, una consapevolezza che nonostante questa divisione che esiste
durante i secoli, esiste anche un profondo desiderio di unità. Consapevolezza
che abbiamo bisogno di lavorare e pregare per la unità, perché quando si
uniscono nel mondo, le forze ‘tenebris’, è molto importante che le forze che
vogliono dare luce all’umanità, devono avvicinarsi per dare testimonianza al
Vangelo”.
Il
metropolita ha fatto cenno alle divisioni che risalgono ai secoli scorsi. Infatti,
la convivenza: sotto un’unica bandiera a partire dal XVII secolo, dei croati di
tradizione latina cattolica e dei serbi di tradizione slava ortodossa, non era
stata mai facile. Un triste culmine dei
dissidi è stato toccato durante la seconda guerra mondiale. Ora il processo di integrazione europea, a
cui anche la Serbia vuole partecipare, e a livello ecclesiale, il processo di
scristianizzazione in atto, contribuiscono a sanare le ferite del passato. Il
colloquio di questi giorni del metropolita Amfilohije con mons. Tauran,
segretario vaticano per i rapporti tra gli Stati, prepara il suo viaggio a
Belgrado che si svolgerà in questo stesso mese. Dai contatti con la Pontificia
Accademia per la Vita e la Pontificia Università Lateranense si aprono
prospettive di collaborazione. Comuni infatti sono i gravi problemi che si
pongono nel campo della bioetica e i problemi legati al processo di progressiva
scristianizzazione. Quali prospettive si aprono?
“Questo
dialogo teologico è dialogo d’amore per una mutua comprensione, per una
conoscenza fra noi, ed è molto importante. Altrettanto importante è la
collaborazione fra le nostre facoltà scientifiche. Nel campo sociale ci sono
possibilità di avere anche in futuro nuovi contatti”.
Domani
dunque l’udienza dal Papa. Con quali sentimenti si appresta a questo incontro?
“Con
rispetto, perché il Papa è un uomo che ha svolto un lavoro immenso, specie con
i suoi viaggi nel mondo. Fa impressione, perché nonostante la sua salute, ha
questo spirito di testimonianza, di
pace, di unità”.
Il
metropolita porterà al Papa un messaggio da parte di Sua Santità il Patriarca
serbo Pavle:
“Sua Santità Pavle ha inviato un abbraccio di amore, un
abbraccio di pace, di preghiera per l’unità”.
Ci sono
prospettive per una visita del Papa in Serbia?
“Speriamo che questa visita si svolga. Ma dovrà essere
profondamente preparata per dare frutti”.
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UNA RIFLESSIONE CON IL CARDINALE PAUL POUPARD SUL
NEW AGE
ALLA
LUCE DEL DOCUMENTO PRESENTATO LUNEDI’ NELLA SALA STAMPA VATICANA
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Il New Age è un fenomeno molto difficile da
identificare in modo preciso, perché è tutto un groviglio di ideologie, come un
fiume che porta in sé tante proposte non sempre coerenti, e che ha un indubbio
fascino nella cultura contemporanea, la cultura cosiddetta moderna e
post-moderna, segnata soprattutto da un forte individualismo accompagnato da
sfiducia riguardo alle istituzioni religiose e ufficiali. Il New Age,
con il suo cocktail di credenze neo-pagane, di teorie neognostiche, di pratiche
di dottrine sincretiste, costituisce oggi una delle sfide insieme religiose e
culturali più preoccupanti per la fede cristiana. E tanta gente si lascia
ingannare perché la gente ha delle necessità forti, oggi molto sentite nel
contesto della vita moderna. Ma qui cediamo il microfono al presidente del
Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale Paul Poupard:
R. – Tutto quello che viene veicolato dalla cultura
contemporanea gioca un ruolo decisivo nel messaggio del New Age: la
natura, l’ecologia, il femminismo, il desiderio di totalità. Il New Age
sembra offrire una sua visione spirituale del mondo, insistendo sull’infelicità
profonda della felicità contemporanea, perché promette l’armonia cosmica,
l’acquisto anche di poteri mentali per trasformare la realtà; promette
l’accesso al mondo spirituale che sarebbe nascosto sotto le apparenze della
vita quotidiana. E dunque ci sarebbe come una ‘rivelazione’ dell’io profondo
che sarebbe accessibile attraverso certe tecniche, un paradigma nuovo, un mondo
nuovo, la risposta decisiva all’attesa millenaria dell’umanità.
D. – Eminenza, cosa può fare la Chiesa per rispondere alle
sfide poste da questo fenomeno?
R. – Anzitutto, aiutare le persone a ritrovare la
dimensione personale della salvezza nell’incontro salvifico con Cristo, vero
Dio e vero Uomo, cioè fare incontrare Cristo come portatore dell’acqua viva.
C’è oggi – e non c’è dubbio – una sete profonda, una sete vera, una sete quasi
disperata: tanti nostri contemporanei sono alla ricerca, hanno sete di Dio, una
sete del cuore umano di una vera acqua viva. E allora, tutto lo sforzo della
Chiesa è di presentare quest’acqua viva che scorre dal cuore di Cristo trafitto
sulla croce. E per questo, comunicare una visione della fede cristiana che
propone un incontro concreto, non delle cose astratte, ideologie ... no, un
incontro concreto. Cristo che viene sperimentato, trovato nella Parola di Dio,
che viene incontrato nei Sacramenti, nella grazia dell’Eucaristia, che viene
incontrato nella comunità cristiana, che deve ritrovare il senso di essere una
vera comunità perché l’attesa veramente drammatica di tante persone è di
trovare una risposta ai loro quesiti e di trovare anche un calore che spesso
non trovano di fatto.
D. – A questo punto è da chiedersi: nella diffusione del New
Age, non rientra anche una carenza da parte della Chiesa, intesa come
uomini di Chiesa, come comunità ecclesiali?
R. – Io direi che questi movimenti non convertono mai i
cosiddetti ‘pagani’ ma quei cristiani che non hanno trovato la risposta ai loro
quesiti. Bisogna essere ben chiari: da una parte, è certo che la gente cerca la
pace interiore, l’armonia con se stessa e con l’universo, ma spesso vorrebbe
una religione senza lacrime. Bisogna riconoscere che la buona novella di Cristo
implica l’unico cammino verso la vera felicità. Diceva già Bossuet: “Tutti gli
uomini cercano la felicità e tutta l’infelicità del mondo viene dal fatto che
non la cercano dove la potrebbero trovare”. Ecco, ci troviamo davanti ad
un’ennesima ripetizione di questo fatto epocale. E allora dobbiamo chiederci
onestamente che cosa offriamo attraverso la catechesi, attraverso le
celebrazioni liturgiche, attraverso le omelie, attraverso la vita concreta
della parrocchia, di tutto: cosa offriamo? Offriamo veramente Gesù Cristo,
portatore dell’acqua viva?
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NUOVE INIZIATIVE PER LA SICUREZZA NELLE STRADE
LANCIATE
DAL
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Rafforzare la presa di coscienza della realtà della strada
nella prospettiva cristiana. E’ l’impegno preso dai direttori nazionali per la
Pastorale della Strada, nel loro primo incontro europeo, conclusosi ieri a
Roma. Promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti, l’iniziativa ha ribadito la necessità di valorizzare l’educazione
stradale e il senso di responsabilità degli utenti della strada. Uno sforzo che
si rivela improcrastinabile, nella consapevolezza che ogni anno - nella sola
Unione europea - muoiono sulle strade 40 mila persone. In tale contesto, è
stata auspicata la formazione di gruppi di riflessione per meglio studiare la
situazione esistente e individuare le opportunità d’interventi per l’avvenire.
I direttori nazionali hanno inoltre lanciato la proposta
di una data comune per la celebrazione di una Giornata sulla sicurezza
stradale, possibilmente in concomitanza con iniziative analoghe dell’Unione
europea. D’altro canto, nell’incontro è stato posto l’accento sull’esigenza di
intensificare lo scambio di informazioni e materiali tra le Conferenze episcopali.
In tale prospettiva, i partecipanti alla riunione hanno già messo in cantiere
una seconda convocazione dei direttori nazionali e degli organismi pastorali
europei del settore, da tenersi fra tre anni.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con la
commemorazione, negli Stati Uniti, dei sette astronauti del Columbia, morti
sabato scorso.
Sempre in prima, una notizia
che sottolinea che nello Zambia due milioni di persone sono minacciate dalla
carestia.
"Negli incandescenti
bagliori di un tramonto siciliano" è il titolo del pensiero di Ave Gaglio
dedicato all'Anno del Rosario.
Nelle pagine vaticane, la
catechesi e la cronaca dell'udienza generale.
Articoli sulla celebrazione
della Giornata della vita consacrata nelle diocesi italiane.
Un servizio dal titolo:
"L'Anno del Rosario imprime un particolare significato alla memoria del
martire Stepinac": a Roma, la Santa Messa per il beato sarà celebrata,
lunedì 10, dal card. Crescenzio Sepe, nella chiesa di san Girolamo dei Croati.
Servizi sull'"Anno del
Rosario" nelle diocesi italiane.
Nelle pagine estere, Iraq:
Powell presenta al Consiglio di sicurezza dell'Onu una documentazione sul
presunto mancato disarmo di Baghdad.
Medio Oriente: ancora morte nei
Territori autonomi palestinesi.
Corea del Nord: gli Usa
ribadiscono la disponibilità al dialogo diretto con Pyongyang.
Nella pagina culturale, un
contributo di Francesco Licinio Galati dal titolo "Uno scrittore affonda
il bisturi fra le assurdità della storia": "Vecchi a mezzanotte",
racconti postumi di Chaim Potok.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la questione legata all'indultino. I temi dell'inflazione e degli
incidenti sul lavoro.
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CRESCE IL NUMERO DEGLI ABITANTI DEL PIANETA,
MA
VIENE RIDIMENSIONATO L’ALLARME SOVRAPPOLAZIONE:
A
RIVELARLO E’ UN RAPPORTO DELLE NAZIONI UNITE
-
Intervista con il prof. Luigi Campiglio -
Cento anni senza precedenti per la crescita della popolazione,
ma anche per lo sviluppo economico e le modifiche dell’ambiente. Così, le
Nazioni Unite fotografano il XX secolo in un rapporto sulla popolazione
globale, realizzato dal suo Dipartimento per gli affari economici e sociali.
Dal 1900 al 2000, gli abitanti del pianeta sono passati da 1,6 a 6,1 miliardi.
Circa l’85 per cento della crescita si è concentrata in Asia, Africa ed America
Latina. Tuttavia, l’allarme sovrappopolazione sembra uscire ridimensionato
dalle nuove proiezioni dell’Onu sull’andamento demografico. La popolazione
mondiale crescerà, infatti, a ritmi meno elevati del passato attestandosi, nel
2030, ad 8 miliardi di persone. D’altro canto, il rapporto non tralascia di
indicare gli effetti negativi sull’ambiente di uno sviluppo economico squilibrato.
La crescita demografica è dunque ai suoi minimi storici, ma ha senso pensare ad
un progressivo spopolamento della Terra? Fausta Speranza lo ha chiesto a Luigi
Campiglio, docente di politica economica all’Università cattolica di Milano:
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R. - E’ stato fatto troppo allarmismo e sarebbe,
probabilmente esagerato, fare dell’allarmismo a ribasso. Rimane pur sempre una
questione delicata e cruciale del rapporto fra popolazione e risorse del
pianeta. Quello che genera squilibrio sono le forti e violente oscillazioni
demografiche. L’Italia ne è un esempio, perché nel giro di 20 anni, o poco più,
il nostro Paese ha conosciuto quello che a buon titolo possiamo chiamare uno
shock demografico. Uno shock con ampiezze di conseguenze non dissimili, anzi,
per certi aspetti molto più rilevanti dello shock petrolifero. La differenza è
che questi shock demografici, l’Italia e il Giappone sono due esempi, hanno
delle conseguenze di lungo termine molto più profonde.
D. – Prof. Campiglio, la distribuzione demografica, non va
letta insieme con il benessere, le risorse…
R. – Esattamente, questo problema, cioè il problema
dell’adeguatezza di una distribuzione equilibrata delle risorse nel mondo,
permane come prima. Sarebbe quasi paradossale che previsioni di questo genere
portassero ad una sorta di sospiro di sollievo. Non c’è nulla che è cambiato
dal punto di vista dell’impegno e dello sforzo che è necessario produrre per
avere un pianeta capace di sostenere 8 miliardi di persone se 8 miliardi
saranno.
D. – Dal rapporto emerge anche la questione ambiente, o
meglio, inquinamento dell’ambiente, secondo lei in quali termini va definito?
R. – Si consideri ad esempio la Cina, che oggi è uno dei
Paesi più giovani, in cui la struttura demografica, per l’appunto, è più
favorevole alla crescita economica. La crescita economica in Cina è sul livello
di quella del Giappone di 15 anni fa, ma allo stesso tempo, questo sviluppo
avviene con tecnologie molto arretrate e particolarmente inquinanti.
D. – Però, il volume della produzione anche dei Paesi più
industrializzati, è comunque un fattore inquinante di rilievo, non è così?
R. – Si, questo è fuori discussione. Stati Uniti ed Europa
continuano a contribuire all’inquinamento atmosferico mondiale in modo decisivo
e determinante. In Europa qualcosa, ahimè non troppo, si cerca di fare in tempi
rapidi. E’ opportuno stabilire delle regole di governo, di cui tanto si parla,
ma su cui poco si fa. C’è il bisogno fortissimo di stabilire delle regole di
governo per l’ambiente. Vanno individuate delle anche delle regole minimali, ma
che siano almeno regole di base.
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5
febbraio 2003
LE GRANDI SOFFERENZE E LA POVERTA’
MATERIALE E MORALE,
CHE
ASSILLANO GRAN PARTE DEI PAESI AFRICANI,
ALL’ESAME
DEI VESCOVI DELLA REGIONE OCCCIDENTALE FRANCOFONA
RIUNITI,
QUESTA SETTIMANA, IN ASSEMBLEA PLENARIA, NEL MALI
- A
cura di padre Joseph Ballong -
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BAMAKO (Mali). = Dopo l’apertura solenne martedì mattina
nel Palazzo del Congressi di Bamako, i lavori della XV Assemblea plenaria della
Conferenza episcopale regionale dell’Africa dell’Ovest francofona proseguono
nel seminario maggiore Sant’Agostino a Samaya, una località a 27 chilometri a
sud di Bamako. La giornata di oggi è stata consacrata alla valutazione delle
Commissioni e delle Conferenze episcopali nazionali del piano pastorale
triennale intitolato “pastorale e santità”. Ma ieri pomeriggio i grandi
problemi e le sfide dell’attualità africana sono stati di nuovo al centro degli
interventi e delle discussioni. E’ così che il segretario della Congregazione
per l’evangelizzazione dei popoli, mons. Robert Sarah, esprimendo la solidarietà
e la compassione del dicastero missionario a quanti vivono in questo momento
grandi prove, ha tra l’altro evocato la tragedia della Costa d’Avorio con le
sue ripercussioni negative sull’Africa dell’Ovest; poi il grave incidente del
naufragio della nave Joola in Senegal, nel settembre scorso. Per mons. Sarah,
questo drammatico evento della Joola è conseguenza e doloroso risultato di una
povertà ogni giorno più crudele, di una ingiustizia ogni giorno più grande e di
una degradazione delle coscienze, divenute refrattarie alla verità e ai valori
umani fondamentali. Sono numerosi oggi - ha dichiarato mons. Sarah - gli uomini
e le donne dei Paesi che voi rappresentate che gridano: “Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?”. Malgrado queste sofferenze, le guerre e le violenze
e il silenzio e l’indifferenza della comunità internazionale, mons. Sarah ha
invitato l’Africa e gli africani ad una speranza fondata nella fede in Gesù
Cristo ed ha chiesto ai vescovi di essere araldi del Vangelo, operatori di riconciliazione,
di pace e di perdono, affrontando la triplice sfida della santità, di una
evangelizzazione più audace e del ristabilimento della pace e della dignità
della persona umana in Africa. Infine, il presidente del Secam, il Simposio
delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, mons. Laurent Monsengwo,
arcivescovo di Kisangani nella Repubblica Democratica del Congo, ha ribadito
nel suo intervento la necessità di edificare in Africa una Chiesa famiglia di
Dio, in spirito di collegialità effettiva ed affettiva, al servizio della
comunione, della solidarietà e della sinodalità. Ha dunque incoraggiato il
cammino verso l’unione delle Conferenze episcopali regionali dell’Africa
dell’Ovest francofona e anglofona, che diventeranno a breve un’unica Conferenza
episcopale regionale.
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LA CRESCITA ECONOMICA IN EUROPA NON DEVE PROVOCARE
ULTERIORI
DANNI AMBIENTALI: IL RICHIAMO DELLA COMMISSIONE,
IN
VISTA DEL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DI PRIMAVERA, A MARZO
BRUXELLES.
= Separare la crescita economica dal danno ambientale: lo chiede la Commissione
europea nella relazione predisposta in vista del Consiglio europeo di
primavera, che si terrà a marzo. Tre gli aspetti sotto esame in quella
sede: l’invecchiamento della
popolazione, le tendenze ambientali nell’Unione e gli sviluppi esterni. Occorre
frenare le ''sollecitazioni ambientali insostenibili'' dichiara la Commissione
puntando l’attenzione sul tema dei trasporti, elemento portante della crescita
economica, ma di grandissimo impatto sull'ambiente: in particolare quello su
strada, che impone costi particolarmente elevati per inquinamento atmosferico,
congestione, rumore e morti per incidenti stradali, oltre 40 mila all'anno.
Riguardo poi gli impegni dell’Unione europea rispetto al Protocollo di Kyoto,
nel 2000 solo Regno Unito e Germania hanno raggiunto gli obiettivi di riduzione
delle emissione nocive nell’atmosfera, mentre gli altri Stati membri sono
rimasti ben al di sopra dei livelli imposti dal Trattato. Altro argomento
affrontato è l'approvvigionamento energetico: le fonti rinnovabili sono in
ritardo. In tema si sanità pubblica, la qualità dell'aria è migliorata ma vi
sono ancora gravi problemi legati a certi inquinanti specifici e in determinate
aree. (R.G.)
ANNUNCIATA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE
FRANCESE UNA CONSULTAZIONE
CON LA
COMUNITA’ DEI FEDELI PER ADEGUARE
GLI
ORIENTAMENTI DELLA CATECHESI ALLA SOCIETA’ ATTUALE
PARIGI. = La Conferenza episcopale francese lancerà a
partire da metà febbraio una consultazione con la comunità dei fedeli per “rinnovare
la proposta della fede nella società attuale”, attraverso la distribuzione in
tutte le librerie religiose del Paese, di un documento dal titolo “Andare al
cuore della fede, domande sul futuro della catechesi”. “Il termine catechesi -
spiega una nota diffusa dalla Conferenza episcopale - è spesso compreso come
l’insieme del contenuto da trasmettere o insegnare ed ha finito per designare
quasi esclusivamente ciò che si intende oggi per catechismo dei bambini dagli 8
ai 12 anni. Il documento invita, invece, le comunità cristiane a rimettere
l’iniziazione cristiana al centro della catechesi e a prendere atto di una
domanda di formazione catechetica che si esprime oggi a tutte le età". I
vescovi francesi chiedono alla comunità cristiana di leggere il dossier e di
far giungere proposte e suggerimenti prima della Pasqua 2004. I contributi
raccolti serviranno a redigere un nuovo testo d’orientamento sulla catechesi.
Il progetto include anche la promozione da parte del Centro nazionale per
l’insegnamento religioso di una serie di 7 Forum interregionali, che si svolgeranno
da gennaio fino a marzo in altrettante città francesi, coinvolgendo nella riflessione
le équipe dei Servizi diocesani per la catechesi. E’ invece su iniziativa
dell’Istituto superiore per la catechesi che si svolgerà a Parigi dal 12 al 15
febbraio un Colloquio internazionale su "La catechesi in un mondo in piena
trasformazione", al quale parteciperanno circa 500 esperti provenienti da
tutto il mondo. E’ dalla primavera del 2001 che i presuli francesi stanno
lavorando alla redazione di un nuovo dossier sulla catechesi e nel novembre
scorso hanno diffuso un appello per invitare "tutto il popolo di Dio"
a partecipare all’iniziativa. "Per lungo tempo - si legge nel messaggio -
l’attività catechetica si è preoccupata dei credenti, lavorando alla
maturazione della loro fede. In un ambiente che si era fatto ostile e critico,
abbiamo infatti dovuto giustificare la nostra fede e renderla credibile".
Ma la situazione oggi è cambiata. "Sempre più persone - scrivono i vescovi
- bussano alle nostre porte alla ricerca di un cammino possibile. Dal Vangelo,
si attendono una forza di rinnovamento per l’esistenza". (M.A)
“RIBADIAMO CON DECISIONE IL NOSTRO RIFIUTO
ALLA GUERRA”. CON QUESTE PAROLE LA CONFERENZA EPISCOPALE SVIZZERA SI E’ PRONUCIATA
OGGI SULLA CRISI IRACHENA E HA INVITATO CRISTIANI E MUSULMANI A PREGARE PER LA
PACE
FRIBURGO. = "Preghiamo, come cristiani di tutte le
confessioni, insieme con i nostri simili musulmani, affinché si impedisca un
bagno di sangue": questo l’appello della conferenza episcopale svizzera,
che si è pronunciata oggi riguardo un eventuale conflitto in Iraq. I vescovi
svizzeri si dicono "profondamente turbati" per l’atteggiamento
mostrato "dai media negli ultimi giorni", in cui "non si mette
più in discussione l’opportunità di una guerra, quanto piuttosto la data esatta
dell’inizio del conflitto". "Ribadiamo con decisione il nostro
rifiuto di una guerra le cui vittime principali sarebbero i civili"
iracheni, "oppressi da anni dalle conseguenze dell’embargo internazionale".
"Non permettiamo che questo popolo sia torturato ulteriormente" –
recita l’appello – "poiché non sono ancora esaurite tutte le vie del
dialogo e non vi sono ancora prove decisive di un pericolo da parte del dittatore
iracheno”. "Anche se l’Iraq dovesse rappresentare una minaccia reale per
noi" – proseguono i vescovi – "la comunità internazionale non
dovrebbe per questo precipitarsi in un conflitto". Esprimendo la propria
opposizione al concetto di "guerra preventiva", e ribadendo che
"il mondo ha piuttosto bisogno di una vera prevenzione dalla guerra",
il comunicato evidenzia il rischio di "una forte escalation di minacce
terroristiche ad opera di fanatici islamisti" ed invita "tutti i
credenti" svizzeri a pregare contro la guerra. I vescovi si raccomandano
infine di includere "nelle preghiere i cristiani, i musulmani e gli ebrei
in Palestina, che vivono anch’essi in una situazione drammatica", e
ricordano che "non si può mai fare violenza nel nome della religione".
(M.A)
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5 febbraio 2003
- A cura
di Giada Aquilino -
“Nessuna nuova prova ma soltanto
false accuse”. Così stamani i giornali iracheni hanno anticipato l’intervento
del segretario di Stato americano Colin Powell, che oggi davanti al Consiglio
di Sicurezza dell'Onu presenterà le asserite prove sulle armi di distruzione di
massa detenute – secondo Washington – da Baghdad. Se anche oggi gli ispettori
delle Nazioni Unite per il disarmo hanno proseguito la loro missione visitando
almeno nove siti iracheni sospetti, a livello internazionale la crisi con
Baghdad genera ancora stallo: distanti le posizioni di Francia e Gran Bretagna.
Sentiamo Paolo Mastrolilli:
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Ancora non è stato fatto
abbastanza per evitare la guerra in Iraq e per tale motivo Parigi vuole dare
più tempo e risorse agli ispettori dell’Onu. Ribadendo questa posizione durante
il vertice di ieri a Le Touquet con il premier britannico Blair, il presidente
francese Chirac ha confermato di essere contrario, almeno per ora,
all’intervento armato. Il capo dell’Eliseo ha concordato sul fatto che Saddam
deve essere disarmato ed ha aggiunto che ogni nuovo sviluppo va deciso in
ambito del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma Blair vorrebbe subito una
seconda risoluzione per autorizzare l’attacco che non ha il pieno appoggio né
del presidente americano Bush, sul fronte di chi favorisce l’ipotesi militare,
né di Chirac, sul fronte di chi invece vorrebbe evitarla. Il premier britannico
ha comunque aggiunto stamani che Londra sarà pronta a scendere in guerra contro
l’Iraq anche senza una nuova risoluzione Onu, nel caso in cui un membro
permanente del Consiglio di Sicurezza ponga un “veto capriccioso”.
L’appuntamento decisivo è intanto oggi all’Onu, dove il segretario di Stato
Powell presenterà le informazioni della Cia, mentre il capo degli ispettori
Blix ha avvertito Baghdad che “mancano ormai cinque minuti alla mezzanotte”,
pure avendo ammesso di non aver trovato alcuna arma di distruzione di massa in
Iraq. Powell invece dovrebbe rendere noti documenti, foto e conversazioni per
provare il riarmo di Baghdad, gli imbrogli ai danni degli ispettori ed i legami
con Al Qaeda. Ma Saddam, nella prima intervista televisiva in dieci anni, ha
negato di possedere armi e di avere contatti con l’organizzazione di Bin Laden.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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E
intanto Londra rafforza la propria alleanza con gli Stati Uniti. Il ministro
della Difesa britannico, Geoff Hoon, ha comunicato oggi alla Camera dei Comuni
il ‘sì’ della Gran Bretagna alla richiesta americana di utilizzare le
installazioni radar inglesi necessarie al progetto di scudo anti-missile.
La
crisi irachena sortisce effetti anche in Australia, dove stamani è passata una
storica mozione di sfiducia contro il primo ministro John Howard. Il Senato
federale di Canberra, grazie ai voti dell'opposizione laburista, dei verdi, dei
democratici e degli indipendenti, ha infatti approvato una mozione di sfiducia
contro il premier, per come gestisce la crisi irachena e in particolare per
aver già dispiegato preventivamente truppe e mezzi militari a fianco delle
forze anglo-americane nel Golfo, senza consultare il Parlamento. Anche se il
voto ha solo valore simbolico, senza conseguenze legislative, si tratta della
prima volta in 102 anni che un primo ministro australiano subisce una mozione
di sfiducia al Senato.
Ed un ‘no’ ad una nuova Guerra del Golfo è venuto
dal vertice straordinario dell’Unione africana, conclusosi ieri ad Addis Abeba.
Una guerra che - secondo i partecipanti - dovrebbe avere il via libera delle
Nazioni Unite ed i cui effetti avrebbero conseguenze catastrofiche sulle già
disastrate economie africane. Il servizio di Giulio Albanese:
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Secondo i leader africani, a
pagare il più alto prezzo della guerra, oltre agli iracheni, sarebbero i poveri
del sud del mondo, Africa in testa. Altra decisione approvata dal vertice,
l’appoggio alle intese sulla Costa d’Avorio, sponsorizzate dalla Francia e
raggiunte a Parigi, per le quali, peraltro, si invitano i Paesi dell’Africa
occidentale ad operare utili aggiustamenti. Il vertice inoltre ha formalizzato
la decisione presa dell’invio di truppe di peace-keeping in Burundi ed ha
raccomandato il riconoscimento di Marc Ravalomanana quale presidente del
Madagascar, decisione congelata lo scorso anno ai tempi del suo scontro con
l’ex presidente malgascio Didier Ratsiraka. Anche gli altri conflitti che
attraversano l’Africa – in Repubblica Democratica del Congo, Repubblica
Centrafricana, Sudan e Somalia – sono stati discussi, ma dai documenti finora
emersi non ci sono indicazioni specifiche riguardo alle loro soluzioni, se non
appelli di massima.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha autorizzato
per almeno sei mesi il dispiegamento in Costa d'Avorio di un contingente militare
della Francia e della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale
(Ecowas), al quale sarà permesso di ricorrere anche alla forza per proteggere i
civili minacciati dalle violenze. Ma mentre il partito al potere ad Abidjan ha
rigettato gli accordi di pace di Parigi, che hanno sancito un’intesa tra
ribelli e forze governative, c’è attesa per il discorso alla popolazione che il
presidente Gbagbo dovrebbe tenere oggi.
Cammino di pace più facile in Sudan. E’ stato,
infatti, firmato ieri a Nairobi – in Kenya - un memorandum d’intesa in sette
punti che rafforza il cessate il fuoco nel Paese, apparso in pericolo a
gennaio. Il documento, da formalizzare entro la fine di questa settimana,
prevede che osservatori internazionali controllino il rispetto della tregua.
E’ stato identificato e sarà seppellito la settimana
prossima in patria il corpo dell'astronauta israeliano Ilan Ramon, morto sabato
scorso con altri sei colleghi nell'esplosione della navetta spaziale Columbia.
Lo ha reso noto questa mattina la radio pubblica israeliana, il giorno dopo la
commemorazione svoltasi ieri negli Stati Uniti, al 'Johnson Space Center' di
Houston, in Texas, il centro di controllo dei voli spaziali americani. Il
presidente statunitense George Bush ha presieduto la cerimonia e si è
soffermato con i parenti delle vittime. Il capo della Casa Bianca ha pure
confermato che il programma spaziale Usa andrà avanti.
La Corea del Nord ''prenderà misure più forti di
autodifesa'' per controbilanciare il ventilato rafforzamento militare americano
attorno alla penisola coreana. Lo ha reso noto oggi l'agenzia di stampa
ufficiale nordcoreana 'Kcna'. Ieri a Washington il segretario di Stato aggiunto
Richard Armitage aveva reso nota l’intenzione della Casa Bianca di rafforzare
il dispositivo militare attorno alla penisola coreana come deterrente contro
possibili attacchi di Pyongyang in caso di intervento armato degli Stati Uniti
in Iraq.
Da ieri la Jugoslavia non esiste
più. Le due Camere del Parlamento federale, riunite a Belgrado, hanno infatti
approvato a larga maggioranza la nuova unione ‘Serbia e Montenegro’. Si tratta
del risultato di un lungo percorso di riforma costituzionale, promosso
dall’Unione europea. Il servizio di Emiliano Bos:
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I Balcani perdono l’ultimo
tassello del mosaico costruito a partire dalla fine della prima guerra
mondiale, chiamato allora ‘Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni’ e
trasformato in ‘Jugoslavia’ nel 1929. Scompare anche l’idea della federazione
multietnica voluta da Josip Broz Tito nel secondo dopoguerra e deflagrata sotto
i colpi delle spinte nazionaliste centrifughe a partire dal 1991. Dopo
l’indipendenza di croati, sloveni, macedoni e bosniaci, le ultime due
Repubbliche rimaste - Serbia e Montenegro – assumono ora una nuova
Costituzione: Belgrado e Podgorica manterranno una gestione comune su politica
estera, difesa, economia internazionale e diritti umani; il resto spetterà
invece ai due Parlamenti, espressione di due realtà territoriali ben diverse.
Da un lato quasi otto milioni di serbi, dall’altro poco più 650 mila
montenegrini. Per ora, la nuova unione, caldeggiata da Bruxelles, durerà tre
anni: un periodo di prova per un rodaggio istituzionale che, in caso di
‘nostalgie jugoslave’ o spinte indipendentiste, potrebbe portare ad
un’ulteriore frammentazione dei Balcani.
Per la Radio Vaticana, Emiliano
Bos.
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''Incapacità del pilota di
gestire in maniera adeguata la fase finale del volo''. Queste le conclusioni
dell'inchiesta dell'Agenzia italiana per la sicurezza del volo riguardo
all'incidente del 18 aprile 2002, quando un piccolo aereo da turismo si
schiantò sul grattacielo Pirelli di Milano, provocando la morte di due persone
oltre a quella del pilota. L’inchiesta indica come ''ragionevolmente
improbabile l'ipotesi di una azione autodistruttiva del pilota''.
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