RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 33 - Testo della Trasmissione di domenica 2 febbraio 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Santo Padre all’Angelus ha parlato della Giornata per la Vita che si celebra oggi in Italia e della tragica vicenda della navicella statunitense “Columbia”

 

Ieri pomeriggio in San Pietro la Messa per le persone di vita consacrata: la testimonianza di un benedettino

 

Domani e dopodomani in Vaticano il primo Incontro europeo dei direttori nazionali per la pastorale della strada: con noi, mons. Marchetto.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Nasa sospende i lavori nelle proprie strutture dopo l’esplosione dello shuttle “Columbia”

 

Sulla vita non si fa mercato: lo affermano i vescovi italiani per l’odierna XXV Giornata per la Vita: con noi, Silvio Ghielmi, Donata Lodi e Angelo Simonazzi

 

Una riflessione di Vittorino Andreoli sul dramma della guerra.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Urne aperte questa mattina per le elezioni regionali nei due länder tedeschi di Assia e Bassa Sassonia. Secondo i sondaggi i socialdemocratici del cancelliere Schröder rischiano la sconfitta

 

Accorato appello dei leader religiosi cattolici, protestanti e ortodossi affinché abbiano fine le violenze e le distruzioni che sconvolgono l’Uganda

 

Si aggrava il bilancio dell’incidente ferroviario di ieri in Zimbabwe: 42 le vittime, oltre 60 i feriti

 

Drammatico appello del vescovo di Asmara, mons. Tesfamariam, perché sia dato soccorso alla popolazione dell’Eritrea di fronte al “baratro della carestia”.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 febbraio 2003

 

NELL’ODIERNA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

E GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA, IL PENSIERO DEL PAPA E’ ANDATO,

ALL’ANGELUS DOMENICALE, AI RELIGIOSI, ALLE FAMIGLIE CRISTIANE

NONCHE’ ALLA DOLOROSA VICENDA DELLA NAVICELLA COLUMBIA,

ALLA TRAGICA SITUAZIONE IN COSTA D’AVORIO, CON UN SALUTO A CINESI, VIETNAMITI E COREANI

CHE HANNO FESTEGGIATO IERI IL CAPODANNO LUNARE

- A cura di Giovanni Peduto -

 

 

Si celebra oggi in Italia la Giornata per la Vita, che ha per tema: “Della vita non si fa mercato”. Questo principio, anche se teoricamente riconosciuto, non è purtroppo sempre rispettato, ha detto il Papa parlando ai fedeli convenuti in Piazza San Pietro, aggiungendo che vi sono situazioni in cui la persona umana diventa strumento per interessi economici, politici, scientifici, soprattutto quando essa è debole e non ha la forza di difendersi. Affermato, inoltre, che una certa logica mercantile, alleandosi con moderne tecnologie, può talvolta approfittare di desideri umani in sé buoni, come quello di diventare madre e padre, per spingere a volere un figlio ad ogni costo, il Santo Padre ha detto:

 

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In realtà, la vita umana non può mai diventare "oggetto": dal concepimento alla morte naturale,  l’essere umano è soggetto di inviolabili diritti, di fronte ai quali la libertà deve sapersi fermare.

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Il Pontefice ha pertanto definito indispensabile che gli Stati si diano, su tali complesse materie, leggi organiche e chiare, fondate su solide basi etiche, a tutela del bene inestimabile della vita umana.

 

Come ormai da 10 anni, la Giornata per la Vita si prolunga nella diocesi di Roma in una speciale “Settimana della Vita e della Famiglia”. A questo tema sarà pure dedicato il convegno ecclesiale diocesano del prossimo giugno. Rinnovando alle famiglie di Roma il messaggio risuonato nell'Incontro mondiale conclusosi da poco a Manila, Giovanni Paolo II ha proseguito:

 

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Care famiglie cristiane, voi siete una “buona notizia” per questa nostra Città. Sostenute dalla grazia del Sacramento del matrimonio, affrontate unite le diverse situazioni della vita e contribuite a mantenere sano il tessuto sociale.

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Il Papa ha poi in particolare affidato a Maria, oggi, festa della Presentazione di Gesù al Tempio, quanti si adoperano a difesa della vita e le famiglie che della vita sono il “nido” naturale. La Madonna – ha pure detto – vegli anche su quanti si prodigano a servizio dei malati, per i quali si celebrerà, il prossimo 11 febbraio, la Giornata Mondiale ad essi dedicata.  La Vergine Santa protegga infine, in modo speciale, i religiosi, le religiose e i laici consacrati, che celebrano oggi la “Giornata della Vita Consacrata”.

 

Viva emozione ha suscitato in tutti la dolorosa notizia della tragica esplosione della navicella spaziale statunitense "Columbia", al suo rientro nell'atmosfera. Il Pontefice ha invitato tutti a pregare per le vittime dell'incidente, perite nell'adempimento di una missione scientifica internazionale ...

 

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In questo momento di dura prova, sono spiritualmente vicino ai familiari, ai quali assicuro il mio ricordo nella preghiera.

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 Il pensiero del Santo Padre è andato quindi alla Costa d'Avorio, provata da una grave crisi che dilania quelle popolazioni. Giovanni Paolo II ha invitato a pregare perché sulle divisioni e le rivendicazioni prevalgano gli sforzi di quanti hanno a cuore l'unità del Paese ed il rispetto della legalità ...

 

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I fedeli cattolici, in particolare, guidati dai loro Pastori, sappiano adoperarsi affinché il dialogo ed il rispetto delle persone e dei loro beni siano praticati e promossi da tutti. Voglia Maria, Nostra Signora della Pace di Yamoussoukro, intercedere per la riconciliazione e la concordia di tutti i figli di quella diletta Nazione.

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Ancora un argomento d’attualità nelle parole del Papa ai fedeli convenuti in Piazza San Pietro per l’Angelus domenicale: ieri, primo giorno di febbraio, ricorreva il capodanno lunare per numerosi milioni di persone - soprattutto cinesi, vietnamiti e coreani - che vivono questo giorno di festa nell'intimità familiare. Per loro ha ripetuto l'augurio formulato nel Messaggio per la recente Giornata Mondiale della Pace:

 

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Il nuovo anno sia un periodo di pace, fondata su "quattro precise esigenze dell'animo umano: la verità, la giustizia, l'amore e la libertà". Vorrei che il mio saluto affettuoso arrivasse al cuore di ciascuno di loro.

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E prima di congedarsi, il Santo Padre ha salutato in varie lingue diversi gruppi di fedeli, augurando infine a tutti una buona domenica ed una buona settimana.

 

 

 

POVERTA’, CASTITA’ ED OBBEDIENZA RENDONO LIBERI PER AMARE:

COSI’ IERI SERA GIOVANNI PAOLO II ALLE MIGLIAIA DI PERSONE CONSACRATE

DURANTE LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE DELLA ODIERNA

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

 

 

In occasione della odierna festa della Presentazione del Signore e VII Giornata della Vita Consacrata, è stata celebrata ieri sera nella Basilica di San Pietro la Liturgia eucaristica per i membri degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La Messa, presieduta da Giovanni Paolo II, è stata celebrata dal cardinale Eduardo Martínez Somalo, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ce ne parla Salvatore Sabatino:

 

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(musica)

 

La navata centrale della Basilica di San Pietro era avvolta nella penombra, rischiarata solo dalla luce di migliaia di candele. Così è iniziata la suggestiva Liturgia Eucaristica per i membri degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nella Festa della Presentazione del Signore e nella VII Giornata della Vita Consacrata. La Messa, presieduta da Giovanni Paolo II, era quella della presentazione di Gesù al tempio, avvenuta quaranta giorni dopo la sua nascita. Una festa che si rivela particolarmente adatta ad ospitare la lode riconoscente delle persone consacrate, così come il tema dell'offerta spirituale si fonde con quello della luce. “La Vergine Maria – ha affermato Giovanni Paolo II-  appare quale candelabro che reca Cristo, "luce del mondo". Una luce levatasi da San Pietro grazie alla presenza di tanti consacrati. Giovanni Paolo II parla poi dei caratteri distintivi dell’uomo redento, interiormente affrancato dalla schiavitù dell’egoismo grazie alla povertà, alla castità e all’obbedienza:

 

 

“Liberi per amare, liberi per servire: così sono gli uomini e le donne che rinunciano a se stessi per il Regno dei cieli. Sulle orme di Cristo, crocifisso e risorto, essi vivono questa libertà come solidarietà, facendosi carico dei pesi spirituali e materiali dei fratelli.

        

“E' il multiforme “servitium caritats” – ha aggiunto il Santo Padre - che si esercita nella clausura e negli ospedali, nelle parrocchie e nelle scuole, tra i poveri e i migranti, nei nuovi areopaghi della missione” ...

 

“In mille modi la vita consacrata è epifania dell'amore di Dio nel mondo”.

 

Con animo riconoscente – ha concluso il Pontefice – oggi rendiamo lode a Dio per ciascuno di loro. Per intercessione della Vergine Maria, il Signore arricchisca sempre più la sua Chiesa di questo grande dono.

 

(musica)

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E in occasione della Giornata della vita consacrata, vi proponiamo l’esperienza di padre Clemente De La Serna Gonzales, abate del monastero di Silos, in Spagna, famoso in tutto il mondo per il canto gregoriano. L’intervista è di Debora Donnini:

 

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(musica)

 

R. – La parte centrale della nostra vita è la liturgia e la lectio divina, cioè la preghiera personale: la preghiera liturgica, dove prestiamo il nostro cuore e la nostra voce per lodare il Signore e anche per chiedergli aiuto per tutti i bisogni della Chiesa del mondo, e la lectio divina dove ci troviamo faccia a faccia col Cristo. La nostra chiesa è sempre aperta e tanta gente viene a pregare con noi. Mettiamo in pratica quello che diceva tanti secoli fa Evagrio Pontico: “Monaco è colui che si allontana da tutti, per essere più vicino a tutti”.

 

D. – Quindi il cuore della vostra vita, della sua vita, è la preghiera!

 

R. – Senz’altro; sono quasi sette ore al giorno di preghiera liturgica o di preghiera personale e dopo, naturalmente, come tutti gli umani, dobbiamo cercare di guadagnarci il nostro cibo.

 

D. – Oggi si vede un po’ una difficoltà nelle vocazioni; a lei cosa ha dato la vita consacrata?

 

R. – Mi ha dato di essere sempre felice ed avere sempre un orizzonte chiaro verso il quale camminare, senza paure. Ai giovani direi di non avere paura a prendere impegni per sempre. Parlando con l’ultimo giovane che è entrato tre mesi fa qui in monastero, gli dicevo che quando si capisce che Dio non ci fa mancare nulla, che è sempre con noi e che non ci tradisce mai, questo ci dà una sicurezza incredibile. Ecco perché non dobbiamo avere paura di dire: “Signore, mi consacro a te, nella vita consacrata, per sempre”. Questo “per sempre” è la libertà totale e assoluta  per l’essere umano.

 

(musica)

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DOMANI E DOPODOMANI A ROMA IL PRIMO INCONTRO EUROPEO

DEI DIRETTORI NAZIONALI PER LA PASTORALE DELLA STRADA,

PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE

PER I MIGRANTI E GLI ITENERANTI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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L’Apostolato della Strada rientra nel mandato del Dicastero vaticano per i migranti di assistere le Chiese locali perché tutti coloro che si trovano fuori del proprio domicilio possano usufruire di un’assistenza pastorale adeguata. Così leggiamo nella Pastor Bonus all’articolo 151, e questo indipendentemente dalla novità dell’incontro. Ci riferiamo cioè, in atteggiamento di sollecitudine pastorale agli utenti della strada, agli autostrasportatori di merci a lungo percorso, agli autisti dei servizi pubblici, a chi guida automobili, autopulman e motociclette. Sulle strade, poi, si incontrano i turisti, gli addetti alla sicurezza del traffico, alla distribuzione di carburante, alle officine meccaniche, ai caselli, al soccorso stradale, ai posti di ristoro, eccetera.

 

Con noi, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:

 

D. – Qual è la portata del “fenomeno stradale” – chiamiamolo così – su scala europea?

 

R. – Qualche cifra basterà. Nel 2002 il numero dei veicoli circolanti in Italia, per limitarci ad un Paese, è stato di circa 45 milioni, costituendo il rapporto più alto tra veicoli e popolazione rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea. In Italia, infatti, il 66% delle merci e il 92% dei passeggeri viaggiano su gomma. Purtroppo, la circolazione stradale, poi, presenta aspetti molto, troppo negativi. Anche qui basti dire che, nella sola Unione Europea, si contano ogni anno 40 mila morti e un milione 700 mila feriti, con un costo finanziario, oltre che umano, di 160 miliardi di euro. E’ da sottolineare inoltre il fatto che il 90% di questi incidenti sono dovuti a errori umani. Da qui l’importanza dell’educazione stradale e al senso di responsabilità, anche cristiana ed etica, che bisogna instillare nella popolazione. Per noi, anche qui, si tratta di rispetto della vita, una delle grandi battaglie morali della Chiesa cattolica in epoca contemporanea.

 

D. – Quali sono gli obiettivi dell’Incontro?

 

R. – All’incontro, il primo di questo genere (per cui siamo ai primi passi), saranno presenti 4 vescovi e alcuni direttori nazionali e delegati in rappresentanza di 11 nazioni europee. Gli obiettivi che ci poniamo possono essere così sintetizzati: innanzitutto, una presa di coscienza della realtà della strada nella prospettiva cristiana (rispetto della vita – come dicevo – convivenza, solidarietà, responsabilità: è l’aspetto educativo); poi, vorremmo coordinare un’azione apostolica della e sulla strada, partendo dalle strutture ecclesiastiche già esistenti (Conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, ecc.) e coinvolgendo associazioni di ispirazione cristiana; ci proponiamo, infine, di pensare insieme agli strumenti adeguati per questo apostolato (persone, luoghi di accoglienza, iniziative: ci vorrà molto spirito creativo!), con dilatazione all’attenzione pure alle ferrovie (non sono, forse, strade ferrate?) e altresì agli “abitanti della strada” – se possibile -, a coloro che non hanno fissa dimora.

 

D. – Ci interessa quest’ultimo punto. Quale può essere l’impegno della Chiesa nei riguardi della gente senza fissa dimora (gli “abitanti della strada)?

 

R. – Non posso dare io la risposta immediata –penso – al riguardo, poiché proprio per ascoltarci gli uni gli altri e decidere per un nostro comune impegno ci incontreremo in queste due giornate. Ma le esperienze già non mancano, fortunatamente, e lo sappiamo noi che viviamo a Roma, dove sono sorte molte iniziative in materia – grazie a Dio. A me preme piuttosto ricordare lo spirito che vi deve e dovrà presiedere e ve lo descrivo, quasi in poesia, con le parole di Chiara Amirante, autrice di un bellissimo libro dal titolo: “Stazione Termini. Storie di droga, aids e prostituzione”. Eccole: “La mia casa è il mondo, la mia terra è il cielo, la mia patria il cuore di ogni uomo. E ogni persona che incontro è il mio tesoro, nell’oscurità delle tenebre lì la mia luce, nello spazio dell’umanità sofferente che grida lì il mio cuore”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 febbraio 2003

 

L’AMERICA ATTONITA PIANGE LE VITTIME DELL’ESPLOSIONE

CHE HA DISTRUTTO LO SHUTTLE COLUMBIA,

MENTRE LA NASA SOSPENDE I LAVORI NELLE PROPRIE STRUTTURE

- A cura di Sabrina Bergamini -

 

 

L’America piange attonita le vittime della nuova tragedia che scuote la nazione. Lo  shuttle “Columbia” si è disintegrato ieri al rientro dalla sua missione, provocando la morte dei sette astronauti presenti a bordo. Veglie spontanee di preghiera e di cordoglio a Houston, nel centro di controllo della missione, in Florida al Kennedy Space Center dove il Columbia doveva atterrare e a Washington, mentre per la prima volta dall’11 settembre le bandiere sono a mezz’asta in tutta l’Unione. Il presidente George Bush, dopo aver telefonato ai familiari delle vittime, si è rivolto agli americani con tono grave. “Dai cieli ci è giunta distruzione e tragedia – ha dichiarato – Ma nei cieli possiamo vedere anche conforto e speranza”. In precedenza si era rivolto ai familiari dell’equipaggio: “Non siete soli nel vostro dolore. Tutta la nostra nazione oggi piange con voi e con le persone a voi care”. Nonostante la tragedia, l’esplorazione spaziale continuerà: “La causa per cui i nostri astronauti sono morti andrà avanti. L’umanità è spinta verso il buio oltre il mondo dal desiderio di scoperta e dalla voglia di comprendere”. Stato di emergenza nelle aree del Texas e della Louisiana, dove sta cadendo uno sciame di frammenti potenzialmente tossici. Ma ripercorriamo la cronaca della tragedia, alla quale ha fatto riferimento anche il Papa nell’Angelus odierno. Il servizio è di Elena Molinari:

 

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“La navetta Columbia è perduta”: il comunicato della Nasa è laconico e conferma quello che gli americani sospettavano da qualche ora. Lo Shuttle si è disintegrato a circa 70 mila metri di altezza, uccidendo i sette membri dell’equipaggio. L’America è sbalordita, incredula. Per molti è stato come tornare indietro di 17 anni, quando il Challenger esplose in fase di lancio di fronte agli occhi di amici e familiari degli astronauti. Questa volta, i parenti degli scienziati che erano a bordo non hanno dovuto assistere ad uno spettacolo tanto orribile ma hanno dovuto vivere una non meno straziante attesa. Quando il conto alla rovescia dell’atterraggio si è concluso e si aspettava che la navetta apparisse dal cielo, mogli, mariti e genitori che erano arrivati per riabbracciare i loro cari dopo 16 giorni di assenza, hanno temuto il peggio. Da terra si vedevano già i segni della tragedia: non un punto luminoso con una sola scia, ma una manciata di frammenti incandescenti seguiti da uno strascico di fumo. A quel punto l’intero Paese era già davanti alla televisione. I timori di un attentato terroristico si sono diffusi, anche se gli esperti dell’Agenzia federale per l’aviazione hanno escluso l’ipotesi quasi totalmente.

 

La Casa Bianca si è comunque disposta in stato di allerta; il presidente si è affrettato a tornare a Washington da Camp David ed ha convocato il Consiglio per la sicurezza nazionale. Da lì ha telefonato ai familiari delle vittime per confortarli.

 

Intanto, l’atmosfera a Cape Canaveral resta surreale. Il silenzio all’esterno è totale mentre all’interno ci si affanna per individuare i residui della navetta, sparpagliati su un raggio di diverse decine di chilometri. E’ presto per parlare di cause, anche se qualcuno già punta l’indice all’età dello Shuttle: 22 anni. Per ora, però, il pensiero di tutti va agli astronauti: sei americani (tra cui una donna di origine indiana) ed un israeliano, la maggior parte sposati e con figli. Due le donne a bordo.

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Mentre la Nasa si interroga sulle cause della sciagura, da tutto il mondo sono giunti messaggi di cordoglio. “L’incidente rappresenta una perdita per l’intera umanità”, ha ricordato il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. “Questo è l’ennesimo sacrificio al servizio del progresso e della scienza”, ha commentato il presidente della Commissione Europea Romano Prodi, mentre parole di cordoglio sono arrivate da tutti i leader europei. Jacques Chirac ha espresso “l’amicizia della Francia” e sentimenti di solidarietà, mentre il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha ricordato il tributo pagato dall’equipaggio dello shuttle. Anche il presidente russo Putin ha sottolineato il sacrificio dei sette astronauti: “Queste persone coraggiose hanno dato la propria vita nell’esplorazione del pericoloso ambiente dello spazio in nome della pace, della scienza e del progresso della civiltà”. Vicinanza e partecipazione sono giunte dal presidente italiano Ciampi  - “Oggi il lutto degli Stati Uniti e di Israele colpisce anche noi”. Da Pechino il presidente cinese Jiang Zemin ha espresso “profondo rincrescimento” , invitando però a proseguire nell’esplorazione dello spazio. Messaggi di condoglianze e partecipazione sono inoltre giunti dal premier indiano Vajpayee – una delle due donne era infatti di origine indiana – e dal leader palestinese Arafat.

 

Era stata la navetta “Columbia” – poi soprannominata “anziana signora grigia della Nasa – ad inaugurare, il 23 aprile 1981, i voli degli shuttle, primi veicoli spaziali riutilizzabili, lanciati grazie a razzi ausiliari. La navetta, partita lo scorso 16 gennaio, era ormai giunta alla sua 28.a missione. Il tragico volo ha coinciso con l’anniversario di altri due incidenti mortali per l’esplorazione spaziale statunitense: quella del 27 gennaio 1967 su Apollo 1, e quella del 28 gennaio 1986 sullo shuttle Challenger. L’incidente provocherà una battuta d’arresto nell’esplorazione dello spazio: la Nasa ha infatti disposto di far restare a terra le navette fino a che non siano chiare le cause della tragedia, e ha sospeso i lavori nelle proprie strutture per salvaguardare tutti i dati utili alle indagini.

 

 

         “GLI ESSERI UMANI NON SONO MERCE”: COSI’ I VESCOVI ITALIANI

NEL MESSAGGIO PER LA XXV GIORNATA PER LA VITA CHE SI CELEBRA OGGI 

SUL TEMA “DELLA VITA NON SI FA MERCATO”.

CON NOI SILVIO GHIELMI, DONATA LODI E ANGELO SIMONAZZI

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

 

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“La vita è un dono fuori commercio. Come cristiani siamo chiamati ad annunciare  con forza e coraggio l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha riscattati donandoci la vita nel suo Figlio”. E’ quanto si legge nel messaggio della Conferenza episcopale italiana per la XXV Giornata per la Vita che ricorre oggi in Italia sul tema: “Della vita non si fa mercato”. Il documento continua: “La vita umana non ha costo perché, come ricorda Paolo nella prima lettera ai Corinzi,  siamo stati comprati ‘a caro prezzo’ dal Signore”. Citando le parole del Creatore riportate dal libro del profeta Ezechiele - “Ecco, tutte le vite sono mie” - i presuli italiani invitano a considerare “che ogni vita viene da Dio, e a Dio anela”.

 

L’assenza di “criteri etici e regole chiare” derivanti da una logica mercantile che considera l’uomo “un numero o un consumatore da studiare”, ha portato persino alla strumentalizzazione del legittimo desiderio di maternità-paternità, fino all’affermazione di un inesistente diritto ad avere un figlio ad ogni costo, “anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità”. “La comunità cristiana, popolo della vita - scrivono i presuli - guardando ogni persona con l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti, ma a tutti”. “I tempi in cui gli esseri umani sono stati venduti o comprati”, nonostante il “progressivo riconoscimento dei diritti umani”, avvenuto anche grazie all’apporto cristiano, non sono ancora finiti: “in ogni angolo del mondo gli uomini sono sottomessi secondo logiche di possesso, di potere, di sfruttamento”.

 

Basti pensare ai vari casi in cui la “vita umana è umiliata e sfigurata con cinico disprezzo”: il commercio di organi dei minori, le prostitute schiave, la sperimentazione indiscriminata sugli embrioni, la soppressione della vita nascente con l’aborto. Ma c’è anche chi lotta contro questi continui attentati alla vita, come i volontari del “Progetto Gemma”, impegnati a dare sostegno economico e morale alle madri in difficoltà. Diamo la parola a Silvio Ghielmi, coordinatore di questa attività di adozione prenatale a  distanza:

 

“L’adozione prenatale a distanza consiste nel rendere disponibile alla mamma 160 euro al mese per 18 mesi. Il “Progetto Gemma” viene dato quando è condizione determinante per il salvataggio di una vita a rischio di essere soppressa con l’aborto. “Progetto Gemma” può constatare il salvataggio della vita di più di 7 mila bambini, sottratti all’aborto”.

 

 Tra le varie forme di mercificazione della vita, i vescovi italiani ascrivono anche  la speculazione sul lavoro minorile e il dramma dei bambini soldato. In proposito cediamo il microfono a Donata Lodi, responsabile di Unicef Italia:

 

“Nel mondo ancora oggi ci sono 300 mila bambini che combattono con le armi in mano, bambini costretti ad essere soldati per guerre volute dai grandi, e questa vergogna continua nonostante ci sia un protocollo delle Nazioni Unite che vieta l’impiego di questi bambini. Il problema è di dimensioni planetarie, e va affrontato al più presto perché c’è una devastante cultura ostile all’infanzia”.

 

Non poteva mancare nel messaggio della Cei per la Giornata per la vita 2003 un riferimento al dramma degli abusi sessuali sui minori, tema al centro degli sforzi di Save the Children,  movimento internazionale indipendente per la difesa e promozione dei diritti dei bambini, come spiega il direttore dell’associazione in Italia, Angelo Simonazzi:

 

“La nostra associazione Save the Children sta lavorando sullo sfruttamento sessuale e la pornografia su internet. Abbiamo un sito che si chiama www.stopit.org su cui denunciare dei siti pedo-pornografici e secondo i nostri conti più di due milioni e mezzo di bambini sono coinvolti in questo sfruttamento, un bambino su quattro ha almeno una volta visitato un sito pornografico”.

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IL DRAMMA DELLA GUERRA, VIOLENZA IMPOSTA DAGLI STATI

NELLA RIFLESSIONE DELLO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

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Non solo politica internazionale. La crisi irachena – con il crescendo di tensione verso una guerra, la cui ombra sembra assumere contorni sempre più definiti – desta interrogativi problematici, laceranti per le società occidentali. Quest’ultime, abituate a confrontarsi quotidianamente con la violenza individuale, amplificata dal circuito mass-mediale, sono meno pronte ad analizzare la violenza degli Stati che travalica la dimensione dell’individuo. Una violenza, quella statuale, che proprio nella guerra raggiunge la sua manifestazione apicale. Ecco allora che l’attesa, quasi rassegnata, di un nuovo conflitto sembra essere lo specchio di un disagio intimo dell’uomo di fronte al significato della vita. E’ proprio questo “torpore delle coscienze”, non disgiunto da un senso di fatalità, ad essere sottolineato con preoccupazione dal prof. Vittorino Andreoli, primario psichiatra e docente presso l’Università di Verona:

 

R. – Impressioni drammatiche, come se l’uomo avesse addormentato le grandi questioni di tipo etico, quelle che insomma danno il senso, il significato alla vita, e corresse in maniera forsennata dietro a piccole cose. Ormai l’uomo mi sembra frammentato. Colpito dai particolari, ha perduto il senso dell’in-sieme, di ciò che l’uomo è.

 

D. – Spesso si parla di violenza del singolo, quale invece gli elementi caratteriz-zanti della violenza sovraindividuale, della violenza degli Stati?

 

R. – Credo che la spettacolarizzazione della violenza, che avviene nelle famiglie, che riguarda qualche adolescente, finisce in qualche modo per coprire, quasi per nascondere una violenza ancora più spaventosa che sembra sfuggire alle mani dei singoli. E’ proprio la violenza degli Stati. Ciascuno di noi, quando con il proprio voto sceglie una forma di Stato, una forma di governo, delega un potere che è quello di governare ma non dà certo una delega morale. La guerra è qualche cosa che ha a che fare con il senso dell’uomo e quindi riguarda ciascuno di noi. E’ quella legge morale dentro di noi, di cui parlava anche Kant, e questa io non la delego a nessuno. Nessuno ha il mio voto per decidere se ammazzare.

 

D. – Lei ha denunciato una certa passività delle società civili dell’occidente, quasi che il ricorso alla forza, alla guerra, sia ormai metabolizzato come un fatto normale della vita contemporanea.

 

R. – Sì, sembra ormai che questa guerra di cui si parla, venga annunciata come se fosse una telenovela: se parte il 19 febbraio o il 21. Insomma, c’è ormai, un senso di passività verso questi eventi che sono drammatici. Qui il problema è fare una netta distinzione tra quelle che sono le cose delegabili, e questo è il diritto delle società, e ciò che invece è il significato dell’uomo e del mondo, che fa parte di ciascuno di noi e ciascuno di noi non deve dormire, ma essere attento a difenderlo.

 

D. – Il Papa ha detto più volte a gran voce che la guerra non è inevitabile, sot-tolineando la sua fiducia incrollabile nelle possibilità dell’uomo di cambiare il corso degli eventi. Quali sono le sue riflessioni al riguardo?

 

R. – E’ straordinario vederlo in questa fissità, con questo tremore, gridare che la guerra non è possibile. Mi sembra che dia un messaggio umano che forse è l’unico in questo momento, che sembra risvegliare ciascuno di noi. Mi pare che tutti noi dobbiamo cogliere questo impegno, credenti e non. Perché la guerra non è una questione che riguarda i cristiani o i non cristiani, la guerra è qualche cosa che va contro quello che una volta si definiva il senso naturale, la difesa della vita.

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CHIESA E SOCIETA’

2 febbraio 2003

 

URNE APERTE QUESTA MATTINA PER LE ELEZIONI REGIONALI NEI DUE LÄNDER TEDESCHI DI ASSIA E BASSA SASSONIA. SECONDO I SONDAGGI,

I SOCIALDEMOCRATICI DEL CANCELLIERE SCHRÖDER RISCHIANO LA SCONFITTA

 

BERLINO. = Elezioni regionali per i länder tedeschi di Assia e Bassa Sassonia. Questa mattina si sono aperte le urne per le consultazioni, le prime della legislatura dopo le politiche dello scorso 22 settembre. Sono 10,4 milioni i cittadini chiamati a votare, rispettivamente 4,3 milioni in Assia e 6,1 in Bassa Sassonia. Si tratta di un importante test politico per il cancelliere Gerhard Schroeder, che secondo i sondaggi rischia una disfatta. In entrambi i länder la Spd viene infatti data per perdente, compresa la stessa Bassa Sassonia, land del cancelliere, dove il premier socialdemocratico Sigmar Gabriel è sceso al 33% contro il 48% accreditato dai sondaggi allo sfidante cristiano democratico (Cdu) Christan Wulff. In Assia, dove attualmente c’è una coalizione fra cristiano democratici e liberali – le previsioni indicano la Cdu al 51% e la Spd dello sfidante Gerhard Boekel al 29%. L’esito del voto condizionerà gli equilibri del Bundesrat, la Camera delle regioni, dove l’opposizione già possiede la maggioranza ma potrebbe ulteriormente migliorarla in caso di vittoria in Bassa Sassonia. Il cancelliere ha dichiarato in questi giorni di credere in una sprint finale da parte della Spd e nel governo si minimizza il rischio di contraccolpi al Bundesrat in caso di doppia sconfitta elettorale. In quel caso l’opposizione, pur non avendo la maggioranza dei due terzi necessaria per bloccare tutte le leggi del governo, avrebbe però un grande potere di condizionamento sui rosso-verdi. I primi exit poll saranno noti dopo le 18, alla chiusura delle urne. (S.B.)

 

 

ACCORATO APPELLO DEI LEADER RELIGIOSI CATTOLICI, PROTESTANTI

E ORTODOSSI AFFINCHE’ ABBIANO FINE LE VIOLENZE E LE DISTRUZIONI

CHE SCONVOLGONO L’UGANDA

 

KAMPALA. = Accorato richiamo dei leader religiosi ugandesi di fronte al tunnel di violenza e distruzione del Paese. Al termine di dell’assemblea annuale che si è svolta in questi giorni a Gulu, principale città nel nord dell’Uganda, i leader religiosi dell’Arlpi (Acholi religious leaders peace initiative), guidata dall’arcivescovo cattolico di Gulu, mons. John Baptist Odama, hanno redatto un documento per far conoscere al mondo le disastrose condizioni in cui versano questi territori. I ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) massacrano i civili; l’esercito governativo si macchia di crimini contro la popolazione; gli sfollati sono ormai più di 800mila e corrono rischi di malnutrizione. Il documento dell’Arlpi- una delle principali voci della società civile in Uganda – esprime la preoccupazione dei leader cattolici, protestanti e ortodossi verso i drammatici eventi della regione, dove i ribelli rapiscono decine di bambini e prendono d’assalto i villaggi. “Dio ci chiama per essere coinvolti in quello che sta accadendo in nord Uganda – si legge nel documento recapitato all’agenzia missionaria Misna– e ci dice: parlate a nome di questa gente! Fate qualcosa per le loro sofferenze. La situazione è disperata”. Le stesse truppe di Kampala compiono frequentemente atti di indisciplina. “Persone innocenti – si legge nel documento – sono state ammazzate o derubate recentemente ai posti di blocco a Kitgum, Pader, Ngora e in molti altri luoghi”. I religiosi ugandesi osservano inoltre che la situazione è resa più grave dal fatto che la maggior parte dei fatti violenti passano sotto silenzio o sono distorti dalla stampa governativa che descrive come successi le operazioni dell’esercito contro i ribelli mente queste si rivelano fallimentari e non in grado di garantire sicurezza alla popolazione. I capi religiosi hanno anche denunciato le “intollerabili e degradanti condizioni” in cui versano gli sfollati, affermando con urgenza la necessità di “iniziare a rispettare la vita umana e raggiungere la pace”. L’appello è rivolto sia ai ribelli – “non basta dire ‘vogliamo la pace’ ma lo dovete provare con le vostre azioni” – sia alle autorità di Kampala – “non stancatevi di perseguire una soluzione pacifica. Prendetevi cura dei vostri cittadini e attivatevi al più presto sulla questione dell’alta disciplina tra i ranghi dell’esercito”. Il documento dei leader religiosi si conclude con un appello alla comunità internazionale: “Non guardate alla nostra tragedia da lontano e non ritardate l’invio di aiuti umanitari. Non mettete una cortina di silenzio ai mass-media internazionali sui nostri gravi problemi”. (S.B.)

 

 

SI AGGRAVA IL BILANCIO DELL’INCIDENTE FERROVIARIO AVVENUTO IERI IN ZIMBABWE: 42 LE VITTIME DELLO SCONTRO, OLTRE 60 I FERITI

 

HARARE. = Si aggrava il bilancio dello scontro ferroviario avvenuto ieri mattina nello Zimbabwe occidentale. Fonti della polizia hanno infatti affermato che sono 42 le vittime e 64 i feriti dello scontro che ha coinvolto un treno passeggeri e un convoglio carico di prodotti infiammabili. Il treno collegava la città di Bulawayo (la seconda del Paese) alla località turistica delle cascate Vittoria. Secondo la compagnia ferroviaria i due treni viaggiavano in direzione opposta sullo stesso binario e i conducenti non hanno potuto evitare l’impatto. Il treno passeggeri trasportava circa 1.100 persone, mentre il treno merci era carico di petrolio e carbone. La sciagura ferroviaria – per la quale il governo ha parlato di ‘errore umano’ – ha avuto luogo 150 chilometri a sudest delle cascate Vittoria, spettacolare attrazione naturale e principale destinazione turistica del Paese. Si tratta dell’ultima sciagura ferroviaria avvenuta nello Zimbabwe: una serie di incidenti hanno infatti messo sotto accusa una rete ormai superata e dotata di insufficienti sistemi di segnalazione. (S.B.)

 

 

DRAMMATICO APPELLO DEL VESCOVO DI ASMARA, MONS. TESFAMARIAM,

PERCHE’ SIA DATO SOCCORSO ALLA POPOLAZIONE DELL’ERITREA

DI FRONTE AL “BARATRO DELLA CARESTIA”

 

ASMARA. = "Un milione e 400mila eritrei hanno bisogno di un soccorso immediato, prima che sia troppo tardi. I più colpiti sono gli anziani, i bambini e le donne, che sono la maggioranza in assoluto. Siamo angosciati per i nostri fratelli!...Vi preghiamo di farvi loro e nostra voce. Basterebbe solo una piccolissima parte delle spese dell'Occidente per salvare la vita di milioni di persone". E' il drammatico appello lanciato da mons. Menghisteab Tesfamariam, comboniano, vescovo di Asmara. "Questa giovane e piccola nazione del Corno d'Africa - è il grido di allarme del presule - cerca con tutte le sue forze stabilità e pace, ma ancora una volta è sopraffatta da eventi, naturali e non, che la prostrano". L'irregolarità e la scarsità delle piogge stanno trascinando nel baratro della carestia le popolazioni di Keren, Assab e Barentu. Le missioni cattoliche sono assalite dalle richieste, ma non riescono a fronteggiare l'emergenza. Anche i centri sanitari governativi, chiedono aiuto perché in queste zone e vicino al confine con l'Etiopia - che già da anni soffrivano per uno scarso raccolto - si registrano già gravi casi di sottoalimentazione. "Per fronteggiare questa situazione - prosegue mons. Tesfamariam - per il 2003 sono necessari 601.200 tonnellate di cereali; le persone ad alto rischio si aggirano sui due milioni e cinquecento mila". Lo spettro della fame, aggiunge il comboniano, è dovuto alle particolare condizioni meteorologiche dell'anno scorso. Nel 2002 sono venute a mancare le piccole piogge (nel periodo tra marzo e giugno), particolarmente importanti per l'agricoltura. Successivamente, le grandi piogge di giugno-settembre sono arrivate in ritardo di quattro settimane e per questo motivo le coltivazioni non hanno avuto il tempo sufficiente per la maturazione. Quello del 2002 è stato il raccolto più basso dal 1993, mentre il bestiame è calato del 20% rispetto al 2001. Da dieci anni l'Eritrea è uno stato indipendente, in cui vivono circa 3 milioni e mezzo di persone. La maggior parte della popolazione si trova nell'altopiano centrale e nel bassopiano occidentale, dove è più sviluppata l'agricoltura. (A.M.)

 

 

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