RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 33 - Testo della
Trasmissione di domenica 2 febbraio 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
La Nasa sospende i lavori nelle
proprie strutture dopo l’esplosione dello shuttle “Columbia”
Una riflessione di Vittorino
Andreoli sul dramma della guerra.
CHIESA E SOCIETA’:
2 febbraio 2003
NELL’ODIERNA
FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
E
GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA, IL PENSIERO DEL PAPA E’ ANDATO,
ALL’ANGELUS
DOMENICALE, AI RELIGIOSI, ALLE FAMIGLIE CRISTIANE
NONCHE’
ALLA DOLOROSA VICENDA DELLA NAVICELLA COLUMBIA,
ALLA TRAGICA
SITUAZIONE IN COSTA D’AVORIO, CON UN SALUTO A CINESI, VIETNAMITI E COREANI
CHE
HANNO FESTEGGIATO IERI IL CAPODANNO LUNARE
- A
cura di Giovanni Peduto -
Si celebra
oggi in Italia la Giornata per la Vita, che ha per tema: “Della vita non si fa
mercato”. Questo principio, anche se teoricamente riconosciuto, non è purtroppo
sempre rispettato, ha detto il Papa parlando ai fedeli convenuti in Piazza San
Pietro, aggiungendo che vi sono situazioni in cui la persona umana diventa
strumento per interessi economici, politici, scientifici, soprattutto quando
essa è debole e non ha la forza di difendersi. Affermato, inoltre, che una
certa logica mercantile, alleandosi con moderne tecnologie, può talvolta
approfittare di desideri umani in sé buoni, come quello di diventare madre e
padre, per spingere a volere un figlio ad ogni costo, il Santo Padre ha detto:
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In realtà, la
vita umana non può mai diventare "oggetto": dal concepimento alla
morte naturale, l’essere umano è
soggetto di inviolabili diritti, di fronte ai quali la libertà deve sapersi
fermare.
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Il Pontefice
ha pertanto definito indispensabile che gli Stati si diano, su tali complesse
materie, leggi organiche e chiare, fondate su solide basi etiche, a tutela del
bene inestimabile della vita umana.
Come ormai da
10 anni, la Giornata per la Vita si prolunga nella diocesi di Roma in una
speciale “Settimana della Vita e della Famiglia”. A questo tema sarà pure
dedicato il convegno ecclesiale diocesano del prossimo giugno. Rinnovando alle
famiglie di Roma il messaggio risuonato nell'Incontro mondiale conclusosi da
poco a Manila, Giovanni Paolo II ha proseguito:
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Care famiglie
cristiane, voi siete una “buona notizia” per questa nostra Città. Sostenute
dalla grazia del Sacramento del matrimonio, affrontate unite le diverse
situazioni della vita e contribuite a mantenere sano il tessuto sociale.
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Il Papa ha
poi in particolare affidato a Maria, oggi, festa della Presentazione di Gesù al
Tempio, quanti si adoperano a difesa della vita e le famiglie che della vita
sono il “nido” naturale. La Madonna – ha pure detto – vegli anche su quanti si
prodigano a servizio dei malati, per i quali si celebrerà, il prossimo 11
febbraio, la Giornata Mondiale ad essi dedicata. La Vergine Santa protegga infine, in modo speciale, i religiosi,
le religiose e i laici consacrati, che celebrano oggi la “Giornata della Vita
Consacrata”.
Viva emozione ha suscitato in tutti la dolorosa notizia
della tragica esplosione della navicella spaziale statunitense
"Columbia", al suo rientro nell'atmosfera. Il Pontefice ha invitato
tutti a pregare per le vittime dell'incidente, perite nell'adempimento di una
missione scientifica internazionale ...
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In questo momento di dura prova, sono spiritualmente
vicino ai familiari, ai quali assicuro il mio ricordo nella preghiera.
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Il pensiero del
Santo Padre è andato quindi alla Costa d'Avorio, provata da una grave crisi che
dilania quelle popolazioni. Giovanni Paolo II ha invitato a pregare perché
sulle divisioni e le rivendicazioni prevalgano gli sforzi di quanti hanno a
cuore l'unità del Paese ed il rispetto della legalità ...
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I fedeli cattolici, in particolare, guidati dai loro
Pastori, sappiano adoperarsi affinché il dialogo ed il rispetto delle persone e
dei loro beni siano praticati e promossi da tutti. Voglia Maria, Nostra Signora
della Pace di Yamoussoukro, intercedere per la riconciliazione e la concordia
di tutti i figli di quella diletta Nazione.
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Ancora un argomento d’attualità nelle parole del Papa ai
fedeli convenuti in Piazza San Pietro per l’Angelus domenicale: ieri, primo
giorno di febbraio, ricorreva il capodanno lunare per numerosi milioni di
persone - soprattutto cinesi, vietnamiti e coreani - che vivono questo giorno
di festa nell'intimità familiare. Per loro ha ripetuto l'augurio formulato nel
Messaggio per la recente Giornata Mondiale della Pace:
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Il nuovo anno sia un periodo di pace, fondata su
"quattro precise esigenze dell'animo umano: la verità, la giustizia,
l'amore e la libertà". Vorrei che il mio saluto affettuoso arrivasse al
cuore di ciascuno di loro.
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E prima di congedarsi, il Santo Padre ha salutato in
varie lingue diversi gruppi di fedeli, augurando infine a tutti una buona
domenica ed una buona settimana.
POVERTA’, CASTITA’ ED OBBEDIENZA RENDONO LIBERI PER AMARE:
COSI’ IERI
SERA GIOVANNI PAOLO II ALLE MIGLIAIA DI PERSONE CONSACRATE
DURANTE LA
CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE DELLA ODIERNA
FESTA
DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
In occasione della odierna festa della Presentazione del
Signore e VII Giornata della Vita Consacrata, è stata celebrata ieri sera nella
Basilica di San Pietro la Liturgia eucaristica per i membri degli Istituti di
Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La Messa, presieduta da
Giovanni Paolo II, è stata celebrata dal cardinale Eduardo Martínez Somalo,
prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società
di vita apostolica. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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(musica)
La
navata centrale della Basilica di San Pietro era avvolta nella penombra,
rischiarata solo dalla luce di migliaia di candele. Così è iniziata la
suggestiva Liturgia Eucaristica per i membri degli Istituti di Vita Consacrata
e le Società di Vita Apostolica, nella Festa della Presentazione del Signore e
nella VII Giornata della Vita Consacrata. La Messa, presieduta da Giovanni
Paolo II, era quella della presentazione di Gesù al tempio, avvenuta quaranta
giorni dopo la sua nascita. Una festa che si rivela
particolarmente adatta ad ospitare la lode riconoscente delle persone consacrate,
così come il tema dell'offerta spirituale si fonde con quello della
luce. “La Vergine Maria – ha affermato Giovanni Paolo II- appare quale candelabro che reca Cristo,
"luce del mondo". Una luce levatasi da San Pietro grazie alla
presenza di tanti consacrati. Giovanni Paolo II parla poi dei caratteri
distintivi dell’uomo redento, interiormente affrancato dalla schiavitù
dell’egoismo grazie alla povertà, alla castità e all’obbedienza:
“Liberi
per amare, liberi per servire: così sono gli uomini e le donne che rinunciano a
se stessi per il Regno dei cieli. Sulle orme di Cristo, crocifisso e risorto,
essi vivono questa libertà come solidarietà, facendosi carico dei pesi
spirituali e materiali dei fratelli.
“E' il
multiforme “servitium caritats” – ha aggiunto il Santo Padre - che si esercita
nella clausura e negli ospedali, nelle parrocchie e nelle scuole, tra i poveri
e i migranti, nei nuovi areopaghi della missione” ...
“In
mille modi la vita consacrata è epifania dell'amore di Dio nel mondo”.
Con
animo riconoscente – ha concluso il Pontefice – oggi rendiamo lode a Dio per
ciascuno di loro. Per intercessione della Vergine Maria, il Signore arricchisca
sempre più la sua Chiesa di questo grande dono.
(musica)
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E in
occasione della Giornata della vita consacrata, vi proponiamo l’esperienza di
padre Clemente De La Serna Gonzales, abate del monastero di Silos, in Spagna,
famoso in tutto il mondo per il canto gregoriano. L’intervista è di Debora
Donnini:
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(musica)
R. – La parte centrale della nostra vita è la liturgia e
la lectio divina, cioè la preghiera
personale: la preghiera liturgica, dove prestiamo il nostro cuore e la nostra
voce per lodare il Signore e anche per chiedergli aiuto per tutti i bisogni
della Chiesa del mondo, e la lectio
divina dove ci troviamo faccia a faccia col Cristo. La nostra chiesa è
sempre aperta e tanta gente viene a pregare con noi. Mettiamo in pratica quello
che diceva tanti secoli fa Evagrio Pontico: “Monaco è colui che si allontana da
tutti, per essere più vicino a tutti”.
D. – Quindi il cuore della vostra vita, della sua vita, è
la preghiera!
R. – Senz’altro; sono quasi sette ore al giorno di
preghiera liturgica o di preghiera personale e dopo, naturalmente, come tutti
gli umani, dobbiamo cercare di guadagnarci il nostro cibo.
D. – Oggi si vede un po’ una difficoltà nelle vocazioni; a
lei cosa ha dato la vita consacrata?
R. – Mi ha dato di essere sempre felice ed avere sempre un
orizzonte chiaro verso il quale camminare, senza paure. Ai giovani direi di non
avere paura a prendere impegni per sempre. Parlando con l’ultimo giovane che è
entrato tre mesi fa qui in monastero, gli dicevo che quando si capisce che Dio
non ci fa mancare nulla, che è sempre con noi e che non ci tradisce mai, questo
ci dà una sicurezza incredibile. Ecco perché non dobbiamo avere paura di dire:
“Signore, mi consacro a te, nella vita consacrata, per sempre”. Questo “per
sempre” è la libertà totale e assoluta
per l’essere umano.
(musica)
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DOMANI E DOPODOMANI A ROMA IL PRIMO
INCONTRO EUROPEO
DEI
DIRETTORI NAZIONALI PER LA PASTORALE DELLA STRADA,
PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE
PER I
MIGRANTI E GLI ITENERANTI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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L’Apostolato della Strada rientra nel mandato del
Dicastero vaticano per i migranti di assistere le Chiese locali perché tutti
coloro che si trovano fuori del proprio domicilio possano usufruire di
un’assistenza pastorale adeguata. Così leggiamo nella Pastor Bonus
all’articolo 151, e questo indipendentemente dalla novità dell’incontro. Ci
riferiamo cioè, in atteggiamento di sollecitudine pastorale agli utenti della
strada, agli autostrasportatori di merci a lungo percorso, agli autisti dei
servizi pubblici, a chi guida automobili, autopulman e motociclette. Sulle
strade, poi, si incontrano i turisti, gli addetti alla sicurezza del traffico,
alla distribuzione di carburante, alle officine meccaniche, ai caselli, al
soccorso stradale, ai posti di ristoro, eccetera.
Con noi, l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del
Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:
D. – Qual è la portata del “fenomeno stradale” –
chiamiamolo così – su scala europea?
R. – Qualche cifra basterà. Nel 2002 il numero dei veicoli
circolanti in Italia, per limitarci ad un Paese, è stato di circa 45 milioni,
costituendo il rapporto più alto tra veicoli e popolazione rispetto agli altri
Stati dell’Unione Europea. In Italia, infatti, il 66% delle merci e il 92% dei
passeggeri viaggiano su gomma. Purtroppo, la circolazione stradale, poi,
presenta aspetti molto, troppo negativi. Anche qui basti dire che, nella sola
Unione Europea, si contano ogni anno 40 mila morti e un milione 700 mila
feriti, con un costo finanziario, oltre che umano, di 160 miliardi di euro. E’
da sottolineare inoltre il fatto che il 90% di questi incidenti sono dovuti a
errori umani. Da qui l’importanza dell’educazione stradale e al senso di
responsabilità, anche cristiana ed etica, che bisogna instillare nella
popolazione. Per noi, anche qui, si tratta di rispetto della vita, una delle
grandi battaglie morali della Chiesa cattolica in epoca contemporanea.
D. – Quali sono gli obiettivi dell’Incontro?
R. – All’incontro, il primo di questo genere (per cui
siamo ai primi passi), saranno presenti 4 vescovi e alcuni direttori nazionali
e delegati in rappresentanza di 11 nazioni europee. Gli obiettivi che ci
poniamo possono essere così sintetizzati: innanzitutto, una presa di coscienza
della realtà della strada nella prospettiva cristiana (rispetto della vita –
come dicevo – convivenza, solidarietà, responsabilità: è l’aspetto educativo);
poi, vorremmo coordinare un’azione apostolica della e sulla
strada, partendo dalle strutture ecclesiastiche già esistenti (Conferenze
episcopali, diocesi, parrocchie, ecc.) e coinvolgendo associazioni di
ispirazione cristiana; ci proponiamo, infine, di pensare insieme agli strumenti
adeguati per questo apostolato (persone, luoghi di accoglienza, iniziative: ci
vorrà molto spirito creativo!), con dilatazione all’attenzione pure alle
ferrovie (non sono, forse, strade ferrate?) e altresì agli “abitanti della
strada” – se possibile -, a coloro che non hanno fissa dimora.
D. – Ci interessa quest’ultimo punto. Quale può essere
l’impegno della Chiesa nei riguardi della gente senza fissa dimora (gli
“abitanti della strada)?
R. – Non posso dare io la risposta immediata –penso – al
riguardo, poiché proprio per ascoltarci gli uni gli altri e decidere per un
nostro comune impegno ci incontreremo in queste due giornate. Ma le esperienze
già non mancano, fortunatamente, e lo sappiamo noi che viviamo a Roma, dove
sono sorte molte iniziative in materia – grazie a Dio. A me preme piuttosto
ricordare lo spirito che vi deve e dovrà presiedere e ve lo descrivo, quasi in
poesia, con le parole di Chiara Amirante, autrice di un bellissimo libro dal
titolo: “Stazione Termini. Storie di droga, aids e prostituzione”. Eccole: “La
mia casa è il mondo, la mia terra è il cielo, la mia patria il cuore di ogni
uomo. E ogni persona che incontro è il mio tesoro, nell’oscurità delle tenebre
lì la mia luce, nello spazio dell’umanità sofferente che grida lì il mio
cuore”.
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2 febbraio 2003
L’AMERICA
ATTONITA PIANGE LE VITTIME DELL’ESPLOSIONE
CHE HA
DISTRUTTO LO SHUTTLE COLUMBIA,
MENTRE
LA NASA SOSPENDE I LAVORI NELLE PROPRIE STRUTTURE
- A
cura di Sabrina Bergamini -
L’America piange attonita le
vittime della nuova tragedia che scuote la nazione. Lo shuttle “Columbia” si è disintegrato ieri al
rientro dalla sua missione, provocando la morte dei sette astronauti presenti a
bordo. Veglie spontanee di preghiera e di cordoglio a Houston, nel centro di
controllo della missione, in Florida al Kennedy Space Center dove il Columbia
doveva atterrare e a Washington, mentre per la prima volta dall’11 settembre le
bandiere sono a mezz’asta in tutta l’Unione. Il presidente George Bush, dopo
aver telefonato ai familiari delle vittime, si è rivolto agli americani con
tono grave. “Dai cieli ci è giunta distruzione e tragedia – ha dichiarato – Ma
nei cieli possiamo vedere anche conforto e speranza”. In precedenza si era
rivolto ai familiari dell’equipaggio: “Non siete soli nel vostro dolore. Tutta
la nostra nazione oggi piange con voi e con le persone a voi care”. Nonostante
la tragedia, l’esplorazione spaziale continuerà: “La causa per cui i nostri
astronauti sono morti andrà avanti. L’umanità è spinta verso il buio oltre il
mondo dal desiderio di scoperta e dalla voglia di comprendere”. Stato di
emergenza nelle aree del Texas e della Louisiana, dove sta cadendo uno sciame
di frammenti potenzialmente tossici. Ma ripercorriamo la cronaca della
tragedia, alla quale ha fatto riferimento anche il Papa nell’Angelus odierno.
Il servizio è di Elena Molinari:
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“La navetta Columbia è perduta”: il comunicato della Nasa
è laconico e conferma quello che gli americani sospettavano da qualche ora. Lo
Shuttle si è disintegrato a circa 70 mila metri di altezza, uccidendo i sette
membri dell’equipaggio. L’America è sbalordita, incredula. Per molti è stato
come tornare indietro di 17 anni, quando il Challenger esplose in fase di
lancio di fronte agli occhi di amici e familiari degli astronauti. Questa volta,
i parenti degli scienziati che erano a bordo non hanno dovuto assistere ad uno
spettacolo tanto orribile ma hanno dovuto vivere una non meno straziante
attesa. Quando il conto alla rovescia dell’atterraggio si è concluso e si
aspettava che la navetta apparisse dal cielo, mogli, mariti e genitori che
erano arrivati per riabbracciare i loro cari dopo 16 giorni di assenza, hanno
temuto il peggio. Da terra si vedevano già i segni della tragedia: non un punto
luminoso con una sola scia, ma una manciata di frammenti incandescenti seguiti
da uno strascico di fumo. A quel punto l’intero Paese era già davanti alla
televisione. I timori di un attentato terroristico si sono diffusi, anche se
gli esperti dell’Agenzia federale per l’aviazione hanno escluso l’ipotesi quasi
totalmente.
La Casa Bianca si è comunque disposta in stato di allerta;
il presidente si è affrettato a tornare a Washington da Camp David ed ha
convocato il Consiglio per la sicurezza nazionale. Da lì ha telefonato ai
familiari delle vittime per confortarli.
Intanto, l’atmosfera a Cape Canaveral resta surreale. Il
silenzio all’esterno è totale mentre all’interno ci si affanna per individuare
i residui della navetta, sparpagliati su un raggio di diverse decine di
chilometri. E’ presto per parlare di cause, anche se qualcuno già punta
l’indice all’età dello Shuttle: 22 anni. Per ora, però, il pensiero di tutti va
agli astronauti: sei americani (tra cui una donna di origine indiana) ed un
israeliano, la maggior parte sposati e con figli. Due le donne a bordo.
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Mentre la Nasa si interroga sulle cause della sciagura, da
tutto il mondo sono giunti messaggi di cordoglio. “L’incidente rappresenta una
perdita per l’intera umanità”, ha ricordato il segretario generale delle
Nazioni Unite Kofi Annan. “Questo è l’ennesimo sacrificio al servizio del
progresso e della scienza”, ha commentato il presidente della Commissione
Europea Romano Prodi, mentre parole di cordoglio sono arrivate da tutti i
leader europei. Jacques Chirac ha espresso “l’amicizia della Francia” e
sentimenti di solidarietà, mentre il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha
ricordato il tributo pagato dall’equipaggio dello shuttle. Anche il presidente
russo Putin ha sottolineato il sacrificio dei sette astronauti: “Queste persone
coraggiose hanno dato la propria vita nell’esplorazione del pericoloso ambiente
dello spazio in nome della pace, della scienza e del progresso della civiltà”.
Vicinanza e partecipazione sono giunte dal presidente italiano Ciampi - “Oggi il lutto degli Stati Uniti e di
Israele colpisce anche noi”. Da Pechino il presidente cinese Jiang Zemin ha
espresso “profondo rincrescimento” , invitando però a proseguire
nell’esplorazione dello spazio. Messaggi di condoglianze e partecipazione sono
inoltre giunti dal premier indiano Vajpayee – una delle due donne era infatti
di origine indiana – e dal leader palestinese Arafat.
Era stata la navetta “Columbia” – poi soprannominata
“anziana signora grigia della Nasa – ad inaugurare, il 23 aprile 1981, i voli
degli shuttle, primi veicoli spaziali riutilizzabili, lanciati grazie a razzi
ausiliari. La navetta, partita lo scorso 16 gennaio, era ormai giunta alla sua
28.a missione. Il tragico volo ha coinciso con l’anniversario di altri due
incidenti mortali per l’esplorazione spaziale statunitense: quella del 27
gennaio 1967 su Apollo 1, e quella del 28 gennaio 1986 sullo shuttle
Challenger. L’incidente provocherà una battuta d’arresto nell’esplorazione
dello spazio: la Nasa ha infatti disposto di far restare a terra le navette fino
a che non siano chiare le cause della tragedia, e ha sospeso i lavori nelle
proprie strutture per salvaguardare tutti i dati utili alle indagini.
“GLI
ESSERI UMANI NON SONO MERCE”: COSI’ I VESCOVI ITALIANI
NEL
MESSAGGIO PER LA XXV GIORNATA PER LA VITA CHE SI CELEBRA OGGI
SUL
TEMA “DELLA VITA NON SI FA MERCATO”.
CON
NOI SILVIO GHIELMI, DONATA LODI E ANGELO SIMONAZZI
-
Servizio di Paolo Ondarza -
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“La
vita è un dono fuori commercio. Come cristiani siamo chiamati ad
annunciare con forza e coraggio
l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha riscattati donandoci la
vita nel suo Figlio”. E’ quanto si legge nel messaggio della Conferenza
episcopale italiana per la XXV Giornata per la Vita che ricorre oggi in Italia
sul tema: “Della vita non si fa mercato”. Il documento continua: “La vita umana
non ha costo perché, come ricorda Paolo nella prima lettera ai Corinzi, siamo stati comprati ‘a caro prezzo’ dal
Signore”. Citando le parole del Creatore riportate dal libro del profeta
Ezechiele - “Ecco, tutte le vite sono mie” - i presuli italiani invitano a
considerare “che ogni vita viene da Dio, e a Dio anela”.
L’assenza
di “criteri etici e regole chiare” derivanti da una logica mercantile che
considera l’uomo “un numero o un consumatore da studiare”, ha portato persino
alla strumentalizzazione del legittimo desiderio di maternità-paternità, fino
all’affermazione di un inesistente diritto ad avere un figlio ad ogni costo,
“anche fuori del matrimonio e in contesti di omosessualità”. “La comunità
cristiana, popolo della vita - scrivono i presuli - guardando ogni persona con
l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo ai credenti, ma a
tutti”. “I tempi in cui gli esseri umani sono stati venduti o comprati”,
nonostante il “progressivo riconoscimento dei diritti umani”, avvenuto anche
grazie all’apporto cristiano, non sono ancora finiti: “in ogni angolo del mondo
gli uomini sono sottomessi secondo logiche di possesso, di potere, di
sfruttamento”.
Basti
pensare ai vari casi in cui la “vita umana è umiliata e sfigurata con cinico
disprezzo”: il commercio di organi dei minori, le prostitute schiave, la
sperimentazione indiscriminata sugli embrioni, la soppressione della vita
nascente con l’aborto. Ma c’è anche chi lotta contro questi continui attentati
alla vita, come i volontari del “Progetto Gemma”, impegnati a dare sostegno
economico e morale alle madri in difficoltà. Diamo la parola a Silvio Ghielmi,
coordinatore di questa attività di adozione prenatale a distanza:
“L’adozione prenatale a distanza consiste nel rendere disponibile alla
mamma 160 euro al mese per 18 mesi. Il “Progetto Gemma” viene dato quando è
condizione determinante per il salvataggio di una vita a rischio di essere
soppressa con l’aborto. “Progetto Gemma” può constatare il salvataggio della
vita di più di 7 mila bambini, sottratti all’aborto”.
Tra le varie forme
di mercificazione della vita, i vescovi italiani ascrivono anche la speculazione sul lavoro minorile e il
dramma dei bambini soldato. In proposito cediamo il microfono a Donata Lodi,
responsabile di Unicef Italia:
“Nel mondo ancora oggi ci sono 300 mila bambini che combattono con le
armi in mano, bambini costretti ad essere soldati per guerre volute dai grandi,
e questa vergogna continua nonostante ci sia un protocollo delle Nazioni Unite
che vieta l’impiego di questi bambini. Il problema è di dimensioni planetarie,
e va affrontato al più presto perché c’è una devastante cultura ostile
all’infanzia”.
Non
poteva mancare nel messaggio della Cei per la Giornata per la vita 2003 un
riferimento al dramma degli abusi sessuali sui minori, tema al centro degli
sforzi di Save the Children,
movimento internazionale indipendente per la difesa e promozione dei
diritti dei bambini, come spiega il direttore dell’associazione in Italia,
Angelo Simonazzi:
“La nostra associazione Save the Children sta
lavorando sullo sfruttamento sessuale e la pornografia su internet. Abbiamo un
sito che si chiama www.stopit.org su cui
denunciare dei siti pedo-pornografici e secondo i nostri conti più di due
milioni e mezzo di bambini sono coinvolti in questo sfruttamento, un bambino su
quattro ha almeno una volta visitato un sito pornografico”.
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IL
DRAMMA DELLA GUERRA, VIOLENZA IMPOSTA DAGLI STATI
NELLA
RIFLESSIONE DELLO PSICHIATRA VITTORINO ANDREOLI
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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Non
solo politica internazionale. La crisi irachena – con il crescendo di tensione
verso una guerra, la cui ombra sembra assumere contorni sempre più definiti –
desta interrogativi problematici, laceranti per le società occidentali.
Quest’ultime, abituate a confrontarsi quotidianamente con la violenza
individuale, amplificata dal circuito mass-mediale, sono meno pronte ad
analizzare la violenza degli Stati che travalica la dimensione dell’individuo.
Una violenza, quella statuale, che proprio nella guerra raggiunge la sua
manifestazione apicale. Ecco allora che l’attesa, quasi rassegnata, di un nuovo
conflitto sembra essere lo specchio di un disagio intimo dell’uomo di fronte al
significato della vita. E’ proprio questo “torpore delle coscienze”, non
disgiunto da un senso di fatalità, ad essere sottolineato con preoccupazione
dal prof. Vittorino Andreoli, primario psichiatra e docente presso l’Università
di Verona:
R. – Impressioni drammatiche, come se l’uomo avesse
addormentato le grandi questioni di tipo etico, quelle che insomma danno il
senso, il significato alla vita, e corresse in maniera forsennata dietro a
piccole cose. Ormai l’uomo mi sembra frammentato. Colpito dai particolari, ha
perduto il senso dell’in-sieme, di ciò che l’uomo è.
D. – Spesso si parla di violenza del singolo, quale invece
gli elementi caratteriz-zanti della violenza sovraindividuale, della violenza
degli Stati?
R. – Credo che la spettacolarizzazione della violenza, che
avviene nelle famiglie, che riguarda qualche adolescente, finisce in qualche
modo per coprire, quasi per nascondere una violenza ancora più spaventosa che
sembra sfuggire alle mani dei singoli. E’ proprio la violenza degli Stati.
Ciascuno di noi, quando con il proprio voto sceglie una forma di Stato, una
forma di governo, delega un potere che è quello di governare ma non dà certo
una delega morale. La guerra è qualche cosa che ha a che fare con il senso dell’uomo
e quindi riguarda ciascuno di noi. E’ quella legge morale dentro di noi, di cui
parlava anche Kant, e questa io non la delego a nessuno. Nessuno ha il mio voto
per decidere se ammazzare.
D. – Lei ha denunciato una certa passività delle società civili
dell’occidente, quasi che il ricorso alla forza, alla guerra, sia ormai
metabolizzato come un fatto normale della vita contemporanea.
R. – Sì, sembra ormai che questa guerra di cui si parla,
venga annunciata come se fosse una telenovela: se parte il 19 febbraio o il 21.
Insomma, c’è ormai, un senso di passività verso questi eventi che sono
drammatici. Qui il problema è fare una netta distinzione tra quelle che sono le
cose delegabili, e questo è il diritto delle società, e ciò che invece è il
significato dell’uomo e del mondo, che fa parte di ciascuno di noi e ciascuno
di noi non deve dormire, ma essere attento a difenderlo.
D. – Il Papa ha detto più volte a gran voce che la guerra
non è inevitabile, sot-tolineando la sua fiducia incrollabile nelle possibilità
dell’uomo di cambiare il corso degli eventi. Quali sono le sue riflessioni al
riguardo?
R. – E’ straordinario vederlo in questa fissità, con
questo tremore, gridare che la guerra non è possibile. Mi sembra che dia un
messaggio umano che forse è l’unico in questo momento, che sembra risvegliare
ciascuno di noi. Mi pare che tutti noi dobbiamo cogliere questo impegno,
credenti e non. Perché la guerra non è una questione che riguarda i cristiani o
i non cristiani, la guerra è qualche cosa che va contro quello che una volta si
definiva il senso naturale, la difesa della vita.
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2 febbraio 2003
URNE
APERTE QUESTA MATTINA PER LE ELEZIONI REGIONALI NEI DUE LÄNDER TEDESCHI DI
ASSIA E BASSA SASSONIA. SECONDO I SONDAGGI,
I
SOCIALDEMOCRATICI DEL CANCELLIERE SCHRÖDER RISCHIANO LA SCONFITTA
BERLINO.
= Elezioni regionali per i länder tedeschi di Assia e Bassa Sassonia. Questa
mattina si sono aperte le urne per le consultazioni, le prime della legislatura
dopo le politiche dello scorso 22 settembre. Sono 10,4 milioni i cittadini
chiamati a votare, rispettivamente 4,3 milioni in Assia e 6,1 in Bassa
Sassonia. Si tratta di un importante test politico per il cancelliere Gerhard
Schroeder, che secondo i sondaggi rischia una disfatta. In entrambi i länder la
Spd viene infatti data per perdente, compresa la stessa Bassa Sassonia, land
del cancelliere, dove il premier socialdemocratico Sigmar Gabriel è sceso al
33% contro il 48% accreditato dai sondaggi allo sfidante cristiano democratico
(Cdu) Christan Wulff. In Assia, dove attualmente c’è una coalizione fra
cristiano democratici e liberali – le previsioni indicano la Cdu al 51% e la
Spd dello sfidante Gerhard Boekel al 29%. L’esito del voto condizionerà gli
equilibri del Bundesrat, la Camera delle regioni, dove l’opposizione già
possiede la maggioranza ma potrebbe ulteriormente migliorarla in caso di vittoria
in Bassa Sassonia. Il cancelliere ha dichiarato in questi giorni di credere in
una sprint finale da parte della Spd e nel governo si minimizza il rischio di
contraccolpi al Bundesrat in caso di doppia sconfitta elettorale. In quel caso
l’opposizione, pur non avendo la maggioranza dei due terzi necessaria per
bloccare tutte le leggi del governo, avrebbe però un grande potere di condizionamento
sui rosso-verdi. I primi exit poll saranno noti dopo le 18, alla chiusura delle
urne. (S.B.)
ACCORATO
APPELLO DEI LEADER RELIGIOSI CATTOLICI, PROTESTANTI
E ORTODOSSI
AFFINCHE’ ABBIANO FINE LE VIOLENZE E LE DISTRUZIONI
CHE
SCONVOLGONO L’UGANDA
KAMPALA.
= Accorato richiamo dei leader religiosi ugandesi di fronte al tunnel di
violenza e distruzione del Paese. Al termine di dell’assemblea annuale che si è
svolta in questi giorni a Gulu, principale città nel nord dell’Uganda, i leader
religiosi dell’Arlpi (Acholi religious leaders peace initiative), guidata
dall’arcivescovo cattolico di Gulu, mons. John Baptist Odama, hanno redatto un
documento per far conoscere al mondo le disastrose condizioni in cui versano
questi territori. I ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (Lra) massacrano
i civili; l’esercito governativo si macchia di crimini contro la popolazione;
gli sfollati sono ormai più di 800mila e corrono rischi di malnutrizione. Il
documento dell’Arlpi- una delle principali voci della società civile in Uganda
– esprime la preoccupazione dei leader cattolici, protestanti e ortodossi verso
i drammatici eventi della regione, dove i ribelli rapiscono decine di bambini e
prendono d’assalto i villaggi. “Dio ci chiama per essere coinvolti in quello
che sta accadendo in nord Uganda – si legge nel documento recapitato
all’agenzia missionaria Misna– e ci dice: parlate a nome di questa gente! Fate
qualcosa per le loro sofferenze. La situazione è disperata”. Le stesse truppe
di Kampala compiono frequentemente atti di indisciplina. “Persone innocenti –
si legge nel documento – sono state ammazzate o derubate recentemente ai posti
di blocco a Kitgum, Pader, Ngora e in molti altri luoghi”. I religiosi ugandesi
osservano inoltre che la situazione è resa più grave dal fatto che la maggior
parte dei fatti violenti passano sotto silenzio o sono distorti dalla stampa
governativa che descrive come successi le operazioni dell’esercito contro i ribelli
mente queste si rivelano fallimentari e non in grado di garantire sicurezza
alla popolazione. I capi religiosi hanno anche denunciato le “intollerabili e
degradanti condizioni” in cui versano gli sfollati, affermando con urgenza la
necessità di “iniziare a rispettare la vita umana e raggiungere la pace”.
L’appello è rivolto sia ai ribelli – “non basta dire ‘vogliamo la pace’ ma lo dovete
provare con le vostre azioni” – sia alle autorità di Kampala – “non stancatevi
di perseguire una soluzione pacifica. Prendetevi cura dei vostri cittadini e
attivatevi al più presto sulla questione dell’alta disciplina tra i ranghi
dell’esercito”. Il documento dei leader religiosi si conclude con un appello
alla comunità internazionale: “Non guardate alla nostra tragedia da lontano e
non ritardate l’invio di aiuti umanitari. Non mettete una cortina di silenzio
ai mass-media internazionali sui nostri gravi problemi”. (S.B.)
SI
AGGRAVA IL BILANCIO DELL’INCIDENTE FERROVIARIO AVVENUTO IERI IN ZIMBABWE: 42 LE
VITTIME DELLO SCONTRO, OLTRE 60 I FERITI
HARARE. = Si aggrava il bilancio dello scontro ferroviario
avvenuto ieri mattina nello Zimbabwe occidentale. Fonti della polizia hanno
infatti affermato che sono 42 le vittime e 64 i feriti dello scontro che ha
coinvolto un treno passeggeri e un convoglio carico di prodotti infiammabili.
Il treno collegava la città di Bulawayo (la seconda del Paese) alla località
turistica delle cascate Vittoria. Secondo la compagnia ferroviaria i due treni
viaggiavano in direzione opposta sullo stesso binario e i conducenti non hanno
potuto evitare l’impatto. Il treno passeggeri trasportava circa 1.100 persone,
mentre il treno merci era carico di petrolio e carbone. La sciagura ferroviaria
– per la quale il governo ha parlato di ‘errore umano’ – ha avuto luogo 150
chilometri a sudest delle cascate Vittoria, spettacolare attrazione naturale e
principale destinazione turistica del Paese. Si tratta dell’ultima sciagura
ferroviaria avvenuta nello Zimbabwe: una serie di incidenti hanno infatti messo
sotto accusa una rete ormai superata e dotata di insufficienti sistemi di
segnalazione. (S.B.)
DRAMMATICO
APPELLO DEL VESCOVO DI ASMARA, MONS. TESFAMARIAM,
PERCHE’
SIA DATO SOCCORSO ALLA POPOLAZIONE DELL’ERITREA
DI
FRONTE AL “BARATRO DELLA CARESTIA”
ASMARA. = "Un milione e 400mila eritrei hanno bisogno
di un soccorso immediato, prima che sia troppo tardi. I più colpiti sono gli
anziani, i bambini e le donne, che sono la maggioranza in assoluto. Siamo
angosciati per i nostri fratelli!...Vi preghiamo di farvi loro e nostra voce.
Basterebbe solo una piccolissima parte delle spese dell'Occidente per salvare
la vita di milioni di persone". E' il drammatico appello lanciato da mons.
Menghisteab Tesfamariam, comboniano, vescovo di Asmara. "Questa giovane e
piccola nazione del Corno d'Africa - è il grido di allarme del presule - cerca
con tutte le sue forze stabilità e pace, ma ancora una volta è sopraffatta da
eventi, naturali e non, che la prostrano". L'irregolarità e la scarsità
delle piogge stanno trascinando nel baratro della carestia le popolazioni di
Keren, Assab e Barentu. Le missioni cattoliche sono assalite dalle richieste,
ma non riescono a fronteggiare l'emergenza. Anche i centri sanitari governativi,
chiedono aiuto perché in queste zone e vicino al confine con l'Etiopia - che
già da anni soffrivano per uno scarso raccolto - si registrano già gravi casi
di sottoalimentazione. "Per fronteggiare questa situazione - prosegue
mons. Tesfamariam - per il 2003 sono necessari 601.200 tonnellate di cereali;
le persone ad alto rischio si aggirano sui due milioni e cinquecento
mila". Lo spettro della fame, aggiunge il comboniano, è dovuto alle
particolare condizioni meteorologiche dell'anno scorso. Nel 2002 sono venute a
mancare le piccole piogge (nel periodo tra marzo e giugno), particolarmente
importanti per l'agricoltura. Successivamente, le grandi piogge di
giugno-settembre sono arrivate in ritardo di quattro settimane e per questo
motivo le coltivazioni non hanno avuto il tempo sufficiente per la maturazione.
Quello del 2002 è stato il raccolto più basso dal 1993, mentre il bestiame è
calato del 20% rispetto al 2001. Da dieci anni l'Eritrea è uno stato indipendente,
in cui vivono circa 3 milioni e mezzo di persone. La maggior parte della
popolazione si trova nell'altopiano centrale e nel bassopiano occidentale, dove
è più sviluppata l'agricoltura. (A.M.)
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