RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 116 - Testo della
Trasmissione di sabato 26 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Messaggio del Santo Padre a Giuliana
Cavallini, insignita della Targa d’onore dell’Angelicum.
Il cardinale Jozef Tomko, Inviato
Speciale del Pontefice, il prossimo 28 giugno in Ucraina.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Cresce l’allarme nel mondo per la diffusione della Sars: ce ne parla Rainer Gluck.
L’Argentina alle urne per uscire dalla crisi: intervista con Maurizio Chierici.
CHIESA E SOCIETA’:
Disordini alla periferia
di Baghdad: esploso un deposito d’armi. Slogan antiamericani nelle grida dei
cittadini.
Paraguay
al voto domani per eleggere Presidente e Parlamento.
10
mila greco ciprioti in fila per varcare la linea verde che divide in due Cipro.
Ancora
violenze nel Kashmir indiano attentato alla televisione di Stato.
Nominato
il nuovo vice-presidente del governo di transizione in Burundi.
Partita
la prima missione russo americana nello spazio dopo la tragedia del Columbia
26 aprile 2003
IN UNA LETTERA INVIATA ALL’AVANA IL 13 APRILE
SCORSO,
L’APPELLO
DI GIOVANNI PAOLO II A FIDEL CASTRO
PERCHE’
CONCEDA CLEMENZA AI DISSIDENTI CUBANI,
DURAMENTE
CONDANNATI NELLE SCORSE SETTIMANE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un Papa “profondamente addolorato” ha chiesto a Fidel
Castro un “significativo gesto di clemenza” per il gruppo di dissidenti cubani
ai quali, nelle scorse settimane, le autorità dell’Avana avevano comminato
pesanti condanne “per gravi atti di terrorismo”, comprese tre condanne a morte
eseguite per fucilazione l’11 aprile.
In una lettera al presidente cubano - inviata a nome del
Papa il 13 aprile dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - Giovanni
Paolo II si dice “afflitto” per le “dure pene” inflitte a numerosi cittadini
cubani e si appella a Fidel Castro perché consideri l’offerta di “un
significativo gesto di clemenza” nei confronti dei condannati. “Nella certezza
- afferma la lettera - che tale atto contribuirà a creare un clima di maggiore
distensione a beneficio del caro popolo cubano” e nella convinzione - si legge
ancora - “che solo un confronto sincero e costruttivo tra cittadini e autorità
civile possa garantire la promozione di uno Stato moderno e democratico”, in
una “Cuba più unita e fraterna”.
Contro l’arresto dei dissidenti e più ancora contro
l’esecuzione dei tre cubani - fucilati dopo un giudizio sommario per aver
tentato il dirottamento di un traghetto che li avrebbe condotti negli Stati
Uniti - erano insorti, lo stesso 11 aprile, i vescovi dell’isola caraibica. In
una nota del loro Comitato permanente, i presuli avevano definito “un grave
motivo di preoccupazione” le condanne “a lunghi anni di prigione, imposte a
numerosi oppositori politici”. Chiediamo “si fermi la spirale autoritaria e
repressiva”, concludevano i vescovi cubani, perché “libertà e pluralismo
possano diventare finalmente realtà per la crescita democratica della società
cubana”.
Nonostante l’appello del Papa e dei vescovi dell’Avana e
le numerose reazioni negative della comunità internazionale, Fidel Castro ha
ulteriormente inasprito la propria posizione. E’ di ieri il suo ultimo attacco
contro gli Stati Uniti, accusati da Castro di voler provocare fughe di massa
dall’Isola e un”conflitto armato” con Cuba.
TESTIMONI DEL VANGELO E DEL MAGISTERO NELLA
CHIESA E NELLA SOCIETA’.
L’ESORTAZIONE
DEL PAPA A TRE GRUPPI DI PELLEGRINI RICEVUTI IN UDIENZA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Il diritto di testimoniare il Vangelo, proprio del
cristiano di ogni età, il dovere della coerenza in ogni ambiente sociale. Nella
vita domestica e professionale, nello svago, in quella di impegno ecclesiale.
Giovanni Paolo II lo ha ricordato oggi, con accenti diversi, accogliendo in
Aula Paolo VI tre gruppi provenienti da varie regioni d’Italia, dalla Spagna e
dalla Polonia. Gruppi distinti nei rispettivi cammini sociali e di fede, ma
uniti dal richiamo del Pontefice a servire Cristo in qualsiasi circostanza.
Ai circa 800 pellegrini spagnoli, e ai loro familiari,
appartenenti all’esecutivo della “Fundacion Banco Bilbao Vizcaya Argentaria”,
il Papa ha rammentato il valore fondamentale di ogni impresa commerciale o
imprenditoriale: quello di non badare esclusivamente al lucro, ma di avere cura
per gli aspetti etici di un lavoro che deve prima di tutto essere
“responsabile”. Per questo, “vi invito - ha affermato il Pontefice - a fare
delle vostre imprese vere comunità di persone che cercano il soddisfacimento
dei propri interessi economici nel segno dei principi basilari della giustizia
e della solidarietà”.
A dieci anni di distanza dalla richiesta rivolta ai
vescovi, l’Azione cattolica è ormai una realtà stabile in Polonia, ha
riconosciuto Giovanni Paolo II rivolgendosi agli oltre 1200 connazionali. In
quella che è e resta “una forma attiva di partecipazione dei laici
all’apostolato gerarchico della Chiesa”, il Papa ha messo in risalto il
diritto-dovere degli appartenenti all’Azione cattolica di “portare il Vangelo”
all’uomo contemporaneo e “di accendere la fede in coloro che si allontanano da
Dio”. Un impegno questo, affiancato da un altro dovere: quello di “formare la
propria spiritualità”. Anche agli scout dell’Agesci - 300 quelli presenti oggi
in Aula Paolo VI - la “Chiesa guarda con tanta speranza”, ha affermato il
Pontefice. Ai giovani, perché compiono un cammino educativo “che affascina”, e
agli adulti che, in quanto educatori, hanno la responsabilità di trasmettere
“con l’esempio e la parola i valori evangelici”:
“Vorrei concludere esortandovi a non far mancare
all'affascinante attività scoutistica il quotidiano nutrimento dell'ascolto
della Parola di Dio, della preghiera e di un'intensa vita sacramentale. Sono
queste le condizioni favorevoli per fare dell'esistenza un dono agli altri e un
itinerario sicuro verso la santità”.
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CON IMPEGNO INSTANCABILE HA DIFFUSO
IL
PENSIERO DI SANTA CATERINA DA SIENA: UN MESSAGGIO DEL PAPA
ALLA
PROFESSORESSA GIULIANA CAVALLINI,
INSIGNITA
DELLA TARGA D’ONORE DELL’ANGELICUM
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Devota
figlia spirituale di Santa Caterina, ne ha “illustrato la ricchezza dottrinale”,
investendo le proprie “energie intellettuali e spirituali a gloria del Signore”.
Così, Giovanni Paolo II esprime l’apprezzamento per il lavoro svolto, negli
anni, dalla professoressa Giuliana Cavallini della Congregazione delle
Missionarie della Scuola, fondata dalla Serva di Dio, madre Luigia Tincani. In
un messaggio indirizzato alla studiosa, il Papa si felicita per la consegna
della Targa d’onore dell’Angelicum da parte del Senato accademico della
Pontificia Università di San Tommaso, in occasione del Simposio europeo sulla
Santa senese, Patrona d’Europa. Il Pontefice si sofferma sull’ “instancabile
attività culturale e scientifica” profusa dalla professoressa Cavallini in
qualità di direttrice del Centro nazionale di Studi Cateriniani. Un impegno che
ha “varcato i confini dell’Italia, suscitando vasta eco e crescente apprezzamento
in vari Paesi”.
DOMANI IN PIAZZA SAN PIETRO IL
PAPA PROCLAMA BEATI GIACOMO ALBERIONE,
MARCO
D’AVIANO, MARIA DOMENICA MANTOVANI, GIULIA SALZANO,
CRISTINA
BRANDO ED EUGENIA RAVASCO,
FONDATRICE
DELLE SUORE FIGLIE DEI SACRI CUORI DI GESU’ E MARIA
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Servizio di Giovanni Peduto -
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Eugenia Ravasco è nata a Milano nel 1845 ma è vissuta ed
ha operato soprattutto a Genova, dove è morta il 30 dicembre 1900. Si colloca
quindi in un periodo molto teso dal punto di vista delle ideologie nuove,
emergenti, e la sua missione è stata quella di fare il bene per amore del Cuore
di Gesù, secondo la chiamata ricevuta a 18 anni nella chiesa di Santa Sabina a
Genova, dove era entrata per puro caso e dove, ascoltando le parole di un
ardente missionario, il servo di Dio don Giacinto Bianchi, venne colpita
dall’invito lanciato da questo sacerdote che aveva espressamente detto: ‘Non
c’è proprio nessuno tra voi che voglia dedicarsi a fare del bene per amore del
Cuore di Gesù?’. Eugenia sentì nel suo cuore che quella era la Parola
per lei. Qual è stato poi lo sviluppo della sua vita? Lo abbiamo chiesto alla
postulatrice della Causa di Beatificazione, suor Miranda Ruscitti:
R. – Ha iniziato subito con la sua parrocchia, la chiesa del
Carmine, insieme alle altre giovani laiche catechiste. Ha cominciato con il
catechismo e poi si è presa cura delle bambine povere di Genova che riceveva
nella sua casa per insegnare loro non soltanto il segno della Croce, ma anche a
leggere ed a scrivere ed un’attività per potersi guadagnare da vivere. Poi, ha
puntato tutto sull’educazione e la formazione cristiana dei giovani di ogni
ceto sociale, di ogni età e, quindi, di fatto è un’apostola, un’educatrice
della gioventù.
D. – Il carisma specifico che ha lasciato al vostro
istituto?
R. – Dal punto di vista della spiritualità, il carisma di
Madre Eugenia si colloca nel filone del culto al Cuore di Gesù che le ha
rivelato l’amore del Padre per l’umanità. Dal Cuore di Gesù – lei diceva – ci è
venuto ogni bene, un Cuore che fu squarciato per noi sulla croce, per nostro
amore, perché noi intendessimo l’infinita carità da cui siamo stati salvati.
Quindi il suo messaggio è credere nell’amore forte di Dio per ogni uomo, questo
Dio che si prende cura di noi con affetto più tenero della più affettuosa delle
madri. Quindi, l’amore di Dio dev’essere il faro, la luce, la guida delle
azioni e deve diventare segno e testimonianza per quelli che ci circondano.
D. – Oggi quante siete, dove siete?
R. – Siamo 400 e siamo diffuse in Italia, in piccole
presenze ma significative e, dal 1950, accogliendo l’invito di Pio XII, abbiamo
iniziato l’attività in America Latina: quindi siamo in Messico, Venezuela,
Bolivia, Colombia, Brasile, Argentina e Paraguay.
D. – E cosa fate?
R. - La catechesi, l’animazione parrocchiale, gruppi
giovanili, prevalentemente educazione scolastica e formativa, attraverso anche
associazioni e attività volte alla promozione della donna, che è uno degli
aspetti specifici del carisma di Eugenia Ravasco.
D. – Sarete in tante alla beatificazione?
R. - Pensiamo di essere un grande numero anche se quelli
che devono venire dall’America Latina hanno delle difficoltà per venire in
Italia, soprattutto a motivo delle situazioni politiche proprie di ogni Stato dell’America
Latina, particolarmente critiche in questo momento.
D. – Dove si trova la tomba della fondatrice?
R. – A Genova, presso la Casa Madre dell’Istituto, dove
proprio di recente è stata effettuata la ricognizione della salma e la sua
nuova sistemazione.
La cerimonia di beatificazione sarà seguita dalla nostra
emittente, a partire dalle 9.50, con il commento in italiano per l’Italia e la
zona di Roma, e in tedesco per l’Europa occidentale e la zona di Roma, sulle
onde corte, le onde medie e la modulazione di frequenza; nonché, solo via
satellite, in spagnolo per l’America Latina e in portoghese per il
Brasile.
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La prima pagina si apre con l’appello del Papa al
presidente della Repubblica di Cuba, in riferimento alle pesanti condanne
inflitte ad un significativo gruppo di dissidenti cubani, fra cui tre condanne
a morte; all’interno, la Lettera del segretario di Stato, cardinale Angelo
Sodano, in cui si esprime il “profondo dolore” del Santo Padre ed in cui si
chiede al presidente della Repubblica di Cuba un “significativo gesto di
clemenza per i condannati”.
Sempre in prima, il richiamo della concelebrazione
eucaristica di domani in cui saranno proclamati sei nuovi Beati.
Nelle pagine vaticane, il discorso del Papa in occasione
dell’udienza all’Agesci, ad un gruppo di dirigenti spagnoli e al pellegrinaggio
dell’Azione cattolica polacca. Il titolo al discorso è: “Il diritto e i dovere
di accendere la fede nell’uomo contemporaneo”.
Il messaggio di Giovanni Paolo II alla professoressa
Giuliana Cavallini, delle Missionarie della Scuola.
Concluse le celebrazioni del primo centenario del martirio
di Santa Maria Goretti: l’omelia del cardinale Angelo Sodano durante la
celebrazione della Messa nel Santuario di Nettuno.
Nelle pagine estere, l’intervento dell’Osservatore
permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, a Ginevra,
sul tema: “I lavoratori migranti nell’odierna ‘era’ della globalizzazione”.
Iraq: morti e feriti in seguito ad un attacco contro un
deposito di armi alla periferia adi Baghdad; l’Unhcr annuncia un piano per
favorire il rientro in patria di 500 mila esuli iracheni.
Polmonite atipica: i Paesi asiatici concordano le misure
di prevenzione.
Allarme dell’Organizzazione mondiale della Sanità: in
Africa, la malaria uccide ogni giorno 3 mila bambini.
Nella pagina culturale, un contributo di Ferdinando
Montuschi dal titolo: “Protagonismo vuoto per una curiosità morbosa”: una
trasmissione televisiva inutile, ambigua e parassitaria.
Nelle pagine italiane, in primo piano i risvolti legati
alla ricorrenza del 25 aprile.
Virus Sars: effettuati i primi
test.
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26 aprile 2003
UNA VERA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA PER L’IRAQ: E’
L’AUSPICIO DELL’ARCIVESCOVO DIARMUID MARTIN,
OSSERVATORE
DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA,
DOVE IERI HA CONCLUSO I SUOI LAVORI LA COMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI
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Servizio di Alessandro Gisotti -
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Accompagnata dalle critiche accese delle organizzazioni
non governative, si è conclusa ieri a Ginevra la 59.ma sessione della
Commissione Onu per i diritti umani. Sei settimane di dibattito, che secondo Amnesty
International avrebbero dimostrato “l’incapacità di tutelare le vittime
delle violazioni”, come dimostrano i casi di Cuba e Cecenia. La sessione –
iniziata il 17 marzo scorso – è stata dominata dai drammatici sviluppi della
crisi irachena. Dal canto suo, il segretario generale dell’Onu - intervenendo
alla Commissione - ha auspicato che la fine della dittatura in Iraq sia
l’inizio di “una nuova era per i diritti umani” in quel Paese. Proprio dalle
parole di Kofi Annan, muove il ragionamento dell’arcivescovo Diarmuid Martin,
osservatore vaticano all’Ufficio Onu di Ginevra, che in questa intervista
affronta i molteplici aspetti e risvolti della guerra in Iraq:
R. - Prima di tutto il segretario generale ha indicato
alcune responsabilità riguardanti la situazione attuale: la protezione del
diritto umanitario ed il mantenimento dell’ordine, che spetta ai Paesi che
occupano l’Iraq in questo momento. Bisogna, però, muovere rapidamente alla
costruzione di una vera democrazia partecipativa e cominciare a dare
l’assistenza necessaria per avere un sistema di leggi, un sistema di Polizia
per l’applicazione e di una Magistratura per la verifica di tutto questo. Poi,
una grande campagna di educazione alla vera democrazia, che richiede anche la
tolleranza verso i diversi gruppi all’interno del Paese. La democrazia non si
costruisce con degli slogan. Sarà un lavoro difficile, però sono convinto che
la popolazione stessa dell’Iraq vuole assumere questo ruolo, come il Santo
Padre ha notato nel suo messaggio per la Domenica di Pasqua. Spetta a loro e il
ruolo della comunità internazionale è di facilitare la vera sovranità del
popolo dell’Iraq, sul territorio e sulla gestione della vita e dei beni del
Paese.
D. – C’è il rischio che gli avvenimenti in Iraq distolgano
l’attenzione dalle altre emergenze umanitarie, come quella del Congo, dove
centinaia di persone sono state massacrate negli ultimi giorni nella quasi
totale indifferenza dell’opinione pubblica mondiale ?
R. – Questo è il grande problema, perché sono poche le
situazioni che attirano l’attenzione. Il Papa, in primo luogo, ha sempre detto
di non dimenticare le altre emergenze. Purtroppo, nel mondo di oggi ogni tanto
si parla di una nuova iniziativa per l’Africa e poi si comincia a dimenticare.
Il segretario generale ha accennato al fatto che forse alcune persone hanno
addirittura approfittato dell’attenzione dei mass media sull’Iraq per compiere
delle violazioni di diritti umani in Africa. Bisogna indagare e portare alla
luce tali situazioni. Questa è una sfida per le comunità delle Nazioni, ossia
di non lasciarsi dominare dalle questioni di attualità e di affrontare le
tensioni più gravi. Tensioni, per esempio, tra la protezione dei diritti
sociali ed economici ed altri diritti. Lamentare il fatto che non ho il diritto
di voto non vale molto se i miei figli hanno fame e non hanno accesso
all’acqua. Sono cose che vanno insieme. Bisogna affrontare queste
disuguaglianze inaccettabili e affrontare le radici di queste disuguaglianze
tempestivamente.
D. – Il conflitto in Iraq ha messo a dura prova la tenuta
del sistema delle Nazioni Unite. Da dove si deve ripartire per sanare le ferite
e dare nuova spinta all’autorevolezza dell’Onu, specie nella battaglia per la
difesa e la promozione dei diritti umani?
R. – Non c’è dubbio che il fatto che sia cominciata una
guerra, senza il consenso esplicito del Consiglio di sicurezza, ha creato delle
nuove tensioni all’interno del sistema delle Nazioni Unite. Tuttavia, anche le
persone che criticano più aspramente le Nazioni Unite, dicono che ci sono delle
cose che l’Onu fa bene, come nel campo degli aiuti umanitari. Direi anche, cosa
importante che emerge guardando il lavoro dell’ufficio dell’Alto commissario
per i diritti umani, le Nazioni Unite fanno molto bene i programmi di
assistenza tecnica per creare le strutture nazionali per la difesa dei diritti
umani. Credo che questo sia il lavoro più importante delle Nazioni Unite: non
solamente di criticare, ma costruire quella cultura dei diritti umani che
ispira i meccanismi. Non c’è dubbio che le popolazioni desiderano questo.
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SI
ALLUNGA OGNI GIORNO LA LISTA DEI PAESI E DEI DECESSI
DOVUTI ALLA POLMONITE
ATIPICA
- Intervista con Rainer
Gluck -
Cresce l’allarme nel mondo per la diffusione della Sars, la cosiddetta polmonite
atipica. Nell’epicentro asiatico ieri si registravano ancora decessi. Altri 5
morti in Cina e altri 180 casi. Altri sei morti ad Hong Kong e due a Singapore.
Intanto la conferma delle Filippine: rientrano nell’infezione di polmonite
atipica le due persone morte e le due infettate di cui si era parlato con
dubbio nei giorni scorsi. In ogni caso,
mentre si affacciano presunti nuovi casi sospetti in Francia, Irlanda, Lituania
e Bulgaria, l’Oms dà segnali di speranza affermando che se si interviene in
modo tempestivo ed aggressivo contro il virus se ne può bloccare la diffusione.
Per saperne di più Fausta Speranza ha intervistato il prof. Rainer Gluck,
virologo e consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
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R. – Devo dire che fino a due settimane fa tanto allarme
mi sembrava un po’ esagerato. Poi siamo arrivati ad una cifra di ammalati che
in poco tempo supererà i 5 mila, e questo rappresenta un pericolo. Comincia a
diventare difficile da controllare. Non ci sono medicine.
D. – Professore, mette a fuoco quale sia l’elemento più
preoccupante …
R. – E’ preoccupante che il virus non attacca solo i più deboli, cioè
persone con un sistema immunitario debilitato. Attacca tutti, i giovani, gli
anziani. Non muoiono solo i più deboli. Muore il 4-5 per cento degli ammalati:
sia i giovani e sia gli anziani. La seconda cosa preoccupante è che il virus
sembra più stabile di quanto pensassimo. Sembra che possa sopravvivere fuori
dell’uomo almeno 24 ore e questo è molto preoccupante. Inoltre non sappiamo
esattamente come infetti le persone e come si può frenare.
D. – Secondo le ultime agenzie, il virus rallenta in Asia
e l’Organizzazione Mondiale della Sanità comincia a sperare. Anche oggi però ci
sono notizie di morti. Questo spiraglio di speranza, dove è riposto?
R. – E’ importante avere speranza e non drammatizzare
altrimenti creiamo isteria, che fa crollare poi l’economia e tutto il resto.
L’unica cosa che dico è di prendere sul serio questo problema, specialmente noi
studiosi, responsabili di sviluppare un vaccino, dobbiamo concentrarci per
avere al più presto possibile un vaccino. Queste epidemia vanno ad ondate:
aumentano, poi frenano, poi esplodono di nuovo. Delle cifre e delle tendenze
ancora non possiamo dire niente.
D. – Professor Gluck, lei è impegnato personalmente, ci
dice qualcosa della collaborazione tra gli Istituti di ricerca nel mondo?
R. – E’ ottimale e molto ben coordinata, specialmente tra
la maggiore struttura statunitense e l’Organizzazione mondiale della sanità di
Ginevra. Collaborano molto bene. Non ci sono barriere di brevetti o discussioni
del genere. C’è una distribuzione di materiale e di know how fantastico.
Questo è importante. Anche noi qui a Berna abbiamo cambiato tutti i programmi.
Tutti lavorano praticamente su questa problematica. E’ l’unica difesa che
abbiamo.
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L’ARGENTINA ALLE URNE PER USCIRE DALLA CRISI:
DOMANI
IL PRIMO TURNO DELLE PRESIDENZIALI,
IN UN
CLIMA DI GRANDE INCERTEZZA
-
Intervista con Maurizio Chierici -
Immersa in una profonda instabilità politica ed in una
crisi economica di difficile soluzione, l’Argentina è attesa domani alle urne
per eleggere il nuovo presidente. Al voto sono chiamati 25 milioni e 700 mila
cittadini, ancora piuttosto divisi sui candidati: due ex capi di Stato – Carlos
Menem, al potere dal 1989 al 1999, ed Adolfo Rodríguez Saa, alla guida del
Paese per una settimana nel dicembre 2001 – ed altri tre politici: Ricardo
López Murphy, Elisa Carrió e Nestor Kirchner. A differenza delle precedenti
consultazioni, in cui fu sufficiente un turno per eleggere il capo dello Stato,
questa volta sul voto regna l’incertezza, e si dovrà probabilmente ricorrere al
ballottaggio del 18 maggio. Lo conferma Maurizio Chierici, esperto di America
Latina, nell’intervista di Andrea Sarubbi:
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R. – Il ballottaggio è incerto tra i tre peronisti –
Menem, Kirchner ed Adolfo Saa – e López Murphy, che rappresenta le grandi
famiglie ed un possibile riscatto per il mondo militare. La sua appartenenza ad
una destra conservatrice estremamente dura scoraggia i radicali ed una parte
dei cattolici: piuttosto che votare per Menem o Murphy, probabilmente daranno
la preferenza a Kirchner, un peronista un po’ sbiadito ed onesto, che non ha
avuto molte occasioni di cadere nella corruzione.
D. – Tra le note da segnalare c’è, appunto, questo ritorno
del peronista Menem, dopo dieci anni passati alla guida dell’Argentina. L’ex
presidente, tra l’altro, si dice certo di vincere ...
R. – Menem ha messo in piedi in dieci anni una macchina
elettorale formidabile e può contare su un gruppo di consensi televisivi,
radiofonici e nei giornali. Formalmente è a posto, non esistono conflitti
d’interesse; in pratica, controlla molte cose. Ha perso potere, e ciò ha fatto
emergere le ultime crepe: ha trascorso sette mesi in galera per avere venduto
clandestinamente armi a Croazia ed Ecuador, che avevano l’embargo. Io credo che
non abbia nessuna possibilità di vincere, anche se andrà sicuramente al
ballottaggio, perché la sua organizzazione è solida. Però, il 62 per cento
degli argentini non si fida più di lui.
D. – Nell’ultimo periodo, l’Argentina ha cambiato quattro
presidenti: a cosa si deve questa instabilità politica?
R. – L’Argentina è un Paese borghese, l’unica borghesia
latinoamericana: un Paese di piccola e media borghesia che si trova in questa
situazione economica per tante ragioni. Tra queste, anche lo stesso carattere
della gente, convinta che le cose sarebbero prima o poi cambiate. Al contrario,
la disattenzione nei confronti dei potenti ha portato al fatto che adesso non
c’è più nulla. Oggi l’unica struttura seria che esiste in Argentina è la
Caritas di mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto, che riesce a tenere in piedi
due milioni-due milioni e mezzo di pasti al giorno, non spendendo nulla più del
necessario. Dell’aspetto umanitario si occupa anche la moglie di Duhalde, che
il presidente ha nominato una sorta di ministro per l’assistenza. Ma mentre,
per fare un esempio, con 100 lire mons. Casaretto distribuisce 80 minestre, la
signora Duhalde ne distribuisce 30. Ecco perché la Chiesa è un elemento
equilibrante nella politica argentina. Ha addirittura cercato di organizzare
una tavola rotonda di riconciliazione nazionale contro la corruzione, ma
purtroppo non c’è riuscita.
D. – Disoccupazione altissima, debito enorme: l’Argentina
è un Paese economicamente in ginocchio. Quali prospettive può avere?
R. – Non so quali prospettive possa avere, anche se i
conti stanno lentamente migliorando. Il problema vero è che quando le
multinazionali – oppure gli stranieri che avevano privatizzato l’industria –
hanno visto il fallimento argentino, se ne sono scappati, mollando le
fabbriche. Così, alcune aziende – soprattutto in settori come il tessile – sono
state autogestite dalle donne e dai sindacati: si sono dati stipendi minori,
insomma, hanno fatto le cose sul serio, e le fabbriche ora vanno benissimo.
Adesso accade invece che i vecchi e legittimi proprietari cercano di rientrare,
e si verificano continuamente scontri di polizia, feriti: in settimana c’è
stato anche un morto. Quindi, siamo in un periodo di grandi contestazioni,
anche nei settori in cui le cose vanno meglio. E comunque, il problema vero è
questo: Menem ha trasformato un Paese industriale in un Paese finanziario, e la
finanza nel mondo ha un andamento instabile. In assenza di una vera e propria
produzione industriale, il futuro dell’economia argentina è a rischio.
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26 aprile 2003
IN GUATEMALA SONO STATE
ORGANIZZATE NUMEROSE INIZIATIVE
PER
COMMEMORARE LA FIGURA DI MONS. JUAN GERARDI,
IL
VESCOVO AUSILIARE DELLA CAPITALE CHE CINQUE ANNI FA
VENNE
BARBARAMENTE UCCISO NELLA SUA PARROCCHIA SAN SEBASTIAN
- A
cura di Maurizio Salvi -
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CITTA’ DEL GUATEMALA. = La Chiesa e la società
guatemalteche hanno ricordato la figura di mons. Juan Gerardi, nel quinto
anniversario della morte, con numerosi atti e cerimonie cominciati il 15 aprile
scorso. Le commemorazioni culminano oggi con un’eucaristia celebrata
dall’arcivescovo della capitale, mons. Rodolfo Quezada Toruño, con una
processione dalla cattedrale alla chiesa di San Sebastian dove è prevista una
veglia di preghiera. Per l’assassinio di mons. Gerardi che aveva realizzato un
esplosivo rapporto sulla violazione dei rapporti umani durante i 36 anni di
guerra civile e che chiamava in causa le Forze armate guatemalteche si trovano
in carcere due ufficiali dell’Esercito ed un sacerdote. Un altro accusato, lo
specialista Obdulo Villanueva, è stato invece ucciso in carcere due mesi fa.
Quattro giorni fa, nella parrocchia di San Sebastian, è stata organizzata tra
l’altro una mostra sul tema: “Testimoni della fede della Chiesa cattolica”. Il
direttore dell’ufficio dei diritti umani dell’arcidiocesi, ha segnalato per
parte sua che queste commemorazioni hanno permesso di mantenere viva la memoria
del vescovo e delle vittime del conflitto armato interno con il proposito di
fare tesoro della storia ed impedire che mai simili fatti tornino a ripetersi.
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SI E’
SVOLTA IERI A ROMA LA TAVOLA ROTONDA SUL TEMA “DON GIACOMO ALBERIONE: TUTTO IL
CRISTO A TUTTO L’UOMO CON TUTTI I MEZZI”. NELL’INCONTRO IL PRESIDENTE DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI,
MONS. JOHN FOLEY, HA ESALTATO IL RAPPORTO TRA IL
FONDATORE DELLA FAMIGLIA PAOLINA ED I MEDIA
ROMA. = “L’Eucaristia, il Vangelo, il Papa ed i nuovi
mezzi di comunicazione gli si fissarono così nella mente e nel cuore, che poi
ne dominarono i pensieri, la preghiera, il lavoro interiore e le aspirazioni”.
Con queste parole l’arcivescovo John Foley, presidente del Pontificio consiglio
delle comunicazioni sociali, ha ricordato ieri a Roma la figura di don Giacomo
Alberione, il fondatore della famiglia paolina che domani sarà proclamato
beato. Intervenendo nella tavola rotonda sul tema “Don Giacomo Alberione: tutto
il Cristo a tutto l’uomo con tutti i mezzi”, mons. Foley ha ricordato
l’importanza che i mezzi di comunicazione possono assumere nel processo di
evangelizzazione. “La vita di don Alberione – ha detto il presule – ci insegna
che usando i media nel servizio al Vangelo dobbiamo essere Santi, altrimenti
saremo come ottoni che suonano e cembali che tintinnano”. Passando in rassegna
i diversi mezzi di comunicazione, il presule ha sottolineato come oggi la
televisione possa offrire alla Chiesa cattolica un grande contributo grazie
alla “telegenia” della liturgia. “Ma anche la radio – ha aggiunto – offre
grandi vantaggi per il suo rapporto intimistico che può instaurare con l’ascoltatore”.
Tra le nuove tecnologie, Internet,
emblematica metafora del fenomeno della globalizzazione, rappresenta secondo
mons. Foley il mezzo più innovativo per la sua capacità di connettere in rete
il mondo intero. “Se la nostra parrocchia è il mondo – ha concluso il presule –
allora il primo messaggio deve essere la vita trasformata nel Vangelo”. (A.L.)
SONO PASSATI DICIASSETTE ANNI
DALL’INCIDENTE AVVENUTO
NELLA
CENTRALE NUCLEARE DI CHERNOBYL, IN UCRAINA.
IL
MONDO PAGA ANCORA OGGI LE CONSEGUENZE DI QUEL TERRIBILE DISASTRO
CHERNOBYL. = Diciassette anni fa, nella notte tra il 25 ed
il 26 aprile del 1986, il reattore numero 4 della Centrale nucleare di
Chernobyl, in Ucraina, esplose in seguito ad un intervento per realizzare un
test sperimentale. Fu l'inizio di un disastro che ha provocato la morte
immediata di 31 persone e di altre centinaia nelle ore successive. In tutto
sono state 7 milioni le persone che soprattutto in Bielorussia, Russia ed
Ucraina hanno sofferto danni fisici e psichici dovuti agi effetti della
catastrofe. Le conseguenze dell’incidente, che ha provocato un danno ecologico
ed ambientale di proporzioni spaventose, si pagano ancora oggi. Nonostante il
dramma del 1986, la Centrale nucleare di Chernobyl, che ha iniziato la propria
attività nel 1977, è rimasta attiva fino al 2000 quando è stata definitivamente
chiusa in cambio di circa quattro mila miliardi di lire e la realizzazione di
due Centrali nucleari. (A.L.)
IN NEPAL INIZIERA’ DOMANI LA
TRATTATIVA TRA I RIBELLI MAOISTI
ED IL
GOVERNO DI KATMANDU PER GETTARE NEL PAESE NUOVE BASI PER UNA PACE DURATURA
KATMANDU. = Dopo lunghe esitazioni, si apriranno domani in
Nepal i colloqui di pace tra i ribelli maoisti e l’esecutivo di Katmandu. Il
cessate-il-fuoco era stato annunciato a sorpresa dai guerriglieri a gennaio, ma
la lunga attesa per la designazione del team
dei negoziatori del governo e divergenze sui temi prioritari da mettere in
agenda nei colloqui avevano messo a rischio il processo di pace. Domani,
finalmente, le parti si riuniranno intorno ad un tavolo per discutere i
passaggi politici necessari per cercare di porre definitivamente fine
all’insurrezione che da sette anni insanguina il Regno himalayano. I ribelli
chiedono la designazione di un governo ad interim e la convocazione di
un’Assemblea costituente per iniziare una battaglia politica che sostituisca
l’attuale monarchia costituzionale con una Repubblica. Il governo, strettamente
controllato dal re Gyanendra che ad ottobre dell’anno scorso con un colpo di
mano ha dimesso il precedente esecutivo, non ha intenzione di avviare un
processo di cambiamento così sostanziale. Dal 1996 ad oggi la ribellione
maoista ha causato oltre 7 mila morti, la grande maggioranza dei quali dopo il
fallimento nel 2001 di un primo tentativo di arrivare ad un trattato di pace.
(A.L.)
NELLE FILIPPINE IL VESCOVO DI MARBEL, MONS.
DINUALDO GUTIERREZ, HA CHIESTO
AL
GOVERNO DI MANILA UNA MORATORIA SUL COMMERCIO DELLE COLTIVAZIONI
GENETICAMENTE
MODIFICATE, FIN QUANDO NON SARANNO CERTI GLI EFFETTI
DEGLI
OGM SULLA SALUTE UMANA E SULL’AMBIENTE
MANILA.
= In una lettera indirizzata al ministro dell’Agricoltura filippino, Luis Lorenzo,
il vescovo di Marbel, mons. Dinualdo Gutierrez, ha chiesto al governo di Manila
“una moratoria sulla commercializzazione del granoturco geneticamente
modificato”. Secondo il presule, il governo di Manila dovrebbe provvedere a distribuire
ai contadini altri tipi di granaglie fino a quando non saranno chiariti gli
interrogativi sugli effetti degli ogm sulla salute umana e sull’ambiente.
"Speriamo e preghiamo affinché il Signore - ha affermato il vescovo Gutierrez
– illumini il ministro a compiere le migliori scelte possibili per il bene
degli agricoltori filippini". Il settore agricolo filippino sta infatti
attraversando un periodo di forte crisi a causa dell’introduzione di varianti
geneticamente modificate di granoturco, pianta capace di resistere agli
attacchi dei parassiti. Ma i problemi dell’agricoltura delle filippine non
vanno completamente ascritti alle tecniche di coltivazione. L’entrata di Manila
nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha costretto il Paese asiatico
ad accettare le leggi del libero mercato e ad abbattere ogni forma di protezionismo.
Una situazione, questa, che ha portato sul mercato filippino tonnellate di
prodotti agricoli, a minor costo e provenienti dagli Stati ricchi, che hanno
gravemente danneggiato le produzioni locali. (A.L.)
NELLA CITTÀ DI TOBA TEK SINGH, IN
PAKISTAN, CRISTIANI E MUSULMANI
SI SONO RECENTEMENTE UNITI PER PROTESTARE CONTRO
IL GOVERNO LOCALE
A CAUSA
DELLA MANCANZA D’ACQUA POTABILE
TOBA TEK
SINGH. = Il problema
dell’acqua potabile nei quartieri più poveri di Toba Tek Singh, città a
trecento chilometri a sud di Islamabad, diventa sempre più critico, tanto che
cristiani e musulmani si sono uniti recentemente in una marcia di protesta
contro il governo locale. L’iniziativa è stata organizzata da diverse Ong, tra
cui il Centro per lo sviluppo umano,
l’organismo fondato e diretto da padre Bonnie Mendes, parroco della chiesa di
Toba Tek Singh. Più di duecento persone hanno chiesto a gran voce “acqua
potabile”, sfilando e gridando slogan sotto l’Ufficio distrettuale. Il
responsabile istituzionale ha ricevuto una delegazione di musulmani e cattolici
ed ha garantito la soluzione del problema entro sessanta giorni. “Il nostro è
un ambiente malsano e chi ne sta facendo le spese sono soprattutto i bambini”
ha dichiarato il direttore del Centro, padre Atif Jamil Pagaan. “Le nostre
stime hanno rilevato un dato allarmante: più della metà della popolazione
locale non ha accesso all’acqua potabile e con l’estate che avanza e il
conseguente aumento delle temperatura, la situazione si fa ancor più critica”. (D.D.
– A.L.)
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26 aprile 2003
- A
cura di Paolo Ondarza e Stefano Cavallo -
Forti esplosioni hanno interessato stamani la periferia di
Baghdad. Si è trattato di razzi lanciati da assalitori non specificati contro
un deposito di armi. Le deflagrazioni hanno provocato la morte di quaranta
persone e il ferimento di diversi civili. All’episodio sono immediatamente
seguiti disordini che hanno visto centinaia di cittadini iracheni lanciare
pietre contro i soldati americani e cantare slogan filoislamici. Secondo la Tv satellitare del
Qatar, Al Jazira, potrebbero essere stati proprio i militari americani a
innescare le esplosioni. Ma ascoltiamo da Baghdad l’inviato di Avvenire Luca
Geronico che sta assistendo ai disordini.
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R. – Sono proprio davanti al cratere causato da uno dei
missili che ha colpito una casa. Questa abitazione si trovava a quattro
chilometri dal deposito di munizioni che è esploso. E abbiamo appena parlato
con un uomo che ha visto morire questa mattina cinque figli e un fratello;
gridava disperato di fronte ai microfoni delle televisioni di tutto il mondo:
“Abbiamo sofferto 35 anni sotto la dittatura ed ora continuiamo a soffrire in
questo modo. E’ questa la democrazia che ci volete portare?”. E poco dopo sono
arrivate sei bare, portate da una folla inferocita. Noi abbiamo visto, guidati
da un imam, marciare una quindicina di pullman di sciiti verso l’Hotel
Palestine, sede del comando americano, e urlavano “down Bush, down Bush”,
insultando veramente gli americani. Momenti, quindi di rabbia e di tensione.
Bisogna capire se questa sarà una scintilla che innescherà ripercussioni. Si
parla molto in questi giorni di un possibile revenchismo sciita: la
volontà di creare un nuovo Stato islamico su base sciita. E forse questo
episodio potrebbe scatenare all’interno dei movimenti fondamentalisti una sete
di rivalsa e dare il pretesto ad azioni politiche certo non concilianti. Ma
queste sono solo ipotesi al momento.
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Domani
due paesi sud americani si recheranno alle urne: l’Argentina, di cui ci
occuperemo più tardi in un approfondimento del nostro giornale, è chiamata ad
eleggere il nuovo Capo di Stato. Stesso impegno per i cittadini del Paraguay
che oltre al Capo di Stato dovranno nominare il nuovo Parlamento. Favorito è
l’ex ministro Nicanor Duarte, candidato del partito Colorado, al potere da 56
anni. Le consultazioni si svolgono in
un clima di profonda crisi economica.
Grande
successo a Cipro per l’iniziativa della Repubblica turca del nord dell’isola
che ha deciso di aprire, per la prima volta dopo 29 anni di rigida divisione, i
varchi di passaggio con la parte sud, quella greca. Ma con quanta
partecipazione i ciprioti stanno vivendo questi momenti? Risponde Gherardo La
Francesca, ambasciatore italiano a Cipro, al microfono di Fausta Speranza:
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R. – C’è chi è venuto via solo con le scarpe che aveva ai
piedi, lasciando tutto. Ci sono delle cronache anche toccanti da un punto di
vista umano, di chi è tornato ed ha ritrovato la casa dei suoi genitori
esattamente nelle condizioni in cui era 30 anni fa. Momenti di solidarietà
umana anche piuttosto belli. L’auspicio è che continui così. Certamente è
caduto un muro, si sono mescolate energie e fattori umani che sono stati
separati per 30 anni.
D. – Secondo lei, che cosa ha spinto Denktash in questi
giorni ad aprire le frontiere?
R. – È stata una decisione che ha colto tutti di sorpresa,
persino a livello governativo; la gente comune adesso è assorbita da quanto
avvenuto. Quali saranno le conseguenze? Dobbiamo riuscire a capire come queste
energie poi possano portare all’avvio di un processo per una soluzione.
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Quattro persone sono rimaste uccise nel Kashmir indiano
nell'attentato suicida attribuito a presunti estremisti islamici e commesso a
Srinagar, contro la sede dell'emittente radiotelevisiva statale.
L'organizzazione autodenominata 'Al Madina' ha rivendicato l'attacco.
Il
Parlamento del Burundi ha eletto ieri il nuovo vice-presidente del governo di
transizione: il tutsi Kadege. In base
agli accordi di pace di Arusha del 2000, le due etnìe hutu e tutsi, in guerra
tra loro dal 1993, si alternano al comando del Paese ogni 18 mesi.
Lanciata
stamani in direzione della stazione spaziale internazionale la capsula Soyuz con a bordo un equipaggio russo-americano di due persone
dal cosmodromo di Baikonur, nel Kazakhstan, in
direzione della stazione spaziale internazionale. Lo ha reso noto a
Mosca il centro di controllo. I due astronauti
porteranno sul braccio il simbolo del lutto per le sette vittime del
Columbia, il traghetto spaziale
americano disintegratosi nel febbraio scorso.
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