RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 116 - Testo della Trasmissione di sabato 26 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Appello di Giovanni Paolo II al presidente della Repubblica di Cuba dopo le tre condanne a morte e le altre pesanti pene inflitte a numerosi dissidenti.

 

Il diritto di testimoniare il Vangelo e la coerenza al Magistero ecclesiale: l’esortazione del Papa a tre gruppi di pellegrini ricevuti in udienza.

 

Messaggio del Santo Padre a Giuliana Cavallini, insignita della Targa d’onore dell’Angelicum.

 

Il cardinale Jozef Tomko, Inviato Speciale del Pontefice, il prossimo 28 giugno in Ucraina.

 

Domani in piazza San Pietro Cappella papale per la beatificazione di sei Servi di Dio: con noi la postulatrice di Eugenia Ravasco, suor Miranda Ruscitti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Una democrazia partecipata per l’Iraq: l’auspicio dell’arcivescovo Diarmuid Martin, ai nostri microfoni in chiusura della Commissione Onu per i diritti umani.

 

Cresce l’allarme nel mondo per la diffusione della Sars: ce ne parla Rainer Gluck.

 

L’Argentina alle urne per uscire dalla crisi: intervista con Maurizio Chierici.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa e la società guatemalteche ricordano la figura di mons. Juan Gerardi nel quinto anniversario della morte.

 

Si è svolta ieri a Roma la tavola rotonda sul tema “Don Giacomo Alberione: tutto il Cristo a tutto l’uomo con tutti i mezzi”.

 

Il mondo paga ancora oggi le conseguenze del disastro avvenuto 17 anni fa nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina.

 

Domani in Nepal inizierà la trattativa tra i ribelli ed il governo di Katmandu per gettare nel Paese nuove basi per una pace duratura.

 

Mons. Dinualdo Gutierrez, vescovo di Marbel nelle Filippine, ha chiesto al governo di Manila una moratoria sul commercio delle coltivazioni geneticamente modificate.

 

Nella città di Toba Tek Singh, in Pakistan, cristiani e musulmani si sono uniti per protestare contro il governo locale per la mancanza di acqua potabile.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Disordini alla periferia di Baghdad: esploso un deposito d’armi. Slogan antiamericani nelle grida dei cittadini.

 

Paraguay al voto domani per eleggere Presidente e Parlamento.

 

10 mila greco ciprioti in fila per varcare la linea verde che divide in due Cipro.

 

Ancora violenze nel Kashmir indiano attentato alla televisione di Stato.

 

Nominato il nuovo vice-presidente del governo di transizione in Burundi.

 

Partita la prima missione russo americana nello spazio dopo la tragedia del Columbia

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 aprile 2003

 

 

IN UNA LETTERA INVIATA ALL’AVANA IL 13 APRILE SCORSO,

L’APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II A FIDEL CASTRO

PERCHE’ CONCEDA CLEMENZA AI DISSIDENTI CUBANI,

DURAMENTE CONDANNATI NELLE SCORSE SETTIMANE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un Papa “profondamente addolorato” ha chiesto a Fidel Castro un “significativo gesto di clemenza” per il gruppo di dissidenti cubani ai quali, nelle scorse settimane, le autorità dell’Avana avevano comminato pesanti condanne “per gravi atti di terrorismo”, comprese tre condanne a morte eseguite per fucilazione l’11 aprile.

 

In una lettera al presidente cubano - inviata a nome del Papa il 13 aprile dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano - Giovanni Paolo II si dice “afflitto” per le “dure pene” inflitte a numerosi cittadini cubani e si appella a Fidel Castro perché consideri l’offerta di “un significativo gesto di clemenza” nei confronti dei condannati. “Nella certezza - afferma la lettera - che tale atto contribuirà a creare un clima di maggiore distensione a beneficio del caro popolo cubano” e nella convinzione - si legge ancora - “che solo un confronto sincero e costruttivo tra cittadini e autorità civile possa garantire la promozione di uno Stato moderno e democratico”, in una “Cuba più unita e fraterna”.

 

Contro l’arresto dei dissidenti e più ancora contro l’esecuzione dei tre cubani - fucilati dopo un giudizio sommario per aver tentato il dirottamento di un traghetto che li avrebbe condotti negli Stati Uniti - erano insorti, lo stesso 11 aprile, i vescovi dell’isola caraibica. In una nota del loro Comitato permanente, i presuli avevano definito “un grave motivo di preoccupazione” le condanne “a lunghi anni di prigione, imposte a numerosi oppositori politici”. Chiediamo “si fermi la spirale autoritaria e repressiva”, concludevano i vescovi cubani, perché “libertà e pluralismo possano diventare finalmente realtà per la crescita democratica della società cubana”.

 

Nonostante l’appello del Papa e dei vescovi dell’Avana e le numerose reazioni negative della comunità internazionale, Fidel Castro ha ulteriormente inasprito la propria posizione. E’ di ieri il suo ultimo attacco contro gli Stati Uniti, accusati da Castro di voler provocare fughe di massa dall’Isola e un”conflitto armato” con Cuba.

 

 

TESTIMONI DEL VANGELO E DEL MAGISTERO NELLA CHIESA E NELLA SOCIETA’.

L’ESORTAZIONE DEL PAPA A TRE GRUPPI DI PELLEGRINI RICEVUTI IN UDIENZA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Il diritto di testimoniare il Vangelo, proprio del cristiano di ogni età, il dovere della coerenza in ogni ambiente sociale. Nella vita domestica e professionale, nello svago, in quella di impegno ecclesiale. Giovanni Paolo II lo ha ricordato oggi, con accenti diversi, accogliendo in Aula Paolo VI tre gruppi provenienti da varie regioni d’Italia, dalla Spagna e dalla Polonia. Gruppi distinti nei rispettivi cammini sociali e di fede, ma uniti dal richiamo del Pontefice a servire Cristo in qualsiasi circostanza.

 

Ai circa 800 pellegrini spagnoli, e ai loro familiari, appartenenti all’esecutivo della “Fundacion Banco Bilbao Vizcaya Argentaria”, il Papa ha rammentato il valore fondamentale di ogni impresa commerciale o imprenditoriale: quello di non badare esclusivamente al lucro, ma di avere cura per gli aspetti etici di un lavoro che deve prima di tutto essere “responsabile”. Per questo, “vi invito - ha affermato il Pontefice - a fare delle vostre imprese vere comunità di persone che cercano il soddisfacimento dei propri interessi economici nel segno dei principi basilari della giustizia e della solidarietà”.

 

A dieci anni di distanza dalla richiesta rivolta ai vescovi, l’Azione cattolica è ormai una realtà stabile in Polonia, ha riconosciuto Giovanni Paolo II rivolgendosi agli oltre 1200 connazionali. In quella che è e resta “una forma attiva di partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa”, il Papa ha messo in risalto il diritto-dovere degli appartenenti all’Azione cattolica di “portare il Vangelo” all’uomo contemporaneo e “di accendere la fede in coloro che si allontanano da Dio”. Un impegno questo, affiancato da un altro dovere: quello di “formare la propria spiritualità”. Anche agli scout dell’Agesci - 300 quelli presenti oggi in Aula Paolo VI - la “Chiesa guarda con tanta speranza”, ha affermato il Pontefice. Ai giovani, perché compiono un cammino educativo “che affascina”, e agli adulti che, in quanto educatori, hanno la responsabilità di trasmettere “con l’esempio e la parola i valori evangelici”:

 

“Vorrei concludere esortandovi a non far mancare all'affascinante attività scoutistica il quotidiano nutrimento dell'ascolto della Parola di Dio, della preghiera e di un'intensa vita sacramentale. Sono queste le condizioni favorevoli per fare dell'esistenza un dono agli altri e un itinerario sicuro verso la santità”.

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CON IMPEGNO INSTANCABILE HA DIFFUSO

IL PENSIERO DI SANTA CATERINA DA SIENA: UN MESSAGGIO DEL PAPA

ALLA PROFESSORESSA GIULIANA CAVALLINI,

INSIGNITA DELLA TARGA D’ONORE DELL’ANGELICUM

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Devota figlia spirituale di Santa Caterina, ne ha “illustrato la ricchezza dottrinale”, investendo le proprie “energie intellettuali e spirituali a gloria del Signore”. Così, Giovanni Paolo II esprime l’apprezzamento per il lavoro svolto, negli anni, dalla professoressa Giuliana Cavallini della Congregazione delle Missionarie della Scuola, fondata dalla Serva di Dio, madre Luigia Tincani. In un messaggio indirizzato alla studiosa, il Papa si felicita per la consegna della Targa d’onore dell’Angelicum da parte del Senato accademico della Pontificia Università di San Tommaso, in occasione del Simposio europeo sulla Santa senese, Patrona d’Europa. Il Pontefice si sofferma sull’ “instancabile attività culturale e scientifica” profusa dalla professoressa Cavallini in qualità di direttrice del Centro nazionale di Studi Cateriniani. Un impegno che ha “varcato i confini dell’Italia, suscitando vasta eco e crescente apprezzamento in vari Paesi”.

 

 

IL CARDINALE TOMKO INVIATO SPECIALE DEL SANTO PADRE IN UCRAINA

 

Il Santo Padre ha nominato il cardinale Jozef Tomko, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi eucaristici internazionali, suo Inviato speciale alla cerimonia di traslazione delle reliquie del beato vescovo Teodor Romzha, che avrà luogo a Užhorod in Ucraina, il 28 giugno 2003.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza anche mons. Giuseppe Leanza, arcivescovo titolare di Lilibeo, nunzio apostolico in Bulgaria; la signora Nina Kovalska, ambasciatrice di Ucraina, in visita di congedo; la signora Blanca Elida Zuccolillo de Rodriguez Alcalá, ambasciatore del Paraguay, in visita di congedo; e il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi.

 

Stamane il Papa ha inoltre nominato: nunzio apostolico in Argentina mons. Adriano Bernardini, arcivescovo titolare di Faleri, finora nunzio apostolico in Thailandia, in Singapore e in Cambogia, e delegato apostolico in Myanmar, in Laos, in Malaysia e in Brunei; amministratore apostolico “sede plena” dell’arcidiocesi di Hanoi, in Vietnam, mons. Joseph Ngô Quang Kiêt, vescovo di Lang Són et Cao Bang.

 

 

DOMANI IN PIAZZA SAN PIETRO IL PAPA PROCLAMA BEATI GIACOMO ALBERIONE,

MARCO D’AVIANO, MARIA DOMENICA MANTOVANI, GIULIA SALZANO,

CRISTINA BRANDO ED EUGENIA RAVASCO,

FONDATRICE DELLE SUORE FIGLIE DEI SACRI CUORI DI GESU’ E MARIA

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Eugenia Ravasco è nata a Milano nel 1845 ma è vissuta ed ha operato soprattutto a Genova, dove è morta il 30 dicembre 1900. Si colloca quindi in un periodo molto teso dal punto di vista delle ideologie nuove, emergenti, e la sua missione è stata quella di fare il bene per amore del Cuore di Gesù, secondo la chiamata ricevuta a 18 anni nella chiesa di Santa Sabina a Genova, dove era entrata per puro caso e dove, ascoltando le parole di un ardente missionario, il servo di Dio don Giacinto Bianchi, venne colpita dall’invito lanciato da questo sacerdote che aveva espressamente detto: ‘Non c’è proprio nessuno tra voi che voglia dedicarsi a fare del bene per amore del Cuore di Gesù?’. Eugenia sentì nel suo cuore che quella era la Parola per lei. Qual è stato poi lo sviluppo della sua vita? Lo abbiamo chiesto alla postulatrice della Causa di Beatificazione, suor Miranda Ruscitti:

 

R. – Ha iniziato subito con la sua parrocchia, la chiesa del Carmine, insieme alle altre giovani laiche catechiste. Ha cominciato con il catechismo e poi si è presa cura delle bambine povere di Genova che riceveva nella sua casa per insegnare loro non soltanto il segno della Croce, ma anche a leggere ed a scrivere ed un’attività per potersi guadagnare da vivere. Poi, ha puntato tutto sull’educazione e la formazione cristiana dei giovani di ogni ceto sociale, di ogni età e, quindi, di fatto è un’apostola, un’educatrice della gioventù.

 

D. – Il carisma specifico che ha lasciato al vostro istituto?

 

R. – Dal punto di vista della spiritualità, il carisma di Madre Eugenia si colloca nel filone del culto al Cuore di Gesù che le ha rivelato l’amore del Padre per l’umanità. Dal Cuore di Gesù – lei diceva – ci è venuto ogni bene, un Cuore che fu squarciato per noi sulla croce, per nostro amore, perché noi intendessimo l’infinita carità da cui siamo stati salvati. Quindi il suo messaggio è credere nell’amore forte di Dio per ogni uomo, questo Dio che si prende cura di noi con affetto più tenero della più affettuosa delle madri. Quindi, l’amore di Dio dev’essere il faro, la luce, la guida delle azioni e deve diventare segno e testimonianza per quelli che ci circondano.

 

D. – Oggi quante siete, dove siete?

 

R. – Siamo 400 e siamo diffuse in Italia, in piccole presenze ma significative e, dal 1950, accogliendo l’invito di Pio XII, abbiamo iniziato l’attività in America Latina: quindi siamo in Messico, Venezuela, Bolivia, Colombia, Brasile, Argentina e Paraguay.

 

D. – E cosa fate?

 

R. - La catechesi, l’animazione parrocchiale, gruppi giovanili, prevalentemente educazione scolastica e formativa, attraverso anche associazioni e attività volte alla promozione della donna, che è uno degli aspetti specifici del carisma di Eugenia Ravasco.

 

D. – Sarete in tante alla beatificazione?

 

R. - Pensiamo di essere un grande numero anche se quelli che devono venire dall’America Latina hanno delle difficoltà per venire in Italia, soprattutto a motivo delle situazioni politiche proprie di ogni Stato dell’America Latina, particolarmente critiche in questo momento.

 

D. – Dove si trova la tomba della fondatrice?

 

R. – A Genova, presso la Casa Madre dell’Istituto, dove proprio di recente è stata effettuata la ricognizione della salma e la sua nuova sistemazione.

 

La cerimonia di beatificazione sarà seguita dalla nostra emittente, a partire dalle 9.50, con il commento in italiano per l’Italia e la zona di Roma, e in tedesco per l’Europa occidentale e la zona di Roma, sulle onde corte, le onde medie e la modulazione di frequenza; nonché, solo via satellite, in spagnolo per l’America Latina e in portoghese per il Brasile. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l’appello del Papa al presidente della Repubblica di Cuba, in riferimento alle pesanti condanne inflitte ad un significativo gruppo di dissidenti cubani, fra cui tre condanne a morte; all’interno, la Lettera del segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, in cui si esprime il “profondo dolore” del Santo Padre ed in cui si chiede al presidente della Repubblica di Cuba un “significativo gesto di clemenza per i condannati”.

Sempre in prima, il richiamo della concelebrazione eucaristica di domani in cui saranno proclamati sei nuovi Beati.

 

Nelle pagine vaticane, il discorso del Papa in occasione dell’udienza all’Agesci, ad un gruppo di dirigenti spagnoli e al pellegrinaggio dell’Azione cattolica polacca. Il titolo al discorso è: “Il diritto e i dovere di accendere la fede nell’uomo contemporaneo”.

Il messaggio di Giovanni Paolo II alla professoressa Giuliana Cavallini, delle Missionarie della Scuola.

Concluse le celebrazioni del primo centenario del martirio di Santa Maria Goretti: l’omelia del cardinale Angelo Sodano durante la celebrazione della Messa nel Santuario di Nettuno.

 

Nelle pagine estere, l’intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, a Ginevra, sul tema: “I lavoratori migranti nell’odierna ‘era’ della globalizzazione”.

Iraq: morti e feriti in seguito ad un attacco contro un deposito di armi alla periferia adi Baghdad; l’Unhcr annuncia un piano per favorire il rientro in patria di 500 mila esuli iracheni.

Polmonite atipica: i Paesi asiatici concordano le misure di prevenzione.

Allarme dell’Organizzazione mondiale della Sanità: in Africa, la malaria uccide ogni giorno 3 mila bambini.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Ferdinando Montuschi dal titolo: “Protagonismo vuoto per una curiosità morbosa”: una trasmissione televisiva inutile, ambigua e parassitaria.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i risvolti legati alla ricorrenza del 25 aprile.

Virus Sars: effettuati i primi test.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 aprile 2003

 

 

UNA VERA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA PER L’IRAQ: E’ L’AUSPICIO DELL’ARCIVESCOVO DIARMUID MARTIN,

OSSERVATORE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA,

 DOVE IERI HA CONCLUSO I SUOI LAVORI LA COMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Accompagnata dalle critiche accese delle organizzazioni non governative, si è conclusa ieri a Ginevra la 59.ma sessione della Commissione Onu per i diritti umani. Sei settimane di dibattito, che secondo Amnesty International avrebbero dimostrato “l’incapacità di tutelare le vittime delle violazioni”, come dimostrano i casi di Cuba e Cecenia. La sessione – iniziata il 17 marzo scorso – è stata dominata dai drammatici sviluppi della crisi irachena. Dal canto suo, il segretario generale dell’Onu - intervenendo alla Commissione - ha auspicato che la fine della dittatura in Iraq sia l’inizio di “una nuova era per i diritti umani” in quel Paese. Proprio dalle parole di Kofi Annan, muove il ragionamento dell’arcivescovo Diarmuid Martin, osservatore vaticano all’Ufficio Onu di Ginevra, che in questa intervista affronta i molteplici aspetti e risvolti della guerra in Iraq:

 

R. - Prima di tutto il segretario generale ha indicato alcune responsabilità riguardanti la situazione attuale: la protezione del diritto umanitario ed il mantenimento dell’ordine, che spetta ai Paesi che occupano l’Iraq in questo momento. Bisogna, però, muovere rapidamente alla costruzione di una vera democrazia partecipativa e cominciare a dare l’assistenza necessaria per avere un sistema di leggi, un sistema di Polizia per l’applicazione e di una Magistratura per la verifica di tutto questo. Poi, una grande campagna di educazione alla vera democrazia, che richiede anche la tolleranza verso i diversi gruppi all’interno del Paese. La democrazia non si costruisce con degli slogan. Sarà un lavoro difficile, però sono convinto che la popolazione stessa dell’Iraq vuole assumere questo ruolo, come il Santo Padre ha notato nel suo messaggio per la Domenica di Pasqua. Spetta a loro e il ruolo della comunità internazionale è di facilitare la vera sovranità del popolo dell’Iraq, sul territorio e sulla gestione della vita e dei beni del Paese. 

 

D. – C’è il rischio che gli avvenimenti in Iraq distolgano l’attenzione dalle altre emergenze umanitarie, come quella del Congo, dove centinaia di persone sono state massacrate negli ultimi giorni nella quasi totale indifferenza dell’opinione pubblica mondiale ?

 

R. – Questo è il grande problema, perché sono poche le situazioni che attirano l’attenzione. Il Papa, in primo luogo, ha sempre detto di non dimenticare le altre emergenze. Purtroppo, nel mondo di oggi ogni tanto si parla di una nuova iniziativa per l’Africa e poi si comincia a dimenticare. Il segretario generale ha accennato al fatto che forse alcune persone hanno addirittura approfittato dell’attenzione dei mass media sull’Iraq per compiere delle violazioni di diritti umani in Africa. Bisogna indagare e portare alla luce tali situazioni. Questa è una sfida per le comunità delle Nazioni, ossia di non lasciarsi dominare dalle questioni di attualità e di affrontare le tensioni più gravi. Tensioni, per esempio, tra la protezione dei diritti sociali ed economici ed altri diritti. Lamentare il fatto che non ho il diritto di voto non vale molto se i miei figli hanno fame e non hanno accesso all’acqua. Sono cose che vanno insieme. Bisogna affrontare queste disuguaglianze inaccettabili e affrontare le radici di queste disuguaglianze tempestivamente.

 

D. – Il conflitto in Iraq ha messo a dura prova la tenuta del sistema delle Nazioni Unite. Da dove si deve ripartire per sanare le ferite e dare nuova spinta all’autorevolezza dell’Onu, specie nella battaglia per la difesa e la promozione dei diritti umani?

 

R. – Non c’è dubbio che il fatto che sia cominciata una guerra, senza il consenso esplicito del Consiglio di sicurezza, ha creato delle nuove tensioni all’interno del sistema delle Nazioni Unite. Tuttavia, anche le persone che criticano più aspramente le Nazioni Unite, dicono che ci sono delle cose che l’Onu fa bene, come nel campo degli aiuti umanitari. Direi anche, cosa importante che emerge guardando il lavoro dell’ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani, le Nazioni Unite fanno molto bene i programmi di assistenza tecnica per creare le strutture nazionali per la difesa dei diritti umani. Credo che questo sia il lavoro più importante delle Nazioni Unite: non solamente di criticare, ma costruire quella cultura dei diritti umani che ispira i meccanismi. Non c’è dubbio che le popolazioni desiderano questo.

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SI ALLUNGA OGNI GIORNO LA LISTA DEI PAESI E DEI DECESSI

DOVUTI ALLA POLMONITE ATIPICA

- Intervista con Rainer Gluck -

 

Cresce l’allarme nel mondo per la diffusione della Sars, la cosiddetta polmonite atipica. Nell’epicentro asiatico ieri si registravano ancora decessi. Altri 5 morti in Cina e altri 180 casi. Altri sei morti ad Hong Kong e due a Singapore. Intanto la conferma delle Filippine: rientrano nell’infezione di polmonite atipica le due persone morte e le due infettate di cui si era parlato con dubbio nei giorni scorsi.  In ogni caso, mentre si affacciano presunti nuovi casi sospetti in Francia, Irlanda, Lituania e Bulgaria, l’Oms dà segnali di speranza affermando che se si interviene in modo tempestivo ed aggressivo contro il virus se ne può bloccare la diffusione. Per saperne di più Fausta Speranza ha intervistato il prof. Rainer Gluck, virologo e consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

 

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R. – Devo dire che fino a due settimane fa tanto allarme mi sembrava un po’ esagerato. Poi siamo arrivati ad una cifra di ammalati che in poco tempo supererà i 5 mila, e questo rappresenta un pericolo. Comincia a diventare difficile da controllare. Non ci sono medicine.

 

D. – Professore, mette a fuoco quale sia l’elemento più preoccupante …

 

R. – E’ preoccupante che il virus non attacca solo i più deboli, cioè persone con un sistema immunitario debilitato. Attacca tutti, i giovani, gli anziani. Non muoiono solo i più deboli. Muore il 4-5 per cento degli ammalati: sia i giovani e sia gli anziani. La seconda cosa preoccupante è che il virus sembra più stabile di quanto pensassimo. Sembra che possa sopravvivere fuori dell’uomo almeno 24 ore e questo è molto preoccupante. Inoltre non sappiamo esattamente come infetti le persone e come si può frenare.

 

D. – Secondo le ultime agenzie, il virus rallenta in Asia e l’Organizzazione Mondiale della Sanità comincia a sperare. Anche oggi però ci sono notizie di morti. Questo spiraglio di speranza, dove è riposto?

 

R. – E’ importante avere speranza e non drammatizzare altrimenti creiamo isteria, che fa crollare poi l’economia e tutto il resto. L’unica cosa che dico è di prendere sul serio questo problema, specialmente noi studiosi, responsabili di sviluppare un vaccino, dobbiamo concentrarci per avere al più presto possibile un vaccino. Queste epidemia vanno ad ondate: aumentano, poi frenano, poi esplodono di nuovo. Delle cifre e delle tendenze ancora non possiamo dire niente.

 

D. – Professor Gluck, lei è impegnato personalmente, ci dice qualcosa della collaborazione tra gli Istituti di ricerca nel mondo?

 

R. – E’ ottimale e molto ben coordinata, specialmente tra la maggiore struttura statunitense e l’Organizzazione mondiale della sanità di Ginevra. Collaborano molto bene. Non ci sono barriere di brevetti o discussioni del genere. C’è una distribuzione di materiale e di know how fantastico. Questo è importante. Anche noi qui a Berna abbiamo cambiato tutti i programmi. Tutti lavorano praticamente su questa problematica. E’ l’unica difesa che abbiamo.

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L’ARGENTINA ALLE URNE PER USCIRE DALLA CRISI:

DOMANI IL PRIMO TURNO DELLE PRESIDENZIALI,

IN UN CLIMA DI GRANDE INCERTEZZA

- Intervista con Maurizio Chierici -

 

Immersa in una profonda instabilità politica ed in una crisi economica di difficile soluzione, l’Argentina è attesa domani alle urne per eleggere il nuovo presidente. Al voto sono chiamati 25 milioni e 700 mila cittadini, ancora piuttosto divisi sui candidati: due ex capi di Stato – Carlos Menem, al potere dal 1989 al 1999, ed Adolfo Rodríguez Saa, alla guida del Paese per una settimana nel dicembre 2001 – ed altri tre politici: Ricardo López Murphy, Elisa Carrió e Nestor Kirchner. A differenza delle precedenti consultazioni, in cui fu sufficiente un turno per eleggere il capo dello Stato, questa volta sul voto regna l’incertezza, e si dovrà probabilmente ricorrere al ballottaggio del 18 maggio. Lo conferma Maurizio Chierici, esperto di America Latina, nell’intervista di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Il ballottaggio è incerto tra i tre peronisti – Menem, Kirchner ed Adolfo Saa – e López Murphy, che rappresenta le grandi famiglie ed un possibile riscatto per il mondo militare. La sua appartenenza ad una destra conservatrice estremamente dura scoraggia i radicali ed una parte dei cattolici: piuttosto che votare per Menem o Murphy, probabilmente daranno la preferenza a Kirchner, un peronista un po’ sbiadito ed onesto, che non ha avuto molte occasioni di cadere nella corruzione.

 

D. – Tra le note da segnalare c’è, appunto, questo ritorno del peronista Menem, dopo dieci anni passati alla guida dell’Argentina. L’ex presidente, tra l’altro, si dice certo di vincere ...

 

R. – Menem ha messo in piedi in dieci anni una macchina elettorale formidabile e può contare su un gruppo di consensi televisivi, radiofonici e nei giornali. Formalmente è a posto, non esistono conflitti d’interesse; in pratica, controlla molte cose. Ha perso potere, e ciò ha fatto emergere le ultime crepe: ha trascorso sette mesi in galera per avere venduto clandestinamente armi a Croazia ed Ecuador, che avevano l’embargo. Io credo che non abbia nessuna possibilità di vincere, anche se andrà sicuramente al ballottaggio, perché la sua organizzazione è solida. Però, il 62 per cento degli argentini non si fida più di lui.

 

D. – Nell’ultimo periodo, l’Argentina ha cambiato quattro presidenti: a cosa si deve questa instabilità politica?

 

R. – L’Argentina è un Paese borghese, l’unica borghesia latinoamericana: un Paese di piccola e media borghesia che si trova in questa situazione economica per tante ragioni. Tra queste, anche lo stesso carattere della gente, convinta che le cose sarebbero prima o poi cambiate. Al contrario, la disattenzione nei confronti dei potenti ha portato al fatto che adesso non c’è più nulla. Oggi l’unica struttura seria che esiste in Argentina è la Caritas di mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto, che riesce a tenere in piedi due milioni-due milioni e mezzo di pasti al giorno, non spendendo nulla più del necessario. Dell’aspetto umanitario si occupa anche la moglie di Duhalde, che il presidente ha nominato una sorta di ministro per l’assistenza. Ma mentre, per fare un esempio, con 100 lire mons. Casaretto distribuisce 80 minestre, la signora Duhalde ne distribuisce 30. Ecco perché la Chiesa è un elemento equilibrante nella politica argentina. Ha addirittura cercato di organizzare una tavola rotonda di riconciliazione nazionale contro la corruzione, ma purtroppo non c’è riuscita.

 

D. – Disoccupazione altissima, debito enorme: l’Argentina è un Paese economicamente in ginocchio. Quali prospettive può avere?

 

R. – Non so quali prospettive possa avere, anche se i conti stanno lentamente migliorando. Il problema vero è che quando le multinazionali – oppure gli stranieri che avevano privatizzato l’industria – hanno visto il fallimento argentino, se ne sono scappati, mollando le fabbriche. Così, alcune aziende – soprattutto in settori come il tessile – sono state autogestite dalle donne e dai sindacati: si sono dati stipendi minori, insomma, hanno fatto le cose sul serio, e le fabbriche ora vanno benissimo. Adesso accade invece che i vecchi e legittimi proprietari cercano di rientrare, e si verificano continuamente scontri di polizia, feriti: in settimana c’è stato anche un morto. Quindi, siamo in un periodo di grandi contestazioni, anche nei settori in cui le cose vanno meglio. E comunque, il problema vero è questo: Menem ha trasformato un Paese industriale in un Paese finanziario, e la finanza nel mondo ha un andamento instabile. In assenza di una vera e propria produzione industriale, il futuro dell’economia argentina è a rischio.

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CHIESA E SOCIETA’

26 aprile 2003

 

 

IN GUATEMALA SONO STATE ORGANIZZATE NUMEROSE INIZIATIVE

PER COMMEMORARE LA FIGURA DI MONS. JUAN GERARDI,

IL VESCOVO AUSILIARE DELLA CAPITALE CHE CINQUE ANNI FA

VENNE BARBARAMENTE UCCISO NELLA SUA PARROCCHIA SAN SEBASTIAN

 

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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CITTA’ DEL GUATEMALA. = La Chiesa e la società guatemalteche hanno ricordato la figura di mons. Juan Gerardi, nel quinto anniversario della morte, con numerosi atti e cerimonie cominciati il 15 aprile scorso. Le commemorazioni culminano oggi con un’eucaristia celebrata dall’arcivescovo della capitale, mons. Rodolfo Quezada Toruño, con una processione dalla cattedrale alla chiesa di San Sebastian dove è prevista una veglia di preghiera. Per l’assassinio di mons. Gerardi che aveva realizzato un esplosivo rapporto sulla violazione dei rapporti umani durante i 36 anni di guerra civile e che chiamava in causa le Forze armate guatemalteche si trovano in carcere due ufficiali dell’Esercito ed un sacerdote. Un altro accusato, lo specialista Obdulo Villanueva, è stato invece ucciso in carcere due mesi fa. Quattro giorni fa, nella parrocchia di San Sebastian, è stata organizzata tra l’altro una mostra sul tema: “Testimoni della fede della Chiesa cattolica”. Il direttore dell’ufficio dei diritti umani dell’arcidiocesi, ha segnalato per parte sua che queste commemorazioni hanno permesso di mantenere viva la memoria del vescovo e delle vittime del conflitto armato interno con il proposito di fare tesoro della storia ed impedire che mai simili fatti tornino a ripetersi.

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SI E’ SVOLTA IERI A ROMA LA TAVOLA ROTONDA SUL TEMA “DON GIACOMO ALBERIONE: TUTTO IL CRISTO A TUTTO L’UOMO CON TUTTI I MEZZI”. NELL’INCONTRO IL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI,

MONS. JOHN FOLEY, HA ESALTATO IL RAPPORTO TRA IL FONDATORE DELLA FAMIGLIA PAOLINA ED I MEDIA

 

ROMA. = “L’Eucaristia, il Vangelo, il Papa ed i nuovi mezzi di comunicazione gli si fissarono così nella mente e nel cuore, che poi ne dominarono i pensieri, la preghiera, il lavoro interiore e le aspirazioni”. Con queste parole l’arcivescovo John Foley, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, ha ricordato ieri a Roma la figura di don Giacomo Alberione, il fondatore della famiglia paolina che domani sarà proclamato beato. Intervenendo nella tavola rotonda sul tema “Don Giacomo Alberione: tutto il Cristo a tutto l’uomo con tutti i mezzi”, mons. Foley ha ricordato l’importanza che i mezzi di comunicazione possono assumere nel processo di evangelizzazione. “La vita di don Alberione – ha detto il presule – ci insegna che usando i media nel servizio al Vangelo dobbiamo essere Santi, altrimenti saremo come ottoni che suonano e cembali che tintinnano”. Passando in rassegna i diversi mezzi di comunicazione, il presule ha sottolineato come oggi la televisione possa offrire alla Chiesa cattolica un grande contributo grazie alla “telegenia” della liturgia. “Ma anche la radio – ha aggiunto – offre grandi vantaggi per il suo rapporto intimistico che può instaurare con l’ascoltatore”. Tra le nuove tecnologie, Internet, emblematica metafora del fenomeno della globalizzazione, rappresenta secondo mons. Foley il mezzo più innovativo per la sua capacità di connettere in rete il mondo intero. “Se la nostra parrocchia è il mondo – ha concluso il presule – allora il primo messaggio deve essere la vita trasformata nel Vangelo”. (A.L.)

 

 

SONO PASSATI DICIASSETTE ANNI DALL’INCIDENTE AVVENUTO

NELLA CENTRALE NUCLEARE DI CHERNOBYL, IN UCRAINA.

IL MONDO PAGA ANCORA OGGI LE CONSEGUENZE DI QUEL TERRIBILE DISASTRO

 

CHERNOBYL. = Diciassette anni fa, nella notte tra il 25 ed il 26 aprile del 1986, il reattore numero 4 della Centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose in seguito ad un intervento per realizzare un test sperimentale. Fu l'inizio di un disastro che ha provocato la morte immediata di 31 persone e di altre centinaia nelle ore successive. In tutto sono state 7 milioni le persone che soprattutto in Bielorussia, Russia ed Ucraina hanno sofferto danni fisici e psichici dovuti agi effetti della catastrofe. Le conseguenze dell’incidente, che ha provocato un danno ecologico ed ambientale di proporzioni spaventose, si pagano ancora oggi. Nonostante il dramma del 1986, la Centrale nucleare di Chernobyl, che ha iniziato la propria attività nel 1977, è rimasta attiva fino al 2000 quando è stata definitivamente chiusa in cambio di circa quattro mila miliardi di lire e la realizzazione di due Centrali nucleari. (A.L.)

 

 

IN NEPAL INIZIERA’ DOMANI LA TRATTATIVA TRA I RIBELLI MAOISTI

ED IL GOVERNO DI KATMANDU PER GETTARE NEL PAESE NUOVE BASI PER UNA PACE DURATURA

 

KATMANDU. = Dopo lunghe esitazioni, si apriranno domani in Nepal i colloqui di pace tra i ribelli maoisti e l’esecutivo di Katmandu. Il cessate-il-fuoco era stato annunciato a sorpresa dai guerriglieri a gennaio, ma la lunga attesa per la designazione del team dei negoziatori del governo e divergenze sui temi prioritari da mettere in agenda nei colloqui avevano messo a rischio il processo di pace. Domani, finalmente, le parti si riuniranno intorno ad un tavolo per discutere i passaggi politici necessari per cercare di porre definitivamente fine all’insurrezione che da sette anni insanguina il Regno himalayano. I ribelli chiedono la designazione di un governo ad interim e la convocazione di un’Assemblea costituente per iniziare una battaglia politica che sostituisca l’attuale monarchia costituzionale con una Repubblica. Il governo, strettamente controllato dal re Gyanendra che ad ottobre dell’anno scorso con un colpo di mano ha dimesso il precedente esecutivo, non ha intenzione di avviare un processo di cambiamento così sostanziale. Dal 1996 ad oggi la ribellione maoista ha causato oltre 7 mila morti, la grande maggioranza dei quali dopo il fallimento nel 2001 di un primo tentativo di arrivare ad un trattato di pace. (A.L.)

 

 

NELLE FILIPPINE IL VESCOVO DI MARBEL, MONS. DINUALDO GUTIERREZ, HA CHIESTO

AL GOVERNO DI MANILA UNA MORATORIA SUL COMMERCIO DELLE COLTIVAZIONI

GENETICAMENTE MODIFICATE, FIN QUANDO NON SARANNO CERTI GLI EFFETTI

DEGLI OGM SULLA SALUTE UMANA E SULL’AMBIENTE

 

MANILA. = In una lettera indirizzata al ministro dell’Agricoltura filippino, Luis Lorenzo, il vescovo di Marbel, mons. Dinualdo Gutierrez, ha chiesto al governo di Manila “una moratoria sulla commercializzazione del granoturco geneticamente modificato”. Secondo il presule, il governo di Manila dovrebbe provvedere a distribuire ai contadini altri tipi di granaglie fino a quando non saranno chiariti gli interrogativi sugli effetti degli ogm sulla salute umana e sull’ambiente. "Speriamo e preghiamo affinché il Signore - ha affermato il vescovo Gutierrez – illumini il ministro a compiere le migliori scelte possibili per il bene degli agricoltori filippini". Il settore agricolo filippino sta infatti attraversando un periodo di forte crisi a causa dell’introduzione di varianti geneticamente modificate di granoturco, pianta capace di resistere agli attacchi dei parassiti. Ma i problemi dell’agricoltura delle filippine non vanno completamente ascritti alle tecniche di coltivazione. L’entrata di Manila nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha costretto il Paese asiatico ad accettare le leggi del libero mercato e ad abbattere ogni forma di protezionismo. Una situazione, questa, che ha portato sul mercato filippino tonnellate di prodotti agricoli, a minor costo e provenienti dagli Stati ricchi, che hanno gravemente danneggiato le produzioni locali. (A.L.)

 

 

NELLA CITTÀ DI TOBA TEK SINGH, IN PAKISTAN, CRISTIANI E MUSULMANI

 SI SONO RECENTEMENTE UNITI PER PROTESTARE CONTRO IL GOVERNO LOCALE

A CAUSA DELLA MANCANZA D’ACQUA POTABILE

 

TOBA TEK SINGH. = Il problema dell’acqua potabile nei quartieri più poveri di Toba Tek Singh, città a trecento chilometri a sud di Islamabad, diventa sempre più critico, tanto che cristiani e musulmani si sono uniti recentemente in una marcia di protesta contro il governo locale. L’iniziativa è stata organizzata da diverse Ong, tra cui il Centro per lo sviluppo umano, l’organismo fondato e diretto da padre Bonnie Mendes, parroco della chiesa di Toba Tek Singh. Più di duecento persone hanno chiesto a gran voce “acqua potabile”, sfilando e gridando slogan sotto l’Ufficio distrettuale. Il responsabile istituzionale ha ricevuto una delegazione di musulmani e cattolici ed ha garantito la soluzione del problema entro sessanta giorni. “Il nostro è un ambiente malsano e chi ne sta facendo le spese sono soprattutto i bambini” ha dichiarato il direttore del Centro, padre Atif Jamil Pagaan. “Le nostre stime hanno rilevato un dato allarmante: più della metà della popolazione locale non ha accesso all’acqua potabile e con l’estate che avanza e il conseguente aumento delle temperatura, la situazione si fa ancor più critica”. (D.D. – A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 aprile 2003

 

 

- A cura di Paolo Ondarza e Stefano Cavallo -

 

Forti esplosioni hanno interessato stamani la periferia di Baghdad. Si è trattato di razzi lanciati da assalitori non specificati contro un deposito di armi. Le deflagrazioni hanno provocato la morte di quaranta persone e il ferimento di diversi civili. All’episodio sono immediatamente seguiti disordini che hanno visto centinaia di cittadini iracheni lanciare pietre contro i soldati americani e cantare slogan filoislamici. Secondo la Tv satellitare del Qatar, Al Jazira, potrebbero essere stati proprio i militari americani a innescare le esplosioni. Ma ascoltiamo da Baghdad l’inviato di Avvenire Luca Geronico che sta assistendo ai disordini. 

 

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R. – Sono proprio davanti al cratere causato da uno dei missili che ha colpito una casa. Questa abitazione si trovava a quattro chilometri dal deposito di munizioni che è esploso. E abbiamo appena parlato con un uomo che ha visto morire questa mattina cinque figli e un fratello; gridava disperato di fronte ai microfoni delle televisioni di tutto il mondo: “Abbiamo sofferto 35 anni sotto la dittatura ed ora continuiamo a soffrire in questo modo. E’ questa la democrazia che ci volete portare?”. E poco dopo sono arrivate sei bare, portate da una folla inferocita. Noi abbiamo visto, guidati da un imam, marciare una quindicina di pullman di sciiti verso l’Hotel Palestine, sede del comando americano, e urlavano “down Bush, down Bush”, insultando veramente gli americani. Momenti, quindi di rabbia e di tensione. Bisogna capire se questa sarà una scintilla che innescherà ripercussioni. Si parla molto in questi giorni di un possibile revenchismo sciita: la volontà di creare un nuovo Stato islamico su base sciita. E forse questo episodio potrebbe scatenare all’interno dei movimenti fondamentalisti una sete di rivalsa e dare il pretesto ad azioni politiche certo non concilianti. Ma queste sono solo ipotesi al momento.

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Domani due paesi sud americani si recheranno alle urne: l’Argentina, di cui ci occuperemo più tardi in un approfondimento del nostro giornale, è chiamata ad eleggere il nuovo Capo di Stato. Stesso impegno per i cittadini del Paraguay che oltre al Capo di Stato dovranno nominare il nuovo Parlamento. Favorito è l’ex ministro Nicanor Duarte, candidato del partito Colorado, al potere da 56 anni.  Le consultazioni si svolgono in un clima di profonda crisi economica.

 

Grande successo a Cipro per l’iniziativa della Repubblica turca del nord dell’isola che ha deciso di aprire, per la prima volta dopo 29 anni di rigida divisione, i varchi di passaggio con la parte sud, quella greca. Ma con quanta partecipazione i ciprioti stanno vivendo questi momenti? Risponde Gherardo La Francesca, ambasciatore italiano a Cipro, al microfono di Fausta Speranza:

 

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R. – C’è chi è venuto via solo con le scarpe che aveva ai piedi, lasciando tutto. Ci sono delle cronache anche toccanti da un punto di vista umano, di chi è tornato ed ha ritrovato la casa dei suoi genitori esattamente nelle condizioni in cui era 30 anni fa. Momenti di solidarietà umana anche piuttosto belli. L’auspicio è che continui così. Certamente è caduto un muro, si sono mescolate energie e fattori umani che sono stati separati per 30 anni.

 

D. – Secondo lei, che cosa ha spinto Denktash in questi giorni ad aprire le frontiere?

 

R. – È stata una decisione che ha colto tutti di sorpresa, persino a livello governativo; la gente comune adesso è assorbita da quanto avvenuto. Quali saranno le conseguenze? Dobbiamo riuscire a capire come queste energie poi possano portare all’avvio di un processo per una soluzione.

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Quattro persone sono rimaste uccise nel Kashmir indiano nell'attentato suicida attribuito a presunti estremisti islamici e commesso a Srinagar, contro la sede dell'emittente radiotelevisiva statale. L'organizzazione autodenominata 'Al Madina' ha rivendicato l'attacco.

 

Il Parlamento del Burundi ha eletto ieri il nuovo vice-presidente del governo di transizione: il tutsi Kadege. In base agli accordi di pace di Arusha del 2000, le due etnìe hutu e tutsi, in guerra tra loro dal 1993, si alternano al comando del Paese ogni 18 mesi.

 

Lanciata stamani in direzione della stazione spaziale internazionale la capsula Soyuz con a bordo un  equipaggio russo-americano di due persone dal cosmodromo di Baikonur, nel Kazakhstan, in  direzione della stazione spaziale internazionale. Lo ha reso noto a Mosca il centro di controllo. I due astronauti  porteranno sul braccio il simbolo del lutto per le sette vittime del Columbia,  il traghetto spaziale americano disintegratosi nel febbraio scorso.

 

 

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