RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 111 - Testo della Trasmissione di lunedì 21 aprile 2003

 

Sommario                                                             

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

Con Cristo risorto, tutto cambia e acquistano senso nuovo la vita e la storia: così, Giovanni Paolo II al Regina Coeli nel “Lunedì dell’Angelo”

L’apostolo della buona stampa: tra i beati di domenica prossima, don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia paolina. Con noi, il postulatore della causa di beatificazione, don Gino Valtorta.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 

Dall’Iraq alla Terra Santa, dal continente africano al Sud America, una panoramica sulla Pasqua nel mondo tra gioia, timori e speranze

 

Con un programma ricco di iniziative culturali, Roma celebra oggi il suo 2756.mo compleanno. Con noi, il sindaco capitolino, Walter Veltroni

 

Si moltiplicano le reazioni della comunità internazionale nei confronti di Cuba, dopo il giro di vite impresso da Fidel Castro. Intervista con il segretario di Nessuno Tocchi Caino, Sergio D’Elia

 

Emozionante serata musicale, ieri, alla Chiesa del Gesù di Roma con il Festival di Pasqua. Ai nostri microfoni, il soprano Montserrat Caballé.

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

Migliaia di corpi di prigionieri politici sepolti in segreto dal regime di Saddam: è la denuncia del responsabile di un cimitero di Baghdad. Intanto è giunto in Iraq l’ex generale americano Garner per guidare l’amministrazione civile del dopo conflitto

 

 La Sars continua a mietere vittime in Asia. Sempre drammatica la situazione in Cina e ad Hong Kong

In Bolivia, aumentano le vocazioni tra i frati minori conventuali

 

Alle presidenziali in Nigeria, procedono lentamente le operazioni di spoglio. Favorito il presidente in carica, Obasanjo.

 

Il governo nordcoreano corregge il tiro sulle barre di uranio, mentre Bush si mostra ottimista sul dialogo con Pyongyang.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 aprile 2003

 

 

CON CRISTO RISORTO, NUOVO SENSO ALLA VITA E ALLA STORIA:

 COSI’, GIOVANNI PAOLO II, AI FEDELI IN PIAZZA SAN PIETRO,

 ALLA PREGHIERA MARIANA DEL REGINA COELI NEL “LUNEDI’ DELL’ANGELO”

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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Fu un “angelo a rincuorare le donne che, accorse al sepolcro erano smarrite e preoccupate avendo trovato la tomba vuota”. Al Regina Coeli, dinnanzi a migliaia di fedeli raccolti in piazza San Pietro, il Papa ha ricordato lo straordinario significato di quanto avvenne il lunedì di Pasqua. Ed ha sottolineato l’emozione che sempre desta riascoltare le parole dell’angelo:

 

         “Non abbiate paura! disse loro¼ E’ risorto non è qui”. E aggiunse: “Ora andate” ad annunciare questa notizia agli Apostoli. Anche per noi hanno grande valore queste parole dell’angelo, che riascoltiamo sempre con intima emozione. Se infatti Cristo è risorto, tutto cambia e acquistano senso nuovo la vita e la storia.

 

L’odierna liturgia, ha aggiunto, “propone alla nostra meditazione la predicazione dell’apostolo Pietro alle folle di Gerusalemme”. Con “semplicità e chiarezza” - ha sottolineato - Pietro afferma che “il Cristo crocifisso è vivo, è risorto, e tutti noi ne siamo testimoni”.

 

“Da allora  la Chiesa non ha cessato di proclamare questa stessa “buona novella”. E’ urgente che tutti gli uomini conoscano e incontrino Cristo, crocifisso e risorto, e da Lui si lascino conquistare. A quanti l’accolgono Egli apre il cuore a quella gioia vera che rende nuova, bella e ricca di speranza l'umana esistenza”.

 

Il Papa ha, così, messo in luce come, del gaudio pasquale, gioisca particolarmente Maria che con Cristo ha “condiviso la dura prova della Passione”. E qui ha levato l’auspicio che proprio Maria renda “sempre più viva la nostra fede nella resurrezione del Signore” guidandoci nell’impegno di “testimoniare”, all’alba del Terzo Millennio, il “lieto e fondamentale messaggio della Pasqua”.

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DON GIACOMO ALBERIONE, L’APOSTOLO DELLA BUONA STAMPA, DOMENICA PROSSIMA

27 APRILE ALL’ONORE DEGLI ALTARI. CON NOI IL POSTULATORE DELLA CAUSA

DI BEATIFICAZIONE DON GINO VALTORTA

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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Tra i prossimi futuri beati, figura anzitutto don Giacomo Alberione, il fondatore della Famiglia paolina che si suddivide in ben 10 rami. Il suo nome è legato soprattutto alla stampa: è stato l’apostolo dell’evangelizzazione attraverso i media. Il decreto del riconoscimento del miracolo, attribuito alla sua intercessione, del 20 dicembre scorso ha aperto la strada alla beatificazione. Con noi, il postulatore della Causa, don Gino Valtorta. Una prima domanda: i tratti biografici di don Alberione ...

 

R. – Don Alberione nacque nel 1884 a San Lorenzo di Fossano, in provincia di Cuneo. Entrò nel seminario di Alba e durante una preghiera con Gesù esposto, durata tutta la notte, a cavallo dei due secoli, ebbe la prima intuizione di fare qualcosa per gli uomini del suo tempo, spinto anche dall’enciclica “Tametsi futura” di Leone XIII e da altri suggerimenti che venivano da vari scrittori e uomini di cultura cristiana. Nel 1914 fondò il primo dei 10 rami, la Società San Paolo: il ramo maschile della Famiglia paolina. In seguito, nel 1915, fondò le Figlie di San Paolo che hanno un carisma apostolico simile a quello della Società San Paolo, cioè diffondere il Vangelo attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Nel 1924 fonda le Pie Discepole del Divino Maestro, le quali hanno un triplice carisma che poi si riassume in uno solo: adorazione eucaristica, servizio sacerdotale e sevizio liturgico. Nel 1938, fonda le Suore di Gesù Buon Pastore, dette anche Pastorelle, che si interessano soprattutto della pastorale parrocchiale, essendo di sostegno e di aiuto al parroco. Nel 1957 fonda le Suore Apostoline, l’Istituto di Maria Regina Apostolorum, con il carisma di interessarsi per tutte le vocazioni e per tutta la Chiesa. Abbiamo quindi la fondazione di quattro istituti secolari: l’Istituto Gesù Sacerdote, l’Istituto Maria Santissima Annunziata, l’Istituto San Gabriele Arcangelo e l’Istituto Santa Famiglia. E infine, l’Associazione dei Cooperatori Paolini che è un sodalizio di amici che cercano di vivere la nostra spiritualità e il nostro carisma. Don Giacomo Alberione visse 87 anni e morì a Roma il 26 novembre del 1971 alle 6.25 di sera. Un’ora prima aver ricevuto la visita personale di Paolo VI, il quale inginocchiatosi al suo letto, pregò e lo benedisse, e subito dopo questa visita il Fondatore, don Giacomo Alberione, è salito al cielo.

 

D. – Un padre molto prolifico... Il suo carisma, il suo messaggio agli uomini d’oggi?

 

R. – Il suo carisma si delinea prima di tutto a livello spirituale e poi apostolico. A livello spirituale, far conoscere e diffondere la devozione a Gesù Maestro, Via, Verità e Vita. Questo attraverso i mezzi della comunicazione sociale: lui incominciò con la stampa ma poi, ancora in vita, ebbe modo di annunciare il Vangelo attraverso tutti i media: quindi cinema, televisione, dischi, eccetera, opera che ora i Paolini e le Paoline continuano nel mondo. I 10 rami sono tra loro uniti perché il concetto principale di don Alberione è quello di dare Cristo, Via, Verità e Vita agli uomini di oggi con i mezzi di oggi, e tutti collaborano, chi direttamente con la stampa e gli altri mezzi di comunicazione sociale, come la Società San Paolo, le Figlie di San Paolo, oppure come le Pie Discepole che, adorando Cristo nell’Eucaristia, sostengono questi operatori del Vangelo attraverso i media, oppure, utilizzando l’arte liturgica, che è anch’essa un modo di annunciare  Cristo.

 

D. – Paolo VI, lei ha detto, andò a trovarlo poco prima che morisse, quindi lo ha avuto in grandissima stima ...

 

R. – Sì. Paolo VI conosceva molto bene don Alberione. Quando era arcivescovo di Milano ebbe modo anche di conoscere l’opera di noi Paolini e soprattutto la nostra missione specifica. E quando diede al Fondatore, a don Giacomo Alberione, la medaglia Pro Pontifice et Ecclesia, ebbe parole veramente sublimi nei suoi confronti. Mi permetto, così, di ricordarle, perché sono una fotografia, un’immagine molto concreta di chi era don Giacomo Alberione. Ecco le parole di Paolo VI: “Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i segni dei tempi, cioè le più geniali forme di arrivare alle anime. Il nostro don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore ed ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova conoscenza della vitalità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno, con i mezzi moderni. Lasci, caro don Alberione, che il Papa goda di codesta lunga, fedele e indefessa fatica e dei frutti da essa prodotti a gloria di Dio ed a bene della Chiesa”.

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 aprile 2003

 

 

DALL’IRAQ ALLA TERRA SANTA, DAL CONTINENTE AFRICANO AL SUD AMERICA,

 UNA PANORAMICA SULLA PASQUA NEL MONDO

TRA GIOIA, TIMORI E SPERANZE

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

 

L’annuncio di pace del Cristo risorto indica agli uomini il cammino dell’amore e della giustizia, ma da diversi Paesi continua a risuonare il fragore delle armi e dell’egoismo. In questa nostra panoramica lungo le speranze e i dolori della famiglia umana, non possiamo che rivolgere lo sguardo in Terra Santa, dove maggiormente si concretizza il contrasto tra la luce della Risurrezione e l’ombra della morte. A Gerusalemme, ingenti schieramenti di polizia sono stati dispiegati in occasione dei riti pasquali cristiani ed ebraici. “Vi invito ad amare malgrado l’odio che sgretola i cuori in questi giorni”: ha esortato ieri il Patriarca latino di Gerusalemme mons. Michel Sabbah, ma le parole sono ancora una volta state spezzate dalla tensione che persiste tra israeliani e palestinesi. Nove persone hanno perso la vita in diversi scontri, tra queste 5 palestinesi sono stati uccisi durante un’incursione israeliana a Rafah, nella Striscia di Gaza. Ma per la cronaca, lasciamo la parola a Graziano Motta.

 

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Si è temuto questa mattina che il tradizionale pellegrinaggio del Lunedì dell’Angelo, che i cattolici di Gerusalemme compiono ad Emmaus, non potesse svolgersi. Grandi misure di sicurezza sono state attuate in Israele a seguito di segnalazioni di possibili attentati terroristici e il dispositivo è stato rafforzato in particolare a Gerusalemme, ove confluiscono in questi giorni migliaia di fedeli ebrei di tutto il Paese e molti anche dall’estero per la Pasqua ebraica.

 

Gli autobus, con i Frati Minori della custodia di Terra Santa, sono finalmente giunti a El-Qubbeibeh, il villaggio arabo a Nord della città santa ove sorge il santuario di Emmaus, e così pure sono arrivati i coristi della parrocchia di San Salvatore e in auto private molti religiosi e fedeli. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal custode, padre Giovanni Battistelli, che ha poi distribuito ai presenti le pagnottelle di pane benedetto, in ricordo dell’episodio dei due discepoli di Emmaus che riconobbero Gesù Risorto, che si era manifestato loro per strada ed essi lo avevano ospitato, soltanto alla frazione del pane. Emmaus è, pertanto, il primo santuario eucaristico e meta di continui pellegrinaggi.

 

Ritornando alle tensioni sul terreno, stamani i servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato in un campo profughi presso Nablus una giovane donna palestinese che si preparava ad un attentato suicida e un suo complice. Ad Hebron hanno imposto il coprifuoco ed hanno proceduto all’arresto anche di attivisti di un movimento pacifista israeliano.

 

Non si è ancora ricomposto il contrasto tra Arafat e primo ministro incaricato, Abu Mazen (Mahmud Abbas), per la formazione del nuovo governo palestinese. Il presidente del consiglio legislativo, Abu Ala’a, afferma in una intervista al quotidiano arabo di Gerusalemme, che la crisi è molto seria e che se non sarà risolta oggi Abbas, che ha il sostegno degli Stati Uniti, dovrà rinunciare.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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La Pasqua ha trovato spazio anche in un Paese martoriato come l’Iraq. I cristiani iracheni hanno affollato le chiese di Baghdad, in una delle quali un prete caldeo ha paragonato la Passione e la Risurrezione di Cristo alla situazione nel Paese, occupato dalle forze anglo-americane che hanno rovesciato il regime di Saddam Hussein. A Mossul, circa 700 cristiani si sono accalcati per la messa di Pasqua nell’unica, piccola chiesetta della località nel nord dell'Iraq. “Noi condividiamo il dolore e la tristezza del popolo iracheno, del nord come del sud - ha detto padre Jalil Mansur David - e chiediamo a Dio la forza per affrontare le sfide che ci aspettano”.

 

Un pensiero rivolto a casa, una preghiera che aiuti a vincere la paura del domani e un caldo asfissiante. E’ trascorsa così la Pasqua per i soldati americani nel nord del Kuwait che attendono di essere inviati in Iraq. Una grande croce è stata innalzata in una tenda, dove si sono succedute, a partire dalla mattina, messe pasquali celebrate da cappellani cattolici, protestanti, battisti, fra canti, preghiere e la temperatura crescente.

 

Trasferiamoci in Africa, il cui volto sofferente spesso cade nel silenzio. La Pasqua 2003 in Burundi è stata segnata purtroppo dall’orrore e dalla violenza. Ribelli delle Forze per la difesa della democrazia hanno lanciato diversi attacchi contro la capitale Bujumbura e altre due città. Le azioni terroristiche, compiute in diversi giorni della Settimana Santa, sono avvenute in aperta violazione degli accordi di cessate il fuoco firmati nel dicembre scorso tra il governo e le Fdd, il principale movimento ribelle hutu. Diverse le vittime e i danni materiali. Sulla Pasqua nel Paese africano abbiamo raccolto il commento di padre Modesto Todeschi, del Centro Giovanile Kamenge di Bujumbura.

 

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Quello che più ci ha sorpreso, è che anche nella notte di Pasqua, dalle dieci e mezzo fino alla mezzanotte, ci sono stati degli obici che sono caduti in varie parti della città e questa volta sono stati sparati o dal lago o da qualche imbarcazione che navigava sul lago. Questo ha turbato molto la Pasqua. D’altra parte, però, le celebrazioni si sono svolte normalmente, anche la Veglia nel corso della quale sono stati somministrati i battesimi. Direi che c’è un contrasto tra la guerra da una parte e dall’altra tanta generosità e il rinnovamento cristiano, per quello che si può, in seno alle comunità con questi battesimi di adulti, che sono sempre numerosi. C’è quasi da augurarsi che questa acqua battesimale spenga il fuoco delle armi. Dinanzi a questa tensione, i fedeli reagiscono gridando ancor più la loro gioia e il loro alleluia in segno di speranza, affinché arrivi la pace e che la Pasqua sia veramente pace di Cristo.

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La spirale di violenza non si è arrestata in Colombia neppure in questi giorni. Almeno 8 persone sono state sequestrate ieri nell’isola colombiana di Mucura mentre altre 7 sono state rapite nel dipartimento di La Guajira. Lo ha riferito Radio Caracul, specificando che il secondo atto terroristico porta la firma delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia.

 

La Pasqua in Afghanistan è stata funestata da violente inondazioni che si sono abbattute sulla provincia di Helmand, nel sud del Paese, causando 30 morti e 25 dispersi. Le inondazioni sono state provocate da diversi giorni di forti piogge. A nord di Kabul, invece, nella piana di Shomali, 3 bambini risultano dispersi mentre 200 famiglie sono state evacuate con gli elicotteri.

 

Risurrezione, speranza e fraternità sono i fattori che hanno scandito la Pasqua di San Giuliano di Puglia, il piccolo centro del Molise, in Italia, dove lo scorso 31 ottobre il terremoto provocò il crollo della scuola elementare 'Francesco Jovine', uccidendo 27 bambini e una maestra. Il paese si è ritrovato nella chiesetta prefabbricata per la messa della notte del sabato santo e per quella della domenica mattina, che ha avuto un significato particolare. “La comunità di San Giuliano è stata ed è tuttora provata duramente - ha sottolineato il parroco don Ulisse - ma è tempo per noi tutti di tornare a vivere, di vivere l’evento della Salvezza nei nostri cuori”.

 

 

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE REAGISCE CON SGOMENTO

E PREOCCUPAZIONE ALLE MISURE REPRESSIVE ADOTTATE

DAL GOVERNO CUBANO NEI CONFRONTI DEI DISSIDENTI INTERNI

 

- Con noi, Sergio D’Elia -

 

 

Si moltiplicano con il passare dei giorni le prese di posizione nei confronti delle autorità di Cuba, dopo il durissimo giro di vite impresso contro la dissidenza interna al regime di Fidel Castro. Un inasprimento culminato con le condanne comminate a decine di dissidenti per reati d’opinione e, soprattutto, con la fucilazione l’11 aprile scorso - dopo un processo sommario - di tre uomini che avevano tentato di dirottare un traghetto cercando di fuggire negli Stati Uniti.

 

Tra i primi a reagire, i vescovi cubani, che - in una nota del loro Comitato permanente - hanno avvertito che “nessuno deve decidere che la morte sia inflitta ad altre persone come rimedio di azioni criminali, soprattutto quando questo viene fatto attraverso un processo sommario”. I presuli hanno, inoltre, aggiunto che rappresentano “un grave motivo di preoccupazione” le condanne “a lunghi anni di prigione imposte a numerosi oppositori politici”. In Italia, il Forum del Terzo Settore ha rivolto un appello alle autorità cubane affinché “si fermi la spirale autoritaria e repressiva e perché libertà e pluralismo possano diventare finalmente realtà per la crescita democratica della società cubana”.

 

Ma il governo castrista sembra, per il momento, non voler tornare sui suoi passi. Il ministro degli Esteri dell’Avana, Perez Roque, ha infatti giustificato le condanne come “misura dissuasiva”, ribadendo che il governo cubano non concederà il visto d’ingresso nell’isola al rappresentante personale dell’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu. Sul difficile momento a Cuba, Alessandro Gisotti ha raccolto l’opinione di Sergio D’Elia, segretario dell’associazione Nessuno Tocchi Caino:

 

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R. – La pena di morte quando è un indicatore. E’ un indicatore di una situazione più generale che riguarda i diritti umani, le libertà pubbliche, i diritti politici e civili in un Paese. E’ stato detto che è una misura dissuasiva. Evidentemente allora Cuba non è quel paradiso nel quale ognuno vorrebbe vivere. Si dissuade da che? Dalla fuga da un Paese che ha evidentemente molti problemi.

 

D. – Rispetto a questo giro di vite adottato da Castro negli ultimi giorni, cos’è che   maggiormente vi preoccupa?

 

R. – Ci preoccupa il fatto che ci sia un’involuzione davvero pesante per quanto riguarda la libertà nel Paese.

 

D. – Ma quali misure potrebbero ora essere adottate nei confronti dell’Avana?

 

R. – Io non credo agli embarghi e lo dico molto chiaramente. Per esempio, l’embargo a Cuba ha provocato una sorta di concorso internazionale di solidarietà nei confronti di un Paese dittatoriale, per cui a Cuba si sta  - dal punto di vista della garanzia di alcuni beni essenziali come la possibilità di poter studiare, di potere essere curati - molto meglio di Paesi che meriterebbero invece un aiuto internazionale. Un aiuto che per reazione agli embarghi va a Cuba - per diverse considerazioni e per solidarietà vera, non nei confronti del dittatore - invece di andare a molti altri Paesi di quell’area, Paesi latino-americani. La questione che potrebbe essere posta riguarda, per esempio, la nostra Europa che continua a fornire a Castro aiuti economici, cooperazione di tutti i tipi. Su questo si può intervenire. Credo che l’Europa, senza arrivare all’embargo, abbia la forza di poter dire a Cuba: “i nostri aiuti, i nostri soldi vi sono a condizione che ci siano dei passaggi evidenti, consistenti sul piano del rispetto dei diritti umani nel vostro Paese”.

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MUSICA ED EMOZIONI, IERI SERA, ALLA CHIESA DEL GESU’

DI ROMA PER L’APPUNTAMENTO CONCLUSIVO DEL FESTIVAL DI PASQUA. PROTAGONISTA IL CELEBRE SOPRANO CATALANO MONTSERRAT CABALLE’

 PER LA PRIMA ITALIANA DELL’ORATORIO MARIE MAGDELEINE DI JULES MASSENET

 

- Servizio di A.V. -

 

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(musica)

 

 “Un oratorio sulla Passione di Cristo: il suo dolore, La sua condanna ingiusta, la sua Verita’, le sue parole d’amore”. Così Montserrat Caballe’ definisce il dramma sacro “Marie Magdeleine” di Massenet, eseguito con l’Orchestra di Roma e del Lazio diretta da Miguel Ortega. Prosegue in Italia la riscoperta del repertorio sacro di questo grande autore francese, dopo l’edizione giubilare de “Le jongleur de Notre dame” al Teatro dell’Opera di Roma, e una splendida interpretazione della “Vierge” che la stessa Caballé diede due anni fa:

 

R. – Sono stata emozionata di trovare questa ispirazione religiosa di Massenet. Lo sapevo un grande romantico, un grande sognatore, ma non credevo a questa ispirazione come nella ‘Vierge’: è così diversa la ‘Vierge’ dalla ‘Marie Magdeleine’, ma allo stesso tempo la ‘Vierge’ ha una spiritualità al di sopra. Qui c’è proprio la nascita della carne credente verso il Cristo: è una cosa spirituale, non è più un amore terreno; ha capito che lo spirito è al di sopra della carne, per questo si è convertita, per questo crede in Cristo e nel Padre suo. Lei, dal canto suo, prega Iddio pregando Cristo: non prega l’uomo che Cristo incarna.

 

 La partitura accoglie nella sua sensualità la trascendenza, come la Maddalena protagonista, cui è affidato di testimoniare la Resurrezione: “Cristo è risorto, è tra noi” canta nel grandioso finale il soprano catalano, e spiega l’importanza del messaggio che si fa musica: “Le sue parole d’amore invaderanno il mondo e tanti crederanno, tanti lo seguiranno”. Di profonda fede cattolica, Montserrat Caballé si è detta commossa di rinnovare il suo connubio con il Festival di Pasqua, e di aver vissuto a Roma “città santa d’Europa”, le celebrazioni liturgiche della Passione, ripercorsa nel dramma sacro di Massenet. Musica dolente nel sacrificio di un “bravo, bello e nobile ebreo, che non amava l’ingiustizia ed ebbe il coraggio di dirlo ai grandi della terra” ha spiegato ancora il soprano. “Morì, e dopo Lui tanti altri, perché portava dentro di sé la parola amore, capace di unire popoli e religioni diversi, per camminare insieme, come lui fece in Palestina”. E il pensiero finale della Caballé, rappresentante delle Nazioni Unite, va proprio al Medio Oriente dilaniato dai conflitti, e si unisce al grido di dolore del Santo Padre per la guerra in Iraq:

 

R. – Come ambasciatrice dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu,  rappresento qualcosa di più che pettegolezzi. Sono contro la guerra; ero favorevole affinché studiassero una soluzione diplomatica e facessero il possibile per trovare queste armi: che ci sono, questo lo sappiamo, alle Nazioni Unite. Non si sa dove siano, ma ci sono. Ma non sono favorevole alla guerra: no. Non potrei esserlo mai, perché quella gente è innocente e sono fratelli e credono in Dio: il loro Dio è un buon Dio. E’ un buon Dio. E non si è mai detto nel Corano che si deve ammazzare: mai!

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ALL’INSEGNA DELLA PACE E DELLA TRADIZIONE,

ROMA CELEBRA OGGI IL SUO 2756.MO COMPLEANNO

 

- Con noi, Walter Veltroni e Sergio Iacomoni -

 

 

Passano i secoli, ma Roma conserva intatto il suo fascino che ha saputo, nelle epoche più diverse, ispirare poeti ed artisti e far sognare intere generazioni. Oggi, dunque, la Città Eterna celebra il suo Natale, un compleanno che Roma festeggia per la 2756.ma volta. Secondo quanto ci è stato tramandato dagli storiografi Livio e Varrone, infatti, l’origine dell’Urbe si deve al pastore Romolo che, dopo aver sconfitto il fratello Remo in una gara di aratura, il 21 aprile del 753 a. C. pose le prime fondamenta di Roma in corrispondenza di un guado sul fiume Tevere, nei pressi del colle Palatino. Come ogni anno, anche oggi si sono svolte nella città diverse manifestazioni ed iniziative volte a celebrare l’anniversario. Ascoltiamo ora un commento del sindaco di Roma Walter Veltroni al microfono di Maria di Maggio.

 

 

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R. - E’ un natale particolare, questo, per la città. E’ un natale ancora un po’ di smarrimento per quello che è accaduto e che sta ancora accadendo, per la guerra e i suoi esiti. Però è anche un natale di orgoglio, perché Roma sta conoscendo una crescita economica superiore a quella del resto del Paese ed una  qualità di vita culturale a livello delle grandi città europee.

 

D. – Come sindaco di Roma, cosa la rende particolarmente orgoglioso della sua città?

 

R. – Credo che la cosa più importante sia l’attenzione che in questa città noi cerchiamo di avere nei confronti di chi soffre, di chi è in una condizione di disagio, nei confronti degli anziani che vivono da soli oppure dei bambini nomadi che vanno a chiedere l’elemosina e che poi noi accompagniamo in una casa invece che in un commissariato. Ecco, sono queste le cose di cui siamo più orgogliosi in una città che ha una rete di protezione sociale che credo non abbia paragoni, nonostante i tagli che sono stati compiuti, noi cerchiamo in tutti modi di garantire questa rete.

 

D. - In conclusione, c’è un augurio che lei vuole accompagnare a questa giornata?

 

R. – L’auspicio, come è ovvio per tutti, è un auspicio di pace, un auspicio di serenità, di tolleranza, di confronto delle idee, di recupero di una coscienza della delicatezza di questo tempo, che mi pare non sia molto diffusa e del fatto che è un tempo delicato, perché complesso, fatto di tante identità, di tante culture, di tanti linguaggi che devono coesistere.

 

Quest’anno il natale di Roma cade nel lunedì dell’Angelo e quindi coincide con il giorno di Pasquetta. Per questo motivo sono ancora più numerose le iniziative e le nuove manifestazioni organizzate per celebrare la nascita della capitale. Tra queste, il corteo in costume da antichi romani che questa mattina si è snodato lungo il centro storico di Roma. Ce ne parla Sergio Iacomoni, presidente del “Gruppo Storico Romano”:

 

“Il natale di Roma è una festività per i romani. E penso che sia una delle più importanti, togliendo le festività religiose. Quest’anno, noi, come “Gruppo Storico Romano” abbiamo organizzato un corteo a Via dei Fori Imperiali addirittura con alcuni gruppi stranieri, tutti chiaramente animati dall’amore per la Città Eterna e tutti chiaramente in costume e in abito d’epoca dell’antica Roma. A rappresentare il corteo ci sono pochi reparti militari, ma molti civili cioè danzatrici, senatori, gruppi di gladiatori e un pò di legioni. Ma diciamo che il messaggio è sicuramente sociale: chiaramente oggi facendo gli antichi romani non si fa la guerra, è una scusa per stare insieme. Diciamo che questa è la cosa più bella, cioè che siamo riusciti ad avere un argomento comune con tanti popoli del mondo”.

(Musica)

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CHIESA E SOCIETA’

21 aprile 2003

 

 

 

“MIGLIAIA DI CORPI DI PRIGIONIERI POLITICI SONO STATI SEPOLTI

IN SEGRETO DAL REGIME DI SADDAM IN UN CIMITERO DI BAGHDAD”.

E’ LA DENUNCIA DEL RESPONSABILE DEL CIMITERO STESSO.

INTANTO, STAMANI, E’ GIUNTO IN IRAQ L’EX GENERALE AMERICANO,

JAY GARNER, CHE GUIDERA’ L’AMMINISTRAZIONE CIVILE TRANSITORIA

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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BAGHDAD. = I corpi di circa mille prigionieri politici sono stati sepolti in segreto dal regime  di Saddam Hussein in un cimitero alla periferia occidentale di Baghdad. Lo ha detto il responsabile del cimitero stesso, Mohymid  Assoud. A suo avviso, a Baghdad, sono stati sepolti complessivamente i cadaveri di seimila prigionieri politici. Intanto oggi, il generale statunitense, Jay Garner, è giunto a Baghdad per assumere le sue funzioni di amministratore civile provvisorio in Iraq. Il generale in pensione ha spiegato che la sua priorità sarà di ripristinare servizi essenziali come l’acqua e l’elettricità. Ha aggiunto che il suo compito è di fare ciò che è necessario, ma non ha voluto fissare date sul calendario. “Staremo qui – ha detto – per il tempo che ci vorrà”. D’altro canto, lo sciita Mohammed Mohsen Zubaidi, autoproclamatosi “governatore” di Baghdad, non è stato riconosciuto come tale dagli amministratori civili americani per l’Iraq. Ieri, Zubaidi, oppositore di Saddam - tornato in patria dopo un esilio di  24 anni - aveva  annunciato la creazione di 22 comitati per amministrare la  capitale. Per quanto riguarda la sorte del raìs, il leader del Congresso nazionale iracheno (Cni), Ahmed Chalabi, ha dichiarato stamani alla Bbc che “Saddam Hussein ed i suoi figli sono ancora vivi e si nascondono in Iraq”. “Abbiamo ricevuto informazioni sui suoi movimenti e quelli dei suoi figli - ha aggiunto - ma non siamo riusciti a localizzarlo in tempo per arrestarlo”. Intanto, secondo il New York Times ci sarebbero i primi indizi sull’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq, grazie alle rivelazioni di uno scienziato iracheno. Questi, che avrebbe lavorato al programma per lo sviluppo delle armi chimiche per oltre dieci anni, afferma che il materiale tossico proibito sarebbe stato distrutto e sepolto sotto la sabbia pochi giorni prima che gli anglo-americani invadessero l'Iraq.

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LA SARS CONTINUA A MIETERE VITTIME NEI PAESI ASIATICI.

 ANCHE OGGI SI REGISTRANO DECESSI IN CINA E AD HONG KONG

 

PECHINO. = A Pechino sono morte oggi due persone per la polmonite atipica. Nella capitale del Paese si sono verificati 109 nuovi casi di infezione. Con le nuove cifre, diffuse dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sono 20 le persone morte a Pechino a causa della Sars. Nel Paese, il virus ha ucciso altre due persone, una nella  provincia del Guangdong, una in quella della Mongolia Interna. In tutto il Paese i nuovi casi sono 131, compresi quelli della capitale. Un’infermiera di 46 anni, morta una settimana fa, è probabilmente la prima vittima nelle Filippine della Sars. La donna, impiegata in un istituto per anziani a Toronto, città particolarmente colpita dell'epidemia, era tornata nelle Filippine il 3 aprile ed è morta a Manila lunedì scorso. Lo ha dichiarato il ministro della sanità, Manuel Dayrit, in una conferenza stampa. Dayrit ha sottolineato che il ministero ha già individuato tutte le altre persone nelle Filippine, con la quale la donna è stata in contatto dopo il suo ritorno in patria. Altre sei persone sono morte nelle ultime 24 ore ad Hong Kong, facendo così salire a 94 i decessi per Sars nell'ex-colonia britannica dall'inizio dell'epidemia. Il governo della regione amministrativa cinese ha affermato che 436 pazienti sono guariti e sono stati dimessi dagli ospedali. (A.L.)

 

 

IN BOLIVIA SONO AUMENTATE LE VOCAZIONI TRA I FRATI MINORI CONVENTUALI.

NEL PAESE LA COMUNITÀ DI FRATI SI È SEMPRE DISTINTA

PER UN FORTE IMPEGNO CARITATIVO

 

LA PAZ. = In Bolivia aumentano le vocazioni tra i Frati Minori Conventuali. Accade nel “quadrilatero” tra Sucre, Cochabamba, Santa Cruz e Ivirgarzama, una zona abitata soprattutto da indios di etnia Quechua che sta subendo forti trasformazioni a causa della rapida urbanizzazione. A Sucre, riferisce la Curia dell’Ordine, la comunità di frati si è sempre distinta per un forte impegno caritativo: con le adozioni a distanza si aiutano bambini di strada, i lustrascarpe, i mendicanti. Molte famiglie povere vengono aiutate specialmente per le spese scolastiche e mediche. Con l'opera "Pane di S. Antonio" si preparano pacchi di alimentari da distribuire ai più poveri, che continuano a venire dai frati per trovare un po’ di aiuto nelle loro necessità. Nella città di Sucre, la Basilica di San Francesco è l’unica chiesa aperta tutto il giorno in città. La gente vi confluisce numerosa. Tra le piaghe sociali del Paese, oltre alla povertà, c’è la “disgregazione” delle famiglie, ma anche le sette che sono molto aggressive nei confronti della Chiesa cattolica. Fanno proseliti – scrivono i Conventuali - distribuendo i dollari che vengono dall'America del Nord”. Il rapporto con le Chiese protestanti è invece “sereno ed anche stimolante”. (L.Z. – A.L.)

 

 

 

 

 

 

 

IN NIGERIA PROCEDONO LENTAMENTE LE OPERAZIONI DI SPOGLIO NELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI. IL PRESIDENTE IN CARICA, OBASANJO, SEMBRA AVVIATO

 AD UNA VITTORIA CON UN AMPIO MARGINE DI VOTI

 

ABUJA. = Giungono lentamente i risultati delle elezioni presidenziali in Nigeria. Sulla base dei primi quattro milioni di voti scrutinati, il presidente in carica, il cristiano Obasanjo, sembra avviato a riconfermare con un ampio margine di voti la larga vittoria ottenuta con il suo partito nelle elezioni legislative dello scorso 12 aprile. L’attuale capo di Stato nigeriano ha raggiunto finora il 65 per cento delle preferenze mentre il suo avversario, il musulmano Muhammadu Buhari, ha ottenuto, per il momento, solo il 30 per cento dei consensi. Le operazioni di voto, che si sono svolte regolarmente nel Nord e nel Sud-Ovest del Paese, sono state invece perturbate nel Sud dove si sono verificati episodi di violenza e sono stati denunciati tentativi di intimidazione e brogli. Nella zona del Delta, ricca di giacimenti petroliferi, durante una manifestazione di giovani simpatizzanti del Partito dell’opposizione, la polizia ha sparato per disperdere i dimostranti uccidendo sei persone e ferendone cinque. (A.L.)

 

 

IL GOVERNO NORDCOREANO CORREGGE IL TIRO SULLE BARRE DI URANIO,

MENTRE IL PRESIDENTE AMERICANO SI MOSTRA

OTTIMISTA SUL DIALOGO CON PYONGYANG

PYONGYANG. = “Siamo convinti che il negoziato partirà come previsto”. Lo hanno detto oggi fonti del ministero degli esteri sudcoreano, dopo che il governo di Pyongyang ha rettificato l’ambigua dichiarazione rilasciata dal portavoce del suo ministero degli esteri secondo la quale sarebbero state riciclate 8 mila barre di uranio. “Stiamo avanzando con successo nei preparativi per riciclare più di 8 mila barre di uranio”, afferma la nuova versione diffusa dall’Agenzia di stampa della Corea del Nord. Nessun annuncio è stato ancora fatto sui negoziati multilaterali in programma, stando a numerosi fonti ufficiose, dal 23 aprile a Pechino. Ieri, il presidente americano George Bush ha affermato di vedere “'buone possibilità di successo della diplomazia per convincere la Corea del nord a rinunciare alle sue ambizioni nucleari. Il quotidiano conservatore sudcoreano “Chosun Ilbo” rivela oggi che una violenta esplosione ha devastato lo scorso novembre una base nordcoreana per la produzione di missili balistici, infliggendo un grave colpo ai programmi di  sviluppo missilistico del regime comunista di Kim Jong Il. Fonti  ufficiali dei ministeri della difesa e dell'unificazione nazionale sudcoreani non hanno né confermato né smentito la notizia. L'esplosione, rilevata da satelliti spia statunitensi, è avvenuta in un impianto di test di motori  per missili balistici nella provincia nordorientale di Hamgyong ed è stata di grosse proporzioni. Per il possesso di armi di distruzione di massa come missili  balistici, ordigni chimici e forse ordigni nucleari, la Corea  del nord è stata inserita dagli Stati Uniti, con Iraq e Iran,  tra i Paesi dell’ “Asse del male”. (A.L.)

 

 

 

 

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