RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 110 - Testo della Trasmissione di domenica 20 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sia “pace sulla terra” oscurata da violenze e conflitti. Venga per tutti la pace del Risorto. E’ l’ardente invocazione del Papa nel Messaggio Urbi et Orbi, dopo la Messa di Pasqua in Piazza San Pietro

 

Il gioioso annuncio della risurrezione di Cristo, durante la suggestiva Veglia Pasquale presieduta da Giovanni Paolo II nella Basilica Vaticana.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dio ci conceda tempi migliori, liberi dall’odio, pieni di giustizia e di pace: così il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, nella Messa di Pasqua vicino al sepolcro vuoto di Gesù

 

 In Iraq, i cristiani hanno affollato le chiese per i riti pasquali, mentre prosegue il pellegrinaggio degli sciiti verso la loro città santa di Karbala e arriva a Baghdad il primo convoglio dell’Onu con aiuti umanitari: con noi, Gino Strada e Giuseppe Renda

 

 “I dieci comandamenti” in un musical colossale che ha debuttato ieri sera al Gran Teatro di Roma: ai nostri microfoni, il direttore artistico Giancarlo Golzi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nel corso dell’incursione israeliana di questa notte in un campo profughi della striscia di Gaza sono morti cinque palestinesi ed un soldato israeliano

 

Il governo cinese ha dichiarato che sono 1.807 i casi di polmonite atipica registrati nel Paese.

 

Si è votato ieri in Nigeria per l’elezione del presidente della Repubblica e dei governatori dei 36 Stati che compongono la federazione

 

“La vendetta, la ritorsione e la guerra uccidono la speranza”. E’ questo il messaggio rivolto ai calabresi dal vescovo di Locri,  mons. Giancarlo Bregantini

 

L’epidemia di meningite ha provocato in Burkina Faso quasi mille morti

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 aprile 2003

 

 

 

SIA “PACE SULLA TERRA” OSCURATA DA VIOLENZE E CONFLITTI. VENGA PER TUTTI

LA PACE DEL RISORTO. E’ L’ARDENTE INVOCAZIONE DEL PAPA NEL MESSAGGIO “URBI ET ORBI” DOPO LA MESSA DI PASQUA IN PIAZZA SAN PIETRO, GREMITA DI FEDELI

 - A cura di Paolo Salvo -

 

“Cristo è risorto, è veramente risorto!”. Il festoso annuncio pasquale, fondamento della fede cristiana e della speranza per l’umanità, è risuonato insieme al profondo anelito di pace che attraversa il mondo di oggi, dall’Iraq a tante altre regioni del pianeta oscurate da violenze e conflitti, nel Messaggio Urbi et Orbi che Giovanni Paolo II ha pronunciato verso mezzogiorno in Piazza San Pietro, davanti a circa 100 mila persone sotto la pioggia e seguito in Mondovisione da una ben più vasta moltitudine attraverso 79 enti televisivi di 53 Paesi. A sottolineare la solennità del momento, come è tradizione, gli onori militari resi da una formazione della Guardia Svizzera Pontificia e da un battaglione di rappresentanza delle Forze Armate Italiane.

 

E’ la pace del Risorto, in un mondo insidiato dalla violenza e dall’odio, quella che il Papa ha proclamato con vigore, al termine della Messa di Pasqua sul sagrato della Basilica Vaticana, trasformato anche quest’anno in un grande giardino primaverile con migliaia di fiori e arbusti olandesi. “Pace a voi!”. Il primo saluto del Risorto ai discepoli è lo stesso che il Risorto “quest’oggi ripete al mondo intero”, “annuncio consolante – ha detto il Santo Padre - per chi è oppresso sotto il peso del peccato e delle sue molteplici strutture!”.

 

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Per tutti, specialmente per i piccoli e i poveri, proclamiamo oggi la speranza della pace, della pace vera, fondata sui solidi pilastri dell’amore e della giustizia, della verità e della libertà.

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E’ “la via della pace” indicata al mondo quarant’anni fa da Giovanni XXIII nella storica enciclica Pacem in terris, con “parole quanto mai attuali all’alba del terzo millennio, tristemente oscurata da violenze e conflitti”. Il pensiero del Papa è quindi andato all’Iraq, bisognoso di ricostruzione, e alle altre zone di conflitto, dalla Terra Santa al resto del pianeta.

 

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Pace in Iraq! Con il sostegno della Comunità internazionale, gli iracheni diventino protagonisti d’una solidale ricostruzione del loro Paese. Pace nelle altre regioni del mondo, dove guerre dimenticate e conflitti striscianti provocano morti e feriti tra il silenzio e l’oblio di non poca parte della pubblica opinione. Con profonda pena penso alla scia di violenza e di sangue che non accenna a finire in Terra Santa.

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“Penso – ha aggiunto – alla tragica situazione di non pochi Paesi del Continente africano, che non può essere abbandonato a se stesso”. A lui “ben presenti”, inoltre, “i focolai di tensione e gli attentati alla libertà dell’uomo” nel Caucaso, in Asia ed in America Latina, regioni del mondo che gli sono “ugualmente care”.

 

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Si spezzi la catena dell’odio, che minaccia l’ordinato sviluppo della famiglia umana. Ci conceda Iddio di essere liberati dal pericolo d’un drammatico scontro tra le culture e le religioni.

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“La fede e l’amore di Dio – è l’auspicio del Papa – rendano i credenti di ogni religione artefici coraggiosi di comprensione e di perdono, pazienti tessitori di un proficuo dialogo interreligioso, che inauguri un’era nuova di giustizia e di pace”. E “per quanto buio possa apparire  l’orizzonte dell’umanità”, Cristo “ripete agli uomini del nostro tempo” l’invito al coraggio, “come agli apostoli sul lago in tempesta”.

 

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Se un vento contrario ostacola il cammino dei popoli, se si fa burrascoso il mare della storia, nessuno ceda allo sgomento e alla sfiducia!

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“Coraggio, sono io, non temete!” E’ questo il rinnovato invito di Cristo risorto, “divina presenza d’amore”, “nostra pace e nostra speranza”. Il Papa ha quindi impartito la solenne Benedizione Urbi et Orbi, a Roma e al Mondo, con l’annessa indulgenza plenaria, e ha espresso l’augurio di Buona Pasqua in 62 lingue di tutti i continenti, tra cui l’arabo, il mongolo e il cinese. In italiano, perché la luce sfolgorante di Cristo risorto “giunga specialmente laddove c’è gente che soffre”, “consolidi l’unione e la concordia della comunità nazionale”.

 

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Canto d’ingresso: Surrexit Dominus vere, alleluia.

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Il primo saluto del Risorto, “Pace a voi”, Giovanni Paolo II lo ha pronunciato già all’inizio della Messa di Pasqua, quando ha venerato, come è tradizione, l’antica icona del Salvatore chiamata acheropìta, cioè non dipinta da mano d’uomo, portata probabilmente dall’Oriente e custodita a Roma nel Santuario della Scala Santa. Nella Preghiera dei fedeli, di drammatica attualità un’invocazione “per le persone  ferite e oltraggiate dalla guerra nello spirito e nel corpo, per i soldati di tutti i fronti”, perché nutrino “pensieri di pace  e non di vendetta, di ricostruzione e di vita”.

 

 

 

UNA VEGLIA GIOIOSA E SUGGESTIVA QUELLA CHE IERI SERA HA PRESIEDUTO

 GIOVANNI PAOLO II IN SAN PIETRO. GREMITA DI FEDELI LA BASILICA VATICANA

 DOVE SETTE CATECUMENI SONO STATI BATTEZZATI DAL PAPA.

 NELLA SUA OMELIA IL SANTO PADRE HA VOLUTO SOTTOLINEARE IL SENSO DELLA

 RESURREZIONE DI CRISTO, EVENTO CHE HA CAMBIATO LA STORIA

DELL’UOMO CUI DIO HA DONATO UNA NUOVA VITA

- Servizio di Tiziana Campisi -

 

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(musica)

 

“‘E’ risorto, non è qui’. Questa sconvolgente notizia, destinata a cambiare le sorti della storia, continua da allora ad echeggiare di generazione in generazione: annuncio antico e sempre nuovo. E' risuonata ancora una volta durante questa Veglia pasquale, madre di tutte le veglie, e si sta diffondendo in queste ore per tutta la Terra”.

 

Nella notte in cui Cristo ha vinto le tenebre del peccato con la Risurrezione, la madre di tutte le veglie, come l’ha definita Sant’Agostino, Giovanni Paolo II ha voluto far riflettere i fedeli sul mistero della Redenzione. Il Santo Padre, che ieri sera, nella Basilica Vaticana, ha presieduto la veglia pasquale concelebrando con 24 cardinali, ha sottolineato il senso che nella storia ha la notte di Risurrezione.

 

“In questa Notte Santa è nato un popolo nuovo con il quale Iddio ha suggellato un'eterna alleanza nel sangue del Verbo incarnato, crocifisso e risorto”.

 

La solenne celebrazione ha avuto inizio con il rito del lucernario, la benedizione del fuoco con il quale è stato acceso il cero pasquale e cui è seguita la liturgia della parola che ha ripercorso le tappe della Rivelazione narrate nella Sacra Scrittura. Al termine della Liturgia della Parola l’Exsultet, l’annunzio della Pasqua, poetico e gioioso rendimento di grazie per la gloriosa Risurrezione di Cristo.

 

(Canto dell’Exsultet)

 

Nella sua omelia il Papa si è rivolto anche ai sette catecumeni provenienti dall’Africa, dagli Stati Uniti, di nazionalità italiana e nipponica che ha battezzato e confermato nelle fede con l’unzione del crisma e ha poi ammesso al sacramento dell’Eucaristia. A loro ha voluto ricordare le parole di San Paolo nell’Epistola ai Romani.

 

"Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova".

 

Gremita la basilica di San Pietro nelle cui navate, alla fine della solenne celebrazione, si è levato il canto del Regina Coeli.

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 aprile 2003

 

 

 

DIO CI CONCEDA TEMPI MIGLIORI, LIBERI DALL’ODIO E PIENI DI PACE:

COSI’ IL PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, MICHEL SABBAH,

NELLA MESSA DI PASQUA DAVANTI ALL’EDICOLA DEL “SEPOLCRO VUOTO”

- Servizio di Graziano Motta -

 

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Festa della Risurrezione nella Basilica eretta, laddove essa avvenne all’alba di una domenica di oltre 2 mila anni fa, e che quest’anno è Domenica delle Palme per i fratelli ortodossi. Così, mentre il patriarca latino Michel Sabbah celebrava stamattina la Messa solenne davanti all’edicola che custodisce il Sepolcro vuoto di Gesù, e poi guidava attorno ad essa la triplice processione caratterizzata dalla proclamazione dei Vangeli, nella stessa Rotonda dell’Anastasi erano pure dei fedeli con rami di palme e di ulivo, in attesa di unirsi ad un’altra processione con i patriarchi e vescovi dei riti orientali. Gerusalemme affollata anche di tanti ebrei venuti da ogni parte di Israele, perché richiamati dalla tradizionale benedizione pasquale dei Cohanim, dinanzi al muro occidentale dell’antico tempio.

 

“Chiedo a Dio di concederci tempi migliori” - ha detto nell’omelia il patriarca Sabbah - “tempi liberi dal sangue e dall’odio, pieni di giustizia e di pace e di sicurezza, tempi nei quali tutti insieme in questa Terra Santa comunichiamo nella medesima visione di Dio, che ricolma i nostri cuori di amore e di perdono”. Riflettendo sul messaggio della festa nella sua significazione profonda il patriarca si è soffermato sulla rivelazione che Dio è amore e ci insegna nello stesso tempo che la legge fondamentale della perfezione umana, e dunque la trasformazione del mondo, è il comandamento nuovo della carità.

 

 “La strada dell’amore “ – ha detto – “è aperta a tutti. E noi dobbiamo percorrerla per purificare e raddrizzare i nostri percorsi. Se siamo privi della nostra libertà, la causa sta innanzitutto in noi stessi”. Infine, ha rivolto ai governanti dei due popoli un messaggio e un augurio perché pratichino la giustizia e ricerchino le vie della pace, e a quelli israeliani in particolare perché mettano fine all’oppressione, alla servitù e all’insicurezza del popolo. “Il terrorismo sparirà” - ha detto - “con la sparizione della servitù”.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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AD UN MESE DALL’INIZIO DELLA GUERRA PRIMI SEGNI DI RINASCITA IN IRAQ:

LA PASQUA E’ STATA CELEBRATA DA CRISTIANI AFFLUITI NUMEROSI NELLE CHIESE.

 CIRCA UN MILIONE DI SCIITI PARTECIPERANNO INOLTRE AD UN PELLEGRINAGGIO SEMPRE VIETATO DA SADDAM

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

I cristiani iracheni hanno  affollato oggi le chiese per celebrare la prima Pasqua dalla  caduta del regime di Saddam Hussein. Intanto prosegue la marcia di circa un milione di  pellegrini sciiti verso la città santa di Karbala, dove nei  prossimi giorni terranno il loro primo grande raduno dal 1977. Tra una settimana poi, riferisce l’agenzia di stampa France Presse, l'aeroporto internazionale di  Baghdad ritornerà in attività, ma solo per consentire agli aiuti umanitari di giungere a destinazione.

 

Ieri intanto, accolti da migliaia di persone, come veri e propri eroi, in uno sventolare festoso di bandiere americane, hanno fatto ritorno negli Stati Uniti i sette ex prigionieri di guerra Usa in Iraq. E’ iniziato anche il rientro dei marine a dimostrazione che la vittoria militare anglo-americana è ormai cosa certa. Ma quali le conseguenze di questo epilogo del conflitto bellico in Iraq? Davide Martini lo ha chiesto ad Ernesto Galli della Loggia, editorialista del Corriere della Sera.

 

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Credo che la vittoria militare anglosassone potrebbe anche comportare, al di fuori di ogni previsione, una grande ondata di odio antioccidentale, di sommovimento politico. Il contemporaneo disfacimento dell’impopolare regime di Saddam Hussein potrebbe stimolare una riflessione, una sorta di autocritica del mondo arabo. Di autocoscienza delle proprie peculiarità politiche, ed anche culturali. Processo che potrebbe avere esiti positivi. E’ difficile dire oggi quale sarà il futuro...vedo molta incertezza. Sarebbe sbagliato leggerlo esclusivamente in senso negativo. Potrebbero esserci degli sviluppi positivi su vasta scala conseguenti alla vittoria americana a cominciare dalla risoluzione dello scontro israelo-palestinese.

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Il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder si è dichiarato profondamente dispiaciuto per ''le critiche eccessive'' all'atteggiamento degli Stati Uniti nella crisi irachena. E’ quanto emerge nelle dichiarazioni da lui rilasciate al settimanale ''Der Spiegel''. Intanto si fanno sentire gli effetti del boicottaggio dei prodotti francesi negli Stati Uniti, come conseguenza della posizione adottata dalle autorità di Parigi sulla guerra in Iraq. Gli importatori di vino francese registrano cali nelle vendite degli ultimi due mesi. Come spiega Pierantonio Lacqua, corrispondente dell’Ansa da Parigi, al microfono di Fausta Speranza.

 

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R. – I segni concreti già si vedono per quanto riguarda la vendita di vini, di formaggi e di altri prodotti del made in France negli Stati Uniti, però ovviamente qui l’allarme e l’attenzione è soprattutto su cosa potrà decidere l’amministrazione Bush, per esempio estromettere il gruppo petrolifero Total-Fina che è il più grosso gruppo petrolifero che è quotato alla Borsa di Parigi, dalla ricostruzione dell’Iraq e quindi dai contratti anche per il petrolio. Vorrebbe dire anche allentare i rapporti tra Francia e Stati Uniti a livello anche di cooperazione militare, quindi non è soltanto in gioco qualche bottiglia in più di vino, ma anche grossi accordi che coinvolgono i due Stati. Ovviamente bisognerà vedere se nell’amministrazione Bush prevale la linea Ramsfeld oppure quella di Colin Powel che vorrebbe, tutto sommato, mettere una pietra sopra.

 

D. – Perché secondo lei viene assolta in qualche modo la Germania che stava a fianco della Francia al no alla guerra?

 

R. – La Francia ha preso una posizione senz’altro molto più aggressiva perché ad un certo punto ha anche minacciato l’uso del veto, quindi la Francia ha un peso specifico a livello di Onu molto superiore a quello della Germania. Quando gli Stati Uniti cercavano i voti all’Onu per far passare anche il nullaosta alla guerra, la Francia adirittura ha fatto campagna contro in modo estremamente attivo. Poi oviamente, sullo sfondo, c’è che storicamente la Francia con Shirac, che ricordiamo è un gollista, ha sempre cercato anche di vedere l’integrazione europea, la costruzione dell’Europa come un’opportunità per costruire un polo in un certo modo distinto e alternativo agli Stati Uniti.

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Nella serata di ieri quattro soldati americani e un bambino iracheno sono rimasti feriti a causa dello scoppio di un proiettile inesploso a Baghdad. Ed oltre al pericolo mine, la capitale irachena vive ore drammatiche a causa dell’emergenza umanitaria. Proprio poche ore fa è giunto a destinazione un primo convoglio di  aiuti alimentari delle Nazioni Unite in viaggio da quattro giorni dalla Giordania. Ma la situazione più difficile rimane quella negli ospedali, in cui si lavora in condizioni precarie. Gli aiuti stanno arrivando anche grazie ad alcune Ong italiane presenti nella città. Gino Strada, fondatore di Emergency, denuncia le  grosse difficoltà in cui si trova la popolazione civile, al microfono di Benedetta Capelli.

 

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R. - E’ una città devastata, la capitale di un Paese che ha le più grandi riserve di petrolio al mondo e nella quale non c’è diesel per far funzionare i generatori delle sale operatorie perché gli ospedali possano lavorare. La popolazione è spaventata, e soprattutto sta soffrendo molto. Pochissimi negozi sono aperti, quindi anche trovare cibo non è facile. Sono arrivate qui a Baghdad tre autocisterne, provenienti dal Kusdistan, con 45mila litri di gasolio per far funzione i generatori del più grande ospedale di Baghdad. E’ incredibile che in una città come questa i feriti debbano starsene a morire nelle moschee perché nessuno può operarli.

 

D. – Si parla di un pericolo di mine...

 

R. – E’ pieno anche di cluster-bombs che stanno facendo a pezzi famiglie e  bambini.

 

D. – Lei di guerre ne ha viste tante. Questa ha qualcosa di diverso dalle altre?

 

R. – Secondo me questa ha una caratteristica di particolare crudeltà. L’unica cosa che le truppe di occupazione hanno protetto in questa città è stato il ministero del petrolio. Per il resto: fabbriche, ospedali, scuole nessuna protezione per la popolazione civile. Credo che l’informazione sia parte della guerra, è un’arma, e sta facendo il suo gioco: il gioco di far credere che Baghdad sia una città festante, liberata. La realtà è che la popolazione sta soffrendo oggi in un modo veramente drammatico.

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E se nelle maggiori città irachene è ancora grave l’emergenza umanitaria, nel Kurdistan la maggior preoccupazione è per il rinvenimento delle fosse comuni. L’ultima è stata trovata ieri nel nord dell'Iraq non  distante dalla città di Ebril e  testimonia l'eccidio di 32 persone avvenuto ad opera delle forze di Saddam  Hussein nel 1991.  Ma quali gli effetti del conflitto iracheno nel Kurdistan? Ci risponde Giuseppe Renda,delegato della Croce Rossa internazionale, raggiunto telefonicamente ad Ebril.

 

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R. - Dei tre governatorati sotto il controllo curdo a questo punto si può dire che per fortuna gli effetti del conflitto si sono fatti sentire in maniera molto lieve. Rimane un’incertezza riguardo al futuro del Kurdistan ed al ruolo che i curdi avranno nel futuro Iraq.

 

D. – Ci sono profughi?

 

R. – Nel Kurdistan iracheno no, erano poche le famiglie particolarmente vulnerabili da  noi assistite: circa 3mila persone, nelle tre settimane passate. E’ chiaro che ci sono da 30 anni dei profughi in Iraq, anche nel Kurdistan iracheno si parla di 600-800 mila persone che negli anni passati si sono dovute comunque spostare. Per è bene distinguere: se parliamo di quest’ultimo conflitto non ci sono state ondate di  profughi. I principali problemi riguiardano l’acqua e l’elettricità, elementi di cui grazie al cielo dispongono in maniera sufficiente gli ospedali. Non parlerei quindi di emergenza.

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E concludiamo con la notizia dei primi risultati positivi della caccia ai tesori trafugati da vari musei di Baghdad nel corso dei saccheggi seguiti all'arrivo delle forze americane e al crollo del regime di Saddam Hussein. La polizia di frontiera giordana ha già rinvenuto 42 quadri sottratti dal Museo Nazionale di Baghdad: si tratta del primo ritrovamento dopo l'allarme internazionale fatto scattare dall'Interpol. Alcune opere d’arte sono state reperite nella valigia di un non meglio identificato giornalista arabo.

 

 

“I DIECI COMANDAMENTI” IN UN MUSICAL COLOSSALE

AL GRAN TEATRO DI ROMA

- Intervista con Giancarlo Golzi -

 

 

Un musical per raccontare la storia di Mosè e l’epopea del popolo ebraico fino alla consegna delle Tavole della Legge. Si tratta del kolossal musicale “I Dieci Comandamenti”, che ha debuttato ieri sera al Gran Teatro di Roma e dove resterà fino all’8 giugno prossimo. Ideato nel 2000 in Francia da Pascal Obispo e diretto da Elie Chouraqui, “I Dieci Comandamenti” arriva in Italia grazie alla “New Theatre” di Guido e Maurizio De Angelis e si avvale della traduzione e della direzione artistica di Giancarlo Golzi. Il musical, che alterna quadri corali e travolgenti con momenti di struggente poesia, si avvale di un nutrito gruppo di  ballerini-acrobati e di 8 giovani cantanti protagonisti. Tra questi, Massimo Moschetto nel ruolo di Mosè, Barbara Eramo nel ruolo di Sephora, ed Irene Fornaciari nel ruolo di Miryam. Al musical è abbinata anche una campagna di solidarietà a favore di Emergency, a cui sarà devoluto parte del ricavato della vendita di ogni biglietto. Il servizio è di Maria Di Maggio.

 

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(musica)

 

La storia di Mosè e l’esodo del popolo ebraico verso la Terra Promessa, dalla fuga dall’Egitto fino alla consegna delle Tavole della Legge, rivivono nel musical “I Dieci Comandamenti”, uno spettacolo corale ed intenso, dal forte impatto visivo e dal profondo significato etico e spirituale. Attraverso una commistione tra generi musicali diversi ed un linguaggio multimediale, “I Dieci Comandamenti” vuole essere un inno alla pace ed al dialogo interreligioso, come racconta ai nostri microfoni Giancarlo Golzi, direttore artistico della versione italiana del musical.

 

R. – Le tematiche di questo musical sono i valori universali come la tolleranza, l’amore, nei confronti del proprio popolo o nei confronti di Dio, la pace. Ecco, questi sono i concetti fondamentali. Naturalmente accoppiati a questi c’è anche la forza, la passione, la paura: tutti elementi che entrano a far parte di questo musical.

 

(musica)

 

D. – “I Dieci Comandamenti” è un musical dal forte impatto visivo ed emotivo. Qual è il momento all’interno del musical che lei ritiene particolarmente significativo, particolarmente emozionante?

 

R. – Io mi sono commosso nella celebre sequenza del Mar Rosso che si apre al popolo ebraico e si richiude sopra le truppe del faraone che lo inseguono. Noi abbiamo cambiato la scena proprio per dare un messaggio di pace: invece di far chiudere le acque sull’esercito del faraone, c’è un incontro, da una parte e l’altra del mare, tra i due fratelli, Ramses e Mosè, e incontrandosi rinasce in loro l’amore fraterno che avevano condiviso durante la loro gioventù. Ed è un momento molto toccante, perchè alla fine si abbracciano e la gente, vedo, si entusiasma tantissimo e si spella le mani. E’ un momento di grande fratellanza e di amore.

 

(musica)

 

D. – In conclusione, qual è il messaggio che parte dal musical “I Dieci Comandamenti”?

 

R. – Il messaggio più importante sono i valori universali come la tolleranza, l’amore e la pace. Questo arriva alla gente e mi fa piacere vedere che la gente ne rimanga sorpresa, e felice ritorna la seconda volta, la terza volta, portando i bambini più piccoli, i ragazzi, perché si rendono conto che è uno spettacolo piacevole sotto l’aspetto spettacolare, ripeto, ma anche educativo sotto il piano morale, per i giovani e i ragazzi. Soprattutto in un periodo come questo siamo felici di riuscire a portare un messaggio di pace e una parola di pace.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

20 aprile 2003

 

 

NOTTE DI VIOLENZA NEL CAMPO PROFUGHI DI RAFAH, NEL SUD DELLA STRISCIA

DI GAZA, DOVE SONO MORTI CINQUE PALESTINESI ED UN SOLDATO ISRAELIANO.

IL PREMIER PALESTINESE ABU MAZEN HA MINACCIATO DI RINUNCIARE AL SUO INCARICO, DOPO UN NUOVO SCONTRO COL PRESIDENTE YASSER ARAFAT

SULLA SCELTA DEL MINISTRO DELL'INTERNO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

RAFAH. = Si è conclusa all'alba di stamani una massiccia incursione israeliana nel campo profughi di Rafah, nel sud della striscia di Gaza. Durante l’azione militare sono rimasti uccisi cinque palestinesi ed un soldato israeliano. Le fonti della sicurezza palestinese hanno affermato che gli israeliani sono penetrati in città con oltre 40 carri armati e con l'appoggio degli elicotteri d'attacco. I soldati hanno sparato con armi automatiche e hanno distrutto diverse abitazioni del campo profughi. Nel timore di attentati palestinesi, la polizia israeliana è stata dislocata questa mattina in modo massiccio a Gerusalemme, in particolar modo nella Città Vecchia dove oggi si svolgono sia le celebrazioni della Pasqua cristiana, sia quelle delle Pasqua ebraica. Sul fronte politico il premier palestinese incaricato, Abu Mazen, ha abbandonato ieri sera i colloqui sul nuovo governo ed ha minacciato di rinunciare al suo incarico, dopo un nuovo scontro col presidente palestinese Yasser Arafat sulla scelta del ministro dell'Interno. Sempre ieri sera si sono tenute conversazioni telefoniche tra il premier spagnolo Josè Maria Aznar ed i presidenti della Libia e dell’Algeria, rispettivamente Muhammar Gheddafi, e Abdelaziz Buteflika. Scopo dei contatti: agevolare la messa in atto della “road  map” per il processo di pace tra israeliani e palestinesi, alla  luce degli ultimi eventi iracheni. L’attività diplomatica di Aznar continuerà il 22 aprile quando a Parigi incontrerà il suo omologo francese Jean Pierre Raffarin, ed ancora il  23 aprile quando incontrerà il primo ministro britannico Tony  Blair.

 

 

IL GOVERNO CINESE HA DICHIARATO CHE NEL PAESE I DECESSI CAUSATI

DALLA POLMONITE ATIPICA SONO STATI FINORA 79. SULLA CRISI PROVOCATA

 DALLA SARS SI TERRÀ IL PROSSIMO 29 APRILE A BANGKOK UN VERTICE DI EMERGENZA ORGANIZZATO DALL’ASEAN, L’ASSOCIAZIONE DI COOPERAZIONE POLITICA ED ECONOMICA DEI PAESI DEL SUD-EST ASIATICO

 

PECHINO. = Sotto tiro per non aver fornito dati corretti sulla polmonite atipica, la Cina ha oggi fornito nuove cifre sul numero dei decessi causati dalla Sars. “In tutto il Paese - ha detto il vice ministro della sanità Gao Qiang - i casi di polmonite atipica sono 1.807 ed i decessi sono stati finora 79”. Nella sola Hong Kong sono state 7 le persone vittime dell’epidemia. Il vice ministro ha aggiunto che “quest’anno non ci sarà la settimana di vacanza in occasione della festa del lavoro per evitare nuovi rischi di diffusione della polmonite atipica”. La minaccia del diffondersi della malattia ha messo in allerta anche altri governi del Continente asiatico, preoccupati per le conseguenze che la Sars potrebbe avere sulla salute pubblica, l’economia e il turismo. Per discutere della crisi provocata dall’epidemia si terrà il prossimo 29 aprile a Bangkok un Vertice con i capi di Stato dei 10 Paesi aderenti all’Asean, l’associazione di cooperazione politica ed economica regionale fondata nel 1967 nella capitale thailandese. La Cina non è stata invitata al Summit. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri tailandese. “All’incontro parteciperanno i dieci membri dell'Associazione asiatica e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)”, ha aggiunto il portavoce smentendo alcune dichiarazioni precedenti, secondo le quali la Cina avrebbe presenziato al Vertice. L’Asean ha il duplice obiettivo di accelerare la crescita economica del Sud-Est asiatico e di promuovere la pace e la stabilità regionale. (A.L.)

 

 

SI È VOTATO IERI IN NIGERIA PER L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E DEI GOVERNATORI DEI 36 STATI CHE COMPONGONO LA FEDERAZIONE. IL FAVORITO E’ L’ATTUALE PRESIDENTE, IL CRISTIANO OLUSEGIN OBASANJO

 

ABUJA. = Dopo le elezioni della scorsa settimana per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale, ieri si è votato in Nigeria per l'elezione del presidente della Repubblica e dei governatori dei 36 Stati che compongono la federazione. Non si conosce ancora l’esito delle consultazioni elettorali e, nonostante le piogge torrenziali, i nigeriani hanno risposto in massa alla  chiamata alle urne. L’eventuale secondo turno si svolgerà il prossimo 29 aprile. L'unico candidato che potrebbe ottenere un maggior numero di consensi dell’attuale presidente cristiano Olusegin Obasanjo, del Sud del Paese, è il musulmano Muhammadu Buhari. Le prime elezioni presidenziali nigeriane dalla fine del regime militare, avvenuta nel 1999, sono state purtroppo funestate da un grave episodio di violenza. Nella zona del Delta, ricca di giacimenti petroliferi, nel corso di una manifestazione promossa dai sostenitori del Partito dell’opposizione, la polizia ha aperto il fuoco per disperdere i dimostranti ed ha ucciso sei persone.  A partire dal 2000, i violenti scontri tra la comunità cristiana, che costituisce il 40 % della popolazione, e quella musulmana, hanno provocato in Nigeria migliaia di vittime. (A.L.)

 

 

“LA VENDETTA, LA RITORSIONE E LA GUERRA UCCIDONO LA SPERANZA”.

E’ QUESTO IL MESSAGGIO RIVOLTO AI CALABRESI DAL VESCOVO DI LOCRI,

 MONS. GIANCARLO BREGANTINI

 

REGGIO CALABRIA. = “La vendetta, la ritorsione e soprattutto la guerra  non producono nulla di buono ma, al contrario, uccidono la speranza e preparano un futuro fondato sul terrore e l’odio sia nelle nostre case che a livello mondiale". Lo scrive il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Bregantini in un messaggio rivolto ai calabresi attraverso il giornale on-line "Calabria Ecclesia Magazine". “Con la vendetta – prosegue il vescovo – si può avere l’impressione di aver sconfitto il proprio nemico ma, in realtà, a vincere in questi casi è sempre il profondo senso di vuoto e di solitudine”. In occasione della Pasqua  l’arcivescovo di Reggio Calabria  e presidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Vittorio Mondello, ha ricordato che  “la fede non ci toglie dalla fatica della storia, ma ci libera”. “Ogni giorno – ha aggiunto - con la forza dell’Eucaristia, noi credenti, proclamiamo il mistero della morte che dona la vita per portare, nella notte del mondo, la luce del Risorto". "Affermare la presenza del Risorto negli avvenimenti – conclude il presule - significa cambiare radicalmente il rapporto con essi: significa trasferirli dall’ordine delle cose a quello della grazia”. (A.L.)

                         

 

L’EPIDEMIA DI MENINGITE HA PROVOCATO IN BURKINA FASO QUASI MILLE MORTI.

LO RENDE NOTO IL MINISTERO DELLA SANITÀ DEL PAESE CHE,

CON LA COLLABORAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ, SOMMINISTRERÀ APPOSITI VACCINI ALLA POPOLAZIONE

 

OUAGADOUGOU. = Una vasta epidemia di meningite sta sconvolgendo il Burkina Faso, dove dall’inizio di quest’anno sono morte, a causa di questa malattia, più di 900 persone. Le persone contagiate da gennaio a oggi sono 6234. Lo ha reso noto con un comunicato il ministero della Sanità del Paese.  L’epidemia ha colpito 53 distretti, quasi tutti situati nelle regioni meridionali di Batie, Manga e Po ed in quelle orientali di Parma e Diapaga. Le autorità africane, con la collaborazione dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), hanno organizzato laboratori ambulanti per studiare il virus e somministrare appositi vaccini alla popolazione. L'alto numero di casi registrati negli ultimi due anni in molti Paesi africani, dopo un periodo in cui la malattia sembrava sotto controllo, sarebbe legato alla presenza di un particolare ceppo di meningococco, denominato W135, tipico dell'Arabia Saudita. La meningite colpisce i Paesi africani soprattutto nei mesi di marzo e aprile, quando l’arrivo dell’Harmattan, il vento secco che viene dal deserto, porta con sé il virus. Secondo la autorità sanitarie del Burkina Faso, il batterio sarebbe entrato nel Paese insieme ai molti musulmani locali di ritorno dal loro pellegrinaggio alla Mecca avvenuto nel 2000. (A.L.)

 

 

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