RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 108 - Testo della
Trasmissione di venerdì 18 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’emergenza umanitaria e la salvaguardia del patrimonio culturale in primo piano nell’Iraq del dopo Saddam. Clima tranquillo in Siria, sotto le pressioni americane. Con noi, il responsabile della Caritas Paolo Beccegato, il dirigente dell’Unesco Francesco Bandarin e il vescovo siriano Boutros Marayati.
CHIESA E SOCIETA’:
A
conclusione del vertice di Atene l’Ue tenta di ricompattarsi sull’argomento
iracheno.
Virus
Sars: Entro dieci giorni tre nuovi test per rintracciare gli eventuali contagi.
Risoluzione
moderata per Cuba da parte della Commissione Onu per i diritti umani.
Grande
manifestazione per la pace oggi a Bukavu in Congo.
Nuovi
scontri in Sri Lanka tra musulmani e guerriglieri tamil.
18 aprile 2003
IERI POMERIGGIO LA FIRMA DEL PAPA
ALL’ENCICLICA SULL’EUCARISTIA
DURANTE
LA MESSA IN COENA DOMINI NELLA BASILICA VATICANA
DOVE
FRA QUALCHE ORA IL PONTEFICE SCENDERA’ DI NUOVO
PER LA
CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE.
DOMATTINA
L’ORA DELLA MADRE A SANTA MARIA MAGGIORE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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L’Eucaristia è dono grande per la Chiesa e per il mondo.
Proprio perché sia riservata sempre più profonda attenzione al sacramento
dell’Eucaristia, ho voluto offrire all’intera comunità dei credenti
un’enciclica, il cui tema focale è il Mistero eucaristico: Ecclesia de
Eucharistia.
**********
Con queste parole il Santo
Padre ha offerto alla Chiesa la sua 14.ma Enciclica, firmandola subito dopo
l’omelia pronunciata durante la Messa in Coena Domini nella Basilica Vaticana,
rinnovando quell’Ultima Cena durante la quale il Signore Gesù, nella notte in
cui veniva tradito, amando fino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a
Dio Padre il suo Corpo e Sangue sotto le specie del pane e del vino, li diede
agli Apostoli in nutrimento e comandò loro, e ai loro successori nel
sacerdozio, di farne l’offerta. Ritorniamo sul contenuto dell’Enciclica con
questa riflessione del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione
per il culto divino e la disciplina dei sacramenti:
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In questa enciclica ricca di dottrina fin dal titolo,
“Ecclesia de Eucaristia”, il Santo Padre dice che la Chiesa trae la sua vita
dall’Eucaristia. La Chiesa stessa è nata nel triduo pasquale di Giovedì, Venerdì
e Sabato Santo e, con la Resurrezione di Gesù, la domenica di Pasqua. L’origine
della Chiesa mostra l’Eucaristia al centro della sua vita. Il Santo Padre
intende con questa enciclica rafforzare la fede eucaristica nella Chiesa, anche
perché ci sono casi in cui viene meno questa fede o la sua manifestazione. Il
documento è composto di sei capitoli, e nulla può essere più importante di
studiarlo con attenzione.
In breve, nel primo capitolo il Santo Padre ci parla
dell’Eucaristia come mistero della fede e dono di Gesù alla sua Chiesa. Che
cosa poteva fare di più Gesù? Ha consegnato se stesso nelle mani della Chiesa,
come sacrificio e come sacramento, dove lui è veramente presente: con la transustanziazione,
terminologia applicata durante il Concilio di Trento, non c’è più pane, ma il
corpo di Gesù; non c’è più vino, ma il sangue di Gesù. Nel secondo capitolo,
l’Eucaristia costruisce la Chiesa: le parole di Gesù e le sue azioni mostrano
questo. Siamo battezzati, siamo nutriti dall’Eucaristia nella Chiesa. La Chiesa
dall’Eucaristia trae la forza per promuovere la sua missione e la sua unità.
Capitolo terzo: apostolicità dell’Eucaristia e della Chiesa. L’Eucaristia è
stata affidata agli Apostoli e celebrata in conformità con la fede degli
Apostoli, guidata dagli Apostoli e dai loro successori, il Papa ed i vescovi,
nella storia. Così il sacerdote agisce in “persona Christi”, perché è stato
ordinato dal vescovo che trae la sua origine nella successione apostolica, cioè
ogni vescovo può rintracciare in chi l’ha ordinato uno dei 12 Apostoli.
Quarto capitolo: l’Eucaristia e la
comunione. Comunione, nel senso che l’Eucaristia promuove l’unità, la
comunione. La Chiesa stessa è stata definita dal Concilio Vaticano II e dal
Sinodo dell’85 come una comunione: siamo uno in Cristo. Questo sacramento
presume per la celebrazione che ci sia nel riceverlo già un’unità. E’ vero che
vogliamo l’unità di tutti i cristiani, ma è anche vero che se non siamo uniti
nella fede eucaristica non possiamo concelebrare con altri cristiani. Quando
saremo riuniti nella fede, in un’unica Chiesa, potremo celebrare insieme e
ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù. Capitolo quinto: dignità della
celebrazione eucaristica. Si deve celebrare l’Eucaristia con molta venerazione e fede. Il Santo Padre
lamenta alcuni abusi qua e là nella Chiesa e ha chiesto ad alcuni dicasteri
della Santa Sede di preparare un secondo documento sulla disciplina eucaristica.
Il Pontefice chiude con un capitolo su Maria Santissima, la Vergine che ha
portato Gesù in grembo, in un certo senso il primo tabernacolo. La Madonna ci
conduce all’Eucaristia.
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Mistero veramente grande
l’Eucaristia - ha tenuto a sottolineare
ieri sera Giovanni Paolo II – mistero incomprensibile per la ragione umana, ma
così luminoso per gli occhi della fede!
La Mensa del Signore nella semplicità dei simboli eucaristici - il pane e il vino condivisi - si rivela anche
quale mensa della concreta fratellanza. Il messaggio che da essa promana è
troppo chiaro perché lo si possa ignorare: quanti prendono parte alla
celebrazione eucaristica non possono restare insensibili di fronte alle attese
dei poveri e dei bisognosi. Il Pontefice ha quindi proseguito:
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Proprio in
questa prospettiva desidero che le offerte raccolte durante questa celebrazione
vadano ad alleviare le urgenti necessità di quanto soffrono in Iraq per le
conseguenze della guerra. Un cuore che ha sperimentato l’amore del Signore si
apre spontaneamente alla carità verso i fratelli.
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Suggestivo rito la lavanda dei
piedi a 12 sacerdoti e, poi, alla preghiera dei fedeli l’invocazione al Signore
che presto riunisca le Chiese di Oriente e di Occidente. Al termine della
liturgia, l’Eucaristia è stata portata solennemente nella cappella della
reposizione.
(canto: Pange lingua)
Oggi, Venerdì Santo, la Chiesa
commemora la propria origine dal fianco trafitto di Cristo e intercede per la
salvezza di tutto il mondo. Il Papa, pure oggi verso mezzogiorno, è sceso in San Pietro dove ha confessato una decina
di fedeli. Questo pomeriggio presiederà la celebrazione della Passione del
Signore a partire dalle ore 17 nella Basilica Vaticana. La nostra
emittente ne curerà la radiocronaca con
il commento in italiano e francese sulle onde corte, le onde medie e la
modulazione di frequenza. Il Pontefice non terrà l’omelia ma tutti ascolteranno la riflessione che
verrà offerta dal padre cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa
pontificia. Questa sera la via Crucis al Colosseo. Ancora il cardinale Arinze
sul significato di questa giornata:
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Oggi la Chiesa celebra il mistero centrale della sofferenza, della
morte e sepoltura del Nostro Salvatore Gesù Cristo. Gesù fu falsamente accusato
dai Sadducei e Farisei che si sentirono
colpiti nel loro orgoglio dalla vita e dall’insegnamento di Gesù. Ponzio
Pilato, sebbene sapesse che Gesù era innocente, lo consegnò perché fosse
crocifisso per ragioni politiche e per evitare problemi personali. Le persone
che erano state aiutate dai miracoli di Cristo, si allontanarono, perché lui
non era il tipo di Messia che aspettavano, terreno e con programmi materiali. Anche
gli Apostoli, eccettuato San Giovanni, lo abbandonarono e furono disillusi
dalla possibilità che lui instaurasse il regno che avevano pensato sulla terra.
Se riflettiamo e guardiamo dentro i nostri cuori, vedremo che queste persone
sono in qualche modo un riflesso di noi stessi. Siamo tutti responsabili
dell’atroce sofferenza e della morte di Nostro Signore. Tutti noi abbiamo
bisogno di pentirci.Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la
tua Croce Santa hai redento il mondo. Vogliamo seguirti sulla via della Croce,
e con te arrivare il terzo giorno alla resurrezione gloriosa.
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Domani, Sabato Santo, giornata
aliturgica, la Chiesa veglierà assieme a Maria in attesa della
Risurrezione del suo Signore. Nella patriarcale Basilica di Santa Maria
Maggiore in Roma, dalle 10.30 alle 11.30 sarà celebrata anche quest’anno, per
tradizione ormai ventennale, l’Ora della Madre, l’Ora cioè della fede dolorosa
di Maria e della sua trepida attesa della Risurrezione di Gesù. Presiederà la
celebrazione il cardinale arciprete della Basilica, Carlo Furno. Eseguirà i
canti la corale Jubilate Deo, diretta da suor Maria Dolores Aguirre, con
la partecipazione attiva dell’assemblea dei fedeli. Il rito attinge testi e
ispirazione dalla Chiesa bizantina la quale veglia tutta la notte del Venerdì
Santo e fino al mattino del Sabato Santo davanti all’immagine del Cristo morto.
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(canto)
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IL RITO DELLA VIA CRUCIS PRESIEDUTO DAL PAPA
STASERA AL COLOSSEO:
PORTERANNO
LA CROCE UNA FAMIGLIA IRAKENA,
LA
MOGLIE E I FIGLI DEL MEDICO CARLO URBANI,
AFRICANI
DELLA LIBERIA E SIERRA LEONE, FRANCESCANI DI TERRA SANTA
- Con
noi, il vescovo Piero Marini -
Questa sera
alle ore 21, com’è tradizione, il Papa presiederà la Via Crucis al Colosseo,
che quest’anno, a pochi giorni dalla fine del conflitto in Iraq, assume
particolare significato. Saranno 56 gli enti televisivi di 40 Paesi d’Europa,
Americhe, Asia e Africa che seguiranno in diretta questo avvenimento. Il
servizio di Carla Cotignoli:
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“La
passione di Cristo continua nei drammatici eventi che, purtroppo, anche in
questi tempi, affliggono tanti uomini e donne in ogni parte della terra”.
Questa verità, espressa dal Papa all’udienza generale di mercoledì scorso, si
renderà visibile questa sera, al Colosseo. Lungo le 14 Stazioni della via
dolorosa, porteranno la croce una famiglia irachena, la vedova e i tre figli
del medico Carlo Urbani, che ha dato la vita, per salvarne molte altre contro
il virus della Sars, e ancora i Frati Francescani a cui è affidata la Custodia
di Terra Santa, una laica della Colombia,
laici africani della Liberia e Sierra Leone. Ci ricordano alcuni dei
tanti punti caldi del mondo segnati a tutt’oggi dalle profonde ferite della
violenza. Com’è noto saranno le meditazioni scritte nel 1976 dall’allora
arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla che illumineranno, stazione dopo
stazione, il profondo mistero della passione di Gesù. Sull’attualità di questi
testi preparati per gli esercizi spirituali di Papa Paolo VI e la Curia romana,
ascoltiamo il vescovo Piero Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche
pontificie, al microfono di Fabio Colagrande:
“Il titolo di questa Via Crucis è “Segno di
contraddizione”. Queste meditazioni del Papa hanno ancora una loro attualità,
come ad esempio quando parla di un mondo pieno di tombe e tra tutte queste
tombe ce n’è una in particolare: la tomba vuota, la tomba della Risurrezione:
pur vivendo questa triste realtà delle guerre, di tante altre difficoltà, essa
ci dà la speranza della vita”.
Non è la prima volta che il
testo della Via Crucis del Colosseo è composto dal Papa. E’ avvenuto in
occasione del Giubileo straordinario della Redenzione del 1984, l’anno del
grande Giubileo del 2000. In questo 2003 cade un altro giubileo, certo diverso:
quello del 25° del pontificato di Giovanni Paolo II. Mentre il Papa pensava a
questa Via Crucis il mondo era turbato dalle notizie, divenute via via più
precise, dell’incombente minaccia di un grave conflitto bellico. Se ogni anno
la Via Crucis al Colosseo è seguita da milioni di persone in tutto il mondo,
grazie alla mondovisione, nell’attuale clima di disorientamento, di sconfitta,
di paura del futuro, quest’anno sulla Via Crucis del Colosseo si volgeranno di
certo le attese di molti. Suonano profetiche le parole che il Papa aveva scritto per la Via
Crucis del 2000: il Nuovo millennio dovrà essere segnato dal “segno dell’amore
salvifico di Dio per l’uomo”: solo così, “trasmettendo al nuovo millennio il
segno della Croce, saremo autentici testimoni della redenzione”.
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La Via Crucis dal Colosseo sarà trasmessa in diretta dalla
nostra emittente, a partire dalle ore 21,05 con il commento in italiano, in
inglese per l’Europa occidentale, in francese per l’Africa, in spagnolo per
l’America Latina, in tedesco per l’Europa centro-occidentale e in portoghese
per il Brasile solo via satellite.
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18 aprile 2003
L’EMERGENZA UMANITARIA E LA
SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO
CULTURALE IN PRIMO PIANO NELL’IRAQ DEL DOPO SADDAM
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Il futuro dell'Iraq, ma anche le pressioni americane sulla Siria sono i
temi centrali dell’incontro di oggi a Riad tra i ministri degli Esteri dei
Paesi confinanti con l’Iraq, più l’Egitto e il Bahrein. Un summit regionale,
che avviene mentre il comando alleato decide un avvicendamento tra i militari
americani a Baghdad. Entro il 22 aprile, infatti, i marine lasceranno la
capitale irachena ed arriveranno reparti dell’esercito per meglio garantire la
sicurezza nella città. Sempre a Baghdad - dove oggi si è svolto un corteo
antiamericano da parte di alcune migliaia di cittadini - la Croce Rossa
Internazionale ha reso noto che la rete di distribuzione dell’acqua e
dell’energia elettrica è stata riparata dai suoi abitanti nel grande quartiere
popolare di Saddam City. Nelle ultime ore, le forze della coalizione hanno,
inoltre, catturato un leader del partito Baath, che il generale Vincent Brooks
ha definito “uno dei maggiori ricercati in Iraq”. Nonostante le difficoltà di ordine
pubblico, prosegue la “maratona umanitaria” per aiutare il popolo iracheno. Tra
gli organismi in prima linea, la Caritas, che - dal 1992 - è presente in Iraq
con trecento operatori su tutto il territorio. Un
impegno straordinario in questo frangente drammatico, come spiega Paolo
Beccegato, responsabile di Caritas Italia per l’Area Internazionale:
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R. – In questo momento, ci stiamo concentrando sulla
distribuzione degli aiuti alimentari, in particolare al Nord dove ci sono molte
famiglie che sono ancora fuori dalle loro case; noi ne stiamo assistendo 22
mila, soprattutto nella zona di Mossul e Kirkuk. A Baghdad, invece, la
situazione è sotto controllo però non è ancora sicura, per cui gli aiuti vanno
soprattutto in campo medico-sanitario con la fornitura di medicine ad ospedali
pubblici ed anche ad uno privato; mentre al Sud, a Bassora, la situazione è
migliorata, è più sicura e quindi in quel caso si stanno dando aiuti mirati
alle persone più bisognose.
D. – Quali sono le maggiori difficoltà che state
incontrando?
R. – Il
problema è che ancora i cortei umanitari non sono sicuri, non sono garantiti
per cui in questo momento stiamo tenendo fermo un convoglio dalla Giordania
verso l’Iraq: abbiamo troppe incertezze nel farlo partire, per cui stiamo
optando per inviare aiuti umanitari in piccole quantità attraverso piccoli
pick-up, piccoli veicoli che possano quindi permettere di raggiungere sia il
Nord, sia il Centro, sia il Sud, tenendo conto che i magazzini che avevamo
riempito prima della guerra ormai sono stati svuotati in media al 70 per cento.
D. – Qual è ora l’emergenza prioritaria per il popolo
dell’Iraq, provato da guerre, dall’embargo, da una terribile dittatura?
R. – Dunque, persiste questa grossa difficoltà di
carattere sanitario che, insomma, è sempre stata la nostra prima
preoccupazione, soprattutto per le fasce più deboli, i bambini in particolare,
anche a seguito dei primi bombardamenti. Abbiamo cercato quindi di concentrarci
ancora su questo, in modo particolare per il futuro si intravede un grosso
sforzo di ricostruzione e di riavvio di questo Paese.
D. – Al Palazzo di Vetro si discuterà presto della revoca
dell’embargo. Qual è il vostro punto di vista al riguardo?
R. – Noi, con il Papa, abbiamo sempre condannato il fatto
che questo embargo non aveva raggiunto, in questo Paese, l’obiettivo che si era
posto: cioè, aveva colpito la povera gente e non aveva poi colpito chi la
governava. Per cui, al di là di interpretazioni e giochi politici, lo strumento
in sé ha sempre suscitato grossa perplessità e grossa preoccupazione e
pensiamo, sì, che sia necessario eliminarlo, eliminare questo embargo
soprattutto per permettere l’arrivo di medicinali.
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La questione della revoca dell’embargo all’Iraq resta,
dunque, in primo piano nel dibattito politico internazionale, come ci riferisce
Paolo Mastrolilli:
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La richiesta del presidente Bush di togliere subito le sanzioni
contro l’Iraq ha incontrato resistenze all’Onu, proprio perché, secondo le
risoluzioni, per eliminare l’embargo gli ispettori del Palazzo di Vetro devono
certificare il disarmo di Baghdad. La settimana prossima, il capo di Unmovic,
Hans Blix, tornerà ad incontrare il Consiglio di Sicurezza, ma Washington non
sembra favorevole al ritorno degli ispettori. Nello stesso tempo i militari
americani non hanno ancora trovato le armi denunciate prima del conflitto e
quindi ora gli oppositori della guerra, come la Russia, non vogliono avallare
l’eliminazione delle sanzioni che, secondo loro, servirebbe solo a dare a
Washington il controllo delle risorse petrolifere irachene. Il segretario di
Stato Powell ha annunciato l’intenzione di visitare la Siria che, secondo fonti
di Washington, si preparerebbe a consegnare alcuni ex capi del regime iracheno.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Dal canto suo, il primo ministro
britannico Blair ha affermato in un’intervista al giornale Sun che gli
alleati “non si preparano a invadere la Siria” e che Damasco non è “il
prossimo” obiettivo degli anglo-americani. Ma come sta reagendo il popolo
siriano e la comunità cristiana della Siria alla vigorosa pressione degli Stati
Uniti? Alessandro Guarasci lo ha chiesto al presule siriano mons. Boutros Marayati,
arcivescovo di Aleppo degli Armeni:
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R. – Sappiamo che tutte queste cose che vengono dette
contro la Siria sono a volte superficiali ed artificiali, e non abbiamo paura.
D. – Secondo lei, però, c’è rischio che questo clima di
tensione che comunque si è creato, possa aumentare le differenze tra musulmani
e cristiani?
R. – Qui ad
Aleppo in particolare, ed in Siria più in generale, viviamo insieme da secoli,
cristiani e musulmani. La visita del Santo Padre in Siria, a Damasco, ha
lasciato fino ad oggi una buona impressione ed ha rinsaldato i rapporti fraterni
tra cristiani stessi e tra cristiani e musulmani.
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Accanto alla preoccupazione per le sofferenze del popolo
iracheno, la comunità internazionale segue, in questi giorni, con estrema
attenzione anche i risvolti rovinosi della guerra sull’immenso patrimonio
artistico dell’Iraq. In tale contesto, ieri, due consiglieri culturali del
presidente americano si sono dimessi in segno di protesta per i saccheggi al
Museo archeologico di Baghdad. In una lettera indirizzata a Bush, il presidente
della Commissione per la proprietà culturale della Casa Bianca, Micheal
Sullivan, afferma che le forze armate hanno dimostrato una “straordinaria
precisione ed efficacia nella protezione dei pozzi petroliferi iracheni”,
mentre sono state “totalmente impotenti quando si è trattato di proteggere
l’eredità culturale del popolo iracheno”. Sullivan ha, quindi, aggiunto che la
distruzione del museo di Baghdad era “prevenibile”. Proprio per mettere in
campo un programma di salvaguardia delle ricchezze archeologiche dell’Iraq, si
è svolta ieri a Parigi una riunione straordinaria dell’Unesco, aperto dal
direttore generale Matsuura. Nell’incontro, a cui
hanno preso parte esperti di tutto il mondo, è stato fatto anche un primo
provvisorio bilancio delle distruzioni dei giorni scorsi, come spiega – al
microfono di Fausta Speranza – il direttore del Centro per il patrimonio
mondiale dell’Unesco, Francesco Bandarin:
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R. – Sappiamo che la Biblioteca è stata sostanzialmente
distrutta. Così anche è andato distrutto – pare – l’archivio dei manoscritti,
la cosiddetta Saddam Library, con 40 mila manoscritti islamici, e anche quelli
sono andati distrutti.
D. – Prima dell’inizio della fase di guerra, lei ci aveva
detto che qualche precauzione era stata presa, qualcosa era stato spostato ...
R. – Per il Museo: gli oggetti più preziosi erano stati
spostati nel caveau della Banca Centrale irachena. Durante la prima fase
della guerra non sono stati bombardati. Non hanno sopravvissuto per niente bene
invece la seconda fase quando, liberata – tra virgolette – Baghdad, è partito
un fenomeno di saccheggio e di distruzione da parte pensiamo anche di forze
organizzate. C’è, lo sapevamo già che esiste in Iraq, probabilmente con una
base nei Paesi occidentali, un’organizzazione di stampo mafioso che promuove il
traffico illecito di materiali archeologici. La stima dei nostri esperti è che
ci siano almeno 300-400 persone specializzate proprio nel furto di materiale
archeologico. Vi sono già segnalazioni di materiali arrivati nei mercati
occidentali provenienti dal Museo di Baghdad.
D. – Ecco, gli
esperti riuniti hanno lanciato un chiaro appello alle forze della coalizione
...
R. – Prima di
tutto, abbiamo invitato i Paesi tutti a ratificare il Trattato di Base su
queste questioni: c’è la Convenzione dell’Aja del 1954. E’ una Convenzione per
la protezione del patrimonio culturale in caso di conflitto armato. Stati Uniti
e Gran Bretagna non sono Paesi firmatari di queste Convenzioni, quindi l’invito
è rivolto principalmente a loro perché passino oltre i dubbi che da 50 anni
impediscono loro, ai loro governi, di firmare un Trattato che è, di fatto, un
atto di civiltà: prima questione. La seconda: è stato fatto un appello molto
forte ad un’azione d’urgenza. Qui bisogna mettere la polizia a controllo dei siti
e dei musei.
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IL TRIDUO
PASQUALE IN TERRA SANTA:
GIA’ STAMANI A GERUSALEMME I RITI DEL VENERDI’ SANTO
-
Servizio di Graziano Motta -
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La Via Dolorosa è stata animata di prima mattina da gruppi
di religiosi e religiose di Terra Santa, poi anche da pellegrini venuti per
solidarietà con la Chiesa Madre in questi momenti tanto difficili. Notati
tre-quattro gruppi dall’Italia, altrettanti dalla Francia, alcuni di più di
lingua spagnola e di lingua inglese. La Via Crucis più affollata è stata
guidata poco prima di mezzogiorno dal Custode di Terra Santa, padre Giovanni
Battistelli, che aveva a fianco il nunzio apostolico, arcivescovo Pietro Sambi.
E’ stata animata dai Frati Francescani con la recita, nelle varie stazioni,
delle tradizionali preghiere in italiano e in inglese. Il Patriarca latino
Michel Sabbah ha percorso la Via Crucis con gli allievi del Seminario maggiore.
Tanti i fedeli della parrocchia latina di Gerusalemme, al
seguito di una ventina di giovani che hanno portato a spalla una pesante croce.
Grande animazione nella Basilica del Santo Sepolcro ove il vescovo Kamal Hanna
Batish, vicario generale del Patriarca, di prima mattina aveva presieduto la
cerimonia del Venerdì Santo secondo la liturgia propria gerosolimitana,
culminata nell’esposizione e venerazione della reliquia della Croce. In serata
il Custode di Terra Santa guiderà nella Basilica la suggestiva processione
funebre. Nel pomeriggio di ieri, la preghiera al Cenacolo aveva riunito attorno
a lui una gran folla; in varie lingue si era invocata la riconciliazione tra i
popoli israeliano e palestinese e pace per la Terra Santa e l’intera regione mediorientale.
Altrettanto si era fatto nella preghiera dei fedeli della Messa crismale e In
Coena Domini, celebrata davanti all’edicola della risurrezione dal Patriarca
Sabbah, che ha avuto a fianco - concelebrante - il cardinale Carlo Maria
Martini.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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18 aprile 2003
EUROPA, GIOVANI, ECUMENISMO, RELAZIONI NORD-SUD
AL
CENTRO DELLA XII ASSEMBLEA DELLA CONFERENZA DELLE CHIESE EUROPEE (KEK).
SI
SVOLGERA’ IN NORVEGIA DAL 25 GIUGNO AL 2 LUGLIO.
“GESU’
GUARISCE E RICONCILIA. LA NOSTRA TESTIMONIANZA IN EUROPA”
IL
TEMA DELL’ASSISE. ATTESI 800
PARTECIPANTI
TRA
CUI DELEGATI DI 126 CHIESE ORTODOSSE PROTESTANTI ANGLICANE
GINEVRA.
= Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e l’arcivescovo di
Canterbury Rowan Williams interverranno alla XII Assemblea della Conferenza
delle Chiese Europee, l’organismo a cui aderiscono 126 Chiese e comunità ecclesiali
ortodosse, protestanti e anglicane e veterocattoliche. Dal 25 giugno al 2 luglio
a Trondheim, in Norvegia, dove si svolgerà l’assise, sono attesi 800 partecipanti
prossimi la XII assemblea della Kek (Conferenza delle Chiese europee).
"Gesù Cristo guarisce e riconcilia. La nostra testimonianza in
Europa": il tema al centro dell'incontro che traccerà un bilancio
dell'attività degli ultimi sei anni e definirà obiettivi e priorità per il
futuro. Al centro della riflessione: l'avvenire dell'Europa, i giovani e il
cammino della "Charta Oecumenica", ma anche le sfide poste dalle
relazioni tra Nord e Sud che nel mondo globalizzato le Chiese europee dovranno
affrontare. L'assemblea si aprirà con la prolusione di Kenneth Kaunda, già
presidente della Zambia. Nell'ambito dell'incontro si svolgeranno anche una
seduta di informazione-dibattito sul Summit mondiale della società dell'informazione
(organizzato dalla sezione europea dell'Associazione mondiale della comunicazione
cristiana - Wacc), e la cerimonia di consegna del premio Templeton
"Miglior giornalista dell'informazione religiosa dell'anno". (C.C).
CHIUSA IERI A VIENNA LA RIUNIONE DELLA COMMISSIONE ONU
PER
GLI STUPEFACENTI: CONFERMATI GLI IMPEGNI PRESI NEL ’98
NEL
SUMMIT DI NEW YORK PER ELIMINARE O RIDURRE IN MODO SIGNIFICATIVO
LA
PRODUZIONE DI DROGA NEL MONDO ENTRO IL 2008
VIENNA. = Le Nazioni Unite hanno confermato la strategia
mondiale di lotta agli stupefacenti per eliminare o ridurre in modo
significativo della produzione e l’uso
di stupefacenti entro il 2008; strategia discussa per due giorni a Vienna da rappresentanti
governativi a livello ministeriale provenienti da 124 paesi, nel corso della 46
riunione della Commissione Onu per gli stupefacenti. In una dichiarazione
congiunta approvata ieri pomeriggio all’unanimità alla chiusura dei lavori, i
ministri hanno rinnovato il loro impegno di attenersi agli accordi approvati dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite a New York nel 1998. Nel documento finale della
conferenza dell’Onu si trova un passaggio, senza che nessun Paese sia citato in
particolare, nel quale viene espressa “forte preoccupazione nei confronti di
politiche ed attività a favore della legalizzazione di stupefacenti e di sostanze
psicotrofiche che non sono in concordanza con i Trattati internazionali sul
controllo degli stupefacenti e potrebbero mettere in pericolo il regime di
controllo internazionale”. “Firmare un documento qui e fare altre cose una
volta tornati a casa è una realtà della vita'', ha detto Antonio Costa,
direttore generale per il controllo degli stupefacenti e la prevenzione del
crimine (Unodc). Per quanto riguarda la riduzione della domanda di stupefacenti
auspicata dalle Nazioni Unite, il documento registra “progressi, anche se il
livello di abuso di droghe rimane a livelli inaccettabilmente alti”. In
particolare, si esprime preoccupazione per l'aumento rapido della produzione e
del consumo di droghe sintetiche come ecstasy
e stimolanti contenenti amfetamine. Nella dichiarazione finale viene
anche lanciato un appello per rimuovere ostacoli nelle legislazioni nazionali
che continuano a limitare la cooperazione internazionale riguardo il traffico
di stupefacenti. Gli Stati membri sono anche chiamati a tener conto dei legami
tra droga e terrorismo, contrabbando di persone, riciclaggio di denaro sporco,
corruzione e traffico di armi. E invitati ad incoraggiare programmi per trovare
alternative per i contadini nei Paesi latinoamericani, africani e asiatici,
principali produttori di cocaina, cannabis e oppio. Di parere opposto alle
indicazioni dell’Onu alcune organizzazioni non governative anti-proibizioniste
che hanno organizzato a Vienna un
contro-congresso, per affermare l’impossibilità di creare un mondo senza
droghe, e di conseguenza promuovere maggiori informazioni ai consumatori sulle
sostanze stupefacenti, liberalizzando di alcune la vendita. (R.G.)
ISTITUITA IN KENYA UNA
COMMISSIONE SPECIALE TRA CHIESE CRISTIANE
PER
SRADICARE LA PRATICA DELLE MUTILAZIONE SESSUALI,
ANCORA
MOLTO DIFFUSA NEL PAESE AFRICANO
NAIROBI. = I vescovi del Kenya hanno costituito, insieme
ad altre Chiese cristiane, una Commissione speciale per sradicare nel Paese la pratica delle mutilazioni genitali femminili.
Il nuovo organismo è stato costituito dopo un Seminario a Nairobi cui hanno
partecipato esponenti di diverse organizzazioni confessionali. All’inizia-tiva
aderisce anche il Consiglio Supremo dei musulmani del Kenya. La Commissione
vuole essere un gesto concreto degli esponenti religiosi kenioti contro questa pratica rituale ancora
diffusa in alcune tribù africane, anche nelle aree non islamizzate del
Continente. Come rileva infatti un comunicato della Conferenza episcopale, il loro
prolungato silenzio sull’argomento ha di fatto favorito la sua sopravvivenza in
Kenya. Quella dei vescovi kenioti è, in effetti, la prima presa di posizione
ufficiale della Chiesa cattolica del Paese contro le mutilazioni genitali
femminili, anche se non sono mancate in passato dichiarazioni in merito di
singoli vescovi. La Commissione coordinerà le varie iniziative per sensibilizzare
le comunità che praticano la clitoridectomia e l’infibulazione sul carattere disumano
e degradante di tali pratiche, nonché sulla loro pericolosità per la salute
delle bambine che le subiscono, anche per la diffusione dell’Aids. Esse infatti
causano spesso infezioni, che portano non raramente alla morte. Sono circa 100 milioni le donne africane che
hanno subito mutilazioni agli organi genitali. In Kenya la pratica sarebbe
diffusa soprattutto tra le etnie Kuria, Kisii, Masai, Kalenjin e in una parte
delle comunità nella regione di Taita Taveta. (L.Z)
UN ''GRAVE PASSO INDIETRO” : COSI’ AMNESTY
INTERNATIONAL HA STIGMATIZZATO
LA
MANCATA RISOLUZIONE DELLA COMMISSIONE ONU PER I DIRITTI UMANI,
RIUNITA
A GINEVRA, SULLE VIOLAZIONI COMPIUTE IN CECENIA
DALLE
FORZE RUSSE MA ANCHE DAI GUERRIGLIERI CECENI
LONDRA. = Un “grave passo indietro nella protezione dei
diritti umani”. Così Amnesty International ha definito la bocciatura, per il
secondo anno consecutivo, da parte della Commissione Onu per i diritti umani di
una risoluzione sulle violazioni compiute in Cecenia. “Gli abusi dei diritti
umani - ha dichiarato Amnesty - continuano
ad aver luogo quotidianamente in Cecenia e l’assenza di iniziativa da parte
della Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani rappresenta una clamorosa
mancanza di rispetto nei confronti delle vittime e dei loro familiari e dei
rischi cui la popolazione civile continua ad essere esposta”. “I civili ceceni
- sottolinea Amnesty - continuano a ‘sparire’ nel corso dei raid compiuti dalle
forze russe nei villaggi e i corpi di
molti di essi vengono poi ritrovati nelle fosse comuni. Le autorità russe hanno
chiuso i campi profughi, costringendo migliaia di persone a cercare ripari
alternativi nelle Repubbliche limitrofe, mentre altre persone sono state costrette a rientrare in Cecenia contro
la propria volontà e in condizioni prive di sicurezza. I combattenti ceceni, a
loro volta, si rendono responsabili di gravi abusi dei diritti umani, anche nei
confronti degli esponenti dell'Amministrazione
pro-moscovita”. (R.G.)
UNA DONNA MUSULMANA, ELETTA SINDACO
DI AHMEDABAD (STATO DEL GUJARAT),
IMPORTANTE
CENTRO INDUSTRIALE PER ANNI SEDE DELLA LOTTA POLITICA
DEL MAHATMA
GANDHI E TEATRO, LO SCORSO ANNO,
DI
GRAVI SCONTRI TRA INDU’ E MINORANZA ISLAMICA
AHMEDABAD.
= “La mia elezione servirà a creare fiducia tra indù e musulmani” ha dichiarato
Aneesa Mirza dopo essere stata eletta “prima cittadina” di Ahmedabad (Stato del
Gujarat, India centroccidentale). Il nuovo sindaco, sostenuta dal partito del
Congresso, ha battuto a sorpresa i suoi rivali, tra cui il favorito Bharti
Patel del partito Bharatiya Janata Party (Bjp) che governa il Gujarat. Lo
scorso anno Ahmedabad fu teatro di sanguinosi scontri tra indù e minoranza
islamica in seguito alla strage del ‘Sabarmati Express’. La sponsorizzazione di
una musulmana segnala, inoltre, una nuova strategia del Congresso recentemente
accusato di promuovere una versione moderata dell’ ‘hinduvta’ – la filosofia
nazionalista legata all’estremismo religioso induista – per contrastare il Bjp,
vero campione di questa politica. “Sono felice che il mio partito abbia
compreso che la ‘soft hinduvta’ non paga. Nelle ultime elezioni in Gujarat non
ha funzionato, mentre il Congresso ha vinto in Himachal Pradesh, dove ha
ribadito i suoi valori fondamentali” ha detto la sessantenne neosindaco.
Laureata in letteratura e storia, Mirza entrò in politica nel 1969, in un
periodo difficilissimo dei rapporti tra indù e musulmani. Fino ad oggi non
aveva ricoperto cariche pubbliche significative. La città di Ahmedabad è un
importante centro industriale dell’India, conosciuta anche come ‘Manchester
dell’Est’ per la sua produzione tessile. (C.C.)
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18 aprile 2003
- A
cura di Paolo Ondarza -
Il
premier israeliano Ariel Sharon intende invitare a Gerusalemme il premier
designato Abu Mazen quando questi avrà ricevuto la fiducia del parlamento
palestinese di Ramallah. E’ quanto ha dichiarato oggi la radio statale
israeliana. C’è dunque grande attesa per la presentazione del governo
palestinese, che potrebbe avvenire, secondo quanto detto dal ministro Nabil
Shaath, anche questa domenica.
Il
presidente russo Vladimir Putin e il presidente del consiglio italiano Silvio
Berlusconi hanno discusso oggi al telefono i risultati del vertice dell'Unione
Europea ad Atene conclusosi ieri con la stesura di un documento comune
sull'Iraq. Dal testo emerge l’importanza preminente che l’Europa attribuisce
alle Nazioni Unite insieme al riconoscimento del ruolo determinante
svolto dalle truppe angloamericane in Iraq. Una posizione diversa quindi da
quella che, prima dell’attacco a Baghdad, portò alla frattura con Washington,
come spiega da Atene, al microfono di Andrea Sarubbi, l’inviato speciale del
Corriere della Sera, Antonio Ferrari.
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R. - Parlerei di un tentativo da parte dell’Europa di
ricompattarsi sull’argomento iracheno, avendo capito l’Europa che comunque un
atteggiamento contrapposto rispetto agli Stati Uniti sarebbe stato esiziale per
molte ragioni. Parlare di un ruolo vitale dell’Onu e quindi anche dell’Europa
in Iraq è sceso ad un livello un po’ più basso: ruolo centrale. Però, insomma,
il ruolo centrale significa vogliamo esserci anche noi sia dal punto di vista
politico che dal punto di vista economico.
D. – La guerra all’Iraq ha posto alla nuova Europa un
altro problema: avere una politica estera comune e magari anche una difesa
comune, problema che è stato affrontato in questi due giorni ad Atene …
R. – E’ stato affrontato ovviamente e non ancora risolto.
Le teste sono tante, i Paesi sono diversi, gli interessi sono diversi, e quindi
trovare dei punti comuni forse sarà più difficile. Magari la riforma stessa
delle strutture europee alla fine potrà ovviare ad una parte di questi
problemi. Ma certo questa è la grande incognita.
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Continua
a diffondersi il virus della polmonite atipica. Oggi altre quattro persone sono
morte nella provincia cinese della Mongolia Interna. E si registra un nuovo
caso di sindrome acuta respiratoria severa anche a Shanghai. Ieri nel corso di
una conferenza stampa a Roma il segretario alla Sanità Usa Thompson ha
annunciato che entro 10 giorni i laboratori di tutto il mondo disporranno di tre diversi test per scoprire se i
pazienti sono affetti dal virus.
“Rivendico
all'organizzazione le azioni messe a
segno contro Massimo D'Antona e Marco Biagi''. E’ quanto si legge nel
documento, scritto a mano e in stampatello, consegnato oggi dalla brigatista
Nadia Desdemona Lioce ai Pm romani. La donna si è avvalsa della facoltà di non
rispondere ai giudici e si e' dichiarata prigioniera politica.
E’ una risoluzione moderata quella approvata ieri
a Ginevra nei confronti di Cuba dalla commissione dell’Onu sui diritti umani.
Il testo non menziona né le recenti condanne di dissidenti, né le tre
esecuzioni capitali degli ultimi giorni, ma esorta il governo de L’Avana a
ricevere la rappresentante personale dell’Alto commissario Onu per i diritti
umani, Christine Chalet. Il commento di Daniele Scaglione di Amnesty International
Italia, intervistato da Francesca Sabatinelli:
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R. - E’ positivo che la Commissione abbia esortato il
governo cubano a collaborare in maniera concreta con l’Alto Commissario
dell’Onu per i diritti umani. Però non si capisce perché non abbia voluto
chiedere l’immediata liberazione di chi è in carcere esclusivamente per le
proprie opinioni.
D. – In passato Cuba si era già rifiutata di ricevere
questo rappresentante dell’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani. Che
cosa fa pensare che adesso potrebbe aprire le porte?
R. – Deve dimostrarlo con i fatti concreti. Non sia solo
un incontro formale, ma che sia anche l’avvio della risoluzione dei problemi
del rispetto dei diritti umani. Che non ci
sia più questa repressione, che le persone incarcerate per le proprie
opinioni vengano liberate, che la pena di morte non si utilizzi più. E’ solo su
questa base che potremo giudicare le reali intenzioni del governo di Cuba.
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Via al
nuovo esecutivo in Libano. Del governo, costituitosi ieri sera e formato dal
primo ministro Rafik Hariri, su incarico del presidente Emile Lahoud, non fanno
parte, come invece ci si attendeva, esponenti dell'opposizione cristiana e
anti-siriana. Si prevede per domani la prima riunione formale. Sarà necessario
inoltre un voto di fiducia del parlamento mono-camerale.
E si
continua a combattere in Costa d’Avorio tra gruppi ribelli e truppe fedeli al
presidente Laurent Gbagbo. Gli scontri si sono svolti nella città di Daloa,
sotto il controllo dei governativi. Ha diffuso la notizia il corpo africano di
mantenimento della pace.
Un morto e sei feriti. Questo il bilancio degli
scontri verificatisi ieri sera a Muttur, in Sri Lanka, tra musulmani e tamil.
Già da una settimana nell’area nord orientale dell’isola si avverte un forte
clima di tensione, generato dalla scomparsa di due giovani musulmani.
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