RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 107 - Testo della
Trasmissione di giovedì 17 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi, Giovedì Santo,
la Messa crismale presieduta dal Papa stamani e questo pomeriggio la Messa in
Coena Domini nella Basilica Vaticana. Resa nota a mezzogiorno la nuova
Enciclica di Giovanni Paolo II sull’Eucaristia. Con noi, il cardinale Francis Arinze e l’arcivescovo Angelo Amato.
Importanti nomine vescovili in Polonia e nella
Federazione Russa.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Cresce
l’impegno delle organizzazioni umanitarie in favore del popolo iracheno, mentre
si accende il dibattito sulla revoca dell’embargo all’Iraq, dopo le
dichiarazioni del presidente americano: con noi,
Lucio Melandri e il giurista Andrea de Guttry.
CHIESA
E SOCIETA’:
Si discute di lotta
contro la droga a Vienna, dove sono riuniti delegati di 116 Paesi.
Tra le
vincitrici del “Goldman Environmental Prize” due anziane donne aborigene.
Vertice
delle Nazioni Asiatiche il 29 aprile in Thailandia per discutere l’“emergenza
Sars”.
Disordini
in Medio Oriente: migliaia di palestinesi chiedono il rilascio di Abu Abbas.
Attesa
per la risoluzione della Commissione Onu per i diritti umani in merito alle
recenti violazioni di Cuba.
Un’esplosione
a Jalalabad danneggia la sede dell’Unicef.
Nuovi
combattimenti in Burundi.
17 aprile 2003
LA NUOVA ENCICLICA SULL’EUCARISTIA DONATA DAL
PAPA ALLA CHIESA
PER IL
SUO 25° DI PONTIFICATO. QUESTA MATTINA LA MESSA CRISMALE
E FRA
QUALCHE ORA LA MESSA IN COENA DOMINI NELLA BASILICA VATICANA.
CON
NOI IL CARDINALE FRANCIS ARINZE E L’ARCIVESCOVO ANGELO AMATO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
**********
(canto)
Giovedì Santo: la Chiesa commemora l’Ultima Cena del Signore
Gesù con gli Apostoli nel Cenacolo, l’istituzione dell’Eucaristia e del
sacramento dell’Ordine. Il Pontefice ha presieduto questa mattina in San Pietro
la Messa crismale e fra qualche ora, sempre nella Basilica vaticana, la Messa
in Coena Domini durante la quale apporrà la sua firma alla nuova enciclica Ecclesia
de Eucharestia, resa nota a mezzogiorno e sulla quale appuntiamo subito la
nostra attenzione.
E’ una tradizione inaugurata dal Santo Padre fin dal primo
anno del suo pontificato di indirizzare a tutti i sacerdoti del mondo un
messaggio eucaristico in occasione del Giovedì Santo. Quest’anno, per il
venticinquesimo anniversario di pontificato, il Santo Padre invita non solo i
sacerdoti, ma tutti i fedeli cattolici a sostare davanti al volto eucaristico
di Gesù, pane vivo di cui la Chiesa quotidianamente si nutre. L’Enciclica, la
quattordicesima, è quindi anzitutto e soprattutto una meditazione profonda e
partecipata del mistero eucaristico, come mistero centrale della fede
cattolica, come tesoro della Chiesa e cuore del mondo. E’ l’aspetto eucaristico
della sua prima Enciclica, Redemptor hominis. Con noi il segretario della Congregazione per la
dottrina della fede, l’arcivescovo Angelo Amato:
D. -
Oltre che una sintesi dottrinale, questa Enciclica contiene anche dei motivi
autobiografici del Santo Padre ...
R. -
E’ vero. Il Santo Padre parla con grande partecipazione esistenziale
dell’Eucaristia da lui quotidianamente celebrata nelle chiese polacche, nella
Basilica di San Pietro, nelle mille chiese e piazze del mondo e perfino negli
stadi. E’ il carattere cosmico di questo sacramento, che unisce cielo e terra e
che pervade tutto il creato: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a
lui redento da Cristo. Il Santo Padre ricorda anche con commozione l’Eucaristia
celebrata nel Cenacolo a Gerusalemme, durante il Grande Giubileo dell’Anno
Duemila. L’Eucaristia è quel filo dorato, mai interrotto, che annoda il Giovedì
Santo del 2003 all’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli prima della Passione.
D. -
Ci sono anche altri motivi alla base di questa enciclica eucaristica?
R. -
Oltre che allo stupore adorante nei confronti di questo sacramento, il Santo
Padre richiama anche alcune ombre che stanno offuscando soprattutto in alcuni
Paesi e regioni la devozione eucaristica cattolica. Egli fa esplicito
riferimento ad esempio all’abbandono dell’adorazione eucaristica, agli abusi
nella celebrazione del sacramento, alla sua riduzione a incontro conviviale
fraterno, alla dimenticanza della necessità del sacerdozio ministeriale per la
sua valida celebrazione.
D. -
Quali sono i punti dottrinalmente salienti dell’enciclica?
R. -
Possiamo ridurli a tre. L’Eucaristia è anzitutto il grande mistero della fede,
il dono per eccellenza di Gesù che offre se stesso per la nostra salvezza.
Celebrando l’Eucaristia, l’evento salvifico della morte e risurrezione di Gesù
è reso realmente presente e operante: questo sacrificio è talmente decisivo per
la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al
Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi e per goderne i
frutti salvifici. L’Eucaristia è pane vivo che dà forza e vigore quotidiano. In
secondo luogo l’Eucaristia edifica la Chiesa. L’incorporazione a Cristo,
realizzata nel Battesimo, si consolida nell’Eucaristia . Possiamo dire –
afferma il Santo padre – che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma che
anche Cristo riceve ciascuno di noi. L’Eucaristia ha una efficacia unificante.
Partecipando all’Eucaristia i fedeli diventano un corpo solo,dal momento che
tutti partecipano dell’unico pane, come dice San Paolo (1 cor). A questo punto
il Santo Padre loda il culto eucaristico fuori della Messa, con l’esposizione
del Santissimo Sacramento e con la sosta adorante o le visite frequenti a Gesù eucaristico. A tale proposito voglio
ricordare un episodio della vita di Edith Stein. Uno degli elementi che la
indussero alla conversione al cattolicesimo, fu proprio l’esperienza delle
visite a Gesù eucaristico da parte dei singoli fedeli nelle chiese cattoliche
della Germania: avvertì che i cattolici andavano a far visita a un Vivente, a
Gesù loro fedele amico e redentore. Un terzo punto che mi sembra utile rilevare
pastoralmente parlando è la relazione tra Eucaristia e il sacramento della
Penitenza. La riconciliazione è la via obbligata per accedere alla piena e
valida partecipazione al sacrificio eucaristico. Ci si deve accostare
all’Eucaristia in stato di grazia. Questa interna comunione di grazia con Gesù
deve poi esprimersi anche nella comunione ecclesiale: nella comunione con il
Papa e i vescovi e con il loro magistero pastorale. Per questo l’Eucaristia
crea comunione ed educa alla comunione.
D. -
Cosa dire da un punto di vista ecumenico?
R. -
Certo l’Eucaristia è il sacramento della comunione e dell’unità della Chiesa e
nella Chiesa. Tale comunione ecclesiale si fonda sulla completa comunione nei
vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico:
non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino a quando non
sia ristabilita l’integrità di tali vincoli. Il cammino dell’unione deve farsi
nella verità della fede. Il Santo Padre però aggiunge subito che il desiderio
ardente di celebrare insieme l’Eucaristia diventa già una lode comune e una implorazione
al Signore.
D.
- Diversamente da altri documenti nei
quali la presenza di Maria è racchiusa in qualche breve paragrafo, in questa
enciclica le viene dedicato un intero capitolo...
R. - Sì,
è l’ultimo, il capitolo sesto, intitolato appunto: alla scuola di Maria, donna
eucaristica. Nell’anno del Rosario non poteva mancare il riferimento alla Madre
del Signore, primo vero tempio vivente
di Gesù nella storia. Il Santo Padre accenna all’esperienza di Maria
dopo la risurrezione, quando il ricevere l’Eucaristia significava per lei quasi
un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo.
Maria, donna eucaristica, è anche la donna del Magnificat, dove ella canta quei
cieli nuovi e quella terra nuova, che nell’Eucaristia trovano la loro
anticipazione e il loro disegno programmatico. Se il Magnificat esprime la spiritualità eucaristica di
Maria, allora l’Eucaristia ci è data perché la nostra vita sia tutta un Magnificat.
E ora
ritorniamo alla dimensione liturgica di questa giornata che, come dicevamo, è
iniziata con la Messa crismale del Papa in San Pietro assieme al presbiterio
romano, cardinali, vescovi e sacerdoti. Momento saliente è stata la benedizione
degli oli che vengono usati per l’amministrazione dei sacramenti, in
particolare il crisma, che dà il nome alla liturgia, mistura di olio e
unguento profumato, usato per la cresima e l’ordinazione sacerdotale.
Giovanni
Paolo II ha tratteggiato all’omelia in particolare l’altro aspetto di questa
celebrazione che è il rinnovo delle promesse sacerdotali, così dicendo:
“Cari
fratelli nel sacerdozio, siamo rimasti fedeli a queste promesse? Non si spenga
in noi l’entusiasmo spirituale dell’Ordinazione presbiterale. E voi, carissimi
fedeli, pregate per i sacerdoti perché siano attenti dispensatori dei doni
della grazia divina, in modo speciale della misericordia di Dio nel sacramento
della Confessione e del Pane di vita nell’Eucaristia, vivo memoriale della
morte e risurrezione di Cristo”.
Gli impegni del Pontefice in
questo triduo pasquale che inizia stasera lo vedranno nuovamente nella Basilica
Vaticana fra qualche ora per la Messa in Coena Domini, durante la quale laverà
i piedi a 12 presbiteri, mentre i fedeli saranno invitati a compiere un atto di
carità per le popolazioni colpite dalla guerra in Iraq. Sul significato della celebrazione ecco un
pensiero del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il
culto divino e la disciplina dei sacramenti:
“L’evento centrale della celebrazione del Giovedì Santo
della cena del Signore è il grande dono che Cristo fa di se stesso nel
Sacrificio e Sacramento della Santa Eucaristia. Avendo amato la sua Chiesa,
Gesù l’ha amata fino alla fine. La notte prima che soffrisse e morisse sulla
Croce, diede ai suoi Apostoli, e attraverso loro a tutta la Chiesa, la Santa
Eucaristia. Cominciò lavando loro i piedi. Questa fu una grande prova di amore
e di umiltà. Gesù stava così insegnando ai suoi Apostoli ad amarlo e ad amarsi
l’un l’altro. Durante la cena, Gesù, attraverso parole solenni, facenti
riferimento al sacrificio di sé il giorno seguente sulla Croce, trasformò il
pane nel suo corpo e il vino nel suo sangue e li diede ai suoi Apostoli per
mangiarne e berne. Gesù aggiunse: “Fate questo, in memoria di me”. Egli stava
donandoci il Sacramento dei Sacri Ordini, del Sacerdozio. Gesù ordinò sacerdoti
i suoi Apostoli, poiché diede loro il potere di consacrare il pane ed il vino
nel suo Corpo e Sangue, per offrire poi questo sacrificio al Padre Eterno.
Quindi la Chiesa, questa sera, adora e ringrazia Gesù per il Sacrificio ed il
Sacramento della Santa Eucaristia. Alla fine della liturgia il Sacramento
Benedetto viene portato solennemente sull’altare dove la nostra adorazione
prosegue per tutta la notte. La Chiesa così ringrazia Nostro Signore per il
dono del Sacerdozio”.
La nostra emittente curerà la
radiocronaca del sacro rito, a partire dalle 17.30, con il commento in
italiano, inglese e tedesco sulle onde corte, le onde medie e la modulazione di
frequenza. Ed è proprio durante la celebrazione di questa sera che il Santo
Padre firmerà l’enciclica sull’Eucaristia, offrendola alla Chiesa come dono del
suo 25° anniversario di episcopato romano.
(canto)
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Il Papa
ha nominato vescovo di Elk, in Polonia, il presule mons. Jerzy Mazur, finora
vescovo di San Giuseppe a Irkutsk, nella Federazione Russa.
Espulso, come è noto, dalla Russia lo scorso anno, mons.
Mazur è nato in Polonia 49 anni fa ed appartiene alla Società del Verbo Divino.
In particolare, dal 1992 al 1998, è stato il primo superiore del distretto
della congregazione per i Paesi dell’ex Unione Sovietica a Baranovici, in
Bielorussia, essendo, allo stesso tempo, anche parroco e direttore e insegnante
nel Collegio catechetico della stessa città. Il 23 marzo 1998 è stato nominato
vescovo e amministratore apostolico della Siberia Orientale dei Latini. L’11
febbraio 2002, mons. Mazur è stato nominato primo vescovo della diocesi di San
Giuseppe a Irkutsk ed amministratore apostolico della provincia apostolica di
Yuzhno Sakhalinsk, incarichi che ha ricoperto fino al presente.
Il Santo Padre ha quindi nominato vescovo di San Giuseppe a Irkutsk, nella
Federazione Russa, il presule mons. Cyryl Klimowicz, nato nel 1952 in
Kazakhstan, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev, in Bielorussia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Così si apre la prima pagina:
"Ecclesia de Eucharistia": Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II ai
vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli
laici sull'Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa.
"Accogliete, cari sacerdoti,
questa Enciclica come un dono particolare per il 25 anno del mio ministero
petrino"; durante la Messa del Crisma in San Pietro il Papa annuncia la
firma della "Ecclesia de Eucharistia".
Il testo integrale, in latino,
dell'Enciclica.
Allegato al giornale, un
libretto con la traduzione italiana del Documento.
Nelle vaticane, una pagina
sulla Messa Crismale del Giovedì Santo.
Una pagina con contributi sul
significato del Venerdì Santo.
Le Lettere pastorali di vescovi
italiani.
Nelle pagine estere, un
articolo sull'intensificarsi del corale impegno di solidarietà a sostegno della
popolazione irachena segnata dalla guerra. Gli Stati Uniti chiedono alle
Nazioni Unite la revoca delle sanzioni economiche all'Iraq.
E' nata l'Europa dei 25.
Medio Oriente: si continua a
morire nei Territori.
Cuba: severe critiche per la
violazione dei diritti umani.
Nella pagina culturale,
un contributo di Paolo Saturno dal titolo "Un sublime canto della
Passione": "Duetto tra l'anima e Gesù Cristo" di Alfonso M. de
Liguori.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle pensioni.
Una notizia dal titolo "Si
vuole davvero distruggere la famiglia": avviate anche a Bari misure per le
"coppie di fatto".
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17 aprile 2003
I RITI PER LA PASQUA IN TERRA SANTA NEL
SEGNO DELLA SPERANZA E DEL PERDONO: CON NOI, PADRE GIOVANNI BATTISTELLI
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Servizio di Stefano Cavallo -
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In questa settimana si festeggiano in Terra Santa sia la Pasqua ebraica
che la Pasqua cristiana. Per rispettare lo status quo, che regola la
coesistenza dei vari riti all’interno della basilica del Santo Sepolcro di
Gerusalemme, già questa mattina si è svolta la Messa in Coena Domini, durante
la quale è stata celebrata anche la liturgia crismale, nella basilica della
Città Santa. Festa principale per entrambe le religioni, in particolar modo per
i cristiani costituisce il culmine dell’anno liturgico. Già celebrata come
festa agricola e pastorale, per gli ebrei rievoca la morte dei primogeniti
egiziani e l’inizio dell’esodo: per i cristiani invece la Pasqua festeggia il
momento del passaggio di Gesù, che istituì il sacramento dell’eucaristia
durante la cena pasquale, alla casa del padre, attraverso la morte e la
risurrezione. Con noi, padre Giovanni Battistelli, custode di Terra Santa, al
quale abbiamo chiesto che clima si respira nello comunità cristiana.
R. - Con il popolo cristiano residente in Terra Santa, noi
francescani abbiamo fatto le diverse stazioni che preparano alla solennità
della Santa Pasqua. Naturalmente, non siamo stati molto numerosi: i cristiani
sono soprattutto quelli locali. Abbiamo avuto qualche gruppetto, è naturalmente
poca cosa. Anche gli ebrei si stanno preparano alla loro Pasqua. Quello che
vorrei far notare è anche come ogni anno qualche padre francescano è invitato
presso amici a partecipare alla loro celebrazione, naturalmente unendo un po’
le preghiere e le intenzioni che sono per loro la liberazione e il ritorno in
Terra Santa, e per noi anche di aggiungere quello che è il messaggio di luce,
di speranza, di perdono, di riconciliazione che il Signore Cristo ci ha
portato.
D. - Come descriverebbe la situazione dei pellegrini, per
il momento, a Gerusalemme?
R. - La partecipazione dei fedeli locali quest’anno mi è
sembrata più numerosa dell’anno scorso e abbiamo anche notato qualche gruppetto
dall’Italia, dalla Spagna e da altre nazioni che coraggiosamente sono venuti.
Sono gruppi molto ristretti.
D. - Lei ha dei commenti da rilasciare sul quadro globale
della situazione che si vive lì?
R. - Le difficoltà sono numerose e quello che stiamo
facendo noi padri francescani della Custodia di Terra Santa è di sviluppare il
progetto di casa affinché i cristiani non vadano all’estero, e dobbiamo
ringraziare in modo particolare il Santo Padre che ci sta aiutando con un
appartamento anche per Betlemme, con la Cei e con tanta gente che con le loro
piccole offerte ci aiutano ad aiutare i bisogni primari della gente – medicine,
viveri – per coloro che sono in difficoltà, e nello stesso tempo anche pensare
un po’ al futuro affinché una volta risolta la situazione, i cristiani possano
continuare a vivere qua.
D. – C’è qualche iniziativa sul dialogo interreligioso e
qual è il suo messaggio per la Pasqua?
R. - Ci sono, soprattutto in questo periodo di Pasqua,
come è avvenuto anche per Natale, degli incontri, ma un po’ a livello
ufficiale. La Resurrezione di Cristo è un segno di speranza, di fiducia, e
anche che la vita ha vinto la morte. Ecco, mi auguro che questo sia davvero il
messaggio pasquale che venga recepito da tutti i responsabili.
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CRESCE CON IL PASSARE DELLE ORE
L’IMPEGNO DELLE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE
IN FAVORE DEL POPOLO IRACHENO, MENTRE SI
ACCENDE IL DIBATTITO
SULLA
REVOCA DELL’EMBARGO ALL’IRAQ
DOPO
LE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE AMERICANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Nell’Iraq
del dopo-Saddam, che lentamente sta ritornando alla vita normale, si
moltiplicano, di ora in ora, le iniziative degli organismi umanitari in favore
della popolazione. Con 50 camion carichi di 1.400 tonnellate di farina, il
Programma alimentare mondiale ha aperto stamani la strada dalla Giordania per
l’invio degli aiuti in Iraq. Dal canto suo, il presidente della Commissione
europea, Romano Prodi, ha annunciato ad Atene che i leader dell’Unione hanno
“accolto e approvato” la proposta dell’esecutivo di Bruxelles di un “ponte
aereo per i bambini” per portare in Europa i feriti che non possano essere
curati sul posto. A Baghdad, intanto, parte degli abitanti ha ora di nuovo
l'acqua corrente, dopo la riparazione di una stazione di pompaggio. Anche per
quanto riguarda l’energia elettrica ci sono miglioramenti, con la progressiva
riparazione delle linee elettriche. Tra le
Organizzazioni non governative, presenti a Baghdad, anche Intersos, che
insieme ad altre Ong italiane ha fatto giungere nella capitale un convoglio di
aiuti umanitari. Benedetta Capelli ne ha parlato con Lucio Melandri,
responsabile di Intersos, raggiunto telefonicamente a Baghdad:
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R. – Questi aiuti vengono sicuramente indirizzati a due
ospedali della capitale irachena. Due ospedali che stanno fornendo un servizio
di emergenza, di pronto soccorso e di chirurgia d’urgenza. Il grande problema
degli ospedali è quello dell’acqua e dell’elettricità, nel senso che hanno
un’autosufficienza ridottissima. I medici, in alcuni casi, non hanno nemmeno
l’acqua per lavarsi le mani, per disinfettarsi prima e dopo le operazioni e si
sta dipendendo solo da alcuni gruppi elettrogeni. Quindi portare avanti
operazioni chirurgiche in una situazione di questo tipo, è particolarmente
complicato. Vi sono anche altre istituzioni su cui stiamo focalizzando
l’attenzione quali, per esempio, gli istituti che ospitano anziani abbandonati
e anche alcuni orfanotrofi. Proprio gli orfanotrofi sono stati in parte colpiti
dai bombardamenti e quindi i bambini sono stati evacuati in una struttura
centrale: stiamo cercando di focalizzare l’attenzione per vedere come
ripristinare una situazione di normalità per questi che sono più vulnerabili
tra i più vulnerabili in un conflitto.
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Accanto
all’attivismo delle agenzie umanitarie, anche sul fronte politico - nelle
ultime 24 ore - si sono registrati eventi di rilievo. Novità sul futuro
dell’Iraq sono giunte in particolare dagli Stati Uniti, come ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
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NOW THAT
IRAQ HAS ….
“Ora
che l’Iraq è stato liberato, l’Onu deve togliere le sanzioni imposte dopo
l’invasione del Kuwait”, lo ha chiesto ieri il presidente Bush, dicendo che il
regime di Saddam ormai è storia. La resistenza militare organizzata è terminata
e tutte le maggiori città sono sotto il controllo delle forze americane. Il
capo della Casa Bianca ha aggiunto che il lavoro non è ancora terminato, ma
l’operazione ha avuto successo nel rendere il mondo un luogo più pacifico. Il
comandante americano, il generale Tommy Franks, ha visitato per la prima volta
Baghdad, segnalando che l’attività militare è praticamente conclusa e la
proclamazione della vittoria è ormai imminente. La Siria, invece, ha dato la
disponibilità a collaborare con gli Stati Uniti per il bene degli iracheni, ma
ha escluso la chiusura delle basi a Damasco dei gruppi palestinesi, accusati di
terrorismo dagli americani. Il segretario di Stato, Powell, ha ribadito la
volontà di dialogare, annunciando che ha intenzione di andare in Siria.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Proprio la Siria ha fatto sapere – per bocca del suo
ministro degli Esteri, Farouk El Sharaa – che Damasco non permetterà alcuna
ispezione del suo arsenale militare o del suo territorio al fine di respingere
le accuse americane sul possesso di armi chimiche da parte dei siriani.
Intanto, le dichiarazioni di Bush sulla revoca dell’embargo hanno innescato una
serie di reazioni politiche. Il presidente francese Chirac ha dichiarato oggi
ad Atene “che spetta all’Onu definire
le modalità per la revoca delle sanzioni” contro Baghdad. D’altro canto, lo
stesso Annan ha affermato che “ogni ruolo assegnato all’Onu al di là dei
compiti puramente umanitari, deve essere definito dal Consiglio di sicurezza”.
Una fonte del ministero degli esteri russo, citata dall'agenzia Interfax ha,
invece, sottolineato che “il solo cambio di regime a Baghdad non costituisce
una condizione per l'eliminazione delle sanzioni”. Un
tema scottante, dunque, che dominerà il dibattito al Palazzo di Vetro nelle
prossime settimane. Una questione anche giuridicamente non semplice, come
spiega il prof. Andrea de Guttry, docente di diritto internazionale e pro rettore
della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa:
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R. – Il problema, in realtà, è abbastanza complesso. Basti
ricordare che le sanzioni contro l’Iraq sono state decretate proprio in considerazione
del fatto che l’Iraq deteneva una serie di armi proibite. Se si volesse adesso
revocare questo tipo di sanzioni, bisognerebbe legare la dimostrazione che
l’Iraq non è in possesso di queste armi. E’ quello che gli Stati Uniti dovranno
fare nelle prossime giornate.
D. – Questo vuol dire che, anche non essendo più al potere
Saddam, che chiaramente era l’obiettivo delle sanzioni, il popolo iracheno ne
verrà comunque a pagare?
R. – Il primo problema che si pone è proprio quello di
dimostrare che non ci sono più queste armi oppure di trovarle e poi procedere
alla loro distruzione. Le sanzioni avevano per oggetto il governo iracheno, non
Saddam Hussein, per cui restano in piedi a meno che il Consiglio di Sicurezza
non ritenga totalmente modificata la situazione precedente per cui arrivi in
tempi che - auspicabilmente – saranno brevi, ad una modifica delle precedenti
risoluzioni. Sarà così possibile eliminare l’attuale restrizione al commercio
con l’Iraq, anche se si aprirà un nuovo problema, molto complicato, che è
quello relativo alla proprietà del petrolio iracheno.
D. – Quindi è comunque necessaria una nuova risoluzione
delle Nazioni Unite?
R. – E’
indispensabile una nuova risoluzione delle Nazioni Unite che dovrà essere
approvata secondo dei meccanismi tradizionali, e quindi con il voto favorevole
o per lo meno senza voto contrario dei membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza.
D. – Ci sono le condizioni giuridiche per portare Saddam
Hussein e la leadership del suo regime di fronte alla neonata Corte penale
internazionale?
R. – No. Questo non è possibile per ragioni tecniche.
L’Iraq non ha ratificato lo statuto della Corte, né lo hanno fatto gli Stati
Uniti, per cui non è possibile immaginare di sottoporre Saddam Hussein alla
Corte. E’ un peccato, perché poteva essere la dimostrazione dell’utilità di
questo organismo. Quello che è probabile o possibile, per lo meno, è
l’attivazione di un tribunale ‘ad hoc’ sul modello di quello che è stato fatto
in Rwanda o nella ex Jugoslavia, che potrebbe essere chiamato ad esaminare
tutti i crimini posti in Iraq.
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CON IL PRANZO UFFICIALE SI SONO
CONCLUSI AD ATENE I LAVORI DEL VERTICE DELL’UE
CHE HA
SEGNATO L’ALLARGAMENTO DELL’UNIONE DA 15 A 25 PAESI
- Il
servizio di Fausta Speranza -
Nella
dichiarazione comune sull'Iraq si afferma fra l'altro l'esigenza che l'Onu
abbia un ruolo centrale nel dopo guerra, a cominciare dal coordinamento
dell’assistenza umanitaria e nel sostenere il processo che porterà
all’autogoverno del popolo iracheno. L’Unione, che invoca anche l’aiuto dei
Paesi vicini all’Iraq e delle principali istituzioni internazionali, annuncia
la partenza del primo ponte aereo per gli aiuti subito dopo Pasqua. L’Europa,
inoltre, intende svolgere compiti significativi anche per il processo di pace
in tutta la regione del Medio Oriente e chiede il sostegno della comunità
internazionale al nuovo premier palestinese, Abu Mazen, incaricato da Arafat di
riformare l’Autorità Nazionale palestinese. E in chiusura del vertice è stata convocata la Conferenza
europea, allargata anche ad altri Stati
del vecchio continente. Il documento comune emerso in questa sede porta dunque
la firma dei leader di 40 Stati che ribadiscono la loro “determinazione ad
opporsi al sorgere di nuove linee di divisione” e l’impegno a “lavorare per
promuovere strategie di avvicinamento politico e di integrazione graduale fra
l’Ue allargata e i suoi vicini”. Di forte valore simbolico la scelta di
piantare insieme un ulivo, sinonimo di pace. Su questo storico vertice, infatti,
ha pesato in qualche modo la guerra in Iraq. Ascoltiamo, da Atene, Andrea
Bonanni, esperto di questioni europee per il quotidiano La Repubblica.
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R. –
Sicuramente la guerra in Iraq in questo momento sta condizionando tutto il
quadro politico europeo. Abbiamo anche visto, in tutta la lunga polemica che ha
preceduto la guerra, come proprio contro i Paesi dell’allargamento si fosse per
esempio puntata l’ira dei francesi e dei tedeschi, quando questi hanno
appoggiato la decisione americana di iniziare l’ostilità, anche senza l’Onu.
D. –
Colpisce che nella bozza di oggi si parla di un progetto collettivo per una
comunità di valori. Ecco, è un linguaggio diverso. Fino a ieri abbiamo discusso
sulla necessità dell’Europa di avere una forza militare, e questa è una parola
diversa …
R. – Mi
sembra anche giusto che si faccia accenno alla comunità di valori nel momento
in cui l’allargamento avviene per Paesi che sono stati a lungo soggetti al dominio
sovietico e comunista. Vuole proprio significare il fatto che tutta l’Europa
oggi è comunque unita nel condividere valori, che sono i valori della
democrazia, i valori del rispetto delle minoranze. E sono particolarmente
importanti in quei Paesi dove la maggioranza parla un’altra lingua o è di
un’altra nazionalità o di un’altra etnia. Quindi, io credo che la ‘comunità di
valori’ sia comunque il fatto fondamentale che sta sotto l’allargamento.
D. –
L’allargamento a 10 nuovi membri non ha precedenti?
R. –
No, quantitativamente, ma direi anche politicamente, non ha precedenti. E’
stato rivoluzionario l’allargamento alla Gran Bretagna. Un avvenimento che ha
cambiato anche la natura dell’Unione Europea, ma sicuramente questo
allargamento è un fatto altrettanto rivoluzionario e che può anche inserire
nell’Unione un elemento dialettico molto forte. Può spingere un gruppo di
Paesi, che desidera accelerare la propria integrazione politica ed anche la
propria integrazione militare, ad andare più avanti.
D. –
L’Europa a 25 non potrà più dimenticare l’annosa questione delle riforme
istituzionali …
R. –
No, certamente. Sta lavorando ormai da tempo una Convenzione i cui lavori
saranno poi conclusi - si spera entro l’anno - dalla Conferenza
intergovernativa composta dai rappresentanti dei governi. E’ nata proprio
perché ci si è resi conto che l’attuale schema istituzionale non avrebbe potuto
funzionare in un’Europa a 25.
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17 aprile 2003
GUARDARE AL MESSAGGIO DI PACE DELLA
RISURREZIONE
CONTRO
I VENTI DI GUERRA CHE AGITANO IL MEDIO ORIENTE.
COSI’
I VESCOVI SVIZZERI NEL LORO MESSAGGIO DI PASQUA
BERNA. = “La guerra in Iraq
mette a rischio la capacità di coltivare il dialogo interculturale e
interreligioso, poiché il conflitto acuisce la contrapposizione tra Occidente e
mondo arabo-musulmano” E’ questo il passaggio centrale del messaggio pasquale
della Commissione nazionale ‘Giustizia e pace’ della Conferenza episcopale
elvetica, rilanciato dall’agenzia Misna. “Questa guerra rischia di togliere
credibilità a valori come il rispetto dei diritti umani, il pluralismo
religioso e la democrazia. Le Nazioni Unite e la Svizzera – proseguono i
presuli svizzeri - devono unire gli sforzi perché la pace futura in Iraq e in
tutto il Vicino e Medio Oriente sia fondata sulla legalità internazionale”. Con
la risurrezione di Cristo, conclude il messaggio, la Pasqua rivolge ai
cristiani “un messaggio di vita, di luce e di vittoria sul male: a tutti dia di
poter riprendere il dialogo per la pace in uno spirito di fraternità”.(A.D.C.)
SI DISCUTE DI DROGA A VIENNA, DOVE SONO RIUNTI
DALL’8 APRILE
DELEGATI
DI 116 PAESI PER I LAVORI DELLA COMMISSIONE ONU
PER
GLI STUPEFACENTI. IERI ED OGGI RIUNIONE
MINISTERIALE
PER
FARE IL PUNTO SULLA STRATEGIA MONDIALE NELLA LOTTA AI NARCOTICI,
LANCIATA
NEL SUMMIT DI 5 ANNI FA, A NEW YORK NEL ‘98
- A
cura di Roberta Gisotti -
VIENNA. = Da ieri riuniti a Vienna i ministri di tutto
il mondo competenti in materia di droga, nell’ambito della 46 ma riunione della
Commissione Onu per gli stupefacenti (Cnd) in corso a Vienna dall’8 aprile, con
la partecipazione di 116 Paesi. All’ordine del giorno una dichiarazione per
fare il punto sulla strategia mondiale nella lotta contro la droga, lanciata
nel 1998 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Come ha spiegato oggi in
una conferenza stampa a Vienna il direttore generale dell’ufficio dell’Onu per
il controllo degli stupefacenti e la prevenzione del crimine (Undcp), Antonio
Maria Costa, l’obiettivo principale dell'incontro ministeriale è convincere i singoli Paesi ad attenersi agli
impegni presi e raggiungere un'armonizzazione delle politiche antidroga. Nel
Summit sulla droga del 1998 a New York i singoli Stati si erano impegnati a
modificare fino al 2008 la propria legislazione per renderla compatibile con il
Piano d'azione contro la diffusione delle anfetamine, a rafforzare le norme per
combattere contro il riciclaggio del denaro sporco, ad aumentare la
collaborazione nel campo della giustizia, oltre a sviluppare strategie per
ridurre la domanda di droghe. Il calendario della Commissione ha previsto
l’esame di varie questioni: il problema del riciclaggio del denaro sporco, le
posizioni pro e contro la liberalizzazione della cannabis, ma anche i
legami tra il terrorismo e il mercato delle droghe. “E’ ovvio che esiste un
legame diretto tra il mercato degli stupefacenti e la criminalità organizzata”,
ha detto Costa, citando come esempi Perú, Colombia, Afghanistan. Un'altro tema
importante le rotte del contrabbando di stupefacenti. “La chiave per lo
sviluppo di tali rotte è la corruzione”, ha detto Costa. Come ha sottolineato
la presidente della Cnd, Patricia Olamendi, si dovrà anche discutere sulla
riforma dell’agricoltura nei Paesi produttori di oppio e coca per trovare
alternative per i contadini. “La cosa più importante è che i Paesi
industrializzati aprano i loro mercati”, ha detto Olamendi. A pochi passi di
distanza dalla conferenza dell'Onu, si sono aperti martedì scorso all'Austria
Center i lavori delle organizzazioni non governative dell'European Drug
Policy Fund che criticano fortemente la strategia proibizionista adottata
dalle Nazioni Unite.
LA GUERRA NEL GOLFO RISCHIA DI
INASPRIRE IL CONFLITTO SEPARATISTA
NELLE
FILIPPINE, ALIMENTATO DAGLI ESTREMISTI ISLAMICI.
L’ALLARME
LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO DI COTABATO, ORLANDO QUEVEDO
- A
cura di Lisa Zengarini -
MANILA. = Le conseguenze del conflitto angloamericano in
Iraq rischiano di radicalizzare ulteriormente la guerriglia indipendentista nel
Sud delle Filippine e di influire negativamente sui rapporti tra cristiani e
musulmani. E’ la preoccupazione espressa nei giorni scorsi dall’arcivescovo di
Cotabato, Orlando Quevedo, presidente della Conferenza episcopale filippina e a
capo di una diocesi che sorge nell’isola di Mindanao, teatro di numerose
scorrerie di estremisti islamici. L’aumento degli attacchi terroristici
registrati in tutta l’isola - spiega il presule - sembra indicare un inasprimento
da parte del Moro Islamic Liberation Front (Milf) e una parte della
gioventù musulmana. Le violenze a Mindanao sono divampate nuovamente dopo
l’inizio della seconda Guerra del Golfo. La città di Davao ha visto gli
attacchi peggiori: due gravi attentati dinamitardi hanno ucciso 38 persone,
ferendone oltre 200. A preoccupare in modo particolare il presule è il
“riaccendersi dell’animosità tra cristiani e musulmani” a Mindanao e il
tentativo di usare la religione a fini politici: “L’attacco ai luoghi sacri -
ha affermato - cerca di infiammare i sentimenti religiosi e di introdurre la
dimensione di fede in un conflitto che è prima di tutto politico ed economico”.
LE AUTORITA’ MALESI DELLO STATO DEL
SARAWAK METTONO FUORI LEGGE
LA
TRADUZIONE DELLA BIBBIA IN LINGUA “IBAN”, IL GRUPPO ETNICO
PIU’ GRANDE DELLO STATO E A MAGGIORANZA
CRISTIANA
KUALA LUMPUR. = L’associazione
delle Chiese cristiane del Sarawak, lo Stato più grande della Federazione
malese, ha chiesto al ministro degli Interni di ritirare il bando contro la
traduzione in lingua Iban della Bibbia, nota come “Bup Kudus”. Il Libro
Sacro è stato incluso in una lista di 35 testi religiosi - di cui 20 cristiani
- dichiarati fuori legge dal governo della Malesia, attraverso un provvedimento
del Dipartimento per la censura. I testi, inclusa la traduzione della Bibbia,
sono stati banditi con l’accusa di aver violato le linee guida previste per i
libri di religione non islamica. I capi spirituali dalle diverse confessioni
cristiane in Sarawak - tra cui l’arcivescovo cattolico di Kuching, Peter Chung
Hoan Ting - chiedono in un lettera rivolta alle autorità di tornare sui propri
passi. Del resto, si sottolinea, la “Bup Kudus” è diffusa tra la popolazione
“iban” dal 1988 e così anche il Penyangup Baru, la traduzione del Nuovo
Testamento. Gli “iban” rappresentano il gruppo etnico più grande del Sarawak,
pari al 30 per cento della popolazione, e sono in maggioranza cristiani.
Secondo la nuova norma, gli iban trovati in possesso di una copia della Bibbia
gravata del divieto rischiano fino a tre anni di reclusione e una multa di
20mila ringgits, pari a circa 5 mila euro. (A.D.C.)
DUE ANZIANE DONNE ABORIGENE
DELL’AUSTRALIA SONO TRA LE VINCITRICI
DEL “GOLDMAN
ENVIRONMENTAL PRIZE”, SORTA DI NOBEL PER L'AMBIENTE:
LE DUE
ATTIVISTE, GIA’ VITTIME DA BAMBINE DI ESPERIMENTI NUCLEARI,
HANNO
CONTRASTATO IL PROGETTO GOVERNATIVO PER UNA DISCARICA
DI
SCORIE ATOMICHE NEL LORO TERRITORIO
SYDNEY. = Due ‘anziane’ aborigene
australiane sono tra le vincitrici del Goldman Environmental Prize,
sorta di Nobel per l'ambiente, conquistato grazie alla loro lotta contro
una discarica di scorie nucleari proposta dal Governo conservatore di Canberra
nel loro territorio tradizionale presso Woomera, in South Australia. Eileen
Kampakuta Brown ed Eileen Wani Wingfield, da adolescenti sono sopravvissute
alla devastazione causata dai test nucleari condotti dalla Gran Bretagna a
Maralinga, nella stessa regione, tra il 1953 e il 1957. Secondo le accuse di
ambientalisti, negli esperimenti decine di militari britannici e australiani
furono usati come cavie per studiare gli effetti e sperimentare gli
indumenti protettivi. L'esposizione alle radiazioni ha poi causato gravi
problemi di salute, oltre che ai militari, a generazioni di aborigeni locali;
la stessa Brown ha contratto la tubercolosi
dopo i test. Il Goldman Environmental Prize, del valore di
125.000 dollari Usa, viene assegnato ogni anno a sei attivisti in campo
ambientale. Eileen Kampakuta Brown, di Coober Pedy, ha ricevuto il
riconoscimento a Sydney dalla cantante rock aborigena Christine Anu, mentre
Eileen Wani Wingfield, di Port Augusta, ha ricevuto il suo premio a San
Francisco. La cerimonia di premiazione a Sydney era organizzata dall’Australian
Conservation Foundation il cui presidente, l’ex cantante rock Peter
Garrett, ha definito il premio come “l’equivalente di una medaglia d’oro
olimpica ... conquistata contro enormi ostacoli in una comunità remota”. “E’
semplicemente assurdo pensare che gli spazi aperti dell’Australia siano adatti
per una discarica di scorie nucleari”, ha detto. (R.G.)
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17 aprile 2003
- A
cura di Paolo Ondarza -
L'Associazione delle Nazioni dell'Asia sud-orientale si
riunirà il prossimo 29 aprile in Thailandia per affrontare l'emergenza
polmonite atipica. Lo ha annunciato oggi a Bangkok il ministro tailandese della
Sanità. Intanto anche in India, nello Stato di Goa, è stato registrato un primo
caso di contagio. E ad Hong Kong cresce il numero delle vittime: altri quattro
decessi e 29 nuovi contagi. Esperti americani comunicano che per un vaccino
anti-Sars “ci vorranno almeno due anni”.
Nuove violenze in Medio Oriente.
Un palestinese è stato ucciso stamani dal fuoco israeliano nella città di
Tulkarem, a nord della Cisgiordania. Ne hanno dato notizia alcuni responsabili
dei servizi di sicurezza palestinese. Secondo il quotidiano Al-Quds il nuovo
governo palestinese potrebbe essere annunciato entro due giorni. Oggi a Gaza
migliaia di manifestanti sono sfilati inalberando fotografie di Abu Abbas,
leader del Fronte di liberazione della Palestina, catturato a Baghdad dai
marine Usa e condannato in contumacia all'ergastolo in Italia per il dirottamento dell'Achille Lauro nel 1985. Ma
sentiamo il servizio di Graziano Motta.
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Il portavoce del Dipartimento di
Stato ha precisato che Abu Abbas non può beneficiare dell’immunità: intanto, perché
non è stato catturato né in Israele né in territori palestinesi, poi perché gli
Stati Uniti non sono coinvolti dal loro accordo bilaterale. Piuttosto, le
autorità militari stanno valutando se Abu Abbas abbia compiuto nei 17 anni in
cui ha vissuto in Iraq altre imprese terroristiche per cui possa essere
processato. Dall’esito di queste indagini dipenderà se accoglieranno la
richiesta di estradizione che l’Italia intende comunque presentare per far
scontare ad Abu Abbas la condanna all’ergastolo per la vicenda dell’Achille
Lauro. In Israele, ieri sera, tutte le famiglie si sono riunite per il Seder,
la cena che fa memoria dell’esodo del popolo ebraico dall’Egitto verso la Terra
promessa. Le grandi misura di sicurezza per prevenire attentati terroristici,
come quello dell’anno scorso a Netanya, saranno mantenute e così pure il blocco
dei territori palestinesi, fino alla fine delle feste pasquali.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Ufficializzati i colloqui multilaterali per risolvere la
delicata crisi nordcoreana: si svolgeranno alla fine della prossima settimana a
Pechino e vi parteciperanno Stati Uniti, Corea del Nord e Corea del Sud.
Condurrà i colloqui l’americano James Kelly, sottosegretario di Stato per gli
affari asiatici.
E la Corea del nord è stata accusata ieri dalla
Commissione per i diritti umani dell'Onu per “violazioni gravi, sistematiche e
ripetute”. Sempre ai lavori della Commissione, che si svolgono a Ginevra, è stato
rinviato ad oggi il voto su Cuba. E’ forte la condanna internazionale per le
misure adottate dal regime di Fidel Castro negli ultimi tempi: la condanna di
33 dissidenti e l’esecuzione di tre uomini. Ma quale il motivo di questi
provvedimenti che pongono fine, tra l’altro ad una moratoria sulla pena di
morte? Ci risponde Riccardo Noury di Amnesty International intervistato da
Francesca Sabatinelli.
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R. – Ci sono un paio di buone ragioni. Da un lato, si
approfitta della disattenzione della comunità internazionale, impegnata in
altre questioni. Dall’altro, però, c’è
la sensazione che soprattutto per quanto riguarda le condanne inflitte ad
almeno 33 dissidenti, forse si sia avvertito il rischio di un movimento
politico indipendente, con un programma basato sui diritti umani, come quello
del ‘projecto Varela’, e che questa minaccia dovesse essere stroncata in
maniera repressiva.
D. – Negli ultimi tempi, l’opposizione interna si è
intensificata e si è anche rafforzata?
R. – Credo di sì, e conseguentemente anche la repressione.
Ci sono stati processi fortemente irregolari, celebrati in un clima di odio, di
segretezza ... Insomma, un passo indietro sorprendente, rispetto agli ultimi
apparenti traguardi in campo di diritti umani ...
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Un’esplosione ha pesantemente danneggiato gli
uffici dell’Unicef a Jalalabad, città nell’est dell’Afghanistan, roccaforte del
deposto regime dei talebani. Ne ha dato notizia oggi l’agenzia afgana Aip
specificando che non ci sono state vittime. Le autorità indagano intanto sulle
cause della deflagrazione.
Violenti combattimenti sono in
corso nelle colline circostanti la capitale del Burundi, Bujumbura. Lo
riferiscono fonti della Misna precisando che da svariate zone della capitale
burundese si può udire chiaramente il rumore di armi da fuoco e i tiri di
artiglieria.
Una scossa di magnitudo 6.6 sulla scala Richter ha
fatto tremare la notte scorsa la provincia cinese nord-orientale di Qinghai. Lo
ha comunicato l'Istituto Nazionale di sismologia di Pechino. Non si conosce ancora l’entità dei
danni e il numero delle eventuali vittime. Il sisma ha colpito una zona abitata
prevalentemente da tibetani.
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