RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 107 - Testo della Trasmissione di giovedì 17 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Oggi, Giovedì Santo, la Messa crismale presieduta dal Papa stamani e questo pomeriggio la Messa in Coena Domini nella Basilica Vaticana. Resa nota a mezzogiorno la nuova Enciclica di Giovanni Paolo II sull’Eucaristia. Con noi, il cardinale Francis Arinze e l’arcivescovo Angelo Amato.

 

Importanti nomine vescovili in Polonia e nella Federazione Russa.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I riti del tempo pasquale in Terra Santa, nel segno della speranza e della riconciliazione: intervista con padre Giovanni Battistelli.

 

Cresce l’impegno delle organizzazioni umanitarie in favore del popolo iracheno, mentre si accende il dibattito sulla revoca dell’embargo all’Iraq, dopo le dichiarazioni del presidente americano: con noi, Lucio Melandri e il giurista Andrea de Guttry.

 

Concluso ad Atene lo storico vertice dell’Unione Europea allargata a 25 Paesi, con speciale attenzione al dopo guerra in Iraq e all’intera regione mediorientale: ai nostri microfoni, Andrea Bonanni.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Invito a coltivare il dialogo tra culture e religioni in Medio Oriente, nel messaggio pasquale dei vescovi svizzeri.

 

Si discute di lotta contro la droga a Vienna, dove sono riuniti delegati di 116 Paesi.

 

La guerra nel Golfo rischia di inasprire il conflitto separatista nelle Filippine: è l’allarme lanciato dall’arcivescovo di Cotabato.

 

In Malaysia i capi spirituali dello Stato del Szrawak chiedono alle autorità malesi di ritirare il bando della Bibbia in lingua Iban.

 

Tra le vincitrici del “Goldman Environmental Prize” due anziane donne aborigene.

 

24 ORE NEL MONDO:

Vertice delle Nazioni Asiatiche il 29 aprile in Thailandia per discutere l’“emergenza Sars”.

 

Disordini in Medio Oriente: migliaia di palestinesi chiedono il rilascio di Abu Abbas.

 

Attesa per la risoluzione della Commissione Onu per i diritti umani in merito alle recenti  violazioni di Cuba.

 

Un’esplosione a Jalalabad danneggia la sede dell’Unicef.

 

Nuovi combattimenti in Burundi.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 aprile 2003

 

 

LA NUOVA ENCICLICA SULL’EUCARISTIA DONATA DAL PAPA ALLA CHIESA

PER IL SUO 25° DI PONTIFICATO. QUESTA MATTINA LA MESSA CRISMALE

E FRA QUALCHE ORA LA MESSA IN COENA DOMINI NELLA BASILICA VATICANA.

CON NOI IL CARDINALE FRANCIS ARINZE E L’ARCIVESCOVO ANGELO AMATO

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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(canto)

 

Giovedì Santo: la Chiesa commemora l’Ultima Cena del Signore Gesù con gli Apostoli nel Cenacolo, l’istituzione dell’Eucaristia e del sacramento dell’Ordine. Il Pontefice ha presieduto questa mattina in San Pietro la Messa crismale e fra qualche ora, sempre nella Basilica vaticana, la Messa in Coena Domini durante la quale apporrà la sua firma alla nuova enciclica Ecclesia de Eucharestia, resa nota a mezzogiorno e sulla quale appuntiamo subito la nostra attenzione.

 

E’ una tradizione inaugurata dal Santo Padre fin dal primo anno del suo pontificato di indirizzare a tutti i sacerdoti del mondo un messaggio eucaristico in occasione del Giovedì Santo. Quest’anno, per il venticinquesimo anniversario di pontificato, il Santo Padre invita non solo i sacerdoti, ma tutti i fedeli cattolici a sostare davanti al volto eucaristico di Gesù, pane vivo di cui la Chiesa quotidianamente si nutre. L’Enciclica, la quattordicesima, è quindi anzitutto e soprattutto una meditazione profonda e partecipata del mistero eucaristico, come mistero centrale della fede cattolica, come tesoro della Chiesa e cuore del mondo. E’ l’aspetto eucaristico della sua prima Enciclica, Redemptor hominis. Con noi il segretario della Congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo Angelo Amato:

 

D. - Oltre che una sintesi dottrinale, questa Enciclica contiene anche dei motivi autobiografici del Santo Padre ...

 

R. - E’ vero. Il Santo Padre parla con grande partecipazione esistenziale dell’Eucaristia da lui quotidianamente celebrata nelle chiese polacche, nella Basilica di San Pietro, nelle mille chiese e piazze del mondo e perfino negli stadi. E’ il carattere cosmico di questo sacramento, che unisce cielo e terra e che pervade tutto il creato: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a lui redento da Cristo. Il Santo Padre ricorda anche con commozione l’Eucaristia celebrata nel Cenacolo a Gerusalemme, durante il Grande Giubileo dell’Anno Duemila. L’Eucaristia è quel filo dorato, mai interrotto, che annoda il Giovedì Santo del 2003 all’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli prima della Passione.

 

D. - Ci sono anche altri motivi alla base di questa enciclica eucaristica?

 

R. - Oltre che allo stupore adorante nei confronti di questo sacramento, il Santo Padre richiama anche alcune ombre che stanno offuscando soprattutto in alcuni Paesi e regioni la devozione eucaristica cattolica. Egli fa esplicito riferimento ad esempio all’abbandono dell’adorazione eucaristica, agli abusi nella celebrazione del sacramento, alla sua riduzione a incontro conviviale fraterno, alla dimenticanza della necessità del sacerdozio ministeriale per la sua valida celebrazione.

 

D. - Quali sono i punti dottrinalmente salienti dell’enciclica?

 

R. - Possiamo ridurli a tre. L’Eucaristia è anzitutto il grande mistero della fede, il dono per eccellenza di Gesù che offre se stesso per la nostra salvezza. Celebrando l’Eucaristia, l’evento salvifico della morte e risurrezione di Gesù è reso realmente presente e operante: questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi e per goderne i frutti salvifici. L’Eucaristia è pane vivo che dà forza e vigore quotidiano. In secondo luogo l’Eucaristia edifica la Chiesa. L’incorporazione a Cristo, realizzata nel Battesimo, si consolida nell’Eucaristia . Possiamo dire – afferma il Santo padre – che non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma che anche Cristo riceve ciascuno di noi. L’Eucaristia ha una efficacia unificante. Partecipando all’Eucaristia i fedeli diventano un corpo solo,dal momento che tutti partecipano dell’unico pane, come dice San Paolo (1 cor). A questo punto il Santo Padre loda il culto eucaristico fuori della Messa, con l’esposizione del Santissimo Sacramento e con la sosta adorante  o le visite frequenti a Gesù eucaristico. A tale proposito voglio ricordare un episodio della vita di Edith Stein. Uno degli elementi che la indussero alla conversione al cattolicesimo, fu proprio l’esperienza delle visite a Gesù eucaristico da parte dei singoli fedeli nelle chiese cattoliche della Germania: avvertì che i cattolici andavano a far visita a un Vivente, a Gesù loro fedele amico e redentore. Un terzo punto che mi sembra utile rilevare pastoralmente parlando è la relazione tra Eucaristia e il sacramento della Penitenza. La riconciliazione è la via obbligata per accedere alla piena e valida partecipazione al sacrificio eucaristico. Ci si deve accostare all’Eucaristia in stato di grazia. Questa interna comunione di grazia con Gesù deve poi esprimersi anche nella comunione ecclesiale: nella comunione con il Papa e i vescovi e con il loro magistero pastorale. Per questo l’Eucaristia crea comunione ed educa alla comunione.

 

D. - Cosa dire da un punto di vista ecumenico?

 

R. - Certo l’Eucaristia è il sacramento della comunione e dell’unità della Chiesa e nella Chiesa. Tale comunione ecclesiale si fonda sulla completa comunione nei vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico: non è possibile concelebrare la stessa liturgia eucaristica fino a quando non sia ristabilita l’integrità di tali vincoli. Il cammino dell’unione deve farsi nella verità della fede. Il Santo Padre però aggiunge subito che il desiderio ardente di celebrare insieme l’Eucaristia diventa già una lode comune e una implorazione al Signore.

 

D. -  Diversamente da altri documenti nei quali la presenza di Maria è racchiusa in qualche breve paragrafo, in questa enciclica le viene dedicato un intero capitolo...

 

R. - Sì, è l’ultimo, il capitolo sesto, intitolato appunto: alla scuola di Maria, donna eucaristica. Nell’anno del Rosario non poteva mancare il riferimento alla Madre del Signore, primo vero tempio vivente  di Gesù nella storia. Il Santo Padre accenna all’esperienza di Maria dopo la risurrezione, quando il ricevere l’Eucaristia significava per lei quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo. Maria, donna eucaristica, è anche la donna del Magnificat, dove ella canta quei cieli nuovi e quella terra nuova, che nell’Eucaristia trovano la loro anticipazione e il loro disegno programmatico. Se il Magnificat  esprime la spiritualità eucaristica di Maria, allora l’Eucaristia ci è data perché la nostra vita sia tutta un Magnificat.

 

E ora ritorniamo alla dimensione liturgica di questa giornata che, come dicevamo, è iniziata con la Messa crismale del Papa in San Pietro assieme al presbiterio romano, cardinali, vescovi e sacerdoti. Momento saliente è stata la benedizione degli oli che vengono usati per l’amministrazione dei sacramenti, in particolare il crisma, che dà il nome alla liturgia, mistura di olio e unguento profumato, usato per la cresima e l’ordinazione sacerdotale.

 

Giovanni Paolo II ha tratteggiato all’omelia in particolare l’altro aspetto di questa celebrazione che è il rinnovo delle promesse sacerdotali, così dicendo:

 

“Cari fratelli nel sacerdozio, siamo rimasti fedeli a queste promesse? Non si spenga in noi l’entusiasmo spirituale dell’Ordinazione presbiterale. E voi, carissimi fedeli, pregate per i sacerdoti perché siano attenti dispensatori dei doni della grazia divina, in modo speciale della misericordia di Dio nel sacramento della Confessione e del Pane di vita nell’Eucaristia, vivo memoriale della morte e risurrezione di Cristo”.

        

Gli impegni del Pontefice in questo triduo pasquale che inizia stasera lo vedranno nuovamente nella Basilica Vaticana fra qualche ora per la Messa in Coena Domini, durante la quale laverà i piedi a 12 presbiteri, mentre i fedeli saranno invitati a compiere un atto di carità per le popolazioni colpite dalla guerra in Iraq. Sul significato della celebrazione ecco un pensiero del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti:

 

“L’evento centrale della celebrazione del Giovedì Santo della cena del Signore è il grande dono che Cristo fa di se stesso nel Sacrificio e Sacramento della Santa Eucaristia. Avendo amato la sua Chiesa, Gesù l’ha amata fino alla fine. La notte prima che soffrisse e morisse sulla Croce, diede ai suoi Apostoli, e attraverso loro a tutta la Chiesa, la Santa Eucaristia. Cominciò lavando loro i piedi. Questa fu una grande prova di amore e di umiltà. Gesù stava così insegnando ai suoi Apostoli ad amarlo e ad amarsi l’un l’altro. Durante la cena, Gesù, attraverso parole solenni, facenti riferimento al sacrificio di sé il giorno seguente sulla Croce, trasformò il pane nel suo corpo e il vino nel suo sangue e li diede ai suoi Apostoli per mangiarne e berne. Gesù aggiunse: “Fate questo, in memoria di me”. Egli stava donandoci il Sacramento dei Sacri Ordini, del Sacerdozio. Gesù ordinò sacerdoti i suoi Apostoli, poiché diede loro il potere di consacrare il pane ed il vino nel suo Corpo e Sangue, per offrire poi questo sacrificio al Padre Eterno. Quindi la Chiesa, questa sera, adora e ringrazia Gesù per il Sacrificio ed il Sacramento della Santa Eucaristia. Alla fine della liturgia il Sacramento Benedetto viene portato solennemente sull’altare dove la nostra adorazione prosegue per tutta la notte. La Chiesa così ringrazia Nostro Signore per il dono del Sacerdozio”.

 

La nostra emittente curerà la radiocronaca del sacro rito, a partire dalle 17.30, con il commento in italiano, inglese e tedesco sulle onde corte, le onde medie e la modulazione di frequenza. Ed è proprio durante la celebrazione di questa sera che il Santo Padre firmerà l’enciclica sull’Eucaristia, offrendola alla Chiesa come dono del suo 25° anniversario di episcopato romano.

 

(canto)

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PROVVISTE DI CHIESE IN POLONIA E IN RUSSIA

 

Il Papa ha nominato vescovo di Elk, in Polonia, il presule mons. Jerzy Mazur, finora vescovo di San Giuseppe a Irkutsk, nella Federazione Russa.

 

Espulso, come è noto, dalla Russia lo scorso anno, mons. Mazur è nato in Polonia 49 anni fa ed appartiene alla Società del Verbo Divino. In particolare, dal 1992 al 1998, è stato il primo superiore del distretto della congregazione per i Paesi dell’ex Unione Sovietica a Baranovici, in Bielorussia, essendo, allo stesso tempo, anche parroco e direttore e insegnante nel Collegio catechetico della stessa città. Il 23 marzo 1998 è stato nominato vescovo e amministratore apostolico della Siberia Orientale dei Latini. L’11 febbraio 2002, mons. Mazur è stato nominato primo vescovo della diocesi di San Giuseppe a Irkutsk ed amministratore apostolico della provincia apostolica di Yuzhno Sakhalinsk, incarichi che ha ricoperto fino al presente.

 

Il Santo Padre ha quindi nominato  vescovo di San Giuseppe a Irkutsk, nella Federazione Russa, il presule mons. Cyryl Klimowicz, nato nel 1952 in Kazakhstan, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev, in Bielorussia.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Così si apre la prima pagina: "Ecclesia de Eucharistia": Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sull'Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa.

"Accogliete, cari sacerdoti, questa Enciclica come un dono particolare per il 25 anno del mio ministero petrino"; durante la Messa del Crisma in San Pietro il Papa annuncia la firma della "Ecclesia de Eucharistia".

Il testo integrale, in latino, dell'Enciclica.

Allegato al giornale, un libretto con la traduzione italiana del Documento.

 

Nelle vaticane, una pagina sulla Messa Crismale del Giovedì Santo.

Una pagina con contributi sul significato del Venerdì Santo.

Le Lettere pastorali di vescovi italiani.

 

Nelle pagine estere, un articolo sull'intensificarsi del corale impegno di solidarietà a sostegno della popolazione irachena segnata dalla guerra. Gli Stati Uniti chiedono alle Nazioni Unite la revoca delle sanzioni economiche all'Iraq.

E' nata l'Europa dei 25.

Medio Oriente: si continua a morire nei Territori.

Cuba: severe critiche per la violazione dei diritti umani.

 

Nella pagina culturale,  un contributo di Paolo Saturno dal titolo "Un sublime canto della Passione": "Duetto tra l'anima e Gesù Cristo" di Alfonso M. de Liguori.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle pensioni.

Una notizia dal titolo "Si vuole davvero distruggere la famiglia": avviate anche a Bari misure per le "coppie di fatto".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 aprile 2003

 

 

I RITI PER LA PASQUA IN TERRA SANTA NEL SEGNO DELLA SPERANZA E DEL PERDONO: CON NOI, PADRE GIOVANNI BATTISTELLI

- Servizio di Stefano Cavallo -

 

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In questa settimana si festeggiano in Terra Santa sia la Pasqua ebraica che la Pasqua cristiana. Per rispettare lo status quo, che regola la coesistenza dei vari riti all’interno della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, già questa mattina si è svolta la Messa in Coena Domini, durante la quale è stata celebrata anche la liturgia crismale, nella basilica della Città Santa. Festa principale per entrambe le religioni, in particolar modo per i cristiani costituisce il culmine dell’anno liturgico. Già celebrata come festa agricola e pastorale, per gli ebrei rievoca la morte dei primogeniti egiziani e l’inizio dell’esodo: per i cristiani invece la Pasqua festeggia il momento del passaggio di Gesù, che istituì il sacramento dell’eucaristia durante la cena pasquale, alla casa del padre, attraverso la morte e la risurrezione. Con noi, padre Giovanni Battistelli, custode di Terra Santa, al quale abbiamo chiesto che clima si respira nello comunità cristiana.

 

R. - Con il popolo cristiano residente in Terra Santa, noi francescani abbiamo fatto le diverse stazioni che preparano alla solennità della Santa Pasqua. Naturalmente, non siamo stati molto numerosi: i cristiani sono soprattutto quelli locali. Abbiamo avuto qualche gruppetto, è naturalmente poca cosa. Anche gli ebrei si stanno preparano alla loro Pasqua. Quello che vorrei far notare è anche come ogni anno qualche padre francescano è invitato presso amici a partecipare alla loro celebrazione, naturalmente unendo un po’ le preghiere e le intenzioni che sono per loro la liberazione e il ritorno in Terra Santa, e per noi anche di aggiungere quello che è il messaggio di luce, di speranza, di perdono, di riconciliazione che il Signore Cristo ci ha portato.

 

D. - Come descriverebbe la situazione dei pellegrini, per il momento, a Gerusalemme?

 

R. - La partecipazione dei fedeli locali quest’anno mi è sembrata più numerosa dell’anno scorso e abbiamo anche notato qualche gruppetto dall’Italia, dalla Spagna e da altre nazioni che coraggiosamente sono venuti. Sono gruppi molto ristretti.

 

D. - Lei ha dei commenti da rilasciare sul quadro globale della situazione che si vive lì?

 

R. - Le difficoltà sono numerose e quello che stiamo facendo noi padri francescani della Custodia di Terra Santa è di sviluppare il progetto di casa affinché i cristiani non vadano all’estero, e dobbiamo ringraziare in modo particolare il Santo Padre che ci sta aiutando con un appartamento anche per Betlemme, con la Cei e con tanta gente che con le loro piccole offerte ci aiutano ad aiutare i bisogni primari della gente – medicine, viveri – per coloro che sono in difficoltà, e nello stesso tempo anche pensare un po’ al futuro affinché una volta risolta la situazione, i cristiani possano continuare a vivere qua.

 

D. – C’è qualche iniziativa sul dialogo interreligioso e qual è il suo messaggio per la Pasqua?

 

R. - Ci sono, soprattutto in questo periodo di Pasqua, come è avvenuto anche per Natale, degli incontri, ma un po’ a livello ufficiale. La Resurrezione di Cristo è un segno di speranza, di fiducia, e anche che la vita ha vinto la morte. Ecco, mi auguro che questo sia davvero il messaggio pasquale che venga recepito da tutti i responsabili.

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CRESCE CON IL PASSARE DELLE ORE L’IMPEGNO DELLE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE

 IN FAVORE DEL POPOLO IRACHENO, MENTRE SI ACCENDE IL DIBATTITO

SULLA REVOCA DELL’EMBARGO ALL’IRAQ

DOPO LE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE AMERICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Nell’Iraq del dopo-Saddam, che lentamente sta ritornando alla vita normale, si moltiplicano, di ora in ora, le iniziative degli organismi umanitari in favore della popolazione. Con 50 camion carichi di 1.400 tonnellate di farina, il Programma alimentare mondiale ha aperto stamani la strada dalla Giordania per l’invio degli aiuti in Iraq. Dal canto suo, il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha annunciato ad Atene che i leader dell’Unione hanno “accolto e approvato” la proposta dell’esecutivo di Bruxelles di un “ponte aereo per i bambini” per portare in Europa i feriti che non possano essere curati sul posto. A Baghdad, intanto, parte degli abitanti ha ora di nuovo l'acqua corrente, dopo la riparazione di una stazione di pompaggio. Anche per quanto riguarda l’energia elettrica ci sono miglioramenti, con la progressiva riparazione delle linee elettriche. Tra le Organizzazioni non governative, presenti a Baghdad, anche Intersos, che insieme ad altre Ong italiane ha fatto giungere nella capitale un convoglio di aiuti umanitari. Benedetta Capelli ne ha parlato con Lucio Melandri, responsabile di Intersos, raggiunto telefonicamente a Baghdad:

 

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R. – Questi aiuti vengono sicuramente indirizzati a due ospedali della capitale irachena. Due ospedali che stanno fornendo un servizio di emergenza, di pronto soccorso e di chirurgia d’urgenza. Il grande problema degli ospedali è quello dell’acqua e dell’elettricità, nel senso che hanno un’autosufficienza ridottissima. I medici, in alcuni casi, non hanno nemmeno l’acqua per lavarsi le mani, per disinfettarsi prima e dopo le operazioni e si sta dipendendo solo da alcuni gruppi elettrogeni. Quindi portare avanti operazioni chirurgiche in una situazione di questo tipo, è particolarmente complicato. Vi sono anche altre istituzioni su cui stiamo focalizzando l’attenzione quali, per esempio, gli istituti che ospitano anziani abbandonati e anche alcuni orfanotrofi. Proprio gli orfanotrofi sono stati in parte colpiti dai bombardamenti e quindi i bambini sono stati evacuati in una struttura centrale: stiamo cercando di focalizzare l’attenzione per vedere come ripristinare una situazione di normalità per questi che sono più vulnerabili tra i più vulnerabili in un conflitto.

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Accanto all’attivismo delle agenzie umanitarie, anche sul fronte politico - nelle ultime 24 ore - si sono registrati eventi di rilievo. Novità sul futuro dell’Iraq sono giunte in particolare dagli Stati Uniti, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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NOW THAT IRAQ HAS ….

“Ora che l’Iraq è stato liberato, l’Onu deve togliere le sanzioni imposte dopo l’invasione del Kuwait”, lo ha chiesto ieri il presidente Bush, dicendo che il regime di Saddam ormai è storia. La resistenza militare organizzata è terminata e tutte le maggiori città sono sotto il controllo delle forze americane. Il capo della Casa Bianca ha aggiunto che il lavoro non è ancora terminato, ma l’operazione ha avuto successo nel rendere il mondo un luogo più pacifico. Il comandante americano, il generale Tommy Franks, ha visitato per la prima volta Baghdad, segnalando che l’attività militare è praticamente conclusa e la proclamazione della vittoria è ormai imminente. La Siria, invece, ha dato la disponibilità a collaborare con gli Stati Uniti per il bene degli iracheni, ma ha escluso la chiusura delle basi a Damasco dei gruppi palestinesi, accusati di terrorismo dagli americani. Il segretario di Stato, Powell, ha ribadito la volontà di dialogare, annunciando che ha intenzione di andare in Siria.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Proprio la Siria ha fatto sapere – per bocca del suo ministro degli Esteri, Farouk El Sharaa – che Damasco non permetterà alcuna ispezione del suo arsenale militare o del suo territorio al fine di respingere le accuse americane sul possesso di armi chimiche da parte dei siriani. Intanto, le dichiarazioni di Bush sulla revoca dell’embargo hanno innescato una serie di reazioni politiche. Il presidente francese Chirac ha dichiarato oggi ad Atene “che spetta  all’Onu definire le modalità per la revoca delle sanzioni” contro Baghdad. D’altro canto, lo stesso Annan ha affermato che “ogni ruolo assegnato all’Onu al di là dei compiti puramente umanitari, deve essere definito dal Consiglio di sicurezza”. Una fonte del ministero degli esteri russo, citata dall'agenzia Interfax ha, invece, sottolineato che “il solo cambio di regime a Baghdad non costituisce una condizione per l'eliminazione delle sanzioni”. Un tema scottante, dunque, che dominerà il dibattito al Palazzo di Vetro nelle prossime settimane. Una questione anche giuridicamente non semplice, come spiega il prof. Andrea de Guttry, docente di diritto internazionale e pro rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa:

 

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R. – Il problema, in realtà, è abbastanza complesso. Basti ricordare che le sanzioni contro l’Iraq sono state decretate proprio in considerazione del fatto che l’Iraq deteneva una serie di armi proibite. Se si volesse adesso revocare questo tipo di sanzioni, bisognerebbe legare la dimostrazione che l’Iraq non è in possesso di queste armi. E’ quello che gli Stati Uniti dovranno fare nelle prossime giornate.

 

D. – Questo vuol dire che, anche non essendo più al potere Saddam, che chiaramente era l’obiettivo delle sanzioni, il popolo iracheno ne verrà comunque a pagare?

 

R. – Il primo problema che si pone è proprio quello di dimostrare che non ci sono più queste armi oppure di trovarle e poi procedere alla loro distruzione. Le sanzioni avevano per oggetto il governo iracheno, non Saddam Hussein, per cui restano in piedi a meno che il Consiglio di Sicurezza non ritenga totalmente modificata la situazione precedente per cui arrivi in tempi che - auspicabilmente – saranno brevi, ad una modifica delle precedenti risoluzioni. Sarà così possibile eliminare l’attuale restrizione al commercio con l’Iraq, anche se si aprirà un nuovo problema, molto complicato, che è quello relativo alla proprietà del petrolio iracheno.

 

D. – Quindi è comunque necessaria una nuova risoluzione delle Nazioni Unite?

 

R. – E’ indispensabile una nuova risoluzione delle Nazioni Unite che dovrà essere approvata secondo dei meccanismi tradizionali, e quindi con il voto favorevole o per lo meno senza voto contrario dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

 

D. – Ci sono le condizioni giuridiche per portare Saddam Hussein e la leadership del suo regime di fronte alla neonata Corte penale internazionale?

 

R. – No. Questo non è possibile per ragioni tecniche. L’Iraq non ha ratificato lo statuto della Corte, né lo hanno fatto gli Stati Uniti, per cui non è possibile immaginare di sottoporre Saddam Hussein alla Corte. E’ un peccato, perché poteva essere la dimostrazione dell’utilità di questo organismo. Quello che è probabile o possibile, per lo meno, è l’attivazione di un tribunale ‘ad hoc’ sul modello di quello che è stato fatto in Rwanda o nella ex Jugoslavia, che potrebbe essere chiamato ad esaminare tutti i crimini posti in Iraq.

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CON IL PRANZO UFFICIALE SI SONO CONCLUSI  AD ATENE I LAVORI  DEL VERTICE DELL’UE

CHE HA SEGNATO L’ALLARGAMENTO DELL’UNIONE DA 15 A 25 PAESI

- Il servizio di Fausta Speranza -

 

Nella dichiarazione comune sull'Iraq si afferma fra l'altro l'esigenza che l'Onu abbia un ruolo centrale nel dopo guerra, a cominciare dal coordinamento dell’assistenza umanitaria e nel sostenere il processo che porterà all’autogoverno del popolo iracheno. L’Unione, che invoca anche l’aiuto dei Paesi vicini all’Iraq e delle principali istituzioni internazionali, annuncia la partenza del primo ponte aereo per gli aiuti subito dopo Pasqua. L’Europa, inoltre, intende svolgere compiti significativi anche per il processo di pace in tutta la regione del Medio Oriente e chiede il sostegno della comunità internazionale al nuovo premier palestinese, Abu Mazen, incaricato da Arafat di riformare l’Autorità Nazionale palestinese. E in  chiusura del vertice è stata convocata la Conferenza europea,  allargata anche ad altri Stati del vecchio continente. Il documento comune emerso in questa sede porta dunque la firma dei leader di 40 Stati che ribadiscono la loro “determinazione ad opporsi al sorgere di nuove linee di divisione” e l’impegno a “lavorare per promuovere strategie di avvicinamento politico e di integrazione graduale fra l’Ue allargata e i suoi vicini”. Di forte valore simbolico la scelta di piantare insieme un ulivo, sinonimo di pace. Su questo storico vertice, infatti, ha pesato in qualche modo la guerra in Iraq. Ascoltiamo, da Atene, Andrea Bonanni, esperto di questioni europee per il quotidiano La Repubblica.

 

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R. – Sicuramente la guerra in Iraq in questo momento sta condizionando tutto il quadro politico europeo. Abbiamo anche visto, in tutta la lunga polemica che ha preceduto la guerra, come proprio contro i Paesi dell’allargamento si fosse per esempio puntata l’ira dei francesi e dei tedeschi, quando questi hanno appoggiato la decisione americana di iniziare l’ostilità, anche senza l’Onu.

 

D. – Colpisce che nella bozza di oggi si parla di un progetto collettivo per una comunità di valori. Ecco, è un linguaggio diverso. Fino a ieri abbiamo discusso sulla necessità dell’Europa di avere una forza militare, e questa è una parola diversa …

 

R. – Mi sembra anche giusto che si faccia accenno alla comunità di valori nel momento in cui l’allargamento avviene per Paesi che sono stati a lungo soggetti al dominio sovietico e comunista. Vuole proprio significare il fatto che tutta l’Europa oggi è comunque unita nel condividere valori, che sono i valori della democrazia, i valori del rispetto delle minoranze. E sono particolarmente importanti in quei Paesi dove la maggioranza parla un’altra lingua o è di un’altra nazionalità o di un’altra etnia. Quindi, io credo che la ‘comunità di valori’ sia comunque il fatto fondamentale che sta sotto l’allargamento.

 

D. – L’allargamento a 10 nuovi membri non ha precedenti?

 

R. – No, quantitativamente, ma direi anche politicamente, non ha precedenti. E’ stato rivoluzionario l’allargamento alla Gran Bretagna. Un avvenimento che ha cambiato anche la natura dell’Unione Europea, ma sicuramente questo allargamento è un fatto altrettanto rivoluzionario e che può anche inserire nell’Unione un elemento dialettico molto forte. Può spingere un gruppo di Paesi, che desidera accelerare la propria integrazione politica ed anche la propria integrazione militare, ad andare più avanti.

 

D. – L’Europa a 25 non potrà più dimenticare l’annosa questione delle riforme istituzionali …

 

R. – No, certamente. Sta lavorando ormai da tempo una Convenzione i cui lavori saranno poi conclusi - si spera entro l’anno - dalla Conferenza intergovernativa composta dai rappresentanti dei governi. E’ nata proprio perché ci si è resi conto che l’attuale schema istituzionale non avrebbe potuto funzionare in un’Europa a 25.

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CHIESA E SOCIETA’

17 aprile 2003

 

 

GUARDARE AL MESSAGGIO DI PACE DELLA RISURREZIONE

CONTRO I VENTI DI GUERRA CHE AGITANO IL MEDIO ORIENTE.

COSI’ I VESCOVI SVIZZERI NEL LORO MESSAGGIO DI PASQUA

 

BERNA. = “La guerra in Iraq mette a rischio la capacità di coltivare il dialogo interculturale e interreligioso, poiché il conflitto acuisce la contrapposizione tra Occidente e mondo arabo-musulmano” E’ questo il passaggio centrale del messaggio pasquale della Commissione nazionale ‘Giustizia e pace’ della Conferenza episcopale elvetica, rilanciato dall’agenzia Misna. “Questa guerra rischia di togliere credibilità a valori come il rispetto dei diritti umani, il pluralismo religioso e la democrazia. Le Nazioni Unite e la Svizzera – proseguono i presuli svizzeri - devono unire gli sforzi perché la pace futura in Iraq e in tutto il Vicino e Medio Oriente sia fondata sulla legalità internazionale”. Con la risurrezione di Cristo, conclude il messaggio, la Pasqua rivolge ai cristiani “un messaggio di vita, di luce e di vittoria sul male: a tutti dia di poter riprendere il dialogo per la pace in uno spirito di fraternità”.(A.D.C.)

 

 

SI DISCUTE DI DROGA A VIENNA, DOVE SONO RIUNTI DALL’8 APRILE

DELEGATI DI 116 PAESI PER I LAVORI DELLA COMMISSIONE ONU

PER GLI STUPEFACENTI.  IERI ED OGGI RIUNIONE MINISTERIALE

PER FARE IL PUNTO SULLA STRATEGIA MONDIALE NELLA LOTTA AI NARCOTICI,

LANCIATA NEL SUMMIT DI 5 ANNI FA, A NEW YORK NEL ‘98

- A cura di Roberta Gisotti -

 

VIENNA. =  Da ieri riuniti a Vienna i ministri di tutto il mondo competenti in materia di droga, nell’ambito della 46 ma riunione della Commissione Onu per gli stupefacenti (Cnd) in corso a Vienna dall’8 aprile, con la partecipazione di 116 Paesi. All’ordine del giorno una dichiarazione per fare il punto sulla strategia mondiale nella lotta contro la droga, lanciata nel 1998 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Come ha spiegato oggi in una conferenza stampa a Vienna il direttore generale dell’ufficio dell’Onu per il controllo degli stupefacenti e la prevenzione del crimine (Undcp), Antonio Maria Costa, l’obiettivo principale dell'incontro ministeriale è  convincere i singoli Paesi ad attenersi agli impegni presi e raggiungere un'armonizzazione delle politiche antidroga. Nel Summit sulla droga del 1998 a New York i singoli Stati si erano impegnati a modificare fino al 2008 la propria legislazione per renderla compatibile con il Piano d'azione contro la diffusione delle anfetamine, a rafforzare le norme per combattere contro il riciclaggio del denaro sporco, ad aumentare la collaborazione nel campo della giustizia, oltre a sviluppare strategie per ridurre la domanda di droghe. Il calendario della Commissione ha previsto l’esame di varie questioni: il problema del riciclaggio del denaro sporco, le posizioni pro e contro la liberalizzazione della cannabis, ma anche i legami tra il terrorismo e il mercato delle droghe. “E’ ovvio che esiste un legame diretto tra il mercato degli stupefacenti e la criminalità organizzata”, ha detto Costa, citando come esempi Perú, Colombia, Afghanistan. Un'altro tema importante le rotte del contrabbando di stupefacenti. “La chiave per lo sviluppo di tali rotte è la corruzione”, ha detto Costa. Come ha sottolineato la presidente della Cnd, Patricia Olamendi, si dovrà anche discutere sulla riforma dell’agricoltura nei Paesi produttori di oppio e coca per trovare alternative per i contadini. “La cosa più importante è che i Paesi industrializzati aprano i loro mercati”, ha detto Olamendi. A pochi passi di distanza dalla conferenza dell'Onu, si sono aperti martedì scorso all'Austria Center i lavori delle organizzazioni non governative dell'European Drug Policy Fund che criticano fortemente la strategia proibizionista adottata dalle Nazioni Unite.

 

 

LA GUERRA NEL GOLFO RISCHIA DI INASPRIRE IL CONFLITTO SEPARATISTA

NELLE FILIPPINE, ALIMENTATO DAGLI ESTREMISTI ISLAMICI.

L’ALLARME LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO DI COTABATO, ORLANDO QUEVEDO

- A cura di Lisa Zengarini -

 

MANILA. = Le conseguenze del conflitto angloamericano in Iraq rischiano di radicalizzare ulteriormente la guerriglia indipendentista nel Sud delle Filippine e di influire negativamente sui rapporti tra cristiani e musulmani. E’ la preoccupazione espressa nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Cotabato, Orlando Quevedo, presidente della Conferenza episcopale filippina e a capo di una diocesi che sorge nell’isola di Mindanao, teatro di numerose scorrerie di estremisti islamici. L’aumento degli attacchi terroristici registrati in tutta l’isola - spiega il presule - sembra indicare un inasprimento da parte del Moro Islamic Liberation Front (Milf) e una parte della gioventù musulmana. Le violenze a Mindanao sono divampate nuovamente dopo l’inizio della seconda Guerra del Golfo. La città di Davao ha visto gli attacchi peggiori: due gravi attentati dinamitardi hanno ucciso 38 persone, ferendone oltre 200. A preoccupare in modo particolare il presule è il “riaccendersi dell’animosità tra cristiani e musulmani” a Mindanao e il tentativo di usare la religione a fini politici: “L’attacco ai luoghi sacri - ha affermato - cerca di infiammare i sentimenti religiosi e di introdurre la dimensione di fede in un conflitto che è prima di tutto politico ed economico”.

 

 

LE AUTORITA’ MALESI DELLO STATO DEL SARAWAK METTONO FUORI LEGGE

LA TRADUZIONE DELLA BIBBIA IN LINGUA “IBAN”, IL GRUPPO ETNICO

 PIU’ GRANDE DELLO STATO E A MAGGIORANZA CRISTIANA

 

KUALA LUMPUR. = L’associazione delle Chiese cristiane del Sarawak, lo Stato più grande della Federazione malese, ha chiesto al ministro degli Interni di ritirare il bando contro la traduzione in lingua Iban della Bibbia, nota come “Bup Kudus”. Il Libro Sacro è stato incluso in una lista di 35 testi religiosi - di cui 20 cristiani - dichiarati fuori legge dal governo della Malesia, attraverso un provvedimento del Dipartimento per la censura. I testi, inclusa la traduzione della Bibbia, sono stati banditi con l’accusa di aver violato le linee guida previste per i libri di religione non islamica. I capi spirituali dalle diverse confessioni cristiane in Sarawak - tra cui l’arcivescovo cattolico di Kuching, Peter Chung Hoan Ting - chiedono in un lettera rivolta alle autorità di tornare sui propri passi. Del resto, si sottolinea, la “Bup Kudus” è diffusa tra la popolazione “iban” dal 1988 e così anche il Penyangup Baru, la traduzione del Nuovo Testamento. Gli “iban” rappresentano il gruppo etnico più grande del Sarawak, pari al 30 per cento della popolazione, e sono in maggioranza cristiani. Secondo la nuova norma, gli iban trovati in possesso di una copia della Bibbia gravata del divieto rischiano fino a tre anni di reclusione e una multa di 20mila ringgits, pari a circa 5 mila euro. (A.D.C.)

 

 

DUE ANZIANE DONNE ABORIGENE DELL’AUSTRALIA SONO TRA LE VINCITRICI

DEL “GOLDMAN ENVIRONMENTAL  PRIZE”,  SORTA DI NOBEL PER L'AMBIENTE:

LE DUE ATTIVISTE, GIA’ VITTIME DA BAMBINE DI ESPERIMENTI NUCLEARI,

HANNO CONTRASTATO IL PROGETTO GOVERNATIVO PER UNA DISCARICA

DI SCORIE ATOMICHE NEL LORO TERRITORIO

 

SYDNEY. = Due ‘anziane’ aborigene australiane sono tra le vincitrici del Goldman Environmental  Prize,  sorta di Nobel per l'ambiente, conquistato grazie alla loro lotta contro una discarica di scorie nucleari proposta dal Governo conservatore di Canberra nel loro territorio tradizionale presso Woomera, in South Australia. Eileen Kampakuta Brown ed Eileen Wani Wingfield, da adolescenti sono sopravvissute alla devastazione causata dai test nucleari condotti dalla Gran Bretagna a Maralinga, nella stessa regione, tra il 1953 e il 1957. Secondo le accuse di ambientalisti, negli esperimenti decine di militari britannici e australiani furono usati come cavie per studiare gli effetti  e sperimentare  gli indumenti protettivi. L'esposizione alle radiazioni ha poi causato gravi problemi di salute, oltre che ai militari, a generazioni di aborigeni locali; la stessa Brown ha contratto la tubercolosi  dopo i test. Il Goldman Environmental Prize, del valore di 125.000 dollari Usa, viene assegnato ogni anno a sei attivisti in campo ambientale. Eileen Kampakuta Brown, di Coober Pedy, ha ricevuto il riconoscimento a Sydney dalla cantante rock aborigena Christine Anu, mentre Eileen Wani Wingfield, di Port Augusta, ha ricevuto il suo premio a San Francisco. La cerimonia di premiazione a Sydney era organizzata dall’Australian Conservation Foundation il cui presidente, l’ex cantante rock Peter Garrett, ha definito il premio come “l’equivalente di una medaglia d’oro olimpica ... conquistata contro enormi ostacoli in una comunità remota”. “E’ semplicemente assurdo pensare che gli spazi aperti dell’Australia siano adatti per una discarica di scorie nucleari”, ha detto. (R.G.)

 

  

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24 ORE NEL MONDO

17 aprile 2003

 

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

L'Associazione delle Nazioni dell'Asia sud-orientale si riunirà il prossimo 29 aprile in Thailandia per affrontare l'emergenza polmonite atipica. Lo ha annunciato oggi a Bangkok il ministro tailandese della Sanità. Intanto anche in India, nello Stato di Goa, è stato registrato un primo caso di contagio. E ad Hong Kong cresce il numero delle vittime: altri quattro decessi e 29 nuovi contagi. Esperti americani comunicano che per un vaccino anti-Sars “ci vorranno almeno due anni”.

 

Nuove violenze in Medio Oriente. Un palestinese è stato ucciso stamani dal fuoco israeliano nella città di Tulkarem, a nord della Cisgiordania. Ne hanno dato notizia alcuni responsabili dei servizi di sicurezza palestinese. Secondo il quotidiano Al-Quds il nuovo governo palestinese potrebbe essere annunciato entro due giorni. Oggi a Gaza migliaia di manifestanti sono sfilati inalberando fotografie di Abu Abbas, leader del Fronte di liberazione della Palestina, catturato a Baghdad dai marine Usa e condannato in contumacia all'ergastolo in Italia per il  dirottamento dell'Achille Lauro nel 1985. Ma sentiamo il servizio di Graziano Motta.

 

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Il portavoce del Dipartimento di Stato ha precisato che Abu Abbas non può beneficiare dell’immunità: intanto, perché non è stato catturato né in Israele né in territori palestinesi, poi perché gli Stati Uniti non sono coinvolti dal loro accordo bilaterale. Piuttosto, le autorità militari stanno valutando se Abu Abbas abbia compiuto nei 17 anni in cui ha vissuto in Iraq altre imprese terroristiche per cui possa essere processato. Dall’esito di queste indagini dipenderà se accoglieranno la richiesta di estradizione che l’Italia intende comunque presentare per far scontare ad Abu Abbas la condanna all’ergastolo per la vicenda dell’Achille Lauro. In Israele, ieri sera, tutte le famiglie si sono riunite per il Seder, la cena che fa memoria dell’esodo del popolo ebraico dall’Egitto verso la Terra promessa. Le grandi misura di sicurezza per prevenire attentati terroristici, come quello dell’anno scorso a Netanya, saranno mantenute e così pure il blocco dei territori palestinesi, fino alla fine delle feste pasquali.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Ufficializzati i colloqui multilaterali per risolvere la delicata crisi nordcoreana: si svolgeranno alla fine della prossima settimana a Pechino e vi parteciperanno Stati Uniti, Corea del Nord e Corea del Sud. Condurrà i colloqui l’americano James Kelly, sottosegretario di Stato per gli affari asiatici.

 

E la Corea del nord è stata accusata ieri dalla Commissione per i diritti umani dell'Onu per “violazioni gravi, sistematiche e ripetute”. Sempre ai lavori della Commissione, che si svolgono a Ginevra, è stato rinviato ad oggi il voto su Cuba. E’ forte la condanna internazionale per le misure adottate dal regime di Fidel Castro negli ultimi tempi: la condanna di 33 dissidenti e l’esecuzione di tre uomini. Ma quale il motivo di questi provvedimenti che pongono fine, tra l’altro ad una moratoria sulla pena di morte? Ci risponde Riccardo Noury di Amnesty International intervistato da Francesca Sabatinelli.

 

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R. – Ci sono un paio di buone ragioni. Da un lato, si approfitta della disattenzione della comunità internazionale, impegnata in altre questioni.  Dall’altro, però, c’è la sensazione che soprattutto per quanto riguarda le condanne inflitte ad almeno 33 dissidenti, forse si sia avvertito il rischio di un movimento politico indipendente, con un programma basato sui diritti umani, come quello del ‘projecto Varela’, e che questa minaccia dovesse essere stroncata in maniera repressiva.

 

D. – Negli ultimi tempi, l’opposizione interna si è intensificata e si è anche rafforzata?

 

R. – Credo di sì, e conseguentemente anche la repressione. Ci sono stati processi fortemente irregolari, celebrati in un clima di odio, di segretezza ... Insomma, un passo indietro sorprendente, rispetto agli ultimi apparenti traguardi in campo di diritti umani ...

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Un’esplosione ha pesantemente danneggiato gli uffici dell’Unicef a Jalalabad, città nell’est dell’Afghanistan, roccaforte del deposto regime dei talebani. Ne ha dato notizia oggi l’agenzia afgana Aip specificando che non ci sono state vittime. Le autorità indagano intanto sulle cause della deflagrazione.

 

Violenti combattimenti sono in corso nelle colline circostanti la capitale del Burundi, Bujumbura. Lo riferiscono fonti della Misna precisando che da svariate zone della capitale burundese si può udire chiaramente il rumore di armi da fuoco e i tiri di artiglieria.

 

Una scossa di magnitudo 6.6 sulla scala Richter ha fatto tremare la notte scorsa la provincia cinese nord-orientale di Qinghai. Lo ha comunicato l'Istituto Nazionale di sismologia di Pechino. Non si conosce ancora l’entità dei danni e il numero delle eventuali vittime. Il sisma ha colpito una zona abitata prevalentemente da tibetani.

 

 

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