RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 105 - Testo della Trasmissione di martedì 15 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa desidera donare l’icona della Madonna di Kazan al Patriarcato ortodosso di Mosca. Ancora da precisare quando avverrà la consegna. Lo ha dichiarato il direttore della Sala stampa Vaticana, dottor Joaquín Navarro Valls

 

Proporre con coraggio la santità ai giovani, l’impegno della pastorale giovanile a conclusione del Convegno internazionale sulle Giornate mondiali della Gioventù concluso domenica a Roma. Ai nostri microfoni il vescovo Stanislao Rylko.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si riuniscono, per la prima volta in Iraq, le forze d’opposizione. Sempre alta la tensione tra Stati Uniti e Siria. Interviste a Younis Tawfik, Simonetta Torretta e Antonio Ferrari

 

38 milioni di persone a rischio per fame in Africa. L’allarme lanciato dal Programma alimentare mondiale: ce ne parla Marina Catena

 

Volontariato anche per la ristrutturazione di case per comunità di accoglienza: con noi Valeria Picchio di “Universitari Costruttori”.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La preghiera della Comunità di Sant’Egidio per i martiri del nostro tempo oggi pomeriggio a Roma nella basilica di Santa Maria Maggiore

 

I vescovi cubani condannano la decisione del governo dell’Avana di infliggere la pena di morte a tre uomini, responsabili del sequestro di un traghetto, e l’ondata repressiva in atto nel Paese

 

Si intensificano in Brasile le campagne in difesa dei contadini ‘senza terra’

 

In Uganda, l’etnìa ‘acholi’ vessata dai ribelli

 

Si terrà oggi nel carcere romano di Rebibbia una Via Crucis con i detenuti.

 

24 ORE NEL MONDO:

Virus Sars: altre 9 vittime a Pechino

 

Israele blindata alla vigilia della Pasqua ebraica

 

Condannato a 18 anni di prigione Vonder van der Graaf, assassino di Pim Fortuyn

 

A rischio il processo di pace in Costa d’Avorio.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 aprile 2003

 

 

ANCORA DA VALUTARE QUANDO E COME ATTUARE IL DESIDERIO DEL PAPA

 DI DONARE LA ICONA DELLA MADONNA DI KAZAN

AL PATRIARCATO ORTODOSSO DI MOSCA:

LO HA DICHIARATO IL DR. JOAQUIN NAVARRO VALLS

 

 

 “E conosciuto il desiderio del Santo Padre di donare al popolo russo ed al Patriarcato ortodosso di Mosca la Sacra Icona della Madonna di Kazan che da anni è custodita in Vaticano. L'occasione appropriata e il modo di consegna saranno valutate al momento opportuno”. E’ quanto ha dichiarato ieri pomeriggio il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro Valls.

 

Questa dichiarazione fa seguito alla notizia, diffusa ieri mattina da fonti di agenzia, secondo cui il Papa, lungo il tragitto della  visita pastorale in Mongolia, in programma per il prossimo mese di agosto, farebbe tappa a Kazan, capitale della regione autonoma del Tatarstan, nella Russia centrale, per restituire la Sacra Icona della Madonna di Kazan  che, dopo complesse vicende storiche, è stata donata diversi anni fa al Papa e collocata nella sua cappella privata.

 

  

UDIENZE E NOMINE

 

 

         Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

Il Papa ha nominato vescovi ausiliari di Lyon, in Francia, due sacerdoti: Hervé Giraud, della diocesi di Viviers, finora Superiore del Seminario Universitario di Lyon, assegnandogli la sede titolare vescovile di Silli; e Thierry Brac de la Perrière, vicario generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Zallata.

 

Giovanni Paolo II ha nominato inoltre ausiliare dell’arcivescovo di Liverpool (Inghilterra) il canonico Thomas Anthony Williams, finora parroco della parrocchia di Sant’Antonio a Liverpool, assegnandogli la sede titolare vescovile di Mageó.

 

 

PROPORRE AI GIOVANI UNA MISURA ALTA DI VITA CRISTIANA

L’OBIETTIVO DELLA PASTORALE GIOVANILE

PER RISPONDERE ALLE ESIGENZE DEL POPOLO DELLE GMG

CON NOI IL VESCOVO STANISLAO RYLKO

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

**********

Più di 230 responsabili di pastorale giovanile sono venuti a Roma dal 10 al 13 aprile – domenica scorsa – per partecipare al Convegno internazionale sulle Giornate Mondiali della Gioventù, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici alla Domus Mariae. Provenienti da 80 Paesi o regioni e da circa 50 Movimenti, Associazioni e Comunità, i delegati rappresentavano la sempre più ampia comunità internazionale che da anni va seguendo il cammino delle Giornate Mondiali della Gioventù, ideate nel 1985 da Giovanni Paolo II, e che sta prendendo parte sempre più attiva alla sua preparazione.

 

Numerosi gli obiettivi del Convegno: raccogliere le esperienze e le considerazioni dei partecipanti sulla Giornata Mondiale di Toronto (2002), sia dal punto di vista logistico che pastorale; avviare l’itinerario di preparazione spirituale verso il prossimo Incontro Mondiale, previsto fra due anni a Colonia, in Germania, anche mediante un’adeguata presentazione dei temi delle Giornate Mondiali della Gioventù del 2004 e 2005, che Giovanni Paolo II ha già annunciato nel suo recente Messaggio ai giovani; promuovere, infine, una riflessione comune sulle numerose sfide e priorità alle quali la pastorale giovanile deve rispondere nel mondo di oggi. Ma ora, sulle conclusioni dell’Incontro, ascoltiamo il vescovo Stanislao Rylko, segretario del Pontificio Consiglio  per i Laici:

 

“Il nostro incontro ha confermato lo stretto legame che ormai esiste tra le Giornate Mondiali della Gioventù e la pastorale ordinaria dei giovani, in molti Paesi del mondo. La preparazione spirituale a questi importanti eventi e la consolidazione dei frutti spirituali che li seguono, costituisce ormai una parte integrante della pastorale, e questo è un fatto molto positivo che abbiamo accolto con enorme soddisfazione. Il nostro incontro, che si è svolto la settimana scorsa, è stato come uno spartiacque tra Toronto e Colonia. Con il passaggio, poi, domenica scorsa, della Croce, dai giovani canadesi ai giovani tedeschi, questa volta seguita, per la prima volta, per volontà del Santo Padre, anche dalla consegna dell’icona della Madonna Salus Populi Romani, si è iniziato il cammino di preparazione pastorale alla Giornata Mondiale di Colonia dell’anno 2005.

 

Le Giornate Mondiali sono diventate ormai, non solo i laboratori della fede, come dice il Papa, per tanti giovani del mondo, ma anche dei laboratori della pastorale giovanile. Il nostro incontro ha dimostrato che alla nascita di una nuova generazione dei giovani cristiani, che il Papa ama chiamare “sentinelle del mattino” oppure “il popolo delle Beatitudini”, deve corrispondere la nascita di una nuova generazione degli operatori della pastorale giovanile, che scoprono sempre di più nel nostro Papa Giovanni Paolo II il loro grande maestro.

 

Come comunicare ai giovani il mistero di Cristo? Molti hanno sottolineato che la pastorale giovanile di oggi, grazie alle Giornate Mondiali, all’esempio del Santo Padre, scopre sempre di più la dimensione profetica, scopre sempre di più la verità che deve andare con il coraggio contro corrente delle mode passeggere e delle ideologie di vecchio e di nuovo stampo. La pastorale giovanile deve avere più coraggio ancora di proporre Cristo come maestro e guida a tanti giovani di oggi, che ne hanno bisogno. Si è parlato anche, in questi giorni dell’incontro internazionale, del bisogno dei programmi pastorali corrispondenti, naturalmente, ai nuovi bisogni dei giovani di oggi. I programmi che hanno il coraggio di proporre ai giovani gli alti ideali, cioè la santità, cioè, come dice il Papa, una misura alta di vita cristiana ordinaria.

 

Il Papa ha indicato già i temi delle Giornate Mondiali successive, per aiutare questo cammino pastorale di preparazione: per il 2004 il tema ‘Vogliamo vedere Gesù’, e per il 2005, l’anno dell’incontro di Colonia, ‘Siamo venuti per adorarlo’. Sono temi cristocentrici come sempre, il Papa ribadisce con forza che non sono le formule magiche a salvare il mondo, ma la persona di Gesù Cristo. Sono i temi che costituiscono una grande sfida non solo per i giovani, ma anche per tutti gli operatori della pastorale giovanile in tutto il mondo, che deve sempre cercare le strade nuove per aiutare le nuove generazioni ad incontrare Cristo. Ecco, questi sono in grande sintesi le conclusioni del nostro incontro internazionale dei responsabili della pastorale giovanile che segna, come ho detto, uno spartiacque importante tra Toronto e Colonia”.

 

E fra pochi minuti atterrerà a Colonia la Croce che precede e accompagna i grandi incontri con il Papa in occasione delle Giornate mondiali della gioventù. L’atterraggio all’aeroporto tedesco è previsto per le ore 14,30. La Croce sarà accolta da una celebrazione eucaristica nell’area antistante l’aeroporto e sarà presa in consegna da un gruppo di giovani insieme al cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia e dal vescovo Franz-Josef Bode, responsabile della pastorale giovanile dell’episcopato tedesco. Di qui partirà un pellegrinaggio a piedi al duomo di Altenberg, nei pressi dell’aeroporto. Da Sabato Santo, la Croce inizierà un pellegrinaggio europeo: prima tappa ad Oslo. La domenica delle Palme del 2004 sarà di nuovo in Germania, dove farà sosta in tutte le diocesi tedesche.  

*********

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina un articolo sull’impegno delle diverse organizzazioni umanitarie a sostegno della popolazione irachena, in particolare dei bambini colpiti da malattie ed infezioni, conseguenza della guerra. Un altro articolo descrive i primi passi che si stanno compiendo a Baghdad per tentare di tornare alla normale vita quotidiana.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alle celebrazione, nelle diocesi italiane, della Giornata Mondiale della Gioventù.

Una pagina sulla figura di Madre Trinidad de la Santa Iglesia, fondatrice de “L’Opera della Chiesa”.

Un articolo sulla concelebrazione eucaristica, nella cattedrale di Benevento, per il XXV di ordinazione episcopale dell'arcivescovo Serafino Sprovieri.

Un contributo delle Sorelle del Protomonastero di Santa Chiara d’Assisi in occasione dell’apertura del 750.mo anniversario della morte della santa.

 

Nelle pagine estere, gli Stati Uniti accusano la Siria di possedere armi proibite.

Una Dichìarazione dei vescovi di Cuba sulle condanne a morte e sugli arresti dei dissidenti nell’isola.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giuseppe Degli Agosti dedicato ad una mostra su Amedeo Modigliani allestita nel Palazzo Reale di Milano.

Nell’“Osservatore libri”, un approfondito contributo di Francesco Licinio Galati sull’opera “Convertitevi e credete al Vangelo”: commenti per il Tempo di Pasqua di David Maria Turoldo e Gianfranco Ravasi.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena.

In rilievo il tema del federalismo. Al riguardo, si evidenzia che Bossi ha riaperto la polemica su Roma capitale ed ha rispolverato l’offensivo slogan ‘Roma ladrona’. Il giornale sottolinea, quindi, quanto segue: “Offensivo, oltre che provocatorio, perché fatto da un ministro della Repubblica, da un membro del Parlamento e, fino a prova contraria, da un cittadino italiano. E non si tratta di un’offesa alla sola città ma all’intera nazione, la cui capitale va comunque rispettata”.

 

 

 

=======ooo=======

 

OGGI IN PRIMO PIANO

15 aprile 2003

 

SI RIUNISCONO, PER LA PRIMA VOLTA IN IRAQ, LE FORZE D’OPPOSIZIONE

A SADDAM. E’ ALTA TENSIONE TRA WASHINGTON E DAMASCO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

Caduta anche Tikrit, l’ultima roccaforte di Saddam, l’Iraq cerca di voltare pagina. Ma la transizione verso un nuovo governo, dopo trent’anni di dittatura, si preannuncia quanto mai insidiosa. Oggi, a Nassiriya, nel sud del Paese, è in programma il primo incontro tra le forze d’opposizione al raìs - sotto la supervisione americana - per dar vita ad un’amministrazione civile. Proprio a Nassiriya, migliaia di persone - in maggioranza sciiti - hanno manifestato contro il vertice delle opposizioni. Evento, che, per il giornalista e scrittore iracheno Younis Tawfik, è un segnale delle difficoltà che si profilano nel dopo-Saddam:

 

**********

R. – Non è così facile mettere insieme le varie fazioni dell’opposizione irachena. Chalabi stesso ha già detto che non avrebbe partecipato a questa riunione e avrebbe mandato un suo rappresentante. Il Consiglio supremo islamico sciita, che si trova in Iran, non partecipa. Credo che andiamo verso una forte frattura. Non abbiamo  sentito i curdi e non sappiamo che cosa ne sarà dei sunniti e dei baatisti, perché  tutto sommato, è un partito che non può essere messo al bando.

 

D. – Allora, quali potrebbero essere i passi per agevolare un certo accordo tra quelle che sono state le forze di opposizione a Saddam Hussein sia dentro che fuori dall’Iraq?

 

R. – Gli americani avrebbero dovuto innanzitutto fare in precedenza un lavoro molto dettagliato, minuzioso e profondo con l’opposizione irachena, obbligandola quasi ad accettare un governo transitorio anche di carattere militare. Non si può procedere subito e direttamente con una formazione democratica in quanto non esistono i mezzi.

 

D. – Da iracheno lei crede possibile che, pur dopo un percorso non facile e non rapido, il suo popolo potrà essere governato da un sistema democratico che, certo non vuol dire per forza un modello all’occidentale, ma comunque un sistema più libero?

 

R. – Credo di sì. Il popolo iracheno è pronto essendo anche un popolo abbastanza colto, che ha già avuto un minimo di democrazia durante il regno iracheno, cioé dal 1937 fino al 1957. Ritengo che possa essere valida una specie di democrazia alla libanese. Il presidente della Repubblica può rappresentare la maggioranza, in questo caso può essere un sunnita o uno sciita, anche il primo ministro può essere un sunnita o uno sciita e poi si può pensare ad un parlamento con la presenza dei curdi. Bisogna vedere, comunque, un sistema alla libanese credo che possa essere valido.

**********

 

Che la guerra non sia ancora finita, come più volte affermato dai comandi militari alleati, lo dimostra il violento scontro a fuoco di oggi a Mossul che, secondo fonti ospedaliere, avrebbe causato almeno dieci morti. Testimoni hanno sostenuto che militari americani hanno aperto il fuoco su una folla ostile al nuovo  governatore, Mashan al-Guburi, mentre questi stava tenendo un discorso favorevole alla coalizione. Sulla dinamica dell’accaduto non ci sono però conferme da parte statunitense. Nell’Iraq occidentale, invece, nella provincia di Al Anbar, la France Presse riferisce che si è arreso il comando di una forza di 16.000 soldati iracheni. A Baghdad, intanto, la situazione dell’ordine pubblico va lentamente migliorando, dopo i saccheggi dei giorni scorsi. Un portavoce dei marine ha annunciato che saranno moltiplicate le pattuglie congiunte iracheno-americane per controllare la città e, in certi quartieri, sarà ripristinata entro pochi giorni l’elettricità.

 

Sul fronte umanitario, la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha stanziato 2 milioni di euro dei fondi  dell'otto per mille per i primi aiuti e per sostenere i primi interventi umanitari alle popolazioni irachene. Tra pochi giorni arriverà a Baghdad un camion di medicinali organizzato dal Consorzio Italiano di Solidarietà, “Terre des Hommes” e “Un Ponte per”. La situazione resta, peraltro, drammatica negli ospedali, come ci spiega Simona Torretta, volontaria dell’associazione “Un Ponte per”, raggiunta telefonicamente nella capitale irachena da Benedetta Capelli:

 

**********

R. – Abbiamo visitato un ospedale, una struttura pubblica, più di 400 letti. Le condizioni di questo ospedale sono abbastanza drammatiche, in quanto c’è  una grossa mancanza di medicinali e poi praticamente non può operare, perché manca l’elettricità e l’acqua. Per il momento hanno allestito soltanto una sala per interventi di emergenza. Per il resto, stanno aspettando l’aiuto delle organizzazioni umanitarie, affinché la struttura possa essere di nuovo accessibile al pubblico.

 

D. – I medici per alcuni giorni non si sono recati negli ospedali. Ad oggi è garantita la loro presenza?

 

R. – In questi giorni si è creata una situazione un po’ anomala, cioè uno stato di totale anarchia e hanno paura. Poi, la situazione anche dei saccheggi ha provocato, praticamente, la chiusura anche degli ospedali e tanti medici sono stati costretti a rimanere nelle proprie case. Adesso, quello che si sta cercando di fare è di garantire un minimo di sicurezza anche attraverso il coinvolgimento delle comunità dei quartieri per il ripristino immediato delle strutture ospedaliere. Questa è ancora una città dove manca l’elettricità, manca l’acqua nella maggior parte dei quartieri, stanno finendo i rifornimenti alimentari e sanitari, e se non si provvede all’aiuto umanitario, si finisce per arrivare anche ad una grossa carestia.

**********

 

Molto attiva in questi giorni la diplomazia in Occidente come nel mondo arabo. Dopo mesi di frizioni dovute proprio alla crisi irachena, si incontrano oggi ad Hannover, in Germania, il cancelliere tedesco Schroeder e il premier britannico Blair. Venerdì è, invece, la volta dei Paesi confinanti con l’Iraq, i cui leader si riuniranno a Riad in un vertice convocato dal governo saudita. Al summit prenderà parte anche l’Egitto. Intanto, stamani il ministro degli esteri italiano, Frattini, è intervenuto in Parlamento chiedendo un voto ampio sulla partecipazione italiana in Iraq, che dovrebbe consistere nell’invio di circa 3000 uomini, con compiti anche di polizia militare. Intanto, mentre sembra allentarsi la tensione tra Washington e Teheran con le dichiarazioni concilianti della leadership iraniana, sembra salire pericolosamente la tensione tra Siria e Stati Uniti. Nelle ultime 24 ore si sono moltiplicate le accuse dell’amministrazione Bush nei confronti del governo di Damasco, come ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

**********

Ieri il segretario di Stato Powell ha ribadito le accuse secondo cui il governo di Assad ha prodotto armi chimiche e sta proteggendo ex leader del regime iracheno scappati dal loro Paese. Quindi il capo della diplomazia americana ha detto che il suo governo valuterà misure diplomatiche, economiche o di altra natura per affrontare questa situazione. Ha ribadito le accuse alla Siria citando un rapporto della Cia, secondo cui avrebbe fatto test con armi chimiche negli ultimi sei mesi, ed ha sollecitato Assad a prendere le decisioni giuste nel nuovo clima del dopo-guerra. Ieri il leader di Damasco ha incontrato il vice-ministro degli Esteri britannico, mentre il capo della diplomazia di Londra ha escluso piani per un’invasione militare. La pressione retorica, quindi, potrebbe essere finalizzata a spingere la Siria a fare concessioni, ma il Ministero degli Esteri di Damasco ha smentito tanto la presenza di armi chimiche, quanto quella dei leader iracheni in fuga.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

**********

 

La presa di posizione americana è guardata con “scetticismo” dal Cremlino, mentre il premier spagnolo Aznar ha dichiarato che la Siria “non è un obiettivo militare”. Ma come viene valutata a Damasco questa vigorosa pressione statunitense? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera nella capitale siriana:

 

**********

R. – La Siria ha sempre detto questo: “I rapporti con gli Stati Uniti non sono mai stati cattivi, abbiamo avuto delle divergenze, ma abbiamo sempre trovato il modo di appianarle”. Dicono però che l’attuale amministrazione americana è stata istigata, diciamo, dall’attuale governo israeliano proprio per prendere un atteggiamento duro nei confronti di Damasco. Ecco perché la Siria mette le mani avanti e dice: “Cari signori, venite a vedere, noi non abbiamo niente da nascondere”.

 

D. – Washington è stata molto dura. Al contrario Londra ha adottato una tattica molto più morbida ...

 

R. – Gli inglesi si rendono perfettamente conto di che cosa potrebbe significare un attacco a Damasco. Credo che non siano pronti ad accettare una campagna, a meno che non si trovino delle prove nei confronti del Paese di Assad.

**********  

 

 

38 MILIONI DI PERSONE IN AFRICA SONO A RISCHIO PER FAME:

L’ALLARME LANCIATO DAL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU

- Con noi, Marina Catena -

 

 

Secondo gli ultimi dati forniti dal Programma alimentare mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite in prima linea nella lotta contro la fame nel mondo, in Africa oltre 38 milioni di persone sono a rischio per la fame. Il repentino mutamento climatico, la diffusione dell’Aids che impedisce alle persone indebolite dalla malattia di coltivare i campi e, in alcuni Paesi, l’instabilità politica sono le cause principali di una vera e propria tragedia umanitaria senza precedenti. Sull’emergenza in Africa, Maria Di Maggio ha sentito per noi Marina Catena, responsabile per le comunicazioni del Pam.

 

**********

R. – Noi abbiamo lanciato recentemente un’allerta per la fame in Africa, stimando circa 38 milioni di persone che rischiano di trovarsi di fronte ad una calamità dalle dimensioni disastrose, gigantesche. Ovviamente, in Africa ci sono varie componenti della fame, nel senso che non c’è solo la siccità, alla quale ci siamo quasi assuefatti, ma c’è anche il problema dell’Hiv che rende orfani – non lo dimentichiamo – centinaia di migliaia di bambini, disarmandoli proprio di fronte alla vita; ci sono inondazioni, ci sono conflitti, ci sono instabilità economiche ... Quindi, la fame è causa ed effetto, allo stesso tempo, di una combinazione quasi di effetti perversi che nascono.

 

D. – Secondo le stime del Pam, quali sono attualmente le zone più critiche nel continente africano?

 

R. – Le crisi particolari nel continente africano oggi riguardano ovviamente l’Africa australe, il Corno d’Africa, l’Africa occidentale, il Sahel e sicuramente varie ‘sacche’ di rifugiati che ci sono un po’ in tutto il continente africano. E ad oggi, il Programma alimentare ha stimato i bisogni affinché si possa intervenire in maniera strutturale per fronteggiare questa grave crisi in Africa a circa 1,8 miliardi di dollari per i prossimi 12 mesi. Ripeto: parliamo di una stima, cioè, noi non vogliamo che la gente muoia di fame.

 

D. – E quali sono, quindi, le strategie d’intervento del Pam in Africa?

 

R. – Noi preposizioniamo il cibo, cioè siamo pronti nell’eventualità in cui queste calamità poi diventino delle vere e proprie realtà e quindi ci stiamo preparando, come facciamo in genere. Se si vuole, la capacità del Pam dopo tanti anni di presenza nel continente africano, è quella di aver tessuto una capacità logistica così capillare che il flusso degli aiuti alimentare è ben rodato: c’è stata una grande capacità di arrivare al ‘povero affamato’ e questo credo sia importante ricordarlo, anche per gli ascoltatori, nel senso che troppe volte si pensa agli aiuti alimentari o agli aiuti umanitari in generale come qualcosa che poi va lì, perso da qualche parte. No: per quanto riguarda la nostra agenzia delle Nazioni Unite, come anche tante altre consorelle delle Nazioni Unite, con grandi difficoltà logistiche – perché non dimentichiamo che gli aiuti alimentari debbono essere portati, a volte in maniera quasi picaresche, a dorso di mulo come abbiamo dovuto farlo in Afghanistan, a bordo di chiatte, di elicotteri, di aerei, ma il cibo arriva lì dove deve arrivare. Aiutati in questo anche molto dai nostri partner, che sono le Ong.

**********

 

 

VOLONTARI MANOVALI  RISTRUTTURANO COMUNITA’ DI ACCOGLIENZA.

CON NOI VALERIA PICCHIO, VOLONTARIA DI  “UNIVERSITARI COSTRUTTORI”

 

 

La costruzione, nel 1982, a Faenza di una casa famiglia per disabili; la ristrutturazione, nel 1994-96 a Bologna, di un edificio per l’accoglienza e la cura di persone cerebrolese e la ricerca sulle malattie del cervello; l’ampliamento, nel 1993-94 a Baucina, di una struttura di accoglienza per i bambini dei quartieri popolari di Palermo. Sono soltanto alcune delle numerosissime iniziative portate a termine dagli “Universitari Costruttori”. Ce ne parla una volontaria del gruppo, Valeria Picchio, al microfono di Dorotea Gambardella.

 

**********

R. – Ci occupiamo di ristrutturazioni edilizie per associazioni che abbiano poche risorse economiche. Noi forniamo la manovalanza, quindi non la manodopera specializzata, perché non siamo degli specialisti. Facciamo innanzitutto campi estivi, durante i mesi di luglio e di agosto. Il campo dura una settimana e viene autofinanziato, quindi chi partecipa deve dare una propria quota. Si cucina insieme, si comprano le cose insieme e così via. Quest’anno lavoreremo a Bologna, a Licata, a Roma e a Morbegno, dove l’obiettivo è quello di dare aiuto alle Associazioni e alle case famiglia perché possano portare avanti le loro attività. Ultimamente abbiamo aiutato una casa famiglia di Roma che ha ristrutturato il proprio immobile, e quindi ha potuto continuare la propria attività a favore di alcuni ragazzi che vengono assegnati a queste persone dai servizi sociali.

 

(musica)

 

Era il 1966 quando un gruppo di studenti dell'Università di Padova decise di costruire una casa per due famiglie in difficoltà. Volevano, ispirandosi a principi cristiani di solidarietà, fare qualcosa di concreto per gli altri. Da allora il gruppo si è ingrandito accogliendo persone di ogni provenienza geografica e sociale, animate dalle motivazioni ideali e religiose più diverse, ma accomunate dalla buona volontà. Da trent'anni vengono organizzati cantieri edili in tutta Italia, per la costruzione o la ristrutturazione di edifici per comunità che assistono chi ha bisogno. Vi partecipano persone d'ambo i sessi dai 16 a 70 anni anche, e soprattutto, senza alcuna competenza specifica in edilizia: studenti e impiegati, professionisti e pensionati. Si sono così formati dei gruppi locali per mantenere la continuità dei rapporti durante l'anno e predisporre l'organizzazione dei campi futuri. Ma che significa per queste persone un’esperienza simile? Lo abbiamo chiesto ancora a Valeria Picchio, impegnata nel gruppo da quattro anni.

 

R. – Può capitare di lavorare un anno a stretto contatto con chi aiuta i tossico dipendenti e magari anche con ragazzi che hanno questo tipo di problemi, o persone che hanno problemi di carattere psichico. Quindi è un modo con il quale noi scopriamo delle realtà sociali, che altrimenti non si conoscerebbero così bene. In molti casi ci è stato detto che questo nostro intervento è molto utile per gli ospiti della comunità che noi aiutiamo, perché vedono altre persone, che in modo gratuito e con grande entusiasmo, vengono a dare un aiuto. Indubbiamente è incalcolabile quello che a noi viene dato sotto il profilo del rapporto umano, dello scambio di opinioni, dello scambio di amicizie che poi si creano.

 

(musica)

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

15 aprile 2003

 

 

UNA SOLENNE VEGLIA DI PREGHIERA IN MEMORIA DEI MARTIRI DEL NOSTRO TEMPO SI TERRA’ OGGI POMERIGGIO NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE A ROMA.

 LA CERIMONIA, PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO,

SARA’ PRESIEDUTA DAL CARDINALE FRANCIS STAFFORD,

 

ROMA. = La testimonianza dei “martiri” del nostro tempo e l’invocazione per la pace saranno i temi dominanti della solenne veglia di preghiera che avrà luogo oggi pomeriggio, alle ore 17.30, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Alla cerimonia, presieduta dal cardinale James Francis Stafford, parteciperà raccolta in preghiera la Comunità di Sant’Egidio. Il Millennio appena iniziato già conserva le tracce del martirio: dal 2000, infatti, sono stati oltre sessanta i testimoni della fede che hanno effuso il loro sangue per difendere il prezioso dono della pace. Le loro scelte di amore, radicate in un’umanità fecondate dal Vangelo, costituiscono una fervida testimonianza di resistenza al male. Laici, missionari, uomini e donne, cattolici e ortodossi, anglicani ed evangelici invitano a guardare al nuovo millennio con la certezza che il linguaggio delle Beatitudini si rinnova anche nel nostro tempo. (A.L.)

 

 

“LA VIOLENZA NON SI SCONFIGGE CON LA VIOLENZA”. CON QUESTE PAROLE I VESCOVI CUBANI HANNO CONDANNATO LA DECISIONE DEL GOVERNO DI L’AVANA

DI PUNIRE CON LA PENA CAPITALE TRE UOMINI RESPONSABILI

DEL SEQUESTRO DI UN TRAGHETTO.

I PRESULI HANNO ANCHE ESPRESSO LA LORO PROFONDA PREOCCUPAZIONE PER L’ONDATA DI REPRESSIONE MESSA RECENTEMENTE IN ATTO NEL PAESE

 

L’AVANA.  = Il Comitato permanente della Conferenza episcopale cubana ha espresso la sua ferma condanna nei confronti della fucilazione, decisa dal governo, dei tre principali responsabili del sequestro di un traghetto. Con l’imbarcazione, prelevata il due aprile scorso, i dirottatori volevano raggiungere la Florida. Dopo aver catturato gli undici fuggiaschi ed averli sottoposti ad un giudizio sommario, il governo di Cuba ha condannato tre di loro alla pena di morte per “gravi atti di terrorismo”. Alla sentenza, che è stata letta e pubblicizzata in televisione, ha fatto seguito la pronta  risposta dei presuli cubani. “In piena sintonia con il magistero di Giovanni Paolo II – hanno affermato i vescovi - esprimiamo il nostro rifiuto nei confronti della pena di morte”. “Nessuno – hanno aggiunto - ha il diritto di mettere in pericolo la vita di altre persone, ma la violenza non si sconfigge con la violenza”. I vescovi cubani hanno poi espresso la loro profonda preoccupazione per l’ondata di repressione messa in atto dal l’esecutivo di L’Avana nelle ultime settimane. Gli arresti e le condanne inflitte agli oppositori del regime creano uno stato generale di apprensione. “Solo favorendo una cultura della vita – hanno concluso i presuli - è possibile superare questo grave stato di tensione. (A.L.)

 

 

SI INTENSIFICANO IN BRASILE LE CAMPAGNE IN DIFESA DEI CONTADINI ‘SENZA TERRA’. LE INIZIATIVE CONTRO IL LATIFONDO CULMINERANNO GIOVEDÌ PROSSIMO,

 GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA RIFORMA AGRARIA

 

BRASILIA. = Si intensificano in Brasile le occupazioni di ‘fazendas’ nell’ambito della campagna contro il latifondo lanciata all’inizio di aprile dal Movimento dei contadini senza serra (Mst). L’iniziativa, mirata a sensibilizzare la popolazione brasiliana sulla lotta per il possesso della terra e il sempre più massiccio esodo dei contadini dalle campagne, culminerà giovedì prossimo, Giornata internazionale della Riforma agraria. Sarà anche l’occasione per commemorare il settimo anniversario del massacro di Eldorado dos Carajás, dove il 17 aprile 1996 la polizia militare uccise 19 ‘Senza Terra’ e ne ferì un centinaio. Il Mst riferisce che nello Stato di Pernambuco sono attualmente 14 i latifondi invasi dai ‘Senza Terra’. A San Paolo oggi e domani si terrà una marcia contro il latifondo e per la pace. Iniziative analoghe - alle quali si aggiungono le mobilitazioni contro l’Area di libero commercio delle Americhe (Alca) - sono programmate o sono già in corso anche in altri Stati del Brasile. “La riforma agraria avviata dal Governo – sottolinea in una nota il Mst – prevede di espropriare i grandi latifondi improduttivi per distribuirli ai contadini poveri realizzando così la democratizzazione della proprietà terriera”. Oggi, più che mai, la riforma agraria è per il Brasile una politica indispensabile per risolvere i problemi dell’intera società e non solo dei contadini ‘Senza Terra’. Un’equa distribuzione della terra è un obiettivo imprescindibile se si vogliono creare nuovi posti di lavoro e rilanciare il mercato interno. “La politica agraria – conclude la nota dell’ Mst - deve puntare al miglioramento della qualità della vita di tutta la società, soprattutto contenendo la fuga dalle campagne, la disoccupazione e la violenza nei centri urbani”. (A.L.)

 

 

L’ETNÌA ACHOLI IN UGANDA SUBISCE SACCHEGGI DA PARTE DELLE TRUPPE RIBELLI. LA  DENUNCIA DEL PADRE JOSEF GERNER MISSIONARIO COMBONIANO: I BAMBINI SI RIFUGIANO NELLE MISSIONI PER EVITARE DI VENIRE ARRUOLATI DAI MILIZIANI

KAMPALA. = “Siamo disperati, non ne possiamo più. Fate qualcosa perché la nostra gente sta morendo!”. Queste le parole di Padre Josef Gerner,  parroco della missione di Kitgum, in Uganda, che ha riferito sulla tragica situazione in cui vivono le persone  di etnia acholi, nel nord dell’Uganda. Ogni giorno e ogni notte l’Esercito di resistenza del Signore compie saccheggi nei villaggi ad un ritmo frenetico: “se la nostra povera gente non muore per le pallottole – riferisce il missionario – muore di fame perché in tali condizioni non è possibile coltivare i campi, né tanto meno servirsi di aiuti umanitari. Per padre Gerner, comboniano di nazionalità tedesca, quanto accade in Uganda nei distretti di Gulu, Kitgum e Pader “è in flagrante violazione dei diritti umani e avviene nel più totale disinteresse da parte della comunità internazionale”. In base alle sue dichiarazioni, l’esercito governativo non sembra in grado di contrastare le offensive ribelli. Schiere di bambini cercano rifugio di sera nelle missioni cattoliche perché temono d’essere sequestrati dai ribelli. “Quelli più sfortunati – continua il missionario – vengono sequestrati e costretti a seguire gli armati del movimento dell’Esercito di liberazione di Joseph Kony”. Di questo passo l’etnia acholi sarà “cancellata dalla faccia della Terra”. “Per noi è Venerdì Santo tutti i giorni” ha concluso padre Gerner.(S.C.)

 

 

NEL CARCERE DI REBIBBIA SI TERRÀ OGGI UNA VIA CRUCIS CON I DETENUTI.

SARÀ L’OCCASIONE PER RINNOVARE L’APPELLO DI CLEMENZA

LANCIATO DAL PAPA NELLA VISITA AL PARLAMENTO

 

ROMA. = Una via crucis con i detenuti del carcere di Rebibbia si svolgerà oggi pomeriggio nel complesso penitenziario di Roma. L’iniziativa, promossa dalla Caritas diocesana di Roma, costituisce un "segno di solidarietà e vicinanza ad un mondo dimenticato ed emarginato". In questa occasione sarà anche rinnovato l’invito al Parlamento, più volte disatteso, a dare seguito all’appello del Papa per un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti. "Pregheremo – spiega mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma – perché le parole di Giovanni Paolo II non siano dimenticate”. "Gran parte della popolazione carceraria – ricorda– è composta da giovani uomini provenienti da situazioni di estremo degrado e, per loro, la detenzione in carceri sovraffollate rappresenta un ulteriore ingiustizia". La via crucis è anche un’occasione per un incontro tra le comunità parrocchiali e il mondo del carcere. La Caritas di Roma è presente a Rebibbia con un centinaio di volontari. Il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) ha espresso in questi giorni "piena solidarietà" a don Mario Vatta, fondatore della Comunità di San Martino al Campo, da anni attivo a Trieste nell’assistenza ai detenuti. Nei giorni scorsi don Vatta aveva pubblicamente denunciato la grave situazione del carcere triestino di Coroneo. A questa presa di posizione, argomentata con precisi riferimenti alla condizione di vita dei detenuti, il direttore del carcere ha risposto minimizzando i disagi. In Italia i penitenziari sono 204 e, nonostante una prevista capienza di 42.000 posti, ospitano attualmente 56.271 persone. (A.L.)

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

15 aprile 2003

 

- A cura di Paolo Ondarza -

 

9 nuovi decessi per la sindrome acuta respiratoria severa, meglio conosciuta come Sars si sono registrati nelle ultime 24 ore ad Hong Kong. E ancora 14 casi di contagio a Pechino. Intanto secondo i medici l'imprenditore morto ieri a Napoli di ritorno da un viaggio in Thailandia, potrebbe essere stato ucciso “da una brutta forma di broncopolmonite”, non legata al virus della polmonite atipica.

 

Medio Oriente. Nuovo episodio di violenza a Gerusalemme: due israeliani sono stati uccisi oggi da un palestinese armato al valico commerciale di Karni, tra Gaza e il  territorio israeliano. L’uomo è stato a sua volta abbattuto dai soldati. Lo hanno riferito  fonti  militari. E alla vigilia della Pasqua ebraica crescono le mi-sure per prevenire attentati soprattutto nelle sinagoghe. Graziano Motta.

 

**********

Il primo ministro Sharon, in un’intervista al quotidiano Yediot Ahronot si unisce al coro di accuse americane alla Siria, definisce il presidente Bashar Assad pericoloso, gli rimprovera l’aiuto militare dato a Saddam Hussein, ma anche ai guerriglieri fondamentalisti libanesi hezbollah e ai combattenti palestinesi. D’altra parte, il capo di Gabinetto di Sharon, Dov Weisglass, si è incontrato ieri sera a Washington con il segretario di Stato Powell e con il Consigliere per la sicurezza Rice, ha illustrato le riserva israeliane al piano di pace americano, la cui pubblicazione è imminente. Seguirà la formazione del governo palestinese, presieduto dal Mahmud Abbas che però era stata bloccata da Arafat, contrario alla scelta di alcuni ministri.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

**********

 

18 anni di prigione. E' la condanna decisa oggi dal tribunale di Amsterdam per  Volkert van der Graaf, ritenuto colpevole dell'assassinio del leader della destra populista olandese Pim Fortuyn. Fortuyn è stato ucciso da cinque colpi di pistola  il 6 maggio del 2002, in piena campagna elettorale.

 

La Corea del nord e l’opinione pubblica internazionale hanno accolto con soddisfazione la decisione annunciata da Pyongyang di accettare la formula negoziale e multilaterale proposta da Washington sulla crisi nucleare nord-coreana. Ma già oggi non sono mancati i primi contrasti. Ce ne parla Chiaretta Zucconi.

 

**********

Secondo quanto reso noto dal Ministero degli Esteri in Seul, sia Corea del Nord che Cina sarebbero assolutamente contrarie alla partecipazione di Giappone e Russia ad eventuali colloqui, poiché sostengono che i due Paesi non siano direttamente coinvolti nelle questioni coreane. Al posto di Tokyo e Mosca, Pyongyang vorrebbe invece portare al tavolo delle trattative l’Unione Europea nella speranza che essa possa assumere un ruolo dirigente a favore della fornitura di nuovi aiuti economici al Paese comunista messo in ginocchio da anni di carestia. Per il Sud Corea, invece, la formula negoziale migliore è quella dei due più quattro, cioè un tavolo negoziale che veda presenti le due Coree più Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia.

 

Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

**********

 

A rischio il processo di pace in Costa d’Avorio. Ieri 500 ribelli, ex golpisti, hanno attaccato le truppe di Abidjan nella zona di Zouan Houmien, nella parte nord-occidentale del Paese. Tre i civili che hanno perso la vita nel raid che ha anche preso di mira la locale missione italiana dei Padri Cappuccini. Ma quale la situazione ad ovest del Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad un missionario che ha preferito restare anonimo per motivi di sicurezza.

 

**********

R. – C’è una forte reazione da parte dei civili nei confronti dei ribelli. Altri dicono che l’armée loyaliste cerca di frenare la discesa dei ribelli: quindi la cosa non è molto chiara. I ribelli hanno preso tutta la zona Nord della Costa d’Avorio; il loro interesse ora è di arrivare ad Abidjan.

 

D. – E’ una situazione in cui è difficilissimo evitare gli scontri, nonostante il processo di pace sia stato bene o male avviato …

 

R. – Questo, ufficialmente. Ma non esiste un vero discorso di pace e di fiducia tra le parti. I ribelli vogliono cercare di prendere il potere, e quindi non si accontentano del Nord: il Nord è povero, non ne traggono nessun vantaggio. Un accordo di pace non risolve niente. L’accordo di pace, per i ribelli, significa che prima o poi devono essere giudicati per tutto quello che hanno combinato. A questo punto, devono giocare la carta di andare ad Abidjan, e stanno continuando a manipolare la popolazione. La gente soffre a causa di una vendetta da parte di chi è stato escluso alle ultime presidenziali.

**********

 

Da ieri, la crisi congolese è al centro dei lavori  del “Comitato di sostegno”, organo costituito da governo ufficiale, opposizione armata e non armata e società civile. Scopo delle consultazioni sarà quello di definire i termini di applicazione degli accordi siglati a Suncity sulla gestione del potere in ex Zaire. Non sono rassicuranti intanto le informazioni sul nuovo focolaio apertosi nel sud Kivu, a sud est del paese: prosegue infatti una campagna militare congiunta dei ribelli della Coalizione democratica congolese e dell'esercito rwandese.

=======ooo=======