RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 105 - Testo della
Trasmissione di martedì 15 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Si intensificano in Brasile le campagne in difesa dei
contadini ‘senza terra’
In Uganda, l’etnìa ‘acholi’ vessata dai ribelli
Si terrà oggi nel carcere romano di Rebibbia una Via Crucis
con i detenuti.
Virus
Sars: altre 9 vittime a Pechino
Israele
blindata alla vigilia della Pasqua ebraica
Condannato
a 18 anni di prigione Vonder van der Graaf, assassino di Pim Fortuyn
A
rischio il processo di pace in Costa d’Avorio.
15
aprile 2003
ANCORA DA VALUTARE QUANDO E COME ATTUARE IL
DESIDERIO DEL PAPA
DI DONARE LA ICONA DELLA
MADONNA DI KAZAN
AL PATRIARCATO ORTODOSSO DI MOSCA:
LO HA DICHIARATO IL DR. JOAQUIN NAVARRO VALLS
“E conosciuto il desiderio
del Santo Padre di donare al popolo russo ed al Patriarcato ortodosso di Mosca
la Sacra Icona della Madonna di Kazan che da anni è custodita in Vaticano.
L'occasione appropriata e il modo di consegna saranno valutate al momento
opportuno”. E’ quanto ha dichiarato ieri pomeriggio il direttore della Sala
Stampa vaticana, Joaquín Navarro Valls.
Questa
dichiarazione fa seguito alla notizia, diffusa ieri mattina da fonti di agenzia,
secondo cui il Papa, lungo il tragitto della
visita pastorale in Mongolia, in programma per il prossimo mese di
agosto, farebbe tappa a Kazan, capitale della regione autonoma del Tatarstan, nella
Russia centrale, per restituire la Sacra Icona della Madonna di Kazan che, dopo complesse vicende storiche, è
stata donata diversi anni fa al Papa e collocata nella sua cappella privata.
UDIENZE
E NOMINE
Il
Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il cardinale Crescenzio Sepe,
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Il Papa ha nominato vescovi ausiliari di Lyon, in Francia,
due sacerdoti: Hervé Giraud, della diocesi di Viviers, finora Superiore del
Seminario Universitario di Lyon, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Silli; e Thierry Brac de la Perrière, vicario generale della medesima
arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Zallata.
Giovanni Paolo II ha nominato inoltre ausiliare dell’arcivescovo
di Liverpool (Inghilterra) il canonico Thomas Anthony Williams, finora parroco
della parrocchia di Sant’Antonio a Liverpool, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Mageó.
PROPORRE
AI GIOVANI UNA MISURA ALTA DI VITA CRISTIANA
L’OBIETTIVO DELLA PASTORALE GIOVANILE
PER
RISPONDERE ALLE ESIGENZE DEL POPOLO DELLE GMG
CON
NOI IL VESCOVO STANISLAO RYLKO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
**********
Più di
230 responsabili di pastorale giovanile sono venuti a Roma dal 10 al 13 aprile
– domenica scorsa – per partecipare al Convegno internazionale sulle Giornate
Mondiali della Gioventù, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici alla
Domus Mariae. Provenienti da 80 Paesi o regioni e da circa 50 Movimenti,
Associazioni e Comunità, i delegati rappresentavano la sempre più ampia comunità
internazionale che da anni va seguendo il cammino delle Giornate Mondiali della
Gioventù, ideate nel 1985 da Giovanni Paolo II, e che sta prendendo parte
sempre più attiva alla sua preparazione.
Numerosi
gli obiettivi del Convegno: raccogliere le esperienze e le considerazioni dei
partecipanti sulla Giornata Mondiale di Toronto (2002), sia dal punto di vista
logistico che pastorale; avviare l’itinerario di preparazione spirituale verso
il prossimo Incontro Mondiale, previsto fra due anni a Colonia, in Germania,
anche mediante un’adeguata presentazione dei temi delle Giornate Mondiali della
Gioventù del 2004 e 2005, che Giovanni Paolo II ha già annunciato nel suo recente
Messaggio ai giovani; promuovere, infine, una riflessione comune sulle numerose
sfide e priorità alle quali la pastorale giovanile deve rispondere nel mondo di
oggi. Ma ora, sulle conclusioni dell’Incontro, ascoltiamo il vescovo Stanislao
Rylko, segretario del Pontificio Consiglio
per i Laici:
“Il
nostro incontro ha confermato lo stretto legame che ormai esiste tra le
Giornate Mondiali della Gioventù e la pastorale ordinaria dei giovani, in molti
Paesi del mondo. La preparazione spirituale a questi importanti eventi e la
consolidazione dei frutti spirituali che li seguono, costituisce ormai una
parte integrante della pastorale, e questo è un fatto molto positivo che
abbiamo accolto con enorme soddisfazione. Il nostro incontro, che si è svolto
la settimana scorsa, è stato come uno spartiacque tra Toronto e Colonia. Con il
passaggio, poi, domenica scorsa, della Croce, dai giovani canadesi ai giovani
tedeschi, questa volta seguita, per la prima volta, per volontà del Santo
Padre, anche dalla consegna dell’icona della Madonna Salus Populi Romani,
si è iniziato il cammino di preparazione pastorale alla Giornata Mondiale di
Colonia dell’anno 2005.
Le
Giornate Mondiali sono diventate ormai, non solo i laboratori della fede, come
dice il Papa, per tanti giovani del mondo, ma anche dei laboratori della pastorale
giovanile. Il nostro incontro ha dimostrato che alla nascita di una nuova
generazione dei giovani cristiani, che il Papa ama chiamare “sentinelle del
mattino” oppure “il popolo delle Beatitudini”, deve corrispondere la nascita di
una nuova generazione degli operatori della pastorale giovanile, che scoprono
sempre di più nel nostro Papa Giovanni Paolo II il loro grande maestro.
Come
comunicare ai giovani il mistero di Cristo? Molti hanno sottolineato che la
pastorale giovanile di oggi, grazie alle Giornate Mondiali, all’esempio del
Santo Padre, scopre sempre di più la dimensione profetica, scopre sempre di più
la verità che deve andare con il coraggio contro corrente delle mode passeggere
e delle ideologie di vecchio e di nuovo stampo. La pastorale giovanile deve
avere più coraggio ancora di proporre Cristo come maestro e guida a tanti
giovani di oggi, che ne hanno bisogno. Si è parlato anche, in questi giorni
dell’incontro internazionale, del bisogno dei programmi pastorali corrispondenti,
naturalmente, ai nuovi bisogni dei giovani di oggi. I programmi che hanno il
coraggio di proporre ai giovani gli alti ideali, cioè la santità, cioè, come
dice il Papa, una misura alta di vita cristiana ordinaria.
Il Papa
ha indicato già i temi delle Giornate Mondiali successive, per aiutare questo
cammino pastorale di preparazione: per il 2004 il tema ‘Vogliamo vedere Gesù’,
e per il 2005, l’anno dell’incontro di Colonia, ‘Siamo venuti per adorarlo’.
Sono temi cristocentrici come sempre, il Papa ribadisce con forza che non sono
le formule magiche a salvare il mondo, ma la persona di Gesù Cristo. Sono i
temi che costituiscono una grande sfida non solo per i giovani, ma anche per
tutti gli operatori della pastorale giovanile in tutto il mondo, che deve
sempre cercare le strade nuove per aiutare le nuove generazioni ad incontrare
Cristo. Ecco, questi sono in grande sintesi le conclusioni del nostro incontro
internazionale dei responsabili della pastorale giovanile che segna, come ho
detto, uno spartiacque importante tra Toronto e Colonia”.
E fra
pochi minuti atterrerà a Colonia la Croce che precede e accompagna i grandi
incontri con il Papa in occasione delle Giornate mondiali della gioventù.
L’atterraggio all’aeroporto tedesco è previsto per le ore 14,30. La Croce sarà
accolta da una celebrazione eucaristica nell’area antistante l’aeroporto e sarà
presa in consegna da un gruppo di giovani insieme al cardinale Joachim Meisner,
arcivescovo di Colonia e dal vescovo Franz-Josef Bode, responsabile della
pastorale giovanile dell’episcopato tedesco. Di qui partirà un pellegrinaggio a
piedi al duomo di Altenberg, nei pressi dell’aeroporto. Da Sabato Santo, la
Croce inizierà un pellegrinaggio europeo: prima tappa ad Oslo. La domenica
delle Palme del 2004 sarà di nuovo in Germania, dove farà sosta in tutte le
diocesi tedesche.
*********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina un articolo sull’impegno delle
diverse organizzazioni umanitarie a sostegno della popolazione irachena, in
particolare dei bambini colpiti da malattie ed infezioni, conseguenza
della guerra. Un altro articolo descrive i primi passi che si stanno compiendo
a Baghdad per tentare di tornare alla normale vita quotidiana.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alle celebrazione, nelle diocesi italiane, della Giornata Mondiale
della Gioventù.
Una pagina sulla figura di
Madre Trinidad de la Santa Iglesia, fondatrice de “L’Opera della Chiesa”.
Un articolo sulla
concelebrazione eucaristica, nella cattedrale di Benevento, per il XXV di
ordinazione episcopale dell'arcivescovo Serafino Sprovieri.
Un contributo delle Sorelle del
Protomonastero di Santa Chiara d’Assisi in occasione dell’apertura
del 750.mo anniversario della morte della santa.
Nelle pagine estere, gli Stati Uniti accusano la
Siria di possedere armi proibite.
Una Dichìarazione dei vescovi
di Cuba sulle condanne a morte e sugli arresti dei dissidenti nell’isola.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giuseppe Degli Agosti dedicato ad una mostra su Amedeo Modigliani
allestita nel Palazzo Reale di Milano.
Nell’“Osservatore libri”, un
approfondito contributo di Francesco Licinio Galati sull’opera “Convertitevi e
credete al Vangelo”: commenti per il Tempo di Pasqua di David Maria Turoldo e
Gianfranco Ravasi.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena.
In rilievo il tema del
federalismo. Al riguardo, si evidenzia che Bossi ha riaperto la polemica su
Roma capitale ed ha rispolverato l’offensivo slogan ‘Roma ladrona’. Il giornale
sottolinea, quindi, quanto segue: “Offensivo, oltre che provocatorio, perché
fatto da un ministro della Repubblica, da un membro del Parlamento e, fino a
prova contraria, da un cittadino italiano. E non si tratta di un’offesa alla
sola città ma all’intera nazione, la cui capitale va comunque rispettata”.
=======ooo=======
15
aprile 2003
SI
RIUNISCONO, PER LA PRIMA VOLTA IN IRAQ, LE FORZE D’OPPOSIZIONE
A
SADDAM. E’ ALTA TENSIONE TRA WASHINGTON E DAMASCO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Caduta anche Tikrit, l’ultima roccaforte di Saddam, l’Iraq
cerca di voltare pagina. Ma la transizione verso un nuovo governo, dopo
trent’anni di dittatura, si preannuncia quanto mai insidiosa. Oggi, a
Nassiriya, nel sud del Paese, è in programma il primo incontro tra le forze
d’opposizione al raìs - sotto la supervisione americana - per dar vita ad
un’amministrazione civile. Proprio a Nassiriya, migliaia di persone - in
maggioranza sciiti - hanno manifestato contro il vertice delle opposizioni. Evento,
che, per il giornalista e scrittore iracheno Younis Tawfik, è un segnale delle
difficoltà che si profilano nel dopo-Saddam:
**********
R. – Non è così facile mettere insieme le varie fazioni
dell’opposizione irachena. Chalabi stesso ha già detto che non avrebbe
partecipato a questa riunione e avrebbe mandato un suo rappresentante. Il
Consiglio supremo islamico sciita, che si trova in Iran, non partecipa. Credo
che andiamo verso una forte frattura. Non abbiamo sentito i curdi e non sappiamo che cosa ne sarà dei sunniti e dei
baatisti, perché tutto sommato, è un
partito che non può essere messo al bando.
D. – Allora, quali potrebbero essere i passi per agevolare
un certo accordo tra quelle che sono state le forze di opposizione a Saddam
Hussein sia dentro che fuori dall’Iraq?
R. – Gli americani avrebbero dovuto innanzitutto fare in
precedenza un lavoro molto dettagliato, minuzioso e profondo con l’opposizione
irachena, obbligandola quasi ad accettare un governo transitorio anche di
carattere militare. Non si può procedere subito e direttamente con una
formazione democratica in quanto non esistono i mezzi.
D. – Da iracheno lei crede possibile che, pur dopo un
percorso non facile e non rapido, il suo popolo potrà essere governato da un
sistema democratico che, certo non vuol dire per forza un modello
all’occidentale, ma comunque un sistema più libero?
R. – Credo di sì. Il popolo iracheno è pronto essendo
anche un popolo abbastanza colto, che ha già avuto un minimo di democrazia
durante il regno iracheno, cioé dal 1937 fino al 1957. Ritengo che possa essere
valida una specie di democrazia alla libanese. Il presidente della Repubblica
può rappresentare la maggioranza, in questo caso può essere un sunnita o uno
sciita, anche il primo ministro può essere un sunnita o uno sciita e poi si può
pensare ad un parlamento con la presenza dei curdi. Bisogna vedere, comunque,
un sistema alla libanese credo che possa essere valido.
**********
Che la guerra non sia ancora finita, come più volte
affermato dai comandi militari alleati, lo dimostra il violento scontro a fuoco
di oggi a Mossul che, secondo fonti ospedaliere, avrebbe causato almeno dieci
morti. Testimoni hanno sostenuto che militari americani hanno aperto il fuoco
su una folla ostile al nuovo
governatore, Mashan al-Guburi, mentre questi stava tenendo un discorso
favorevole alla coalizione. Sulla dinamica dell’accaduto non ci sono però
conferme da parte statunitense. Nell’Iraq occidentale, invece, nella provincia
di Al Anbar, la France Presse riferisce che si è arreso il comando di
una forza di 16.000 soldati iracheni. A Baghdad, intanto, la situazione
dell’ordine pubblico va lentamente migliorando, dopo i saccheggi dei giorni
scorsi. Un portavoce dei marine ha annunciato che saranno moltiplicate le
pattuglie congiunte iracheno-americane per controllare la città e, in certi
quartieri, sarà ripristinata entro pochi giorni l’elettricità.
Sul fronte umanitario, la presidenza della Conferenza
Episcopale Italiana ha stanziato 2 milioni di euro dei fondi dell'otto per mille per i primi aiuti e per
sostenere i primi interventi umanitari alle popolazioni irachene. Tra pochi
giorni arriverà a Baghdad un camion di medicinali organizzato dal Consorzio
Italiano di Solidarietà, “Terre des Hommes” e “Un Ponte per”. La situazione
resta, peraltro, drammatica negli ospedali, come ci spiega Simona Torretta,
volontaria dell’associazione “Un Ponte per”, raggiunta telefonicamente nella
capitale irachena da Benedetta Capelli:
**********
R. – Abbiamo visitato un ospedale, una struttura pubblica,
più di 400 letti. Le condizioni di questo ospedale sono abbastanza drammatiche,
in quanto c’è una grossa mancanza di
medicinali e poi praticamente non può operare, perché manca l’elettricità e
l’acqua. Per il momento hanno allestito soltanto una sala per interventi di
emergenza. Per il resto, stanno aspettando l’aiuto delle organizzazioni
umanitarie, affinché la struttura possa essere di nuovo accessibile al
pubblico.
D. – I medici per alcuni giorni non si sono recati negli
ospedali. Ad oggi è garantita la loro presenza?
R. – In questi giorni si è creata una situazione un po’
anomala, cioè uno stato di totale anarchia e hanno paura. Poi, la situazione
anche dei saccheggi ha provocato, praticamente, la chiusura anche degli
ospedali e tanti medici sono stati costretti a rimanere nelle proprie case.
Adesso, quello che si sta cercando di fare è di garantire un minimo di
sicurezza anche attraverso il coinvolgimento delle comunità dei quartieri per
il ripristino immediato delle strutture ospedaliere. Questa è ancora una città
dove manca l’elettricità, manca l’acqua nella maggior parte dei quartieri,
stanno finendo i rifornimenti alimentari e sanitari, e se non si provvede
all’aiuto umanitario, si finisce per arrivare anche ad una grossa carestia.
**********
Molto attiva in questi giorni la diplomazia in Occidente
come nel mondo arabo. Dopo mesi di frizioni dovute proprio alla crisi irachena,
si incontrano oggi ad Hannover, in Germania, il cancelliere tedesco Schroeder e
il premier britannico Blair. Venerdì è, invece, la volta dei Paesi confinanti
con l’Iraq, i cui leader si riuniranno a Riad in un vertice convocato dal
governo saudita. Al summit prenderà parte anche l’Egitto. Intanto, stamani il
ministro degli esteri italiano, Frattini, è intervenuto in Parlamento chiedendo
un voto ampio sulla partecipazione italiana in Iraq, che dovrebbe consistere
nell’invio di circa 3000 uomini, con compiti anche di polizia militare.
Intanto, mentre sembra allentarsi la tensione tra Washington e Teheran con le dichiarazioni
concilianti della leadership iraniana, sembra salire pericolosamente la
tensione tra Siria e Stati Uniti. Nelle ultime 24 ore si sono moltiplicate le
accuse dell’amministrazione Bush nei confronti del governo di Damasco, come ci
riferisce Paolo Mastrolilli:
**********
Ieri il segretario di Stato Powell ha ribadito le accuse
secondo cui il governo di Assad ha prodotto armi chimiche e sta proteggendo ex
leader del regime iracheno scappati dal loro Paese. Quindi il capo della
diplomazia americana ha detto che il suo governo valuterà misure diplomatiche,
economiche o di altra natura per affrontare questa situazione. Ha ribadito le
accuse alla Siria citando un rapporto della Cia, secondo cui avrebbe fatto test
con armi chimiche negli ultimi sei mesi, ed ha sollecitato Assad a prendere le
decisioni giuste nel nuovo clima del dopo-guerra. Ieri il leader di Damasco ha
incontrato il vice-ministro degli Esteri britannico, mentre il capo della
diplomazia di Londra ha escluso piani per un’invasione militare. La pressione
retorica, quindi, potrebbe essere finalizzata a spingere la Siria a fare
concessioni, ma il Ministero degli Esteri di Damasco ha smentito tanto la
presenza di armi chimiche, quanto quella dei leader iracheni in fuga.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
La
presa di posizione americana è guardata con “scetticismo” dal Cremlino, mentre
il premier spagnolo Aznar ha dichiarato che la Siria “non è un obiettivo
militare”. Ma come viene valutata a Damasco questa vigorosa pressione statunitense?
Francesca Sabatinelli lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del
Corriere della Sera nella capitale siriana:
**********
R. – La Siria ha sempre detto questo: “I rapporti con gli
Stati Uniti non sono mai stati cattivi, abbiamo avuto delle divergenze, ma
abbiamo sempre trovato il modo di appianarle”. Dicono però che l’attuale
amministrazione americana è stata istigata, diciamo, dall’attuale governo
israeliano proprio per prendere un atteggiamento duro nei confronti di Damasco.
Ecco perché la Siria mette le mani avanti e dice: “Cari signori, venite a
vedere, noi non abbiamo niente da nascondere”.
D. – Washington è stata molto dura. Al contrario Londra ha
adottato una tattica molto più morbida ...
R. – Gli inglesi si rendono perfettamente conto di che
cosa potrebbe significare un attacco a Damasco. Credo che non siano pronti ad
accettare una campagna, a meno che non si trovino delle prove nei confronti del
Paese di Assad.
**********
38
MILIONI DI PERSONE IN AFRICA SONO A RISCHIO PER FAME:
L’ALLARME
LANCIATO DAL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU
- Con
noi, Marina Catena -
Secondo gli ultimi dati forniti dal Programma alimentare
mondiale, l’agenzia delle Nazioni Unite in prima linea nella lotta contro la
fame nel mondo, in Africa oltre 38 milioni di persone sono a rischio per la
fame. Il repentino mutamento climatico, la diffusione dell’Aids che impedisce
alle persone indebolite dalla malattia di coltivare i campi e, in alcuni Paesi,
l’instabilità politica sono le cause principali di una vera e propria tragedia
umanitaria senza precedenti. Sull’emergenza in Africa, Maria Di Maggio ha
sentito per noi Marina Catena, responsabile per le comunicazioni del Pam.
**********
R. – Noi abbiamo lanciato recentemente un’allerta per la
fame in Africa, stimando circa 38 milioni di persone che rischiano di trovarsi
di fronte ad una calamità dalle dimensioni disastrose, gigantesche. Ovviamente,
in Africa ci sono varie componenti della fame, nel senso che non c’è solo la
siccità, alla quale ci siamo quasi assuefatti, ma c’è anche il problema
dell’Hiv che rende orfani – non lo dimentichiamo – centinaia di migliaia di
bambini, disarmandoli proprio di fronte alla vita; ci sono inondazioni, ci sono
conflitti, ci sono instabilità economiche ... Quindi, la fame è causa ed
effetto, allo stesso tempo, di una combinazione quasi di effetti perversi che
nascono.
D. – Secondo le stime del Pam, quali sono attualmente le
zone più critiche nel continente africano?
R. – Le crisi particolari nel continente africano oggi
riguardano ovviamente l’Africa australe, il Corno d’Africa, l’Africa
occidentale, il Sahel e sicuramente varie ‘sacche’ di rifugiati che ci sono un
po’ in tutto il continente africano. E ad oggi, il Programma alimentare ha
stimato i bisogni affinché si possa intervenire in maniera strutturale per
fronteggiare questa grave crisi in Africa a circa 1,8 miliardi di dollari per i
prossimi 12 mesi. Ripeto: parliamo di una stima, cioè, noi non vogliamo che la
gente muoia di fame.
D. – E quali sono, quindi, le strategie d’intervento del
Pam in Africa?
R. – Noi preposizioniamo il cibo, cioè siamo pronti nell’eventualità in
cui queste calamità poi diventino delle vere e proprie realtà e quindi ci
stiamo preparando, come facciamo in genere. Se si vuole, la capacità del Pam
dopo tanti anni di presenza nel continente africano, è quella di aver tessuto
una capacità logistica così capillare che il flusso degli aiuti alimentare è
ben rodato: c’è stata una grande capacità di arrivare al ‘povero affamato’ e
questo credo sia importante ricordarlo, anche per gli ascoltatori, nel senso
che troppe volte si pensa agli aiuti alimentari o agli aiuti umanitari in
generale come qualcosa che poi va lì, perso da qualche parte. No: per quanto
riguarda la nostra agenzia delle Nazioni Unite, come anche tante altre
consorelle delle Nazioni Unite, con grandi difficoltà logistiche – perché non
dimentichiamo che gli aiuti alimentari debbono essere portati, a volte in
maniera quasi picaresche, a dorso di mulo come abbiamo dovuto farlo in
Afghanistan, a bordo di chiatte, di elicotteri, di aerei, ma il cibo arriva lì
dove deve arrivare. Aiutati in questo anche molto dai nostri partner, che sono
le Ong.
**********
VOLONTARI
MANOVALI RISTRUTTURANO COMUNITA’ DI
ACCOGLIENZA.
CON NOI VALERIA PICCHIO,
VOLONTARIA DI “UNIVERSITARI
COSTRUTTORI”
La costruzione, nel 1982, a Faenza
di una casa famiglia per disabili; la ristrutturazione, nel 1994-96 a Bologna,
di un edificio per l’accoglienza e la cura di persone cerebrolese e la ricerca
sulle malattie del cervello; l’ampliamento, nel 1993-94 a Baucina, di una
struttura di accoglienza per i bambini dei quartieri popolari di Palermo. Sono
soltanto alcune delle numerosissime iniziative portate a termine dagli
“Universitari Costruttori”. Ce ne parla una volontaria del gruppo, Valeria
Picchio, al microfono di Dorotea Gambardella.
**********
R. – Ci occupiamo di ristrutturazioni edilizie per associazioni che
abbiano poche risorse economiche. Noi forniamo la manovalanza, quindi non la
manodopera specializzata, perché non siamo degli specialisti. Facciamo
innanzitutto campi estivi, durante i mesi di luglio e di agosto. Il campo dura
una settimana e viene autofinanziato, quindi chi partecipa deve dare una
propria quota. Si cucina insieme, si comprano le cose insieme e così via.
Quest’anno lavoreremo a Bologna, a Licata, a Roma e a Morbegno, dove
l’obiettivo è quello di dare aiuto alle Associazioni e alle case famiglia
perché possano portare avanti le loro attività. Ultimamente abbiamo aiutato una
casa famiglia di Roma che ha ristrutturato il proprio immobile, e quindi ha
potuto continuare la propria attività a favore di alcuni ragazzi che vengono
assegnati a queste persone dai servizi sociali.
(musica)
Era il 1966 quando un gruppo di studenti dell'Università
di Padova decise di costruire una casa per due famiglie in difficoltà.
Volevano, ispirandosi a principi cristiani di solidarietà, fare qualcosa di
concreto per gli altri. Da allora il gruppo si è ingrandito accogliendo persone
di ogni provenienza geografica e sociale, animate dalle motivazioni ideali e
religiose più diverse, ma accomunate dalla buona volontà. Da trent'anni vengono
organizzati cantieri edili in tutta Italia, per la costruzione o la
ristrutturazione di edifici per comunità che assistono chi ha bisogno. Vi
partecipano persone d'ambo i sessi dai 16 a 70 anni anche, e soprattutto, senza
alcuna competenza specifica in edilizia: studenti e impiegati, professionisti e
pensionati. Si sono così formati dei gruppi locali per mantenere la continuità
dei rapporti durante l'anno e predisporre l'organizzazione dei campi futuri. Ma
che significa per queste persone un’esperienza simile? Lo abbiamo chiesto
ancora a Valeria Picchio, impegnata nel gruppo da quattro anni.
R. – Può capitare di lavorare un
anno a stretto contatto con chi aiuta i tossico dipendenti e magari anche con
ragazzi che hanno questo tipo di problemi, o persone che hanno problemi di
carattere psichico. Quindi è un modo con il quale noi scopriamo delle realtà
sociali, che altrimenti non si conoscerebbero così bene. In molti casi ci è
stato detto che questo nostro intervento è molto utile per gli ospiti della
comunità che noi aiutiamo, perché vedono altre persone, che in modo gratuito e
con grande entusiasmo, vengono a dare un aiuto. Indubbiamente è incalcolabile
quello che a noi viene dato sotto il profilo del rapporto umano, dello scambio
di opinioni, dello scambio di amicizie che poi si creano.
(musica)
**********
=======ooo=======
15
aprile 2003
UNA
SOLENNE VEGLIA DI PREGHIERA IN MEMORIA DEI MARTIRI DEL NOSTRO TEMPO SI TERRA’
OGGI POMERIGGIO NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE A ROMA.
LA CERIMONIA, PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI
SANT’EGIDIO,
SARA’
PRESIEDUTA DAL CARDINALE FRANCIS STAFFORD,
ROMA. =
La testimonianza dei “martiri” del nostro tempo e l’invocazione per la pace
saranno i temi dominanti della solenne veglia di preghiera che avrà luogo oggi
pomeriggio, alle ore 17.30, nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Alla
cerimonia, presieduta dal cardinale James Francis Stafford, parteciperà
raccolta in preghiera la Comunità di Sant’Egidio. Il Millennio appena iniziato
già conserva le tracce del martirio: dal 2000, infatti, sono stati oltre
sessanta i testimoni della fede che hanno effuso il loro sangue per difendere
il prezioso dono della pace. Le loro scelte di amore, radicate in un’umanità
fecondate dal Vangelo, costituiscono una fervida testimonianza di resistenza al
male. Laici, missionari, uomini e donne, cattolici e ortodossi, anglicani ed
evangelici invitano a guardare al nuovo millennio con la certezza che il
linguaggio delle Beatitudini si rinnova anche nel nostro tempo. (A.L.)
“LA
VIOLENZA NON SI SCONFIGGE CON LA VIOLENZA”. CON QUESTE PAROLE I VESCOVI CUBANI
HANNO CONDANNATO LA DECISIONE DEL GOVERNO DI L’AVANA
DI
PUNIRE CON LA PENA CAPITALE TRE UOMINI RESPONSABILI
DEL
SEQUESTRO DI UN TRAGHETTO.
I
PRESULI HANNO ANCHE ESPRESSO LA LORO PROFONDA PREOCCUPAZIONE PER L’ONDATA DI
REPRESSIONE MESSA RECENTEMENTE IN ATTO NEL PAESE
L’AVANA. = Il
Comitato permanente della Conferenza episcopale cubana ha espresso la sua ferma
condanna nei confronti della fucilazione, decisa dal governo, dei tre
principali responsabili del sequestro di un traghetto. Con l’imbarcazione,
prelevata il due aprile scorso, i dirottatori volevano raggiungere la Florida.
Dopo aver catturato gli undici fuggiaschi ed averli sottoposti ad un giudizio
sommario, il governo di Cuba ha condannato tre di loro alla pena di morte per
“gravi atti di terrorismo”. Alla sentenza, che è stata letta e pubblicizzata in
televisione, ha fatto seguito la pronta
risposta dei presuli cubani. “In piena sintonia con il magistero di
Giovanni Paolo II – hanno affermato i vescovi - esprimiamo il nostro rifiuto
nei confronti della pena di morte”. “Nessuno – hanno aggiunto - ha il diritto
di mettere in pericolo la vita di altre persone, ma la violenza non si
sconfigge con la violenza”. I vescovi cubani hanno poi espresso la loro
profonda preoccupazione per l’ondata di repressione messa in atto dal l’esecutivo
di L’Avana nelle ultime settimane. Gli arresti e le condanne inflitte agli
oppositori del regime creano uno stato generale di apprensione. “Solo favorendo
una cultura della vita – hanno concluso i presuli - è possibile superare questo
grave stato di tensione. (A.L.)
SI
INTENSIFICANO IN BRASILE LE CAMPAGNE IN DIFESA DEI CONTADINI ‘SENZA TERRA’. LE
INIZIATIVE CONTRO IL LATIFONDO CULMINERANNO GIOVEDÌ PROSSIMO,
GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA RIFORMA AGRARIA
BRASILIA. = Si intensificano in Brasile le occupazioni di
‘fazendas’ nell’ambito della campagna contro il latifondo lanciata
all’inizio di aprile dal Movimento dei contadini senza serra (Mst).
L’iniziativa, mirata a sensibilizzare la popolazione brasiliana sulla lotta per
il possesso della terra e il sempre più massiccio esodo dei contadini dalle
campagne, culminerà giovedì prossimo, Giornata internazionale della Riforma
agraria. Sarà anche l’occasione per commemorare il settimo anniversario del
massacro di Eldorado dos Carajás, dove il 17 aprile 1996 la polizia militare
uccise 19 ‘Senza Terra’ e ne ferì un centinaio. Il Mst riferisce che nello
Stato di Pernambuco sono attualmente 14 i latifondi invasi dai ‘Senza Terra’. A
San Paolo oggi e domani si terrà una marcia contro il latifondo e per la pace.
Iniziative analoghe - alle quali si aggiungono le mobilitazioni contro l’Area
di libero commercio delle Americhe (Alca) - sono programmate o sono già in
corso anche in altri Stati del Brasile. “La riforma agraria avviata dal Governo
– sottolinea in una nota il Mst – prevede di espropriare i grandi latifondi
improduttivi per distribuirli ai contadini poveri realizzando così la
democratizzazione della proprietà terriera”. Oggi, più che mai, la riforma
agraria è per il Brasile una politica indispensabile per risolvere i problemi
dell’intera società e non solo dei contadini ‘Senza Terra’. Un’equa
distribuzione della terra è un obiettivo imprescindibile se si vogliono creare
nuovi posti di lavoro e rilanciare il mercato interno. “La politica agraria –
conclude la nota dell’ Mst - deve puntare al miglioramento della qualità della
vita di tutta la società, soprattutto contenendo la fuga dalle campagne, la
disoccupazione e la violenza nei centri urbani”. (A.L.)
L’ETNÌA ACHOLI IN UGANDA SUBISCE SACCHEGGI DA PARTE DELLE TRUPPE
RIBELLI. LA DENUNCIA DEL PADRE JOSEF
GERNER MISSIONARIO COMBONIANO: I BAMBINI SI RIFUGIANO NELLE MISSIONI PER
EVITARE DI VENIRE ARRUOLATI DAI MILIZIANI
KAMPALA.
= “Siamo disperati, non ne possiamo più. Fate qualcosa perché la nostra gente
sta morendo!”. Queste le parole di Padre Josef Gerner, parroco della missione di Kitgum, in Uganda,
che ha riferito sulla tragica situazione in cui vivono le persone di etnia acholi, nel nord
dell’Uganda. Ogni giorno e ogni notte l’Esercito di resistenza del Signore
compie saccheggi nei villaggi ad un ritmo frenetico: “se la nostra povera gente
non muore per le pallottole – riferisce il missionario – muore di fame perché
in tali condizioni non è possibile coltivare i campi, né tanto meno servirsi di
aiuti umanitari. Per padre Gerner, comboniano di nazionalità tedesca, quanto
accade in Uganda nei distretti di Gulu, Kitgum e Pader “è in flagrante
violazione dei diritti umani e avviene nel più totale disinteresse da parte
della comunità internazionale”. In base alle sue dichiarazioni, l’esercito
governativo non sembra in grado di contrastare le offensive ribelli. Schiere di
bambini cercano rifugio di sera nelle missioni cattoliche perché temono
d’essere sequestrati dai ribelli. “Quelli più sfortunati – continua il
missionario – vengono sequestrati e costretti a seguire gli armati del
movimento dell’Esercito di liberazione di Joseph Kony”. Di questo passo l’etnia
acholi sarà “cancellata dalla faccia della Terra”. “Per noi è Venerdì
Santo tutti i giorni” ha concluso padre Gerner.(S.C.)
NEL
CARCERE DI REBIBBIA SI TERRÀ OGGI UNA VIA CRUCIS CON I DETENUTI.
SARÀ
L’OCCASIONE PER RINNOVARE L’APPELLO DI CLEMENZA
LANCIATO
DAL PAPA NELLA VISITA AL PARLAMENTO
ROMA. = Una via crucis con i detenuti del carcere di
Rebibbia si svolgerà oggi pomeriggio nel complesso penitenziario di Roma. L’iniziativa,
promossa dalla Caritas diocesana di Roma, costituisce un "segno di
solidarietà e vicinanza ad un mondo dimenticato ed emarginato". In questa
occasione sarà anche rinnovato l’invito al Parlamento, più volte disatteso, a
dare seguito all’appello del Papa per un gesto di clemenza nei confronti dei
detenuti. "Pregheremo – spiega mons. Guerino Di Tora, direttore della
Caritas di Roma – perché le parole di Giovanni Paolo II non siano dimenticate”.
"Gran parte della popolazione carceraria – ricorda– è composta da giovani
uomini provenienti da situazioni di estremo degrado e, per loro, la detenzione
in carceri sovraffollate rappresenta un ulteriore ingiustizia". La via
crucis è anche un’occasione per un incontro tra le comunità parrocchiali e il
mondo del carcere. La Caritas di Roma è presente a Rebibbia con un centinaio di
volontari. Il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) ha
espresso in questi giorni "piena solidarietà" a don Mario Vatta,
fondatore della Comunità di San Martino al Campo, da anni attivo a Trieste
nell’assistenza ai detenuti. Nei giorni scorsi don Vatta aveva pubblicamente
denunciato la grave situazione del carcere triestino di Coroneo. A questa presa
di posizione, argomentata con precisi riferimenti alla condizione di vita dei
detenuti, il direttore del carcere ha risposto minimizzando i disagi. In Italia
i penitenziari sono 204 e, nonostante una prevista capienza di 42.000 posti,
ospitano attualmente 56.271 persone. (A.L.)
=======ooo=======
15
aprile 2003
- A cura di
Paolo Ondarza -
9 nuovi decessi per la sindrome acuta respiratoria severa,
meglio conosciuta come Sars si sono registrati nelle ultime 24 ore ad Hong
Kong. E ancora 14 casi di contagio a Pechino. Intanto secondo i medici
l'imprenditore morto ieri a Napoli di ritorno da un viaggio in Thailandia,
potrebbe essere stato ucciso “da una brutta forma di broncopolmonite”, non
legata al virus della polmonite atipica.
Medio Oriente. Nuovo episodio di violenza a Gerusalemme: due israeliani sono stati uccisi oggi da un
palestinese armato al valico commerciale di Karni, tra Gaza e il territorio israeliano. L’uomo è stato a sua
volta abbattuto dai soldati. Lo hanno riferito
fonti militari. E alla vigilia
della Pasqua ebraica crescono le mi-sure per prevenire attentati soprattutto
nelle sinagoghe. Graziano Motta.
**********
Il primo ministro Sharon, in un’intervista al quotidiano
Yediot Ahronot si unisce al coro di accuse americane alla Siria, definisce il
presidente Bashar Assad pericoloso, gli rimprovera l’aiuto militare dato a
Saddam Hussein, ma anche ai guerriglieri fondamentalisti libanesi hezbollah e
ai combattenti palestinesi. D’altra parte, il capo di Gabinetto di Sharon, Dov
Weisglass, si è incontrato ieri sera a Washington con il segretario di Stato
Powell e con il Consigliere per la sicurezza Rice, ha illustrato le riserva
israeliane al piano di pace americano, la cui pubblicazione è imminente.
Seguirà la formazione del governo palestinese, presieduto dal Mahmud Abbas che
però era stata bloccata da Arafat, contrario alla scelta di alcuni ministri.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
**********
18
anni di prigione. E' la condanna decisa oggi dal tribunale di Amsterdam
per Volkert van der Graaf, ritenuto
colpevole dell'assassinio del leader della destra populista olandese Pim
Fortuyn. Fortuyn è stato ucciso da cinque colpi di pistola il 6 maggio del 2002, in piena campagna
elettorale.
La Corea del nord e l’opinione pubblica internazionale
hanno accolto con soddisfazione la decisione annunciata da Pyongyang di
accettare la formula negoziale e multilaterale proposta da Washington sulla
crisi nucleare nord-coreana. Ma già oggi non sono mancati i primi contrasti. Ce
ne parla Chiaretta Zucconi.
**********
Secondo quanto reso noto dal Ministero degli Esteri in
Seul, sia Corea del Nord che Cina sarebbero assolutamente contrarie alla
partecipazione di Giappone e Russia ad eventuali colloqui, poiché sostengono
che i due Paesi non siano direttamente coinvolti nelle questioni coreane. Al
posto di Tokyo e Mosca, Pyongyang vorrebbe invece portare al tavolo delle
trattative l’Unione Europea nella speranza che essa possa assumere un ruolo
dirigente a favore della fornitura di nuovi aiuti economici al Paese comunista
messo in ginocchio da anni di carestia. Per il Sud Corea, invece, la formula
negoziale migliore è quella dei due più quattro, cioè un tavolo negoziale che
veda presenti le due Coree più Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia.
Per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
**********
A
rischio il processo di pace in Costa d’Avorio. Ieri 500 ribelli, ex golpisti,
hanno attaccato le truppe di Abidjan nella zona di Zouan Houmien, nella parte
nord-occidentale del Paese. Tre i civili che hanno perso la vita nel raid che
ha anche preso di mira la locale missione italiana dei Padri Cappuccini. Ma
quale la situazione ad ovest del Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad un
missionario che ha preferito restare anonimo per motivi di sicurezza.
**********
R. – C’è una forte reazione da parte dei civili nei
confronti dei ribelli. Altri dicono che l’armée
loyaliste cerca di frenare la discesa dei ribelli: quindi la cosa non è
molto chiara. I ribelli hanno preso tutta la zona Nord della Costa d’Avorio; il
loro interesse ora è di arrivare ad Abidjan.
D. – E’ una situazione in cui è difficilissimo evitare gli
scontri, nonostante il processo di pace sia stato bene o male avviato …
R. – Questo, ufficialmente. Ma non esiste un vero discorso
di pace e di fiducia tra le parti. I ribelli vogliono cercare di prendere il
potere, e quindi non si accontentano del Nord: il Nord è povero, non ne
traggono nessun vantaggio. Un accordo di pace non risolve niente. L’accordo di
pace, per i ribelli, significa che prima o poi devono essere giudicati per
tutto quello che hanno combinato. A questo punto, devono giocare la carta di
andare ad Abidjan, e stanno continuando a manipolare la popolazione. La gente
soffre a causa di una vendetta da parte di chi è stato escluso alle ultime
presidenziali.
**********
Da ieri, la crisi congolese è al centro
dei lavori del “Comitato di sostegno”,
organo costituito da governo ufficiale, opposizione armata e non armata e
società civile. Scopo delle consultazioni sarà quello di definire i termini di
applicazione degli accordi siglati a Suncity sulla gestione del potere in ex
Zaire. Non sono rassicuranti intanto le informazioni sul nuovo focolaio
apertosi nel sud Kivu, a sud est del paese: prosegue infatti una campagna
militare congiunta dei ribelli della Coalizione democratica congolese e
dell'esercito rwandese.
=======ooo=======