RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 103 - Testo della
Trasmissione domenica 13 aprile 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Una rievocazione di Pablo Picasso a 30 anni dalla morte con il critico d’arte Ludovico Pratesi.
CHIESA E SOCIETA’:
In Ungheria schiacciante vittoria dei sì al referendum
sull’entrata nell’Unione Europea.
Scienziati canadesi annunciano di aver scoperto il codice genetico
del virus della Sars.
Vittoria a Malta dei partito
nazionalista, favorevole all’ingresso in Europa.
La Chiesa cattolica filippina festeggia i cinquant’anni della
presenza della Caritas nel Paese.
13 aprile 2003
L’INVITO
DEL PAPA AI GIOVANI A SEGUIRE CRISTO ALLA SCUOLA DI MARIA IN QUESTA DOMENICA
DELLE PALME NEL CORSO DELLA SUGGESTIVA E AFFOLLATA
CERIMONIA
IN UN’ ASSOLATA PIAZZA SAN PIETRO PER L’OCCASIONE
DELLA
18.MA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’
- A cura
di Giovanni Peduto -
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(canto: Osanna…)
“In questo tempo minacciato dalla
violenza, dall’odio e dalla guerra, testimoniate che Gesù è il solo che possa
donare la vera pace al cuore dell’uomo, alle famiglie e ai popoli della terra.
Impegnatevi a ricercare e a promuovere la pace, la giustizia e la fraternità. E
non dimenticate la parola del Vangelo: beati gli operatori di pace, perché
saranno chiamati figli di Dio”. Così il Papa ai giovani per questa XVIII
Giornata mondiale della gioventù, con la raccomandazione di affidarsi alla
Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa.
I giovani e le migliaia di altri
fedeli in Piazza San Pietro agitavano le palme e i rami di ulivo, albero che è
sinonimo di pace in questo giorno nel quale si commemora l’ingresso trionfale
del Signore a Gerusalemme ...
“Fratelli e sorelle amatissimi, e
voi giovani, chiamati ad essere le sentinelle del mattino, sentinelle della
giustizia e della pace tra gli uomini, in questo primo giorno della santa
settimana noi ci mettiamo al seguito di Gesù che va verso la sua passione,
morte e resurrezione per vivere con lui la Pasqua salvifica ...”
Dopo il rito suggestivo della
benedizione dei rami delle palme e degli ulivi, sul sagrato della Basilica di
San Pietro il Santo Padre ha presieduto la Liturgia eucaristica, dopo la
proclamazione del Vangelo della Passione del Signore secondo Marco e la
preghiera dei fedeli, durante la quale si è pregato per tutti quelli che
soffrono nel mondo, soprattutto a causa della violenza e dei conflitti: il Signore
ascolti il loro grido che sale dalla terra, li liberi dalla guerra, epifania
del male e della morte, e ispiri agli uomini azioni di riconciliazione e di
pace.
All’omelia
Giovani Paolo II ha esortato i giovani ad accogliere
con fede ed esultanza Cristo, che è il nostro “re”: re di verità, di libertà,
di giustizia e d'amore. Sono questi i quattro “pilastri” – egli ha detto - su
cui è possibile costruire l'edificio della vera pace, come 40 anni or sono
scriveva nell'Enciclica Pacem in terris
il Beato Papa Giovanni XXIII…
“Consegno idealmente a voi, giovani del mondo
intero, questo storico Documento, quanto mai attuale: leggetelo, meditatelo,
sforzatevi di metterlo in pratica. Sarete allora “beati”, perché autentici
figli del Dio della pace”.
Un’altra calda raccomandazione il Papa
ha rivolto ai giovani:lasciarsi guidare da Maria per arrivare a Cristo,
soggiungendo…
“Nel corso dei secoli quanti giovani hanno
ascoltato quest'invito e quanti continuano a farlo anche ai tempi nostri.
Giovani del terzo millennio, non abbiate paura di offrire la vostra vita come
risposta totale a Cristo! Egli, Egli solo cambia la vita e la storia del
mondo”.
(canto:Anima Christi...)
Prima della Benedizione finale,
alcuni giovani canadesi hanno consegnato la Croce dell’Anno Santo ad un gruppo
di loro coetanei provenienti dalla Repubblica federale di Germania dove si
celebrerà, nel 2005, la XX Giornata mondiale della gioventù. Il Santo Padre dal
canto suo ha consegnato ad alcuni giovani tedeschi l’icona della Beata Vergine
Maria ‘Salus Populi Romani’, venerata durante la Giornata mondiale della
gioventù a Roma nel 2000. L’icona accompagnerà d’ora in poi, assieme alla
Croce, le prossime Giornate mondiali della gioventù, incominciando da quella di
Colonia, in Germania.
Per questa bella e suggestiva
cerimonia il Santo Padre, prima della recita dell’Angelus, ha salutato ancora
una volta caldamente i giovani nelle varie lingue, e in particolare in francese
e in inglese quelli venuti da Toronto, in Canada, insieme al cardinale
Ambrozic, e quelli giunti da Colonia, in Germania, con il cardinale Meisner.
Prima di rientrare nel suo appartamento, il Pontefice ha fatto un giro in
autovettura su Piazza San Pietro, acclamato festosamente dai fedeli.
(canto finale: Ti seguirò ...)
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13 aprile 2003
MIGLIORA LA SITUAZIONE
DELL’ORDINE PUBBLICO A BAGHDAD,
MENTRE SEMBRA PROSSIMA ALLA RESA TIKRIT, ULTIMA ROCCAFORTE
DI SADDAM HUSSEIN. RECUPERATI SETTE
PRIGIONIERI DI GUERRA
AMERICANI A NORD DELLA CAPITALE
IRACHENA
- A cura di Alessandro Gisotti -
Potrebbe essere ormai questione
di ore la capitolazione di Tikrit, ultimo caposaldo di Saddam Hussein. Gli
abitanti della città natale del raìs sarebbero pronti ad arrendersi a patto che
gli americani non siano supportati da curdi e sciiti. Dal canto loro - mentre
le forze alleate sono già alle porte del centro cittadino - i capi delle 15
principali tribù della città hanno chiesto la fine dei raid per consentire la
resa pacifica dei feddayn di Saddam. Intanto, il generale Franks - comandante
dell’operazione Iraqi Freedom – ha annunciato stamani che sono stati trovati ancora
in vita e recuperati sette prigionieri di guerra statunitensi, nel nord del Paese.
I sette militari sarebbero già stati trasferiti in una unità di trattamento
psicologico a Baghdad. Proprio nella capitale, marine americani hanno scoperto
310 giubbetti esplosivi per attentati suicidi. Una situazione, quella di
Baghdad, che, come spiega la giornalista Mediaset, Anna Migotto, contattata da
Alessandro Guarasci, va normalizzandosi, pur tra mille difficoltà:
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R. - Sta lentamente
cambiando la situazione. Ci sono ancora in corso dei saccheggi, ma poca cosa rispetto a quello che abbiamo
visto nei giorni scorsi. Questa mattina c’era un incontro degli americani con
gli ex poliziotti per cominciare a definire i compiti con quelli che erano i
poliziotti del regime, che ora si dicono pronti ad assicurare l’ordine
pubblico. Quello che abbiamo visto è che in alcune zone si cominciano a
riaprire i negozi, quindi il peggio sembra, apparentemente, passato. L’unico
luogo, che è ancora sotto saccheggio, è la sede dei Servizi segreti militari,
dove noi siamo andati questa mattina. Lì c’è una situazione drammatica: forse
migliaia di prigionieri sono in celle sotterranee, coperte dall’acqua, e non si
possono liberare, sempre che siano ancora vivi. Fino a ieri si sentivano delle
voci.
D. – Questo
miglioramento della situazione riguarda anche gli ospedali, che fino a pochi
giorni fa, in pratica, erano al collasso e vuoti, tra l’altro?
R. – La situazione
va lentamente migliorando nel senso che non ci sono più saccheggi. Ovviamente
le condizioni degli ospedali restano sempre drammatiche, ma crediamo che nei
giorni prossimi – anzi forse nelle prossime ore – cominceranno ad arrivare
medicinali. E’ chiaro che ora il grande problema dei prossimi giorni sarà
quello del rapporto tra i sunniti, che hanno governato in tutti questi anni, e
gli sciiti. Sappiamo che in alcune zone sono in corso delle vendette,
soprattutto nella zona di Saddam City, il grande sobborgo di Baghdad, abitato
da circa 3 milioni di sciiti, una grande prigione a cielo aperto, in tutti
questi anni.
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Per la prima volta dalla presa di
Baghdad, oggi sono stati intonati degli slogan anti-americani da parte di un
gruppo di contestatori, che si è radunato in piazza al-Ferdous, dove i soldati
statunitensi proteggono i giornalisti stranieri che alloggiano all’Hotel
Palestine. Sul fronte nord, a Mossul, gli americani hanno costituito delle
formazioni di polizia e civili per riportare sotto controllo l’ordine pubblico.
Ma la situazione resta ancora caotica un po’ in tutto il Paese, rendendo
estremamente difficile il lavoro delle agenzie umanitarie. Ce lo conferma Laura
Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto commissariato per i Rifugiati delle Nazioni
Unite:
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R. – Direi che in questo momento
si è aperta un’altra fase del conflitto, una fase sicuramente molto insidiosa
perché siamo davanti ad un vuoto di potere che dà la possibilità a chiunque di
mettere in atto vendette e rese dei conti. Sappiamo che, comunque, c’è uno
spostamento intero della popolazione. Alcuni miei colleghi, in Iran, hanno
incontrato ieri una delegazione in rappresentanza di 30 mila iracheni
provenienti da Baghdad e da Bassora che erano diretti al confine con l’Iraq. E’
stato chiaramente detto che queste 30 mila persone comunque non avevano
necessità di alcun tipo e che non volevano passare la frontiera quindi essere
trasferiti in Iran, nei campi profughi. Quindi c’è uno spostamento interno,
specialmente dai centri abitati più grandi, dove abbiamo visto ci sono stati
saccheggi, ruberie, quindi una situazione, comunque preoccupante.
D – Una volta concluso il
conflitto, come si svilupperà il programma di assistenza alla popolazione
irachena, agli sfollati in particolare?
R. – Il Commissariato
Onu per i rifugiati si occupa, appunto per mandato, dei rifugiati, cioè di
quelli che attraversano la frontiera e trovano accoglienza in un Paese
confinante. Negli ultimi anni noi abbiamo spessissimo operato a sostegno degli
sfollati, di quelli che si muovono all’interno del Paese e non attraversano una
frontiera, ma per fare questo abbiamo bisogno di una autorizzazione esplicita
da parte o dell’Assemblea generale, o del Segretario generale. Ufficialmente ci
occuperemo, e quando ci saranno le condizioni, organizzeremo il rimpatrio di
quelle centinaia di migliaia di rifugiati iracheni che si trovano sparsi nel
mondo,in particolare quei 200 mila che si trovano in Iran.
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In prospettiva della ricostruzione
postbellica dell’Iraq, i ministri finanziari del G8 - riuniti ieri a Washington
- hanno auspicato l’approvazione di una risoluzione dell’Onu, che preveda uno
sforzo multilaterale per il rilancio dell’economia irachena, coinvolgendo il
Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Sul fronte diplomatico,
invece, continua la querelle tra Washington e Damasco. Ieri, il ministro degli
esteri siriano, Al Sharaa, ha negato che il suo Paese abbia aiutato l’Iraq a
nascondere armi di distruzione di massa. Dal canto suo, il segretario di Stato
americano Powell - parlando alla Bbc - ha dichiarato che non sarebbe
“saggio” per la Siria diventare un “rifugio” per il regime di Saddam. Altro
Paese dell’area che vive un momento estremamente delicato nei rapporti con gli
Stati Uniti è l’Iran. Tuttavia, gli iraniani hanno accolto con gioia la caduta
del raìs, come ci spiega da Teheran la corrispondente de Il Foglio,
Tatiana Boutorline:
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R. - La reazione è stata di
entusiasmo. C’è stata una grande partecipazione popolare, persino la televisione
iraniana ha fatto vedere le stesse immagini trasmesse, tra l’altro, dalle
televisioni europee e americane. I sentimenti comuni sono sicuramente di
entusiasmo, di partecipazione. Per quanto riguarda il dopo Saddam, lì
cominciano le divisioni perché c’è sicuramente un forte sentimento di sospetto,
da una parte della popolazione iraniana, rispetto alle intenzioni statunitensi.
D. –
L’amministrazione americana ha usato toni molto duri nei confronti dell’Iran
negli ultimi tempi. Come viene giudicato questo atteggiamento a Teheran dalla
classe politica e dai leader religiosi?
R. - Ci sono i toni bellicosi di
sempre, che ormai fanno parte di quella che è un po’ l’ideologia della
Repubblica islamica, nel senso che la Repubblica islamica iraniana concepisce
la propria identità anche in opposizione agli Stati Uniti. Il governo iraniano,
invece, ha usato toni molto diversi, molto più cauti. Ha parlato di
riconciliazione, ha parlato di dialogo tra le civiltà – che sono poi i temi
forti del presidente riformista Khatami. La guida suprema, Khamenei, ha usato
toni di condanna nei confronti di quella che ha definito un’invasione,
un’aggressione. Il governo iraniano – che sta intessendo un dialogo da anni con
l’Unione europea e che ha rapporti molto stretti anche con la Gran
Bretagna - ha utilizzato toni molto più
cauti, più moderati. Perfino di apertura nei confronti dell’amministrazione
futura in Iraq. Non bisogna mai essere tratti in inganno, perciò, quando ci
sono dei toni molto bellicosi perché poi in realtà, visto sotto la luce di
quella che è la politica iraniana, questi toni assumono un altro carattere.
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Il
crollo del regime di Saddam e dei simboli del suo potere dispotico è stato
paragonato ad altri momenti epocali come la caduta del Muro di Berlino o, andando
più a ritroso con la memoria, al 25 aprile in Italia. Un momento di liberazione,
dunque. D’altro canto, si guarda con angoscia al perdurare di saccheggi e
vandalismi in molte città dell’Iraq. Eventi, purtroppo, quasi fisiologici, dopo la fine di una dittatura oppressiva come
quella di Saddam Hussein. Lo sottolinea lo storico Giorgio Rumi, docente
all’Università Statale di Milano:
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Tutte
le dittature, soprattutto quelle più sanguinarie, che hanno provocato guerre o
che hanno avuto grossi costi corrono questo rischio. Più la società è arretrata
e più è stata conculcata, più le si è chiesto un prezzo esorbitante in termini
di costi umani, più queste cose possono accadere. La fame è una cattiva
consigliera. Non si fanno 30 anni di dittatura e due-tre guerre con uso di gas,
impiego di polizia segreta con la scomparsa di persone senza poi arrivare ad
una stretta, purtroppo costosa e sanguinosa. Per vincere la pace è necessario
ripristinare un minimo di ordine, alimentare e dissetare questo povero popolo –
povero nel senso di sfortunato – e avviare un’amministrazione civile di
iracheni e per gli iracheni al fine di arrivare ad una democrazia per quanto
possibile compiuta.
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Ieri
sono scesi nuovamente in piazza migliaia di pacifisti un po’ in tutto il mondo.
Il numero dei partecipanti è stato comunque inferiore a quello delle proteste
delle scorse settimane. La manifestazione più massiccia ha avuto luogo a Roma,
dove - secondo i promotori dell’iniziativa - avrebbero sfilato 500 mila persone.
Marce contro l’operazione militare in Iraq anche a Londra, Madrid, Parigi e
Berlino. I pacifisti hanno manifestato il loro dissenso verso la politica
estera americana anche in India, Bangladesh e negli stessi Stati Uniti, in
particolare a Washington e San Francisco.
IN COINCIDENZA CON LA FIRMA DI UNA NUOVA
ENCICLICA SULL’EUCARESTIA,
QUESTA
SERA ALL’AUDITORIUM “PARCO DELLA MUSICA” DI ROMA
L’OPERA
LIRICA DI ALBERICO VITALINI “IL MISTERO DEL CORPORALE”
- Ai
nostri microfoni il compositore Vitalini -
Annuncia in musica la nuova Enciclica sull’Eucarestia, che
Giovanni Paolo II firmerà giovedì prossimo durante la “Missa in Coena Domini”,
l’opera lirica “Il Mistero del Corporale” di Alberico Vitalini, in programma
questa sera alle 18 all’Auditorium di Roma “Parco della Musica”, eseguita
dall’Orchestra Regionale del Lazio diretta da Piero Gallo. Tratto da un testo
di anonimo orvietano del XIII secolo, rielaborato da Don Raffaello Lavagna, il
melodramma di Vitalini ricorda il miracolo di Bolsena in cui il vero sangue di
Cristo stillò dall’ostia consacrata per convertire il sacerdote incredulo.
Verrà preceduto nella prima parte del concerto dai “Tre momenti francescani”
per orchestra d’archi e pianoforte. A.V. ha intervistato l’autore, già
direttore dei Programmi Musicali della Radio Vaticana.
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(musica)
R. – Quale linguaggio ha
scelto per questo testo medievale “Il mistero del corporale” da Anonimo
orvietano, rielaborato da Raffaello Lavagna?
D. – Può esserci,
in un certo qual modo, un riferimento, più che al Medioevo, addirittura al
Canto Gregoriano, che era così facile poter arguire leggendo il testo, il quale
mi ha veramente ispirato.
D. – Come coniugare
il Canto Gregoriano, la musica antica, con la composizione contemporanea?
R. – Io ho trovato
sempre un’ispirazione notevole nel Canto Gregoriano tradotto nella parte
sinfonica. E l’aveva scoperta prima di me ancora Respighi, l’aveva scoperta
Perosi soprattutto, ed altri autori contemporanei. Penso che continui ad essere
una grande fonte di ispirazione.
D. – Echi
pucciniani, la grande tradizione italiana del melodramma. Qual è la sua cifra
specifica invece?
R. – E’ una forza
prepotente che può essere data da un’ispirazione direi del tutto inconscia. Non
nego la grandezza di Puccini, e oserei dire più che la grandezza nella linea
melodica, la forza armonica della musica di Puccini, la strumentazione
pucciniana. Per ciò che riguarda la strumentazione sono stato sempre un
grandissimo ammiratore di Respighi e di Richard Strauss.
D. – L’incontro con
il sacro attraverso le composizioni di Perosi, ma qual è il suo personale
incontro con il sacro?
R. – Ho avuto
sempre una grande influenza mariana, anche per ciò che riguarda la composizione
del mio “Magnificat”. La Madonna è stata sempre molto presente nelle mie
composizioni. Poi naturalmente i testi eucaristici. E ritorniamo qui al
“Mistero del corporale”, che è basato per un’ora circa di musica
sull’Eucaristia praticamente, l’Ave Verum, e come diceva Wagner “dove
finisce la parola, là comincia la musica”, e mi sembra sia una grande verità.
La parola finisce sulle note musicali, ma le note musicali debbono esprimere
quello che dice la parola. Ecco perché, in un certo qual modo, sembra improprio
comporre musiche che nulla hanno a che vedere con il testo sacro, e che magari
potrebbero ispirarsi di più a testi tutt’altro che sacri.
(musica)
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UNA RIEVOCAZIONE DELLA FIGURA DI
PABLO PICASSO
- Intervista con Ludovico Pratesi
-
30 anni fa, esattamente l’8 aprile del 1973, moriva a Mougins, in Francia, Pablo Picasso, uno dei massimi
pittori del XXesimo secolo. Ce ne parla in questo servizio Fausta Speranza:
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Pittore d’eccezione ma anche artista che ha percorso diversi territori
dell’arte: disegnatore tra i più grandi, è stato grafico, incisore, scultore,
sceno-grafo, ceramista e costumista. Inventa, con Braque, il Cubismo e se ne
allontana con tanti distinguo; sfiora un certo ritorno all'ordine, con forme
addolcite e colori decisi e offre spunti al Surrealismo. Anzi, dice di sé: “Io
sono un surrealista ma sono sempre dentro la realtà della realtà”. Di lui
restano opere molto diverse come la “Famiglia di saltimbanchi”, “Le demoiselles
d’Avignon”, “Donne di Algeri”. Diversi
orizzonti artistici ma una sola geniale personalità.
Di Pablo Picasso , così dice il
critico d’arte Ludovico Pratesi:
“E’ stato un grande innovatore. E’ stato uno degli artisti più
importanti el XX secolo, almeno della prima metà del Novecento, proprio per
queste sue capacità di cogliere sempre dall’attualità un nuovo modo di fare
arte, senza mai però rinnegare la propria identità. E questa mi sembra una
lezione veramente straordinaria: Picasso è sempre rimasto se stesso, ogni volta
però modificando il suo modo di fare arte e cogliendo quindi dalla realtà,
dall’attualità suggerimenti per opere che sono rimaste a livello di capolavori”.
Nato a Malaga, in Spagna, si è trasferito presto a Parigi, considerata
capitale artistica d’Europa, e a Parigi, nel 1937, ha esposto il famosissimo
quadro dedicato alla strage di Guernica. Con Guernica crea il prototipo
dell'arte impegnata e politica: “E’ la mia protesta – afferma- contro la
violenza, la barbarie, la guerra”.
Un urlo di dolore che resta tragicamente di attualità. Ancora Ludovico
Pratesi:
“Un dolore che Picasso ha reso in
maniera assolutamente assoluta e universale, attraverso un’opera in bianco e
nero, proprio perché appunto, come lui dichiarava, le prime foto che lui ha
visto del villaggio di Guernica bombardato erano pubblicate sui giornali,
quindi ha voluto rispettare questa origine dell’opera che viene dai media e che
ha mantenuto, appunto, però in questa grandissima intensità e soprattutto questa
grande capacità di rendere il dolore, un dolore assoluto, un dolore cosmico.
Penso all’immagine della madre che guarda dalla finestra poi vede il bambino
morto per terra: insomma, immagini molto forti. Che – ahimé! – sono tragicamente
di attualità, perché purtroppo le guerre non sono state ancora eliminate”.
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13 aprile 2003
IL
PREMIER ISRAELIANO, ARIEL SHARON, HA AFFERMATO OGGI CHE C’È LA POSSIBILITÀ DI
RAGGIUNGERE LA PACE CON I PALESTINESI IN TEMPI BREVI. SHARON HA DETTO DI ESSERE
DISPOSTO AD EVACUARE INSEDIAMENTI EBRAICI NEI TERRITORI OCCUPATI
TEL AVIV. = Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha
dichiarato in un’intervista che esce oggi sul quotidiano di Tel Aviv, Haaretz,
che esiste la possibilità di raggiungere la pace con i palestinesi “prima di
quanto si creda”. Il premier afferma di essere disposto a fare “dolorose
concessioni” nei territori occupati di Cisgiordania e Gaza e di valutare la
possibilità in futuro di evacuare insediamenti ebraici per ottenere la pace.
Secondo Sharon, la guerra in Iraq ha creato l’occasione per un differente
rapporto tra Israele, gli stati arabi e i palestinesi: “E’ un’opportunità – ha
detto – che non possiamo perdere”. Interpellato sulla possibilità di accettare
l’esistenza di “due stati per due popoli”, Sharon ha risposto: “Questo è ciò
che eventualmente succederà. Ci sarà uno stato palestinese. Bisogna essere
realisti”. Sharon inoltre dice di essere disposto a raggiungere un accordo
permanente di pace e non solo un’intesa bilaterale di largo termine con i
palestinesi. Le dichiarazioni del capo del governo israeliano anticipano il
cruciale vertice di Washington dove, domani, il suo inviato, Dov Weisglass,
incontrerà esponenti dell’amministrazione statunitense, tra cui il Consigliere
per la sicurezza nazionale, Condoleeze Rice. Al centro dei colloqui,le riserve
israeliane alla “road map”, il piano di pace per il Medio Oriente messo
a punto da Usa, Russia, Onu, e Unione Europea. (M.A.)
IN
UNGHERIA, VITTORIA DEI SI AL REFERENDUM SULL’ENTRATA NELL’UNIONE EUROPEA. SI TRATTA DEL PRIMO PAESE EUROPEO DELL’AREA
EX COMUNISTA A VOTARE L’ADESIONE
BUDAPEST. = Il referendum deliberativo in Ungheria
sull’adesione all’Unione europea è stato vinto ieri dai sì in maniera
travolgente, con l’83,7 per cento di voti favorevoli e 16,2 per cento di
contrari. Solo l’affluenza è rimasta sotto le aspettative: a votare si è presentato solo il 45,5 per cento
dell’elettorato mentre era atteso oltre il 60 per cento. Ma ciò non rappresenta
un ostacolo in quanto secondo la legge ungherese, un referendum è valido se una
delle due risposte viene scelta da almeno il 25 per cento degli elettori: ieri
hanno votato oltre 3,6 milioni di ungheresi su un totale di otto milioni di
aventi diritto al voto, cioè un po’ meno della metà. Dopo Malta e Slovenia,
quindi, l’Ungheria è il terzo dei dieci Paesi candidati, il primo dell’Europa
ex comunista, a decidere per l’adesione. Nel caso ungherese il referendum è
stato anche deliberativo, cioè impegna il parlamento a rispettare la decisione
popolare. Domani i deputati ungheresi potranno così dare il mandato al premier
Peter Medgyessy, di firmare il patto di adesione il prossimo 16 aprile a Atene.
L’ingresso nell’Unione Europea è previsto per il 1.mo maggio 2004. (M.A.)
SCIENZIATI
CANADESI ANNUNCIANO DI AVER SCOPERTO IL CODICE GENETICO DEL VIRUS DELLA SARS:
PUBBLICATI SU INTERNET I LORO RISULTATI
OTTAWA.
= Scienziati canadesi di un laboratorio di ricerca della Colombia britannica
hanno annunciato di aver scoperto il codice genetico del ‘coronavirus’ sospettato
di essere all'origine della polmonite atipica. La decodificazione del virus
potrebbe intanto confermare che sia proprio quel ‘coronavirus’ il responsabile
della ‘Sindrone acuta respiratoria grave’, ma anche potrebbe contribuire alla
formulazione di un primo efficace test di contrasto all'epidemia. Secondo
quanto rilasciato dal direttore del laboratorio di ricerche del centro di scienze
genomiche di Vancouver, il dott. Marco Marra, “si potrebbe utilizzare alcune
parti del genoma di questo virus per curare i pazienti infetti”. I ricercatori
canadesi del centro hanno pubblicato il risultato delle loro ricerche sul sito
internet www.bcgsc.bc.ca, per diffondere la loro scoperta e renderla
utilizzabile anche dai colleghi di altri laboratori mondiali che stanno
lavorando per contrastare l’epidemia. (S.C).
VITTORIA
A MALTA DEL PARTITO NAZIONALISTA, FAVOREVOLE ALL’INGRESSO IN EUROPA. IERI ALLE
URNE IL 96% DEGLI AVENTI DIRITTO
LA
VALLETTA. = Vittoria del partito nazionalista, dopo le elezioni nell’isola di
Malta: alle urne ieri il 96% degli aventi diritto. Dopo il referendum popolare
dello scorso 8 marzo, l’esito delle elezioni riveste un ruolo di rilievo per il
Paese nella questione dell’ingresso nell’Unione europea: mentre infatti il
premier nazionalista uscente Eddie Fenech Adami ha più volte dichiarato che si
tratta di un’unica opportunità per Malta di salire sul treno dell’Europa, di
contro il leader laburista Alfred Sant ha ripetutamente dichiarato che, se
eletto primo ministro, non sarebbe andato ad Atene il prossimo 16 aprile, per
firmare il trattato di adesione all’unione europea. La legislatura appena
sciolta vedeva i nazionalisti in maggioranza, con 35 seggi, mentre ai laburisti
ne erano andati 30. Subito dopo la conferma della vittoria, le parole del
presidente Adami, di nuovo in carica: “Se Dio vuole, mercoledì sarò ad Atene a
firmare il documento di adesione.” (S.C.)
UN
ANNO DOPO IL FALLITO COLPO DI STATO AI DANNI DELLA PRESIDENZA DI HUGO CHAVEZ, I
VESCOVI DEL VENEZUELA LAMENTANO GLI SCARSI ESITI DELLE INDAGINI SUGLI SCONTRI
IN CUI MORIRONO 19 PERSONE. I PRESULI RIVOLGONO INOLTRE UN APPELLO ALLE
ISTITUZIONI AFFINCHÉ SIA SUPERATA LA CRISI SOCIALE ED ETICA DEL PAESE
CARACAS.
= Ad un anno dal fallito colpo di stato e di fronte ad una crisi sempre più
profonda, l’episcopato venezuelano lamenta in un comunicato diffuso in questi
giorni la passività delle autorità nelle indagini sui crimini commessi. Durante
il colpo di stato che l’11 aprile allontanò dalla presidenza Hugo Chavez per
due giorni, causò la morte di 19 persone ed varie centinaia di feriti. I
vescovi compiono una riflessione sulle conseguenza causate dalle violenza.
“Commemorare l’11 aprile – scrivono - significa prendere coscienza che l’unico
perdente è stato il popolo venezuelano: conflittualità, intolleranza, morte e
destabilizzazione sociale hanno generato più povertà e hanno aperto una
pericolosa breccia nel tessuto umano etico e culturale della nostra nazione”.
L’aspro dibattito sulla legittimità delle istituzioni per i presuli è il
sintomo più chiaro della divisione che regna nel Paese. Questo allontana la
nazione dall’obiettivo fondamentale costituito dal raggiungimento della
pacifica convivenza, dalla fiducia nella giustizia e dal rispetto del legittimo
pluralismo nel quale tutti si possano riconoscere. I vescovi rivolgono quindi
un invito a governanti e magistrati affinché si impegnino nella ricostruzione
del Paese e amministrino la giustizia cercando la verità e il bene del popolo.
Infine esortano tutti i fedeli a partecipare ai riti della Settimana Santa,
chiedendo nelle loro preghiere il dono della pace. (M.A.)
LA
CHIESA CATTOLICA FILIPPINA FESTEGGIA I CINQUANT’ANNI DELLA PRESENZA DELLA
CARITAS NEL PAESE. IN UNA LETTERA PASTORALE I VESCOVI ESORTANO I FEDELI A SOSTENERE
CON LE LORO OFFERTE LE OPERE DELL’ORGANISMO E A NON DIMENTICARE
MANILA.
= L’odierna domenica delle palme è l’occasione per l’arcidiocesi filippina di
Manila di richiamare l’attenzione dei suoi fedeli sul lavoro svolto dalla
Caritas. Si celebra oggi la “Domenica della Caritas”, giornata che festeggia i
cinquant’anni della presenza nelle Filippine dell’organismo di aiuto ai
bisognosi. In una lettera pastorale intitolata “Amore e giustizia”, redatta dai
vescovi ausiliari di Manila, mons. Socrates Villegas e mons. Teodoro Buhain, e dai vescovi
delle diocesi di Novaliches e di Parañaque, si invitano i sacerdoti ad esortare,
durante l’omelia domenicale, i parrocchiani affinché sostengano con le loro
offerte il prezioso lavoro della Caritas. I presuli richiamano gli stessi
fedeli ad una maggiore attenzione nei confronti delle persone che soffrono e
ricordano perciò le situazioni di povertà, miseria e malattia che tanti
filippini vivono. Durante la giornata saranno raccolte le offerte destinate a
finanziare i progetti di assistenza della Caritas: borse di studio per studenti
indigenti, aiuti ai carcerati ed assistenza sanitaria. (M.A.)
I
CRISTIANI DELLA ROMANIA HANNO COMPILATO UNA LISTA DEI MARTIRI NAZIONALI, MORTI
DURANTE IL REGIME COMUNISTA. NELLE PAROLE DEI VESCOVI CATTOLICI,
ORTODOSSI E PROTESTANTI SOTTOLINEATO IL VALORE
ECUMENICO DEL GESTO
BUCAREST.
= Cattolici, ortodossi e protestanti rumeni hanno recentemente compilato un
lista di martiri cristiani, deceduti durante il governo comunista. L’iniziativa
è stata salutata dai membri dell’episcopato delle tre diverse confessioni come
un importante passo verso il dialogo e la collaborazione reciproca.
L’arcivescovo cattolico di Bucarest, mons. Ioan Robu, ha spiegato all’agenzia
statunitense Cns il senso del lavoro svolto: le nuove generazioni avranno la
possibilità di sapere e riconoscere quanto grande è stato ciò che persone
vissute prima di loro hanno fatto e, soprattutto, testimoniato. La lista
comprende martiri nazionali perseguitati dal regime comunista. I cattolici sono
200: 150 di rito orientale e 50 di rito latino. Gli ortodossi sono 120 ed i
protestanti 20. (M.A.)
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