RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 102 - Testo della Trasmissione sabato 12 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Ecco la tua Madre!”, tema della Giornata mondiale della gioventù che si celebra domani. Migliaia di giovani attesi in piazza San Pietro per la celebrazione eucaristica della Domenica delle Palme presieduta dal Santo Padre: intervista con padre Thomas Rosica

 

L’umanità ferita dal conflitto delle armi, illuminata da figure di eccezionale levatura spirituale: così il cardinale Saraiva Martins promulgando 16 nuovi decreti per le Cause dei Santi

 

I 40 anni della “Pacem in terris”: una rilettura alla luce della scottante attualità della crisi irachena: ai nostri microfoni, mons. Renato Martino, l’on. Pierferdinando Casini, il sen. Giulio Andreotti, Savino Pezzotta e l’on. Giorgio Napolitano

 

Reso noto il programma del viaggio del Pontefice in Spagna, il 3 e 4 maggio.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In primo piano in Iraq il problema della sicurezza, in un Paese assediato dai suoi stessi abitanti: interviste con Anna Migotto, Guido Olimpio, Jassim Taofic Mustafa

 

Un futuro di pace attraverso l’unità della Chiesa: l’invito delle “Sentinelle del mattino” alle comunità cristiane d’America: con noi, Luigi Bobba, Fabio Protazoni e Sergio Marelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Pellegrinaggio di pace per il Medio Oriente di una delegazione della Caritas italiana, giunta ieri a Gerusalemme

 

Diffuso ieri a Ginevra un Rapporto di Amnesty International sulla pena capitale

 

I militari dell’esercito birmano abusano di donne appartenenti a minoranze etniche. E’ questa la denuncia di Refugees International

 

Da 23 anni il francescano spagnolo padre Louis Maria Uribe assiste i malati di lebbra nella contea di Sancheong, in Corea

 

Accordo tra le “Tigri” tamil ed il governo dello Sri-Lanka sul reinserimento dei bambini coinvolti nel conflitto

 

24 ORE NEL MONDO:

Nigeria e Malta oggi al voto per il rinnovo del parlamento nazionale

 

Condanna dei vescovi di Cuba per la sommaria esecuzione di tre uomini, autori del dirottamento di una nave

 

Referendum in Ungheria sull’adesione all’Unione europea.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 aprile 2003

 

 

“ECCO LA TUA MADRE!”, IL TEMA DELLA 18.MA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ CHE SI CELEBRA DOMANI IN TUTTE LE DIOCESI DEL MONDO. 

IN PIAZZA SAN PIETRO ATTESI MIGLIAIA DI RAGAZZI PER ASSISTERE

ALLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE

- Servizio di Maria Di Maggio -

 

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“Cari giovani, lo sapete: il Cristianesimo non è un'opinione e non consiste in parole vane. Il Cristianesimo è Cristo! E' una Persona, è il Vivente! Incontrare Gesù, amarlo e farlo amare: ecco la vocazione cristiana. Maria vi viene donata per aiutarvi ad entrare in un rapporto più vero, più personale con Gesù. Con il suo esempio, Maria vi insegna a posare uno sguardo d'amore su di Lui, che ci ha amati per primo. Con la sua intercessione, Ella plasma in voi un cuore di discepoli capaci di mettersi in ascolto del Figlio, che rivela il volto autentico del Padre e la vera dignità dell'uomo”.

 

Così il Papa, nel Messaggio per la 18.ma Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà domani Domenica delle Palme nelle diverse diocesi del mondo, ha annunciato il tema della Gmg 2003 “Ecco la tua Madre!”, scelto in relazione con l’Anno del Rosario. Nel corso della Celebrazione eucaristica in piazza San Pietro, presieduta dal Santo Padre, i giovani di Toronto, che Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane in udienza, consegneranno la Croce delle Gmg ai coetanei di Colonia, la città tedesca sede del prossimo Incontro mondiale dei giovani nel 2005. Sul significato di questo gesto, ci parla padre Thomas Rosica, responsabile dell’organizzazione della GMG di Toronto.

 

R. – La nostra fede è concentrata intorno a questa Croce, la Croce che fa parte del mistero pasquale, la Croce che è al centro di tutta la nostra vita, la Croce che veramente è un simbolo fortissimo per ogni Cristiano e specialmente per noi nella Chiesa cattolica. Innalziamo questa Croce domenica, perché tutto il mondo veda in questa Croce la nostra fede, il simbolo del Risorto, l’uomo della Croce che è diventato Gesù risorto per noi, fonte della nostra salvezza. Dando questa Croce ai giovani tedeschi, auguriamo che siano portatori della stessa speranza di gioia e di pietà delle folle che hanno toccato questa Croce in Canada. Che sia anche per i tedeschi un segno per il futuro, un segno di gioia, di pace e di fede.

 

D. – Lei è stato il responsabile dell’organizzazione della Gmg di Toronto, che cosa ha significato per lei questa esperienza?

 

R. – Questa esperienza della Gmg è stato un immenso privilegio. E’ stata una fatica, ho qualche capello grigio adesso dopo la Gmg, ma credo che sia stato un immenso privilegio, perché ho potuto servire la Chiesa universale. Ho potuto incontrare gente che non avrei mai conosciuto prima. Veramente ha aperto le finestre sul mondo per me e mi ha ricordato il senso di essere un Cattolico e del Cattolicesimo, che è universale. E più universali siamo, più siamo vicini alla realtà delle Beatitudini.

 

D. – Nell’incontro di giovedì scorso con i ragazzi delle diocesi di Roma e del Lazio, il Santo Padre ha affidato i giovani a Maria affinché diventino promotori della cultura della pace, oggi quanto mai necessaria. A suo avviso qual è l’apporto della Gmg in questo senso?

 

R. – Credo che il progetto della Gmg è un bel pretesto per tante altre cose e credo che oggi il mondo, specialmente questo mondo lacerato da divisioni, discordie, dalla mancanza di pace, ha bisogno della testimonianza della Giornata mondiale della Gioventù. Vedendo queste scene di guerra in questi ultimi giorni, in queste ultime settimane, non potevo non pensare alle altre immagini di gioia dell’estate scorsa sulle rive del lago Ontario, in Canada, ove abbiamo avuto giovani dell’Iraq, degli Stati Uniti, di tanti altri Paesi nel Medio Oriente. Tanti giovani dell’Africa erano insieme e si sono conosciuti. E’ stato bellissimo sentire da quasi ogni Paese, che nella Gmg vediamo una strada verso il futuro, la fraternità, una strada per la pace, una vera scuola di pace e giustizia, ed è questa una delle molte ricchezze della Giornata mondiale della gioventù di Giovanni Paolo II.       

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Come già annunciato, domani domenica delle Palme e della Passione del Signore, il Santo Padre presiederà alla celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro, affollata di giovani. La nostra emittente, a partire dalle ore 9.50, trasmetterà la radiocronaca in diretta della cerimonia in lingua italiana, inglese, tedesca e francese, in onda media, in onda corta e in modulazione di frequenza, e in lingua spagnola e portoghese solo su satellite.

 

 

UDIENZE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane in udienza il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione dei Santi, il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Köln in Germania, con il seguito, e il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi. Ad incontrare il Papa è stata anche una delegazione di 40 giovani di diverse diocesi del Canada.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato oggi membri del Consiglio dell’Ufficio centrale di coordinamento pastorale degli Ordinariati militari, costituito in seno alla Congregazione per i vescovi: mons. José Manuel Estepa Llaurens (Spagna), mons. Christian Werner (Austria), mons. Gonzalo De Jesús Maria del Castillo Crespo (Bolivia), mons. Pablo Lizama Riquelme (Cile), mons. Juraj Jezerinac (Croazia).

 

Il Papa ha inoltre nominato nunzio apostolico nella Repubblica di Macedonia mons. Santos Abril y Castelló, arcivescovo titolare di Tamada, nunzio apostolico in Slovenia e in Bosnia ed Erzegovina.

 

Giovanni Paolo II ha infine nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Mercedes-Luján in Argentina mons. Oscar Domingo Sarlinga, vicario generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare di Uzali.

 

 

L’UMANITA’ FERITA DAL CONFLITTO DELLE ARMI,

ILLUMINATA DA FIGURE DI ECCEZIONALE LEVATURA SPIRITUALE:

COSÌ IL CARDINALE SARAIVA MARTINS NELL’ATTO DI PROMULGARE

16 NUOVI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI SANTI

 

Carlo, imperatore d’Austria e re di Ungheria, padre di 8 figli. Il suo nome compare tra i 16 servi e serve di Dio che si stanno avvicinando al traguardo della beatificazione. Questa mattina infatti, alla presenza del Papa sono stati promulgati i decreti che riconoscono i miracoli o le virtù eroiche  di 10 uomini e sei donne di varie nazionalità: Italia, Spagna, Francia, Olanda e Austria, vissuti tra il 1800 e la seconda metà del 1900. Quattro sono sacerdoti, cinque religiosi e sei suore. I fondatori e fondatrici sono nove. Servizio di Carla Cotignoli.

 

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 “Questa promulgazione dei decreti si svolge mentre l’umanità viene nuovamente ferita ed umiliata dal conflitto delle armi” – ha detto il cardinale Josè Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei santi. “Ma l’ora della prova – ha aggiunto – è rischiarata dall’esempio dei nostri Servi di Dio che hanno vissuto in se stessi la beatitudine della pace” e  “hanno creduto e lavorato per la vera promozione umana e per la concordia dei popoli”. Il porporato, presentando al Papa i 16 servi di Dio, ha ripreso le sue parole: “alla pace non si arriva se non attraverso l’amore”. “E’ quanto hanno vissuto questi uomini e donne”.  Ed ha concluso: “Ad essi chiediamo di intercedere presso Dio “affinché le guerre scompaiano dall’orizzonte dell’umanità”.

 

Tra le 16 figure di eccezionale levatura spirituale, incamminate verso la beatificazione vi è quella di Carlo imperatore d’Austria e Re di Ungheria. Vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900. Nel 1911 sposa la principessa Zita dei Borboni di Parma. Il giorno delle nozze le dice: “Ora dobbiamo condurci l’un l’altro in cielo”. Dalla unione, vissuta nell’amore e nella fedeltà, nascono otto figli. Sale al trono dopo Francesco Giuseppe, nel 1916, mentre è in corso la prima guerra mondiale. Uomo di sicura dirittura morale e solida fede, ha cercato sempre il bene del suo popolo e nella sua azione di governo si ispira  alla dottrina sociale della Chiesa. Promuove la giustizia, la pace, animato da un costante anelito alla santità. Carlo d’Austria è stato esemplare come cristiano, marito, padre e sovrano. Muore in esilio nell’isola di Madeira (Portogallo), nel 1922.

 

Delle altre 15 figure, luminosi esempi di santità, due lasciarono la patria per svolgere l’attività missionaria in America Latina. I decreti riconoscono interventi scientificamente inspiegabili, cioè i miracoli, ottenuti per intercessione di sette servi e serve di Dio, che negli anni scorsi hanno ottenuto il riconoscimento della eroicità delle loro virtù cristiane. Mentre nove sono le figure di sacerdoti, religiose e religiosi di cui è stato riconosciuta ora l’eroicità della loro vita cristiana, che è stata sorgente di rinnovamento per la Chiesa e la società del loro tempo.

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I QUARANT’ANNI DELLA PACEM IN TERRIS:

LA SUA ATTUALE RILETTURA NELLA QUESTIONE IRACHENA

 

La crisi dell’Onu e la guerra in Iraq: questo lo sfondo sul quale si è sviluppato ieri il convegno che ha commemorato alla Pontificia Università Lateranense i 40 anni della Lettera enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris. Un solenne Atto accademico, presieduto dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha riletto il documento di Papa Roncalli alla luce dell’attuale politica dei singoli Stati e degli organismi mondiali, mettendone in luce la straordinaria attualità. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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“La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”, queste le parole che Giovanni XXIII, nell’enciclica Pacem in Terris, quarant’anni fa, rivolgeva a patriarchi e primati, al clero e a fedeli cattolici e per la prima volta nella storia a tutti gli uomini di buona volontà.

 

Un documento, quello di Papa Roncalli, che induce gli organismi internazionali a pensare ad una politica mondiale che assicuri il bene comune universale. Tale bene, scriveva il Pontefice, pone problemi che devono essere affrontati e risolti ad opera di poteri pubblici in grado di operare in maniera efficiente ed imparziale e che non siano strumenti di interessi particolaristici.

 

Il quarantesimo anniversario della lettera Pacem in Terris è stato celebrato ieri con un solenne Atto accademico a Roma alla Pontificia Università Lateranense. Sui suoi contenuti, riletti nell’attuale questione irachena, si è espresso l’arcivescovo Renato Martino, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.

 

“Non si può prescindere dall’Onu. L’indebolimento degli Organismi internazionali potrebbe significare un indebolimento della consapevolezza di essere un’unica famiglia. Bisogna trovare il modo per cui tutti gli Stati membri dell’Onu trovino sufficiente garanzia di venir rispettati nei loro interessi e contemporaneamente che il principio, come dice la Pacem in Terris, della dignità di tutte le Nazioni e popoli trovi in un simile contesto ascolto e approvazione”. 

 

Il dialogo e la cooperazione tra i popoli: questi i valori dell’Enciclica sottolineati da Pierferdinando Casini, presidente della Camera dei Deputati.

 

“Questo documento individua nella pace un valore unificante, un’aspirazione comune a tutte le genti, un obiettivo coerente con qualunque fede religiosa”. 

 

Il senatore Giulio Andreotti ha tracciato i lineamenti dell’ambiente socio-politico in cui fu scritto il documento e ha concluso il suo intervento sottolineando il ruolo dei Pontefici nella storia.

 

“I Papi non dispongono di truppe, ma hanno le legioni della carità operante e più in generale possono armare gli spiriti come sta facendo con una profondità straordinaria Giovanni Paolo II, che appare l’unico punto fermo in un mondo disorientato e smarrito”.

 

Una pace preventiva per assicurare la serena convivenza tra i popoli. Questo ha letto il segretario nazionale della Cisl, Savino Pezzotta, nel ‘messaggio’ di Giovanni XXIII.

 

“Il Papa offriva la possibilità di una pace generale. Si deve pensare che la pace non deve scaturire dalla fine della guerra, ma la pace deve essere preventiva, non la guerra preventiva, la pace preventiva come possibilità di evitare il conflitto”.

 

A concludere il solenne Atto accademico di commemorazione Giorgio Napolitano, Presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento Euro-peo.

 

“Colpisce la trattazione sistematica di tutti i problemi, i presupposti, i principi cui è legata la fondazione di un’autentica pace. Si può dire che vi si trova pienamente disegnata una vera e propria architettura della pace e dell’ordine mondiale. Un insieme di principi e di concetti a cui io penso si sia venuto sempre di più ispirando il processo di integrazione europea”. 

 

I principi espressi nella Pacem in Terris sono quindi, oggi più che mai, fonte di ispirazione per il futuro dell’umanità.

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RESO NOTO IL PROGRAMMA DEL PROSSIMO VIAGGIO DEL PAPA IN SPAGNA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Dopo 10 anni Giovanni Paolo II torna in Spagna, per la quinta volta solcherà il suolo iberico. Un viaggio pastorale breve ma intenso: due giorni per incontrare le autorità civili ed ecclesiali, il popolo, i fedeli, in particolare i giovani, e presiedere quindi alla beatificazione di cinque religiosi e religiose spagnoli. L’atteso appuntamento di primavera si snoderà in due giornate, sabato e domenica 3 e 4 maggio.

 

“La visita del Santo Padre  - scrivono i vescovi spagnoli in un messaggio per l’occasione - accrescerà senza dubbio la nostra vocazione e il nostro dinamismo apostolico”. Nella nota intitolata “Sarete miei testimoni” i presuli auspicano che l’arrivo del Papa rafforzi la fede del popolo spagnolo e contribuisca a dare nuovo slancio all’evangelizzazione.

 

Il programma dettagliato del viaggio prevede la partenza del Santo Padre la mattina del 3 maggio, alle ore 9.30 dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino, con arrivo alle 12 nella capitale spagnola allo scalo Madrid-Barajas, dove si svolgerà la cerimonia di benvenuto con un discorso del Papa. Nel pomeriggio alle ore 17.30  vi sarà un primo incontro con il presidente del Governo, nella nunziatura apostolica; quindi un evento al centro di questa visita: l’incontro fissato alle 18.45 con i giovani nella Base aerea de Cuatro Vientos, cui Giovanni Paolo II rivolgerà un discorso.

 

La seconda giornata del viaggio, domenica 4 maggio si aprirà con la celebrazione della Santa Messa alle ore 10 nella Plaza de Colòn a Madrid, presieduta dal Santa Padre, con le previste canonizzazioni; a mezzogiorno quindi Giovanni Paolo II reciterà il Regina Coeli, prima dell’incontro e del pranzo nella nunziatura con i cardinali di Spagna, i membri del Comitato esecutivo della Conferenza episcopale spagnola e i porporati ed i presuli del seguito papale. Quindi l’Incontro, sempre nella nunziatura, alle ore 17, con i Reali di Spagna, che chiuderà gli impegni pubblici del Papa, prima di recarsi all’aeroporto di Madrid-Barajas per lasciare la Spagna alla ore 18.15 ed arrivare allo scalo romano di Ciampino alle ore 21.15.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Una popolazione allo sbando” è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento alla grave instabilità in Iraq dopo la caduta del regime.

Sempre in prima, un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo: “Con affetto confidente...”; 13 aprile: i giovani celebrano con il Papa la Domenica delle Palme, XVIII Giornata Mondiale della Gioventù, portando nel cuore le parole del toccante atto di affidamento a Maria levatosi giovedì in Piazza San Pietro

 

Nelle vaticane, Congregazione delle Cause dei Santi: promulgazione dei decreti.

Un articolo sul solenne Atto Accademico - presieduto dal cardinale Angelo Sodano - per il quarantesimo anniversario della “Pacem in Terris”.

Una pagina in occasione della Domenica delle Palme.

Una pagina dal titolo: "18 maggio 2003: la canonizzazione della beata Maria De Mattias”.

 

Nelle pagine estere, l’approfondimento dell’aspetto umanitario e diplomatico in relazione alla situazione irachena.

Repubblica Democratica del Congo: cinque anni di guerra hanno provocato oltre tre milioni di morti.

Cuba: fucilati tre sequestratori di un traghetto.

 

Nella pagina culturale, ricordo di Tommaso Federici ad un anno dalla morte: i contributi del vescovo Vincenzo Apicella e di Paolo Miccoli. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena.

In rilievo il tema della sanità. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 aprile 2003

 

 

 

IN PRIMO PIANO IN IRAQ IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA

MENTRE PROSEGUONO A BAGHDAD E NELLE ALTRE CITTA’ SACCHEGGI E VANDALISMI.

SUL PIANO DIPLOMATICO, RUSSIA, FRANCIA E GERMANIA CHIEDONO PER L’ONU

UN RUOLO CENTRALE NEL DOPOGUERRA IRACHENO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

E’ un Paese “assediato” dai suoi stessi abitanti, l’Iraq. Da Mossul, a nord, a Bassora, a sud, passando per Baghdad, le immagini televisive hanno mostrato in tutto il mondo uno scempio fatto di rapine e saccheggi, di uccisioni sommarie e di vendette, che da tre giorni stanno portando distruzione e degrado dove nemmeno le bombe avevano osato. Non solo i palazzi di un potere ormai scomparso vengono smantellati pezzo a pezzo, ma persino gli ospedali e le abitazioni private. Ieri il vandalismo ha perfino violato le stanze del Museo archeologico di Baghdad. Di poche ore fa è la notizia che la polizia irachena e i reparti militari statunitensi sono intenzionati a collaborare per riportare l’ordine a Baghdad. Dalla capitale irachena, l’ultimo aggiornamento della collega di Mediaset, Anna Migotto:

 

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R. – Purtroppo, la città è ancora sotto saccheggio. Anche questa mattina sono in corso ruberie in diverse parti della città, e ancora le truppe americane non riescono a tenere sotto controllo la situazione, anche se abbiamo visto che alcuni carri armati sono stati posizionati a difesa, per esempio, di ospedali. L’episodio che sicuramente ha molto colpito tutti è stato il saccheggio al museo: in realtà, la notizia è trapelata ieri ma era almeno dall’altro ieri che erano in corso saccheggi. Questa mattina siamo entrati nel caveau del museo dove erano state nascoste la gran parte delle opere: i ladri sono penetrati anche nel caveau, distruggendo davvero beni preziosissimi e antichissimi. Davvero è andato perduto un patrimonio che non era solo di questo Paese ma dell’intero mondo. Comunque, la maggior parte dei cittadini di Baghdad sta ancora chiuso in casa perché le folle dei ladri, che non vogliono nemmeno essere chiamati così, perché dicono: “Ci riprendiamo quello che era nostro”, in realtà terrorizzano tutte le persone che non sono andate in giro a rubare.

 

D. – Questi ‘razziatori’, per non chiamarli ‘ladri’, chi sono: gente comune o c’è criminalità organizzata?

 

R. – Io credo che l’80 per cento sia gente comune, disperata e povera.

 

D. – Qual è la situazione umanitaria negli ospedali, e poi quella di luce, acqua, cibo?

 

R. – Ieri abbiamo visto qualche organizzazione non governativa arrivare, anche organizzazioni come Médecins sans frontière; anche dal punto di vista alimentare ci sono grossi problemi; la situazione degli ospedali è disperata perché non avevano nulla prima e dopo i saccheggi di questi giorni hanno ancora meno. L’ultima notizia è che qui di fronte all’hotel Palestine stanno arrivando decine e decine di persone perché la radio ha rivolto un appello a chiunque fosse in grado di svolgere certi lavori, ad esempio ingegneri, persone che siano in grado di ristabilire l’afflusso di energia e di acqua; c’è una lunghissima coda di fronte al Palestine di professionisti, sono qui per candidarsi per poter lavorare per restituire un minimo di dignità a questa città.

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Intanto, da Amman, il coordinatore dell'Onu per gli aiuti umanitari per l'Iraq, Ramiro de Oliveira Lopes da Silva, ha detto oggi che le Nazioni Unite sono “estremamente preoccupate per l'anarchia e il caos” in Iraq e temono che il prossimo sviluppo sia una situazione di “resa dei conti”. Sul fronte umanitario, le principali agenzie hanno finalmente maggiore libertà di movimento. A Baghdad è giunto un convoglio di Emergency, guidato dal fondatore Gino Strada. Poco fa, Benedetta Capelli ha raggiunto telefonicamente Pietro Gigli, dell’Associazione Terre des Hommes:

 

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Io ne ho girati tre di ospedali, questa mattina. Il primo lo conoscevo da molti giorni, era quello più attrezzato. I chirurghi medici lì sono presenti. Non è stato saccheggiato, e quindi è un ospedale che funziona. Nel secondo, l’Al Kindi, quello che era l’ospedale per le emergenze, oggi è tornato del personale, ma manca totalmente di nafta per far andare i generatori. Quindi, non accettano pazienti, perché non possono far nulla. I pochi che avevano nei giorni scorsi sono tornati a casa per la questione della sicurezza. Quindi, loro tentano disperatamente di rifarlo funzionare. Al terzo, che è vicino agli alberghi dei giornalisti, oggi gli americani hanno mandato sei soldati, un blindato, che hanno messo ad un angolo, e della nafta. Quindi possono far andare i generatori. Hanno l’elettricità però manca loro  l’équipe chirurgica, manca loro per esempio un anestesista e delle infermiere. Hanno soltanto nove feriti e quindi anche loro sono quasi non operativi.

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Saddam Hussein “è morto”. La notizia, diffusa oggi dalla Cia sulla base di intercettazioni telefoniche fra alti esponenti del decaduto regime iracheno, è rimbalzata nella notte in Italia. Una notizia che ha ancora bisogno di verifiche, mentre su Tikrit – città natale del raìs – piovono le bombe di quello che viene ritenuto l’ultimo atto della seconda Guerra del Golfo. Ma quante probabilità ha di risultare vera la notizia sulla quale sta lavorando l’intelligence statunitense? Il parere di un esperto, il giornalista del Corriere della sera Guido Olimpio:

 

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R. – Io direi un 50 per cento. Il fatto che ci sono state queste conversazioni captate dalla Cia, non significa necessariamente che sia morto. Potrebbe essere che alcuni elementi del regime abbiano questa sensazione, in quanto la catena di comando e controllo, come viene definita, è saltata da tempo.

 

D. – Da parte americana cosa significa la diffusione pubblica di queste informazioni?

 

R. – Probabilmente, visto che ormai gli americani hanno un controllo abbastanza generalizzato del Paese, dicendo che è morto, sperano di indurre Saddam, in qualche modo a farsi vedere o a comunicare con i suoi e dire “no, io sono ancora qui, preparo l’ultima resistenza”. E’ una specie di ultima pressione che gli americani stanno facendo su quello che resta del regime.

 

D. – Quindi, al di là delle dichiarazioni di Bush a Rumsfeld agli Stati Uniti interessa prendere Saddam?

 

R. – Ma, io ritengo di sì. Chiaro che l’Iraq ormai è preso, però se Saddam rimanesse in vita o comunque non venisse catturato, potrebbero esserci dei problemi perché ben sappiamo che in Iraq Saddam conta ancora molti seguaci ed io ritengo che gli americani non vogliono trovarsi di fronte ad un altro Osama Bin Laden. E quindi è necessario in qualche modo anche fisicamente prendere Saddam e poi magari farlo processare agli stessi iracheni.

 

D. – Se Saddam fosse ancora vivo, chi potrebbe ospitarlo?

 

R. – Qualcuno ha pensato alla Siria, ma in questa fase i Paesi arabi sono sotto pressione, quindi è difficile che lo possano ospitare. Ritengo probabile Mosca o qualche altro Paese, un Paese africano … cioè, qualcosa di remoto, di non troppo vicino all’Iraq perché ci sarebbe sempre il sospetto che Saddam organizzi, piloti una qualche forma di resistenza alla presenza americana.

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         A nord, Kirkuk e Mossul continuano ad essere teatro di violenza urbana. A Mossul, in particolare, arabi iracheni armati e guerriglieri curdi peshmerga hanno inscenato sparatorie, secondo quanto riferito da testimoni oculari. Sul terreno, secondo fonti ospedaliere locali, sarebbero rimasti 15 morti e 200 feriti.

 

         Dal punto di vista diplomatico, intanto, in primo piano c’è il vertice di San Pietroburgo, che riunisce i Paesi del cosiddetto “fronte del no” alla guerra: Russia, Francia e Germania. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Una due giorni baltica utile per riordinare le idee e concordare le posizioni. Da San Pietroburgo il messaggio di Putin, Chirac e Schröeder è chiaro, l’Onu deve tornare ad avere un ruolo centrale nell’Iraq del dopo-guerra. Le Nazioni Unite vanno riformate secondo le procedure del Diritto internazionale. In giro per il mondo non vi sono altri casi analoghi a quello iracheno da ritenere necessario un intervento armato. La trojka vuole mettere le mani avanti. Troppe le voci su una nuova campagna alleata contro la Siria o l’Iran. “Occhio” ha sottolineato Putin “a voler esportare il modello democratico occidentale in altri Paesi con diverse tradizioni”. Secondo il capo del Cremlino gli obiettivi della campagna militare alleata in Iraq rimangono vaghi. Dove sono le armi di distruzioni di massa di cui doveva essere in possesso Saddam? Senza gli ispettori dell’Onu, ha segnalato il leader russo, l’eventuale ritrovamento di armi di distruzione di massa, non potrà essere legittimato. Al momento attuale le priorità in Iraq sono tre: ricostruzione, pacificazione ed aiuto umanitario. Sia Putin che Schröder sono contrari ad una nuova Yalta, con la divisione dell’Iraq in zone di influenza. Chirac ritiene necessario che sia il momento che gli Israeliani e i Palestinesi tornino a trattare e questo per il Medio Oriente sarebbe un segnale molto importante.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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UN FUTURO DI PACE ATTRAVERSO L’UNITA’ DELLA CHIESA:

QUESTO L‘INVITO DELLE “SENTINELLE DEL MATTINO”

ALLE COMUNITA’ CRISTIANE D’AMERICA

 

Una lettera indirizzata alle Chiese cristiane degli Stati Uniti per chiedere di aderire all’appello per la pace. A scriverla le maggiori associazioni e i movimenti cattolici italiani riuniti ne “le Sentinelle del Mattino”, che ieri, nella Sala Marconi della nostra Radio. Qui hanno presentato il testo che invieranno alle comunità oltreoceano. In esso si chiede l’impegno a collaborare per l’educazione alla pace, non dimenticando gli altri conflitti che affliggono il mondo. Il servizio di Benedetta Capelli:

 

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Siamo convinti che il bene supremo sia la pace, che la morte si vince con la vita e che non si possa instaurare la democrazia con l’uso della violenza, della forza e delle armi. Sono queste le parole con cui le “Sentinelle del mattino” si rivolgono alle comunità cristiane degli Stati Uniti. Un invito a lavorare in amicizia ed in concordia affinché sia possibile far nascere la cultura delle pace. A confermarlo Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli.

 

“Creare dei ponti anche tra il Cristianesimo, l’Islam, è fondamentale se vogliamo un mondo un po’ più pacifico. Dire ‘no’ alla guerra non è facile, ma dire di ‘sì’ alla pace è molto più difficile, perché richiede pazienza, gradualità, intelligenza e rimettersi veramente in gioco per costruire qualche cosa di positivo”.

 

La lettera invita ad un patto di fraternità universale, superando infatti l’unilateralità della nostra ottica si potrà diventare costruttori di pace. Di questo avviso Fabio Protazoni del coordinamento nazionale “Sentinelle del mattino”:

 

“Io sono stato a Porto Alegre quest’anno e ho visto l’umanità riunita. Le facce, i visi, le esperienze, le razze, ma li ho visti uniti. E’ un elemento di grandissima novità sulla quale credo noi abbiamo una responsabilità avendo nel cuore una fede che fa poi dell’unità l’elemento maggiore. Il cristianesimo è una fede che porta fuori, che fa lasciare le tende per andare nel mondo”.

 

Facendo proprio l’invito del Papa, le Associazioni coinvolte nella stesura di questa lettera ribadiscono la necessità di non dimenticare le altre guerre in corso nel mondo. L’appello di Sergio Marelli, direttore generale della “Focsiv - Volontari nel mondo”:

 

“Migliaia di morti al di là dell’Iraq continuano ad essere sotto la violenza e la forza di chi vuole ancora risolvere le questioni internazionali con la legge del più forte: in Congo, in Indonesia, in Sri Lanka, in Colombia, in Sierra Leone, in Liberia e l’elenco purtroppo è drammaticamente molto lungo. Noi non ci siamo dimenticati e i nostri volontari sono in tutte queste situazioni”.

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CHIESA E SOCIETA’

12 aprile 2003

 

 

LA PROMOZIONE DELLA PACE NEL MARTORIATO MEDIO ORIENTE.

E’ QUESTO IL MOTIVO DEL PELLEGRINAGGIO DI UNA DELEGAZIONE

DELLA CARITAS ITALIANA, GIUNTA IERI A GERUSALEMME

 

GERUSALEMME. = “Gran parte della popolazione irachena resta chiusa in casa perché c’è ancora tanta paura, soprattutto a causa dei saccheggi nelle sedi istituzionali e nei quartieri residenziali”. Lo afferma Hanno Schafer, dell’Ufficio di collegamento della rete Caritas ad Amman. Occorre adesso ridare fiducia e sicurezza ad un popolo oppresso per troppo tempo dalla dittatura e dall’embargo. Sono queste le priorità per poter consentire l’afflusso regolare degli aiuti umanitari. La Caritas ha finora continuato ad operare all’interno dell’Iraq con 14 Centri sparsi tra Mosul, Kirkuk, Baghdad e Bassora. La Caritas Italiana, facendo eco alle parole del Papa, continua a lavorare per costruire una cultura di pace e dare voce al dialogo perché trovi spazio in tutti i conflitti: dall’Africa, da dove purtroppo continuano a giungere notizie di massacri, alla martoriata Terra Santa. A Gerusalemme è giunta ieri una delegazione della Caritas italiana guidata dal direttore mons. Vittorio Nozza. Il pellegrinaggio costituisce un segno di vicinanza alla Caritas di Gerusalemme, che coordina la distribuzione degli aiuti e la realizzazione degli interventi in favore della popolazione locale. Il programma della visita della delegazione della Caritas prevede gli incontri con il Patriarca Latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, e con il delegato apostolico a Gerusalemme, mons. Pietro Sambi. L’iniziativa costituisce un’occasione per unire le voci nella preghiera e chiedere a Dio il dono della pace. Quella pace di cui esattamente quarant’anni fa Papa Giovanni XXIII, nell’enciclica “Pacem in Terris”, ribadiva i pilastri fondativi: verità, giustizia, amore e libertà. (A.L.)

 

 

E’ STATO DIFFUSO IERI A GINEVRA UN RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL

SULLA PENA CAPITALE. NEL 2002 PIÙ DI 4 PERSONE SONO STATE UCCISE OGNI GIORNO PER ORDINE DELLO STATO

 

GINEVRA. = Nel 2002, più di quattro persone al giorno sono state uccise per ordine dello Stato in 31 Paesi. E’ questo uno dei dati più significativi emersi dal rapporto annuale di Amnesty International sulla pena capitale, pubblicato ieri a Ginevra. La Cina, con più di mille casi, è il Paese con il maggior numero di esecuzioni. Il movimento per la difesa dei diritti umanitari ha chiesto alla Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani di avviare, durante la sessione annuale, un’azione incisiva contro la pena di morte e di ottenere una moratoria universale sulle esecuzioni. "Gli Stati – si legge nel documento - devono rispettare il diritto internazionale e le Nazioni Unite devono adottare misure concrete per proteggere coloro che rischiano la pena di morte". Amnesty ha precisato che i dati forniti sono relativi ai soli casi conosciuti. È impossibile infatti fornire il totale completo, poiché molti Paesi mantengono volutamente segreto il numero effettivo delle esecuzioni. In molti casi la pena di morte è stata applicata in palese violazione delle disposizioni del diritto internazionale e vi sono state condanne a morte inflitte dopo processi irregolari. Nel rapporto non mancano comunque le note positive. Amnesty ha accolto favorevolmente le decisioni del presidente della Tanzania di commutare le condanne a morte di 100 persone. Una sospensione delle esecuzioni è stata annunciata in Guatemala, nelle Filippine e nel Maryland, negli Stati Uniti. Nel Kirghizistan, nel gennaio 2003, il presidente ha annunciato la proroga di un altro anno della moratoria sulla pena capitale. Un’altra novità positiva del 2002 riguarda la nascita di una Coalizione mondiale contro la pena di morte. La Coalizione si sta battendo per l’abolizione universale della pena capitale. "La pena di morte – conclude Amnesty International - costituisce una violazione del diritto alla vita ed è giunto il momento di liberarsi di questa barbara pena per sempre". (A.L.)

 

 

I MILITARI DELL’ESERCITO BIRMANO ABUSANO DI DONNE APPARTENENTI

A MINORANZE ETNICHE. E’ QUESTA LA DENUNCIA DI REFUGEES INTERNATIONAL

 

YANGON. = Refugees international, l’organizzazione statunitense impegnata nell’assistenza ai profughi in tutto il mondo, ha denunciato un ennesimo episodio di abusi sessuali compiuto dall’Esercito birmano nei confronti di donne appartenenti a minoranze etniche locali. La conferma è arrivata in seguito ad un’inchiesta portata a termine dell’organizzazione umanitaria, sulle appartenenti a 5 gruppi etnici residenti in Myanmar (ex Birmania) ed ospiti nei campi profughi in Thailandia. Dall’indagine sono emersi 43 casi di stupro, confermati da testimoni oculari. Quasi un terzo degli abusi è stato compiuto da alti ufficiali dell’Esercito e soltanto in due casi i colpevoli hanno ricevuto una qualche forma di sanzione. Inoltre, sempre secondo l’inchiesta del gruppo statunitense, il 75 per cento delle intervistate ha detto di conoscere donne che hanno subito violenza. È da tempo che varie associazioni in difesa dei diritti umani accusano i militari birmani di questo genere di abusi. Già nel 2002 un rapporto di Amnesty international aveva incolpato l’Esercito di torture, estorsioni, confische delle terre e imposizione di lavori forzati, soprattutto nei confronti delle etnie shan, mon e karen. Le autorità birmane, però, hanno sempre smentito ogni accusa. (S.C.)

 

 

“L’AMORE È CONTAGIOSO, NON IL MORBO DI HANSEN”.

E’ LA FRASE CHE CONTINUA A RIPETERE PADRE LOUIS MARIA URIBE,

IL FRANCESCANO SPAGNOLO CHE DA 23 ANNI ASSISTE I MALATI DI LEBBRA

NELLA CONTEA DI SANCHEONG, IN COREA

 

JINJU. = “L’amore è contagioso, non il morbo di Hansen”. E’ la frase che continua a ripetere padre Louis Maria Uribe, il francescano spagnolo che da 23 anni assiste i malati di lebbra nella contea di Sancheong, in Corea. Il presidio attualmente ospita 252 pazienti, tra cui diversi bambini, ed oltre all’assistenza si preoccupa di dare degna sepoltura ai defunti. “Negli ultimi anni ho lavato e rivestito circa cinquecento salme e le loro ceneri sono conservate nella nostra cappella” racconta il sessantasettenne sacerdote. Fondato nel 1959, il lebbrosario la “Casa del Sacro Cuore” di Sancheong, dispone di un centro anziani, di una chiesa, di un convento, di un ospedale e di un centro culturale. Nel prossimo futuro, si avvarrà anche di una struttura per disabili malati di lebbra. La maggior parte degli ospiti è cattolica e tanti si sono convertiti dopo il ricovero. Per il prezioso servizio prestato al fianco dei malati, padre Uribe ha ricevuto lo scorso dicembre l’Asan welfare foundation’s social service award, un riconoscimento di 20 milioni di won, circa 16mila dollari, destinato alle persone particolarmente impegnate nell’assi-stenza sociale. Il francescano ha utilizzato il denaro per la costruzione di una scuola per bimbi affetti dal morbo. (D.D. – A.L.)

 

 

UN ACCORDO SOTTO L’EGIDA DELL’UNICEF TRA LE ‘TIGRI’ TAMIL

ED IL GOVERNO DELLO SRI-LANKA

SUL REINSERIMENTO DEI BAMBINI COINVOLTI NEL CONFLITTO

 

 

COLOMBO. = I ribelli per la liberazione della patria “Tamil” e l’Esercito dello Sri-Lanka, dopo due giorni di colloqui, sono giunti ieri all’accordo per attuare un programma redatto dall’Unicef per l’assistenza e il reinserimento sociale dei bambini soldati coinvolti nel conflitto separatista. Le ‘Tigri’ hanno inoltre ribadito il loro impegno a non arruolare altri minorenni, una clausola che fa parte dei negoziati in corso per arrivare alla pace dopo quasi venti anni di guerriglia. Lo scorso febbraio, rappresentanti dell’Unicef in missione nella zona nordorientale dello Sri-Lanka avevano riscontrato che i ribelli continuavano a rapire bambini allo scopo di utilizzarli in combattimento, malgrado il cessate il fuoco annunciato un anno prima. Ma i rappresentanti delle ‘Tigri Tamil’ sostengono che gli eventuali casi di reclutamento forzato tra i minori sono stati compiuti da giovani elementi indisciplinati. (S.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 aprile 2003

 

 

- A cura di Alessandro Gisotti e Stefano Cavallo -

 

 

La Nigeria, il più popoloso Paese africano, vota oggi per il rinnovo del parlamento nazionale. Sono chiamati alle urne 61 milioni di persone – su 127 milioni di abitanti – che dovranno scegliere i candidati in una rosa di 30 partiti. Favorito è quello del presidente in carica, Obasanjo. Seguiranno, il 19 aprile, le elezioni presidenziali, quindi, il 3 maggio, quelle per le assemblee locali. Una tornata elettorale particolarmente rilevante - in un Paese afflitto da una violenza endemica – come conferma al microfono di Sergio Centofanti padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia Misna:

 

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R. – E’ il primo appuntamento con le urne da quando la Nigeria, nel 1999, è tornata a dotarsi di un’amministrazione civile. Se tutto andrà bene, si realizzerà così il primo passaggio di poteri da un’amministrazione civile ad un’altra, e questo dai tempi dell’indipendenza ottenuta nel ’60. L’ultima chiamata al voto effettuata da un governo civile fu proprio quella del 1983, un appuntamento che poi successivamente fu segnato da pesanti brogli e che proprio per questo, qualche mese più tardi, portò al primo di una lunga serie di colpi di Stato.

 

D. – Il voto aiuterà a superare i contrasti causati dall’introduzione della Sharìa in numerosi Stati del nord della Nigeria?

 

R. – C’è da augurarselo, anche se lo scenario è molto, molto complesso. Vi è sicuramente una frattura tra gli Stati del Nord che sono sostanzialmente di tradizione islamica, e quelli del Sud che sono di tradizione cristiana.

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Sono stati fucilati ieri all’alba tre degli undici cubani che lo scorso 2 aprile avevano sequestrato il traghetto ‘Baragua’, partito da L’Avana con a bordo una quarantina di turisti, per dirottarlo verso la Florida. Le autorità di Cuba hanno dichiarato di aver sottoposto a un processo, definito ‘sommario’, i responsabili del sequestro e di averli condannati per “gravi atti di terrorismo”. Quattro complici sono stati condannati all’ergastolo, un altro a 30 anni di reclusione. L’esecuzione è stata duramente condannata dal Comitato permanente dei vescovi cattolici cubani. “Nessuno – hanno dichiarato – può ritenere la pena di morte quale mezzo di soluzione contro atti di delinquenza”. In una nota, riportata dall’agenzia France Presse, ribadiscono la viva preoccupazione per le severe condanne comminate dal regime di Fidel Castro a numerosi oppositori politici, tra cui giornalisti, intellettuali e attivisti dissidenti.

 

Tappa importante oggi per l’integrazione europea: l’Ungheria è, infatti, chiamata ad esprimersi in un referendum sull’adesione all'Unione nel 2004. A tre ore dall’apertura dei seggi, quasi il 10 per cento degli 8 milioni di elettori si era recato alle urne. Un tasso di affluenza superiore, in termini relativi, sia alle politiche che alle amministrative svoltesi recentemente. Per i sondaggi, la maggioranza sarebbe fortemente favorevole all’adesione. Ma qual è la condizione politica ed economica dell’Ungheria, mentre si appresta all’ingresso nell’Unione Europea? Ci risponde Federico Eichberg del Centro Studi Strategici:

 

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Il processo di adesione ha visto l’Ungheria come uno dei Paesi che maggiormente ha saputo rispondere ai requisiti dell’acquis communitaire, in qualche misura. L’Ungheria si aspetta dall’Unione Europea di poter recitare sicuramente un ruolo di prim’ordine in quei campi in cui l’Unione ha competenza esclusiva, ivi compreso anche il ruolo internazionale. L’Ungheria è un Paese che può avere dall’Unione quel ‘valore aggiunto’ nel recitare un ruolo di maggior rilievo che tradizionalmente questo Paese ha svolto. Sicuramente questo potrà avvenire nella misura in cui i meccanismi che la Convenzione sta fissando consentano a questi nuovi Paesi che entreranno nella prossima primavera, di poter accedere degnamente e quindi svolgere un loro ruolo.

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Giornata elettorale anche a Malta, dove gli elettori sono chiamati a rinnovare i 65 rappresentanti del Parlamento unicamerale. Da queste elezioni si attende una conferma dell’adesione all’Unione europea, votata nel referendum dello scorso 8 marzo dal 53 per cento degli elettori. A contendersi la vittoria sono i due maggiori partiti, laburisti e nazionalisti, che nell'ultima consultazione hanno ottenuto il 51,9 per cento dei suffragi.

 

In Medio Oriente, uno studente universitario palestinese dell’università An-Najah, ne i pressi di Nablus, è stato ucciso stamani dai soldati israeliani mentre cercava di evitare un posto di blocco militare nel nord della Cisgiordania. Lo ha riferito la radio dell' Autorità nazionale palestinese. Sul fronte diplomatico, invece, un emissario del premier israeliano, Sharon, partirà stasera da Tel Aviv alla volta di Washington, per discutere con l’amministrazione americana del processo di pace nella regione messo a punto dal cosiddetto Quartetto (Usa-Ue-Onu-Russia).

 

In Afghanistan, un rudimentale ordigno esplosivo, è esploso stamani a Khost, vicino ad uno dei mezzi militari della task force Nibbio, il contingente italiano di Enduring Freedom. Non ci sono stati né feriti, né danni, mentre - secondo l’agenzia Ansa – i soldati italiani hanno fermato una persona.

 

 

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