RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 102 - Testo della
Trasmissione sabato 12 aprile 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Reso noto il programma del viaggio del Pontefice in Spagna,
il 3 e 4 maggio.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Diffuso ieri a Ginevra un
Rapporto di Amnesty International sulla pena capitale
Nigeria e Malta oggi al
voto per il rinnovo del parlamento nazionale
Condanna dei vescovi di Cuba per la sommaria
esecuzione di tre uomini, autori del dirottamento di una nave
Referendum in Ungheria sull’adesione all’Unione
europea.
12
aprile 2003
“ECCO LA TUA MADRE!”, IL TEMA
DELLA 18.MA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ CHE SI CELEBRA DOMANI IN TUTTE LE
DIOCESI DEL MONDO.
IN
PIAZZA SAN PIETRO ATTESI MIGLIAIA DI RAGAZZI PER ASSISTERE
ALLA
CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE
- Servizio di Maria Di Maggio -
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“Cari giovani, lo sapete: il Cristianesimo non è
un'opinione e non consiste in parole vane. Il Cristianesimo è Cristo! E' una
Persona, è il Vivente! Incontrare Gesù, amarlo e farlo amare: ecco la vocazione
cristiana. Maria vi viene donata per aiutarvi ad entrare in un rapporto più
vero, più personale con Gesù. Con il suo esempio, Maria vi insegna a posare uno
sguardo d'amore su di Lui, che ci ha amati per primo. Con la sua intercessione,
Ella plasma in voi un cuore di discepoli capaci di mettersi in ascolto del
Figlio, che rivela il volto autentico del Padre e la vera dignità dell'uomo”.
Così il Papa, nel Messaggio per la 18.ma Giornata Mondiale
della Gioventù, che si celebrerà domani Domenica delle Palme nelle diverse
diocesi del mondo, ha annunciato il tema della Gmg 2003 “Ecco la tua Madre!”,
scelto in relazione con l’Anno del Rosario. Nel corso della Celebrazione
eucaristica in piazza San Pietro, presieduta dal Santo Padre, i giovani di
Toronto, che Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane in udienza, consegneranno la
Croce delle Gmg ai coetanei di Colonia, la città tedesca sede del prossimo
Incontro mondiale dei giovani nel 2005. Sul significato di questo gesto, ci
parla padre Thomas Rosica, responsabile dell’organizzazione della GMG di
Toronto.
R. – La
nostra fede è concentrata intorno a questa Croce, la Croce che fa parte del
mistero pasquale, la Croce che è al centro di tutta la nostra vita, la Croce
che veramente è un simbolo fortissimo per ogni Cristiano e specialmente per noi
nella Chiesa cattolica. Innalziamo questa Croce domenica, perché tutto il mondo
veda in questa Croce la nostra fede, il simbolo del Risorto, l’uomo della Croce
che è diventato Gesù risorto per noi, fonte della nostra salvezza. Dando questa
Croce ai giovani tedeschi, auguriamo che siano portatori della stessa speranza
di gioia e di pietà delle folle che hanno toccato questa Croce in Canada. Che
sia anche per i tedeschi un segno per il futuro, un segno di gioia, di pace e
di fede.
D. –
Lei è stato il responsabile dell’organizzazione della Gmg di Toronto, che cosa
ha significato per lei questa esperienza?
R. –
Questa esperienza della Gmg è stato un immenso privilegio. E’ stata una fatica,
ho qualche capello grigio adesso dopo la Gmg, ma credo che sia stato un immenso
privilegio, perché ho potuto servire la Chiesa universale. Ho potuto incontrare
gente che non avrei mai conosciuto prima. Veramente ha aperto le finestre sul
mondo per me e mi ha ricordato il senso di essere un Cattolico e del
Cattolicesimo, che è universale. E più universali siamo, più siamo vicini alla
realtà delle Beatitudini.
D. –
Nell’incontro di giovedì scorso con i ragazzi delle diocesi di Roma e del
Lazio, il Santo Padre ha affidato i giovani a Maria affinché diventino
promotori della cultura della pace, oggi quanto mai necessaria. A suo avviso
qual è l’apporto della Gmg in questo senso?
R. –
Credo che il progetto della Gmg è un bel pretesto per tante altre cose e credo
che oggi il mondo, specialmente questo mondo lacerato da divisioni, discordie,
dalla mancanza di pace, ha bisogno della testimonianza della Giornata mondiale
della Gioventù. Vedendo queste scene di guerra in questi ultimi giorni, in
queste ultime settimane, non potevo non pensare alle altre immagini di gioia
dell’estate scorsa sulle rive del lago Ontario, in Canada, ove abbiamo avuto
giovani dell’Iraq, degli Stati Uniti, di tanti altri Paesi nel Medio Oriente.
Tanti giovani dell’Africa erano insieme e si sono conosciuti. E’ stato
bellissimo sentire da quasi ogni Paese, che nella Gmg vediamo una strada verso
il futuro, la fraternità, una strada per la pace, una vera scuola di pace e
giustizia, ed è questa una delle molte ricchezze della Giornata mondiale della
gioventù di Giovanni Paolo II.
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Come già annunciato, domani domenica delle Palme e della
Passione del Signore, il Santo Padre presiederà alla celebrazione eucaristica
in Piazza San Pietro, affollata di giovani. La nostra emittente, a partire
dalle ore 9.50, trasmetterà la radiocronaca in diretta della cerimonia in
lingua italiana, inglese, tedesca e francese, in onda media, in onda corta e in
modulazione di frequenza, e in lingua spagnola e portoghese solo su satellite.
UDIENZE
Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane in udienza il
cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione dei Santi, il
cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Köln in Germania, con il seguito, e
il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Ad incontrare il Papa è stata anche una delegazione di 40 giovani di diverse
diocesi del Canada.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato oggi membri del Consiglio
dell’Ufficio centrale di coordinamento pastorale degli Ordinariati militari,
costituito in seno alla Congregazione per i vescovi: mons. José
Manuel Estepa Llaurens (Spagna), mons. Christian Werner (Austria), mons. Gonzalo De Jesús Maria
del Castillo Crespo (Bolivia), mons. Pablo Lizama Riquelme (Cile), mons. Juraj
Jezerinac (Croazia).
Il Papa ha inoltre nominato nunzio apostolico nella
Repubblica di Macedonia mons. Santos Abril y Castelló, arcivescovo titolare di
Tamada, nunzio apostolico in Slovenia e in Bosnia ed Erzegovina.
Giovanni Paolo II ha infine nominato ausiliare
dell’arcidiocesi di Mercedes-Luján in Argentina mons. Oscar Domingo Sarlinga,
vicario generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare di
Uzali.
L’UMANITA’ FERITA DAL CONFLITTO DELLE ARMI,
ILLUMINATA
DA FIGURE DI ECCEZIONALE LEVATURA SPIRITUALE:
COSÌ
IL CARDINALE SARAIVA MARTINS NELL’ATTO DI PROMULGARE
16
NUOVI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI SANTI
Carlo, imperatore d’Austria e
re di Ungheria, padre di 8 figli. Il suo nome compare tra i 16 servi e serve di
Dio che si stanno avvicinando al traguardo della beatificazione. Questa mattina
infatti, alla presenza del Papa sono stati promulgati i decreti che riconoscono
i miracoli o le virtù eroiche di 10
uomini e sei donne di varie nazionalità: Italia, Spagna, Francia, Olanda e
Austria, vissuti tra il 1800 e la seconda metà del 1900. Quattro sono
sacerdoti, cinque religiosi e sei suore. I fondatori e fondatrici sono nove.
Servizio di Carla Cotignoli.
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“Questa promulgazione dei decreti si svolge mentre l’umanità viene
nuovamente ferita ed umiliata dal conflitto delle armi” – ha detto il cardinale
Josè Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei santi. “Ma
l’ora della prova – ha aggiunto – è rischiarata dall’esempio dei nostri Servi
di Dio che hanno vissuto in se stessi la beatitudine della pace” e “hanno creduto e lavorato per la vera
promozione umana e per la concordia dei popoli”. Il porporato, presentando al
Papa i 16 servi di Dio, ha ripreso le sue parole: “alla pace non si arriva se
non attraverso l’amore”. “E’ quanto hanno vissuto questi uomini e donne”. Ed ha concluso: “Ad essi chiediamo di
intercedere presso Dio “affinché le guerre scompaiano dall’orizzonte
dell’umanità”.
Tra le 16 figure di
eccezionale levatura spirituale, incamminate verso la beatificazione vi è
quella di Carlo imperatore d’Austria e Re di Ungheria. Vissuto a cavallo tra
‘800 e ‘900. Nel 1911 sposa la principessa Zita dei Borboni di Parma. Il giorno
delle nozze le dice: “Ora dobbiamo condurci l’un l’altro in cielo”. Dalla
unione, vissuta nell’amore e nella fedeltà, nascono otto figli. Sale al trono
dopo Francesco Giuseppe, nel 1916, mentre è in corso la prima guerra mondiale.
Uomo di sicura dirittura morale e solida fede, ha cercato sempre il bene del
suo popolo e nella sua azione di governo si ispira alla dottrina sociale della Chiesa. Promuove la giustizia, la
pace, animato da un costante anelito alla santità. Carlo d’Austria è stato
esemplare come cristiano, marito, padre e sovrano. Muore in esilio nell’isola
di Madeira (Portogallo), nel 1922.
Delle altre 15 figure, luminosi
esempi di santità, due lasciarono la patria per svolgere l’attività missionaria
in America Latina. I decreti riconoscono interventi scientificamente
inspiegabili, cioè i miracoli, ottenuti per intercessione di sette servi e
serve di Dio, che negli anni scorsi hanno ottenuto il riconoscimento della
eroicità delle loro virtù cristiane. Mentre nove sono le figure di sacerdoti,
religiose e religiosi di cui è stato riconosciuta ora l’eroicità della loro
vita cristiana, che è stata sorgente di rinnovamento per la Chiesa e la società
del loro tempo.
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I QUARANT’ANNI DELLA PACEM IN
TERRIS:
LA SUA ATTUALE RILETTURA NELLA QUESTIONE IRACHENA
La crisi dell’Onu e la guerra in Iraq: questo lo sfondo
sul quale si è sviluppato ieri il convegno che ha commemorato alla Pontificia
Università Lateranense i 40 anni della Lettera enciclica di Giovanni XXIII
Pacem in terris. Un solenne Atto accademico, presieduto dal cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, ha riletto il documento di Papa Roncalli
alla luce dell’attuale politica dei singoli Stati e degli organismi mondiali,
mettendone in luce la straordinaria attualità. Il servizio di Tiziana Campisi:
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“La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di
tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto
dell’ordine stabilito da Dio”, queste le parole che Giovanni XXIII,
nell’enciclica Pacem in Terris, quarant’anni fa, rivolgeva a patriarchi
e primati, al clero e a fedeli cattolici e per la prima volta nella storia a
tutti gli uomini di buona volontà.
Un documento, quello di Papa Roncalli, che induce gli
organismi internazionali a pensare ad una politica mondiale che assicuri il
bene comune universale. Tale bene, scriveva il Pontefice, pone problemi che
devono essere affrontati e risolti ad opera di poteri pubblici in grado di
operare in maniera efficiente ed imparziale e che non siano strumenti di
interessi particolaristici.
Il quarantesimo anniversario della lettera Pacem in
Terris è stato celebrato ieri con un solenne Atto accademico a Roma alla
Pontificia Università Lateranense. Sui suoi contenuti, riletti nell’attuale
questione irachena, si è espresso l’arcivescovo Renato Martino, Presidente del
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
“Non si può prescindere dall’Onu. L’indebolimento degli
Organismi internazionali potrebbe significare un indebolimento della
consapevolezza di essere un’unica famiglia. Bisogna trovare il modo per cui
tutti gli Stati membri dell’Onu trovino sufficiente garanzia di venir
rispettati nei loro interessi e contemporaneamente che il principio, come dice
la Pacem in Terris, della dignità di tutte le Nazioni e popoli trovi in
un simile contesto ascolto e approvazione”.
Il dialogo e la cooperazione tra i popoli: questi i valori
dell’Enciclica sottolineati da Pierferdinando Casini, presidente della Camera
dei Deputati.
“Questo documento individua nella pace un valore
unificante, un’aspirazione comune a tutte le genti, un obiettivo coerente con
qualunque fede religiosa”.
Il senatore Giulio Andreotti ha tracciato i lineamenti
dell’ambiente socio-politico in cui fu scritto il documento e ha concluso il
suo intervento sottolineando il ruolo dei Pontefici nella storia.
“I Papi non dispongono di truppe, ma hanno le legioni
della carità operante e più in generale possono armare gli spiriti come sta
facendo con una profondità straordinaria Giovanni Paolo II, che appare l’unico
punto fermo in un mondo disorientato e smarrito”.
Una pace preventiva per assicurare la serena convivenza
tra i popoli. Questo ha letto il segretario nazionale della Cisl, Savino
Pezzotta, nel ‘messaggio’ di Giovanni XXIII.
“Il Papa offriva la possibilità di una pace generale. Si
deve pensare che la pace non deve scaturire dalla fine della guerra, ma la pace
deve essere preventiva, non la guerra preventiva, la pace preventiva come
possibilità di evitare il conflitto”.
A concludere il solenne Atto accademico di commemorazione
Giorgio Napolitano, Presidente della Commissione Affari costituzionali del
Parlamento Euro-peo.
“Colpisce la trattazione sistematica di tutti i problemi,
i presupposti, i principi cui è legata la fondazione di un’autentica pace. Si
può dire che vi si trova pienamente disegnata una vera e propria architettura
della pace e dell’ordine mondiale. Un insieme di principi e di concetti a cui
io penso si sia venuto sempre di più ispirando il processo di integrazione
europea”.
I principi espressi nella Pacem in Terris sono
quindi, oggi più che mai, fonte di ispirazione per il futuro dell’umanità.
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RESO NOTO IL PROGRAMMA DEL
PROSSIMO VIAGGIO DEL PAPA IN SPAGNA
- A
cura di Roberta Gisotti -
Dopo 10 anni Giovanni Paolo II torna in Spagna, per la
quinta volta solcherà il suolo iberico. Un viaggio pastorale breve ma intenso:
due giorni per incontrare le autorità civili ed ecclesiali, il popolo, i
fedeli, in particolare i giovani, e presiedere quindi alla beatificazione di
cinque religiosi e religiose spagnoli. L’atteso appuntamento di primavera si
snoderà in due giornate, sabato e domenica 3 e 4 maggio.
“La visita del Santo Padre - scrivono i vescovi spagnoli in un messaggio per l’occasione -
accrescerà senza dubbio la nostra vocazione e il nostro dinamismo apostolico”.
Nella nota intitolata “Sarete miei testimoni” i presuli auspicano che l’arrivo del
Papa rafforzi la fede del popolo spagnolo e contribuisca a dare nuovo slancio
all’evangelizzazione.
Il programma dettagliato del viaggio prevede la partenza
del Santo Padre la mattina del 3 maggio, alle ore 9.30 dall’aeroporto Leonardo
da Vinci di Fiumicino, con arrivo alle 12 nella capitale spagnola allo scalo
Madrid-Barajas, dove si svolgerà la cerimonia di benvenuto con un discorso del
Papa. Nel pomeriggio alle ore 17.30 vi
sarà un primo incontro con il presidente del Governo, nella nunziatura apostolica;
quindi un evento al centro di questa visita: l’incontro fissato alle 18.45 con
i giovani nella Base aerea de Cuatro Vientos, cui Giovanni Paolo II rivolgerà
un discorso.
La seconda giornata del viaggio, domenica 4 maggio si
aprirà con la celebrazione della Santa Messa alle ore 10 nella Plaza de Colòn a
Madrid, presieduta dal Santa Padre, con le previste canonizzazioni; a
mezzogiorno quindi Giovanni Paolo II reciterà il Regina Coeli, prima
dell’incontro e del pranzo nella nunziatura con i cardinali di Spagna, i membri
del Comitato esecutivo della Conferenza episcopale spagnola e i porporati ed i
presuli del seguito papale. Quindi l’Incontro, sempre nella nunziatura, alle
ore 17, con i Reali di Spagna, che chiuderà gli impegni pubblici del Papa, prima
di recarsi all’aeroporto di Madrid-Barajas per lasciare la Spagna alla ore
18.15 ed arrivare allo scalo romano di Ciampino alle ore 21.15.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Una popolazione allo sbando” è
il titolo che apre la prima pagina, in riferimento alla grave instabilità in
Iraq dopo la caduta del regime.
Sempre in prima, un articolo di
Francesco M. Valiante dal titolo: “Con affetto confidente...”; 13 aprile: i
giovani celebrano con il Papa la Domenica delle Palme, XVIII Giornata Mondiale
della Gioventù, portando nel cuore le parole del toccante atto di affidamento a
Maria levatosi giovedì in Piazza San Pietro
Nelle
vaticane, Congregazione delle Cause dei Santi: promulgazione dei decreti.
Un articolo sul solenne Atto
Accademico - presieduto dal cardinale Angelo Sodano - per il quarantesimo
anniversario della “Pacem in Terris”.
Una pagina in occasione della
Domenica delle Palme.
Una pagina dal titolo: "18
maggio 2003: la canonizzazione della beata Maria De Mattias”.
Nelle pagine estere,
l’approfondimento dell’aspetto umanitario e diplomatico in relazione alla
situazione irachena.
Repubblica Democratica del
Congo: cinque anni di guerra hanno provocato oltre tre milioni di morti.
Cuba: fucilati tre
sequestratori di un traghetto.
Nella pagina culturale, ricordo
di Tommaso Federici ad un anno dalla morte: i contributi del vescovo
Vincenzo Apicella e di Paolo Miccoli.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena.
In rilievo il tema della
sanità.
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12
aprile 2003
IN
PRIMO PIANO IN IRAQ IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA
MENTRE
PROSEGUONO A BAGHDAD E NELLE ALTRE CITTA’ SACCHEGGI E VANDALISMI.
SUL
PIANO DIPLOMATICO, RUSSIA, FRANCIA E GERMANIA CHIEDONO PER L’ONU
UN
RUOLO CENTRALE NEL DOPOGUERRA IRACHENO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
E’ un
Paese “assediato” dai suoi stessi abitanti, l’Iraq. Da Mossul, a nord, a
Bassora, a sud, passando per Baghdad, le immagini televisive hanno mostrato in
tutto il mondo uno scempio fatto di rapine e saccheggi, di uccisioni sommarie e
di vendette, che da tre giorni stanno portando distruzione e degrado dove
nemmeno le bombe avevano osato. Non solo i palazzi di un potere ormai scomparso
vengono smantellati pezzo a pezzo, ma persino gli ospedali e le abitazioni
private. Ieri il vandalismo ha perfino violato le stanze del Museo archeologico
di Baghdad. Di poche ore fa è la notizia che la polizia irachena e i reparti
militari statunitensi sono intenzionati a collaborare per riportare l’ordine a
Baghdad. Dalla capitale irachena, l’ultimo aggiornamento della collega di
Mediaset, Anna Migotto:
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R. – Purtroppo, la città è ancora sotto saccheggio. Anche
questa mattina sono in corso ruberie in diverse parti della città, e ancora le
truppe americane non riescono a tenere sotto controllo la situazione, anche se
abbiamo visto che alcuni carri armati sono stati posizionati a difesa, per
esempio, di ospedali. L’episodio che sicuramente ha molto colpito tutti è stato
il saccheggio al museo: in realtà, la notizia è trapelata ieri ma era almeno
dall’altro ieri che erano in corso saccheggi. Questa mattina siamo entrati nel
caveau del museo dove erano state nascoste la gran parte delle opere: i ladri
sono penetrati anche nel caveau, distruggendo davvero beni preziosissimi e
antichissimi. Davvero è andato perduto un patrimonio che non era solo di questo
Paese ma dell’intero mondo. Comunque, la maggior parte dei cittadini di Baghdad
sta ancora chiuso in casa perché le folle dei ladri, che non vogliono nemmeno
essere chiamati così, perché dicono: “Ci riprendiamo quello che era nostro”, in
realtà terrorizzano tutte le persone che non sono andate in giro a rubare.
D. – Questi ‘razziatori’, per non chiamarli ‘ladri’, chi
sono: gente comune o c’è criminalità organizzata?
R. – Io credo che l’80 per cento sia gente comune,
disperata e povera.
D. – Qual è la situazione umanitaria negli ospedali, e poi
quella di luce, acqua, cibo?
R. – Ieri abbiamo visto qualche organizzazione non governativa
arrivare, anche organizzazioni come Médecins sans frontière; anche dal
punto di vista alimentare ci sono grossi problemi; la situazione degli ospedali
è disperata perché non avevano nulla prima e dopo i saccheggi di questi giorni
hanno ancora meno. L’ultima notizia è che qui di fronte all’hotel Palestine stanno
arrivando decine e decine di persone perché la radio ha rivolto un appello a
chiunque fosse in grado di svolgere certi lavori, ad esempio ingegneri, persone
che siano in grado di ristabilire l’afflusso di energia e di acqua; c’è una
lunghissima coda di fronte al Palestine di professionisti, sono qui per candidarsi
per poter lavorare per restituire un minimo di dignità a questa città.
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Intanto, da Amman, il coordinatore dell'Onu per gli aiuti
umanitari per l'Iraq, Ramiro de Oliveira Lopes da Silva, ha detto oggi che le
Nazioni Unite sono “estremamente preoccupate per l'anarchia e il caos” in Iraq
e temono che il prossimo sviluppo sia una situazione di “resa dei conti”. Sul
fronte umanitario, le principali agenzie hanno finalmente maggiore libertà di
movimento. A Baghdad è giunto un convoglio di Emergency, guidato dal
fondatore Gino Strada. Poco fa, Benedetta Capelli ha raggiunto telefonicamente
Pietro Gigli, dell’Associazione Terre des Hommes:
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Io ne ho girati tre di ospedali, questa mattina. Il primo
lo conoscevo da molti giorni, era quello più attrezzato. I chirurghi medici lì
sono presenti. Non è stato saccheggiato, e quindi è un ospedale che funziona.
Nel secondo, l’Al Kindi, quello che era l’ospedale per le emergenze, oggi è
tornato del personale, ma manca totalmente di nafta per far andare i generatori.
Quindi, non accettano pazienti, perché non possono far nulla. I pochi che
avevano nei giorni scorsi sono tornati a casa per la questione della sicurezza.
Quindi, loro tentano disperatamente di rifarlo funzionare. Al terzo, che è
vicino agli alberghi dei giornalisti, oggi gli americani hanno mandato sei
soldati, un blindato, che hanno messo ad un angolo, e della nafta. Quindi
possono far andare i generatori. Hanno l’elettricità però manca loro l’équipe chirurgica, manca loro per esempio
un anestesista e delle infermiere. Hanno soltanto nove feriti e quindi anche
loro sono quasi non operativi.
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Saddam Hussein “è morto”. La notizia, diffusa oggi dalla
Cia sulla base di intercettazioni telefoniche fra alti esponenti del decaduto
regime iracheno, è rimbalzata nella notte in Italia. Una notizia che ha ancora
bisogno di verifiche, mentre su Tikrit – città natale del raìs – piovono le
bombe di quello che viene ritenuto l’ultimo atto della seconda Guerra del
Golfo. Ma quante probabilità ha di risultare vera la notizia sulla quale sta
lavorando l’intelligence statunitense? Il parere di un esperto, il
giornalista del Corriere della sera Guido Olimpio:
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R. – Io direi un 50 per cento. Il fatto che ci sono state
queste conversazioni captate dalla Cia, non significa necessariamente che sia
morto. Potrebbe essere che alcuni elementi del regime abbiano questa
sensazione, in quanto la catena di comando e controllo, come viene definita, è
saltata da tempo.
D. – Da parte americana cosa significa la diffusione pubblica di queste
informazioni?
R. – Probabilmente, visto che ormai gli americani hanno un
controllo abbastanza generalizzato del Paese, dicendo che è morto, sperano di
indurre Saddam, in qualche modo a farsi vedere o a comunicare con i suoi e dire
“no, io sono ancora qui, preparo l’ultima resistenza”. E’ una specie di ultima
pressione che gli americani stanno facendo su quello che resta del regime.
D. – Quindi, al di là delle
dichiarazioni di Bush a Rumsfeld agli Stati Uniti interessa prendere Saddam?
R. – Ma, io ritengo di sì. Chiaro
che l’Iraq ormai è preso, però se Saddam rimanesse in vita o comunque non
venisse catturato, potrebbero esserci dei problemi perché ben sappiamo che in
Iraq Saddam conta ancora molti seguaci ed io ritengo che gli americani non
vogliono trovarsi di fronte ad un altro Osama Bin Laden. E quindi è necessario
in qualche modo anche fisicamente prendere Saddam e poi magari farlo processare
agli stessi iracheni.
D. – Se Saddam fosse ancora vivo, chi potrebbe ospitarlo?
R. – Qualcuno ha pensato alla
Siria, ma in questa fase i Paesi arabi sono sotto pressione, quindi è difficile
che lo possano ospitare. Ritengo probabile Mosca o qualche altro Paese, un
Paese africano … cioè, qualcosa di remoto, di non troppo vicino all’Iraq perché
ci sarebbe sempre il sospetto che Saddam organizzi, piloti una qualche forma di
resistenza alla presenza americana.
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A nord,
Kirkuk e Mossul continuano ad essere teatro di violenza urbana. A Mossul, in
particolare, arabi iracheni armati e guerriglieri curdi peshmerga hanno
inscenato sparatorie, secondo quanto riferito da testimoni oculari. Sul
terreno, secondo fonti ospedaliere locali, sarebbero rimasti 15 morti e 200
feriti.
Dal punto di
vista diplomatico, intanto, in primo piano c’è il vertice di San Pietroburgo,
che riunisce i Paesi del cosiddetto “fronte del no” alla guerra: Russia,
Francia e Germania. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Una due giorni baltica utile per riordinare le idee e
concordare le posizioni. Da San Pietroburgo il messaggio di Putin, Chirac e
Schröeder è chiaro, l’Onu deve tornare ad avere un ruolo centrale nell’Iraq del
dopo-guerra. Le Nazioni Unite vanno riformate secondo le procedure del Diritto
internazionale. In giro per il mondo non vi sono altri casi analoghi a quello
iracheno da ritenere necessario un intervento armato. La trojka vuole mettere
le mani avanti. Troppe le voci su una nuova campagna alleata contro la Siria o l’Iran.
“Occhio” ha sottolineato Putin “a voler esportare il modello democratico
occidentale in altri Paesi con diverse tradizioni”. Secondo il capo del
Cremlino gli obiettivi della campagna militare alleata in Iraq rimangono vaghi.
Dove sono le armi di distruzioni di massa di cui doveva essere in possesso
Saddam? Senza gli ispettori dell’Onu, ha segnalato il leader russo, l’eventuale
ritrovamento di armi di distruzione di massa, non potrà essere legittimato. Al
momento attuale le priorità in Iraq sono tre: ricostruzione, pacificazione ed
aiuto umanitario. Sia Putin che Schröder sono contrari ad una nuova Yalta, con
la divisione dell’Iraq in zone di influenza. Chirac ritiene necessario che sia
il momento che gli Israeliani e i Palestinesi tornino a trattare e questo per
il Medio Oriente sarebbe un segnale molto importante.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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UN
FUTURO DI PACE ATTRAVERSO L’UNITA’ DELLA CHIESA:
QUESTO
L‘INVITO DELLE “SENTINELLE DEL MATTINO”
ALLE
COMUNITA’ CRISTIANE D’AMERICA
Una
lettera indirizzata alle Chiese cristiane degli Stati Uniti per chiedere di
aderire all’appello per la pace. A scriverla le maggiori associazioni e i
movimenti cattolici italiani riuniti ne “le Sentinelle del Mattino”, che ieri,
nella Sala Marconi della nostra Radio. Qui hanno presentato il testo che
invieranno alle comunità oltreoceano. In esso si chiede l’impegno a collaborare
per l’educazione alla pace, non dimenticando gli altri conflitti che affliggono
il mondo. Il servizio di Benedetta Capelli:
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Siamo convinti che il bene supremo sia la pace, che la
morte si vince con la vita e che non si possa instaurare la democrazia con
l’uso della violenza, della forza e delle armi. Sono queste le parole con cui
le “Sentinelle del mattino” si rivolgono alle comunità cristiane degli Stati
Uniti. Un invito a lavorare in amicizia ed in concordia affinché sia possibile
far nascere la cultura delle pace. A confermarlo Luigi Bobba, presidente
nazionale delle Acli.
“Creare dei ponti anche tra il Cristianesimo, l’Islam, è
fondamentale se vogliamo un mondo un po’ più pacifico. Dire ‘no’ alla guerra
non è facile, ma dire di ‘sì’ alla pace è molto più difficile, perché richiede
pazienza, gradualità, intelligenza e rimettersi veramente in gioco per costruire
qualche cosa di positivo”.
La lettera invita ad un patto di fraternità universale,
superando infatti l’unilateralità della nostra ottica si potrà diventare
costruttori di pace. Di questo avviso Fabio Protazoni del coordinamento
nazionale “Sentinelle del mattino”:
“Io sono stato a Porto Alegre quest’anno e ho visto
l’umanità riunita. Le facce, i visi, le esperienze, le razze, ma li ho visti uniti.
E’ un elemento di grandissima novità sulla quale credo noi abbiamo una
responsabilità avendo nel cuore una fede che fa poi dell’unità l’elemento
maggiore. Il cristianesimo è una fede che porta fuori, che fa lasciare le tende
per andare nel mondo”.
Facendo proprio l’invito del Papa, le Associazioni
coinvolte nella stesura di questa lettera ribadiscono la necessità di non
dimenticare le altre guerre in corso nel mondo. L’appello di Sergio Marelli,
direttore generale della “Focsiv - Volontari nel mondo”:
“Migliaia di morti al di là dell’Iraq continuano ad essere
sotto la violenza e la forza di chi vuole ancora risolvere le questioni
internazionali con la legge del più forte: in Congo, in Indonesia, in Sri
Lanka, in Colombia, in Sierra Leone, in Liberia e l’elenco purtroppo è
drammaticamente molto lungo. Noi non ci siamo dimenticati e i nostri volontari
sono in tutte queste situazioni”.
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12
aprile 2003
LA
PROMOZIONE DELLA PACE NEL MARTORIATO MEDIO ORIENTE.
E’ QUESTO IL MOTIVO DEL
PELLEGRINAGGIO DI UNA DELEGAZIONE
DELLA CARITAS ITALIANA, GIUNTA
IERI A GERUSALEMME
GERUSALEMME.
= “Gran parte della popolazione irachena resta chiusa in casa perché c’è ancora
tanta paura, soprattutto a causa dei saccheggi nelle sedi istituzionali e nei
quartieri residenziali”. Lo afferma Hanno Schafer, dell’Ufficio di collegamento
della rete Caritas ad Amman. Occorre adesso ridare fiducia e sicurezza ad un
popolo oppresso per troppo tempo dalla dittatura e dall’embargo. Sono queste le
priorità per poter consentire l’afflusso regolare degli aiuti umanitari. La
Caritas ha finora continuato ad operare all’interno dell’Iraq con 14 Centri
sparsi tra Mosul, Kirkuk, Baghdad e Bassora. La Caritas Italiana, facendo eco
alle parole del Papa, continua a lavorare per costruire una cultura di pace e
dare voce al dialogo perché trovi spazio in tutti i conflitti: dall’Africa, da
dove purtroppo continuano a giungere notizie di massacri, alla martoriata Terra
Santa. A Gerusalemme è giunta ieri una delegazione della Caritas italiana
guidata dal direttore mons. Vittorio Nozza. Il pellegrinaggio costituisce un
segno di vicinanza alla Caritas di Gerusalemme, che coordina la distribuzione
degli aiuti e la realizzazione degli interventi in favore della popolazione
locale. Il programma della visita della delegazione della Caritas prevede gli
incontri con il Patriarca Latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, e con il
delegato apostolico a Gerusalemme, mons. Pietro Sambi. L’iniziativa costituisce
un’occasione per unire le voci nella preghiera e chiedere a Dio il dono della
pace. Quella pace di cui esattamente quarant’anni fa Papa Giovanni XXIII,
nell’enciclica “Pacem in Terris”, ribadiva i pilastri fondativi: verità,
giustizia, amore e libertà. (A.L.)
E’
STATO DIFFUSO IERI A GINEVRA UN RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL
SULLA PENA CAPITALE. NEL 2002 PIÙ
DI 4 PERSONE SONO STATE UCCISE OGNI GIORNO PER ORDINE DELLO STATO
GINEVRA. = Nel 2002, più di quattro persone al giorno sono
state uccise per ordine dello Stato in 31 Paesi. E’ questo uno dei dati più
significativi emersi dal rapporto annuale di Amnesty International sulla pena
capitale, pubblicato ieri a Ginevra. La Cina, con più di mille casi, è il Paese
con il maggior numero di esecuzioni. Il movimento per la difesa dei diritti
umanitari ha chiesto alla Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani di
avviare, durante la sessione annuale, un’azione incisiva contro la pena di
morte e di ottenere una moratoria universale sulle esecuzioni. "Gli Stati
– si legge nel documento - devono rispettare il diritto internazionale e le
Nazioni Unite devono adottare misure concrete per proteggere coloro che
rischiano la pena di morte". Amnesty ha precisato che i dati forniti sono
relativi ai soli casi conosciuti. È impossibile infatti fornire il totale
completo, poiché molti Paesi mantengono volutamente segreto il numero effettivo
delle esecuzioni. In molti casi la pena di morte è stata applicata in palese
violazione delle disposizioni del diritto internazionale e vi sono state
condanne a morte inflitte dopo processi irregolari. Nel rapporto non mancano
comunque le note positive. Amnesty ha accolto favorevolmente le decisioni del
presidente della Tanzania di commutare le condanne a morte di 100 persone. Una
sospensione delle esecuzioni è stata annunciata in Guatemala, nelle Filippine e
nel Maryland, negli Stati Uniti. Nel Kirghizistan, nel gennaio 2003, il
presidente ha annunciato la proroga di un altro anno della moratoria sulla pena
capitale. Un’altra novità positiva del 2002 riguarda la nascita di una
Coalizione mondiale contro la pena di morte. La Coalizione si sta battendo per
l’abolizione universale della pena capitale. "La pena di morte – conclude
Amnesty International - costituisce una violazione del diritto alla vita ed è
giunto il momento di liberarsi di questa barbara pena per sempre". (A.L.)
I MILITARI DELL’ESERCITO BIRMANO ABUSANO DI DONNE
APPARTENENTI
A
MINORANZE ETNICHE. E’ QUESTA LA DENUNCIA DI REFUGEES
INTERNATIONAL
YANGON. = Refugees
international, l’organizzazione statunitense impegnata nell’assistenza ai
profughi in tutto il mondo, ha denunciato un ennesimo episodio di abusi
sessuali compiuto dall’Esercito birmano nei confronti di donne appartenenti a
minoranze etniche locali. La conferma è arrivata in seguito ad un’inchiesta
portata a termine dell’organizzazione umanitaria, sulle appartenenti a 5 gruppi
etnici residenti in Myanmar (ex Birmania) ed ospiti nei campi profughi in
Thailandia. Dall’indagine sono emersi 43 casi di stupro, confermati da testimoni
oculari. Quasi un terzo degli abusi è stato compiuto da alti ufficiali
dell’Esercito e soltanto in due casi i colpevoli hanno ricevuto una qualche
forma di sanzione. Inoltre, sempre secondo l’inchiesta del gruppo statunitense,
il 75 per cento delle intervistate ha detto di conoscere donne che hanno subito
violenza. È da tempo che varie associazioni in difesa dei diritti umani
accusano i militari birmani di questo genere di abusi. Già nel 2002 un rapporto
di Amnesty international aveva incolpato l’Esercito di torture, estorsioni,
confische delle terre e imposizione di lavori forzati, soprattutto nei
confronti delle etnie shan, mon e karen. Le autorità birmane, però, hanno
sempre smentito ogni accusa. (S.C.)
“L’AMORE È CONTAGIOSO, NON IL
MORBO DI HANSEN”.
E’ LA FRASE CHE CONTINUA A RIPETERE
PADRE LOUIS MARIA URIBE,
IL FRANCESCANO SPAGNOLO CHE DA 23
ANNI ASSISTE I MALATI DI LEBBRA
NELLA CONTEA DI SANCHEONG, IN
COREA
JINJU. = “L’amore
è contagioso, non il morbo di Hansen”. E’ la frase che continua a
ripetere padre Louis Maria Uribe, il francescano spagnolo che da 23 anni
assiste i malati di lebbra nella contea di Sancheong, in Corea. Il presidio
attualmente ospita 252 pazienti, tra cui diversi bambini, ed oltre
all’assistenza si preoccupa di dare degna sepoltura ai defunti. “Negli ultimi
anni ho lavato e rivestito circa cinquecento salme e le loro ceneri sono
conservate nella nostra cappella” racconta il sessantasettenne sacerdote.
Fondato nel 1959, il lebbrosario la “Casa
del Sacro Cuore” di Sancheong, dispone di un centro anziani, di una chiesa,
di un convento, di un ospedale e di un centro culturale. Nel prossimo futuro,
si avvarrà anche di una struttura per disabili malati di lebbra. La maggior
parte degli ospiti è cattolica e tanti si sono convertiti dopo il ricovero. Per
il prezioso servizio prestato al fianco dei malati, padre Uribe ha ricevuto lo
scorso dicembre l’Asan welfare foundation’s
social service award, un riconoscimento di 20 milioni di won, circa 16mila
dollari, destinato alle persone particolarmente impegnate nell’assi-stenza
sociale. Il francescano ha utilizzato il denaro per la costruzione di una
scuola per bimbi affetti dal morbo. (D.D. – A.L.)
UN ACCORDO SOTTO L’EGIDA DELL’UNICEF
TRA LE ‘TIGRI’ TAMIL
ED IL GOVERNO DELLO SRI-LANKA
SUL REINSERIMENTO DEI BAMBINI
COINVOLTI NEL CONFLITTO
COLOMBO.
= I ribelli per la liberazione della patria “Tamil” e l’Esercito dello
Sri-Lanka, dopo due giorni di colloqui, sono giunti ieri all’accordo per
attuare un programma redatto dall’Unicef per l’assistenza e il reinserimento
sociale dei bambini soldati coinvolti nel conflitto separatista. Le ‘Tigri’
hanno inoltre ribadito il loro impegno a non arruolare altri minorenni, una
clausola che fa parte dei negoziati in corso per arrivare alla pace dopo quasi
venti anni di guerriglia. Lo scorso febbraio, rappresentanti dell’Unicef in
missione nella zona nordorientale dello Sri-Lanka avevano riscontrato che i
ribelli continuavano a rapire bambini allo scopo di utilizzarli in
combattimento, malgrado il cessate il fuoco annunciato un anno prima. Ma i
rappresentanti delle ‘Tigri Tamil’ sostengono che gli eventuali casi di
reclutamento forzato tra i minori sono stati compiuti da giovani elementi indisciplinati.
(S.C.)
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12 aprile 2003
- A
cura di Alessandro Gisotti e Stefano Cavallo -
La Nigeria, il
più popoloso Paese africano, vota oggi per il rinnovo del parlamento nazionale.
Sono chiamati alle urne 61 milioni di persone – su 127 milioni di abitanti –
che dovranno scegliere i candidati in una rosa di 30 partiti. Favorito è quello
del presidente in carica, Obasanjo. Seguiranno, il 19 aprile, le elezioni
presidenziali, quindi, il 3 maggio, quelle per le assemblee locali. Una tornata
elettorale particolarmente rilevante - in un Paese afflitto da una violenza
endemica – come conferma al microfono di Sergio Centofanti padre Giulio
Albanese, direttore dell’agenzia Misna:
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R. – E’ il primo appuntamento con le urne da quando la
Nigeria, nel 1999, è tornata a dotarsi di un’amministrazione civile. Se tutto
andrà bene, si realizzerà così il primo passaggio di poteri da
un’amministrazione civile ad un’altra, e questo dai tempi dell’indipendenza
ottenuta nel ’60. L’ultima chiamata al voto effettuata da un governo civile fu
proprio quella del 1983, un appuntamento che poi successivamente fu segnato da
pesanti brogli e che proprio per questo, qualche mese più tardi, portò al primo
di una lunga serie di colpi di Stato.
D. – Il voto aiuterà a superare i
contrasti causati dall’introduzione della Sharìa in numerosi Stati del nord
della Nigeria?
R. – C’è da augurarselo, anche se lo scenario è molto,
molto complesso. Vi è sicuramente una frattura tra gli Stati del Nord che sono
sostanzialmente di tradizione islamica, e quelli del Sud che sono di tradizione
cristiana.
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Sono stati
fucilati ieri all’alba tre degli undici cubani che lo scorso 2 aprile avevano
sequestrato il traghetto ‘Baragua’, partito da L’Avana con a bordo una
quarantina di turisti, per dirottarlo verso la Florida. Le autorità di Cuba
hanno dichiarato di aver sottoposto a un processo, definito ‘sommario’, i
responsabili del sequestro e di averli condannati per “gravi atti di
terrorismo”. Quattro complici sono stati condannati all’ergastolo, un altro a
30 anni di reclusione. L’esecuzione è stata duramente condannata dal Comitato
permanente dei vescovi cattolici cubani. “Nessuno – hanno dichiarato – può
ritenere la pena di morte quale mezzo di soluzione contro atti di delinquenza”.
In una nota, riportata dall’agenzia France Presse, ribadiscono la viva
preoccupazione per le severe condanne comminate dal regime di Fidel Castro a
numerosi oppositori politici, tra cui
giornalisti, intellettuali e attivisti dissidenti.
Tappa
importante oggi per l’integrazione europea: l’Ungheria è, infatti, chiamata ad
esprimersi in un referendum sull’adesione all'Unione nel 2004. A tre ore
dall’apertura dei seggi, quasi il 10 per cento degli 8 milioni di elettori si
era recato alle urne. Un tasso di affluenza superiore, in termini relativi, sia
alle politiche che alle amministrative svoltesi recentemente. Per i sondaggi,
la maggioranza sarebbe fortemente favorevole all’adesione. Ma qual è la
condizione politica ed economica dell’Ungheria, mentre si appresta all’ingresso
nell’Unione Europea? Ci risponde Federico Eichberg del Centro Studi Strategici:
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Il processo di adesione ha visto l’Ungheria come uno dei
Paesi che maggiormente ha saputo rispondere ai requisiti dell’acquis
communitaire, in qualche misura. L’Ungheria si aspetta dall’Unione Europea
di poter recitare sicuramente un ruolo di prim’ordine in quei campi in cui
l’Unione ha competenza esclusiva, ivi compreso anche il ruolo internazionale.
L’Ungheria è un Paese che può avere dall’Unione quel ‘valore aggiunto’ nel
recitare un ruolo di maggior rilievo che tradizionalmente questo Paese ha
svolto. Sicuramente questo potrà avvenire nella misura in cui i meccanismi che
la Convenzione sta fissando consentano a questi nuovi Paesi che entreranno
nella prossima primavera, di poter accedere degnamente e quindi svolgere un loro
ruolo.
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Giornata elettorale anche a Malta, dove gli elettori sono
chiamati a rinnovare i 65 rappresentanti del Parlamento unicamerale. Da queste
elezioni si attende una conferma dell’adesione all’Unione europea, votata nel
referendum dello scorso 8 marzo dal 53 per cento degli elettori. A contendersi
la vittoria sono i due maggiori partiti, laburisti e nazionalisti, che
nell'ultima consultazione hanno ottenuto il 51,9 per cento dei suffragi.
In Medio Oriente, uno studente universitario palestinese
dell’università An-Najah, ne i pressi di Nablus, è stato ucciso stamani dai
soldati israeliani mentre cercava di evitare un posto di blocco militare nel
nord della Cisgiordania. Lo ha riferito la radio dell' Autorità nazionale
palestinese. Sul fronte diplomatico, invece, un emissario del premier
israeliano, Sharon, partirà stasera da Tel Aviv alla volta di Washington, per
discutere con l’amministrazione americana del processo di pace nella regione
messo a punto dal cosiddetto Quartetto (Usa-Ue-Onu-Russia).
In Afghanistan, un rudimentale ordigno esplosivo, è
esploso stamani a Khost, vicino ad uno dei mezzi militari della task force
Nibbio, il contingente italiano di Enduring Freedom. Non ci sono stati
né feriti, né danni, mentre - secondo l’agenzia Ansa – i soldati italiani hanno
fermato una persona.
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