RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 100 - Testo della Trasmissione giovedì 10 aprile 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Perché la pace diventi stile di vita: il significato dell’incontro dei giovani con il Papa oggi pomeriggio in Piazza San Pietro, in preparazione alla Giornata mondiale della gioventù nella Domenica delle Palme: ce ne parla mons. Mauro Parmeggiani.

 

Sarà pubblicata Giovedì Santo l’annunciata enciclica “Ecclesia de Eucharestia”.

 

Dichiarazione della Segreteria di Stato sugli ultimi sviluppi della guerra in Iraq.

 

Commemorata oggi e domani alla Pontificia Università Lateranense la Pacem in Terris: con noi il cardinale Roberto Tucci.

 

Nuovo capitolo nella questione elettrosmog. La Corte di Cassazione dichiara legittima la giurisdizione italiana nel processo intentato contro tre dirigenti della Radio Vaticana: nota di padre Federico Lombardi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nel crepuscolo del regime di Saddam Hussein in primo piano le sofferenze della popolazione, mentre proseguono gli scontri e i saccheggi: interviste con Anna Migotto, Barbara Schiavulli, Camille Eid, Roberto Salvan, Boris Biancheri e Vittorio Emanuele Parsi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il ruolo dei cattolici nella politica, al centro della tavola rotonda di ieri nella Pontificia Università della Santa Croce.

 

Nella regione nord orientale di Kelle, in Congo, l’epidemia di Ebola sembra sotto controllo.

 

La dichiarazione dei vescovi dell’Angola ad un anno dalla fine della guerra civile.

 

Impegno dell’Uganda per il ritiro delle truppe dal Congo entro il prossimo 24 aprile.

 

La Camera degli Stati Uniti ha approvato ieri una proposta di legge che vieta l’importazione di diamanti da Paesi in guerra.

 

Medico militare cinese, membro del partito comunista, accusa le autorità di nascondere le reali cifre sulla diffusione della Sars.

 

24 ORE NEL MONDO:

Arafat concede altre 2 settimane ad Abu Mazen per formare il governo dell’ANP, ma sul campo proseguono le violenze.

 

I premiers inglese e irlandese si incontreranno nel pomeriggio con i partiti favorevoli all’accordo di pace per annunciare i particolari di un piano, che mira a restaurare il governo di coalizione nel Nord Irlanda.

 

L’Onu precisa che non sono un migliaio, ma tra 150 e 300 le vittime del massacro interetnico di Ituri, nella Repubblica democratica del Congo.

 

Il Concorde va in pensione entro l’anno: alla base della decisione motivi economici.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 aprile 2003

 

 

PERCHE’ LA PACE DIVENTI SEMPRE PIU’ STILE DI VITA:

Il SIGNIFICATO DELL’INCONTRO DEI GIOVANI OGGI POMERIGGIO COL PAPA,

IN PREPARAZIONE ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’,

LA PROSSIMA DOMENICA DELLE PALME

- Con noi mons. Mauro Parmeggiani -

 

“La pace deve diventare sempre più stile di vita”. Lo ha detto Giovanni Paolo II all’Angelus domenica scorsa, annunciando la Giornata mondiale della Gioventù che si celebrerà domenica prossima, domenica delle Palme. In preparazione di questo importante appuntamento il Papa incontrerà oggi pomeriggio in Piazza San Pietro i giovani di Roma e del Lazio. Un incontro nel segno della preghiera per la pace, che avrà una dimensione fortemente mariana. Musica, danza, testimonianze, saranno incentrate sul tema stesso del messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Gioventù 2003: “Ecco tua madre”. Il Santo Padre farà dono ai giovani della corona del Rosario, una preghiera - che aveva detto agli universitari d’Europa il mese scorso - “può cambiare le sorti del mondo”. Si può affermare che i giovani stanno riscoprendo questa antica preghiera mariana? Risponde, al microfono di Carla Cotignoli, mons. Mauro Parmeggiani, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Roma.

 

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R. – Si, ad esempio, noi tutti i giovedì sera a Sant’Agnese celebriamo la Messa, a cui segue l’Adorazione eucaristica aperta a tutti i giovani e ogni giovedì sera recitiamo anche il Rosario. La chiesa è frequentata non solo da giovani che frequentano la parrocchia, o i vari gruppi, ma anche dai giovani che passano e ringraziano per aver fatto riscoprire questa preghiera. Credo che veramente ci sia un cammino di riscoperta del Rosario. Tanti giovani lo portano con sé, non tanto come amuleto, perché sarebbe triste questo, ma proprio perché vogliono imparare a pregare, ed è una forma semplice di preghiera, molto accessibile per rimanere in comunione con il Signore.

 

D. – Qual è l’attesa della partecipazione da parte dei giovani romani all’incontro di oggi pomeriggio?

 

R. – Credo che ci saranno circa 50 mila persone in Piazza e tanti tanti altri giovani anche non previsti, che si uniranno proprio perché è un modo anche questo di venire a ringraziare il Papa per il grande impegno profuso in questo periodo per le sorti dell’umanità, per la pace tra i popoli e le religioni.

 

D. – Forse proprio in questo momento in cui sta dilagando il timore per quanto sta succedendo in Iraq, c’è una maggiore sensibilità, una maggiore ricerca di preghiera da parte dei giovani …

 

R. – Direi di sì. E’ un fenomeno, questo, che si ripete sempre, nella storia. Quando l’umanità fa l’esperienza sofferta della sua perdita di dignità - la guerra è sempre una perdita di dignità per l’umanità - c’è bisogno di tornare a chi sa dare dignità, al solo che può dare dignità all’uomo, cioè a Cristo, il Principe della pace, della vera pace. Quindi credo che in questi momenti della storia sia forse più facile riscoprire la necessità di appartenere a Dio e di ascoltare la Sua parola, i Suoi insegnamenti, di incontrarsi con Lui e di vivere l’esperienza del rapporto con Lui, perché se si sta con Lui, solo così si può diventare operatori di pace.

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Ricordiamo che l’incontro dei giovani col Papa oggi pomeriggio in Piazza San Pietro, verrà trasmesso in radiocronaca diretta in lingua italiana dalla nostra emittente per la sola zona di Roma, sulle consuete lunghezze d’onda a partire dalle ore 17,10. L’avvenimento potrà essere seguito anche su Rai Uno e Telepace.

 

 

SARA’ PUBBLICATA IL PROSSIMO GIOVEDI’ SANTO

L’ANNUNCIATA ENCICLICA “ECCLESIA DE EUCHARISTIA”

 

Giovedì Santo 17 aprile, nel corso della Messa in Coena Domini, Giovanni Paolo II firmerà la Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia indirizzata ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici, sull’Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa.

 

Il testo della Lettera sarà a disposizione in diverse lingue: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco.

 

 

UDIENZE E NOMINA IN CILE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto stamani in udienza Giuliano Urbani, ministro per i Beni e le Attività culturali dell’Italia, con il seguito; mons. Antonio Cañizares Llovera, arcivescovo di Toledo in Spagna; mons. Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola, e mons. Šašik, amministratore apostolico “ad nutum Sanctae Sedis” di Mukacheve di rito bizantino in Ucraina, con il seguito.

 

Nel corso della mattinata il Santo Padre ha incontrato anche il cardinale vicario Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, accompagnato dal vescovo Giuseppe Betori, segretario generale della Cei.

 

Il Papa ha quindi nominato oggi vescovo prelato di Calama in Cile, Guillermo Patricio Vera Soto, finora parroco della cattedrale della diocesi di Melipilla.

 

 

LA SANTA SEDE AUSPICA CHE QUANTO PRIMA TACCIANO LE ARMI IN IRAQ

ED OFFRE OGNI COLLABORAZIONE IN AIUTO ALLE POPOLAZIONI SOFFERENTI

- A cura di Roberta Gisotti -

 

La guerra in Iraq continua ad occupare un posto di primo piano nelle preoccupazioni della Santa Sede. In una dichiarazione resa nota stamane la Segreteria di Stato alla luce degli “ultimi avvenimenti occorsi a Baghdad, che segnano un'importante svolta nel conflitto irakeno ed una significativa opportunità per il futuro della popolazione, si augura che le operazioni militari in corso nel resto del Paese possano ben presto terminare, al fine di risparmiare altre vittime, civili o militari, ed ulteriori sofferenze a quelle popolazioni.”

 

“Profilandosi, ora, la ricostruzione materiale, politica e sociale dell'Iraq – prosegue la nota della Segreteria di stato - la Chiesa cattolica è pronta, attraverso le sue istituzioni sociali e caritative, a prestare i necessari soccorsi. Così pure le diocesi in Iraq sono disponibili ad offrire le proprie strutture per contribuire ad un'equa distribuzione degli aiuti umanitari.” Infine l’auspicio che ancora una volta “al tacere del fragore delle armi, gli irakeni e la comunità internazionale sappiano cogliere la impegnativa sfida presente, che è quella di far sorgere definitivamente un'era di pace nel Medio Oriente.”

 

 

SOLENNE COMMEMORAZIONE OGGI E DOMANI

ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE

DELL’ENCICLICA PACEM IN TERRIS  DI GIOVANNI XXIII

A 40 ANNI DALLA PROMULGAZIONE

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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Era l’11 aprile 1963 quando Giovanni XXIII promulgava la sua ottava e ultima enciclica il cui incipit così suonava: “La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”. Parole che suonano profetiche nel contesto storico come quello che stiamo vivendo, con le vicende che ci hanno accompagnato in queste settimane e che sembrano conoscere la fine.

 

La Pontificia Università Lateranense, in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, la Fondazione Toniolo e la rivista “La Società”, celebra oggi e domani questa ricorrenza con un solenne atto accademico, inaugurato questa mattina dal Rettore Magnifico, il vescovo Rino Fisichella, e proseguito con la prima sessione presieduta dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

 

La Pacem in Terris fu letta come il testamento di Papa Giovanni e con ragione, ha affermato in apertura dei lavori mons. Fisichella, che ha proseguito: “Oggi la rileggiamo in maniera prospettica perché gli eventi che abbiamo dinanzi possano coinvolgerci con una testimonianza coerente”. Il presule ha rilevato che ritornare a questo insegnamento con l’attenzione dovuta al presente impegna a rileggerne il testo, avendo dinanzi un instancabile magistero di Papi che si sono spesi per la pace: Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, solo per restare nel contesto dei nostri anni, attestano l’impegno perenne della Chiesa nei confronti di un ordine mondiale cosmico, che intende la pace al di là della semplice assenza di guerra.

 

“Mentre oggi diversi e nuovi problemi sollecitano la nostra attenzione e rendono problematico il futuro stesso dell’uomo – ha detto dal canto suo il cardinale Poupard – la guerra torna a segnare il presente e il futuro del nostro mondo”. Ritornano, dunque, di estrema attualità le suggestive parole con le quali Giovanni XXIII concludeva l’enciclica: “Come vicario di Colui che il profetico annuncio chiama il Principe della pace, abbiamo il dovere di spendere tutte le nostre energie per il rafforzamento di questo bene. Ma la pace rimane solo suono di parole, se non è fondata su quell’ordine che il presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto dalla libertà”.

 

Ed ora, al microfono di Rosario Tronnolone, il commento del cardinale Roberto Tucci:

 

“La Pacem in terris è un documento molto vasto, che non si può semplicemente ridurre a quello che il Papa dice in vista di quello che poteva succedere al momento della crisi di Cuba, cioè una guerra nucleare: che ormai la guerra è qualcosa di alieno dalla ragione, come dice il testo latino, ma che comunque non è il metodo, non è il mezzo conforme a giustizia e verità per risolvere i conflitti tra le nazioni. Il documento è molto vasto. Tratta praticamente dei fondamenti della pace e il Papa ha espresso nella stessa intestazione dell’enciclica: ‘La pace fondata sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà’; ma tratta di tutto il panorama dei diritti umani, per esempio. E poi tratta della giustizia, della libertà e della verità da stabilire nei rapporti all’interno delle Nazioni e all’interno delle classi sociali, in seno ad ogni nazione. Ma anche parla soprattutto della giustizia a livello internazionale. Praticamene, è un vero trattato sul bene universale, sul bene comune universale che deve presiedere ai rapporti tra le Nazioni, come fondamento di tutto il lavoro che si può fare per la pace”.

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NUOVO CAPITOLO NELLA QUESTIONE ELLETTROSMOG:

LA CORTE DI CASSAZIONE DICHIARA LEGITTIMA LA GIURISDIZIONE ITALIANA

NEL PROCESSO INTENTATO CONTRO TRE DIRIGENTI DELLA RADIO VATICANA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Il processo contro i dirigenti della Radio Vaticana riguardante la questione del presunto inquinamento elettromagnetico prodotto dalle antenne del Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria dovrà essere celebrato in Italia. Lo ha stabilito ieri la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha annullato la sentenza di non luogo a procedere emessa il 19 febbraio 2002 dalla prima sezione del Tribunale Penale di Roma. La sentenza della Cassazione non ha riconosciuto il difetto di giurisdizione nei confronti di tre dirigenti della nostra emittente - accusati di “getto pericoloso di cose” - accolta invece un anno fa dal Tribunale di Roma. In proposito, ascoltiamo una nota del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:

 

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Il Collegio di difesa della Radio Vaticana, che si era opposto alla richiesta di annullamento della suddetta sentenza, aveva evidenziato l’infondatezza dei motivi di impugnazione addotti dal Pubblico ministero e dalla parte civile, sulla base della natura dell’emittente pontificia quale “ente centrale della Chiesa cattolica” e come tale esente da “ogni ingerenza da parte dello Stato italiano”, secondo l’art. 11 del Trattato del Laterano del 1929.

 

La Radio Vaticana prende atto della decisione della Corte e attende di conoscere la motivazione della sentenza che verrà depositata successivamente.

 

La Radio Vaticana ribadisce in ogni caso di aver tenuto sempre conto delle raccomandazioni internazionali per la protezione della popolazione in materia di emissioni elettromagnetiche e di aver costruttivamente affrontato i problemi connessi con la nuova normativa italiana in sede di Commissione bilaterale tra Stato Italiano e Santa Sede, come dimostrano i risultati delle ripetute misurazioni congiunte attuate dai tecnici italiani e vaticani.

 

La Radio Vaticana auspica dunque che possa essere sgombrato l’orizzonte da accuse ingiuste e infondate nei suoi confronti, e che la sua attività possa continuare con serenità, nel contesto di un responsabile e corretto rapporto con le autorità italiane e con la popolazione circostante, rassicurata sulla assenza di rischi sanitari.

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Per maggiore chiarezza, ricordiamo che la vicenda giudiziaria era iniziata con l’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Roma sul presunto inquinamento da onde elettromagnetiche riguardante il Centro di Santa Maria di Galeria. Allo stesso tempo la questione veniva affrontata correttamente in sede di rapporti internazionali da una Commissione bilaterale Italia-Santa Sede, appositamente istituita nel luglio del 2000. Il 18 maggio 2001, la Santa Sede e il Governo italiano raggiungono un accordo per il controllo e la riduzione delle onde medie emesse dalla Radio Vaticana. Il piano concordato viene concretamente attuato tre mesi più tardi, a partire dal 31 agosto 2001.

 

Nel frattempo, l’iter giudiziario va avanti. Il 20 dicembre 2001 si celebra la prima udienza del processo. Il verdetto giunge il 19 febbraio 2002: il giudice Andrea Calabria del Tribunale di Roma dichiara la Radio Vaticana non processabile, per difetto di giurisdizione della Magistratura italiana. Il 18 giugno, la Commissione bilaterale prende atto ufficialmente che le misurazioni effettuate dagli esperti certificano che i livelli di emissioni sono al di sotto della soglia fissata dal decreto ministeriale in materia.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Rimarginare le ferite” è il titolo che apre la prima pagina: saccheggi e violenze a Baghdad dopo le scene di euforia.

Sempre in prima, con forte evidenza, il titolo “La pace è paziente costruzione di un mondo nuovo”: l’11 aprile 1963 il beato Giovanni XXIII consegnava al mondo l’Enciclica “Pacem in Terris”. Sul significato dell'evento, un contributo di Giorgio Rumi.

Una copia della prima pagina dell’“Osservatore Romano” - giovedì 11 aprile 1963 - con la foto del Papa che firma l'Enciclica.

 

Nelle vaticane, due pagine dal titolo “Attualità della Pacem in Terris”; un’Enciclica “coraggiosa, profetica, impegnativa”.

Il testo della commemorazione tenuta dall'arcivescovo Renato Martino.

Le iniziative per la pace promosse nelle diocesi italiane.

Una pagina dedicata alla figura della serva di Dio suor Alfonsa di Gesù Bambino.

 

Nelle pagine estere, arrivati a Baghdad gli aerei di aiuti per la popolazione stremata dalla guerra.

Medio Oriente: nuovi sanguinosi scontri tra israeliani e palestinesi.

Nella Repubblica del Congo, il virus Ebola ha provocato finora la morte di 120 persone.

 

Nella pagina culturale, un contributo di Morozzo della Rocca dal titolo: “Don Bosco, prete dei giovani”: una documentata biografia scritta da Pietro Braido.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della sanità.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 aprile 2003

 

 

NEL CREPUSCOLO DEL REGIME DI SADDAM HUSSEIN, PROSEGUONO GLI SCONTRI E I SACCHEGGI.

MENTRE RESTANO IN PRIMO PIANO LE SOFFERENZE DELLA POPOLAZIONE,

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE DIBATTE SUL FUTURO DEL PAESE

- A cura di Alessandro Gisotti -

        

Crollano le statue nel crepuscolo del regime di Saddam Hussein e con esse le ultime roccaforti del potere, che per trent’anni ha dominato il popolo dell’Iraq. Dopo la capitolazione di Baghdad, sintetizzata plasticamente dallo schianto della grande statua del raìs nella piazza al Ferdous, in queste ore, le forze alleate - assieme ai peshmerga curdi - hanno preso Kirkuk, importante città del nord. Anche qui, come ieri nella capitale, si assiste a festeggiamenti ma anche a vandalismi, mentre le truppe irachene sembrano non opporre più resistenza. A Baghdad, intanto, dopo la gioia manifestata ieri per la caduta di Saddam e dei suoi simboli, si vivono momenti di incertezza e preoccupazione. Proseguono, d’altro canto, i saccheggi e gli scontri a fuoco in alcune zone della città, come ci spiega da Baghdad, la giornalista Mediaset, Anna Migotto, contattata poco fa da Giada Aquilino:

                  

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R. – Questa mattina c’è stata una grossa battaglia nella grande Moschea. I marines avevano avuto l’ordine di perquisirla perché si sospettava che potesse esservi nascosto Saddam Hussein, o qualche altro personaggio del regime. Quindi hanno tentato di entrarvi e qui sono stati accolti con colpi di mortaio e lanciarazzi. Il bilancio di questa battaglia è di almeno 21 morti tra gli iracheni, ma anche un marine e 20 feriti. Questa mattina abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo a scene incredibili di saccheggi, e i marines hanno dovuto opporsi ad una folla che tentava di entrare nella sede della Croce Rossa. Ma sono state saccheggiate anche l’ambasciata tedesca, il centro culturale francese, i magazzini, qualunque cosa. La gente è terrorizzata dai ladri e dalle bande criminali.

 

D. – Quindi non c’è più traccia dei festeggiamenti di ieri?

 

R. – No, innanzitutto perché la gente è terrorizzata da quello che sta accadendo sul terreno - quindi i saccheggi - e non si sentono protetti dagli americani. La gente quindi torna nelle strade, ma torna per fare delle compere, per vedere com’è la situazione. Non c’è più la stessa contentezza. Io non parlerei di entusiasmo. Oggi sono stata in un ospedale che era stato saccheggiato questa mattina e avevano lasciato solo poche medicine. Addirittura i pazienti in grado di camminare erano fuggiti, terrorizzati da questi gruppi di ladri che entrano,  portano via tutto e sono armati.

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Gli sviluppi sul quadrante settentrionale del conflitto - con la progressiva avanzata dei curdi - sono esaminati con grande attenzione dal governo di Ankara, che teme la nascita di un Kurdistan iracheno indipendente alle porte della Turchia. Il ministro degli Esteri turco, Gul, ha ribadito che sulla delicata questione il suo governo ha una “posizione molto chiara”. Sul fronte sud, intanto, la caduta del regime di Saddam è stata accolta con entusiasmo a Bassora, principale città del sud dell’Iraq. Ce lo conferma, dalla zona, Barbara Schiavulli, raggiunta telefonicamente da Andrea Sarubbi:

 

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R. – E’ un paio di giorni che la gente festeggia, saluta gli americani, stringe le mani, sorride, chiede aiuto, parla male di Saddam. Nei primi giorni, quando noi abbiamo visitato le città  al centro-sud dell’Iraq non era così contenta di parlare, di raccontare. Erano ancora molto, molto impauriti. Certo non sono ancora sicurissimi; finché Saddam non viene trovato restano nel dubbio.

 

D. – In città come è la situazione? E’ tornato l’ordine?

 

R. – Continuano i saccheggi, quindi i militari che ormai considerano tranquilla la zona dal punto di vista militare, stanno cercando di organizzare una autorità locale e una forza di polizia per far sì che la gente si tranquillizzi e torni l’ordine nelle città del sud dell’Iraq.

 

D. – Quali sono gli sviluppi dal punto di vista militare nel sud dell’Iraq?

 

R. – Gli americani mantengono le loro posizioni all’interno della città di Bassora, a Nassirya, tra l’altro stanno arrivano molto velocemente gli aiuti umanitari, domani arriveranno anche degli aiuti italiani che porteranno medicinali e apparecchiature per gli ospedali. Non si spara per ora. Certo stanno molto attenti perché potrebbero esserci sacche di resistenza. Poi ci sono tantissimi prigionieri di guerra.

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Reparti della Guardia Repubblicana che tentano di raggiungere Mossul e Tikrit sono sotto il bombardamento degli aerei anglo-americani. Le operazioni militari si concentrano ora proprio su Tikrit, dove Saddam Hussein potrebbe essersi rifugiato con i suoi fedelissimi. Uno scontro ingaggiato dalle forze speciali americane, mentre da quattro giorni raid aerei stanno colpendo le sedi del regime nella città del nord Iraq. Caduta Baghdad, Tikrit resta dunque l’ultimo caposaldo di Saddam. Un luogo fortemente simbolico, come spiega – al microfono di Debora Donnini – il giornalista libanese Camille Eid, editorialista di Avvenire:

 

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Tikrit costituisce un simbolo per il regime di Saddam Hussein, che non è nato proprio in questa città, ma in un villaggio vicino. Ha dato anche i natali al Saladino, il vincitore dei crociati. E’ la città di origine di molti gerarchi, ministri, capi dei servizi segreti del regime, che hanno preso anche il nome di clan dei tikriti. Quindi sono quelli che più lotteranno per mantenere in piedi il regime, ovviamente non hanno molte speranze di farcela.

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La caduta di Baghdad e l’urgenza di dotare il Paese di nuove autorità, per evitare il dilatarsi del fenomeno dei saccheggi e della violenza urbana, hanno mutato improvvisamente la scena anche per gli uomini delle organizzazioni umanitarie. Oltre al Comitato della Croce Rossa internazionale (Cicr) - che ha ripreso oggi la propria attività a Baghdad, in una situazione definita “caotica” - si muovono nella capitale irachena gli operatori dell’Unicef. Roberto Salvan, direttore generale di Unicef Italia, esprime - nell’intervista di Alessandro De Carolis - la propria soddisfazione per la fine dei bombardamenti, che agevola la macchina della solidarietà, ma anche la preoccupazione per la scarsa sicurezza in cui essa è costretta a muoversi in queste ore:

 

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R. - Quello che cambia con la fine del regime è che, non essendoci più i combattimenti, probabilmente nei prossimi giorni si potranno far giungere gli aiuti anche via aerea e non solo via camion. I nostri operatori, che sono circa 60 a Baghdad, potranno ricominciare a lavorare. Ma certamente c’è da evidenziare un problema di sicurezza, perché bisogna sostituire ad un’autorità che cade un minimo di organizzazione a livello cittadino, che possa sopperire in qualche modo alla mancanza di un governo centrale. Ci auguriamo che fenomeni di sciacallaggio - di aiuti umanitari distribuiti in modo sommario e disordinati così come purtroppo avvengono ancora a Bassora - non vengano ripetuti a Baghdad.

 

D. - In questi giorni si è parlato molto della questione dei primi aiuti umanitari distribuiti dalle Forze armate. Adesso, anche questa situazione dovrebbe cambiare...

 

R. - Ci auguriamo che cambi rapidamente, perché la sofferenza della popolazione, in particolare dei bambini, soprattutto delle persone ricoverate nelle strutture ospedaliere o nei centri nutrizionali, è molto alta. Ci auguriamo che quanto prima le Nazioni Unite e le agenzie umanitarie possano intervenire con la loro struttura e con la loro organizzazione a portare gli aiuti, senza intermediari. Questo affinché gli aiuti arrivino direttamente alle persone e alle famiglie che ne hanno bisogno e perché sia arginato il fenomeno dilagante che vede chi è più prepotente depredare i palazzi o ricevere aiuti in modo disordinato e casuale, senza che si possa verificare in che modo gli aiuti vengano distribuiti.

 

D. - Avete pensato ad un qualche programma per la tutela psicologica dei bambini colpiti da queste settimane di guerra?

 

R. - Sarà uno dei primi interventi che faremo, soprattutto nelle città dove il conflitto è stato più grave. Si tratterà di un intervento lungo, perché dalle esperienze che abbiamo avuto in altri conflitti - nell’ex Jugoslavia, in Rwanda o anche in Sierra Leone - i bambini che soffrono il dramma dei bombardamenti o della guerra, prima di poter recuperare con interventi dosati e adeguati hanno bisogno di due o tre anni.

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Sul piano diplomatico, mentre il segretario di Stato americano, Powell, ha dichiarato che serviranno una o più risoluzioni dell’Onu per definire l’amministrazione ad interim in Iraq, il presidente francese Chirac si è stamani “rallegrato  per la caduta della dittatura di Saddam Hussein”. Capofila del fronte contrario alla guerra, Chirac ha sottolineato la necessità di “creare le condizioni che ridiano al popolo iracheno la sua dignità nella ritrovata libertà”. Dal canto suo, l’ambasciatore iracheno all’Onu, Aldouri, ha detto che ormai “la partita è chiusa”, auspicando che “alla fine della strada gli iracheni si godano la pace che si meritano”. La diplomazia internazionale è perciò già al lavoro per tracciare il futuro dell’Iraq post-bellico. Bush e Blair hanno manifestato, nel recente vertice di Belfast, la volontà di attribuire all’Onu un “ruolo vitale” nella ricostruzione del Paese. Ma, ieri, il vice presidente americano Cheney ha affermato che le Nazioni Unite potranno essere coinvolte solo nella fase degli aiuti umanitari. Resta quindi incertezza sul peso effettivo che l’Onu avrà nel nuovo Iraq. Sulle prospettive della ricostruzione irachena, Giancarlo La Vella ha raccolto il parere dell’ex ambasciatore italiano a Washington, Boris Biancheri, presidente dell’agenzia Ansa:

 

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R. – E’ auspicabile che la partecipazione alla ricostruzione sia politica che economica sia quanto più vasta possibile. Personalmente ho qualche dubbio che la gestione del dopo Saddam sia da parte angloamericana affidata interamente ad una istituzione multilaterale, le Nazioni Unite o altri, perché da che mondo è mondo i vincitori poi gestiscono anche la pace e difficilmente consegnano la gestione della pace a qualcun altro, tanto meno se questo qualcun altro si era opposto alla guerra. Credo, però, che sia saggio cercare di non approfondire questo divario. Rischiamo di rifare la frattura che abbiamo avuto sulla guerra, che sarebbe, secondo me, fatale per l’Europa, che già è molto lacerata e che ha bisogno di ricomporsi e non di dividersi ulteriormente. Secondo me, non deve diventare una contrapposizione Onu contro America

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Si moltiplicano così le dichiarazioni di leader politici, dal ministro degli Esteri francese De Villepin al presidente turco Sezer, che ribadiscono la via dell’Onu quale unica percorribile per un futuro di vera pace in Iraq. Anche il Coordinamento nazionale Sentinelle del mattino, che riunisce decine di organismi cattolici - tra cui Acli, Azione cattolica e Comunita' di sant'Egidio – chiede che la “ricostruzione dell'Iraq” sia affidata alle istituzioni internazionali, “responsabilizzando fin dall'inizio le varie componenti della comunità irachena”. Ma quanto incideranno sui rapporti internazionali gli avvenimenti di ieri a Baghdad, con le truppe americane accolte dalla folla? Lo abbiamo chiesto al prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano:

 

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R. - Sono importanti, così come è importante a mio avviso il fatto avvenuto in questi giorni. La neutralità sostanziale della popolazione irachena nei confronti degli anglo-americani ha convinto i comandi militari che si potesse tentare la spallata finale, correndo qualche rischio in più. Allora, a questo punto, una legittimazione deve arrivare da questo sostegno popolare. E’ chiaro che non bisogna illudersi: la piazza è un indicatore, ma non un indicatore stabile. Bisogna pensare a soluzioni che rafforzino il legame con gli iracheni.

 

D. – Quali potranno essere ora le prossime mosse dei Paesi arabi, di fronte alla liquefazione del regime di Saddam Hussein? Davvero si apre un nuovo capitolo per il Medio Oriente?

 

R. –  Credo che i governi arabi e le popolazioni arabe siano soprattutto scioccate. Tutto sommato contavano, come alcuni dell’opposizione interna in Europa, ad una guerra di lunga durata, ad un impantanamento americano nel Medio Oriente e ad una tenuta maggiore del regime di Saddam. Questo non c’è stato. Si è rivelato persino che un regime al potere dittatoriale da 30 anni, con un controllo radicale, totale sulla popolazione, non è riuscito ad instaurare il minimo sostegno. Quindi, questo è chiaro che faccia dubitare tutti i governi non democratici della propria solidità. Credo che sia un segnale forte, nel dire: o si trova una via autonoma nel democratizzarsi e restaurare un rapporto con la popolazione, oppure questi governi continueranno ad essere stretti tra Scilla e Cariddi, cioè tra la minaccia fondamentalista dell’interno e la minaccia esterna di un intervento dei Paesi occidentali.

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CHIESA E SOCIETA’

10 aprile 2003

 

 

IL RUOLO DEI CATTOLICI NELLA POLITICA E’ STATO IL TEMA DELLA TAVOLA ROTONDA SVOLTASI IERI A ROMA

NELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ DELLA SANTA CROCE

- A cura di Davide Martini -

 

ROMA. = L’impegno dei cattolici nella vita politica è stato il tema di una tavola rotonda svoltasi ieri alla Pontificia Università della Santa Croce, dove sono intervenuti tra gli altri il cardinale Joseph Ratzinger, il senatore Francesco Cossiga, il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, il prof. Paolo Del Debbio e mons. Angel Rodriguez Luno. Gli ultimi sviluppi della situazione irachena hanno ritardato di qualche minuto il dibattito. “Ringrazio Dio – ha detto il cardinale Joseph Ratzinger – che il conflitto si stia concludendo. Gli armamenti di oggi possono distruggere tanti innocenti, come pure è successo. Speriamo – ha concluso – che tutto possa essere limitato”. E’ stato poi con una citazione evangelica, “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, che nel suo intervento Ratzinger ha spiegato il rapporto tra fede e politica. La netta distinzione tra la fede, illuminata dalla rivelazione, e la politica, espressione della ragione comune, non deve portare il cattolico a ridurre la politica ad un mero aspetto tecnico. Se infatti non escludiamo la politica dalla sfera etica, ha sottolineato Francesco Cossiga, si comprende pienamente il concetto di laicità, che significa rispetto di tutti, ma non esclusione della fede dall’impegno politico.  

 

 

L’EPIDEMIA DI EBOLA CHE HA RECENTEMENTE COLPITO LA REGIONE NORDORIENTALE DEL CONGO

SEMBRA SOTTO CONTROLLO. E’ QUESTA LA BUONA NOTIZIA

DATA DAL PORTAVOCE DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE

DELLA CROCE ROSSA, DIDIER REVOL

 

KELLE. = Nella regione nordorientale di Kelle, in Congo, l’epidemia di Ebola sembra sotto controllo. Da diversi giorni infatti non si sono registrati nuovi casi della malattia, che si è sviluppata nel Paese africano a partire dallo scorso mese di gennaio. La buona notizia, che allontana i timori di una crescita incontrollata della terribile febbre emorragica, è stata data dal portavoce della Federazione internazionale della Croce rossa, Didier Revol. Per ora, il bilancio di questa ondata di Ebola si è fermato a 120 decessi su 135 casi accertati. Restano comunque delle preoccupazioni. Centinaia di civili infatti sono fuggiti dai villaggi “epicentro” del contagio cercando rifugio nelle foreste. Secondo la Croce Rossa si sarebbero nutriti di gorilla e scimpanzé da cui, secondo gli esperti, si trasmette il contagio. Per ora gli sforzi delle autorità sanitarie di Brazzaville e dei medici dell’Organizza-zione mondiale per la sanità sembrano aver arginato un’ulteriore pericolosa espansione del terribile virus. Con un’incidenza superiore al 90 per cento, l’Ebola è una delle malattie virali più letali nel mondo. (A.L.)

 

 

LA DICHIARAZIONE DEI VESCOVI DELL’ANGOLA AD UN ANNO

DALLA FINE DELLA GUERRA CIVILE: PER SUPERARE LE DIFFICOLTÀ

OCCORRE PROVVEDERE AI PROFUGHI E PORRE FINE ALLA POVERTÀ

 

LUANDA. = “Per noi Angolani è tempo di costruire una patria prospera per tutti i suoi figli.” Così i vescovi dell’Angola si rivolgono alla nazione in occasione del primo anniversario della pace, firmata l’anno scorso tra il governo e la guerriglia dell’Unione per l’indipendenza totale del Paese. “L’Angola – sostengono i presuli - vive un momento di attesa ma tutti sentiamo in questi giorni un peso nel cuore a causa della guerra nel Medio Oriente”. I vescovi affermano con forza la necessità di risolvere il dramma dei rifugiati interni. “Siamo un paese di rifugiati – hanno aggiunto – e per loro sono stati compiuti grandi sforzi da parte del governo, delle Nazioni Unite e di altri organismi”. Ma lo scenario del Paese africano continua ad essere drammatico. “I campi e le aree assistite dagli organismi internazionali – hanno concluso i vescovi - hanno molte difficoltà. Molte persone vivono con gravi problemi di penuria alimentare e mancanza di assistenza medica”. (S.C.)

 

 

L’UGANDA RITIRERÀ LE PROPRIE TRUPPE DAL CONGO.

E’ QUESTO UNO DEI RISULTATI PIÙ CONCRETI DEL SUMMIT DEI GRANDI LAGHI, SVOLTOSI IERI A CITTÀ DEL CAPO,

A CUI HANNO PARTECIPATO I PRESIDENTI DI UGANDA, RWANDA, CONGO, TANZANIA E SUDAFRICA

 

CITTA’ DEL CAPO. = L'Uganda si è impegnata a ritirare tutte le sue truppe dal territorio della Repubblica democratica del Congo entro il prossimo 24 aprile. E’ questo uno degli effetti immediati del summit dei Grandi Laghi svoltosi ieri a Città del Capo, in Sudafrica. All’incontro hanno partecipato i capi di stato di Uganda, Rwanda, Congo, Tanzania e Sudafrica. "Abbiamo anche telefonato al segretario generale delle Nazioni Unite - ha detto il presidente sudafricano Thabo Mbeki - per richiedere l'invio di forze destinate alla martoriata regione dell'Ituri". Kofi Annan intende trattare la richiesta, secondo Mbeki, come questione urgente. Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha poi spiegato che i suoi militari si trovano in Congo per contrastare "una campagna terroristica molto pericolosa". Nell’incontro con i giornalisti i presidenti dei Paesi intervenuti al summit hanno espresso il loro ottimismo sulle possibilità di una soluzione pacifica delle tensioni che minano i già precari equilibri dell’area dei Grandi Laghi. Nell’incontro di Città del Capo il presidente sudafricano Mbeki ha annunciato, per lunedì prossimo, un ulteriore incontro a Kinshasa. Nel frattempo, un centinaio di “pacchetti di sopravvivenza”, donati dall'Unicef e dall'organizzazione italiana non governativa Cooperazione internazionale (Coopi) sono già stati distribuiti a Drodro dalla Caritas e dalla Missione Onu. (A.L.)

 

 

LA CAMERA DEGLI STATI UNITI HA APPROVATO IERI UNA PROPOSTA DI LEGGE

CHE VIETA L’IMPORTAZIONE DI DIAMANTI DA PAESI IN GUERRA

 

WASHINGTON. = Con 419 voti favorevoli e due contrari, la Camera degli Stati Uniti ha approvato ieri una proposta di legge che vieta l’importazione di diamanti da Paesi in guerra. Si tratta di un passaggio istituzionale necessario perché anche Washington possa aderire all’accordo internazionale “Kimberley process certification scheme”. Il trattato, sostenuto da diverse organizzazioni per i diritti umani e firmato da 35 nazioni, introduce un sistema di certificazione internazionale dei diamanti che dovrebbe mettere fine al traffico di pietre preziose da Paesi come Angola, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo. In questi Paesi lo sfruttamento illegale delle miniere permette infatti ai gruppi dei ribelli di ottenere appoggi e aiuti finanziari da governi stranieri, con la grave conseguenza della perpetuazione della guerra e delle sofferenze dei civili. Per completare il suo iter parlamentare il “Clean diamond trade act”, questo il nome del disegno di legge statunitense, deve ora ricevere l’approvazione anche del Senato, prevista probabilmente per la prossima settimana. (S.C.)

 

 

IL MEDICO MILITARE CINESE YANYON, MEMBRO DEL PARTITO COMUNISTA,

FORNISCE CIFRE NON UFFICIALI SULLA DIFFUSIONE DELLA SARS:

IN UNA LETTERA DIFFUSA IERI, ACCUSA LE AUTORITÀ DI NASCONDERE I DATI REALI

 

PECHINO. = Un medico militare cinese, Jiang Yanyong di 71 anni, membro del partito comunista, ha accusato le autorità di nascondere le reali cifre sulla diffusione della Sars, il virus che sta colpendo in questi giorni diverse aree del mondo. In una lettera inviata ad alcuni organi di stampa internazionali il medico ha riferito di 7 persone morte in un ospedale militare, ed ha dichiarato che 79 pazienti sono al momento ricoverati per l’infezione. Le cifre ufficiali - confermate dalle autorità - dichiarano invece nella capitale 19 casi di infezione e quattro persone morte. I dirigenti di altri ospedali rifiutano di parlare con i giornalisti. Un impiegato dell'ospedale ha confermato che negli ultimi giorni sette pazienti sono morti,  senza confermare però che fossero malati di Sars. (S.C.)

 

 

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24 ORE NEL MODO

10 aprile 2003

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Due settimane di proroga per proseguire le consultazioni necessarie alla formazione del nuovo governo dell’Autorità Nazionale Palestinese. E’ quanto il presidente Yasser Arafat ha concesso al premier incaricato palestinese Abu Mazen. Le consultazioni, iniziate tre settimane fa, avrebbero dovuto portare alla presentazione del nuovo esecutivo oggi. Abu Mazen, però, non ha ancora deciso a chi affidare il delicato incarico di Ministro dell'Interno. Sul campo, però, proseguono le violenze, come ci conferma Graziano Motta:

 

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Non si attenua la nuova ondata di violenza nei territori in corso da tre giorni e caratterizzata da scontri armati. L’ultimo nella valle del Giordano presso l’insediamento ebraico di Bekaot, ha avuto come protagonisti due guerriglieri palestinesi che sono riusciti a penetrare in una base di addestramento della brigata di fanteria ‘Golani’. Rotta la rete di protezione, hanno subito sparato contro i soldati cogliendoli di sorpresa, uccidendone due e ferendone nove. Uno degli assalitori è stato abbattuto prontamente, l’altro dopo un breve inseguimento.

 

Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, che ha rivendicato l’attacco, afferma in un comunicato di avere agito in collaborazione con i tanzim, cioè con gli uomini del braccio armato di Al Fatah, il partito di Arafat. I due guerriglieri provenivano da Nablus. Nei pressi di questa città, reparti dei servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato due donne aspiranti suicide; un altro palestinese, questo della Jihad islamica, che aveva il medesimo proposito, è stato arrestato a Jenin. Intanto, sono saliti a quattro i palestinesi uccisi nell’ultima operazione militare israeliana nella striscia di Gaza: quella svoltasi a Beit-Hanun mirava a smantellare basi di lancio e di missili puntati contro diverse località ebraiche.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Le condoglianze e il rammarico degli Stati Uniti per quanto accaduto sono stati espressi ai familiari degli 11 cittadini afghani uccisi ''accidentalmente'' in un bombardamento in Afghanistan. L’incidente, così come definito dal capo di Stato Maggiore americano, generale Richard Myers, è avvenuto ieri nei pressi di Shkin, lungo il confine con il Pakistan. Durante un'operazione di appoggio aereo ravvicinato, una bomba di precisione ha colpito per errore una casa, provocando la strage. Le fonti del Pentagono ribadiscono che le forze della coalizione ''non attaccano mai intenzionalmente civili e obiettivi civili''.

 

Ci trasferiamo in Ulster, dov’è stato rinviato il vertice fra i primi ministri britannico Tony Blair e l’irlandese Bertie Ahern previsto per oggi nel castello di Hillsborough in Nord Irlanda per annunciare un piano di rilancio del processo di pace. I due premier si incontreranno probabilmente nel corso della giornata a Londra. Lo ha annunciato il governo di Dublino. In mattinata lo Sinn Fein, il braccio politico del movimento repubblicano cattolico, aveva fatto sapere di non essere pronto ad accettare il piano che, secondo il presidente del partito Mitchell McLaughlin, ''pretende concessioni irrealistiche'' dai repubblicani. Intanto sono stati condannati a pene che vanno dai 16 ai 22 anni di carcere i cinque uomini di una cellula di dissidenti repubblicani della Real Ira. La corte d'Assise di Londra li ha riconosciuti colpevoli di una campagna terroristica in Gran Bretagna nel 2001. I cinque avevano preso di mira il centro televisivo della Bbc nell'ovest di Londra in marzo; poi avevano fatto esplodere due ordigni a Ealing Brodway, sempre a Londra, in agosto. Infine avevano compiuto un altro attentato a Smallbrook, a Birmingham, in novembre.

 

Continua a propagarsi l’epidemia di Sars, la polmonite atipica di origine asiatica. Il Paese più colpito resta sempre la Cina: 55 le persone morte nella regione del  Guangdong, dove avrebbe avuto inizio il focolaio di contagio. In totale le persone colpite sono 1.290, delle quali 1.025 guarite. Ma il virus si propaga anche in altri Paesi: tre nuovi decessi sono stati segnalati oggi ad Hong Kong. Negli Stati Uniti, invece, si stanno effettuando test su 2 mila farmaci già disponibili, per scoprire se siano o non efficaci nella lotta al virus.

 

Ed un’altra epidemia sta nuocendo numerose vittime. Si tratta di Ebola che ha causato finora almeno 120 morti, sconvolgendo una regione nord occidentale del Congo Brazzaville. Lo rendono noto oggi fonti ufficiali - di cui riferisce radio Nairobi - precisando peraltro che la situazione appare ormai sostanzialmente sotto controllo. La patologia ha colpito dapprima i gorilla, per poi essere trasmessa alle persone, che per tradizione consumano la carne dei primati e delle scimmie.

 

La missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo ha ridimensionato il bilancio delle vittime del massacro interetnico di Ituri, nel nord-est, avvenuto il 3 aprile scorso. In principio si era parlato di oltre 1000 morti. In realtà avrebbero perso la vita tra le 150 e le 300 persone. Le altre – sempre secondo la stessa fonte - sono ferite, alcune di loro in maniera grave. Sul massacro è intervenuto anche il presidente Joseph Kabila, il quale ha promesso giustizia per i responsabili. Inoltre secondo un'organizzazione umanitaria americana, il  conflitto nella Repubblica Democratica del Congo ha causato finora 3,3 milioni di morti. Si tratta della guerra più sanguinosa della storia africana.

 

28 morti, la maggior parte bambini sordomuti, ed oltre 140 intossicati dal fumo. Questo il tragico bilancio di un incendio che ha distrutto un collegio della repubblica federata del Daghestan, nella Russia meridionale. Il grave incidente è avvenuto nella capitale Majachkala, probabilmente a causa di un corto circuito. Si tratta del secondo drammatico incendio in una settimana in scuole della Russia: lunedì 21 alunni e un insegnante avevano perso la vita in un istituto scolastico in Siberia.

 

Il governo cubano ha assicurato che i 79 dissidenti, ai quali nei giorni scorsi 14 tribunali dell'isola hanno inflitto pene ''dai sei ai 28 anni'', sono stati condannati per ''la loro nota partecipazione ad attività mercenarie e ad altri episodi contro l'indipendenza e l'integralità territoriale del paese''. In un comunicato del ministero di giustizia, pubblicato oggi dal quotidiano 'Granma', si afferma inoltre che la maggioranza dei ''controrivoluzionari recentemente arrestati'' sono stati accusati di ''cospirazione, congiuntamente con la sezione di interessi degli Stati Uniti'', che opera a L'Avana. Il ministero precisa anche che nei relativi processi e' stato applicato il rito sommario ''previsto dall'articolo 479 del Codice di procedura penale''.

 

Il Concorde, l’aereo supersonico vanto dell’aviazione civile franco-britannica, andrà definitivamente in pensione quest’anno. L'annuncio è stato dato stamattina contemporaneamente da Air France e British Airways. Il leggendario velivolo degli anni Settanta, terminerà il suo servizio per ragioni commerciali, spiegano le due compagnie. Dopo l'incidente del luglio 2000, infatti, entrambe hanno registrato un netto calo delle presenze. A dare il colpo finale l’alto costo del biglietto. La compagnia di bandiera francese, ha annunciato che i suoi cinque aerei potrebbero non volare più già a partire dal prossimo 31 maggio. British Airways, invece, che ha sei Concorde, pensionerà il servizio alla fine di ottobre.

 

 

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