RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 100 - Testo della
Trasmissione giovedì 10 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Sarà pubblicata Giovedì Santo l’annunciata
enciclica “Ecclesia de Eucharestia”.
Dichiarazione della Segreteria di Stato sugli
ultimi sviluppi della guerra in Iraq.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Nel crepuscolo del regime di Saddam Hussein
in primo piano le sofferenze della popolazione, mentre proseguono gli scontri e
i saccheggi: interviste con Anna Migotto, Barbara Schiavulli, Camille
Eid, Roberto Salvan, Boris
Biancheri e Vittorio Emanuele Parsi.
CHIESA E
SOCIETA’:
Nella
regione nord orientale di Kelle, in Congo, l’epidemia di Ebola sembra sotto
controllo.
La dichiarazione dei vescovi dell’Angola ad un anno dalla fine della guerra civile.
Impegno dell’Uganda per il ritiro delle truppe
dal Congo entro il prossimo 24 aprile.
Arafat
concede altre 2 settimane ad Abu Mazen per formare il governo dell’ANP, ma sul
campo proseguono le violenze.
I
premiers inglese e irlandese si incontreranno nel pomeriggio con i partiti
favorevoli all’accordo di pace per annunciare i particolari di un piano, che
mira a restaurare il governo di coalizione nel Nord Irlanda.
L’Onu
precisa che non sono un migliaio, ma tra 150 e 300 le vittime del massacro
interetnico di Ituri, nella Repubblica democratica del Congo.
Il
Concorde va in pensione entro l’anno: alla base della decisione motivi
economici.
10 aprile 2003
PERCHE’
LA PACE DIVENTI SEMPRE PIU’ STILE DI VITA:
Il
SIGNIFICATO DELL’INCONTRO DEI GIOVANI OGGI POMERIGGIO COL PAPA,
IN
PREPARAZIONE ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’,
LA
PROSSIMA DOMENICA DELLE PALME
- Con
noi mons. Mauro Parmeggiani -
“La
pace deve diventare sempre più stile di vita”. Lo ha detto Giovanni Paolo II
all’Angelus domenica scorsa, annunciando la Giornata mondiale della Gioventù
che si celebrerà domenica prossima, domenica delle Palme. In preparazione di
questo importante appuntamento il Papa incontrerà oggi pomeriggio in Piazza San
Pietro i giovani di Roma e del Lazio. Un incontro nel segno della preghiera per
la pace, che avrà una dimensione fortemente mariana. Musica, danza,
testimonianze, saranno incentrate sul tema stesso del messaggio del Papa per la
Giornata mondiale della Gioventù 2003: “Ecco tua madre”. Il Santo Padre farà
dono ai giovani della corona del Rosario, una preghiera - che aveva detto agli universitari
d’Europa il mese scorso - “può cambiare le sorti del mondo”. Si può affermare
che i giovani stanno riscoprendo questa antica preghiera mariana? Risponde, al
microfono di Carla Cotignoli, mons. Mauro Parmeggiani, responsabile della pastorale
giovanile della diocesi di Roma.
**********
R. – Si, ad esempio, noi tutti i giovedì sera a
Sant’Agnese celebriamo la Messa, a cui segue l’Adorazione eucaristica aperta a
tutti i giovani e ogni giovedì sera recitiamo anche il Rosario. La chiesa è
frequentata non solo da giovani che frequentano la parrocchia, o i vari gruppi,
ma anche dai giovani che passano e ringraziano per aver fatto riscoprire questa
preghiera. Credo che veramente ci sia un cammino di riscoperta del Rosario.
Tanti giovani lo portano con sé, non tanto come amuleto, perché sarebbe triste
questo, ma proprio perché vogliono imparare a pregare, ed è una forma semplice
di preghiera, molto accessibile per rimanere in comunione con il Signore.
D. – Qual è l’attesa della partecipazione da parte dei
giovani romani all’incontro di oggi pomeriggio?
R. – Credo che ci saranno circa 50 mila persone in Piazza
e tanti tanti altri giovani anche non previsti, che si uniranno proprio perché
è un modo anche questo di venire a ringraziare il Papa per il grande impegno
profuso in questo periodo per le sorti dell’umanità, per la pace tra i popoli e
le religioni.
D. – Forse proprio in questo momento in cui sta dilagando
il timore per quanto sta succedendo in Iraq, c’è una maggiore sensibilità, una
maggiore ricerca di preghiera da parte dei giovani …
R. – Direi di sì. E’ un fenomeno, questo, che si ripete
sempre, nella storia. Quando l’umanità fa l’esperienza sofferta della sua
perdita di dignità - la guerra è sempre una perdita di dignità per l’umanità -
c’è bisogno di tornare a chi sa dare dignità, al solo che può dare dignità all’uomo,
cioè a Cristo, il Principe della pace, della vera pace. Quindi credo che in
questi momenti della storia sia forse più facile riscoprire la necessità di
appartenere a Dio e di ascoltare la Sua parola, i Suoi insegnamenti, di
incontrarsi con Lui e di vivere l’esperienza del rapporto con Lui, perché se si
sta con Lui, solo così si può diventare operatori di pace.
**********
Ricordiamo che l’incontro dei giovani col Papa oggi
pomeriggio in Piazza San Pietro, verrà trasmesso in radiocronaca diretta in
lingua italiana dalla nostra emittente per la sola zona di Roma, sulle consuete
lunghezze d’onda a partire dalle ore 17,10. L’avvenimento potrà essere seguito
anche su Rai Uno e Telepace.
SARA’ PUBBLICATA IL
PROSSIMO GIOVEDI’ SANTO
L’ANNUNCIATA
ENCICLICA “ECCLESIA DE EUCHARISTIA”
Giovedì Santo 17 aprile, nel
corso della Messa in Coena Domini, Giovanni Paolo II firmerà la Lettera
Enciclica Ecclesia de Eucharistia indirizzata ai vescovi, ai presbiteri
e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici, sull’Eucaristia
nel suo rapporto con la Chiesa.
Il testo della Lettera sarà a
disposizione in diverse lingue: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo,
portoghese e polacco.
UDIENZE E NOMINA IN CILE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
stamani in udienza Giuliano Urbani, ministro per i Beni e le Attività culturali
dell’Italia, con il seguito; mons. Antonio Cañizares Llovera, arcivescovo di
Toledo in Spagna; mons. Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola, e mons. Šašik,
amministratore apostolico “ad nutum Sanctae Sedis” di Mukacheve di rito
bizantino in Ucraina, con il seguito.
Nel corso della mattinata il
Santo Padre ha incontrato anche il cardinale vicario Camillo Ruini, presidente
della Conferenza episcopale italiana, accompagnato dal vescovo Giuseppe Betori,
segretario generale della Cei.
Il Papa ha quindi nominato
oggi vescovo prelato di Calama in Cile, Guillermo Patricio Vera Soto, finora
parroco della cattedrale della diocesi di Melipilla.
LA SANTA SEDE AUSPICA CHE QUANTO PRIMA TACCIANO
LE ARMI IN IRAQ
ED
OFFRE OGNI COLLABORAZIONE IN AIUTO ALLE POPOLAZIONI SOFFERENTI
- A cura di Roberta Gisotti -
La guerra in Iraq continua ad occupare un posto di primo
piano nelle preoccupazioni della Santa Sede. In una dichiarazione resa nota
stamane la Segreteria di Stato alla luce degli “ultimi
avvenimenti occorsi a Baghdad, che segnano un'importante
svolta nel conflitto irakeno ed una significativa opportunità per il futuro
della popolazione, si augura che le
operazioni militari in corso nel resto del Paese possano ben presto terminare, al fine di risparmiare altre vittime,
civili o militari, ed ulteriori sofferenze a quelle popolazioni.”
“Profilandosi,
ora, la ricostruzione materiale, politica e sociale dell'Iraq – prosegue la
nota della Segreteria di stato - la Chiesa cattolica è pronta, attraverso le sue istituzioni sociali e
caritative, a prestare i necessari soccorsi. Così pure le diocesi in Iraq sono disponibili ad offrire le
proprie strutture per contribuire ad un'equa distribuzione degli aiuti umanitari.” Infine l’auspicio che ancora una volta “al tacere del fragore delle armi,
gli irakeni e la comunità
internazionale sappiano cogliere la impegnativa sfida presente, che è quella di
far sorgere definitivamente un'era di pace nel Medio Oriente.”
SOLENNE COMMEMORAZIONE OGGI E DOMANI
ALLA
PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE
DELL’ENCICLICA
PACEM IN TERRIS DI GIOVANNI
XXIII
A 40
ANNI DALLA PROMULGAZIONE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
**********
Era l’11 aprile 1963 quando Giovanni XXIII promulgava la
sua ottava e ultima enciclica il cui incipit così suonava: “La pace in
terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire
instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”.
Parole che suonano profetiche nel contesto storico come quello che stiamo
vivendo, con le vicende che ci hanno accompagnato in queste settimane e che
sembrano conoscere la fine.
La Pontificia Università Lateranense, in collaborazione
con il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, la Fondazione Toniolo
e la rivista “La Società”, celebra oggi e domani questa ricorrenza con un
solenne atto accademico, inaugurato questa mattina dal Rettore Magnifico, il
vescovo Rino Fisichella, e proseguito con la prima sessione presieduta dal
cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
La Pacem in Terris fu letta come il testamento di
Papa Giovanni e con ragione, ha affermato in apertura dei lavori mons.
Fisichella, che ha proseguito: “Oggi la rileggiamo in maniera prospettica
perché gli eventi che abbiamo dinanzi possano coinvolgerci con una
testimonianza coerente”. Il presule ha rilevato che ritornare a questo
insegnamento con l’attenzione dovuta al presente impegna a rileggerne il testo,
avendo dinanzi un instancabile magistero di Papi che si sono spesi per la pace:
Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, solo per restare nel contesto dei nostri
anni, attestano l’impegno perenne della Chiesa nei confronti di un ordine
mondiale cosmico, che intende la pace al di là della semplice assenza di
guerra.
“Mentre oggi diversi e nuovi problemi sollecitano la
nostra attenzione e rendono problematico il futuro stesso dell’uomo – ha detto
dal canto suo il cardinale Poupard – la guerra torna a segnare il presente e il
futuro del nostro mondo”. Ritornano, dunque, di estrema attualità le suggestive
parole con le quali Giovanni XXIII concludeva l’enciclica: “Come vicario di
Colui che il profetico annuncio chiama il Principe della pace, abbiamo il
dovere di spendere tutte le nostre energie per il rafforzamento di questo bene.
Ma la pace rimane solo suono di parole, se non è fondata su quell’ordine che il
presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla
verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e
posto in atto dalla libertà”.
Ed ora, al microfono di Rosario Tronnolone, il commento
del cardinale Roberto Tucci:
“La Pacem in terris è un documento molto vasto, che non si
può semplicemente ridurre a quello che il Papa dice in vista di quello che
poteva succedere al momento della crisi di Cuba, cioè una guerra nucleare: che
ormai la guerra è qualcosa di alieno dalla ragione, come dice il testo latino,
ma che comunque non è il metodo, non è il mezzo conforme a giustizia e verità per
risolvere i conflitti tra le nazioni. Il documento è molto vasto. Tratta
praticamente dei fondamenti della pace e il Papa ha espresso nella stessa
intestazione dell’enciclica: ‘La pace fondata sulla verità, la giustizia,
l’amore e la libertà’; ma tratta di tutto il panorama dei diritti umani, per
esempio. E poi tratta della giustizia, della libertà e della verità da stabilire
nei rapporti all’interno delle Nazioni e all’interno delle classi sociali, in seno
ad ogni nazione. Ma anche parla soprattutto della giustizia a livello internazionale.
Praticamene, è un vero trattato sul bene universale, sul bene comune universale
che deve presiedere ai rapporti tra le Nazioni, come fondamento di tutto il
lavoro che si può fare per la pace”.
**********
NUOVO CAPITOLO NELLA QUESTIONE
ELLETTROSMOG:
LA CORTE DI CASSAZIONE DICHIARA LEGITTIMA LA GIURISDIZIONE ITALIANA
NEL PROCESSO INTENTATO CONTRO TRE DIRIGENTI DELLA RADIO VATICANA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Il processo contro i dirigenti della Radio Vaticana
riguardante la questione del presunto inquinamento elettromagnetico prodotto
dalle antenne del Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria dovrà essere
celebrato in Italia. Lo ha stabilito ieri la prima sezione penale della Corte
di Cassazione, che ha annullato la sentenza di non luogo a procedere emessa il
19 febbraio 2002 dalla prima sezione del Tribunale Penale di Roma. La sentenza
della Cassazione non ha riconosciuto il difetto di giurisdizione nei confronti
di tre dirigenti della nostra emittente - accusati di “getto pericoloso di
cose” - accolta invece un anno fa dal Tribunale di Roma. In proposito,
ascoltiamo una nota del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:
**********
Il Collegio di difesa della
Radio Vaticana, che si era opposto alla richiesta di annullamento della
suddetta sentenza, aveva evidenziato l’infondatezza dei motivi di impugnazione
addotti dal Pubblico ministero e dalla parte civile, sulla base della natura
dell’emittente pontificia quale “ente centrale della Chiesa cattolica” e come
tale esente da “ogni ingerenza da parte dello Stato italiano”, secondo l’art.
11 del Trattato del Laterano del 1929.
La Radio Vaticana prende atto
della decisione della Corte e attende di conoscere la motivazione della
sentenza che verrà depositata successivamente.
La Radio Vaticana ribadisce in
ogni caso di aver tenuto sempre conto delle raccomandazioni internazionali per
la protezione della popolazione in materia di emissioni elettromagnetiche e di
aver costruttivamente affrontato i problemi connessi con la nuova normativa
italiana in sede di Commissione bilaterale tra Stato Italiano e Santa Sede,
come dimostrano i risultati delle ripetute misurazioni congiunte attuate dai
tecnici italiani e vaticani.
La Radio Vaticana auspica dunque
che possa essere sgombrato l’orizzonte da accuse ingiuste e infondate nei suoi
confronti, e che la sua attività possa continuare con serenità, nel contesto di
un responsabile e corretto rapporto con le autorità italiane e con la
popolazione circostante, rassicurata sulla assenza di rischi sanitari.
**********
Per maggiore chiarezza,
ricordiamo che la vicenda giudiziaria era iniziata con l’apertura di
un’inchiesta da parte della Procura di Roma sul presunto inquinamento da onde
elettromagnetiche riguardante il Centro di Santa Maria di Galeria. Allo stesso
tempo la questione veniva affrontata correttamente in sede di rapporti
internazionali da una Commissione bilaterale Italia-Santa Sede, appositamente
istituita nel luglio del 2000. Il 18 maggio 2001, la Santa Sede e il Governo
italiano raggiungono un accordo per il controllo e la riduzione delle onde
medie emesse dalla Radio Vaticana. Il piano concordato viene concretamente attuato
tre mesi più tardi, a partire dal 31 agosto 2001.
Nel frattempo, l’iter giudiziario
va avanti. Il 20 dicembre 2001 si celebra la prima udienza del processo. Il
verdetto giunge il 19 febbraio 2002: il giudice Andrea Calabria del Tribunale
di Roma dichiara la Radio Vaticana non processabile, per difetto di
giurisdizione della Magistratura italiana. Il 18 giugno, la Commissione
bilaterale prende atto ufficialmente che le misurazioni effettuate dagli esperti
certificano che i livelli di emissioni sono al di sotto della soglia fissata
dal decreto ministeriale in materia.
=======ooo=======
OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Rimarginare le ferite” è il
titolo che apre la prima pagina: saccheggi e violenze a Baghdad dopo le scene
di euforia.
Sempre in prima, con forte
evidenza, il titolo “La pace è paziente costruzione di un mondo nuovo”: l’11
aprile 1963 il beato Giovanni XXIII consegnava al mondo l’Enciclica “Pacem in
Terris”. Sul significato dell'evento, un contributo di Giorgio Rumi.
Una copia della prima pagina
dell’“Osservatore Romano” - giovedì 11 aprile 1963 - con la foto del Papa che
firma l'Enciclica.
Nelle vaticane, due pagine dal
titolo “Attualità della Pacem in Terris”; un’Enciclica “coraggiosa,
profetica, impegnativa”.
Il testo della commemorazione
tenuta dall'arcivescovo Renato Martino.
Le iniziative per la pace promosse
nelle diocesi italiane.
Una pagina dedicata alla figura
della serva di Dio suor Alfonsa di Gesù Bambino.
Nelle pagine estere, arrivati a
Baghdad gli aerei di aiuti per la popolazione stremata dalla guerra.
Medio Oriente: nuovi sanguinosi
scontri tra israeliani e palestinesi.
Nella Repubblica del Congo, il
virus Ebola ha provocato finora la morte di 120 persone.
Nella pagina culturale, un
contributo di Morozzo della Rocca dal titolo: “Don Bosco, prete dei giovani”:
una documentata biografia scritta da Pietro Braido.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema della sanità.
=======ooo=======
10 aprile 2003
NEL CREPUSCOLO DEL REGIME DI SADDAM HUSSEIN,
PROSEGUONO GLI SCONTRI E I SACCHEGGI.
MENTRE
RESTANO IN PRIMO PIANO LE SOFFERENZE DELLA POPOLAZIONE,
LA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE DIBATTE SUL FUTURO DEL PAESE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Crollano le statue nel crepuscolo del regime di Saddam
Hussein e con esse le ultime roccaforti del potere, che per trent’anni ha
dominato il popolo dell’Iraq. Dopo la capitolazione di Baghdad, sintetizzata
plasticamente dallo schianto della grande statua del raìs nella piazza al
Ferdous, in queste ore, le forze alleate - assieme ai peshmerga curdi - hanno
preso Kirkuk, importante città del nord. Anche qui, come ieri nella capitale,
si assiste a festeggiamenti ma anche a vandalismi, mentre le truppe irachene sembrano
non opporre più resistenza. A Baghdad, intanto, dopo la gioia manifestata ieri
per la caduta di Saddam e dei suoi simboli, si vivono momenti di incertezza e
preoccupazione. Proseguono, d’altro canto, i
saccheggi e gli scontri a fuoco in alcune zone della città, come ci spiega da
Baghdad, la giornalista Mediaset, Anna Migotto, contattata poco fa da Giada
Aquilino:
**********
R. – Questa mattina c’è stata una grossa battaglia nella
grande Moschea. I marines avevano avuto l’ordine di perquisirla perché
si sospettava che potesse esservi nascosto Saddam Hussein, o qualche altro
personaggio del regime. Quindi hanno tentato di entrarvi e qui sono stati
accolti con colpi di mortaio e lanciarazzi. Il bilancio di questa battaglia è
di almeno 21 morti tra gli iracheni, ma anche un marine e 20 feriti. Questa
mattina abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo a scene incredibili di
saccheggi, e i marines hanno dovuto opporsi ad una folla che tentava di
entrare nella sede della Croce Rossa. Ma sono state saccheggiate anche
l’ambasciata tedesca, il centro culturale francese, i magazzini, qualunque
cosa. La gente è terrorizzata dai ladri e dalle bande criminali.
D. – Quindi non c’è più traccia dei festeggiamenti di
ieri?
R. – No, innanzitutto perché la gente è terrorizzata da
quello che sta accadendo sul terreno - quindi i saccheggi - e non si sentono
protetti dagli americani. La gente quindi torna nelle strade, ma torna per fare
delle compere, per vedere com’è la situazione. Non c’è più la stessa
contentezza. Io non parlerei di entusiasmo. Oggi sono stata in un ospedale che
era stato saccheggiato questa mattina e avevano lasciato solo poche medicine.
Addirittura i pazienti in grado di camminare erano fuggiti, terrorizzati da
questi gruppi di ladri che entrano, portano
via tutto e sono armati.
**********
Gli sviluppi sul quadrante
settentrionale del conflitto - con la progressiva avanzata dei curdi - sono
esaminati con grande attenzione dal governo di Ankara, che teme la nascita di
un Kurdistan iracheno indipendente alle porte della Turchia. Il ministro degli
Esteri turco, Gul, ha ribadito che sulla delicata questione il suo governo ha
una “posizione molto chiara”. Sul fronte sud, intanto, la caduta del regime di
Saddam è stata accolta con entusiasmo a Bassora, principale città del sud
dell’Iraq. Ce lo conferma, dalla zona, Barbara Schiavulli, raggiunta
telefonicamente da Andrea Sarubbi:
**********
R. – E’ un paio
di giorni che la gente festeggia, saluta gli americani, stringe le mani,
sorride, chiede aiuto, parla male di Saddam. Nei primi giorni, quando noi
abbiamo visitato le città al centro-sud
dell’Iraq non era così contenta di parlare, di raccontare. Erano ancora molto,
molto impauriti. Certo non sono ancora sicurissimi; finché Saddam non viene
trovato restano nel dubbio.
D. – In città come è la situazione? E’ tornato l’ordine?
R. – Continuano
i saccheggi, quindi i militari che ormai considerano tranquilla la zona dal
punto di vista militare, stanno cercando di organizzare una autorità locale e
una forza di polizia per far sì che la gente si tranquillizzi e torni l’ordine
nelle città del sud dell’Iraq.
D. – Quali sono gli sviluppi dal punto di vista militare
nel sud dell’Iraq?
R. – Gli
americani mantengono le loro posizioni all’interno della città di Bassora, a
Nassirya, tra l’altro stanno arrivano molto velocemente gli aiuti umanitari,
domani arriveranno anche degli aiuti italiani che porteranno medicinali e
apparecchiature per gli ospedali. Non si spara per ora. Certo stanno molto
attenti perché potrebbero esserci sacche di resistenza. Poi ci sono tantissimi
prigionieri di guerra.
***********
Reparti
della Guardia Repubblicana che tentano di raggiungere Mossul e Tikrit sono
sotto il bombardamento degli aerei anglo-americani. Le operazioni militari si concentrano
ora proprio su Tikrit, dove Saddam Hussein potrebbe essersi rifugiato con i
suoi fedelissimi. Uno scontro ingaggiato dalle forze speciali americane, mentre
da quattro giorni raid aerei stanno colpendo le sedi del regime nella città del
nord Iraq. Caduta Baghdad, Tikrit resta dunque l’ultimo
caposaldo di Saddam. Un luogo fortemente simbolico, come spiega – al microfono
di Debora Donnini – il giornalista libanese Camille Eid, editorialista di
Avvenire:
**********
Tikrit costituisce un simbolo per il regime di Saddam
Hussein, che non è nato proprio in questa città, ma in un villaggio vicino. Ha
dato anche i natali al Saladino, il vincitore dei crociati. E’ la città di
origine di molti gerarchi, ministri, capi dei servizi segreti del regime, che
hanno preso anche il nome di clan dei tikriti. Quindi sono quelli che più
lotteranno per mantenere in piedi il regime, ovviamente non hanno molte
speranze di farcela.
**********
La caduta di Baghdad e l’urgenza di dotare il Paese
di nuove autorità, per evitare il dilatarsi del fenomeno dei saccheggi e della
violenza urbana, hanno mutato improvvisamente la scena anche per gli uomini
delle organizzazioni umanitarie. Oltre al Comitato della Croce Rossa
internazionale (Cicr) - che ha ripreso oggi la propria attività a Baghdad, in
una situazione definita “caotica” - si muovono nella capitale irachena gli
operatori dell’Unicef. Roberto Salvan, direttore generale di Unicef Italia,
esprime - nell’intervista di Alessandro De Carolis - la propria soddisfazione
per la fine dei bombardamenti, che agevola la macchina della solidarietà, ma
anche la preoccupazione per la scarsa sicurezza in cui essa è costretta a
muoversi in queste ore:
**********
R. - Quello che cambia con la fine del regime è che, non
essendoci più i combattimenti, probabilmente nei prossimi giorni si potranno
far giungere gli aiuti anche via aerea e non solo via camion. I nostri
operatori, che sono circa 60 a Baghdad, potranno ricominciare a lavorare. Ma
certamente c’è da evidenziare un problema di sicurezza, perché bisogna
sostituire ad un’autorità che cade un minimo di organizzazione a livello
cittadino, che possa sopperire in qualche modo alla mancanza di un governo
centrale. Ci auguriamo che fenomeni di sciacallaggio - di aiuti umanitari
distribuiti in modo sommario e disordinati così come purtroppo avvengono ancora
a Bassora - non vengano ripetuti a Baghdad.
D. - In questi giorni si è parlato molto della questione
dei primi aiuti umanitari distribuiti dalle Forze armate. Adesso, anche questa
situazione dovrebbe cambiare...
R. - Ci
auguriamo che cambi rapidamente, perché la sofferenza della popolazione, in
particolare dei bambini, soprattutto delle persone ricoverate nelle strutture
ospedaliere o nei centri nutrizionali, è molto alta. Ci auguriamo che quanto
prima le Nazioni Unite e le agenzie umanitarie possano intervenire con la loro
struttura e con la loro organizzazione a portare gli aiuti, senza intermediari.
Questo affinché gli aiuti arrivino direttamente alle persone e alle famiglie
che ne hanno bisogno e perché sia arginato il fenomeno dilagante che vede chi è
più prepotente depredare i palazzi o ricevere aiuti in modo disordinato e
casuale, senza che si possa verificare in che modo gli aiuti vengano
distribuiti.
D. - Avete
pensato ad un qualche programma per la tutela psicologica dei bambini colpiti
da queste settimane di guerra?
R. - Sarà uno dei primi interventi che faremo, soprattutto
nelle città dove il conflitto è stato più grave. Si tratterà di un intervento
lungo, perché dalle esperienze che abbiamo avuto in altri conflitti - nell’ex
Jugoslavia, in Rwanda o anche in Sierra Leone - i bambini che soffrono il
dramma dei bombardamenti o della guerra, prima di poter recuperare con
interventi dosati e adeguati hanno bisogno di due o tre anni.
**********
Sul
piano diplomatico, mentre il segretario di Stato americano, Powell, ha
dichiarato che serviranno una o più risoluzioni dell’Onu per definire
l’amministrazione ad interim in Iraq, il presidente francese Chirac si è
stamani “rallegrato per la caduta della
dittatura di Saddam Hussein”. Capofila del fronte contrario alla guerra, Chirac
ha sottolineato la necessità di “creare le condizioni che ridiano al popolo
iracheno la sua dignità nella ritrovata libertà”. Dal canto suo, l’ambasciatore
iracheno all’Onu, Aldouri, ha detto che ormai “la partita è chiusa”, auspicando
che “alla fine della strada gli iracheni si godano la pace che si meritano”. La
diplomazia internazionale è perciò già al lavoro per tracciare il futuro
dell’Iraq post-bellico. Bush e Blair hanno manifestato, nel recente vertice di
Belfast, la volontà di attribuire all’Onu un “ruolo vitale” nella ricostruzione
del Paese. Ma, ieri, il vice presidente americano Cheney ha affermato che le
Nazioni Unite potranno essere coinvolte solo nella fase degli aiuti umanitari. Resta quindi incertezza sul peso effettivo che l’Onu
avrà nel nuovo Iraq. Sulle prospettive della ricostruzione irachena, Giancarlo
La Vella ha raccolto il parere dell’ex ambasciatore italiano a Washington,
Boris Biancheri, presidente dell’agenzia Ansa:
**********
R. – E’ auspicabile che la partecipazione alla
ricostruzione sia politica che economica sia quanto più vasta possibile.
Personalmente ho qualche dubbio che la gestione del dopo Saddam sia da parte
angloamericana affidata interamente ad una istituzione multilaterale, le
Nazioni Unite o altri, perché da che mondo è mondo i vincitori poi gestiscono
anche la pace e difficilmente consegnano la gestione della pace a qualcun
altro, tanto meno se questo qualcun altro si era opposto alla guerra. Credo,
però, che sia saggio cercare di non approfondire questo divario. Rischiamo di
rifare la frattura che abbiamo avuto sulla guerra, che sarebbe, secondo me,
fatale per l’Europa, che già è molto lacerata e che ha bisogno di ricomporsi e
non di dividersi ulteriormente. Secondo me, non deve diventare una
contrapposizione Onu contro America
**********
Si
moltiplicano così le dichiarazioni di leader politici, dal ministro degli
Esteri francese De Villepin al presidente turco Sezer, che ribadiscono la via
dell’Onu quale unica percorribile per un futuro di vera pace in Iraq. Anche il
Coordinamento nazionale Sentinelle del mattino, che riunisce decine di
organismi cattolici - tra cui Acli, Azione cattolica e Comunita' di sant'Egidio
– chiede che la “ricostruzione dell'Iraq” sia affidata alle istituzioni
internazionali, “responsabilizzando fin dall'inizio le varie componenti della
comunità irachena”. Ma quanto incideranno sui rapporti
internazionali gli avvenimenti di ieri a Baghdad, con le truppe americane
accolte dalla folla? Lo abbiamo chiesto al prof. Vittorio Emanuele Parsi,
docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano:
**********
R. - Sono importanti, così come è importante a mio avviso
il fatto avvenuto in questi giorni. La neutralità sostanziale della popolazione
irachena nei confronti degli anglo-americani ha convinto i comandi militari che
si potesse tentare la spallata finale, correndo qualche rischio in più. Allora,
a questo punto, una legittimazione deve arrivare da questo sostegno popolare.
E’ chiaro che non bisogna illudersi: la piazza è un indicatore, ma non un
indicatore stabile. Bisogna pensare a soluzioni che rafforzino il legame con
gli iracheni.
D. – Quali potranno essere ora le prossime mosse dei Paesi
arabi, di fronte alla liquefazione del regime di Saddam Hussein? Davvero si
apre un nuovo capitolo per il Medio Oriente?
R. – Credo che i governi arabi e le popolazioni
arabe siano soprattutto scioccate. Tutto sommato contavano, come alcuni dell’opposizione
interna in Europa, ad una guerra di lunga durata, ad un impantanamento
americano nel Medio Oriente e ad una tenuta maggiore del regime di Saddam.
Questo non c’è stato. Si è rivelato persino che un regime al potere
dittatoriale da 30 anni, con un controllo radicale, totale sulla popolazione,
non è riuscito ad instaurare il minimo sostegno. Quindi, questo è chiaro che
faccia dubitare tutti i governi non democratici della propria solidità. Credo
che sia un segnale forte, nel dire: o si trova una via autonoma nel
democratizzarsi e restaurare un rapporto con la popolazione, oppure questi
governi continueranno ad essere stretti tra Scilla e Cariddi, cioè tra la
minaccia fondamentalista dell’interno e la minaccia esterna di un intervento
dei Paesi occidentali.
**********
=======ooo=======
10 aprile 2003
IL RUOLO DEI CATTOLICI NELLA
POLITICA E’ STATO IL TEMA DELLA TAVOLA ROTONDA SVOLTASI IERI A ROMA
NELLA
PONTIFICIA UNIVERSITÀ DELLA SANTA CROCE
- A
cura di Davide Martini -
ROMA.
= L’impegno dei cattolici nella vita politica è stato il tema di una tavola
rotonda svoltasi ieri alla Pontificia Università della Santa Croce, dove sono
intervenuti tra gli altri il cardinale Joseph Ratzinger, il senatore Francesco
Cossiga, il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, il prof. Paolo
Del Debbio e mons. Angel Rodriguez Luno. Gli ultimi sviluppi della situazione
irachena hanno ritardato di qualche minuto il dibattito. “Ringrazio Dio – ha
detto il cardinale Joseph Ratzinger – che il conflitto si stia concludendo. Gli
armamenti di oggi possono distruggere tanti innocenti, come pure è successo.
Speriamo – ha concluso – che tutto possa essere limitato”. E’ stato poi con una
citazione evangelica, “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di
Dio”, che nel suo intervento Ratzinger ha spiegato il rapporto tra fede e
politica. La netta distinzione tra la fede, illuminata dalla rivelazione, e la
politica, espressione della ragione comune, non deve portare il cattolico a
ridurre la politica ad un mero aspetto tecnico. Se infatti non escludiamo la
politica dalla sfera etica, ha sottolineato Francesco Cossiga, si comprende
pienamente il concetto di laicità, che significa rispetto di tutti, ma non
esclusione della fede dall’impegno politico.
L’EPIDEMIA DI EBOLA CHE HA RECENTEMENTE
COLPITO LA REGIONE NORDORIENTALE DEL CONGO
SEMBRA
SOTTO CONTROLLO. E’ QUESTA LA BUONA NOTIZIA
DATA
DAL PORTAVOCE DELLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE
DELLA
CROCE ROSSA, DIDIER REVOL
KELLE. = Nella regione nordorientale di Kelle, in Congo,
l’epidemia di Ebola sembra sotto controllo. Da diversi giorni infatti non si
sono registrati nuovi casi della malattia, che si è sviluppata nel Paese
africano a partire dallo scorso mese di gennaio. La buona notizia, che
allontana i timori di una crescita incontrollata della terribile febbre
emorragica, è stata data dal portavoce della Federazione internazionale della
Croce rossa, Didier Revol. Per ora, il bilancio di questa ondata di Ebola si è
fermato a 120 decessi su 135 casi accertati. Restano comunque delle
preoccupazioni. Centinaia di civili infatti sono fuggiti dai villaggi
“epicentro” del contagio cercando rifugio nelle foreste. Secondo la Croce Rossa
si sarebbero nutriti di gorilla e scimpanzé da cui, secondo gli esperti, si
trasmette il contagio. Per ora gli sforzi delle autorità sanitarie di
Brazzaville e dei medici dell’Organizza-zione mondiale per la sanità sembrano
aver arginato un’ulteriore pericolosa espansione del terribile virus. Con
un’incidenza superiore al 90 per cento, l’Ebola è una delle malattie virali più
letali nel mondo. (A.L.)
LA DICHIARAZIONE DEI VESCOVI DELL’ANGOLA AD UN
ANNO
DALLA
FINE DELLA GUERRA CIVILE: PER SUPERARE LE DIFFICOLTÀ
OCCORRE
PROVVEDERE AI PROFUGHI E PORRE FINE ALLA POVERTÀ
LUANDA.
= “Per noi Angolani è tempo di costruire una patria prospera per tutti i suoi
figli.” Così i vescovi dell’Angola si rivolgono alla nazione in occasione del
primo anniversario della pace, firmata l’anno scorso tra il governo e la
guerriglia dell’Unione per l’indipendenza totale del Paese. “L’Angola –
sostengono i presuli - vive un momento di attesa ma tutti sentiamo in questi
giorni un peso nel cuore a causa della guerra nel Medio Oriente”. I vescovi
affermano con forza la necessità di risolvere il dramma dei rifugiati interni.
“Siamo un paese di rifugiati – hanno aggiunto – e per loro sono stati compiuti
grandi sforzi da parte del governo, delle Nazioni Unite e di altri organismi”.
Ma lo scenario del Paese africano continua ad essere drammatico. “I campi e le
aree assistite dagli organismi internazionali – hanno concluso i vescovi -
hanno molte difficoltà. Molte persone vivono con gravi problemi di penuria
alimentare e mancanza di assistenza medica”. (S.C.)
L’UGANDA RITIRERÀ LE PROPRIE TRUPPE DAL
CONGO.
E’
QUESTO UNO DEI RISULTATI PIÙ CONCRETI DEL SUMMIT DEI GRANDI LAGHI, SVOLTOSI
IERI A CITTÀ DEL CAPO,
A CUI
HANNO PARTECIPATO I PRESIDENTI DI UGANDA, RWANDA, CONGO, TANZANIA E SUDAFRICA
CITTA’
DEL CAPO. = L'Uganda si è impegnata a ritirare tutte le sue truppe dal
territorio della Repubblica democratica del Congo entro il prossimo 24 aprile.
E’ questo uno degli effetti immediati del summit dei Grandi Laghi svoltosi ieri
a Città del Capo, in Sudafrica. All’incontro hanno partecipato i capi di stato
di Uganda, Rwanda, Congo, Tanzania e Sudafrica. "Abbiamo anche telefonato al
segretario generale delle Nazioni Unite - ha detto il presidente sudafricano
Thabo Mbeki - per richiedere l'invio di forze destinate alla martoriata regione
dell'Ituri". Kofi Annan intende trattare la richiesta, secondo Mbeki, come
questione urgente. Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha poi spiegato che i
suoi militari si trovano in Congo per contrastare "una campagna
terroristica molto pericolosa". Nell’incontro con i giornalisti i presidenti
dei Paesi intervenuti al summit hanno espresso il loro ottimismo sulle
possibilità di una soluzione pacifica delle tensioni che minano i già precari
equilibri dell’area dei Grandi Laghi. Nell’incontro di Città del Capo il
presidente sudafricano Mbeki ha annunciato, per lunedì prossimo, un ulteriore
incontro a Kinshasa. Nel frattempo, un centinaio di “pacchetti di sopravvivenza”,
donati dall'Unicef e dall'organizzazione italiana non governativa Cooperazione
internazionale (Coopi) sono già stati distribuiti a Drodro dalla Caritas e
dalla Missione Onu. (A.L.)
LA CAMERA DEGLI STATI UNITI HA
APPROVATO IERI UNA PROPOSTA DI LEGGE
CHE
VIETA L’IMPORTAZIONE DI DIAMANTI DA PAESI IN GUERRA
WASHINGTON. = Con 419 voti
favorevoli e due contrari, la Camera degli Stati Uniti ha approvato ieri una
proposta di legge che vieta l’importazione di diamanti da Paesi in guerra. Si
tratta di un passaggio istituzionale necessario perché anche Washington possa
aderire all’accordo internazionale “Kimberley process certification scheme”.
Il trattato, sostenuto da diverse organizzazioni per i diritti umani e firmato
da 35 nazioni, introduce un sistema di certificazione internazionale dei
diamanti che dovrebbe mettere fine al traffico di pietre preziose da Paesi come
Angola, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo. In questi Paesi lo sfruttamento
illegale delle miniere permette infatti ai gruppi dei ribelli di ottenere
appoggi e aiuti finanziari da governi stranieri, con la grave conseguenza della
perpetuazione della guerra e delle sofferenze dei civili. Per completare il suo
iter parlamentare il “Clean diamond trade act”, questo il nome del
disegno di legge statunitense, deve ora ricevere l’approvazione anche del
Senato, prevista probabilmente per la prossima settimana. (S.C.)
IL MEDICO MILITARE CINESE YANYON, MEMBRO DEL PARTITO COMUNISTA,
FORNISCE
CIFRE NON UFFICIALI SULLA DIFFUSIONE DELLA SARS:
IN UNA
LETTERA DIFFUSA IERI, ACCUSA LE AUTORITÀ DI NASCONDERE I DATI REALI
PECHINO. = Un medico militare cinese, Jiang Yanyong di 71
anni, membro del partito comunista, ha accusato le autorità di nascondere le
reali cifre sulla diffusione della Sars, il virus che sta colpendo in questi
giorni diverse aree del mondo. In una lettera inviata ad alcuni organi di
stampa internazionali il medico ha riferito di 7 persone morte in un ospedale
militare, ed ha dichiarato che 79 pazienti sono al momento ricoverati per
l’infezione. Le cifre ufficiali - confermate dalle autorità - dichiarano invece
nella capitale 19 casi di infezione e quattro persone morte. I dirigenti di
altri ospedali rifiutano di parlare con i giornalisti. Un impiegato
dell'ospedale ha confermato che negli ultimi giorni sette pazienti sono
morti, senza confermare però che
fossero malati di Sars. (S.C.)
=======ooo=======
10 aprile 2003
- A
cura di Salvatore Sabatino -
Due settimane di proroga per proseguire le consultazioni
necessarie alla formazione del nuovo governo dell’Autorità Nazionale
Palestinese. E’ quanto il presidente Yasser Arafat ha concesso al premier
incaricato palestinese Abu Mazen. Le consultazioni, iniziate tre settimane fa,
avrebbero dovuto portare alla presentazione del nuovo esecutivo oggi. Abu
Mazen, però, non ha ancora deciso a chi affidare il delicato incarico di
Ministro dell'Interno. Sul campo, però, proseguono le violenze, come ci
conferma Graziano Motta:
**********
Non si attenua la nuova ondata di violenza nei territori in corso da tre
giorni e caratterizzata da scontri armati. L’ultimo nella valle del Giordano
presso l’insediamento ebraico di Bekaot, ha avuto come protagonisti due
guerriglieri palestinesi che sono riusciti a penetrare in una base di
addestramento della brigata di fanteria ‘Golani’. Rotta la rete di protezione,
hanno subito sparato contro i soldati cogliendoli di sorpresa, uccidendone due
e ferendone nove. Uno degli assalitori è stato abbattuto prontamente, l’altro
dopo un breve inseguimento.
Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, che
ha rivendicato l’attacco, afferma in un comunicato di avere agito in
collaborazione con i tanzim, cioè con gli uomini del braccio armato di
Al Fatah, il partito di Arafat. I due guerriglieri provenivano da Nablus. Nei
pressi di questa città, reparti dei servizi di sicurezza israeliani hanno
arrestato due donne aspiranti suicide; un altro palestinese, questo della Jihad
islamica, che aveva il medesimo proposito, è stato arrestato a Jenin. Intanto,
sono saliti a quattro i palestinesi uccisi nell’ultima operazione militare
israeliana nella striscia di Gaza: quella svoltasi a Beit-Hanun mirava a
smantellare basi di lancio e di missili puntati contro diverse località
ebraiche.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
**********
Le condoglianze e il rammarico
degli Stati Uniti per quanto accaduto sono stati espressi ai familiari degli 11
cittadini afghani uccisi ''accidentalmente'' in un bombardamento in
Afghanistan. L’incidente, così come definito dal capo di Stato Maggiore
americano, generale Richard Myers, è avvenuto ieri nei pressi di Shkin, lungo
il confine con il Pakistan. Durante un'operazione di appoggio aereo
ravvicinato, una bomba di precisione ha colpito per errore una casa, provocando
la strage. Le fonti del Pentagono ribadiscono che le forze della coalizione
''non attaccano mai intenzionalmente civili e obiettivi civili''.
Ci trasferiamo in Ulster, dov’è stato rinviato il vertice
fra i primi ministri britannico Tony Blair e l’irlandese Bertie Ahern previsto
per oggi nel castello di Hillsborough in Nord Irlanda per annunciare un piano
di rilancio del processo di pace. I due premier si incontreranno probabilmente
nel corso della giornata a Londra. Lo ha annunciato il governo di Dublino. In
mattinata lo Sinn Fein, il braccio politico del movimento repubblicano
cattolico, aveva fatto sapere di non essere pronto ad accettare il piano che,
secondo il presidente del partito Mitchell McLaughlin, ''pretende concessioni
irrealistiche'' dai repubblicani. Intanto sono stati condannati a pene che
vanno dai 16 ai 22 anni di carcere i cinque uomini di una cellula di dissidenti
repubblicani della Real Ira. La corte d'Assise di Londra li ha riconosciuti
colpevoli di una campagna terroristica in Gran Bretagna nel 2001. I cinque
avevano preso di mira il centro televisivo della Bbc nell'ovest di Londra in
marzo; poi avevano fatto esplodere due ordigni a Ealing Brodway, sempre a
Londra, in agosto. Infine avevano compiuto un altro attentato a Smallbrook, a
Birmingham, in novembre.
Continua a propagarsi
l’epidemia di Sars, la polmonite atipica di origine asiatica. Il Paese più
colpito resta sempre la Cina: 55 le persone morte nella regione del Guangdong, dove avrebbe avuto inizio il
focolaio di contagio. In totale le persone colpite sono 1.290, delle quali
1.025 guarite. Ma il virus si propaga anche in altri Paesi: tre
nuovi decessi sono stati segnalati oggi ad Hong Kong. Negli Stati Uniti, invece, si
stanno effettuando test su 2 mila farmaci già disponibili, per scoprire se
siano o non efficaci nella lotta al virus.
Ed un’altra epidemia sta nuocendo numerose vittime. Si
tratta di Ebola che ha causato finora almeno 120 morti, sconvolgendo una
regione nord occidentale del Congo Brazzaville. Lo rendono noto oggi fonti
ufficiali - di cui riferisce radio Nairobi - precisando peraltro che la
situazione appare ormai sostanzialmente sotto controllo. La patologia ha
colpito dapprima i gorilla, per poi essere trasmessa alle persone, che per
tradizione consumano la carne dei primati e delle scimmie.
La missione delle Nazioni
Unite nella Repubblica Democratica del Congo ha ridimensionato il bilancio
delle vittime del massacro interetnico di Ituri, nel nord-est, avvenuto il 3
aprile scorso. In principio si era parlato di oltre 1000 morti. In realtà
avrebbero perso la vita tra le 150 e le 300 persone. Le altre – sempre secondo
la stessa fonte - sono ferite, alcune di loro in maniera grave. Sul massacro è
intervenuto anche il presidente Joseph Kabila, il quale ha promesso giustizia
per i responsabili. Inoltre secondo un'organizzazione umanitaria americana, il conflitto nella Repubblica Democratica del
Congo ha causato finora 3,3 milioni di morti. Si tratta della guerra più
sanguinosa della storia africana.
28
morti, la maggior parte bambini sordomuti, ed oltre 140 intossicati dal fumo.
Questo il tragico bilancio di un incendio che ha distrutto un collegio della
repubblica federata del Daghestan, nella Russia meridionale. Il grave incidente
è avvenuto nella capitale Majachkala, probabilmente a causa di un corto
circuito. Si tratta del secondo drammatico incendio in una settimana in scuole
della Russia: lunedì 21 alunni e un insegnante avevano perso la vita in un
istituto scolastico in Siberia.
Il
governo cubano ha assicurato che i 79 dissidenti, ai quali nei giorni scorsi 14
tribunali dell'isola hanno inflitto pene ''dai sei ai 28 anni'', sono stati
condannati per ''la loro nota partecipazione ad attività mercenarie e ad altri
episodi contro l'indipendenza e l'integralità territoriale del paese''. In un
comunicato del ministero di giustizia, pubblicato oggi dal quotidiano 'Granma',
si afferma inoltre che la maggioranza dei ''controrivoluzionari recentemente
arrestati'' sono stati accusati di ''cospirazione, congiuntamente con la
sezione di interessi degli Stati Uniti'', che opera a L'Avana. Il ministero
precisa anche che nei relativi processi e' stato applicato il rito sommario
''previsto dall'articolo 479 del Codice di procedura penale''.
Il
Concorde, l’aereo supersonico vanto dell’aviazione civile franco-britannica,
andrà definitivamente in pensione quest’anno. L'annuncio è stato dato
stamattina contemporaneamente da Air France e British Airways. Il leggendario
velivolo degli anni Settanta, terminerà il suo servizio per ragioni
commerciali, spiegano le due compagnie. Dopo l'incidente del luglio 2000,
infatti, entrambe hanno registrato un netto calo delle presenze. A dare il
colpo finale l’alto costo del biglietto. La compagnia di bandiera francese, ha
annunciato che i suoi cinque aerei potrebbero non volare più già a partire dal
prossimo 31 maggio. British Airways, invece, che ha sei Concorde, pensionerà il
servizio alla fine di ottobre.
=======ooo=======