RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 95 - Testo della
Trasmissione sabato 5 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Le truppe americane
entrate a Baghdad dopo sanguinosi combattimenti, mentre si aggrava la
situazione umanitaria nelle zone di conflitto: con
noi, Staffan de Mistura, Simona Torretta, il generale Luigi Caligaris e il presidente catalano Jordi Pujol.
Verso la pace in Sudan: intervista con il missionario Gino Barsella.
CHIESA E
SOCIETA’:
Festeggiato
in Angola per il primo anniversario degli accordi di pace dopo 27 anni di
guerra civile.
A Viterbo, una cena multietnica per unire
immigrati ed abitanti della città.
Disastroso naufragio in
Bangladesh: almeno 60 le vittime.
Non cessa l’allarme nel
mondo per il virus della Sindrome acuta respiratoria severa: rigorosi controlli
medici e misure di prevenzione negli scali internazionali.
Segni di distensione
nella crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord sul riarmo di Pyongyang.
5 aprile 2003
ALL’UOMO OGGI IN CERCA DEL SIGNIFICATO DELLA
VITA
URGE
NON SOLO “PARLARE” DI CRISTO, MA “FARLO VEDERE”.
COSI’ IL PAPA AI VESCOVI DELLA SCANDINAVIA IN VISITA “AD
LIMINA”.
NEI
PAESI NORDICI EMERGONO SEGNI DI RINASCITA CRISTIANA
- A
cura di Carla Cotignoli e Matteo Ambu -
“In un mondo gravido di
scetticismo e confusione, può sembrare che la luce di Cristo sia stata
oscurata”. Ma proprio in questo tempo “l’uomo è alla ricerca del significato
del senso della vita”, attende l’annuncio e la testimonianza di Cristo, “via,
verità e vita”. Con queste parole il Papa si è rivolto ai vescovi della
Scandinavia, che comprende ben 5 Paesi: Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia
e Svezia. Una regione d’Europa in prevalenza di tradizione luterana, dove i
cattolici sono poco più dell’1 per cento.
Servizio di Carla Cotignoli.
************
La
Scandinavia, una regione a maggioranza luterana, ma anche dove molto avanzato è
il secolarismo. Un fenomeno, comune alle società moderne, che “porta alla
perdita del senso di Dio”. “Senza Dio – ha osservato il Papa - si perde anche il senso dell’uomo”. Il Santo
Padre ha quindi incoraggiato i vescovi
a dare nuovo impulso alla vita cristiana. E’ questa l’attesa del nuovo
millennio – ha detto. “L’uomo di oggi è alla ricerca del senso della vita”. Ma
i credenti – ha aggiunto - non devono soltanto “parlare” di Cristo, ma “farlo
vedere”. E’ dalla contemplazione del
suo volto che noi possiamo irradiare intorno a noi la sua luce.
Il
Santo Padre si è soffermato sulla necessità di evangelizzare la cultura, un
aspetto della “nuova evangelizzazione” da lui definito “centrale”. Ha poi
toccato vari temi: la famiglia, la difesa della vita, l’impegno ecumenico dei
vescovi. Parlando dei frutti del dialogo tra le Chiese, il Papa ha enumerato la riscoperta della
fraternità che lega tutti i cristiani, la dichiarazione comune sulla Dottrina
della Giustificazione firmata da cattolici e luterani, la preghiera comune, la
solidarietà a servizio dell’umanità. Ed ha ribadito che l’ecumenismo deve impegnare
tutti i cristiani.
Il Papa
non ha mancato di rilevare i segni di un nuovo fermento di vita cristiana in
atto in questi Paesi. E’ quanto i vescovi avevano riferito al Santo Padre: c’è
un risveglio della vita cristiana tra i giovani, grazie alle Giornate mondiali,
rinascono le vocazioni religiose, tanto
che sono stati fondati nuovi monasteri di vita contemplativa. “Il numero dei
cattolici è in aumento – aveva detto nell’indirizzo di saluto il vescovo di
Oslo Gerhard Schwenzer, presidente della Conferenza episcopale scandinava –
soprattutto per via dell’emigrazione, ma anche per le conversioni e i battesimi
degli adulti”. Una crescita tale che creare un problema finanziario perché
“molte Chiese e centri parrocchiali sono diventati troppo piccoli e bisogna
costruirne di nuovi”. E, nell’ottobre scorso,
è stato creato un seminario
internazionale a Helsinki. Sul fronte ecumenico i vescovi avevano riferito al
Santo Padre che dalla sua visita nelle loro terre nel 1989, “l’atmosfera tra le
Chiese luterana e cattolica ha continuato a migliorare”.
La
conferenza dei vescovi scandinavi è composta attualmente da 12 presuli in
rappresentanza di cinque diocesi e due prelature territoriali. Complessivamente
i cattolici sono circa 250 mila su una popolazione di quasi 24 milioni di abitanti,
in stragrande maggioranza di tradizione luterana. Circa l’80 per cento dei
cattolici è però nato all’estero. La Chiesa cattolica porta avanti iniziative
ecumeniche con la Chiesa luterana ed di dialogo con la crescente comunità islamica dei Paesi scandinavi. Inoltre
gestisce scuole, case di cura per anziani e svolge attività di apostolato
attraverso istituti religiosi e parrocchie. Per la Chiesa cattolica scandinava
quest’anno è particolare: il 1° giugno ricorrerà l’anniversario dei 700 anni
della nascita di Santa Brigida di Svezia, con-patrona d’Europa, venerata sia dai cattolici che dai
luterani, mentre il 29 giugno le
diocesi di Oslo, Copenaghen e Stoccolma celebreranno i cinquant’anni della loro
istituzione, voluta da Pio XII.
*********
IL CARDINALE JAN SCHOTTE INVIATO SPECIALE DEL PAPA
IN OLANDA
PER
UNA IMPORTANTE RICORRENZA ECCLESIALE.
PROVVISTE
DI CHIESE IN CANADA E IN MOZAMBICO
- A
cura di Paolo Salvo -
In fine
mattinata, il Santo Padre ha ricevuto quest’oggi il cardinale Giovanni Battista
Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha nominato il cardinale belga Jan Pieter Schotte,
segretario generale del Sinodo dei Vescovi, sua Inviato speciale alla
celebrazione del 150.mo anniversario del ristabilimento della Gerarchia
cattolica nei Paesi Bassi. Tale celebrazione avrà luogo a Utrecht il 7 giugno
prossimo.
Numerose iniziative sono state promosse dalla Chiesa
cattolica olandese per celebrare la ricorrenza. La questione risale al tempo
della Riforma protestante, quando il governo olandese aveva imposto alla
provincia ecclesiastica restrizioni tali da indurre la Santa Sede a porre il
territorio sotto il proprio controllo diretto come terra di missione. Fu nel
1853, sotto il Pontificato di Pio IX, che la Gerarchia cattolica poté essere
ristabilita nei Paesi Bassi. Su 16 milioni di abitanti, i cattolici olandesi
sono oggi oltre cinque milioni, distribuiti in otto diocesi. Altre statistiche
ufficiali indicano che i protestanti seguono con il 23 per cento e i musulmani
con il 4,3 mentre il 38 per cento della popolazione olandese si dichiara non
credente. In una recente lettera aperta, i vescovi olandesi hanno voluto ringraziare
le comunità religiose del Paese, per il contributo indispensabile alla Chiesa e
alla società, attraverso la preghiera e la testimonianza.
Il Pontefice ha nominato membro ordinario della Pontificia
Accademia delle Scienze Sociali il prof. Vittorio Possenti, ordinario di
Filosofia politica all’Università di Venezia.
In Canada, il Santo Padre ha nominato vescovo di
Antigonish il presule mons. Raymond John Lahey, finora vescovo
di Saint George’s.
In Mozambico, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di
Lichinga il francescano 44enne padre Hilàrio Da Cruz Massinga, dell’Ordine dei
Frati Minori, attuale custode della Custodia “Santa Clara” dello stesso Paese
africano.
LA GUERRA IN IRAQ E LE SOFFERENZE DELLA POPOLAZIONE
CIVILE COINVOLTA
NEL CONFLITTO IN PRIMO PIANO NEL COLLOQUIO
TRA GIOVANNI PAOLO II
E IL
MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, DE VILLEPIN,
RICEVUTO
IERI SERA IN VATICANO
- A cura di Alessandro Gisotti -
Cercare
la via migliore per alleviare le sofferenze della popolazione civile coinvolta
nella guerra in Iraq. Questo l’argomento centrale affrontato nell’udienza del
Papa al ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, ricevuto ieri
sera in Vaticano. Dopo l’udienza del Santo Padre, l’ospite ha incontrato il
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e l’arcivescovo Jean Louis
Tauran, segretario per i rapporti con gli Stati. Durante i colloqui – riferisce
una nota del portavoce della sala stampa della Santa Sede, Navarro-Valls – è
stata sottolineata la “necessità di abbreviare le sofferenze” dei civili con
“l’auspicio che la comunità internazionale aiuti gli iracheni ad essere loro
stessi gli artefici della ricostruzione”. Nell’incontro, si
è anche “accennato al problema israelo-palestinese e a una sua rapida
soluzione”, tale da permettere la “coesistenza di due stati sovrani, come
condizione indispensabile per la pace in Medio Oriente”. Si è, infine, fatta
menzione del lavoro della Convenzione Europea e del futuro Trattato
Istituzionale dell’Europa, per “sottolineare l'importanza che vi sia
riconosciuto il ruolo delle Chiese e delle comunità di credenti”.
Al
termine dell’udienza, il ministro degli Esteri francese ha incontrato, alla
Farnesina, il suo omologo italiano Franco Frattini. Durante la conferenza
stampa congiunta, Dominique de Villepin ha auspicato che alla fine della guerra
venga garantita la l'integrità dell'Iraq”. Per raggiungere questo obiettivo, ha
aggiunto, “é fondamentale garantire la sovranità delle Nazioni Unite”.
INCONTRO SCIENTIFICO IN VATICANO
SUL TEMA DELLA PEDOFILIA
Dal 2 al 5 aprile ha avuto luogo
in Vaticano un incontro scientifico sul tema della pedofilia. Lo ha reso noto
stamani il portavoce vaticano, Joaquín Navarro Valls, precisando che al
simposio, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, hanno preso parte i
più qualificati esperti del tema, provenienti dagli Stati Uniti d’America, dal
Canada e dalla Germania. Hanno partecipato all’incontro anche specialisti nella
terapia di recupero delle persone affette da questo problema. Erano presenti
inoltre rappresentanti di alcuni dicasteri della Curia Romana: Dottrina della
Fede, Vescovi, Clero, Religiosi, Educazione cattolica, e della Segreteria di
Stato. Nel corso del Simposio, il tema della pedofilia è stato affrontato dal
punto di vista strettamente scientifico e clinico. Le relazioni presentate
all’incontro, così come i protocolli del suo sviluppo, saranno pubblicati tra
qualche mese.
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
A tutta
pagina, si impone, in prima, il seguente titolo "Nell'imperversare della
guerra siano evitate alla popolazione civile altre sofferenze".
Nelle vaticane, nel discorso
alla Conferenza Episcopale della Scandinavia, il Papa ha sottolineato che
l’autentico umanitarismo include sempre Dio. Senza Dio si perde anche il giusto
senso dell'uomo.
L'intervento dell'arcivescovo
Renato Raffaele Martino durante l'incontro promosso dalla Fondazione Di Liegro:
economia, etica e sviluppo sostenibile.
Una pagina in occasione del
centenario della morte di santa Gemma Galgani.
Nelle pagine estere, i primi
positivi "frutti" sul fronte dell'emergenza alimentare in Iraq.
Francia, Russia e Germania
chiedono il coinvolgimento dell'Onu nella ricostruzione post-bellica.
Medio Oriente: concluso il
rastrellamento israeliano nel campo di Tulkarem; tornano le centinaia di
profughi cacciati.
Nella pagina culturale, un
contributo di Danilo Veneruso dal titolo: La "democrazia incompiuta";
a proposito del saggio di Piero Craveri.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica in riferimento alla crisi irachena.
In rilievo il tema del lavoro.
=======ooo=======
5 aprile 2003
CON UN VIOLENTISSIMO SCONTRO, LE PRIME AVANGUARDIE USA
PENETRANO
ALLA PERIFERIA DI BAGHDAD, DOPO AVER ASSUNTO
IL
CONTROLLO DELL’AEROPORTO INTERNAZIONALE.
ANCHE
SOLDATI BRITANNICI ENTRANO IN BASSORA,
MENTRE
I BOMBARDAMENTI PROSEGUONO IN TUTTO IL PAESE.
SEMPRE
PIU’ GRAVE LA SITUAZIONE UMANITARIA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
L’alba
del 17.mo giorno ha portato tragicamente la guerra tra le strade di Baghdad.
Tra le 5 e le 8 di stamani, nel quartiere di Dora-Yarmouk, a sud-ovest del
centro cittadino Baghdad, una trentina di blindati americani hanno ingaggiato
un violentissimo scontro a fuoco con le truppe irachene, dopo aver sfondato le
linee della Divisione Al Nida della Guardia Repubblicana. Un’azione cruenta
che, secondo il colonnello americano David Perkins, ha lasciato uccisi sul
terreno almeno mille soldati iracheni. Poco dopo, un cronista della France
Presse ha riferito di dozzine di mezzi militari iracheni in fiamme o
bruciati, abbandonati per le strade, come risultato dell’incursione definita da
un portavoce del Centcom, il comando centrale alleato in Qatar,
“un’opportunità” subito sfruttata. Durante la notte, i reparti della Terza
Divisione di fanteria statunitense si erano assicurati il sostanziale controllo
dell’aeroporto internazionale di Baghdad, dopo una violenta battaglia che -
secondo gli alleati - ha provocato la morte di 320 soldati iracheni e la resa
di altri 2.500. Poco fa, è giunta la notizia, da parte americana, di un
attentato suicida compiuto da un iracheno contro soldati americani, ma un
portavoce militare iracheno ha smentito la notizia, affermando invece che
sarebbero centinaia i soldati americani morti nell’assalto allo scalo di
Baghdad. Le forze americane penetrate nella capitale hanno anche affermato di
aver preso il quartier generale della Divisione Medina della Guardia
repubblicana e la città ha ripreso ad essere bombardata dal cielo e dal mare.
Colpita anche la città di Karbala, nell’Iraq centrale, allo scopo di proteggere
l’arrivo dei rinforzi alleati diretti su Baghdad.
Nella
consueta “guerra” della propaganda, il ministero dell’Informazione del regime
ha smentito la presa dello scalo internazionale ed ha invitato la nazione a “cacciare
le truppe americane dall’aeroporto”. L’invito del ministro Mohammad Saed
al-Sahaf segue l’altro l’appello lanciato ieri dallo stesso Saddam Hussein,
ripreso dalla televisione irachena durante un bagno di folla per le vie di
Baghdad. Il rais ha nuovamente invitato il suo Paese a resistere con ogni
mezzo, ma per l’intelligence americana sarà lo scontro con le due
divisioni irachene schierate a difesa del centro di Baghdad a decidere le sorti
della seconda Guerra del Golfo.
In questo quadro in rapido
mutamento, che sembra preludere alle resa dei conti finale, gli abitanti di Baghdad
assistono impotenti, mentre l’emergenza si aggrava ulteriormente, come ci
descrive una testimone oculare – Simona Torretta di “Un ponte per…..” –
intervistata da Andrea Sarubbi:
**********
R. - Da quando siamo arrivati qui, nella città di Baghdad,
abbiamo preso accordi con la Mezzaluna Rossa irachena, che è il nostro partner
locale, per avviare degli interventi sul piano dell’emergenza. Essi prevedono,
in particolar modo, di garantire la fornitura elettrica presso gli ospedali di
Baghdad e di Bassora. Inoltre, stiamo cercando - sempre in collaborazione con
la Mezzaluna Rossa - di avviare un intervento per gli sfollati nella città di
Baghdad, che prevede una prima installazione di tende in alcune zone a rischio,
con funzione di fornire assistenza medica immediata.
D. - Come si vive a Baghdad in questo momento, cos’è che
manca di più?
R. - Tutta la città di Baghdad è senza elettricità. Ho
anche saputo che in alcune zone della città manca l’acqua, e questo sarà
sicuramente un problema perché porterà alla lunga ad una grande emergenza
umanitaria.
D. - Come si stanno preparando all’assedio?
R. - Da qualche giorno la gente si sposta in continuazione
da una parte all’altra della città, di giorno ma anche di notte, per rifugiarsi
- laddove ve sia la possibilità - nelle case dei parenti in campagna. Girando
per la città, si vede una città completamente svuotata: i negozi chiusi e le
poche merci rimaste trasferite presso le case dei proprietari per essere
vendute privatamente. Ingegneri, operai, commercianti, insegnanti, docenti
universitari sono senza lavoro da giorni, parte del loro stipendio è già stata
investita nell’acquisto di generi di prima necessità, che sono acqua, cibo e
medicinali. Mentre, al contrario, medici ed infermieri lavorano senza sosta negli
ospedali della città e cercano, nonostante le grandi difficoltà e la penuria di
materiali e di medicinali, di assistere i numerosi feriti.
**********
Diverse centinaia di
iracheni feriti sono ricoverati negli ospedali di Baghdad dopo gli
scontri nelle strade della periferia. Lo ha detto oggi, da Ginevra, Florian Westphal, portavoce del
Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr). “La situazione sta diventando
difficile - ha affermato Westphal, sulla base dei rapporti pervenuti dai
quattro ospedali di Baghdad - bombardamenti e
scontri sul terreno hanno fatto aumentare il numero dei ricoverati. Da una media di cento al giorno
siamo saliti ieri a diverse centinaia”.
Sul
fronte sud, intanto, la base aerea di Nassiriyah, la più importante dell’area,
è caduta oggi nelle mani delle forze anglo-americane, secondo quanto riferito
dall’agenzia iraniana Irna. La stessa agenzia ha parlato anche di una nuova
offensiva dei militari britannici, lanciata stamani verso Bassora, che ha
portato i combattimenti all’interno della seconda città irachena. Una città in
ginocchio da giorni, segnata da una crisi umanitaria molto grave. Sentiamo la
collega Barbara Schiavulli, raggiunta telefonicamente a Bassora da Adriana
Masotti:
**********
R. - La gente non ha bisogno di cibo, perché Saddam ha
distribuito, prima della guerra, alimenti per sei mesi. Quello che la gente
chiede è acqua e medicine, che comunque pian piano stanno arrivando.
D. -
Quanto invece ai combattimenti, c’è resistenza oppure i soldati iracheni si stanno
consegnando agli anglo-americani?
R. - Ci sono molti, soprattutto da parte dell’esercito
regolare, che si arrendono e si lasciano prendere. Però, ci sono delle sacche
di resistenza che si ritirano sempre verso l’interno. Quello che posso dire è
che ormai sembra che ci siano due tipi di guerra: quella che stanno conducendo
gli americani verso Baghdad e quella che invece stanno conducendo gli inglesi -
in un modo un po’ più “soft”, per così dire - mirata a conquistare la fiducia
della gente che è ancora molto spaventata e dice: “Noi non ci arrendiamo,
perché abbiamo paura che questi (gli alleati, ndr) poi se ne vadano!”.
**********
Con il conflitto che sembra aver
iniziato il conto alla rovescia verso la conclusione, aumentano le domande di
chi si chiede quale epilogo potrà realmente avere la seconda Guerra del Golfo.
Ecco il parere di un esperto di strategia militare, il generale Luigi
Caligaris:
**********
R. - Non c’è
una situazione uguale all’altra. Ricordiamoci che per prendere Kabul i sovietici
e gli afghani dovettero combattere per anni. Poi abbiamo visto, nella seconda
guerra in Afghanistan, come Kandahar sia caduta in pochissimi giorni. Kabul è
caduta praticamente in un giorno. Un’altra ovvietà - ma è importante tenerla
presente - è il fattore morale, ossia quanto la popolazione ne abbia avuto
abbastanza della dittatura di Saddam Hussein. Questo perché le Guardie
repubblicane, isolate dalla popolazione, nel timore delle ripercussioni del
‘dopo’, probabilmente potrebbero sfaldarsi anch’esse. In ogni modo, la guerra
non potrà considerarsi del tutto finita finché non si sia riusciti a stabilire
un assetto di sicurezza ragionevole su tutto il Paese. Io credo che la pacificazione
dell’Iraq sarà un impegno enorme, che coinvolgerà la dimensione politica,
quella sociale, la comprensione delle culture e, naturalmente, tutta la parte
delle infrastrutture, che dovranno essere rimesse in ordine. Ma non pensiamo
che con qualche centinaio di migliaia di uomini sul posto le cose possano
migliorare. Io citerei un detto americano: “Le forze militari dell’Occidente
potranno essere non la soluzione del problema, ma lo stesso problema, perché se
non venissero accettate dalla popolazione locale, allora mantenere la sicurezza
sarebbe una cosa molto complicata”.
***********
Tra le vittime delle ultime ore di guerra c’è anche il
giornalista americano, Michael Kelly, un corrispondente del Washington Post,
che si trovava al seguito della terza
Divisione Usa impegnata nella conquista dell'aeroporto di Baghdad. Kelly è morto
in seguito in un incidente ad un automezzo militare e la sua scomparsa è la
prima avvenuta tra i giornalisti al seguito dei militari: gli altri quattro
reporter finora periti erano fuori dai ranghi militari.
Spingendo lo sguardo al dopo-Saddam, gli Stati Uniti non
hanno mai fatto mistero di voler inizialmente gestire la transizione. Il
diritto di assumere il ruolo principale nell'immediato dopoguerra in Iraq è
stato ribadito ieri dal consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleeza
Rice, giacché - ha affermato - gli
americani e i loro alleati hanno dato “vita e sangue” alla campagna per
rovesciare il regime iracheno. La Rice ha comunque assicurato che gli iracheni
parteciperanno “sin dal primo giorno” al processo di ricostruzione del loro
Paese. Mentre l'Onu, ha soggiunto, dovrà avere un ruolo da svolgere soprattutto
nella distribuzione degli aiuti umanitari e la direzione del programma “cibo contro
petrolio”. Questa dura presa di posizione potrebbe inasprire la “ferita” tra
Usa e Europa, allargatasi all’inizio del conflitto nel Golfo. Questa divisione è frutto degli avvenimenti seguiti
all’11 settembre 2001 o vi erano in precedenza segnali, in questo senso?
Ascoltiamo il parere di Jordi Pujol, presidente del governo della Catalogna,
giunto in Italia per inaugurare un centro regionale culturale. L’intervista è
del nostro direttore, padre Ignazio Arregui:
**********
R. - Alcuni di questi elementi c’erano già prima
dell’attentato dell’11 settembre. Elementi che sono la conseguenza per esempio
dell’evoluzione del pensiero religioso nelle due parti dell’Occidente,
l’America e l’Europa. L’Europa è un continente relativista; gli Stati Uniti
sono un Paese moralista. C’è una differenza che cresce ogni giorno da questo
punto di vista. Poi gli Stati Uniti hanno il senso della loro potenza e della
loro volontà di potenza. L’Europa non ha volontà di potenza, l’Europa ha
volontà di creare - è’ stato un successo, da questo punto di vista e siamo
orgogliosi di questo – uno Stato sociale, una società veramente più giusta,
dove lo sforzo più grande si fa perché
nessuno si veda estromesso dalla società. Tutto questo è molto buono ma non è
accompagnato dal desiderio di voler essere potente, forte, di essere capace di
difendersi e difendere questi valori al di fuori dell’Europa stessa. Poi ci
sono anche altri fattori ideologici, per esempio quello che è rimasto del
marxismo e del comunismo come fondo culturale, intellettuale ed ideologico, non
più comunista ma contrapposto ai grandi valori di una parte dell’Occidente
europeo ma soprattutto di questo Occidente americano.
D. - La riunificazione tra l’Europa occidentale e gli
Stati Uniti si potrà di nuovo rafforzare, consolidare?
R. - Spero di sì,forse non molto rapidamente. Penso che i
fattori comuni che ci sono tra gli europei e gli americani del nord sono molto
importanti. Spero che ci sarà un nuovo riavvicinamento tra le due sponde
dell’Atlantico.
**********
EVITARE LA DESTABILIZZAZIONE DEL MEDIO ORIENTE
E
GARANTIRE IL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE NELLA RICOSTRUZIONE DELL’IRAQ:
E’
L’AUSPICIO DI STAFFAN DE MISTURA, RAPPRESENTANTE PERSONALE DEL SEGRETARIO GENERALE
DELL’ONU NEL SUD DEL LIBANO
-
Intervista con Staffan de Mistura -
Ribadire
il “ruolo centrale” delle Nazioni Unite nella “gestione delle crisi
internazionali”. E’ quanto affermato, stamani, dal presidente della Commissione
europea, Romano Prodi. Proprio sul futuro dell’Onu - non solo nell’Iraq
postbellico - si è acceso, in queste settimane, il confronto tra gli attori
principali della comunità internazionale. D’altro canto, in molti guardano con
preoccupazione al rischio di una destabilizzazione della regione mediorientale,
quale conseguenza della Seconda Guerra nel Golfo. Tra gli uomini che lavorano,
in prima linea, per evitare l’infiammarsi del Medio Oriente, c’è Staffan de
Mistura, rappresentante personale del segretario generale dell’Onu nel Sud del
Libano. Alessandro Gisotti lo ha raggiunto telefonicamente a Beirut:
**********
R. – Uno dei miei grandi timori, mio e dei miei colleghi,
era che la linea di frontiera tra Siria, Libano e Israele, una frontiera calda
– potenzialmente – dove abbiamo duemila uomini delle Nazioni Unite, potesse
diventare incandescente in collegamento con la guerra in Iraq. Per fortuna non
è avvenuto, questo, e non sta avvenendo e ci stiamo adoperando affinché non
avvenga, in maniera tale che sia circoscritto solo all’Iraq. Certo, nelle
strade di Beirut, nelle strade di tante città arabe ci sono movimenti di
protesta, ma non vogliamo credere che ci sia una regionalizzazione e si sta
lavorando per evitarlo.
D. – Saddam Hussein incita tutti i musulmani alla “guerra
santa” contro gli americani: un appello che potrebbe essere raccolto dai
movimenti fondamentalisti, come gli Hezbollah presenti in Libano?
R. – Francamente, avrei molti dubbi che questo avvenga.
Saddam Hussein ha una pessima reputazione in questo campo, perché non ha certo
rispettato gli sciiti dopo la guerra del ’90, quando ci sono stati dei
terribili eccidi. Quindi, il fatto che lui si risvegli in quanto a religiosità,
non mi pare che sia credibile. Dalla parte degli Hezbollah c’è sempre stata la
consapevolezza che Saddam Hussein non è stato una persona che ha rispettato
l’integrità, anche fisica, degli sciiti. E poi, come il Santo Padre più volte
ci ha ricordato, fare guerre in nome della religione è un’antitesi. In questo
caso, credo che pochi risponderanno a Saddam.
D. – Quale potrà essere il ruolo dell’Onu nella
ricostruzione dell’Iraq dopo il conflitto?
R. – C’è una delusione, che tutti abbiamo provato per il
fatto che il Consiglio di Sicurezza, che in fondo è il nodo focale per le
decisioni politiche dell’Onu, non abbia potuto mettersi d’accordo e non abbia
potuto affrontare insieme quello che tutti ci auguravamo: il disarmo pacifico
ma energico dell’Iraq. A questo punto, dipende dal Consiglio di Sicurezza che
va ricompattato. Ne abbiamo avuto il primo sintomo con l’approvazione unanime
da parte dello stesso per l’“oil-for-food” - petrolio contro il cibo -
affidandolo alle Nazioni Unite. Spero ci sia un incarico alle Nazioni Unite per
assistere la popolazione civile.
D. – Quanto inciderà questa crisi, per i modi in cui è
scaturita e si è sviluppata, sull’autorevolezza e l’efficacia del sistema delle
Nazioni Unite?
R. – Certo, ogni volta che c’è la guerra è un fallimento
ed è certamente una sconfitta per l’Onu, che è stata creata per evitare le
guerre. In questo senso c’è bisogno di guardare di nuovo a quanto è avvenuto.
Ma quante volte, in passato, abbiamo visto ciò avvenire e quante volte poi si è
tornati comunque all’Onu? Perché non c’è un’alternativa! L’ultima fu il Kosovo,
quando l’Onu fu completamente emarginata dalla decisione della Nato decidendo,
a quel tempo, di non rivolgersi al Consiglio di Sicurezza, in quel caso era
stata la Russia a minacciare il veto. Eppure, poi, il Kosovo è stato
ristabilizzato e ricostruito grazie, soprattutto, ad uno dei pilastri che è
l’Onu.
**********
-
Intervista con il missionario Gino Barsella -
Entro giugno sarà pace in Sudan. L’annuncio è venuto a
conclusione dell’incontro, nei giorni scorsi,, nei giorni scorsi, tra il
presidente Omar el-Bashir e il leader dei ribelli Spla, John Garang. E’ stato il secondo incontro tra le due
parti in venti anni di guerra tra il nord e il sud del paese. Nel primo, svoltosi a luglio scorso, era
stato stilato un primo memorandum di intesa per la cessazione delle ostilità,
chiamato Protocollo di Machakos dalla località del Kenya che ha ospitato i
negoziati.
Sulle
prospettive di pace e sulle difficoltà da affrontare, ascoltiamo,
nell’intervista di Fausta Speranza,
padre Gino Barsella, missionario comboniano.
**********
R. – Chi sta spingendo, adesso, perché questa pace avvenga
è l’America in particolare che ha bisogno di far vedere che lavora per la pace
nel mondo, ovviamente soprattutto nei confronti dei Paesi arabi, e quindi far
fare la pace in Sudan sarebbe un grosso punto diplomatico a vantaggio.
L’America e l’Europa hanno deciso che la pace dev’essere fatta entro giugno, il
che vuol dire tanti soldi, il che vuol dire l’annullamento del debito – per
esempio – da parte dei Paesi europei, tanti soldi soprattutto dall’America
purché questa pace si faccia entro giugno.
D. – Quali difficoltà restano aperte, secondo lei?
R. – Le difficoltà per le quali si combatte da vent’anni e
per le quali si è combattuto nella prima guerra civile tra il 1956 e il 1972;
uno Stato pluralista, il che significa il rispetto delle diversità religiose e
culturali tra Nord e Sud, tra le varie parti del popolo sudanese, il che
significa quindi uno Stato che abbia una natura abbastanza secolare nella sua
Costituzione e non la legge islamica; che politicamente ed economicamente
permetta ad ogni parte di avere la sua giusta parte delle risorse e del potere
politico; che vuol dire una realtà federale che permetta dopo un periodo di sei
anni di interim al Sud Sudan di potere esprimere la propria
autodeterminazione, e una giusta condivisione delle risorse. Per arrivare a
questo sarà un processo lungo. I sei anni di interim previsti sono un tempo
abbastanza lungo per permettere di affrontare questi nodi. Perché però questi
nodi siano affrontati, sarà necessario un monitoraggio internazionale molto
serio – della comunità internazionale, in particolare delle Nazioni Unite –
soprattutto riguardo al cessate-il-fuoco e alla condivisione delle risorse del
petrolio.
D. – Quali condizioni umanitarie trova, questa pace?
R. – Le condizioni umanitarie sono gravissime. C’è un Sud
Sudan completamente distrutto, senza infrastrutture, non ha ospedali, non ha
scuole, non ha niente, è tutto da costruire; ci sono quattro milioni di
sud-sudanesi che si trovano al Nord e che vanno aiutati a rimpatriare: quattro
milioni di ‘profughi interni’, non è poco!
**********
=======ooo=======
5 aprile 2003
PRIMO
PASSO PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DELLA RELIGIONE
NELLA BOZZA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA: SECONDO LA
CONVENZIONE CRISTIANI PER L’EUROPA,
“L'ART. 37 È UN PASSO SIGNIFICATIVO NELLA GIUSTA
DIREZIONE”
BRUXELLES. = Prime soddisfazioni per gli ambienti
cattolici che chiedono un riconoscimento delle Chiese e della religione nella
futura prima Costituzione europea. Gli ultimi progetti della bozza della carta
costituzionale dell’Unione europea presentati ieri alla Plenaria della
Convenzione dalla presidenza rispondono positivamente a tre delle richieste
principali. “L’articolo 37 della bozza di Costituzione europea è un passo
significativo nella giusta direzione” secondo quanto affermato dalla Convenzione
dei cristiani per l’Europa, che unisce cristiani e laici di diversi Paesi
europei impegnati a promuovere la libertà religiosa. Anche se “non esaurisce il
tema della ricezione dell’esperienza religiosa nella Costituzione europea".
La Convenzione dei cristiani esprime apprezzamento per il lavoro dei propri membri
“che si sono adoperati per inserire nella bozza di Costituzione sia quanto già
stabilito nel Trattato di Amsterdam a proposito di riconoscimento degli statuti
delle Chiese, sia l’istituzione di ‘un dialogo regolare’ tra le stesse confessioni
religiose e l’Unione". Ricorda però che "la formulazione
dell’articolo 37 potrebbe essere ulteriormente migliorata esplicitando
l’autonomia istituzionale delle Chiese, ovvero l’identità delle confessioni religiose".
(S.C.)
GRANDI
FESTEGGIAMENTI IERI IN ANGOLA PER IL PRIMO ANNIVERSARIO
DEGLI ACCORDI DI PACE CHE HANNO MESSO FINE A 27 ANNI
DI GUERRA CIVILE.
L’ARCIVESCOVO DI LUANDA, INTERVENUTO AD UNA
MANIFESTAZIONE,
HA INVITATO LA NAZIONE ALLA RICONCILIAZIONE
ATTRAVERSO IL PERDONO
LUANDA.
= Decina di migliaia di persone festanti si sono radunate ieri nello stadio
della capitale angolana Luanda, per ricordare il primo anniversario degli accordi
di pace che hanno posto fine a 27 anni di guerra civile. All’incontro, organizzato
dalle Chiese cristiane, è intervenuto l’arcivescovo di Luanda, mons. Damiao
Antonio Franklin, che ha esortato tutta la nazione alla riconciliazione attraverso
il perdono. Tante sono state le iniziative per riflettere su questo conflitto
che ha diviso il Paese per tanti anni. A mezzogiorno era stato indetto un
minuto di silenzio, in memoria dell’oltre mezzo milione di vittime della
guerra. Anche la televisione e la radio pubbliche hanno temporaneamente sospeso
le loro trasmissioni, per poi tornare a trasmettere in diretta dallo stadio la
preghiera per la pace. Alla stadio “Cidadela” di Luanda era presente anche il
capo dello Stato, Edoardo Dos Santos, insieme ai ministri ed ai rappresentanti
dell’opposizione, ma nessun politico ha preso la parola. Il 4 aprile dell’anno
scorso venne sottoscritto l’accordo di pace tra l’esercito governativo e i
ribelli dell’Unita (Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola),
meno di tre mesi dopo l’uccisione del suo leader, Jonas Savimbi. Una data che
il governo ha celebrato come giornata della pace e della riconciliazione, per
ricordare il giorno in cui l’Angola chiuse definitivamente la tragica pagina
della guerra scoppiata all’indomani dell’indipendenza dal Portogallo, nel
1975.(M.A.)
DECINE
DI MIGLIAIA DI ORFANI, CHE VIVONO SENZA CIBO E ASSISTENZA SANITARIA,
TRAUMATIZZATI DAGLI ORRORI DELLA GUERRA:
E’ QUESTA LA SITUAZIONE DEI BAMBINI RWANDESI
IN UN RAPPORTO PUBBLICATO IN QUESTI GIORNI DA HUMAN
RIGHTS WATCH
KIGALI.
= L’organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto
sulla situazione dei bambini in Rwanda. Secondo il documento intitolato “Le
ferite rimaste: le conseguenze del genocidio e della guerra sui bambini del
Rwanda”, centinaia di migliaia di bambini sono stati uccisi e mutilati, sia a
livello fisico che psichico. Nel Paese africano è enorme il numero degli orfani
e molti di questi sono abbandonati a loro stessi. Diverse famiglie li hanno
accolti ma non sempre i diritti di questi ragazzi sono rispettati: alcuni di
loro infatti sono sfruttati come domestici in cambio di cibo e alloggio. Il
rapporto documenta il trauma che molti bambini hanno subito durante il
genocidio le cui conseguenze durano fino ad oggi. Il rapporto raccoglie infatti
le testimonianze di alcuni bambini, dalle quali si comprendono le profonde ferite
che la cruenta guerra del Paese africano ha causato nella loro vita. Attraverso
questo documento inoltre si descrivono anche le condizioni di vita attuali dei
bambini che conducono un’esistenza al limite della sopravvivenza, senza cibo e
assistenza sanitaria. (M.A.)
CONTINUA LA
PESCA DELLE BALENE IN NOME DELLA SCIENZA. 5 BALENIERE
SONO RIENTRATE IERI IN GIAPPONE CON A BORDO 440
GRANDI CETACEI:
DURA LA PROTESTA DI GREENPEACE, SECONDO CUI DIETRO
LE MOTIVAZNI SCIENTIFICHE SI NASCONDONO INTERESSI
MERAMENTE ECONOMICI
TOKYO. = È rientrata in Giappone dalle acque
dell’Antartico una flotta di 5 baleniere con un carico di 440 grandi cetacei,
uccisi in nome della ricerca scientifica. Greenpeace lamenta che dietro le intenzioni scientifiche si
nascondano operazioni meramente commerciali. I battelli nipponici hanno passato
cinque mesi in mare per quella che l’Agenzia di pesca del Giappone ha definito
una "missione scientifica con lo scopo di indagare sulle abitudini
alimentari delle balene". Dura la denuncia da parte di Greenpeace, che ha
protestato contro l’uccisione dei cetacei, convinta che le affermazioni delle
autorità giapponesi giustifichino in realtà battute di pesca a scopi
commerciali. L’associazione ecologista ha messo in dubbio le motivazioni scientifiche
dichiarate della missione, ricordando che è ormai diffusamente noto che le
balene si nutrano dei particolari minuscoli crostacei chiamati ‘krill’; ha
inoltre sottolineato che la missione giapponese non aveva l’autorizzazione da
parte della Commissione internazionale sulle balene. Già lo scorso settembre
un’altra flotta di baleniere era rientrata in Giappone dall’oceano pacifico,
dopo aver cacciato 194 grandi cetacei. In base ai dati ufficiali, 22.900 sono
fin’ora le balene uccise complessivamente da Giappone, Groenlandia, Sud Corea,
Norvegia e Russia per ‘scopi scientifici’ o in violazione della moratoria internazionale,
in atto dal 1986. (S.C.)
UNA
DELEGAZIONE DI CRISTIANI A COLLOQUIO IERI CON IL GOVERNATORE
DELLO STATO INDIANO DEL GUJARAT. LA SUA FIRMA
DETERMINANTE
PER FAR ENTRARE IN VIGORE LA CONTROVERSA LEGGE
LOCALE CHE OBBLIGA
CHI SI CONVERTE AD UN'ALTRA RELIGIONE A CHIEDERE
L’AUTORIZZAZIONE DELLE AUTORITÀ
NUOVA
DELHI. = La minoranza cristiana del Gujarat, Stato dell’India nord-occidentale,
si mobilita per evitare che entri in vigore il “Documento sulla libertà di
religione”, legge che obbliga chi
vuole cambiare religione a chiedere l’autorizzazione delle autorità civili. La
legge è stata approvata dal governo locale il 26 marzo scorso, ma manca la
firma del governatore dello Stato affinché entri in vigore. Una delegazione di
cristiani si è recata ieri dallo stesso governatore, Shri Sundar Singhji Bhandari,
per chiedergli di studiare a fondo il provvedimento prima di dare il suo
assenso. Per farlo bisogna attendere il parere della procura generale,
richiesto sempre dal governatore per verificare la validità costituzionale del
documento. La legge mira a contrastare il fenomeno delle conversioni forzate,
sia con l’uso della forza che con la promessa di aiuti o sostentamento. La
Chiesa cattolica si è sempre dichiarata estranea a queste pratiche. In
particolare, la legge prevede una pena detentiva fino a 3 anni, e una multa
fino a 50 mila rupie (oltre mille euro) per chiunque trasgredisca. Sono in
molti però a temere che la nuova norma venga utilizzata per mettere a tacere le
minoranze musulmana e cristiana presenti nel territorio. (M.A.)
PERCORSI DI
UN DIALOGO TRA LE CULTURE: A VITERBO DOMANI UNA CENA
MULTIETNICA PER UNIRE IMMIGRATI E ABITANTI DELLA
CITTÀ
VITERBO. = Una cena multietnica organizzata nel
locale più noto della città, in onore degli immigrati: questa l’iniziativa,
realizzata grazie alla collaborazione tra gli extracomunitari e l’associazione
‘Giovani per un mondo unito’ di Viterbo, che si terrà domani sera alle 21. Una
serata alla scoperta di suoni, sapori e di culture diverse, per combattere
razzismo ed indifferenza tra le diverse culture. Il ricavato verrà devoluto per
la realizzazione di strutture sanitarie nella cittadella di Fontem, in Camerun.
(S.C.).
=======ooo=======
5 aprile 2003
- A cura di Barbara Castelli -
In
primo piano un disastroso naufragio avvenuto stamani in un fiume a nord-est del
Bangladesh e costato la vita ad almeno 60 persone. Un battello, con oltre 170
passeggeri a bordo, è affondato dopo essersi scontrato con una chiatta. Lo
hanno riferito fonti governative della città di Chatak, precisando che il
bilancio è ancora provvisorio e che almeno un centinaio di persone si sarebbero
salvate grazie all’intervento di alcuni abitanti dei villaggi della zona. I corpi
fino ad ora recuperati sono in gran parte di donne e bambini.
Il presidente della Repubblica
Democratica del Congo, Joseph Kabila, ha promulgato ieri sera a Kinshasa, nel
corso di una cerimonia ufficiale, una nuova Costituzione. Il testo, approvato
dai 362 delegati del dialogo intercongolese, riuniti a Sun City in Sud Africa,
apre la via alle prime elezioni libere nel Paese africano.
Non cessa l’allarme per il virus della Sindrome Acuta
Respiratoria Severa, più nota come “polmonite atipica”, che fino ad oggi ha
causato oltre 80 morti e più di 2.300 casi nel mondo. Un 70.ne in Malaysia,
un’italiana 57.ne emigrata in Canada e altri 3 uomini ad Hong Kong sono le
ultime vittime del virus Sars. L’emergenza è particolarmente preoccupante anche
in Corea del Sud e nello Sri Lanka. Intanto, ieri il presidente americano, George
Bush, ha firmato un ordine esecutivo che dà ai vertici del servizio sanitario
nazionale la responsabilità di decidere quando sia necessaria una quarantena.
Severi controlli medici e misure di prevenzione sono scattati in tutti gli
scali internazionali per bloccare il contagio.
Il ministero dell’Interno serbo ha emesso ieri un mandato
di cattura contro la moglie e il figlio dell’ex presidente jugoslavo, Slobodan
Milosevic. Mira Markoviv ed il figlio Marko, attualmente a Mosca, sono accusati
di complicità nell’assassinio dell’ex presidente serbo, Ivan Stambolic,
esautorato nel 1987 dall’‘uomo forte’ di Belgrado.
“Qualsiasi tentativo di trarre un’analogia tra le
situazioni in Iraq e Kashmir è sbagliato”. Con queste parole oggi
l’Amministrazione statunitense ha messo in guardia l’India dal prendere
l’offensiva preventiva contro Baghdad come esempio a pretesto per attaccare il
Pakistan, per la contesa zona del Kashmir.
Trasferiamoci in Medio Oriente, dove ieri nel campo
profughi palestinese di Tulkarem le forze speciali israeliane
hanno tratto in arresto il dirigente della Jihad islamica, Anwar Alian, e il
comandante di Tanzim, Abdel Hadi Hamshari. La cattura dei due è avvenuta nel
corso di una massiccia operazione di rastrellamento, che ha, inoltre, portato
all’arresto di altri 21 ricercati dell’Intifada e alla scoperta di un
laboratorio per la confezione di ordigni. Intanto, nella notte un palestinese è
rimasto ferito alla periferia di Betlemme mentre preparava un attentato contro
obiettivi israeliani.
Segni di distensione nella
crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord. Secondo quanto reso noto ieri da fonti
ufficiali, Washington e Pyongyang avrebbero avuto incontri, in sede di
rappresentanze diplomatiche all’Onu, dal 31 marzo al 2 aprile scorso. I
colloqui, incentrati sul riarmo della Corea del Nord, avrebbero registrato
passi significativi.
Trasferiamoci
in Afghanistan dove stamani un gruppo di militari italiani della task force
Nibbio è stato nel mirino di un attacco armato. Un uomo non identificato ha
aperto il fuoco contro la pattuglia per poi dileguarsi tra la gente di un
villaggio al confine con il Pakistan. Fortunatamente nessuno dei militari è rimasto
ferito.
Una
violenta deflagrazione, legata ad una ripresa dell’attività eruttiva del
vulcano, è stata registrata questa mattina a Stromboli. Dal cratere è uscita
un’alta colonna di fumo e cenere lavica che il vento sta spingendo lontano
dall’isola. Delle pietre laviche sono cadute sulla frazione di Ginostra,
colpendo alcune case ma senza fortunatamente provocare vittime.
=======ooo=======