RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 94 - Testo della
Trasmissione venerdì 4 aprile 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Il segretario personale del Papa,
mons. Stanislao Dziwisz dimesso dal Policlinico Gemelli.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Si stringe il cerchio
degli Alleati intorno a Baghdad, mentre Saddam Hussein incita il popolo
iracheno a combattere. Rientra in Iraq parte del personale delle agenzie
umanitarie: con noi, il generale Mario Arpino, Laura Boldrini e il prof.
Tiziano Bonazzi.
CHIESA E
SOCIETA’:
Catturato in
Cisgiordania un comandante della Jihad islamica.
Proseguono i lavori per
il varo della prima Costituzione europea.
Entro due mesi una
forza internazionale di pace in Burundi per il controllo del cessate-il-fuoco.
Il 9 aprile il caso
della Corea del Nord in discussione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu
4 aprile 2003
CRISTO
HA AMATO LA CHIESA E HA DATO SE STESSO PER LEI E TU?
L’INTERROGATIVO
AL CENTRO DELLA TERZA PREDICA DI QUARESIMA
DI
PADRE RANIERO CANTALAMESSA ALLA PRESENZA DEL PAPA E DELLA CURIA ROMANA
- A
cura di Carla Cotignoli -
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“Cristo ha amato la Chiesa”. E’ un aspetto cruciale quello
approfondito da padre Raniero Cantalamessa questa mattina davanti alla Curia
Romana, nella sua terza predica di Quaresima: l’amore alla Chiesa per cui
Cristo ha dato la sua vita. E’ cruciale, perché oggi tanti, proprio per le
rughe che le solcano il volto a causa di tante mancanze, affermano di credere
sì in Cristo, ma non nella Chiesa. Padre Cantalamessa, nella sua predica, cita
più volte Caterina da Siena che, imitando Cristo, ha dato la sua vita per il rinnovamento
della Chiesa. Ma ascoltiamo direttamente il predicatore della Casa Pontificia:
“Dalle parole di Santa Caterina
scaturisce una conseguenza importante: se Cristo ha amato la Chiesa nonostante
le iniquità che essa doveva commettere, facendo quasi finta di non vederle, chi
siamo noi per trovare nelle debolezze e miserie della Chiesa una ragione per
non amarla e anzi giudicarla? Proprio noi che siamo così carichi di peccato? Crediamo che Gesù non li
conoscesse meglio di noi i peccati della Chiesa? Non sapeva egli per chi
moriva? Che, tra i suoi discepoli, uno lo aveva tradito, un altro lo stava
rinnegando e tutti stavano fuggendo? Ma egli ha amato questa Chiesa reale, non
quella immaginaria e ideale. È morto ‘per renderla santa e immacolata’, non
perché era già santa e immacolata. A Lutero che lo rimproverava di rimanere
nella Chiesa cattolica, nonostante la sua “corruzione”, Erasmo di Rotterdam
rispose un giorno: ‘Sopporto questa Chiesa, in attesa che divenga migliore, dal
momento che anch’essa è costretta a sopportare me, in attesa che io divenga
migliore’. Dobbiamo chiedere perdono tutti a Cristo di tanti giudizi
sconsiderati e di tante offese arrecate alla sua sposa e, per conseguenza, a
lui stesso. L’affermazione della Lettera agli Efesini contiene implicita una
domanda: “Cristo ha amato la Chiesa. E tu?”. Uniamoci all’infuocata preghiera
con cui Santa Caterina invita gli amanti della Chiesa a formare un contrafforte
di preghiera intorno al muro della Chiesa: ‘O dolcissimo amore, tu vedesti in
te la necessità della Santa Chiesa, e il rimedio che le bisogna, e glielo hai
dato, cioè l’orazione dei servi tuoi, dei quali tu vuoi che si faccia un muro,
col quale s’appoggi il muro della Santa Chiesa e ai quali la clemenza del tuo
Santo Spirito infonde affocati desideri per la sua reformatione’”.
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DAL
PAPA IN VISITA “AD LIMINA” ALTRI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DI
SCANDINAVIA. PROVVISTE DI CHIESE IN UNGHERIA, GERMANIA E AUSTRALIA.
NOMINA
IN ARCHIVIO VATICANO.
Il Papa
ha ricevuto questa mattina i vescovi di Copenaghen, di Stoccolma e di Helsinki,
con altri tre presuli, due emeriti e un ausiliare, in visita “ad Limina”.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi ungherese di Székesfehévàr, presentata dal vescovo
mons. Nàndor Takàcs, per limiti di età, e ha nominato al suo posto mons. Antal
Spànyi, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Esztergom-Budapest.
In Germania, il Pontefice ha nominato vescovo di Essen il
presule mons. Felix Genn, finora ausiliare di Trier.
In Australia, il Papa ha nominato ausiliare
dell’arcidiocesi di Melbourne il prelato mons. Christopher Prowse, di 49 anni,
finora vicario generale, elevandolo alla dignità vescovile.
Il Santo Padre, in data 3 aprile, ha infine nominato segretario generale
dell’Archivio Segreto Vaticano il dott. Luca Carboni, officiale del medesimo
Archivio.
INSIGNITO
DELLA LAUREA HONORIS CAUSA IN GIURISPRUDENZA
DALL’UNIVERSITA’ LA SAPIENZA DI ROMA
LA
CERIMONIA DI ASSEGNAZIONE: 17 MAGGIO NELL’AULA PAOLO VI
- A
cura di Carla Cotignoli -
“La tutela dei diritti umani sia individuali che in
riferimento ai rapporti tra i popoli” è tra le motivazioni della Laurea honoris causa in Giurisprudenza
di cui è stato insignito Papa Giovanni Paolo II dall’Università la Sapienza di
Roma. Lo rende noto oggi un comunicato dell’Ateneo romano.
“Universalmente nota è l’opera svolta dal
Pontefice, nel corso di tutto il suo Magistero, per l’affermazione del diritto
e per la tutela dei diritti umani in tutte le loro forme storiche sia per
quanto concerne la persona e i suoi diritti individuali sia con riferimento ai
rapporti tra i popoli e al diritto internazionale”. Così inizia la motivazione.
Tra i
diritti umani affermati dal Papa, vengono sottolineate “l’esigenza di
giustizia, anche su temi come quelli del debito estero e
dell’autodeterminazione, e di pace” e l’“opera compiuta ai più elevati livelli
e nelle massime sedi internazionali” in difesa di “un adeguato equilibrio fra
sviluppo economico” e della liberazione dell’uomo dalla povertà.
La motivazione dà ampio
riconoscimento anche al contributo che il Santo Padre ha dato alla “cultura
giuridica”. Viene sottolineata in particolare
“l’elaborazione e lo sviluppo di una dottrina la quale, superando l’isolamento
del diritto dalla religione e dalla morale, fonda i diritti umani sulla dignità
della persona in tutti i momenti della sua vita e sulla sua unicità ed
irripetibilità”.
Ancora, viene riconosciuto che la cultura giuridica affermata dal Papa apre la strada al
“riconoscimento dei ‘nuovi diritti’ richiesti dall’esigenze del mondo
contemporaneo, come i diritti relativi all’ambiente oppure all’emigrazione ed
all’immigrazione od ancora al lavoro e nell’impresa” e alla “funzione sociale”
della proprietà privata.
I RITI DELLA SETTIMANA SANTA PRESIEDUTI
DAL PAPA,
CON LA
TRADIZIONALE VIA CRUCIS AL COLOSSEO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Mancano
sedici giorni alla Pasqua. Una “Pasqua di guerra”, che con la densità dei suo
misteri spirituali e la sua ricchezza liturgica viene a chiedere spazio,
anzitutto nelle coscienze dei credenti, alle puntuali cronache di sangue che
hanno preso possesso dell’attenzione del mondo, in questa prima parte
dell’anno.
Delle
tradizionali celebrazioni che Giovanni Paolo II presiederà durante la Settimana
Santa, la Via Crucis al Colosseo - il prossimo 18 aprile alle 21.15 - è
certamente il rito che quest’anno rifletterà, scandito dai momenti della
Passione di Cristo, il calvario attuale dell’Iraq e insieme, con la gioia della
Risurrezione, la speranza di un rapido ritorno alla pace. Saranno le parole
stesse del Papa - scritte quasi trent’anni fa - a riecheggiare nelle
meditazioni del Venerdì Santo, con il peso della loro inconsunta attualità.
Sentiamo Francesca Sabatinelli:
“La
terra è diventata un cimitero, quanti uomini, tanti sepolcri, un grande pianeta
di tombe”. Le parole che Giovanni Paolo II scrisse per la Via Crucis del 1976,
in occasione degli esercizi spirituali della curia romana assieme a Paolo VI,
sono le parole che il Papa ripropone quest’anno per la Via Crucis del 2003. Le
parole di 27 anni fa, quando ancora era il cardinale Wojtyla, sono tragicamente
attuali dopo lo scoppio devastante della guerra in Iraq. Racconta mons. Piero
Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie: mentre il Papa
pensava alla Via Crucis 2003, “il mondo era turbato dalle notizie divenute via
via più precise dell’incombente minaccia di un immane conflitto bellico”. Il
Santo Padre, ha ricordato ancora mons. Marini, “ha cercato di scongiurare lo
scoppio della guerra, ma non è stato ascoltato”. Giovanni Paolo II ha quindi
deciso che per la Via Crucis di quest’anno avrebbe utilizzato senza modifiche
il testo composto allora su invito di Papa Montini. Nella preghiera iniziale
per la Via Crucis 2003, il Pontefice chiede aiuto alla Madonna, nel segno il
rito verrà celebrato. E’ questa la terza volta che Giovanni Paolo II scrive i
testi della Via Crucis del Colosseo. Lo fece per il Giubileo del 1983-84, per
il Grande Giubileo del Duemila. Quest’anno, inoltre, ricorre un altro giubileo:
quello per i 25 anni del suo pontificato”.
Un
pianeta di tombe tra le quali, però, ve n’è una che da sola ha aperto, duemila
anni fa, un nuovo orizzonte alla fede. “Tra tutte le tombe sparse sui continenti
del nostro pianeta - scrive Giovanni Paolo II - ce n’è una nella quale il Figlio
di Dio, l’uomo Gesù Cristo, ha vinto la morte con la morte”. Ecco dunque venire
alla luce il senso del “passaggio” che il Venerdì Santo simboleggia. Un passaggio
che, quest’anno, sarà preceduto da altri momenti di particolare importanza, a
partire dalla Domenica delle Palme, il 13 aprile, e l’incontro del Pontefice in
Piazza San Pietro con i ragazzi e le ragazze che parteciperanno, con inizio
alle ore 10, alla Messa in occasione della 18.ma Giornata mondiale della
gioventù dal titolo: “Ecco tua madre!”. Il Papa benedirà, come di consueto, le
palme e gli ulivi e celebrerà, al termine della processione, la Messa della
Passione del Signore.
Con la
Passione, si entrerà nel Triduo pasquale. Anche il Giovedì Santo di quest’anno
si connoterà di un eccezionale accento magisteriale. Durante la Messa in
coena Domini - in programma il 17 aprile alle 17.30, in San Pietro - oltre
a svolgere il tradizionale rito della lavanda dei piedi a dodici presbiteri, il
Pontefice firmerà - come annunciato domenica scorsa all’Angelus - la sua
enciclica dedicata all’Eucaristia. Nel giorno in cui si fa memoria anche
dell’istituzione del sacerdozio, il dramma della cronaca non verrà tralasciato:
ai presenti verrà rivolto un invito a compiere un gesto di carità in favore
della popolazione irachena. La somma sarà affidata al Papa al momento della
presentazione dei doni all’altare.
Infine, il Sabato Santo e la Veglia pasquale, la “madre di
tutte le veglie”, con la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione
cristiana. Alle 20.00 del 19 aprile, Giovanni Paolo II benedirà il fuoco nuovo
nell’atrio della Basilica di San Pietro quindi, dopo l'ingresso in processione
in Basilica con il cero pasquale e il canto dell'Exsultet, concelebrerà,
affiancato dai cardinali, la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e
la Liturgia Eucaristica. Sul sagrato della Basilica Vaticana, il giorno dopo,
20 aprile, il Papa celebrerà la Santa Messa di Pasqua, con inizio alle 10.30,
cui seguirà la benedizione “Urbi et Orbi”.
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IL GRAVE FENOMENO DELLA PEDOFILIA,
NELL’INTERVENTO DI MONS. PIERO MONNI
ALLA
CONFERENZA EUROPEA SULLA PROTEZIONE DEI BAMBINI DALLO SFRUTTAMENTO SESSUALE,
PROMOSSA
A ROMA DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO
- A cura di Paolo Salvo -
“Una
piovra destabilizzante e rivoltante”: è il cosiddetto “turismo sessuale”, che
con “lo sfruttamento sessuale dei minori” si rivela di “allarmante attualità!”.
Così si è espresso l’osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Organizzazione Mondiale del Turismo, mons. Piero Monni, intervenendo stamani
a Roma alla Conferenza europea per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento
sessuale.
“Milioni di bambini soffrono il male delle guerre, della
miseria, delle malattie, del lavoro minorile, a cui si aggiunge quello della
sfruttamento sessuale”. Con parole forti e accenti severi, mons. Monni ha
denunciato questo grave e umiliante fenomeno, i cui protagonisti hanno come
mete principali vari Paesi in Asia, Africa e America Latina. Una “nuova forma
di riduzione in schiavitù”, che trova terreno fertile in svariati aspetti: “una
politica spregiudicata, l’avidità di classi privilegiate locali, la povertà di
certi paesi e la lotta per la sopravvivenza di strati della popolazione”.
Il rappresentante della Santa Sede ha rilevato “la carenza
di leggi adeguate” al riguardo o “la mancanza di misure efficaci per la loro
applicazione” contro questo “aberrante fenomeno”, che rivela “l’immagine di una
società immersa nel consumismo senza confini morali e spinta a chiudersi ad
ogni verità oggettiva”. “Deviazioni” che costituiscono purtroppo una realtà
millenaria, ha ricordato, su cui la Chiesa, “pur valutando alla luce del
Vangelo la debolezza umana”, ha mantenuto una severa “linea di rigore per
tutelare l’innocenza dei bambini”. Ma anche un impegno concreto, quello della
Chiesa, come testimoniato ad esempio dalle suore che a tarda sera escono con la
loro jeep per le strade di Bangkok a raccogliere i minori esibiti in locali e
centri particolari, sfidando “situazioni drammatiche legate a gruppi
criminali”. Turpi abusi perpetrati non solo da turisti pedofili, ma anche da
militari in zone di guerra, contrastati con mirabile impegno da istituzioni
religiose e associazioni come “Telefono Arcobaleno”.
L’osservatore permanente presso l’Organizzazione Mondiale
del Turismo non ha mancato di menzionare gli “episodi incresciosi” di abusi
sessuali che hanno coinvolto elementi del clero nordamericano, con l’intervento
deciso del Papa e il “grande dolore” espresso dagli stessi vescovi
statunitensi. Un peccato e un crimine che la Santa Sede e la Chiesa universale
hanno sempre considerato come “una delle offese più gravi che un ministro
consacrato possa commettere”. Sul modo in cui la società deve affrontare la
pedofilia, mons. Monni ha rilevato la discordanza dei pareri e i nuovi
tentativi di approccio, ossia la “rieducazione, attraverso adeguati interventi
socio-terapeutici, sebbene, a volte, per misura di prevenzione e di espiazione,
sia necessario provvedere altrimenti, con l’arresto o la detenzione”.
DIMESSO
DAL POLICLINICO GEMELLI
IL SEGRETARIO PERSONALE DEL PAPA, MONS. STANISLAO DZIWISZ
Il segretario personale di Giovanni Paolo II, mons.
Stanislao Dziwisz, ha lasciato questa mattina il Policlinico Gemelli, dopo
alcuni giorni di degenza. Il presule, che compirà 64 anni il prossimo 27
aprile, era stato ricoverato nel nosocomio romano la sera di sabato scorso per
accertamenti clinici.
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Apre la prima pagina il
seguente titolo "Il dramma dei bambini". Allarme dell'Unicef: 200
mila bambini rischiano di morire a causa delle sempre più deteriorate condizioni
igienico-sanitarie.
Nelle
pagine vaticane, nel cammino della Chiesa in Europa, la Lettera - in cui si
invoca pace, verità e giustizia - del cardinale Husar, arcivescovo maggiore di
Lviv degli Ucraini.
"Mistici veggenti:
esperienze dell'aldilà a confronto": un volume di Francois-Marie Dermine
presentato da padre Georges Cottier.
Nelle pagine estere, violenti scontri all'aeroporto
di Baghdad.
Powell
favorevole ad un intervento dell'Onu nella ricostruzione, ma rivendica un ruolo
principale di Usa e Gran Bretagna.
Unione
Europea: recepito nella bozza della Costituzione lo statuto legale delle
Chiese.
Medio
Oriente: da Egitto e Giordania accuse ad Israele di "sfruttare" il
conflitto nel Golfo per accrescere le violenze nei Territori.
Nella
pagina culturale, un contributo di Irene Iarocci dal titolo
"Un'incantevole levità narrativa": "Racconti in un palmo di
mano" di Kawabata Yasunari.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione politica, con particolare riferimento alla crisi irachena:
alla Camera, il Governo assicura l'impegno umanitario.
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4 aprile 2003
SI STRINGE IL CERCHIO DEGLI ALLEATI INTORNO A BAGHDAD,
MENTRE
SADDAM HUSSEIN TORNA AD INCITARE IL POPOLO IRACHENO A COMBATTERE.
RIENTRA
IN IRAQ PARTE DEL PERSONALE DELLE AGENZIE UMANITARIE DELL’ONU
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Sempre
più stretta la morsa delle forze alleate attorno al regime di Saddam Hussein.
Dopo una notte di durissimi combattimenti, i marine americani hanno assunto il
controllo parziale dell’aeroporto di Baghdad, a venti chilometri dal centro
della capitale. Nella battaglia, secondo fonti statunitensi, sarebbero caduti
più di 300 soldati iracheni. Anche nelle ultime ore, sono inoltre proseguiti
gli scontri sul terreno nella zona e i raid su Baghdad, che stanotte è rimasta
per la prima volta al buio dall’inizio del conflitto. Dal canto suo, Saddam
Hussein - in un messaggio letto stamani dal ministro dell’informazione - è
tornato ad incitare il popolo iracheno a combattere e resistere strenuamente.
Il portavoce del comando centrale in Qatar, peraltro, ha affermato che la
battaglia più aspra “deve ancora arrivare”. Gli occhi del mondo sono dunque
puntati con apprensione su Baghdad, mentre ci si interroga sulle opzioni
americane e le possibili risposte da parte irachena. Sugli
scenari di quello che viene ritenuto lo scontro decisivo tra gli alleati e il
rais, abbiamo raccolto il parere del generale Mario Arpino, rappresentante italiano
della coalizione internazionale nella Prima Guerra del Golfo:
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R. - La presa dell’aeroporto non significa che si proceda
immediatamente anche con l’ingresso in Baghdad. In questo momento credo si
stiano consolidando le due teste di ponte a nord e sud. Stringendo questo
cerchio si spera naturalmente che collassi il regime e non sia necessario
entrare con la forza.
D. - Gli anglo-americani stanno cercando di limitare il
più possibile l’uccisione di civili. Questo elemento potrebbe essere sfruttato
da Saddam Hussein nella difesa di Baghdad?
R. – Saddam Hussein ha sempre sfruttato tutto ciò che è
favorevole a lui. Abbiamo visto che, da una parte, ci sono dei combattenti che
non colpiscono determinate installazioni che serviranno poi alla vita civile
del futuro. Quindi, una certa cautela c’è. Dall’altra parte, c’è qualcuno
invece che incita comunque a non avere alcun rispetto della vita umana. Ha
detto Saddam stesso che si combatterà a Bagdad fino all’ultimo bambino. C’è
quindi una grande asimmetria. Gli americani staranno sicuramente molto attenti
a non fare vittime civili.
D. – La maggior parte delle città dell’Iraq sono ancora in
mano agli iracheni. Gli alleati sperano in un effetto domino una volta occupata
la capitale?
R. – Quello che tutti sperano è che collassi la guardia
repubblicana speciale, che fa da guardiano del regime, alle spalle di ogni
comandante di unità irachena e di ogni altra organizzazione irachena. Finché
resiste Saddam, resiste questa guardia repubblicana speciale, che intimidisce
naturalmente chi volesse fare qualsiasi azione di resistenza o contraria al
regime. Speriamo tutti veramente che non si debba entrare a Baghdad con la
forza.
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Si è
purtroppo materializzato di nuovo il temuto incubo degli attentati: un
portavoce del comando alleato a Doha, il capitano Thorp, ha dichiarato che, stanotte,
un veicolo civile è esploso ad un posto di blocco ad Haditha, a nord ovest di
Baghdad. Secondo l’agghiacciante racconto dell’ufficiale, un’automobile si sarebbe
fermata al checkpoint e ne sarebbe uscita una donna incinta che urlava terrorizzata.
Quando tre soldati americani si sono avvicinati, la vettura è esplosa uccidendo
la donna, il conducente del veicolo e i tre militari. Sul fronte nord del conflitto,
le truppe irachene, incalzate dai peshmerga curdi - appoggiati dagli americani
- sono arretrate di alcuni chilometri sulla strada verso Mosul. Ce lo conferma
dalla zona, Luigi Geninazzi, inviato del quotidiano Avvenire, raggiunto
telefonicamente da Giancarlo La Vella:
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R. - Mi trovo a Sulaimaniya, capitale della parte
orientale del Kurdistan, e negli ultimi due giorni ci sono stati intensi
combattimenti che stanno andando avanti in queste ore.
D. – Hai notizie di una resistenza abbastanza decisa da
parte irachena?
R. – Diciamo che la divisione Nabucodonosor, uno dei capi
saldi della difesa di Saddam Hussein, ha cominciato a ritirarsi. I peshmerga, i
guerriglieri curdi, stanno avanzando non rapidamente, ma comunque giorno dopo
giorno, conquistano terreno. Credo che l’obiettivo strategico non sia tanto per
il momento di conquistare città importanti, perché ci sono i pozzi di petrolio
in mano a Saddam Hussein, ma di controllarle in modo ce le divisioni irachene
non possano tornare a Baghdad in modo da essere d’aiuto alla difesa della
città.
D. – Qual è la moneta di scambio per questo apporto che i
curdi stanno dando agli americani?
R. – I curdi non intendono prendere e controllare per
conto loro le città di Kirkuk e di Mossul. Vogliono entrare come iracheni
liberarli in quanto iracheni insieme all’opposizione irachena e insieme alla
forze della coalizione.
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Sempre
alta la tensione sul fronte meridionale, specie intorno a Bassora dove si
continua a combattere. E rimane difficile anche il lavoro dei giornalisti sul
posto, come testimonia la collega Barbara Schiavulli, dal confine tra Iraq e Kuwait,
intervistata da Roberto Piermarini:
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R. – Purtroppo, non siamo riusciti a vedere moltissimo,
perché ci sono due tipi di giornalisti: quelli arruolati dalle forze della
coalizione che stanno nei campi con i militari, poi ci siamo noi che siamo gli
‘unilaterali’ che ogni giorno cerchiamo di entrare di nascosto in Iraq, quindi
al massimo riusciamo ad arrivare a sud di Bassora. Io ho visto Safwan ed Umm
Qasr. Il problema di noi giornalisti che entriamo è che non avendo i permessi
non siamo riconosciuti dai militari che ci scambiano magari per iracheni,
oppure gli iracheni sono molto aggressivi nei nostri confronti perché non sanno
chi siamo. E’ molto difficile lavorare.
D. – Che notizie avete da Bassora?
R. – C’è stato un comunicato iracheno che ha detto che
Bassora è ancora in mano agli iracheni, invece gli americani hanno ormai
circondato la città e dopo tutta una serie di scontri, che ormai ci sono tutti
i giorni, stanno entrando.
D. – Qual è la realtà dei profughi in questo momento?
R. – Da questa parte, profughi non ce ne sono; ci sono molti
prigionieri politici, invece, circa 3.500 che sono controllati dagli inglesi.
Ci sono quelli che escono dalle città come Bassora che sono andati verso Nord,
ma poi cercano anche di tornare a casa.
D. – La vita nel Kuwait è normale o c’è ancora tensione,
c’è ancora paura?
R. – La vita è tornata normale: sono riaperte le scuole, i
negozi sono tutti aperti, resta chiuso qualche ristorante, però l’atmosfera è
un po’ tesa. Tutti vanno in giro con le maschere antigas e ci sono ogni tanto
ancora allarmi anti-missile, non più spesso come all’inizio.
D. – Nel fronte Sud si parla dell’assedio di Baghdad?
R. – Sì, se ne parla perché si muove tutto insieme e di
conseguenza siamo tutti in attesa; anche la gente segue molto, perché poi il
Kuwait ha ancora delle ferite aperte ...
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Per la prima
volta dall’inizio della guerra, ieri, sono tornati in Iraq i rappresentanti
delle agenzie umanitarie dell’Onu, secondo quanto riferito da un responsabile
del Programma alimentare mondiale. Intanto, stamani, due camion hanno lasciato
il Kuwait con destinazione Bassora, carichi di medicinali del Comitato internazionale
della Croce Rossa, destinati agli ospedali della grande città del sud dell'Iraq.
Non si sono, invece, materializzate le previste masse di profughi in fuga dalle
zone di conflitto. L’Acnur, l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, ha allestito
numerosi campi di accoglienza al confine della Giordania, della Siria e
dell’Iran. Ma, al momento - complici i bombardamenti e l’assedio stretto su Baghdad
e Bassora - a fuggire è solo qualche centinaio di stranieri che in Iraq avevano
trovato lavoro. Lo conferma Laura Boldrini,
portavoce italiana dell’Acnur, raggiunta telefonicamente in Giordania da Alessandro
De Carolis:
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R. - Le ultime novità ci dicono che a fuggire sono i non
iracheni. Ci hanno raccontato di come sia la situazione in Iraq e di ciò che
hanno visto lungo la strada. Dagli ultimi arrivi, sembrerebbe che non vi siano check
point da Baghdad fino alla Giordania: ve ne sarebbe uno solo, iracheno,
fuori da Baghdad, e poi nessun altro lungo la strada. Queste persone hanno
lavorato per anni in Iraq, dove sono state ben accolte. Hanno sviluppato delle
attività e nel venir via perdono tutto quello che hanno realizzato. Molti di
loro sono preoccupati di come poter avere una compensazione per questo.
Inoltre, specialmente coloro che hanno una famiglia “mista” - cioè egiziani
sposati a donne irachene - raccontano che per la parte irachena della famiglia
è difficilissimo scappare, perché il rischio ritorsione è altissimo. Quindi,
fuggono separatamente, e il resto della famiglia tenta in un secondo momento di
ricongiungersi, passando magari attraverso la Siria o per altri Paesi. Dunque,
la situazione è davvero difficile.
D. - Di che nazionalità sono i fuggiaschi che hanno raggiunto il campo in
Giordania?
R. - Le nazionalità sono varie: vi sono egiziani, somali, sudanesi,
gente che lavorava in Iraq e che adesso verrà rimpatriata nel proprio Paese di
origine. Ci sono però delle persone, specialmente i somali e i sudanesi, che
non intendono tornare a casa loro, perché comunque nel loro Paese c’è una
situazione di guerra e di instabilità. Per costoro, l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati sta valutando ora possibili soluzioni. Se, di
fatto, si riscontra l’esistenza di un fondato timore di persecuzione nei loro
confronti, tali persone verranno riconosciute sotto il nostro mandato e poi
trasferite in Paesi terzi. Altrimenti verranno trattenute nel campo della
Mezzaluna Rossa, dove si trovano ora, fino a che la guerra non sarà finita.
D. - A proposito della fine della guerra: alla luce degli ultimi
sviluppi sul terreno, come vi state preparando per affrontarli?
R. - Pensiamo che lo scenario iracheno possa cambiare con
molta rapidità, specialmente con l’assedio di Baghdad. Nel momento in cui si
dovesse arrivare ad una situazione di guerra porta a porta, con una parte della
popolazione irachena che si rivolta contro il regime e una parte che gli rimane
fedele, chiaramente tutto questo avrebbe poi come conseguenza anche una fuga
della popolazione, perché in quel momento non ci sarebbe più una rete di
salvataggio.
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Intanto,
mentre il Congresso degli Stati Uniti ha approvato lo stanziamento di 80
miliardi dollari, richiesto dal presidente Bush, per finanziare il conflitto in
Iraq, si è conclusa ieri sera la missione diplomatica di Powell in Europa. Il
capo della diplomazia americana ha rassicurato i leader dell’Unione europea, in
particolare della Francia, sul ruolo che le Nazioni Unite avranno nella
ricostruzione dell’Iraq post-Saddam. Una questione, questa, intorno alla quale
- secondo il New York Times - sarebbe in corso una lotta senza quartiere
all’interno dell’amministrazione di Washington tra il “multilateralista” Powell
e l’“unilateralista” Rumsfeld. Ma quanto è forte questo dualismo e quale peso
ha sulle scelte finali del presidente Bush? Lo
abbiamo chiesto al prof. Tiziano Bonazzi, docente di Storia del Nord America
presso l’Università di Bologna:
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R. – I presidenti americani normalmente ascoltano e
aspettano prima di prendere decisioni, cioè lasciano – se ci sono divergenze
tra i membri del loro gabinetto – che
queste portino da un lato e dall’altro a qualche risultato, e poi
prendono una decisione definitiva. Quindi, per il momento è vero, ci sono due
visioni strategiche estremamente diverse. La ‘battaglia infuria’ all’interno
dell’amministrazione. Quale sarà il risultato finale ancora non si sa.
D. – La missione di Powell in Europa può essere
interpretata come il segnale di una volontà di riavvicinamento al Vecchio
Continente da parte americana?
R. – In realtà penso che ci sia una volontà degli europei
a riavvicinarsi agli Stati Uniti, perché non si può andare avanti con una
frattura come quella che si è delineata. Powell per ragioni di politica interna
e per ragioni di sue proprie visioni strategiche sta cercando di cogliere
l’occasione al balzo. Mi pare che Blair e Powell siano abbastanza d’accordo sul
cercare un riavvicinamento, nel senso di una politica di ricostruzione in cui
gli europei, gli Stati Uniti e l’Onu, abbiano un qualche ruolo. E dall’altra
parte che la guerra si debba fermare all’Iraq e non si debba pensare ad una
completa ricostruzione in tempi brevi, cioè a dire con mezzi militari di tutto
il Medio Oriente.
D. – Dopo la guerra in Iraq, quanto inciderà ancora la
sindrome dell’11 settembre sulle scelte dell’amministrazione statunitense e
sugli atteggiamenti dell’opinione pubblica americana?
R. – L’opinione pubblica americana mi sembra abbia un’idea
molto chiara. Vuole essere difesa, non vuole avere più il terrore o il pericolo
del terrorismo a qualunque costo. Ed è questo che rende le cose pericolose,
cioè il fatto che l’opinione pubblica americana sia davvero profondamente
spaventata e la classe politica sicuramente gioca su questo genuino spavento.
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4 aprile 2003
LA TRASMISSIONE DELLA FEDE AL CENTRO
DELLA PROLUSIONE
DEL
CARDINALE CAMILLO RUINI , PRESIDENTE DELLA CEI ALL’APERTURA DEL QUINTO FORUM
DEL
PROGETTO CULTURALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
- A cura di Debora Donnini -
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ROMA.
= Come trasmettere alle nuove generazioni la fede e la cultura cristiana. E’ il
cuore dell’intervento del cardinal Ruini che nella prolusione ha sottolineato
il progresso compiuto nella coscienza morale di molti popoli dal tema del
valore della pace e del “sempre più diffuso e convinto rifiuto della guerra
come strumento per regolare le controversie fra le nazioni”. “Proprio la dura
esperienza dell’attuale conflitto in Iraq offre di questo progresso una
conferma di grandissima portata”, ha detto. Sotto gli occhi di tutti lo
straordinario contributo offerto dal Papa in questo cammino e la vasta adesione
che la sua testimonianza ha trovato fra i cristiani. Tra le sfide sottolineate
dal cardinal Ruini quella del discernimento “affinché – ha affermato – la
mobilitazione per la pace sia autentica e si concretizzi in una vera educazione
alla pace: non venga quindi confusa con finalità e interessi assai diversi o
inquinata da logiche che in realtà sono di scontro”. Si tratta dunque di quella
pace che nasce anzitutto nel cuore dell’uomo come frutto della conversione,
come dono di Dio. La seconda sfida riguarda la necessità di dilatare a livello
mondiale il valore della pace. La strada è indicata anche qui dal Papa con il
suo strenuo impegno “per evitare che il conflitto in Iraq assuma le vesti di
uno scontro di civiltà che potrebbe tragicamente richiamarsi a malintese
motivazioni religiose”. Il cardinale Ruini sottolinea anche che il tempo
potrebbe riservare le più terribili sorprese “se non si ponesse mano a
costruire e rafforzare le istituzioni che possono assicurare un giusto ordine
mondiale, come anzitutto le Nazioni unite”. E nel cammino verso la pace il
cristianesimo ha poi un compito fondamentale. Ma è stato il tema della
trasmissione della fede alle nuove generazioni il fulcro del suo discorso. Ad
ostacolarla soprattutto le tendenze di secolarizzazione e scristianizzazione in
atto nella nostra società, visto che è continuato a diminuire il numero dei
ragazzi che stabiliscono con la Chiesa un rapporto duraturo. Tra le proposte di
fede con risultati notevoli spiccano i movimenti ecclesiali e le diverse
esperienze organizzate da singole diocesi o parrocchie. Si pone però il
problema di una loro migliore integrazione nel tessuto complessivo della realtà
ecclesiale. E proprio guardando alla costruzione del futuro, il porporato
sottolinea le pesanti conseguenze economiche, sociali e umane che la crisi demografica
in Italia già comincia a produrre e
che, se questa continuerà ai ritmi attuali, diventeranno presto abbastanza
devastanti. Vi è dunque “un intreccio tra futuro cristiano e futuro
autenticamente umano”. La costruzione del futuro non può poi che far riflettere
sulla famiglia che trova ancora un troppo debole riconoscimento pubblico del
suo valore sociale. Da evidenziare però anche la tendenza di buona parte dei
genitori di oggi a vivere secondo il modello dell’autorealizzazione che rischia
di inibire dal proporre ai figli un senso più largo dell’esistenza.
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FRANA IN BOLIVIA AL CENTRO AURIFERO DI
CHIMA: SI SCAVA CON I POCHISSIMI MEZZI A DISPOSIZIONE.
500
ABITANTI DEL VILLAGGIO IERI IN SFILATA PER CHIEDERE
LA
TRASFORMAZIONE IN CIMITERO DEL LUOGO, ED IL CONSEGUENTE
BLOCCO
PERMANENTE DELL’ESTRAZIONE DELL’ORO
CHIMA.
= Si continua a scavare a Chima, in Bolivia, con i pochi mezzi a disposizione,
dopo la frana di terra, pietre e fango che ha colpito domenica il centro minerario
aurifero, a 180 chilometri da La Paz. Al momento il numero dei morti secondo le
stime ufficiali è tra i 300 ed i 400. “La gente scava ancora quasi solo con le
mani”, spiega Raoul Rojas, funzionario del comune di Tipuani da cui la zona
della miniera dipende amministrativamente. La Prefettura della vicina capitale
La Paz ha inviato nella zona dei mezzi di soccorso, che però non sono potuti giungere;
anche due elicotteri con un carico di cibo e materiale da scavo si trovano
bloccati a Caranavi per la mancanza di carburante ed il maltempo. Martedì pomeriggio
una colonna di 500 persone ha sfilato per protestare protestato lungo quello
che resta della avenida Sorata – dove i corpi sono in decomposizione - per
chiedere l’apertura di un’inchiesta sulle responsabilità dell’accaduto, il
blocco permanente delle attività di estrazione e la trasformazione del centro
aurifero in un cimitero a perenne ricordo della tragedia. Le richieste sono
state inoltrate alla prefettura della provincia di Larecaja e al sindaco del
vicino comune di Tipuani, Juan Arnulfo Robles, ma ancora non è giunta alcuna
risposta. Intanto molti abitanti del villaggio di Chima hanno trovato il
coraggio di denunciare l’uso indiscriminato della dinamite nelle gallerie,
pressioni, ritorsioni e ricatti subiti. (S.C.)
IN SPAGNA LA SOCIETÀ NAZIONALE
DI GEOGRAFIA HA CONFERITO
ALLA
COMPAGNIA DI GESÙ IL PREMIO INTERNAZIONALE 2002.
RICONOSCIUTO
IN QUESTO MODO IL CONTRIBUTO DEI GESUITI ALLE ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE
COMPIUTE
DURANTE SECOLI DI EVANGELIZZAZIONE
MADRID. = La missione della diffusione del Vangelo nei
secoli scorsi è stata occasione per l’esplorazione di terre sconosciute. Per
questa ragione, in Spagna, la Società nazionale di geografia ha
attribuito il “Premio internazionale 2002” alla Compagnia di Gesù. La
motivazione del riconoscimento recita che sarebbe impossibile comprendere in
pieno la storia delle esplorazioni e delle scoperte dell’Età moderna, senza la
Compagnia di Gesù. In maniera particolare, vengono citati san Francesco Saverio
per i viaggi in India e Giappone, padre Paez per la scoperta delle fonti del
Nilo, ed altri gesuiti noti per il loro lavoro di geografi, scienziati e
cartografi. Dal 1998 la Società Geografica Spagnola attribuisce dei premi annuali,
divisi in diverse categorie, tra cui le più importanti sono il Premio
internazionale – quello conferito ai gesuiti – e il Premio nazionale. (M.A)
PRESUNTE TORTURE NEL CHIAPAS CONTRO 15
DONNE INDIGENE, DA PARTE DI MEMBRI DELLA POLIZIA LOCALE:
LE
ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI UMANI DENUNCIANO
L’USO
DELLA TORTURA COME SISTEMA SEMPRE PIÙ RICORRENTE
SAN CRISTÒBAL DE LAS CASAS. = Il Centro per i diritti umani Fray
Bartolomé de Las Casas, presieduto dal vescovo emerito di San Cristòbal de las
Casas, mons. Samuel Ruiz Garcìa, ha denunciato 15 presunti casi di tortura, tra
cui un’esecuzione senza processo, da parte di membri della polizia contro donne
indigene nello Stato messicano del Chiapas. Blanca Estela Martìnez, direttrice
del Centro, ha indicato la vicinanza di otto delle presunte vittime
all’Esercito zapatista di liberazione nazionale. Delle rimanenti, quattro sono
contadine senza apparenti simpatie politiche, ed infine tre sono immigrate
senza documento provenienti dal Guatemala. I principali mezzi di tortura usati
sono tentativi di asfissìa mediante sacchetti di plastica, scariche elettriche,
percosse e minacce di morte per estorcere testimonianze di colpevolezza,
accettate nella maggior parte dei casi dai giudici che seguono le indagini. Secondo il portavoce del Centro
Frày Bartolomé, José Luis Hernàndez, quattro delle vittime avrebbero avuto
bisogno urgente di cure mediche: in particolare una di loro avrebbe necessitato
di un trapianto immediato di fegato, danneggiato dai colpi della polizia.
Secondo Ana Isabel Soto, del centro Fray Matias de Còrdoba, tre delle presunte
vittime erano accusate di furto: queste ultime oltre alle presunte torture
hanno denunciato di aver ricevuto minacce di morte, e che alcuni agenti hanno
preteso di abusare sessualmente di loro. L’Organismo considera che nonostante
il cambio di Governo nel Paese, avvenuto nel 2000, la tortura continua ad essere una sempre più
preoccupante pratica da parte delle forze dell‘ordine messicane e del Chiapas.
(S.C.)
FIRMATO TRA UNITALSI E OSPEDALE
PEDIATRICO “BAMBINO GESÙ” UN ACCORDO
PER
AIUTARE I PICCOLI MALATI E LE LORO FAMIGLIE.
TRAMITE
IL PORTALE WWW.OSPEDALEBAMBINOGESÙ.IT,
SARÀ POSSIBILE RICHIEDERE DIAGNOSI,
RICOVERI
E CONSULTI MEDICI EFFETTUATI DAI MEDICI VOLONTARI DELL’UNITALSI
ROMA. = L’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù e
l’Unitalsi hanno presentato ieri il “Progetto bambino”, un’iniziativa comune
per aiutare i piccoli malati e le loro famiglie durante la permanenza a Roma e
fornire informazioni e assistenza medica alle zone che sono sprovviste di
centri pediatrici. Grazie all’accordo, i medici volontari dell’Unitalsi
potranno accedere, tramite una smart card, al portale internet del nosocomio
pediatrico (www.ospedalebambinogesù.it)
per richiedere ricoveri, diagnosi e consulti per via telematica. I volontari
Unitalsi, medici e non, si impegneranno inoltre ad aiutare le famiglie dei
bambini ricoverati che non provengono da Roma: daranno loro alloggio evitando,
come spesso capita, che dormano in macchina. Per le richieste di auto da tutto
il territorio nazionale l’Unitalsi ha istituito il numero verde 800 062 026. In
seguito i medici dell’associazione, presente con 240 sezioni nelle diverse
regioni italiane, valuteranno le priorità e le urgenze degli interventi, mettendosi
in contatto attraverso il portale con i diversi specialisti. L’Unitalsi sta lavorando
per analoghi accordi con il Policlinico Gemelli (Roma), gli ospedali Santobono
(Napoli) e il Gaslini (Genova). (M.A.)
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4 aprile 2003
- A cura di Giancarlo La Vella -
Sempre alta la tensione tra israeliani e
palestinesi. Un comandante militare della Jihad islamica è stato catturato
stamani nel campo profughi palestinese di Tulkarem, in Cisgiordania.
L’operazione rientra nelle perlustrazioni condotte dai reparti israeliani negli
ultimi tre giorni. Stesse azioni vengono compiute dalle truppe ebraiche a Gaza.
Intanto, in un centro a nord-est di Tel Aviv, si registra un nuovo attentato,
che non ha causato vittime. Un'esplosione ha distrutto un autobus nella
stazione centrale della cittadina; cause in corso di accertamento.
L'Unione Europea è aperta a tutti gli Stati del
vecchio continente, i cui popoli condividano i valori alla base
dell’organizzazione: lo afferma l'art. 43 della bozza della futura Costituzione
europea, presentata oggi a Bruxelles alla plenaria della Convenzione europea,
l’organismo che ha il compito di varare la prima carta fondamentale
dell’Unione. Il documento prevede anche la sospensione dei diritti di un Paese
membro che violi i valori fondanti della Costituzione.
Entro due mesi saranno
dispiegati in Burundi 3500 militari dell’Unione Africana con l’incarico di
controllare il cessate-il-fuoco tra il governo e alcuni dei gruppi ribelli
protagonisti della sanguinosa guerra civile che dura da dieci anni. Lo ha
annunciato oggi un comunicato dell’Unione Africana diffuso ad Addis Abeba. La
missione è stata autorizzata per un periodo iniziale di un anno rinnovabile. Il
contingente avrà anche il compito di garantire sostegno alle iniziative di
disarmo e smobilitazione dei guerriglieri. Al termine del mandato delle truppe
africane, dovrebbero subentrare i “caschi blu” dell’Onu per il mantenimento
della pace.
Nove persone sono state uccise
e almeno due sono rimaste ferite in tre differenti imboscate tese dai ribelli
dell'Esercito di Resistenza del Signore (Lra) del nord Uganda. Due agguati
mortali si sono verificati l’altro ieri nel distretto di Gulu. Ieri, nella
terza imboscata degli uomini dell'Lra, è rimasto coinvolto un veicolo della
Caritas locale impegnato nella distribuzione di aiuti umanitari ai civili che
si trovano nei campi del distretto settentrionale di Pader.
Il Consiglio di sicurezza
dell’Onu si riunirà il prossimo 9 aprile per discutere della crisi nucleare
nordcoreana. L’incontro è stato fissato un giorno prima della scadenza
definitiva dell’uscita dal Trattato di non proliferazione nucleare annunciata
tre mesi fa dalla Corea del Nord.
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